ALTAI
Il nuovo romanzo di Wu Ming

Europa / Nel vortice di Altai

Written on 21/11/2009 – 4:56 am by Wu Ming 1

Costantinopoli

[Gran bella recensione. Attenti agli spoiler, pero': rivela molte cose!]

NEL VORTICE DI ALTAI
Il nuovo romanzo dei Wu Ming torna al mondo e alla forza narrativa di “Q”
di Giovanni Dozzini [Europa Quotidiano, 21 novembre 2009]

La storia riparte da Venezia e da Costantinopoli.
Ed è lì che la storia, per il momento, finisce di nuovo. Altai (Einaudi, 420 pp., 19,50 euro) spariglia le carte, muovendosi nelle carni lacerate del Cinquecento. Il nuovo romanzo dei Wu Ming è una prova di forza narrativa impetuosa che rinverdisce i fasti che dieci anni fa furono di Q e di coloro che allora si chiamavano Luther Blissett.
Guerra, religione, tradimento. Amicizia profonda. Un intreccio che rapisce, un congegno perfetto, come gli orologi dello scienziato siriano Takiyuddin che scandiscono il tempo lungo il crinale fluttuante tra Europa e Asia in cui si svolgono le vicende raccontate.
Sono rimasti in quattro, i Wu Ming. Uno in meno rispetto a due anni fa e mezzo fa, quando uscì Manituana, primo capitolo di un’annunciata epopea sugli albori degli Stati Uniti d’America.
Luca Di Meo, alias Wu Ming 3, nel maggio dello scorso anno ha lasciato il collettivo. A lui i reduci riservano l’ultimo dei ringraziamenti.
“Nella buona e nella cattiva sorte”.
Sono rimasti in quattro, e sembrano aver ritrovato le vette dell’ispirazione toccate quando con Q sconvolsero le stagnanti lande della letteratura italiana contemporanea.
Era il 1999, un secolo fa, e quattro membri bolognesi della masnada di agitatori intellettuali, eruditi di provincia e situazionisti metropolitani che si muoveva nel sottobosco della cultura patria riconoscendosi nel nome di Luther Blissett Project scrissero un romanzo mozzafiato che narrava di Riforma e Controriforma, spie e spiriti illuminati, lotte per la libertà e amore, tutto negli argini del buio appena screziato di luci dell’Europa del Cinquecento. Guadagnarono fama e lettori e prestigio, terrorizzarono case editrici e professionisti delle belle lettere battendo in lungo e in largo la neonata Rete e ragionando di copyright e copyleft quando ancora la maggior parte degli italiani non sapeva nemmeno cosa fossero Internet e la libertà d’accesso ai contenuti. Alla fine si fecero beffe di tutti quelli che gli sbraitavano contro, che gridavano al suicidio dell’autorialità: dieci anni dopo chi volesse contare le copie vendute da Q dovrebbe arrivare fino a settecentomila.
Un’enormità.
Altai, dicevamo, riparte da lì. L’epopea americana per ora è messa da parte.
Questo ritorno al mondo di Q è «figlio di un’esigenza molto forte, di una spinta ineludibile», scrivono nel loro affollato sito, punto di riferimento imprescindibile per tutti coloro che in questi anni hanno amato i loro lavori e voluto seguirli anche dietro le quinte. Ed è evidentemente un romanzo necessario, Altai. In dieci anni il pianeta è stato rivoltato come un calzino, massacrato dalle guerre e avvelenato dalle tensioni politico-religiose. Quello che in Q era già attuale al momento della sua uscita in questo primo scorcio del nuovo millennio ha assunto una valenza ancora maggiore.
E adesso serviva un nuovo inizio. Un prosieguo della storia di Ismail, Beatriz e Yossef, lasciati sulla soglia dell’incontro con Solimano il Magnifico e l’Impero turco. Serviva Altai.
Ovviamente non è il secondo capitolo di Q, come loro stessi si premurano di spiegare. Altai potrebbe essere apprezzato anche da chi non avesse mai letto un solo libro fino a un minuto prima di immergersi nelle sue pagine, tanto è forte il vortice che riescono a sprigionare. Stavolta la scena si svolge tra il 1569 e il 1571, teatri principali sono Venezia e Costantinopoli, ma le peregrinazioni dei protagonisti raggiungono i più remoti lembi di terra tra il Mediterraneo e il suo Oriente più vicino. Dubrovnik, Salonicco, e ancora Tiberiade, e ancora lo Yemen. L’io che narra è il giovane ufficiale del servigio segreto della Serenissima Emanuele De Zante, ingiustamente accusato di un tradimento a cui poi finirà per votare l’ultimo scorcio della sua intensa esistenza. Ebreo apostata e poi ritrovato, fuggiasco e poi prigioniero, De Zante riabbraccerà sul Bosforo la sua antica identità e il suo nome rinnegato, sarà di nuovo Manuel Cardoso e sarà il pupillo di Yossef Nasi, il grande giudeo, il favorito del Sultano. Con lui coltiverà l’ambizione di una Nuova Sion da costruire sull’isola di Cipro, con lui condividerà le speranze e il dolore del fallimento. Ismail, richiamato dal suo buen retiro yemenita per accompagnare l’ultimo tratto dell’esistenza dell’amata Beatriz, porterà a Costantinopoli la sua saggezza e la sua amara inquietudine, e sarà consigliere e compagno fidato dei due ebrei. L’ultima parte del romanzo è un enorme affresco sull’assurdità della guerra, che si compone del carnaio di Cipro (oltre cinquantamila soldati turchi morti nell’assedio di Famagosta, i capi veneziani oltraggiati e selvaggiamente trucidati dopo la resa) e di quello, esiziale, di Lepanto, dove l’esercito del Sultano trovò la pesante sconfitta che incrinò, per la prima volta dopo molto tempo, il mito dell’inarginabilità dell’Impero ottomano.
Come loro solito, i Wu Ming tramano sapientemente con un ordito fatto di Storia e finzione, servendosi del mito della Diaspora come paradigma buono per tutti i diseredati e i vessati d’ogni stirpe e tempo. Il sogno di Yossef è salvare e nobilitare il suo popolo, Manuel lo fa suo e lo persegue fino in fondo, fino a quando è costretto a riconoscerne il dazio troppo alto, quello della carneficina e della brutalità della guerra di occupazione di Cipro. I richiami al presente sono palesi, ma agli sferzanti moniti si aggiunge un afflato di speranza che fa da filigrana in tutto lo spiegarsi del racconto. È quello di poter confidare nella capacità delle genti – più che in quella dei governanti – di accettarsi, fondendo i noccioli delle religioni e liberandosi delle intolleranze, praticando nuove lingue comuni e condividendo nuovi propositi.
Tra gli intrighi e i malanimi che popolano Altai si fa strada anche l’idea di questa nuova Babele.

Leave a Reply

XHTML: You can use these tags: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>