George Orwell strikes back: arriva in libreria «La strada di Wigan Pier», con la prefazione di Wu Ming 4

La strada di Wigan Pier

Puoi ordinare La strada di Wigan Pier anche sul sito delle Edizioni Alegre.

[Esce oggi in libreria, nella collana Working Class curata da Alberto Prunetti per le Edizioni Alegre, la nuova edizione italiana de La strada di Wigan Pier (€16), la celebre indagine sociale e conseguente riflessione politica che George Orwell realizzò e scrisse nel 1936, nei distretti minerari del Nord dell’Inghilterra.
Nonostante i quasi novant’anni che ci separano dall’epoca in cui quel testo fu scritto, le riflessioni di Orwell contengono spunti tutt’ora interessanti. Non soltanto perché la precarietà di vita e la condizione di certo proletariato persistono, e non soltanto fuori dal nostro continente; ma anche perché le riflessioni di Orwell si illuminano oggi di una luce nuova, se è vero, come scriveva il grande storico marxista Christopher Hill, che «la storia deve essere riscritta da ogni nuova generazione, perché, se il passato non cambia, è il presente che muta; ogni generazione rivolge al passato domande diverse, e nel rivivere aspetti diversi delle esperienze dei suoi predecessori, scopre di avere con essi nuovi punti in comune».
Di seguito riportiamo la prefazione scritta da Wu Ming 4.]

Prefazione

«La condizione della classe operaia è la vera base e il punto di partenza di tutti i movimenti sociali del presente poiché essa è la più alta e la più palese vetta della miseria sociale esistente ai nostri giorni.»
Friedrich Engels, La situazione della classe operaia in Inghilterra

Un celebre aneddoto vuole che nel 1891 il passeggero di un treno fermatosi alla periferia di Wigan per un guasto sulla linea ferroviaria si affacciasse al finestrino e guardandosi attorno pronunciasse la fatidica domanda: «Where the bloody hell are we?». Prosegui la lettura ›

Una nota sul killeraggio e sul cantare in coro. Come le nostre critiche al green pass vengono distorte dai media governativi

«Due minuti di lettura». Rende bene l’idea anche della ricerca fatta per scrivere l’articolo.

Oggi su Repubblica Gianni Riotta – che Glenn Greenwald memorabilmente definì «the opposite of journalism» – ci addita al pubblico odio in un articolo che intende scomunicare e demonizzare chiunque critichi il «green pass» “da sinistra” – ovvero: nel contesto di una critica alle politiche neoliberali del governo Draghi, a una gestione della pandemia disastrosa, a una narrazione della pandemia che ha deviato e scaricato ogni responsabilità verso il basso e su capri espiatori ecc.

Il passaggio che ci riguarda è – come stupirsene? – disinformato, datato e pieno di errori:

1) ci attribuisce un documento non nostro che segnalammo due mesi fa perché lo ritenevamo un passaggio importante ma di cui criticammo diversi punti;
2) estrapola e cuce a modo suo micro-virgolettati da quel post dell’agosto scorso;
3) omologa la nostra critica a quelle, diverse, portate avanti da altri soggetti;
4) piega il tutto in direzione di parallelismi storici balenghi sul rifiuto della scienza, il presunto irrazionalismo ecc.

Il metodo è trasparente, chiaramente ricostruibile in ogni fase: Prosegui la lettura ›

Fronte del porto. L’«anomalia selvaggia» della piazza anti-pass triestina e la lotta di classe

[Quel che sta accadendo con epicentro Trieste, in un’accelerazione che lascia sorpresi molti ma non chi segue la vicenda dal principio, rende necessario chiarire alcuni punti.
Il contagio che dalla piazza anti-lasciapassare triestina sembra estendersi a diversi porti italiani smentisce le letture banali delle mobilitazioni in corso, “letture” funzionali a facili riprovazioni.
Come tutte le altre, anche la piazza anti-pass triestina presenta contraddizioni, ma ha una presenza organizzata di compagne e compagni, ha emarginato e anche cacciato noti fascisti, e soprattutto è caratterizzata da un inequivocabile, visibilissimo protagonismo operaio.
A proposito delle lotte contro il lasciapassare, benpensanti finto-marxisti hanno parlato di «egoismo», «individualismo», «particolarismi», «proteste sterili di piccoli borghesi», ritorno dei «forconi», «fascismo»… Ma se si fosse trattato di particolarismi, di egoismi di categoria, l’altro giorno i portuali triestini – che sono l’anima della piazza, non sono borghesi e possiedono solo la propria forza-lavoro – avrebbero accettato la mediazione governativa e i tamponi gratuiti solo per il loro settore. Invece si sono adirati di fronte a una proposta che avrebbe prodotto l’ennesima discriminazione tra lavoratori, e hanno radicalizzato le loro posizioni.
Da giorni il compagno triestino Andrea Olivieri, autore del libro Una cosa oscura, senza pregio. Antifascisti tra la via Flavia e il West (Alegre, 2019), sta lavorando a un testo ponderato su tutto questo. Gli abbiamo chiesto di anticipare al volo alcune considerazioni, perché ce n’è bisogno ora. Buona lettura. WM]

di Andrea Olivieri

In queste ore la vicenda triestina è salita alla ribalta delle cronache nazionali in seguito alla netta e radicale presa di posizione dei lavoratori – i portuali in testa – contro il lasciapassare ma anche contro la soluzione-tampone (è il caso di dirlo) dei tamponi garantiti dalle aziende.

Per chi è in grado di leggere la situazione senza pregiudizi, il dato è che proprio a Trieste si è determinato un accumulo di rabbia per i provvedimenti anti-pandemici governativi. Solo in parte questa rabbia è il frutto di peculiarità storiche e socio-economiche della città. Che ci sono, sia chiaro, ma in questo momento sembrano incidere solo nell’esprimere meno statolatria e appiattimento ideologico di quanto accade in altre parti d’Italia, e forse anche una concezione della salute collettiva che ha tratto ispirazione dal lavoro di Franco Basaglia, che altrove è andato perso o non è mai stato raccolto.

Quest’accumulo ha portato ripetutamente nelle strade di Trieste decine di migliaia di persone. La sorpresa, o anche lo sconcerto, è però solo di chi in questo ultimo anno e mezzo si è accomodato sul divano o di fronte al pc per interpretare la realtà, come segnalato da Niccolò Bertuzzi, leggendo Repubblica e confrontandosi solo con la propria bolla sociale. Prosegui la lettura ›

Gli utili idioti neofascisti e il futuro delle lotte contro il «green pass»

[Riceviamo e pubblichiamo una riflessione a caldo sui fatti di Roma scritta dal sociologo Niccolò Bertuzzi, di cui abbiamo già segnalato alcuni articoli.

Di nostro aggiungiamo: ci sono mobilitazioni cittadine contro il lasciapassare in cui i fascisti sono stati emarginati nelle piazze e cacciati dalle assemblee, come è giusto, come vuole il minimo della decenza.

È un dato di fatto, questa mobilitazione è molto differenziata e decentrata. Questo è al tempo stesso il suo limite e la sua forza. Ci sono situazioni arretrate in cui i discorsi sono confusi e ambigui, dai cortei partono slogan e canti a nostro avviso ripugnanti e i legami col mondo del lavoro sono labili, e ce ne sono altre più avanzate e interessanti, come quella di Trieste, dove sono attivi collettivi di compagne e compagni, il deprecandissimo ex-leghista ed ex-forzanovista Fabio Tuiach è stato allontanato dall’assemblea cittadina e, soprattutto, la lotta contro il lasciapassare si fa forte del protagonismo dei lavoratori del porto. Sicuramente nemmeno lì è tutto rose e fiori, ma il conflitto, almeno per ora, sembra dispiegato lungo la giusta linea di frattura. Vale la pena tenere d’occhio quel che succede nella città ex-asburgica.

Ora: non è detto che Trieste debba essere per forza l’eccezione, la “stranezza”, e Roma la regola, la “normalità”. Forse la situazione romana – che pure, come nota Bertuzzi, non corrisponde in toto alla narrazione mainstream di queste ore – è meno rappresentativa e più peculiare di quanto sembri. Una delle varie malattie dello sguardo da cui dobbiamo curarci è un certo “romacentrismo” propugnato dai media. Come abbiamo detto più volte, ogni problema o questione si capisce meglio dai confini, dalle estremità, e peggio dal “centro”.

Quando la realtà viene osservata solo dal “centro” e riportata a forza alla logica del “centro”, il suo resoconto diventa narrazione tossica. In questo caso, la narrazione tossica «chi è contro il green pass è fascista» serve a ostacolare l’evoluzione della lotta, serve a ostacolare chi i fascisti vuole allontanarli.

Detto questo, buona lettura. WM]

di Niccolò Bertuzzi *

Articolare compiutamente quanto avvenuto sabato a Roma, discuterne le conseguenze e cercare di uscire dal vicolo cieco in cui ogni giorno di più ci stiamo infilando – quello di un conflitto sociale ai piani bassi della piramide, mosso da ragioni inedite e soprattutto produttore di fratture inedite – è difficile ma necessario.

Per ecologia mentale inizio riassumendo il ragionamento per punti, che cerco poi di sviluppare in seguito. Prosegui la lettura ›

Non basta tornare a parlare di clima, conta il come torniamo a parlarne. Primi appunti (post-pandemia e dal Delta padano)

La ricerca degli iconemi. Una delle cornici-capitolo della presentazione multimediale «Blues per le terre nuove».

PREMESSA: UN PERICOLO, DUE EMERGENZE, UN RISCHIO

Il testo che segue è stato scritto nell’estate 2020, durante la prima “tregua” concessa dall’emergenza pandemica, e pubblicato nell’ottobre successivo come saggio introduttivo a Quando qui sarà tornato il mare, romanzo «a mosaico» scritto dal gruppo Moira Dal Sito.

Il libro – risultato di un laboratorio su crisi climatica e scrittura collettiva che ho tenuto nel Basso Ferrarese – è arrivato in libreria in un momento sfortunato, mentre l’angoscia riscendeva le pareti del pozzo e, dopo le parziali riaperture estive, si tornava a chiudere tutto. Ogni attenzione era sui numeri della «seconda ondata» e  qualunque altro discorso era destinato a infrangersi contro l’Emergenza. Non è stato possibile organizzare presentazioni e l’esperimento – parte del progetto Blues per le terre nuove – ha attirato poca attenzione.

Ora la questione climatica è tornata in primo piano e ripartono le mobilitazioni sul tema, che è il tema dei temi, perché noi viviamo nel clima. Il clima è sempre stato la precondizione di ogni attività umana, di ogni modo di produzione, di ogni civiltà e società.

Forse è un buon momento per proporre quel testo su Giap, e riprendere i fili di Blues per le terre nuove.

Blues per le terre nuove è un progetto la cui fase preliminare è partita nel 2017 e che mi terrà impegnato ancora per diversi anni, probabilmente per tutti gli anni Venti. È imperniato sulla storia e la geografia del grande Delta del Po, in particolare del Basso Ferrarese, e sui modi in cui i cambiamenti climatici permettono di rivisitare tale storia. Quei territori, infatti, sono destinati a essere sommersi – con un’ingressione dell’Adriatico fino a trenta chilometri dalla costa – da qui alla fine del secolo. Dove la terra fu strappata all’acqua in secoli di bonifiche e ingegnerizzazione del territorio, l’acqua tornerà a regolare i conti.

Blues per le terre nuove è partito come idea per un libro, un «oggetto narrativo non-identificato» a tema geografico, sulla scia di Point Lenana e Un viaggio che non promettiamo breve. Nel tempo, però, si è trasformato in un progetto più articolato e transmediale, fatto di performances, esplorazioni, reportages, laboratori di scrittura, autoproduzioni letterarie e audiovisive… e opere «di avvicinamento» al libro vero e proprio, che includono anche un sequel de La macchina del vento.

Si tratta di lavorare sullo sguardo di chi scrive, forzarlo, usare la letteratura per sperimentare diversi modi di raccontare la crisi climatica. Raccontarla partendo dal territorio e dalla storia dei conflitti che lo hanno plasmato e strutturato. Un approccio che combatta rimozioni e diversivi, faccia a meno del fatalismo, non si esaurisca nella distopia, dia profondità di campo connettendo tra loro le epoche, e soprattutto tenga i piedi sulla strada. Anche con l’acqua già alle ginocchia. Un contributo peculiare – quello che sempre può dare la letteratura, persino quella che sembra art pour l’art – alla lotta generale.

Lotta che, non facciamoci illusioni, si farà più difficile. Prosegui la lettura ›

La cognizione del terrore. Ritrovarci tra noi, ritrovare la fiducia che l’Emergenza pandemica ha distrutto

di Stefania Consigliere e Cristina Zavaroni *

Qualcosa si muove. Forse perché a scuole aperte la violenza del lasciapassare è più evidente; o perché le piazze del sabato stanno proseguendo e, pian piano, orientandosi; o per l’effetto epistemologico dell’appello dei docenti universitari; o perché i sindacati di base hanno qualcosa da eccepire; o, ancora, perché i collettivi più lucidi hanno unito i puntini e trovato spaventosa la figura che ne esce.

Ai margini dei parchi e delle piazze dove si ci si ritrova per elaborare collettivamente una critica al presente e scambiarsi strategie di resistenza, si avverte anche altro: l’urgenza di fare i conti con una varietà di esperienze intime che molte e molti – e di certo chi scrive – hanno sperimentato negli scorsi mesi e che ora, finalmente, sono dicibili. Spesso sono le donne a parlarne e, riandando al femminismo degli anni Settanta, la cosa non sorprende. In omaggio a quella stagione, proviamo allora a prendere sul serio quel che ci travaglia e leggerlo in termini politici con l’aiuto di una manciata di autori. Prosegui la lettura ›

Dal Corno alle Scale al Monte Carzolano: iniziative resistenti e scarpinate letterarie sull’Appennino.

Nel primo fine settimana d’autunno sono in programma, sull’Appennino, due iniziative che ci stanno molto a cuore e alle quali siamo felici di invitarvi.

Partiamo dalla seconda, in ordine di tempo. Ufficialmente si tratta di un presidio, al Lago Scaffaiolo, sotto le vette del Corno alle Scale.

Come sapete, ormai da qualche anno, insieme a un numero sempre più vasto di persone e di associazioni, stiamo cercando di bloccare la costruzione di un nuovo impianto di risalita, che raggiungerebbe il rifugio Duca degli Abruzzi, violentando un versante fragile, protetto e ancora indenne. Ne abbiamo parlato in due articoli, qui e qui.

Dopo che il TAR dell’Emilia-Romagna aveva dato ragione ai proponenti dell’opera, abbiamo presentato un ricorso al Consiglio di Stato, che invece ha accolto il nostro appello e ha sollecitato il TAR a fissare un’udienza di merito, per approfondire le nostre osservazioni. In particolare, i magistrati della quarta sezione hanno richiamato un precedente simile al nostro, nel comune di Livigno (SO), dove la ditta Mottolino Spa intendeva smantellare e “adeguare” una seggiovia, di fatto però ampliandola, in un’area soggetta a tutela paesaggistica e di conservazione ambientale. Contro quel progetto si erano espressi il TAR della Lombardia, il Consiglio di Stato e infine le Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Prosegui la lettura ›