Fronte del porto. L’«anomalia selvaggia» della piazza anti-pass triestina e la lotta di classe

[Quel che sta accadendo con epicentro Trieste, in un’accelerazione che lascia sorpresi molti ma non chi segue la vicenda dal principio, rende necessario chiarire alcuni punti.
Il contagio che dalla piazza anti-lasciapassare triestina sembra estendersi a diversi porti italiani smentisce le letture banali delle mobilitazioni in corso, “letture” funzionali a facili riprovazioni.
Come tutte le altre, anche la piazza anti-pass triestina presenta contraddizioni, ma ha una presenza organizzata di compagne e compagni, ha emarginato e anche cacciato noti fascisti, e soprattutto è caratterizzata da un inequivocabile, visibilissimo protagonismo operaio.
A proposito delle lotte contro il lasciapassare, benpensanti finto-marxisti hanno parlato di «egoismo», «individualismo», «particolarismi», «proteste sterili di piccoli borghesi», ritorno dei «forconi», «fascismo»… Ma se si fosse trattato di particolarismi, di egoismi di categoria, l’altro giorno i portuali triestini – che sono l’anima della piazza, non sono borghesi e possiedono solo la propria forza-lavoro – avrebbero accettato la mediazione governativa e i tamponi gratuiti solo per il loro settore. Invece si sono adirati di fronte a una proposta che avrebbe prodotto l’ennesima discriminazione tra lavoratori, e hanno radicalizzato le loro posizioni.
Da giorni il compagno triestino Andrea Olivieri, autore del libro Una cosa oscura, senza pregio. Antifascisti tra la via Flavia e il West (Alegre, 2019), sta lavorando a un testo ponderato su tutto questo. Gli abbiamo chiesto di anticipare al volo alcune considerazioni, perché ce n’è bisogno ora. Buona lettura. WM]

di Andrea Olivieri

In queste ore la vicenda triestina è salita alla ribalta delle cronache nazionali in seguito alla netta e radicale presa di posizione dei lavoratori – i portuali in testa – contro il lasciapassare ma anche contro la soluzione-tampone (è il caso di dirlo) dei tamponi garantiti dalle aziende.

Per chi è in grado di leggere la situazione senza pregiudizi, il dato è che proprio a Trieste si è determinato un accumulo di rabbia per i provvedimenti anti-pandemici governativi. Solo in parte questa rabbia è il frutto di peculiarità storiche e socio-economiche della città. Che ci sono, sia chiaro, ma in questo momento sembrano incidere solo nell’esprimere meno statolatria e appiattimento ideologico di quanto accade in altre parti d’Italia, e forse anche una concezione della salute collettiva che ha tratto ispirazione dal lavoro di Franco Basaglia, che altrove è andato perso o non è mai stato raccolto.

Quest’accumulo ha portato ripetutamente nelle strade di Trieste decine di migliaia di persone. La sorpresa, o anche lo sconcerto, è però solo di chi in questo ultimo anno e mezzo si è accomodato sul divano o di fronte al pc per interpretare la realtà, come segnalato da Niccolò Bertuzzi, leggendo Repubblica e confrontandosi solo con la propria bolla sociale.

Ieri il Piccolo – che a lungo ha finto di non accorgersi di cosa stava montando in città già dall’estate – proclamava in prima pagina che le persone al corteo di lunedì scorso, il quarto in meno di un mese, erano almeno quindicimila – e millecinquecento al corteo della mattina indetto da Cobas, USB e USI – e snocciolava le varie realtà di lavoratori presenti: portuali, ferrovieri, operai di diverse aziende tra le quali Wärtsilä e Flex, insegnanti… E qui va aggiunto – perché non riconoscibili, dal momento che sono quelli che stanno subendo maggiori pressioni – molti lavoratori della sanità.

Oltre a ricordare che la città conta poco più di duecentomila abitanti – ne ha persi venticinquemila nell’ultimo quarto di secolo, perlopiù per emigrazione – vale la pena tenere presente che i settori produttivi prevalenti in città sono terziario e servizi, quindi di fatto ieri in piazza erano riconoscibili tutte le realtà industriali più importanti – salvo il porto non organizzate perché Cgil, Cisl e Uil si tengono ben alla larga: ho fotografato, ad esempio, uno striscione «METALMECCANICI NO PASS», fatto a bomboletta sopra un lenzuolo, con un bel blocco di tute blu al seguito, per dire della «rappresentanza».

Voglio citare un paio di passaggi di un’intervista sullo stesso giornale a Franco Belci, storico e già segretario locale della Cgil per diversi anni, emblematici secondo me perché pronunciati da chi in teoria avrebbe tutto l’interesse a etichettare la protesta contro il pass come manovrata dai fascisti e, soprattutto, contro i lavoratori. E invece:

Belci, perché una protesta così partecipata anche a Trieste?
«Una partecipazione sorprendente, che si è ripetuta del resto più volte. Non facile da spiegare».
Conta la presenza storica della destra in città?
«[…] A Trieste vedo un’umanità molto varia. Le presenze neofasciste, se mai ci sono, appaiono del tutto minoritarie. Quella triestina è una forma di dissenso trasversale, legata al merito: le scelte del governo sul Green pass».

Chi già in precedenza era in ascolto dei molti segnali di disobbedienza a provvedimenti paradossali e insensati, e ora si è preso la briga di andare in quelle piazze per mapparne la composizione e le strutture di sentimento, in questo momento si chiede solo una cosa: come farà il governo guidato dall’uomo della Provvidenza a rimediare a quello che rischia di essere il più clamoroso passo falso di tutta la gestione pandemica?

Il Coordinamento Lavoratori Portuali di Trieste e Monfalcone ha proclamato il blocco delle attività portuali da venerdì mattina se non verrà ritirato il provvedimento che impone il lasciapassare.

I portuali rinunciano a quella che, secondo molti, sarebbe già una vittoria, ovvero i tamponi gratuiti pagati dalle aziende, per rilanciare e spiegare la cosa più importante: la lotta che hanno deciso di intraprendere, da principio mirata a non lasciare nessuno dei propri compagni di lavoro a casa, nel flusso delle manifestazioni e della mobilitazione comune con altre categorie e realtà cittadine si è trasformata in qualcos’altro, qualcos’altro che li porta a non poter accettare compromessi: «Va tolto l’obbligo di greenpass per lavorare, non solo per i lavoratori del porto ma per tutte le categorie di lavoratori».

Nell’annunciare questa presa di posizione radicale i portuali si assumono un’ulteriore responsabilità, quella di entrare in conflitto, per la prima volta in maniera così dura, con Zeno D’Agostino, dal 2020 presidente dell’Autorità di sistema portuale dell’Adriatico orientale. In risposta alla loro mobilitazione, D’Agostino ha dichiarato che un attimo dopo l’inizio dello sciopero si dimetterà, perché verrà meno la sua legittimazione da parte dei lavoratori.

A quest’annuncio i portuali hanno risposto ribaltando la minaccia a quello che dovrebbe essere il suo vero destinatario:

«Deve essere chiaro a tutti che le eventuali dimissioni di D’Agostino sarebbero da imputare totalmente al Governo: è il Governo che ha emesso il ricattatorio decreto Green pass per lavorare che ha suscitato la giusta reazione dei lavoratori; è il governo che invece di porre rimedio al danno fatto stando ad ascoltare i lavoratori, ha voluto scaricare le sue responsabilità su D’Agostino, a cui ha chiesto di trovare un rimedio; ed è sempre il governo che D’Agostino non lo ha voluto nemmeno ascoltare intestardendosi a voler mantenere a tutti i costi in vigore il decreto».

A chi non ci vive o conosce poco Trieste, il suo peso economico e il suo porto, la portata di questo conflitto risulterà forse di scarsa importanza. Ma guarda caso proprio il caso triestino è stato ripreso ieri, a due giorni dall’entrata in vigore del lasciapassare obbligatorio, da tutti i media nazionali, che di colpo si sono resi conto che rischia di accadere qualcosa di enorme. Tanto più che il blocco del porto annunciato per venerdì 15 ottobre potrebbe verificarsi anche in altri scali italiani, da Genova a Gioia Tauro.

I portuali triestini ne sono certi, ritengono di aver scoperchiato il vaso di Pandora di una sequela di provvedimenti insensati e pilateschi, congegnati per scaricare le responsabilità della pandemia sempre verso il basso. E hanno buoni argomenti per sostenerlo, dal momento che, come tutti i lavoratori della logistica, sono tra quelli che, anche nel più duro «lockdown», hanno continuato a lavorare sempre e sanno bene che il fatto di farlo in condizioni che non garantivano nessuna sicurezza è stata la vera norma non scritta della gestione pandemica.

Sui social o a volte anche nelle discussioni su Giap vedo persone spezzare il capello in quattro su ciò che vogliamo, litigare sulle virgole e gli aggettivi di questo o quell’articolo sul Covid, sui titoli e la credibilità di chi l’ha scritto, o sulla scientificità della rivista che lo ospita. E per molte ragioni può essere utile farlo.

Il dato da registrare in questi giorni, tuttavia, è che la rabbia che frettolosamente è stata etichettata di volta in volta come «negazionista», «No Vax», «anarcocapitalista», «fascistoide» e via dicendo sta subendo una curvatura, e anziché incanalarsi solo in direzione di un’indistinta protesta antisistema, contro i vaccini e un generico potere globale, sta affrontando la questione squisitamente materialista e del tutto marxista dei rapporti di produzione e del conflitto tra capitale e lavoro.

Se questo è vero, con l’imposizione del pass Draghi ha fatto un errore madornale.

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488 commenti su “Fronte del porto. L’«anomalia selvaggia» della piazza anti-pass triestina e la lotta di classe

  1. «In verità i primi danni concreti causati dal ventilato blocco del porto si stanno vedendo già adesso. Da un paio di giorni tanti camionisti, invece di imbarcarsi per arrivare a Trieste attraverso l’autostrada del mare che parte dalla Turchia, preferiscono mettersi in marcia via terra per arrivare piuttosto che correre il rischio di ritrovarsi bloccati venerdì nel nostro porto. Insomma, il blocco ci sta facendo perdere traffico prima ancora di essere attuato» (Enrico Samer, imprenditore portuale e presidente della Samer & Co. Shipping, intervistato dal Piccolo il 12 ottobre 2021)

  2. Tempo sprecato, ragazzi. La compagneria di Twitter, con una ricerchina sui profili social di Stefano Puzzer, ha già risolto il mistero della protesta triestina: c’è dietro QAnon.

    Inoltre hanno scoperto che lui, Puzzer, in realtà non rappresenta nessuno. Quindi non ci sarà nessuno sciopero.

    Insomma, c’è poco da discutere: Trieste = Roma = fascisti. Viva il Green Pass, abbasso i Wu Ming. Fine dell’analisi.

    A me, comunque, al netto di tutto, un dubbio sulla rilevanza di un’inchiesta su un tizio che non rappresenta nessuno, per capire una protesta che mobilita migliaia di persone in una città come Trieste, rimarrebbe…

    • L’analisi di classe, i rapporti di proprietà e di produzione, i rapporti di forza, la composizione tecnica e sociale della sezione di classe operaia attiva in una lotta di massa e degli altri settori di società che convergono in quest’ultima, l’effetto di sostrato delle lotte precedenti, il ruolo del rapporto centro-periferie, il gioco delle influenze culturali e dei conflitti pregressi… Ragionare su tutto questo – magari facendo, se non “inchiesta operaia”, almeno un po’ di osservazione partecipata – sarebbe importante. Lo sarebbe in ogni momento, a maggior ragione lo è in questo, che potremmo tranquillamente chiamare il momento del primo backlash post-pandemico. Ora la situazione è complessissima, le variabili in gioco innumerevoli. Bisogna mettere in campo tanti saperi, e avere pazienza nell’individuare le contraddizioni giuste, le giuste “faglie” del conflitto… Chiaramente, dunque, non è alle eiaculazioni precoci e alle defecazioni di sentenze tipiche dei social che dobbiamo guardare. Anche perché non è un bel vedere, tra schizzi di sperma ed escrementi. Non dovremmo nemmeno prestarci attenzione, al semplicismo algoritmato. Continuiamo a lavorare.

      • Quelli del twitter i proletari li hanno visti solo nelle illustrazioni sovietiche zdanoviste. Tutti pulitini, con la famiglia perfetta del mulino bianco, che guardano orgogliosi il fumo delle ciminiere levarsi sulla steppa nella russia centrale. La realtà è che i proletari sono sporchi. Se quelli del twitter vedono una foto dei veri bolscevichi gli prende un colpo.

        https://i.pinimg.com/originals/f4/a9/7d/f4a97dd4722d7693cbf3dcd7bc681abe.jpg

        O se non vogliamo scomodare i bolscevichi, basta Rod Steiger in “Giù la testa”, già che c’ho la fissa dei western.

        Mesi fa mi era capitato di leggere dei compagni del twitter secondo cui il divieto di entrare nei ristoranti senza green pass è un problema borghese. Come se gli operai delle piccole fabbriche o delle squadre esterne non andassero a mangiare in trattoria (menù operai 7 euro).

        • Ok, però io adesso proclamerei una moratoria sine die per le menzioni dei mentecatti che si fanno le seghe su Twitter. Basta. Non contano niente.

          È in corso una lotta che tocca il reale in una maniera che fino a pochissimo tempo fa nessuno si sarebbe immaginato, partendo da una città che non era nei radar di quasi nessuno (ma nei nostri sì, da anni, per tante ragioni). Non si tratta di fare l’apologia di chicchessìa, nemmeno degli “eroici portuali”, ma di seguire e magari anticipare – come a volte ci è capitato su questo blog – le dinamiche del conflitto sociale post-pandemico. In questo caso, dinamiche di fertile contaminazione tra una piazza antipass (eterogenea ma coesa) e classe operaia (organizzata in sindacati di base ma soprattutto autoconvocata e autorganizzata).

          Non dobbiamo mai stancarci di ribadire che la situazione è parecchio contraddittoria, altrimenti qualcuno può pensare che a Trieste c’è tout court la Comune, però dobbiamo valorizzare quel che sta accadendo. I mentecatti lasciamoli a fare virocentrismo fuori tempo massimo. Perché anche il puntare sulla character assassination di un portavoce dei portuali in lotta è tipicamente virocentrico: c’è una lotta di massa, ma non conta per cosa si lotta e in quanti lo fanno, conta cosa pensa del virus un singolo.

          Il virus, sempre il virus. Come suol dirsi, «ci sono rimasti sotto». È venuto il momento di dire con chiarezza che, per quanto ci riguarda, là sotto possono anche rimanerci. Il loro contributo non ci mancherà. Bona lé. ‘Ndemo avanti.

    • Per quanto vedo e so posso solo assicurare che la character assassination in questo caso è il modo migliore per continuare a non capire nulla di nulla di quanto sta accadendo, ma contenti loro…
      Ma la cosa davvero ridicola in questo caso è che Puzzer stesso, nelle interviste di questi giorni, ricorda che il Clpt conta meno di trecento iscritti e che nelle manifestazioni i portuali sono sempre il triplo. Il che conferma non tanto lo scarso peso di questa singola sigla sindacale – che resta comunque quella più grossa in porto – ma soprattutto il fatto che nelle manifestazioni si sono attivate molte altre categorie di lavoratrici e lavoratori cittadine: la mobilitazione nata dal Coordinamento NoGreenpass ha di fatto messo in moto, in maniera spontanea, praticamente tutte le realtà produttive più grosse, con dinamiche del tutto inedite dal punto di vista della rappresentanza che, di fatto, è fondamentalmente autorganizzata e viaggia attraverso linee di comunicazione e di relazione che hanno poco a che fare con la farraginosa burocrazia delle relazioni sindacali classiche.
      Tutto questo – anche nell’intreccio di contraddizioni che vi sottostanno e che, a scanso di equivoci, segnalavo già settimane fa – non è semplice da interpretare nemmeno da qui e dagli stessi che lo stanno vivendo, figurarsi quanto se ne può capire da Roma – da cui è noto che non si capisce un cazzo – o, che ne so, da Pavia…

      • A essere scagliate come “pietre dello scandalo”, anche da sedicenti «osservatorî sul complottismo» (mai visto un “osservatorio” che si esprime usando la prima persona singolare, sarà un… one man observatory), sono:

        1) il fatto che nella piazza triestina si sentano e vedano (anche, diciamo noi) messaggi influenzati da cospirazionismo e pseudoscienze;

        2) il fatto che sui profili social di portavoce dei portuali si leggano (anche, ribadiamo) spropositi e fantasie di complotto sulla pandemia.

        A parte che a entrambe le osservazioni potremmo agevolmente rispondere «grazie al cazzo, chi l’avrebbe mai detto!», in questa reazione si riscontrano tutti, ma proprio tutti i limiti di un approccio ai cospirazionismi idealistico (nell’accezione filosofica del termine), liberale, scientista ecc. Un approccio in cui scompaiono le contraddizioni del sistema, le classi, i rapporti sociali, i rapporti di forza, in generale le dinamiche collettive. Scompaiono, insomma, le condizioni materiali del cospirazionismo.

        In una classica robinsonata, come le chiamava Marx, resta solo «il complottista», personaggio concettuale che, a scelta, può essere sbertucciato o invitato a ragionare (o entrambe le cose simultaneamente), ma sempre sul terreno smaterializzato e individualizzante della «battaglia delle idee».

        È l’approccio che critico duramente ne La Q di Qomplotto, libro del quale certi osservatori hanno già dimostrato di aver capito poco. La vicenda triestina, se dimostra qualcosa, dimostra proprio il principio che informa il mio libro e che tempo fa ho riassunto così:

        «Solo nuovi movimenti, nuove concatenazioni collettive possono prevenire le derive individuali e poi tribali nel cospirazionismo, tornando a contendere con lotte anticapitaliste e con legami solidali quello spazio che lo smantellamento/autosmantellamento delle sinistre (e soprattutto delle rappresentanze di classe) ha lasciato vuoto e le fantasie di complotto hanno occupato.

        Guardacaso quando scoppiano lotte che toccano il reale, e si esplicita inimicizia lungo le giuste linee di frattura, “la moneta buona scaccia quella cattiva”. Molto probabilmente i lavoratori italiani che hanno scioperato, occupato, bloccato i flussi della logistica accanto a loro colleghi migranti, constatando anche il ruolo di avanguardie giocato da questi ultimi, sono meno sensibili a stronzate come la “Grande Sostituzione” e altre fantasie xenofobe.

        Un altro esempio sono le scie chimiche: l’ascesa e il grande successo di quelle fantasie di complotto coincide con anni – gli ultimi anni Zero – di sconfitta dei movimenti, anni in cui tutti registravamo l’assenza di vere mobilitazioni sul problema climatico. Le fantasie sulle scie chimiche colmavano quell’assenza a modo loro, deviando ansie e frustrazioni in una narrazione diversiva. Narrazione diversiva di grande presa: all’epoca vi furono molte interrogazioni parlamentari sulle scie chimiche, anche da parte di deputati e senatori PD, partito che oggi posa da “anticomplottista”.

        Ebbene, con l’irruzione sulla scena di movimenti di massa di lotta sul clima (FFF, Extinction Rebellion, mobilitazioni contro Grandi Opere ecc.), le fantasie sulle scie chimiche hanno perso lustro e sono state (temporaneamente) relegate ai margini dell’immaginario. Questo indipendentemente dal fatto che quei movimenti abbiano ottenuto risultati visibili (è presto, e non dimentichiamo che l’emergenza-pandemia ha interrotto un ciclo di lotte planetario).»

        Repetita iuvant: il cospirazionismo è, tagliando con l’accetta, anticapitalismo fuorviato. È una parodia involontaria di critica al sistema, un surrogato di lotta che intercetta e traduce a modo suo la rabbia sociale che in quel momento nessun altro sta intercettando e traducendo.

        L’esito del cospirazionismo è quello di deviare il malcontento e di incanalare le energie che potrebbero essere investite in lotte vere e nella trasformazione sociale verso luoghi dove tali energie vengono dissipate o, peggio, usate per alimentare progetti reazionari. Per questo, come da sottotitolo del mio libro, «le fantasie di complotto difendono il sistema». Si tratta di «narrazioni diversive». Che però, attenzione, non avrebbero alcun successo se non si formassero intorno a nuclei di verità.

        Se in questi anni le fantasie di complotto sembrano regnare sovrane in molti spazi come non mai, è perché quegli spazi erano rimasti vuoti. Ma quando arrivano le lotte vere, il cospirazionismo viene detronizzato, e se non scompare (perché non scompare mai), comunque passa in secondo piano, la tua fantasia di complotto la accantoni a favore della concreta esperienza di lottare accanto a persone che non la condividono ma con cui condividi la condizione, gli interessi e gli obiettivi. In parole povere: persone che hanno creduto vere e diffuso fantasie di complotto, passano ad altri discorsi più agganciati alla pratica reale collettiva.

        È quel che è accaduto a Trieste a partire da luglio: un coordinamento cittadino contro il green pass è riuscito a incanalare la lotta e i discorsi in una direzione chiara, relegando ai margini le fantasie di complotto. Certo, nelle manifestazioni si leggono ancora certi cartelli e sui social certi manifestanti linkano Byoblu o altri siti-spazzatura, ma al momento non è questo a contare.

        In ogni mobilitazione di massa si è sempre sentito di tutto: senza scomodare il Pope Gapon, rammentiamo che in piazza Tahrir si udirono anche fantasie di complotto antisemite, a Gezi Park si udirono anche fantasie di complotto nazionaliste di matrice kemalista (la stessa matrice che porta a negare sia mai avvenuto il genocidio armeno) ecc. Cacheremmo mai una sentenza sommaria su quelle lotte in base a quei riferimenti? No, e non ha senso farlo nemmeno per la lotta in corso a Trieste, perché è la sintesi finale che conta, la piattaforma rivendicativa comune e il modo in cui quelle rivendicazioni si incarnano, sono vissute nell’esperienza di stare insieme, di lottare insieme. Coi corpi, cioè finalmente fuori dalle bolle delle solitudini social.

        Non solo concentrarsi solo su quei messaggi non ha senso, ma ostacola il lavoro di chi in quelle mobilitazioni si sbatte, cercando di mantenere il tutto focalizzato.

        [Ovviamente, qui per esigenze di sintesi il discorso è svolto in una forma molto grezza e rapida.]

        • Anche dall’altra parte della barricata, dalla parte di quelli-di-sinistra-collettivisti che vogliono tutti greenpassati e zitti io ci trovo molti aspetti psicologici analoghi a quelli preminenti nei fantasticatori di complotto come da te descritti in la Q di Qomplotto.
          L’ultimo esempio l’ho avuto proprio ieri in uno “scontro” con un mio amico ascrivibile più o meno tra le file dei QDSC(quelli-di-sinistra-collettivisti) ed è nient’altro che l’ennesima contorsione nella quale tanti si stanno producendo per cercare di “sopportare” il caso Clpt. Quest’ultimo è proprio il bastone che si inserisce negli ingranaggi del loro ragionamento schematico facendo saltare tutto il meccanismo; beninteso: a rigor di logica. Il Puzzer vaccinato che chiede lo stesso trattamento per i lavoratori di tutte le categorie, sfugge alle loro categorie di “individualismo”, “novaccinismo” etc. allora cercano di contorcersi, per l’ennesima volta, mandando a quel paese il “rigor di logica” e iniziando un valzer di fregnacce non sostanziate dando al Puzzer ora dell’anarcoide, ora del “millantatore di rappresentanza” e via discorrendo. E’ interessante anche notare come si tenda a personalizzare questo tipo di defenestrazioni, in maniera da banalizzare il tutto ulteriormente, ma questo aspetto meriterebbe un approfondimento altrove.
          Il parallelismo che mi viene in mente, in conclusione, è quello del fantasticatore di complotti, il quale, ad esempio quando una previsione stile QDrop non si avvera, si contorce inventando spiegazioni alternative sempre più farneticanti e prive di pezze di appoggio. Oppure quando, sentendosi debunkato “a rigor di logica”, inserisce nel novero dei complottanti anche lo stesso interlocutore che lo ha debunkato.
          In buona sostanza si potrebbe allargare la visuale costatando che, tutte le volte in cui una narrazione fa leva insistentemente sulla parte emotiva, viene innescato un effetto dirompente che spesso porta chi da questa narrazione viene affabulato ad un esercizio continuo di “sostituzione della realtà”.

          • In un testo del 2005 intitolato «Stregoneria capitalista», Philippe Pignarre e Isabelle Stengers descrivevano il modo in cui il sistema capitalista produce alternative infernali (ad es.: vuoi mantenere i salari? provocherai la delocalizzazione!) e quello in cui produce le “piccole mani”, i galoppini al suo servizio:

            «E sono forse proprio tutte queste piccole mani a metterci sulla pista giusta (…) Perché le piccole mani non si presentano, né si pensano, come “al servizio del capitalismo”. Semmai, la questione da porsi è: le piccole mani pensano? Ricordiamo la formazione del consulente raccontata nel film «Violences des échanges en milieu tempéré»: lo “sverginamento” che egli subisce lo metterà in grado di entrare in continuità con la violenza dei rapporti sociali, di fabbricare a sua volta ciò che genera malessere sociale. Viene spezzato, smette di pensare o, più precisamente, il pensiero diventa per lui dolore e minaccia. Sarebbe interessante raccontare lo “sverginamento” degli economisti che benedicono le alternative infernali come “scientifiche”, o degli uomini politici e dei giornalisti che le insediano e le ratificano, facendone un insuperabile orizzonte collettivo del pensiero. E così anche lo sverginamento degli scienziati, che imparano a disprezzare le domande che un “vero” scienziato non deve mai fare.»

            Le iniziazioni violente, malevole, generano galoppini (e, d’altra parte, tutta la storia del capitalismo è un’incessante violenza sugli umani, sulle comunità, sui viventi, sul mondo, sui morti, per renderli “conformi”). Di quella violenza fa parte, temo, anche il terrore che abbiamo respirato nell’ultimo anno e mezzo.

            • “In un testo del 2005 intitolato «Stregoneria capitalista», Philippe Pignarre e Isabelle Stengers descrivevano il modo in cui il sistema capitalista produce alternative infernali”
              Mi hai letto nel pensiero SteCon. Proprio ora stavo ragionando su come pian piano la frontiera di negoziazione del padronato si stia orientando sui tamponi “gratuiti”. Gratuità della quale poi non si capisce la natura, addirittura si è parlato di un “permesso alle aziende, in certi casi, di fornire gratuitamente tamponi ai propri dipendenti”, come se servisse un permesso per farlo, roba da matti.
              Non voglio andare fuori fuoco, mi riallaccio alle “alternative infernali” sottolineando che, se presto o tardi si concretizzerà questo contentino dei tamponi gratuiti, avremo a disposizione, o ci saranno alcuni che avranno a disposizione, l’alternativa di un tampone G-R-A-T-U-I-T-O. Wow.
              Ovviamente saranno tanti i problemi logistici, se sarà questo il caso, tanti che probabilmente, come qualcuno ha già preconizzato in un commento al post scorso, servirà una soluzione tipo RecUp, una soluzione, cioè, che vedrà il lavoratore costretto a spostarsi su scala (almeno) cittadina per il gaio accomodarsi alla fiera dei tamponi.
              In una città come la mia (Roma), durante la rush hour, solo per spostarsi di quadrante ci si può tranquillamente impiegare qualcosa come 45 minuti, 30 min a sbrigare la coda in farmacia e siamo a 2 ore. 2 ore ogni 48. Praticamente un’ora al giorno.
              Già, perché il proletario non avrà soldi, ma il tempo è una risorsa che può scialacquare…

            • A seguire talk show, tele e radio giornali delle maggiori reti e quotidiani italiani si scopre che non ci sono più di “100” giornalisti, raccolti da 3 grandi editori, che raccontano la pandemia e lo fanno a qualche decina di milione di persone. In questa concentrazione, il 14 ottobre, a canali unificati, c’è stata una vera e propria evocazione sciamanica della grande ansia per l’ennesimo rischio di blocco del paese. Per rimanere su un campo politico che ritengo comunque affine ma editorialmente legato sia a Gedi, sia ad RCS, nel suo spiegone, Da Milano ha ribadito ieri che il 15 doveva essere “il giorno della spaccatura, del blocco dell’Italia, il giorno in cui c’era una specie di guerra civile”. Ha continuato affermando che la situazione di Trieste era la più attesa “per eventuali problemi”. Ha confermato quindi ex post un’atmosfera che chiunque poteva verificare leggendo un titolo di giornale o ascoltando un talk show a caso. L’uragano atteso è risultato poi una pioggerella autunnale, facendo passare l’audience dalla possibile tragedia alla farsa. La cosa più interessante di questo falso allarme è che il potere mediatico all’italiana si mostra nella sua capacità mimetica in cui il giornalismo si confonde con l’intrattenimento politico. L’evento è ormai la capacità di impressione di memorie sovraccariche di informazioni che eccedono di gran lunga l’esperienza quotidiana. In assenza di “novità”, si sostituiscono gamme di stati d’animo schizofrenici. L’ansia del 14 si è trasformata in un senso di scampato pericolo la sera del 15. Solo che quel timore, come quel godimento successivo sono largamente un’autoproduzione dei 100. Sono cioè il frutto di una bolla mediatica che risponde in automatico agli input del mondo, realizzando montaggi narrativi che falsificano il dissenso incanalandolo in una qualche forma di rimozione edipica. Così ad esempio, seguendo quei montaggi, come molti qui, anche io mi ritrovo in un intermezzo tra si vax e no green pass non rappresentabile. Credo però che questa sarà sempre più un’esperienza in “comune”.

              • Lo aveva già anticipato Andrea in un commento qui sotto, scritto l’altroieri: «Molti giornali stanno a mio avviso gonfiando la bolla informativa del “venerdì nero”, paventando scenari apocalittici come sono soliti fare da decenni ormai. Non è il piano che ci interessa, e soprattutto quello in cui dobbiamo cadere.»

  3. È vero, il conflitto si sta gradatamente spostando dalla materia sanitaria (pro/contro, virocentrismo, ecc.) a quella, più ampia, dei rapporti di produzione. Una prova ne è la dichiarazione del presidente di Assologistica. Che va nella direzione di quella che sarà, secondo me, la tattica che verrà seguita dai media mainstream e dal governo nei prossimi giorni: i portuali, forti della loro posizione di lavoratori indispensabili, tengono sotto ricatto un intero paese.
    In realtà la protesta dei portuali potrebbe essere la classica crepa nella diga; attorno ad essa potrebbe coagularsi buona parte di quelle istanze ancora confuse, che non trovano sponde in luoghi diversi dalla piazza Telegram. Ma soprattutto questa iniziativa mette in luce le enormi contraddizioni insite nell’obbligo del lasciapassare sul luogo di lavoro; è bastato che una categoria partisse, per evidenziare e disvelare il dilettantismo, la superficialità, la protervia, la presunzione di chi ha deciso questa misura. Il governo dei migliori, il governo del pilota automatico, non ha nemmeno pensato che, oltre alle questioni di principio, al solidarismo delle avanguardie, alla maturità di una classe che sociale che da troppo tempo si dà per morta (insomma, hanno creduto alla stessa favola che hanno diffuso), esistono aspetti pratici sui quali l’obbligo di lasciapassare va ad impattare creando il caos. La questione dei camionisti stranieri è solo una della tante.
    La situazione è davvero “complessissima”.

  4. Venerdì si quantifichera’ la partecipazione. La mia preoccupazione è che da 18 mesi i governi stanno stringendo sempre piu’ la corda, inasprendo lo scontro ma svicolando dalle proprie responsabilità, vedi potenziamento del trasporto pubblico, riduzione del numero degli studenti per classe, sistemi di areazione delle stanze, riorganizzazione ssn, ecc. A quanto vedo la maggioranza della popolazione ha ancora fiducia nell’operato del governo e per me questo è qualcosa di sconcertante.
    Io sono pessimista sul futuro di tutti noi, o si riescono a bloccare ora, o non ci saranno piu’ argini alle iniziative che vorrà prendere il governo nel nome della sicurezza. Lo stato di emergenza è un ottimo pretesto per applicare la shock economy

    • Io però eviterei di oscillare in questo modo tra entusiasmo e scoramento, come mi pare che accada spesso in queste discussioni: personalmente non credo, ma potrei sbagliarmi, che venerdì sarà l’Armageddon, come non credo che dal punto di vista della compressione dei diritti in generale le cose, in particolare in Italia, abbiano preso una piega tale da essere già oltre al punto di non ritorno – e mi riferisco innanzitutto ai pericolosi precedenti stabiliti dai governi Conte e Draghi tra lockdown, coprifuoco, pass sanitario e via dicendo.
      Molti giornali stanno a mio avviso gonfiando la bolla informativa del «venerdì nero», paventando scenari apocalittici come sono soliti fare da decenni ormai. Non è il piano che ci interessa, e soprattutto quello in cui dobbiamo cadere.
      Se alcuni di noi si prendono la briga di osservare certi fenomeni da una prospettiva obliqua al mainstream giornalistico che avvalla qualsiasi provvedimento governativo, o tuttalpiù infila qualche tiepida critica – e al quale, consapevolmente o meno, si sono ahimé adeguati alcuni compagni e amici – è per la stessa ragione per la quale vent’anni fa scendevamo in piazza, per esempio, condividendo strade, piazze e assemblee con agricoltori che magari prima si erano fatti manovrare da destra sulle quote latte, o prima ancora con ex-indipendentisti veneti che vedevano nei bombardamenti su Belgrado la stessa vergognosa logica bellica e criminale che intravedevamo noi: nelle lotte ci si trasforma, cambia la percezione del prossimo, si modificano le convinzioni personali e, soprattutto, come scrive Wu Ming 1 più sopra, la moneta buona scaccia quella cattiva.
      Per tornare a quanto scrivevo all’inizio, i portuali e molti altri lavoratori triestini sono convinti di vincere questa battaglia contro il pass; personalmente non sono altrettanto ottimista e peraltro sono ben consapevole che sia importante, a questo punto, soprattutto per la sua funzione di delegittimazione del governo più distopico e assurdo che questo paese abbia mai avuto.
      Noto però che questa battaglia si è già trasformata in un universale nel processo della sua intrapresa, e chi vi è impegnato sta aprendo spazi di dibattito, di confronto e di relazione che solo qualche mese fa sembravano irrimediabilmente persi nella virtualità dei flame su FB o, nel migliore dei casi, delle penose «assemblee» su Zoom.
      A me non pare poco, così come invito a non considerarla una rivoluzione.

  5. Ciao a tutt*, primo commento su Giap!

    Risiedendo e facendo politica a Trieste, credo di poter dire la mia. Non per intendere che altri non ne possa parlare – chiunque ha diritto di parlare di tutto, purché dica cose interessanti – ma perché vorrei commentare alcune imprecisioni riscontrate nel pezzo di Andrea Olivieri.

    Innanzitutto Basaglia: non credo che si possa parlare di una memoria condivisa del suo operato tale da permeare pure il discorso comune. Anzi, ciò che resta dei basagliani da tempo si sta impegnando per difendere la memoria del loro mentore da insistenti attacchi della destra, nell’indifferenza della maggior parte della cittadinanza.

    Trattando di partecipazione operaia – in un contesto profondamente deindustrializzato – Olivieri dimentica di menzionare l’ampia varietà contrattuale e gli squilibri di status che ne conseguono. Chi era in piazza nei giorni scorsi, per farla breve, erano per lo più gli indeterminati. Ma siamo sicuri che siano in grado di rappresentare la classe in sé?

    I portuali stessi, all’avanguardia delle proteste di questa settimana, sono abbastanza un mondo a parte così come lo è il porto. Non a caso i sindacati maggiori hanno difficoltà a entrarci: le lotte dei portuali non sono spesso le stesse del resto della città – o almeno così emerge da colloqui privati con sindacalisti.

    [segue]

  6. [continua dal precedente]

    Tra i portuali non mi sembra che sia maturata una coscienza di classe, bensì direi di settore: un buon primo passo, certo, ma ben lontana dalla critica «squisitamente materialista e del tutto marxista dei rapporti di produzione e del conflitto tra capitale e lavoro» che si scrive nell’articolo. Da altri colloqui privati avuti con loro in diversi incontri, le posizioni maggioritarie mi apparivano consapevoli della realtà in cui operano ma sicuramente ben poco marxiane, con un leader del CLPT di Monfalcone consigliere comunale per la lega (che sì, sproloquiava di sostituzioni etniche e altre amenità).

    I portuali triestini hanno un tasso di non vaccinati del 40%: è una questione solo di diritto al lavoro e solidarietà tra colleghi o anche di salute pubblica? Non raffiguriamo nemmeno i lavoratori del porto come nelle illustrazioni sovietiche zdanoviste per favore.

    A conferma del piano inclinato in cui si è posto il CLPT, pure la USB – che sicuramente non si può definire filogovernativa e mi pare sicuramente più consapevole dei rapporti materiali rispetto al CLPT – si è disallineata dalla linea di opposizione a oltranza del comitato dei lavoratori portuali anche dopo aver ottenuto i tamponi gratuiti. Quella dei portuali non mi pare una lotta di massa ma semmai una prova di forza per ottenere una posizione di dominio.

    Insomma, non credo che Trieste sia un’anomalia – nel senso di diversità nella composizione delle proteste rispetto al resto del paese. Dalle elezioni è emerso uno schieramento compatto di destra ed estrema destra, con per di più la salita al consiglio comunale di Ugo Rossi, un matto (come diremmo qui) dichiaratamente antivaccinista. I fasci qui non hanno bisogno della piazza perché i legami col potere locale sono saldi. Semmai, l’anomalia è la quantità e la regolarità delle proteste: rispetto agli altri porti italiani, solo qui si è vista un’opposizione così strenua sia alla campagna vaccinale sia alla porcata del green pass.

    È giusto cercare di entrare nei movimenti sociali per diffondere coscienza di classe, ma in questo momento non mi sento a mio agio nelle manifestazioni dei portuali. La loro leadership è sufficientemente determinata per poter dirimere i contenuti condivisibili della loro protesta dalle cialtronerie: quando lo faranno, credo che molte e molti compagni si potranno unire più a cuor leggero.

    • Dal mio punto d’osservazione di frequentatore abituale e di lungo corso di Trieste – la città della mia compagna, in cui ho parenti e amici e di cui ho scritto svariate volte – ho l’impressione che ci siano dei malintesi.

      Su Basaglia: Andrea Olivieri non ha fatto riferimento a rapporti di forza in città tra basagliani e antibasagliani: ha evocato un possibile lascito culturale, non necessariamente maggioritario in città, che forse agisce in profondità ed è riconoscibile nell’insofferenza verso la salute che diventa disciplinamento.

      Riguardo alla composizione di classe dei cortei, le tue note sono troppo vaghe e impressionistiche perché io possa dire in che misura sono corrette, anche perchè le fonti sono tuoi «colloqui privati con sindacalisti» il cui contenuto dobbiamo prendere per buono senza riscontri.

      Il problema è che quel contenuto è contraddittorio: dici che in piazza ci sono «perlopiù gli indeterminati», ma al tempo stesso «all’avanguardia delle proteste» ci sono i portuali, che però… fanno lotte diverse da quelle del resto della città, sono «un mondo a parte». Ma se sono «all’avanguardia» di proteste che mobilitano quindici-ventimila persone, sinceramente a me non sembrano così a parte…

      Proprio riguardo ai portuali: nel citare Andrea sostituisci «questione» con «critica», e da qui parti a contestare un’affermazione che lui non ha fatto: da nessuna parte nel suo articolo si sostiene che i portuali siano soggettivamente marxisti ed esprimano direttamente una «critica squisitamente materialista». C’è scritto tutt’altro, ovvero che «la rabbia [che non è solo rabbia dei portuali] sta subendo una curvatura» e si trova a impattare con «la questione squisitamente materialista» dei rapporti tra capitale e lavoro. Il che è oggettivo: si sta parlando di sciopero, blocco delle reti della logistica, picchetti, dimissioni di un top manager in conseguenza di una lotta…

      In ogni caso, «coscienza di settore» non mi sembra proprio renda l’idea, quando la posizione di chi vuole bloccare il porto è che va ritirato l’obbligo di green pass «per tutti i lavoratori, senza discriminazioni». Non solo per i portuali e la logistica, dunque, ma per tutti. Siamo ben oltre i confini di un settore.

      Sotto quest’aspetto, che è quello materialistico e dell’analisi di classe, conta davvero poco che questo o quel sindacalista del porto voti Lega o di suo spari cazzate o creda/abbia creduto a fantasie di complotto. Ma su questo ho già risposto in un lungo commento sopra. Tra l’altro, quando fai questi esempi qualcuno potrebbe farti notare che tutti i comunicati del CLPT sono firmati da Sandi Volk, che come sai oltre a essere un sindacalista è non solo un militante antifascista da decenni, ma uno storico che ha scritto testi importanti sulla Resistenza e sulla lotta di classe dalle vostre parti.

      La notazione sul tasso di vaccinati al porto cosa starebbe a dire? Buttata lì così, come se l’inferenza fosse automatica, non significa nulla e non è commentabile. Su questo blog abbiamo sempre rifiutato di dividere i lavoratori – e in generale gli essere umani – tra “buoni” che si vaccinano e “cattivi” che non lo fanno. La questione è complessa e merita complessità, non dicotomie.

      Se il fine del Clpt è l’acquisizione di una posizione di forza, in questo caso rispetto all’USB che rappresenta l’altro sindacato di peso in porto, noi non lo possiamo sapere, semplicemente perché non abbiamo rapporti diretti col Clpt, non ne promuoviamo il tesseramento né abbiamo interessi nella sua ascesa in qualsiasi forma sindacale o politica. Non necessariamente ne condividiamo la linea sindacale, anzi, su questo blog noi e lo stesso Olivieri, in tempi non sospetti, abbiamo criticato sia il milieu indipendentista da cui quel sindacato è nato – pur non facendosene mai fagocitare – sia la campagna per l’applicazione dell’allegato VIII per il porto internazionale, che invece è stata sposata praticamente da tutto l’arco politico cittadino in varie forme in occasione delle ultime elezioni amministrative, e persino da Zeno D’Agostino.

      Nessuno ha scritto che sia quella dei portuali la lotta di massa, ma che i portuali sono parte di una lotta di massa. E se non è una lotta di massa quella che per settimane di fila genera cortei che per Trieste sono oceanici…

      Dalle elezioni amministrative sarà anche emerso uno schieramento compatto di destra, ma ha votato solo il 46% degli aventi diritto. Dunque anche il 4,5% di Ugo Rossi va ridimensionato come peso sociale in città: stiamo parlando del 2,07% reale, che in numeri assoluti rende ancora più l’idea: 3000 voti per la lista e 3700 per il candidato sindaco su 185mila elettori e 85mila votanti. Se in piazza c’erano almeno 15.000 persone, vuol dire che ben quattro manifestanti su cinque Ugo Rossi non se lo sono filato di striscio. Penso sia molto più facile trovare le sovrapposizioni tra la mobilitazione e il non-voto.

      Dopodiché, uno può pensare che 3700 voti al «matto» – però era meglio spiegarlo che a Trieste «un mato» significa «un tizio», «un tale» – siano comunque troppi, ma è lo scotto che tocca pagare, è fisiologico e deriva del totale disinteresse della politica ufficiale per quanto andava montando nelle piazze triestine: Rossi ci è stato dentro fin dall’inizio, e anche se è stato ridimensionato nelle assemblee e nella visibilità alle manifestazioni, era inevitabile che qualcosa portasse a casa.

      • Caro WM1, a me sembra che alcuni punti di Donglyo siano rilevanti. In particolare il dato del 40% di non vaccinati tra i lavoratori del porto di Trieste, non serve a distinguere i buoni e i cattivi, ma dice due cose: 1) che il caso di Trieste è particolare e probabilmente non generalizzabile, perché negli altri ambienti di lavoro le percentuali di non vaccinati sono molto più basse. 2) Che la transizione da movimenti no-vax a movimenti politici che aprono un confronto tra capitale e lavoro, auspicata nell’articolo, potrebbe essere ottimistica, almeno finché si limita al caso particolare di Trieste. E questo non perché non siano illuminati Puzzer o Sandi Volk, ma perché una parte del loro seguito potrebbe non condividere le loro motivazioni. In breve:il sasso è stato lanciato e Trieste è un laboratorio: non siamo certi se l’evoluzione sarà positiva, come tu e Olivieri auspicate, o se invece sarà al di sotto delle aspettative come teme Donglyo.

        • Proviamo a problematizzare il ricorrere di questo dato del 40% di non vaccinati al porto di Trieste. Io lo vedo citatissimo, non c’è titolo mainstream che non lo riporti. E per quanto riguarda il mainstream la sua funzionalità è chiara: serve a schiacciare il rifiuto del green pass sul rifiuto del vaccino. Da lì la conclusione, implicita o esplicita: «per forza quelli sono contro il pass: sono contro il vaccino!»

          Ergo, dove la percentuale di vaccinati è più alta, la critica al lasciapassare dovrebbe striminzirsi. Ma ne siamo sicuri?

          Inseriamo il porto nel contesto della mobilitazione più ampia che caratterizza Trieste: siamo sicuri che le quindicimila persone che il coordinamento porta in piazza siano in maggioranza non vaccinate? Non ho dati, chiaramente, ma non mi sembra realistico. Penso che un sacco di gente anche vaccinata abbia ottime ragioni di avercela col governo Draghi e in generale con la classe dirigente che ha gestito la pandemia e ora impone una misura inutile, ipocrita e vessatoria come il lasciapassare (che spesso rompe i coglioni anche a chi ce l’ha, a me senz’altro). Penso che la rabbia sociale accomuni molti vaccinati e non vaccinati, e che per la legge dei grandi numeri sia più facile che i primi (largamente maggioritari nel paese) possano essere più numerosi dei secondi anche nelle lotte di massa che verranno.

          Del resto, in quest’ultimo scambio non siamo tutti e tre vaccinati e tutti e tre contrari al lasciapassare?

          Dopodiché, intendiamoci, non ho la sfera di cristallo né lo specchio delle mie brame. E più che ottimismo, c’è la volontà di seguire attentamente questa che è la prima vera vertenza dichiaratamente post-pandemica o, forse meglio, anti-emergenzialista.

          • Hai ragione. Infatti Trieste è una realtà da seguire. Come dici tu, siamo tutti e tre vaccinati e tutti e tre odiamo il green pass. Come, io credo, moltissime altre persone. Il mio problema personale è questo: io in piazza a manifestare contro il green pass (a Roma) non ci vado perché mi troverei in mezzo a un gruppo eterogeneo con alcuni fascisti e parecchi novax e sciechimichisti. Però so che sbaglio, perché non andando lascio la piazza a loro. Mi piace Trieste perché sembra diversa da Roma e forse in piazza a Trieste ci andrei. Per questo seguo quello che succede a Trieste con molta attenzione e un po’di speranza. Vorrei un corteo che dicesse “vaccino si ma obbligo no”. Vorrei che Donglyo avesse torto, ma so che forse potrebbe avere ragione. Forse voglio troppo.

            • 1/2

              @ABelelli
              “(a Roma) non ci vado perché mi troverei in mezzo a un gruppo eterogeneo con alcuni fascisti e parecchi novax e sciechimichisti.”

              Occhio che questa è proprio l’impressione mediatica che fognanuova ha cercato (e in parte riuscito) di lasciare sui media con la “sceneggiata” di sabato. (vedi localteam** su yt)

              Con sceneggiata mi riferisco al copione (monopolizzare la scena e poi a fine spettacolo parlare truffaldinamente a nome di chi già è tornato a casa e spacciare la piazza non fascista come tutta novax e quanonista [e non dire una parola contro il greenpass e del perchè ci si debba opporvisi ]):
              1)scontri e violenze in piazza
              2) attacco al sindacato

              3)(il fulcro della recita: ) di sera, quando il grosso dei manifestanti sani (non di fn) era ormai sparito, fanno qualche scaramuccia creando una barricata
              e lanciando per qualche minuto dei sassi contro i giornalisti. La polizia avanza con l’idrante, smantella la barricata e i fascisti-lanciasassi sembrano spariti.
              Dopo poco, (sulla via che si è parecchio svuotata), di fronte alla polizia compare una tizia con giacchetta marrone e pantaloni blu (che appariva prima vicino alle barricate) con sguardo di ghiaccio (da robocop, dico io) che si posiziona
              a poche decine di metri dalla polizia, ferma e con mani alzate (tipo gecko). Resta così qualche minuto.
              Poi si aggiunge un altro a far lo stesso. Poco dopo una decina di altri.
              Attende di avere l’attenzione delle videocamere e proclama “Noi non siamo di forza nuova!” e a qualche giornalista “vieni a intervistare me!”.
              Il gruppo si infoltisce e diventano una ventina. Gridano slogan. Discorsi vaghi misti a frasi vere ma banalissime.
              Tra loro una tizia bionda in impermeabile marrone, che si era fatta notare un’ora prima a favor di telecamera (prima ancora della barricata, sparendo poi magicamente pochi minuti prima che venisse costruita),
              parla quasi come portavoce del gruppo. Tra le altre cose la tristissima frase rivolta alla polizia “avete sotto le palle per ribellarvi ?”. (Uno slogan maschilista del genere ce lo si puo’ aspettare solo da una fascista .. )
              Poco dopo si unisce un tipo attempato (sui 60 o + anni) con felpa blu e megafono a completare il dirottamento percettivo: pronuncia slogan novax, un tizio vicino gli suggerisce “parla degli zombizzati da vaccino!”.
              (continua)

            • 2/2
              Operazione conclusa! Muto l’audio e passo a rainews24 che usa la stessa fonte video e la giornalista diceva che “è vero, questi sono non violenti, li abbiamo già visti questi volti nelle altre manifestazioni a cui abbiam dato copertura” (ah bene. Quindi anche RN24*** metteva in risalto i novax e quanonisti per evitar di parlare di chi la protesta la fa contro il GP e la discriminazione).
              Nauseato decido, prima di chiudere tutto, di tornare sul live di localteam e fare seek per vedere un attimo l’assalto alla sede del sindacato. Chi ti trovo vicino alla porta della sede e quasi appiccicata a roberto fiore? Proprio la bionda con impermeabile marrone. La tipa che faceva (di sera, qualche ora dopo) da “portavoce” di quei suoi compari che a favor di telecamere si eran falsamente dichiarati “non di forzanuova”.

              **una nota su localteam. Qualcuno l’ha citato (in un commento al post “Gli utili idioti neofascisti ..”) e usato strumentalmente come metro per generalizzare le proteste di Trieste e Milano asserendo “ci son video in cui compare qualche saluto romano anche a Trieste”.
              Ebbene, io pure ho visto quel video. Ma faccio notare che si tratta di uno dei pochi (o forse l’unico) video su Trieste fatto da localteam.
              Inoltre in una breve ricerca 1 o 2 giorni fa ho notato sproporzioni di copertura da parte loro:
              Roma: 5 ore di filmato live
              Trieste e Milano: massimo 4 o 5 filmati con durata media che va dai 2 minuti ai 4 minuti.
              fognanuovacentrismo da parte di localteam?

              Preciso che non so nulla di local team ma le prime volte che ne vidi i filmati (forse 1 o 2 anni fa) avevo la strana impressione (ora confermata) che dessero massima copertura a tutte le manifestazioni di forza nuova.
              Infatti a Roma il 9 ottobre localteam non si è quasi mai staccato dalla parte di corteo riferibile a fn. (Es: seguono l’attacco al sindacato .. ma intanto gli altri manifestanti che facevano? Quello era solo uno spezzone di corteo deviato, mi pare di capire. Mancano riprese sul corteo vero)
              Boh. Localteam mi puzza un po’ (e non dal 9 ottobre).

              ***Quel sabato, verso sera, prima di passare su localteam, stavo guardando rainews24.
              Mi ha fatto abbastanza disgusto sentire la giornalista in studio ribadire “… a Roma, alla manifestazione contro il GreenPass che è stato lo strumento indispenzabile per tornare alla normalità ..”
              Posso capire che lo si dica del vaccino, ma non del greenpass! Dire (in pratica) che “il greenpass ci ha salvato e senza siam fottuti” è una falsificazione bella e buona.
              Non è giornalismo ma propaganda.

          • Scusate se intervengo così dal nulla, ma vorrei fare una mia osservazione sul tuo commento Wu Ming 1.
            Ecco, io penso che negli ultimi anni la protesta in seno agli italiani sia scemata. Tranne rare eccezioni, TAV e clima più di recente, che comunque coinvolgono gruppi organizzati e ben distinti, i cittadini non convergono in modo trasversale nelle proteste.
            Ora, sarebbe ovviamente positivo se ciò avvenisse in questa occasione, se la cascata di protesta iniziasse, su un tema divisivo, e si coagulasse a formare un unico movimento anticapitalista.
            Temo, tuttavia, che al momento la protesta sia anti-lasciapassare, ma formata soprattutto (inteso come componente maggioritaria) di anti-vaccinisti.
            Sono questi ultimi, ad aver attratto una componente minoritaria (che potrà trasformarsi, me lo auspico, in maggioritaria) di contrari al lasciapassare, ma pro vaccino.
            La scarsa tendenza alla partecipazione alla protesta dei miei compaesani, è un trend che difficilmente si ribalta dall’oggi al domani. Per questo fatico a credere che in molti scendano in piazza per un principio di solidarietà, quando su altri temi quella solidarietà non c’è stata.
            Penso che la netta maggioranza di chi sta manifestando, un lasciapassare duraturo non lo abbia e non lo voglia avere, ma non per i motivi per cui non lo vogliamo noi.
            Vedremo come evolve.

            • Chiaramente nessuno di noi al momento ha dati o risultati di ricerche sociologiche sulla composizione della piazza triestina, abbiamo però riscontri empirici, racconti, testimonianze dirette, chilometri di chat con amici e conoscenti che stanno dentro la mobilitazione. Io posso dirti che quasi tutti i triestini di mia conoscenza che partecipano ai cortei e forse domani all’alba saranno all’ingresso del porto sono vaccinati.

              Certo, it’s not rocket science. Ma per ora questo abbiamo.

              Riguardo al principio «non può verificarsi ora quel che non si è verificato finora» (cioè che si lotti per solidarietà), dico solo che la storia non procede in modo lineare, il futuro non è un semplice prolungamento del presente, e una cosa bella che fanno le lotte vere è proprio interrompere la routine, anche la routine dei sentimenti, e avviare sequenze di vita nuove, facendo provare a chi lotta l’ebbrezza di nuovi legami, nuove empatie, appunto nuove solidarietà.

              Nel 1991 in val Susa gli scettici dicevano: che vuoi che gliene freghi alla valle di lottare contro l’alta velocità ferroviaria se non hanno lottato contro l’autostrada, ormai qui non si mobilita più nessuno… (Non era del tutto vero, qualcuno che si era opposto all’autostrada c’era stato, come c’era stato il precedente della lotta vittoriosa contro un megaelettrodotto, ma i discorsi che si sentivano erano quelli)

            • Solo una precisazione da spaccacapello e poi qualche aneddoto:

              Se dici «Penso che la netta maggioranza di chi sta manifestando, un lasciapassare duraturo non lo abbia e non lo voglia avere, ma non per i motivi per cui non lo vogliamo noi» è forse riduttivo e impreciso sulle proporzioni, ma ne capisco il senso. Oltretutto mi sembra chiaro che chi la “discriminazione” la vive dal suo aspetto più pratico sia portato a contestarla anche più di chi la critica dal suo lato teorico e “di principio” ma che, invece, il lasciapassare in caso di necessità lo potrebbe esibire e quindi venendo al “dunque” non sarebbe costretto a “viverla” (la discriminazione. Scusate la sintassi).

              Se però dici «formata soprattutto […] di anti-vaccinisti» non sono d’accordo sul termine.
              Anti-vaccinista è uno che ce l’ha con l’idea stessa di vaccino. Esistono, ma sono una minoranza.
              La maggioranza qui secondo me non ha voluto farsi “questo”. E anche all’interno di questo gruppo, c’è sicuramente una parte anche vasta che pensa che “questo” vaccino sia il “male” assoluto, ma una buona fetta semplicemente non vuole farlo e basta, con una posizione del tipo “ok, se tu lo vuoi vai e fattelo ma non obbligare me”.

              Ora gli aneddoti: uno riguarda una P.A. in cui sono stato, dove c’è un casino di gente (vaccinata) ancora in smart working e gente che segue cantieri e sedi distaccate per cui in sede c’è molto di rado. Ebbene, mi hanno detto che il dirigente ha preteso che tutti si presentino almeno 3 volte la settimana in sede per il rito del controllo del GP.
              Questo per dire di nuovo che 1) non ci sono motivi sanitari, 2) il GP rende la vita inutilmente difficile e complicata anche ai vaccinati.

              L’altro aneddoto riguarda la famosa esenzione vaccinale: l’altro giorno a fare un tampone c’era un tizio che mi ha detto (magari mentendo per non farsi dare del no-vax, non so, io riporto la conversazione “de relato”) che il vaccino non può farlo perché prende dei farmaci per una patologia autoimmune “leggera” e glielo hanno sconsigliato. Ma siccome non è una cosa troppo grave l’esenzione non gliela fanno. Se vuole il GP, deve interrompere la cura, vaccinarsi, e poi, con calma, riprendere la propria cura.
              Per questo motivo per ora va avanti con la cura e coi tamponi.
              Ora, un caso come questo come lo inquadri?

              • Io sono una insegnante e non un medico. Lo interpreto come un caso limite. Che merita sicuramente attenzione, ma che non rappresenta la maggioranza dei non vaccinati.
                Io penso, probabilmente in controtendenza alla linea di molti su giap, che non ci sia una ragione valida per non farsi il vaccino. Penso inoltre che la differenza, che poni anche tu, tra questo vaccino e altri vaccini, sia mera retorica per arzigogolare una scelta che non ha argomenti sensati. Che la collettività dovrebbe essere alla base della scelta e che nascondersi dietro a “tu fattelo per te, che te frega se io non lo faccio” significa dopo 2 anni non aver capito un accidente della pandemia.
                3 milioni di lavoratori non si sono vaccinati. È un problema collettivo che andrebbe affrontato cercando di porre rimedio agli errori che ci sono stati nella narrazione di questi strumenti fondamentali, e non privandoli del diritto di lavorare.
                Non scarico la colpa sugli individui che fino ad oggi hanno fatto una scelta secondo me sbagliata.
                Sono però anche conscia che molti non li convincerai mai e che è compito della collettività darsi delle regole per tutelarsi.
                Non ho una risposta definitiva su come fare. Avrei preferito l’obbligo al lasciapassare. Come avviene per tante altre vaccinazioni. L’antitetanica è obbligatoria per lavorare nei porti. Da anni.
                Come leggi, tanti dubbi, poche certezze.

                • “Io penso, probabilmente in controtendenza alla linea di molti su giap, che non ci sia una ragione valida per non farsi il vaccino.”

                  Scusa, ma la valutazione è sbagliatissima, la maggioranza di chi interviene qui si è vaccinata, come del resto noi WM.

                  • Però, scusatemi, la valutazione sarà anche sbagliata, ma cosa importa (se n’era discusso, tempo fa..). L’affermazione fatta da Lucia è questa: “io penso che non ci sia una ragione valida per non farsi il vaccino”.
                    Anch’io penso, con Lucia, che non ci sia una ragione valida per non farsi il vaccino. A maggior ragione se sei un lavoratore, per tutela della tua e della altrui sicurezza.
                    Di cosa sono fatte le proteste di questi giorni? Sono fatte di tante buone cose ma sono fatte anche (soprattutto?) di persone che non vogliono farsi il vaccino anti-covid.
                    Ma è un vaccino sicuro, funziona, è gratuito per tutti. Perché non farselo?

                  • Epperò sempre lì cadiamo: si traduce la lotta al green pass in lotta al vaccino. Se per alcuni sarà anche così, per altri – e secondo me sono la maggioranza – non lo è assolutamente. Non lo è per Cobas, USB, CUB, SOA, ad esempio. Secondo me non lo è nemmeno per la maggior parte delle persone che animano la lotta a Trieste. Poi ci dimentichiamo sempre di tutti i lavoratori stranieri – a Trieste numerosissimi ma presenti in tutta Italia – che sono vaccinati (con Sputnik) ma per lo Stato non lo sono e il lasciapassare non possono averlo. Questa è una chiara dinamica di discriminazione di una forza-lavoro che è spinta verso il “nero”. Non c’è bisogno di essere non-vaccinati per essere discriminati grazie al green pass, tantomeno ce n’è bisogno per combattere questa discriminazione. Il lasciapassare introduce tutta una serie di incongruenze e dinamiche che qui sono state prese in esame più volte e che non colpiscono solo i non-vaccinati, anzi.

                  • “Ma è un vaccino sicuro, funziona, è gratuito per tutti. Perché non farselo?”

                    Il vaccino non è gratuito, ma pagato coi soldi delle tasse anche di chi non si è vaccinato, esattamente come i tamponi “gratuiti” di cui si parla in questi giorni. Solo che ormai è talmente diffusa l’idea che il non vaccinato sia il male incarnato, che deve per forza essere anche evasore fiscale. Saremmo noi vaccinati, quindi, a pagargli i tamponi, perché solo noi vaccinati paghiamo le tasse. Con cui finanziamo senza tante pippe, tra le altre cose, la “guardia costiera” libica.

                    Detto questo, chi non vuole farsi il vaccino, non se lo farà. Punto. Vogliamo dire che chi va in piazza a manifestare contro il green pass da non vaccinato, ci sono significative probabilità che sia un idiota e non trascurabili probabilità che sia un pezzo di merda? Diciamolo. Ma vale anche per chi lo attacca, eh. Pari pari. Solo che lui oggi manifesta contro il governo dei padroni che gli toglie la possibilità di mantenersi, per punirlo e scaricare su di lui, a posteriori, la responsabilità di due anni di pandemia, di cazzate e di atti e omissioni criminali. Mentre chi lo attacca, si schiera di fatto a favore di quest’operazione.

                    Da dei comunisti mi aspetterei che prendessero atto almeno di un conflitto in cui ci si unisce e ci si divide com’è “naturale” e non come si conviene.

                  • Mi sentirei di far notare che questo atteggiamento “Io penso che non ci sia una ragione valida per non farsi il vaccino” fa incarognire ancor più un sacco di persone, me compresa che il vaccino l’ho fatto, e quindi peggiora ancor più la polarizzazione e contrapposizione delle posizioni, cosa di cui non c’è proprio bisogno. Soprattutto dopo che si dice chiaramente di non essere un medico. Io sono sicura al 100% che, vista l’estrema variabilità delle condizioni personali e di salute delle persone, ce ne siano diverse che la ragione valida per non farsi il vaccino ce l’hanno. Saranno una minoranza molto ridotta? Possibilissimo, però non vedo il motivo di “cassarle” in questo modo. Qui sembra che ogni volta che viene avanzata una nuova soluzione salvifica o pseudo tale (che il vaccino e il Green pass sono solo le ultime della serie) c’è una quantità sorprendente di persone che davanti a qualsiasi obiezione o eccezione riguardante gli inevitabili casi di impossibile/controproducente applicazione si sente in diritto/dovere di mettersi in modalità rullo compressore, più o meno spiccata, perché, mah, “tanto sono pochi”, “e poi c’è chi ci si nasconde dietro”, “e comunque che dobbiamo far [succedere cosa pessima a caso] a milioni* di persone per non farne star male qualche centinaio**”. Ora che lo si faccia perché si ha paura del virus, perché non se ne può più di vivere così (tutta la mia simpatia), o perché ci si sente realizzati a rampognare il prossimo (e qui la simpatia è zero), il risultato finale non cambia. Questa cosa della collettività a base della scelta suona tanto come “la maggior parte delle persone (pensa che) starà meglio quindi di come la vivi tu che sei in netta minoranza ce ne freghiamo”.

                    * che poi magari milioni non sono…
                    ** e magari sono molti, ma molti di più…

                  • Aggiungo che non lasciare spazio nemmeno per le domande aumenta solo la diffidenza, l’ostilità, o anche semplicemente l’irritazione di chi per un qualsiasi motivo i dubbi o le domande le ha. Io mi sono sentita qualificare come “vaccine hesitant” perché ho una condizione che mi espone ad effetti avversi se prendo tutta una serie di medicinali e prima ancora di poter essere vaccinata stavo cercando di contattare un medico per chiedere qualche informazione preliminare (anche solo per evitare di arrivare lì e sentirmi dire “guarda torna un altro giorno che preferiremmo farti quell’altro vaccino”: non è un caso remoto, è successo a due diversi membri della mia famiglia – tra l’altro ho fatto benissimo, al centro vaccinale non avevano mai sentito nominare questa “cosa”, erano ben contenti che mi fossi informata prima e hanno registrato lo “spelling” giusto della “cosa” usando il pdf mandatomi dal medico). Ora, è trent’anni che ogni volta che mi viene prescritto qualcosa che non ho mai preso prima si controlla se per caso potrebbe scatenare una reazione che mi manderebbe all’ospedale, che il primo che passa si senta in diritto di trinciare giudizi mi potrà far girare le scatole? Trattasi di domanda retorica. Me le ha fatte girare eccome.
                    In sintesi: per come la vedo io, davanti a una frase come “io penso che non ci sia una ragione valida per non fare [x]”, quelli che hanno la ragione più o meno soggettivamente valida hanno anche tutte le ragioni di sentirsi emarginati e trattati come danni collaterali; quelli che non si fidano tanto, davanti a questa evidentissima spinta “questa cosa va fatta a tutti i costi e non si possono nemmeno fare domande” giustamente si fidano sempre meno; e quelli come me, che per una ragione o per l’altra simpatizzano con i primi o con i secondi, si irritano sempre più – pure da vaccinati! – perché pensano che sarà anche ora di piantarla con questo atteggiamento che oltretutto è controproducente.

                • Brevemente, perché non è il focus del thread ma:
                  «3 milioni di lavoratori non si sono vaccinati. È un problema collettivo che andrebbe affrontato»

                  Ho dei dubbi che sia veramente un problema “collettivo”. E comunque è un problema che andrebbe risolto senza GP, con calma, con la dovuta informazione, consentendo alternative (a vaccini non mrna, per esempio? Anche solo come contentino, indipendentemente dall’aspetto scientifico).
                  Che età anno questi lavoratori? Sono debitamente informati, possono parlarne serenamente con un medico che non abbia un diktat di vaccinare tutti? Quanto rischiano effettivamente – statistiche alla mano – loro, e quanto fanno rischiare i vaccinati?
                  Tenuto conto, come scritto ovunque, che una certa quota di infettività permane anche fra i vaccinati e che lo scopo del vaccino è sostanzialmente (e ben venga) di mettere al sicuro da T.I. le fasce di popolazione più fragili e da conseguenze più gravi, e tenuto conto che oltre l’86% dei vaccinabili ha la prima dose, porre l’accento su quanto questi 3 milioni siano un problema collettivo rischia di essere un diversivo, ci si focalizza su un problema (che esiste ma non è più “il problema”, non è più marzo 2020) per risolvere il quale si è disposti a vari compromessi, primo fra tutti scaricare sui non vaccinati il problema delle difficoltà del SSN, e poi accettare cose che vanno dal GP all’obbligo vaccinale (e relativamente a quest’ultima parte la penso come Isver qualche commento fa: obbligo oggi rischia di voler dire TSO)

                  • @Wu Ming
                    Lo so lo so, infatti non ho scritto che non siete vaccinati, ma che voi e altri giapster ritenete siano valide alcune ragioni di chi decide di non farlo (es. narrazione ambigua su astrazeneca, se non ricordo male). Non so se sono riuscita a spiegarmi. Sintetizzando: se la mia affermazione fosse sbagliatissima, allora per voi (come per me) non c’è una ragione valida, che sia una, per non farsi il vaccino.

                    @Cugino
                    Proprio quelle che poni tu, io ritengo siano obiezioni di lana caprina, retorica arzigogolante. Vizietti da uomo medio bianco, che i nostri padri/nonni non si sarebbero mai posti. Ma so di essere estrema in questo, e so anche che tu sto vaccino non te lo vuoi proprio fare.

                    • Lucia, noi non abbiamo detto proprio niente sulla validità o meno di questa o quella ragione per non vaccinarsi, perché noi non abbiamo la minima expertise sui vaccini m-RNA e quant’altro. Ci siamo vaccinati dopo aver fatto un rozzo calcolo di probabilità che di scientifico non ha nulla, è stato un «facciamo a fidarci», abbiamo valutato che valesse la pena ma andando a spanne, e così hai fatto anche tu e chiunque non sia un mega-esperto di biologia molecolare e immunologia: ti sei fidata, nulla di più, e davvero sfido chiunque a negarlo.

                      Noi abbiamo detto non che siano valide alcune ragioni per non vaccinarsi ma che è comprensibile che qualcuno non voglia farlo, vista la comunicazione schizogena, l’arroganza dell’obbligo nascosto, l’alone di inaffidabilità che avvolge un governo che ha imposto misure antiscientifiche, spacciando con arroganza la superstizione per scienza e la penitenza per profilassi, lasciando aperti i luoghi dei veri focolai e facendo la guerra al virus dove non c’era, additando un capro espiatorio dopo l’altro… Se quando lo stesso governo ti intima di vaccinarti altrimenti ti rende la vita impossibile e tu dici che no, dopo tutto quello che è successo non ti fidi più, io capisco perché questo succede.

                      C’è una crisi di legittimità delle istituzioni, una sfiducia generalizzata, un non credere a qualunque cosa dica il mainstream. I dati del non-voto testimoniano che a metà della popolazione non frega più un cazzo di partecipare al funzionamento della macchina, e secondo me il blues post-gestione pandemica c’entra eccome. Una crisi che ha fondamenta, tra l’altro, ha dei nuclei di verità, non solo nella delinquenziale gestione pandemica di cui sopra, ma in generale in una realtà che i compagni convertiti allo scientismo più cieco oggi negano: il fatto che in una società capitalistica la medicina opera secondo logiche capitalistiche. L’antivaccinista ne trae conclusioni balenghe? Sia. Ciò non toglie che quella realtà esiste.

                      Per tutti questi motivi, io non posso unilateralmente gettare la croce addosso a chi non vuole vaccinarsi, anche se io ho deciso di farlo, né posso ritenere quella persona, come fanno molti «di sinistra», un mio nemico più della classe dirigente che ci ha scaraventati in questa situazione di merda.

                      Ovviamente, quando l’antivaccinista spara cazzate e diffonde notizie false e fantasie di complotto, le smonto nella misura in cui sono in grado di farlo, come faccio ne La Q di Qomplotto. Quel che non faccio è unirmi a chi ha fatto del «no vax» il capro espiatorio, non mi unisco alla riprovazione generale pilotata, a un gioco al massacro funzionale ad assolvere la classe dirigente.

                  • Credo che se una persona è disposta a farsi il tampone ogni 48 ore, a spendere un bel po’ di soldi per questo, a valutare ogni volta se e quando potrà tamponarsi, se è disposta a correre il rischio di dover rinunciare a qualcosa perché in quel determinato momento sa già che non potrà avere un tampone valido; se, in buona sostanza, è disposta a programmare la sua vita in base a orari e possibilità preordinati con largo anticipo, bè, quella persona è ben determinata a non vaccinarsi, e non ci sarà green pass che tenga. Incaponirsi nel cercare di vaccinarla (per cosa poi?) è un esercizio inutile, estenuante, dannoso e anche (a questo punto) stucchevole. A metà ottobre 2021 dovremmo tutti prendere atto di questo, tirarci una riga sopra, e continuare con le nostre vite da vaccinati, non vaccinati, greenpassati, non greenpassati.

                • Condivido in pieno il commento di Lucia. Non conosco direttamente la situazione di Trieste, e forse sbaglierò io, ma avendo partecipato allo sciopero dei sindacati di base di lunedì (in Veneto con ADL) mi sembra davvero difficile ipotizzare che sulla piattaforma del Clpt (no green pass e neanche tamponi gratuiti: nessun controllo e via andare) e sulla sua stessa composizione oggettiva – maschi bianchi garantiti con contratto a t.i., scusate la brutalità della descrizione – , sia possibile costruire un terreno di ricomposizione delle vertenze o delle lotte (giuste) contro il governo Draghi: a tacere della presenza di fascisti e complottisti (ben venga se sono stati cacciati da Trieste), come fare, per dirne una, a far convergere i lavoratori dello spettacolo, o gli stessi studenti medi e universitari (no, non intendo quelli No green pass con camicia bianca e doppio cognome che vedo parlare ai loro presidi)? Io lo scetticismo di molti compagni del movimento lo capisco eccome.

                  • Premesso come sempre che la piazza triestina è piena di contraddizioni, che non siamo alla vigilia della comune di Parigi, eccetera eccetera, il dato di realtà è che di donne, oggi e in tutte le manifestazioni precedenti, ce n’erano e ce ne sono tantissime. Oggi per il coordinamento ha parlato una compagna, per dire. Dopodiché tra i portuali in senso stretto è vero, non ci sono donne. Ma io personalmente conosco solo una compagna che per un periodo ha fatto la guardiafuochi in porto. Quello del facchino o del gruista in porto è un lavoro fisicamente molto pesante (e chi fa il facchino in porto, anche se maschio bianco a t.i., sicuramente non è un privilegiato sul lavoro). In piazza però non ci sono solo i portuali, e in altre categorie le donne ci sono eccome.

                    Per quanto riguarda la faccenda tamponi, i rappresentanti del sindacato dei portuali hanno detto che non accettano la proposta dei tamponi gratuiti solo per loro avanzata dall’autorità, perché, hanno detto, la loro lotta riguarda tutti i lavoratori. Inoltre l’obbiettivo della lotta resta l’abolizione del green pass, che è ritenuto un dispositivo di ricatto e non un presidio sanitario.

  7. Pensieri solidali.

    Premetto che quello che scrivo non è esclusivamente farina del mio sacco ma il risultato di cogitazioni collettive, discussioni a volte interminabili, letture spesso impegnative, scazzi, pesanti o meno ma sempre superati da momenti di gioia, che ho fatto, negli ultimi mesi/anni, insieme a compagn* coinvolt* nelle varie lotte ambientaliste, in particolare quella contro il fracking (del quale l’Italia e` libera, beati voi) nell’umida contea nella quale risiedo.

    La ciccia.

    In termini generali, spesso, la teoria politica e, di riflesso, all’interno dei gruppi sociali e/o realta` lavorative, esiste una specie di presupposto psicologico che pensa che la *solidarietà* abbia origini spontanee, che possa nascere da una specie di “moto identitario”, un empatia latente che si trasformerebbe in desiderio di appartenenza ad un qualche gruppo o comunita`, nel quale l’individuo sente/spera di “ri-conoscere” se stesso e gli altri.

    Ecco, questa idea della soliderietà è problematica e andrebbe esaminata meglio tentando di de-strutturare il concetto, le sue origini e le sue dinamiche generative. Credo che in questo momento possa essere utile e importante.

    Si potrebbe ipotizzare per esempio che la solideriata’ abbia tre diverse origini: condivisione di un esperienza, condivisione di un identitta’, condivisione di interessi.

    Questa ipotesi è contenuta in un articolo di un compagno che proverò a tradurre e sintetizzare più tardi se avrò tempo.

    Per ora, riguardo alla condivisione di esperienze, fase che dovrebbe avvenire prima di quella identitaria , mi sento di consigliare a chi avesse (troppo?) timore di una deriva reazionaria, che su Giap esiste un utilissimo vademecum d’archivio:

    https://www.wumingfoundation.com/giap/2013/02/come-riconoscere-chi-e-di-destra-e-accorgersi-del-pericolo/

    Fate girare.

  8. Una prospettiva sulle mobilitazioni contro il Green Pass a Trieste

    Segnaliamo un testo molto importante pubblicato poco fa su Infoaut: una testimonianza scritta da compagne e compagni di Trieste che dall’aprile scorso fanno lavoro politico e inchiesta militante dentro la mobilitazione contro il lasciapassare. Hanno direttamente contribuito a formare il coordinamento cittadino anti-greenpass e da mesi vivono immersi in una situazione tanto contraddittoria quanto tumultuosamente vitale e ricca. In vista dell’annunciato blocco del porto di domattina, anticipiamo la conclusione del testo:

    «1) Accorreranno in molti quel giorno, anche da fuori città, il rischio che arrivi qualcuno a metterci il cappello come hanno fatto a Roma esiste ed è contrastabile anche con una presenza opposta, nella prospettiva che sia un momento realmente popolare grazie all’intelligenza di chi vorrà esserci. 2) Sappiamo che una vittoria o ulteriori sviluppi di questo movimento sociale potranno avvenire solo con una resistenza e una presenza diffusa, e non solo nella città di Trieste.»

    https://www.infoaut.org/precariato-sociale/una-prospettiva-sulle-mobilitazioni-contro-il-green-pass-a-trieste

  9. La giusta lotta contro il green pass condotta da Puzzer, che è vaccinato, ha però dei lati negativi se incoraggia i non vaccinati a rifiutare il vaccino. Perché, parliamoci chiaro, il green pass è odioso, ma il vaccino può salvarti la pelle. La strada della protesta è stretta, Landini l’ha inizialmente tentata ma ha sbagliato: rifiutare il vaccino è lecito (e quindi il green pass è abusivo), ma chi lo fa assume su di sé un rischio del quale deve essere consapevole. Non è questione né di tamponi né di distanziamento e mascherine: si può difendere il diritto di rifiutare il vaccino, ma non si può sostenere che facendolo si scelga una opzione sicura. Alla fin fine io credo che il green pass vada abolito e vada sostituito col convincimento e con l’accettazione che una quota di popolazione non si vaccinerà. Per questo manifestare contro il green pass dovrebbe sempre includere anche una forte affermazione sull’opportunità di vaccinarsi, non per obbligo ma per scelta.

    • La giusta lotta contro il green pass è anche la giusta lotta contro l’idea che ogni lotta debba rapportarsi a una realtà cristallizzata ideologicamente che impedisce qualunque lotta.

      Chiedere uno spot a favore dei vaccini a chi rifiuta la divisione tra vaccinati e non, in un contesto in cui esistono solo il virus e il vaccino, equivale a chiedere di infilare la testa nella ghigliottina per verificare le dimensioni del buco.

      Con l’86,1% di vaccinabili teorici che deo gratias ha ricevuto almeno una dose, dovremmo piuttosto rivendicare di non dover partire sempre da lì. Perché partendo da lì, si arriva comunque lì, a prescindere dal giro che si prova a fare.

      Guarda solo come si sono ridotti i poveri compagni di Twitter nel tentativo di tenere insieme la loro rappresentazione di sé e questo frame. Costretti a scavare nelle biografie degli operai in lotta per trovare materiale compromettente agli occhi del pubblico morboso, come un cronista di nera precario che debba riempire l’ennesimo articolo su Massimo Bossetti.

    • Qui però non si tratta più di una questione di natura sanitaria, ma di una mera prova muscolare di un governo, che non vuole scendere a compromessi perché su questo lato si sente sopra alla legge (non ha del resto praticamente né oppositori in Parlamento né tra i media). Siamo già a oltre l’ottanta percento. Dove vogliamo arrivare? Dell’immunità di gregge non ne parla più nessuno. E pure la finalità delle misure, da che è passata dall’abbassamento dei contagi alla vaccinazione a tutti costi, sembra spostarsi dalla vaccinazione al GP. Insomma, la questione sanitaria è sempre più sullo sfondo. E del resto la scelta di mettere un generale in divisa a capo della campagna vaccinale è già simbolicamente molto importante. Io non credo che Draghi scenderà a patti. Uno che ha distrutto il presente e il futuro di un intero popolo come avvenuto in Grecia, non si farà certo intimorire dalle proteste dei portuali o altro. Però queste proteste sono molto importanti perché minano la narrazione dell’ampio consenso verso il GP. Tutto falso: la minoranza in dissenso c’è ed è rilevante, e forse qualche partito che c’è in maggioranza ostacolerà il governo in questa materia per racimolare un pugno di voti. Bisogna affidarsi a questo perché a mio avviso Draghi non cederà di un centimetro.

      • L’80% basta e avanza dal punto di vista statistico: infatti la mortalità epidemica ormai è molto bassa. Il problema però è che il virus circola nonostante il vaccino. I vaccinati non muoiono, ma i non vaccinati rischiano. E allora il punto è: protestiamo contro il green pass, ma non allo scopo di incoraggiare le persone ad adottare comportamenti rischiosi. Perché l’epidemia sta finendo ma qualcuno ancora farà in tempo a morire. Purtroppo questi vaccini non impediscono la circolazione virale: i non vaccinati continuano a rischiare. I no-vax non mi stanno particolarmente simpatici, e comunque non si può proteggerli contro la loro volontà; ma almeno non rafforzarli nel loro convincimento, perché li mette a rischio. Avrò torto ma io la vedo così.

        • Non vorrei sembrare eccessivamente ottimista, ma arriveranno altri vaccini. Uno dei punti di forza della tecnologia a mRNA è la relativa semplicità di aggiornamento. E arriveranno anche vaccini tradizionali, come il Novavax, che magari incontreranno meno resistenza di quelli a mRNA (da parte della gente, non del virus). Poi arriveranno farmaci efficaci.

          Il virus circola e muta, certo. Ma non può trasformarsi nella creatura di Alien, partendo da 30.000 paia di basi. In questo articolo:

          https://www.ilfoglio.it/salute/2021/10/01/news/fin-dove-puo-spingersi-il-virus-nella-sua-gara-contro-gli-anticorpi-uno-studio-3044971/?fbclid=IwAR2tJcRXR6XQcfKC_TYVRRwaC05s8Wc4UR0oLjoqRCRD9cYR5aQ5Hu2Mv2c

          Enrico Bucci spiega come si stiano indagando i limiti evolutivi di SARS-CoV-2 e le relative implicazioni sulla capacità di eludere gli anticorpi. I primi risultati, da prendere con le molle, sembrano incoraggianti.

          Se poi il virus dovesse cambiare meccanismo di infezione, sarebbe sicuramente un problema. Ma sarebbe anche di fatto un virus nuovo. E la certezza che domani non emerga un altro virus anche peggiore di questo, comunque non ce l’avremo mai. E’ inutile ragionare di un’eventualità del genere, se non in termini di preparazione. Qualunque virus innocuo può diventare dannoso, se si trasforma radicalmente.

          • La costa si modella a seconda delle forze del mare così come il mare prende la forma della costa, ma non mi pare stia avvenendo la stessa cosa con vaccini e virus.

            Proprio ieri, incuriosita da questo tema, ho voluto andare a capire se il “booster” o terza dose fosse adeguato alla terza dose o fosse “aggiornato”.
            Da quello che ho capito, è sempre lo stesso uguale a sé medesimo.

            Forse, come Harvey parlava di fordismo e Just in Time nella differenza tra la produzione moderna e postmoderna, le aziende farmaceutiche, almeno in questo frangente, e quelle occidentali in particolare, sono ancora legate al fordismo.

            Sarebbe forse necessaria una collettivizzazione, che portasse maggiormente l’interesse nella salute e nelle persone più che nel profitto delle imprese.

            In questo senso sono molto interessanti gli studi sui vaccini di Cuba, peccato se ne parli sempre troppo poco..

            • Il “booster” è per definizione una dose aggiuntiva dello stesso vaccino, che in teoria serve solo nei casi di risposta insufficiente alle prime due. Se poi i governi decidono, senza alcuna giustificazione scientifica, di usare la terza dose per fare media con i non vaccinati e arrivare al numero di dosi inoculate che gli farà vincere la trapunta o il robot da cucina, come nelle raccolte punti dei supermercati, possiamo seriamente aspettarci che sia chi vende i vaccini a opporsi?

              Ma questo non significa che questi vaccini non saranno mai aggiornati. Al momento, semplicemente, non è stato necessario. Da nessuno studio è emerso che questi vaccini abbiano perso di efficacia in quella che è la loro funzione primaria, ovvero proteggere da malattia grave e morte. La tanto attesa supervariante, non si è (ancora) vista.

              Quanto a Cuba, faccio notare che il vaccino pubblico là è stato comunque inoculato anche ai sassi. La differenza con la politica vaccinale “dettata” dagli interessi di Big Pharma, al momento, non si è vista. Che ci piaccia di più l’idea del vaccino no-profit e della ricerca trasparente, è cosa buona e giusta. Ma dobbiamo accettare il fatto che non ci stanno facendo vaccinare perché avevano un vaccino da vendere.

  10. Tra le centinaia di migliaia di miliardi di cose che mi sfuggono una non secondaria è relativa a questa tendenza dei compagni greenpassomani a rimestare come dice Isver nelle biografie di chi va in piazza e senza fare un plissè quando si tratta di accompagnarsi a posizioni che testuale “non me ne fotte un cazzo se perdono il lavoro, così imparano”. O che magari dicono “del tuo diritto al salario me ne fotto se devo rischiare di ammalarmi”. Nessuna presa di distanza da queste posizioni, anzi persino un tentativo di accreditarsi dicendo “ma guarda che noi siamo d’accordo solo che povere anime a loro che sbagliano chi ci pensa?”. La postura di sta gente che critica sulla base di confusissime nozioni sociologiche (il profilo sociale di chi manifesta? Really? avvertite la comunità che avete gli studi) è ridicola non è tragica da un bel po’. Questa gente non è stata presa in ostaggio, combatte con l’esercito nemico senza nemmeno un po’ di vergogna. E non sto parlando solo delle fogne social, o delle fogne mainstream, perché sono contento che Bertuzzi frequenti buone compagnie ma non mi pare che tra gli accademici ci sia da fare troppo affidamento, almeno gli umanisti. Al limite non sbracano, ma alla fine “io i tuoi tamponi non li pago” arriva da lì.

    • Non si tratta di conoscere il profilo sociale di chi manifesta e nemmeno di sapere quante altre volte nella vita si è scesi in piazza, ma la stronzata di non portare simboli di partito e bandiere che non siano lo schifosissimo tricolore, a mio avviso fa camminare sul precipizio e non aiuta a capire con chi si sta manifestando. Mi spiego meglio: il corteo dei Cobas di sabato era chiaramente schierato e non dava adito ad alcun fraintendimento rispetto al posizionamento politico. Il presidio di oggi a Udine organizzato dal comitato “Costituzione in azione” era un’accozzaglia davvero imbarazzante di persone furibonde per l’obbligo di GP per accedere ai posti di lavoro in vigore da domani. Mi sforzo infinitamente per trovare punti in comune oltre a ciò, ma se si parla d’altro e se si ascoltano gli interventi non riesco a sentirmi parte di questa massa. Dunque sì, giudicare dall’alto questa mobilitazione considerando tuttə criptofascə e genericamente no vax è profondamente sbagliato nonché sterile e baciaculo al potere borghese, ma continuare a raccontarci la piazza di Trieste per tirarci su il morale perché qualcosa finalmente si muove, lo trovo un po’ miope (dove tra l’altro si sono viste braccia tese cantando l’inno nazionale anche recentissimamente. Almeno lì, certo, sporcandosi le mani, s’è cercato di imporre l’antifascismo come assioma). Tutto questo per dire che , nonostante l’estrema necessità di ricucire, nelle piazze non trovo la profondità e la radicalità che, ad esempio, leggo qui su Giap. Piuttosto tanta e tanta rabbia focalizzata contro il GP, molto antivaccinismo tout court, tanto non essere né di destra né di sinistra di grillina memoria e cori da stadio a gogo. Con grande desolazione questa è stata finora la mia esperienza. Un caro saluto e sempre grazie!

      • Scusa, Coriandolo, alcune precisazioni:
        – le manifestazioni di Trieste si caratterizzano per la pressoché totale assenza di tricolori, è una delle cose che più colpiscono e giustamente i compagni triestini lo rimarcano anche nel testo uscito su Infoaut;
        – che io sappia le braccia alzate e l’inno nazionale non si sono visti a una manifestazione indetta dal coordinamento ma a un presidio-farsa di una decina di fasci davanti alla Prefettura, dopodiché può darsi che in un corteo di 15mila persone un pezzo di merda che fa il saluto romano ci sia anche, ma giustamente nessuno l’ha ritenuto rilevante;
        – se aspetti di trovare una mobilitazione di massa che abbia come linea quella di Giap, per forza rimarrai deluso, una lotta di massa non è un blog di tre scrittori (e viceversa), qui possiamo permetterci un rigore e una radicalità che in un coordinamento di diverse realtà in lotta vanno sempre rinegoziati e adattati al contesto. Di gente che legge Giap nel coordinamento triestino sappiamo che ce n’è, loro ci seguono, ma come noi seguiamo loro, e mica pensiamo di poter dare una “linea”, sarebbe oltremodo ridicolo.

      • «Tutto questo per dire che nelle piazze non trovo […]»

        Immagina come ti sentiresti/ci sentiremmo tutt* se nelle piazze italiane ci fossero, in questi giorni, solo piccioni. Se dai megafoni ti costringessero ad ascoltare, invece che voci di protesta, i coldplay in loop. I’ll fix you. Per sempre…

        Parafrasando ciò che ha scritto Isver in un altro commento, pensare che «ogni lotta debba rapportarsi a una realtà cristallizzata ideologicamente» significa ignorare, per esempio, che le piazze, i cortei, persino le sommosse, rappresentano esperienze di formazione politica essenziali, che favoriscono lo sviluppo di una forma di pensiero condiviso, collettivo, necessario per lo sviluppo di una comunità che si voglia definire umana.

        Non a caso una delle principali opere culturali del neoliberismo, negli ultimi 40 anni, è stata «l’inibizione sistematica della possibilità che potessero emergere, sopravvivere ed emanciparsi collettivi, di qualsiasi dimensione, capaci di aquisire consapevolezza del proprio potere», in particolar modo potere politico.

        Anche ad un livello emotivo, fisico-psichico, dopo mesi di segregazione, ciò che in molti probabilmente stanno “sentendo”, tra la folla, sono emozioni inedite, in grado di spostare la prospettiva da una individualista ad una solidale.

        • Si, però c’è un però.
          Lo scorso inverno la mia città era in zona rossa. Un ristoratore aderente a Ioapro rimase, appunto, aperto. Dopo varie diffide ignorate, l’autorità giudiziaria mise i sigilli al locale. Nella tarda primavera il ristorante ha riaperto, e come “risarcimento” il comune ha concesso al ristoratore di occupare con i suoi tavoli ca 200 mq di piazza davanti al suo locale. 200 mq di suolo pubblico, sottratti alla cittadinanza, inutilizzabili da chiunque non sia cliente.
          In ossequio allo stesso principio “risarcitorio”, si è concesso ai bar e locali del corso principale (una delle poche zone pedonali della città) di creare uno sbarramento di tavoli su suolo pubblico, per attraversare il quale, nell’ora dell’aperitivo, bisogna fermarsi e fare la gimcana fra mojiti e stuzzichini.
          Personalmente non ho nulla da spartire con queste categorie (alle quali possiamo aggiungere gestori di locali vari, albergatori, commercianti), che però, oggi, animano le piazze in fermento. La loro rabbia è diversa dalla mia, e sono diversi anche il principio, il metodo, la ratio. Se il portuale di Trieste (e di altre città, Genova in primis) manifesta in nome di un principio solidaristico, in nome di cosa manifestano le categorie citate che fanno del vittimismo la loro cifra identificativa? Ho il sospetto che l’unica molla che muove costoro sia economica. Quando sarà passato il bubbone GP, queste persone saranno in prima fila fra quelle che guarderanno con diffidenza, se non con ostilità, me e altri che manifesteremo contro il controllo ossessivo degli orari, l’erosione del potere d’acquisto dei salari, il precariato istituzionalizzato, l’arroganza del padronato, la protervia del governo (che non nasce oggi, col lasciapassare), ecc. Tanto per dire, quanti di questi saranno domani a Roma? Domanda a beneficio che chi pensasse che siamo di fronte ad una nuova e potenziale opposizione sistemica, o ad un diffuso moto di indignazione popolare.
          Quindi va bene la piazza impura e “non cristallizzata ideologicamente”, però, per favore, non parliamo di “pensiero condiviso, collettivo, necessario per lo sviluppo di una comunità” (e questo senza scomodare forzanovisti e fascistume vario). Nessuno ha la sfera di cristallo, ma la cosa più probabile che potrà accadere è che fra un mese questa piazza così eterogenea, che (almeno adesso) ha il no GP come unico collante, si sfalderá, perché, alla fin fine, la lotta è sempre di classe. Forse anche qui risiede parte del disagio di molti.

          • Ciao,
            è una giusta obiezione la tua, ma le manifestazioni noGP restano comunque un’opportunità.

            «Tanto per dire, quanti di questi saranno domani a Roma?»
            Te lo dico io, se con “questi” parli di ristoratori, partite iva o Gino e Maria, credo pochi o nessuno.
            Non ci sarà nessuno di questi certo per una questione di classe, ma anche per una questione di “contingenze”.
            Se sono una partita IVA, più o meno vera, un lavoratore in nero o non sindacalizzato, un precario che manco sapeva di potersi iscrivere a un sindacato e che non ha mai parlato con un rappresentante sindacale (e viceversa, il sindacato manco sa che tu esisti) e che sto scendendo in piazza adesso per la contingente discriminazione del GP, per quale motivo (se non strettamente ideologico, in positivo intendo, ma non è da tutti) dovrei andare fino a Roma a una manifestazione in cui il tema del GP non mi sembra sia all’ordine del giorno e anzi rischia di venir tenuto separato? (e ribadisco, anch’io auspico il massimo successo della manifestazione di Sabato).

            Viceversa se la famosa “moneta buona” come stanno facendo adesso i portuali, partecipa alle manifestazioni noGP dove ci sono Gino e Maria, portandosi le giuste bandiere, i giusti distinguo, facendo proselitismo, chi ti dice che quella “solidarietà” non si diffonda.
            Chi ti dice che Gino e Maria che magari non sono i padroni dell’Holiday Inn ma hanno un figlio che ha fatto l’alberghiero e con la liquidazione hanno comprato la licenza di un bar, non possano accogliere la moneta buona e scacciare la cattiva?
            Anche solo acquisendo una maggiore coscienza di classe e comportandosi poi più che correttamente con eventuali dipendenti?

          • @ Marcello

            «Personalmente non ho nulla da spartire con queste categorie»

            Ti capisco.

            Tra le righe di questa discussione si stà anche tentando di evidenziare però che «nessuno di noi al momento ha dati o risultati di ricerche sociologiche sulla composizione dell[e] piazz[e]».

            Quindi, dire, pensare che per strada ci siano in prevalenza soltanto Bojetto e Mastro Titta potrebbe essere fuorviante oltre che controproducente; se non sbaglio si parla, per esempio, di almeno un 30% di autotrasportatori/trici non vaccinat* o con vaccini non riconosciuti.

            Persino Tirzan, quindi, ai giorni nostri, non sarebbe mai riuscito ad arrivare ad Anderlecht.

            Credo ci si debba rendere conto, sopratutto, del fatto che, in ogni momento, il rischio di rendersi partecipi di un gioco di prestigio è altíno; anche solo, magari, scrivendo pezzi su Giap (che, faccio notare, è un luogo gestito, per ora, da esseri umani che si sbattono per mantenere una certa apertura del discorso).

            Teniamo a mente poi il fatto, risaputo, che il trucco è fondamentalmente a matrice algoritmica, agisce a livello sub-liminale, ma che per riuscire necessita, alla fonte, di tante «piccole mani [che] non si presentano, né si pensano, come “al servizio del capitalismo”».

            «In nome di cosa manifestano le categorie citate che fanno del vittimismo la loro cifra identificativa?»

            Nella tradizione liberale che domina la scena politica “occidentale”, esiste la convinzione che tutti i colletivi umani consistano in aggregazioni di individui, tenute assieme esclusivamente da un rapporto relazionale diretto, a carattere lineare/verticale; rapporto che ciascuno degli individui aggregati avrebbe nei confronti di un qualche “punto di identificazione”, un leader o una bandiera per esempio. Oppure da un qualche tipo di “contratto” stipulato con la “società”.

            (https://www.plutobooks.com/9780745325316/common-ground/)

            Per questo penso che parlare di categorie diventa, ancora una volta, fuorviante.

            Perchè «le relazioni solidali non sono mai basate su di una presupposizione riguardante l’esistenza di un identità unitaria e condivisa (una categoria per esempio) ma *lavorano* sulle/attraverso le differenze senza tentare di sopprimerle, rendendole in qualche modo, utili, “fertili”».

            In conclusione, credo che il problema maggiore sia che, in generale, non vi sia più dimestuchezza sul come portare avanti questo *lavoro*. Tutto và ricostruito dalle fondamenta. Ma è necessario a meno di pensare che l’emergenza stia per finire o che sia l’ultima.

  11. Secondo me nelle piazze si è sempre trovato di tutto e di meglio o peggio. Semplicemente, dopo un lungo periodo di limitazioni, ci si è improvvisamente ricordati che le piazze e le vie esistono anche per l’incontro politico, non solo sociale (che fosse per gli aperitivi, il passeggio o le vittorie nel calcio). Solo che, mentre il c.sinistra e i sindacati hanno preferito lasciarle semivuote, soprattutto per la paura di un altro contagio, qualcun altro non ha avuto le stesse preoccupazioni ne’ gli stessi scrupoli e ha cominciato a piantarci le sue brave bandierine. Per cui questi individui allucinanti si sono sentiti forti e coraggiosi in confronto agli “altri” che erano letteralmente scomparsi e qualcuno di loro ha cercato di piantare le suddette bandierine direttamente sotto la foto di Di Vittorio, così il messaggio era più chiaro. Il risultato è che sabato finalmente ii sindacato aggredito dovrebbe (speriamo) mostrare di avere avuto una reazione, ritornando in piazza, ma a che prezzo questo risultato è stato ottenuto.
    Intanto nel frattempo i “camalli” si sono attrezzati da soli, hanno imbarcato per ventura anche qualche compagnia importuna lungo il percorso, ma almeno la macchina non è più inceppata e qualcosa si è smosso, speriamo per non bloccarsi di nuovo.

  12. Quello che già da adesso credo si possa dire tranquillamente è che la “questione green pass” non riguarda più alcun tipo di profilassi. Così come nel caso della TAV i magistrati in aula dicevano che “la TAV si deve fare a prescindere dall’utilità, perché è in discussione l’autorità dello stato” allo stesso modo adesso DEVI avere il green pass a prescindere dalla sua utilità, di cui ormai nessuno parla più. Del resto è impossibile difendere in qualsiasi modo questo assurdo obbrobrio: un decreto che entra in vigore con calma, inesistente in altri paesi in questa forma, con nessun ragionevole argomento dietro, talmente pieno di contraddizioni che pare scritto da qualcuno non troppo lucido. Inutile dire che questo significa che chi è contro la protesta in questo momento sta difendendo il governo, o che sta facendo una lotta per un qualche posizionamento politico. Così come del treno non importa più a nessuno anche in questo caso nessuno crede che il miglioramento delle condizioni sanitarie passi davvero dal green pass.

    • Come tutte le generalizzazioni, anche quella per cui chi è contro questa protesta sta difendendo il governo, non è vera a prescindere. Molti critici di queste proteste, che hanno molte più contraddizioni di altre, sono altrettanto se non più critici del governo dei competenti. Non penso si debba accettare qualsiasi protesta a prescindere, anche quando quella protesta ha ben poco a spartire con i nostri valori. Marcello07 lo spiega bene nel suo ultimo commento qua sopra.
      È giusto cercare di reindirizzare quella rabbia informe verso il sistema capitalista, ma secondo me andrebbe fatto prendendo chiaramente posizione sui temi. E questo non per dividere i lavoratori, ma per non prestare il fianco a facili critiche e assimilazioni.
      Il lasciapassare fa schifo per molti motivi, alcuni li scrivi tu nel tuo commento.
      Ma gruppi “io apro” o “nazione sotto dittatura sanitaria” non rappresentano “esperienze di formazione politica essenziali, che favoriscono lo sviluppo di una forma di pensiero condiviso, collettivo, necessario per lo sviluppo di una comunità che si voglia definire umana.”

      • Io parlo del significato politico di essere in questo momento favorevoli al green pass. Non tutti quelli che vogliono il treno in valle erano (e sono) delinquenti al soldo di TELT e molti credono davvero ai benefici (in termini di ricaduta occupazionale, addirittura persino ambientale) delle grandi opere pubbliche e tra loro – guarda un po’ – i sindacati.
        Non dovrebbe esserci bisogno ma siccome non si sa mai meglio precisare che non sto dicendo per niente che le due “masse(popoli? gruppi?)” oppositori siano in qualche modo assimilabili, non fosse altro per la diversa consapevolezza di sé costruita in decenni in Val di Susa. Parlo proprio degli “altri” che in questo momento se va bene significa che non capiscono e se va male che, come dicevo, cercano solo posizionamenti politici, e persino l’opposizione a Draghi è sostanzialmente di facciata. Capacissimi di dire “sui singoli contenuti”

  13. 1/2
    Lascio qui un breve aggiornamento da Trieste, per chi volesse seguire tenterò di farlo all’impronta su twitter in coda a questo thread.
    Da stamattina alle sei hanno iniziato a confluire al varco 4 del Punto franco nuovo, che è uno dei due ingressi al porto nuovo, migliaia di persone in adesione alla chiamata dei lavoratori portuali.
    Questi ultimi sono certamente di più dei 300 iscritti scarsi al Clpt, quindi anche aderenti ad altre sigle.
    Nei giorni scorsi la chiamata è stata fatta propria anche dal coordinamento NoGreenpass, al quale va ricordato che il Clpt ha aderito successivamente alla sua nascita.
    Questo fotografa meglio quanto sta succedendo: di fatto in questo momento davanti al varco si contano almeno quattromila persone e potrei sbagliarmi per difetto, perché col passare delle ore la presenza, da principio sul migliaio è andata aumentando. Il via vai è continuo, su un’area molto ampia ora interamente occupata.
    La composizione è la stessa dei cortei precedenti: moltissime lavoratrici e lavoratori di altre realtà produttive (alcuni affermano di aver scioperato, altri hanno preso permesso). Molte famiglie con bambini, pensionati, tantissimi giovani, migranti, riders… insomma, la fotografia di un mosaico amplissimo e diversificato. Più o meno tutti hanno portato generi di conforto, c’è chi sta montando griglie per cucinare, musicisti, personaggi folkloristici da manifestazione. Più di qualcuno nota impressionanti similitudini con la Valsusa.

    • 2/2
      Ovviamente molti giornalisti, alcuni cellulari della polizia e GdF, ma presso la questura ne stazionano moltissimi altri. E un gruppo di fasci (contati una trentina, incluse due macchine giunte dal Veneto) su cui vale la pena notare che volti noti e di fatto estranei alla mobilitazione, sia di Forza Nuova che CPI, formano un nucleo unico, non identificabile da chi non li conosca. Altrettanto, alcuni giornalisti si sono lanciati a inquadrare e intervistare Fabio Tuiach, che lavora al porto ed è stato allontanato dalle assemblee del Coordinamento, come del resto era stato espulso sia dalla Lega e poi persino da Forza Nuova, e di fatto rappresenta solo sé stesso. L’unico momento di tensione finora lo ha causato lui, che evidentemente tenta disperatamente di mettersi in mostra.
      Il punto però è che nessuno, nemmeno il Clpt, e nemmeno i portuali nel complesso, sembra possa, o persino voglia, prendersi la ribalta. Ovviamente i lavoratori del porto sono al centro della cosa naturalmente, ma l’impressione è che ci sia una certa consapevolezza del fatto che uno scavalcamento della dinamica collettiva innescata dal coordinamento e della rivendicazione di ritiro del pass obbligatorio, indebolirebbe tutti.
      Ora si tratta di capire come evolveranno le cose nelle prossime ore, e forse giorni.

  14. Vorrei portare l’attenzione su un aspetto che, da lavoratore dipendente del settore privato, ha attirato la mia attenzione e che riguarda le modalità di controllo del possesso del Green pass da effettuare sulle maestranze. Si tratta di uno dei tanti “bug” che si stanno palesando nel momento in cui si passa all’attuazione pratica di questo provvedimento, un “bug” che personalmente ha la puzza della (ennesima) fregatura tutta a danno di chi lavora.

    Nella FAQ (che sappiamo sono da un anno e mezzo – ahinoi – norme de facto) relative al dpcm sulle verifiche in ambito lavorativo, pubblicate il 12 ottobre, è scritto: «I datori di lavoro definiscono le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche, anche a campione, prevedendo prioritariamente, ove possibile, che tali controlli siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro […]».

    Dunque il controllo del GP deve essere fatto, dove possibile, all’ingresso, per tutto il personale, oppure, in subordine, può essere fatto a campione.
    Nell’azienda in cui lavoro è previsto un controllo a campione all’ingresso, nonostante tecnicamente – è un’azienda di grandi dimensioni, la principale azienda multiservizi del Nord Italia, con partecipazione di due grandi comuni della Lombardia (facile, no?, capire quale…) – si può immaginare fosse fattibilissimo effettuare un controllo a chiunque accede all’azienda (anche perché la percentuale di dipendenti in smart working è ancora molto alta, sicuramente oltre il 50%).

    Ora, chiaramente io non tifo controlli a tappeto all’ingresso, ma quel che voglio segnalare è che questa scelta (che credo sarà quella su cui larghissima parte delle aziende convergeranno, soprattutto via via più piccole le dimensioni) comporta che in caso una/un dipendente senza GP passi il filtro (attenzione, pure chi magari l’ha scordato a casa eh…), nel momento di un eventuale controllo all’interno (per ipotesi, non solo da parte di chi è delegato a questa funzione da un’azienda, ma anche di un ispettore Asl o del lavoro) e viene beccatx è prevista la segnalazione obbligatoria alla prefettura (e quindi scattano le sanzioni) e pure le misure disciplinari aziendali.

    Ora, mi sto facendo l’idea che questa del controllo a campione sia un trick messo a disposizione (ma va?) delle aziende, che potranno non preoccuparsi troppo dei controlli e gestire flessibilmente l’organico a disposizione, un escamotage – diciamo così – che permette di scaricare sul/sulla singolx (ancora una volta) le responsabilità ed eventuali rischi.

    Il controllo a campione, ancora, mette al riparo le aziende dall’incorrere anche nella poca cosa (da 400 a 1.000 euro) della sanzione prevista per mancato controllo. Chi lavora invece rischia (e se pensiamo poi a chi farà tamponi e avrà la “copertura” di 48 h il rischio, ma anche il senso del giochetto, si comprende meglio) la sanzione (da 600 a 1.500 euro) e pure di essere sottoposto a procedimento disciplinare da parte dell’azienda.

    Sempre per la serie “cronache dall’Assurdistan”, il paese dove a pagare – mentre i padroni si fanno belli e si presentano come “responsabili” – è sempre chi lavora…

    • Io penso che questa precisazione del controllo a campione del 20% sia una manovrina per agevolare ancora di più le aziende, le quali non saranno obbligate a mettere controlli stringenti e potranno effettuare i controlli in base anche alle turnazioni. Visto che mi pare assodato che, anche se ufficialmente il datore di lavoro non possa conoscere la situazione sanitaria del singolo lavoratore, in realtà in fabbrica capi e capetti sappiano benissimo chi ha il lasciapassare e chi no, si potranno organizzare i controlli per evitare fermi di produzione, ben sapendo in anticipo quale organo si fermerà a causa di un lavoratore assente. Il tutto condito da una bella dose di paternalismo padronale: io sono un bravo padrone e ti dico che tra due giorni ti controllerò nella rotazione dei check. Quindi vai a farti il tuo bravo tampone una volta alla settimana invece che ogni 48 ore. Visto che bravo, che penso anche a te?

    • Io credo che ancora una volta il tema portante sarà l’assoluto arbitrio, e credo entro certi limiti anche voluto.

      In base all’orientamento “virocentrico” o “no-vax” di dirigenti e padroni, nelle pieghe delle norme, ci sarà possibilità di essere più o meno flessibili, in un senso o nell’altro, e sempre secondo convenienza.
      Come dite voi sopra, coi controlli a campione che deresponsabilizzano il padrone rilasciando tutta la responsabilità e la sanzione sul lavoratore eventualmente sprovvisto.
      Oppure viceversa, come in pubbliche amministrazioni o scuole con dirigenti particolarmente “zelanti”, con controlli molto stretti e ossessivi.

      Citavo sopra il caso in cui il dirigente di una P.A. ha richiesto il passaggio in sede 3 volte la settimana di lavoratori che normalmente non ci vanno mai.
      Questo al solo scopo di controllare il GP e penalizzare così sia i non vaccinati che non possono così evitare il tampone quando non vanno in sede, che tutti gli altri, che devono fare il viaggio per niente.

      Oppure i casi da “titolo di giornale” di genitori che non hanno potuto prendere i figli a scuola perché senza GP.
      Ora, nell’orario normale i bambini al mio paese, sia all’asilo che a scuola elementare, vengono tutti accompagnati e ripresi sempre al cancello sul cortile o al massimo alle porte d’ingresso dell’asilo, ma i genitori non entrano mai nella struttura, questo fin dai primi giorni del covid.
      Quindi, cosa vietava nei casi riportati dai giornali, di accompagnare il minore all’ingresso e lì lasciarlo al genitorie, con o senza GP?
      Penso nulla, solo lo zelo in un senso o nell’altro dei dirigenti scolastici.

  15. Qualcosa si muove. Nella mia bolla, i fatti di Roma entrano in cortocircuito con quelli di Trieste. Qualcuno comincia ad andare in crisi, si aprono crepe, affiorano domande: si avverte un senso di sollievo, come se tenere duro su una misura demenziale come il GP (coniugato all’italiana), avesse stancato corpi e menti; Trieste, con tutte le sue contraddizioni ‘sporche’ suona come una liberazione. D’altro lato, vedo invece un ulteriore irrigidimento (Portuali corporazione etc) e il ‘benaltrismo’ – argomento fantoccio per eccellenza del dibattito pro o contro– mostra di essersi così radicato che si evidenzia come un vero e proprio bias cognitivo: impossibile, per molti, pensare al GP come tassello risonante di un puzzle, elemento di una strategia (o forse solo di una tattica) che si riversa non solo nel quotidiano precarizzato e ricattato del lavoro (e dell’istruzione) ma investe un’idea di Europa in cui i corpi sono ‘colpevoli’ per definizione, per desiderio, per bisogno. E’ sufficiente pensare al destino dei migranti rimbalzati da frontiera a frontiera, in balia di cani e sbirri: nel game sulla frontiera orientale. Dicono i benaltristi: “dove stanno *questi* quando si parla di tutto ciò?” e non vedono che la gestione pandemica ha cristallizzato proprio la concezione ‘proprietaria’ dei corpi, l’idea stessa di corpi infetti, infettanti, ‘corpi minaccia’ all’ordine costituito con relativo irrigidimento dei dispositivi di controllo, muri, controlli, lasciapassare, isolamento, abbandono, colpa. La nozione di responsabilità, così invocata dai compagni che si sentono confortati dal feticcio di una scienza\ricerca (al 98 percento in mano a privati) non si discosta categorialmente da quella invocata dai fascisti di casa (ogni formazione politica ne partecipa) quando sostengono di proteggere la collettività dagli untori che arrivano ‘da fuori’. Ho speranza, anche se non fiducia, che a Trieste si cominci a parlare anche di questo: la frontiera orientale è lì.

  16. Due temi al volo che mi toccano e colpiscono. Nel mondo reale, qui, distante anni luce dalla sloganistica governativa stando alla quale il GP salverà le masse dal contagio (per inciso stamattina ho chiacchierato con svariati operatori della logistica e si sprecano aneddoti su questa prima, campale, giornata), alla mia compagna son state consegnate 18 pagine di disposizioni e interpretative. Ieri per oggi 18 pagine fitte da una cooperativa sociale i cui dipendenti socio-sanitari sono tenuti al vaccino (il gp da tampone non è contemplato), sia educatori che personale Asa-Oss. Non è difficile immaginare che difficilmente gran parte dei lavoratori si districherà tra legislazione, cavilli, interpretazioni, dovendosi così affidare in toto al responsabile covid, una figura a formazione zero sul tema, che recepisce direttive direttamente da Ats, spesse volte contrastanti o del tutto illogiche/non-sanitarie. Questo per quanto riguarda i socio-sanitari, per i sociali “puri” – sottoposti a regime GP “ordinario” – immagino che il “trattatello-bibbia” sia ancora più complesso, rendendo lampante la prova di forza e lo scarico di responsabilità, ancora una volta, sull’individuo.
    Io invece, da “autonomo individuale”, non ho ancora capito e nessuno mi sa spiegare chi dovrebbe controllare me e il mio GP (le forze dell’ordine, un altro me?). Sono vaccinato, sono in possesso del GP (che non intendo utilizzare), mi sono attenuto alle misure salvifiche che ci hanno riportato alla normalità di due anni fa (cit. qualsiasi media mainstream politico stigmatizzatore) epperò a proposito di questa tanto decantata normalità sono in forte difficoltà a organizzare incontri in libreria (vitali come non mai in questa fase) per un semplice motivo: alla faccia di quanto sopra vige ancora il contingentamento 2020 (nessuno si è sognato di elidere la norma) e a me – non avendo migliaia di metri quadri a disposizione e cominciando a fare fresco per starsene all’aperto – non va per nulla di contribuire a rendere la cultura provinciale ancora più algida e elitaria cacciando l’eventuale persona di troppo. Ovvio che non mi atterrò alla regola, mi chiedo però:
    1)ora che teatri e altri operatori culturali possono riprendere a pieno regime che senso ha mantenere contingentata una presentazione al chiuso?
    2) ci opporremo in parecchi o si vivrà l’ennesima stagione “culturale” senza corpi, senza scambio, disgregati (in provincia offerte e spazi non sono tutto ‘sto pop di roba)?

  17. Vorrei segnalare alcune questioni molto pratiche che in queste settimane ho dovuto affrontare in ambito lavorativo, approfondendo decreti e protocolli anche con i nostri consulenti. Perché oltre alle valutazioni di natura politica, ci sono questioni materiali – che probabilmente ai più sfuggono – ma che rendono se possibile ancora più folle l’italico GP.
    Parto dalla fine: il GP ed i controlli ad esso legati sembrano essere stati impostati per non essere rispettati. Nella migliore delle ipotesi sono stati strutturati da chi non conosce il mondo del lavoro, o se lo immagina come un monolite con orari, gestione del personale e quant’altro standardizzati e fissi.
    Alcuni esempi in ordine sparso:
    Se nel luogo di lavoro sei solo come devi comportarti? Ti “autocontrolli”? Considerando che lo strumento con cui effettui il controllo deve essere messo a disposizione dell’azienda e non può essere privato dovresti acquistare – ad esempio – un cellulare nuovo su cui installare VerificaC19 solo per fare i controlli?
    Nei luoghi di lavoro in cui si lavora con i turni e in cui non è prevista una portineria con personale fisso chi andrebbe delegato per fare i controlli? Tutti i dipendenti?
    Il controllo del GP andrebbe effettuato “nel perimetro” dell’impresa, e non quando si entra in luogo chiuso, quindi per assurdo io posso girare tranquillamente senza alcun DPI ma poi varcando la soglia di un cancello per scaricare un pacco o altro devo essere sottoposto al controllo. Perché? Considerando che tra l’altro sarò già stato sottoposto a verifica dall’azienda per la quale lavoro.
    Altra chicca riguarda lo smart working: “non è consentito infatti in alcun modo individuare i lavoratori da adibire a lavoro agile sulla base del mancato possesso del green pass o dell’impossibilità di esibire la certificazione” (www.adnkronos.com/green-pass-lavoro-linee-guida-pa-da-controlli-a-smart-working_5rCKnnJAyBDoN01x2oG2yF).
    Veniamo ai bar, senza GP posso tranquillamente stare in piedi al bancone a bere birra ma il fornitore che entra per scaricare un fusto di birra – 5 minuti – deve essere controllato, naturalmente in caso di cortile esterno sempre al cancello come si diceva sopra.
    Nel frattempo Confindustria annuncia – con una tempistica che potremmo definire ingenuamente sospetta – che le aziende possono chiedere i danni ai lavoratori che non hanno il GP (https://tg24.sky.it/cronaca/2021/10/11/green-pass-confindustria-richiesta-danni-lavoratori).

  18. Poco fa, durante la conferenza stampa tenuta dai portuali e dal coordinamento anti-greenpass al porto di Trieste di fronte a non meno di cinquemila persone, il solito Fabio Tuiach – già pugile, ex-Lega, ex-Forza Nuova, ma anche lavoratore al porto – ha cercato di impadronirsi del microfono e intervenire. Ricordiamo che già settimane fa Tuiach è stato platealmente cacciato dall’assemblea cittadina contro il pass. Quando gli è stato impedito di prendere il microfono ha reagito dando un pugno in faccia a un compagno del coordinamento. A nome dei portuali, Puzzer ha condannato l’episodio.

    Detto questo: Andrea qui sopra riporta che l’atmosfera all’ingresso 4 sta ricordando a molti la val Susa. Ecco, a questo proposito vorrei dire una cosa: anche quella valsusina contro il Tav è una mobilitazione eterogenea, tiene insieme anime che senza la lotta sarebbero state distantissime, non si sarebbero mai incontrate e anzi si sarebbero osteggiate. Il movimento No Tav ha ben chiara e netta la discriminante antifascista, ma ad esempio accetta al proprio interno cattolici anche molto tradizionalisti.

    Chi segue da anni la lotta lo ricorda bene: in val Clarea, dopo lo sgombero della libera repubblica della Maddalena alcuni cattolici No Tav posero di fronte al cantiere una statua di padre Pio. Un simbolo che in qualunque altro contesto evoca cultura reazionaria e superstizione, ma che lì – se non nelle intenzioni di chi l’aveva installato, che ci credeva davvero – divenne un détournement, la controparte era confusissima. Ricordo anche che la lotta No Tav, nel proprio pantheon, accoglie tranquillamente la Madonna del Rocciamelone. Orbene, i cattolici che lottano contro il Tav sono sicuramente antiabortisti e quant’altro. Eppure, non ho mai visto nessuno – a parte il nemico, chiaro – accusare la lotta stessa di essere ambigua o reazionaria. Chi è contro l’aborto lo è per conto proprio, e tiene la propria posizione ben fuori dalla lotta e dal terreno comune.

    La verità è che una lotta popolare con un obiettivo ben chiaro e concretamente praticato sa parlare a soggetti “biconcettuali”, come li chiama Lakoff. parla dei biconcettuali come persone che sono “progressiste” su alcuni temi e in alcuni ambiti e “conservatrici” in altre. Categorie sue, eh, non mie. Categorie molto “americane” nel senso di naif, ma facciamo a capirci.

    Un movimento che ha saputo parlare a molti biconcettuali (cattolici, nello specifico, e non certo teologi della liberazione) è proprio quello No Tav. Ho in mente una signora che è al tempo stesso una delle più tenaci e generose attiviste No Tav e una vera e propria beghina. Su certi temi e in certe dimensioni della vita sarà sicuramente reazionaria, e pure nel senso stretto del termine, ma la lotta fa emergere l’altra sua dimensione.

    Una delle fortune della lotta No Tav è che è cresciuta e si è consolidata, nella sua trasversalità e radicalità e nel suo puntare direttamente alla struttura del capitalismo italiano (che carbura a grandi opere), PRIMA della tirannia che i social network esercitano sulla comunicazione quotidiana. Se la lotta No Tav fosse alle sue prime fasi adesso, i partecipanti subirebbero uno scrutinio morboso, gli verrebbe richiesto un ultracoerente pedigree, ogni dettaglio sarebbe subito ingrandito a dismisura e commentato superficialmente, per essere etichettato e liquidato con uno pfui o con uno shitstorm. Fretta e, soprattutto, furia.

    È quello che molti stanno facendo con la lotta in corso a Trieste, perché sul suo profilo social questo o quello hanno scritto la tal cosa o la tal altra, perché quello lì è ambiguo, perché quelli sono indipendentisti ecc. A scomparire del tutto – tragico, visto che molti riders of the shitstorm si pensano compagni e anche marxisti – è l’analisi delle contraddizioni materiali da cui nasce la lotta, della composizione sociale, delle dinamiche reali. E chi caca sentenze sommarie dimostra di non capire più – se mai lo ha capito – cosa fa una lotta. Le lotte fatte bene mettono i giusti paletti, fanno incontrare le persone, proiettano tutti quanti oltre se stessi.

  19. Il porto di Trieste non è stato bloccato, le merci vanno e vengono come sempre;
    La USB ha rifiutato di partecipare alla protesta perché le infiltrazioni fasciste e novax sono troppo evidenti;
    La Filt CGIL sostiene che la maggior parte di chi partecipa alla protesta non lavora al porto (tipo Tuiach)
    secondo Radio Black Out “La composizione dei presenti è molto eterogenea, sia dal punto di vista politico sia delle motivazioni per cui si rifiuta il Green pass, andando da posizioni negazioniste della pandemia a chi lo ritiene uno strumento di divisione dei lavoratori.”

    qui un link con il reportage di Radio Black Out con le interviste a chi si trova lì, forse può interessarvi
    https://www.radiondadurto.org/2021/10/15/trieste-proteste-contro-il-green-pass-ma-il-porto-non-e-bloccato/

    • Mamma mia, Carlo, un commento talmente frettoloso e disinformato che non si sa da dove cominciare. Ascolti dieci minuti di radio e pretendi di emettere sentenze su una situazione articolatissima che qui viene seguita da settimane, e da molto vicino.

      Nomini due volte Radio Black Out ma linki… Radio Onda d’Urto, e qui non aggiungo altro. Da Trieste il servizio lo dicono pessimo e oltremodo falsante, penso verrà anche scritto qualcosa. Ad ogni modo, che la composizione di una lotta di massa sia eterogenea non dovrebbe essere una conclusione, nel nostro caso è sempre stato la premessa di ogni analisi.

      A riprova che sarebbe stato meglio informarsi, scrivi che Tuiach partecipa alla lotta anche se non lavora al porto. È il contrario esatto: lavora al porto ed è fuori dalla lotta. Tuiach è notoriamente un portuale, ma già a settembre è stato cacciato via a gran voce dall’assemblea del coordinamento cittadino, inoltre oggi ha tentato una forzatura, è stato fermato, ha picchiato un compagno, è stato allontanato e i portuali hanno condannato il suo operato.

      Non esiste nulla di descrivibile come «infiltrazioni fasciste», questo lo ha smentito perfino Franco Belci, nome storico della Cgil triestina, come abbiamo riportato. Trieste è l’unica realtà dove, grazie al lungo e paziente lavoro di compagne e compagni, i fascisti sono stati relegati ai margini. Questo lavoro è ben spiegato nel pezzo apparso su Infoaut ieri e linkato qui sopra.

      Riguardo all’USB, non entro nelle dinamiche tra sigle sindacali cittadine, però ricordo che anche quel sindacato è contrario al greenpass, che molti suoi iscritti sono sempre scesi in piazza, e faccio anche notare che oggi i portuali iscritti all’USB stanno presidiando il varco Etiopia del porto di Genova.

      «La maggior parte di chi partecipa alla protesta non lavora al porto», sì, ed è ovvio, perché fuori ci sono almeno seimila persone, al porto ne lavorano “solo” 1600, di cui un migliaio sempre in piazza contro il greenpass (lo spezzone dei portuali era enorme). Questa non è solo una vertenza dei portuali ma una giornata di lotta cittadina indetta dal coordinamento. Che davanti al porto ci sarebbe stata una gran folla solidale era previsto e auspicato.

      Seimila persone a Trieste, in una mattina di un giorno lavorativo, solidali con una lotta operaia, e si cerca di far passare questo per… un fallimento? A me sembra di sognare.

      Il porto, dal canto suo, è in gran parte inoperante, è aperto un varco solo e quasi tutte le gru sono ferme da stamattina, come si evince da ogni video che sta circolando. «Tutto procede normalmente» è il messaggio che stanno cercando di far passare l’autorità portuale, Assologistica, Il Piccolo e i media mainstream nazionali ma almeno qui sopra non si dovrebbe venire a riportare acriticamente la propaganda padronale e governativa. Lo stesso Piccolo stamattina ha dovuto scrivere che molti camion arrivano ma quando vedono la folla di migliaia di persone non entrano in porto e se ne vanno.

    • Carlo, come puoi pretendere che ad una manifestazione no green pass di 6mila persone (a meno che non ne organizzi una sul balcone di casa tua) non ci siano anti-vaccinisti?
      E poi, riguardo ai fascisti, proprio dalla tua fonte (radio blackout/radio onda d’urto) possiamo isolare una bella testimonianza del compagno Fabio il quale, nonostante venga a più riprese imboccato dall’intervistatore, asserisce che sicuramente ha visto gruppacci FI CPI, ma sono rimasti nel brusio di fondo e, a tutti gli effetti, la manifestazione non li ha assorbiti veramente.
      Non posso verificare la fonte, ma SE fosse un resoconto fedele, non fa altro che confermare gli ottimi reportage, per i quali io non smetterò mai di ringraziarlo, del compagno Andrea Olivieri e tutta l’impostazione che qua sopra si è sviluppata grazie a molteplici contributi, anche se non credo tu abbia letto molti post e commenti recenti qui su Giap.

      • Agli estremi margini della folla si aggirano pochi fascisti, alcuni autoctoni e altri venuti dal Veneto, frustratissimi perché la gestione della giornata è in mano ai portuali e a noti compagni. Così vanno a caccia di microfoni, mendicano attenzione ai giornalisti per far sembrare che la manifestazione è roba loro. E ovviamente i giornalisti ben contenti. Il coordinamento ha contrastato la cosa in vari modi, e Tuiach con la sua bravata ha aiutato (eterogenesi dei fini)… Ma se ci aggiungiamo la propaganda padronale che nega la realtà di un porto praticamente deserto e fermo, è chiaro che grandissima parte di quello che sta uscendo sui media – mainstream e… wannabe mainstream – è puro guano. Non basterà, comunque, ad accantonare le contraddizioni venute in evidenza. E le seimila persone a quel varco stanno facendo un’esperienza fondativa, questo è un Evento a cui resteranno fedeli, per usare i concetti di Alain Badiou. Non c’è disinformazione che tenga.

        • …E comunque la titolazione dello stesso Piccolo sta virando in una direzione più vicina alla realtà, nessun riferimento a presunti «fallimenti» e il ruolo di Tuiach che emerge chiarissimo. In questo momento dalla homepage:

          «È il giorno della protesta no green pass, in 5mila a Trieste: i portuali: “Blocco a oltranza”, Tuiach colpisce un manifestante»

          «No green pass, l’entusiasmo dei portuali di Trieste»

          «Monfalcone, il corteo raggiunge piazza Cavour»

          Leggendo, tra le altre cose, si viene anche a sapere che MSC Crociere ha spostato i suoi approdi a Marghera.

        • @wuming1
          chiedo scusa per i lapsus (tuiach lavora al porto/ radio blackou-radiondadurto)
          ma il mio commento era la mera riproposizione del testo di un articolo, nè mi pare di aver dato giudizi di valore. ho riportato una fonte di una radio che a me è sempre sembrata onesta nei reportage, non so se ti riferisci a loro con wannabe-mainstream ma io non userei questo termine.
          Detto questo, i portuali non hanno bloccato il porto. Nè a Trieste nè a Napoli nè a Palermo. Le premesse sembravano ben diverse. Non scambiate questa frase per un giudizio negativo, sarà successo qualcosa overnight evidentemente.
          le dinamiche non le conosco dall’interno e provo a informarmi come posso e a condividere le fonti, chiedo scusa per i lapsus comunque.
          @Fabio Trabattoni
          I novax usano il movimento no green pass. è intollerabile. lo stesso fa Forza Nuova. a Roma gli antifascisti presenti sabato scorso si sono ritrovati di fronte a un palco con Fiore sopra.
          potrei rigirare la tua frase e dire:
          “come puoi pretendere che ad una manifestazione no green pass di 6mila persone non ci siano i fascisti?”
          perché di questo si tratta, condividere la piazza con questa gente, senza esprimere LA SEPPUR MINIMA conflittualità con queste realtà aberranti.
          Fabio io capisco perfettamente la situazione e io stesso ho partecipato l’anno scorso alle manifestazioni sfociate in scontri per il secondo lockdown. Ma mi sembra che qui ci sia questa idea che certe cose (la presenza di infami ai cortei) si stiano accettando troppo supinamente.
          Dieci anni fa c’era una piazza sensata, il 15 ottobre 2011 a Roma. Confrontala con quella di Trieste

          • Come già spiegato sopra, venerdì il porto era praticamente bloccato, lo ammette anche il Piccolo nonostante a livello nazionale l’evidenza sia stata negata. E come spiegato in altri commenti, l’aspettativa dell’Armageddon l’avevano montata i media mainstream, le attese di chi stava sul campo erano più realistiche.

            Sulle presenze sgradite, ti ho risposto in un altro commento più sotto ma qui sviluppo ulteriormente.

            Una cosa sono le giuste istanze della classe in lotta, un’altra le scelte elettorali (o professioni ideologiche) di parte di quella stessa classe. Un operaio antifascista non può (e secondo me non glielo si può chiedere), in base a una petizione di principio, cacciare via un suo collega che sciopera come lui, subisce la stessa condizione, magari è iscritto allo stesso sindacato… ma vota Meloni. Non fosse perché, anche dopo lo sciopero, con quel collega dovrà farci ancora turni assieme, ingoiarci rospi assieme.

            Questo può produrre un cortocircuito nella testa di chi pensa che le lotte giuste siano anche “pure”, fatte da soggetti integerrimi, coerentissimi ecc. In questa rappresentazione i lavoratori in lotta sarebbero tutti antifascisti, antirazzisti e quant’altro. Ma dopo decenni di sconfitte, devastazioni, dismissione ideologica e confusione, è inevitabile che non sia così. Lavorare in quei contesti significa lavorare dentro contraddizioni laceranti. Se poi parliamo di una mobilitazione enorme e trasversale, le contraddizioni di cui tenere conto aumentano di numero e di forza tellurica.

            Guardate che già impedendo a Tuiach di parlare al microfono e allontanandolo quando ha fatto la cazzata i portuali hanno fatto qualcosa di radicale. Da fuori è difficile da percepire. Tuiach è un loro collega, ci hanno passato più volte, come scrive Andrea da un’altra parte, «nove ore di fila in una stiva», torneranno a fare i turni con lui, a essere sfruttati insieme a lui.

            Che io ricordi, il 15 ottobre 2011 fu un disastro, concentrò a Roma forza che avrebbero potuto essere investite in una giornata di lotta policentrica, bruciò in uno spettacolo di riot e poi in settimane di polemiche (e facili stereotipizzazioni mediatiche) le energie residue dell’Onda – già sconfitta nel dicembre dell’anno prima – dopodiché sui movimenti fu posta una lastra tombale che ci abbiamo messo anni a smuovere (non a rimuovere). Quel giorno sfumò la possibilità di allineare la situazione italiana alle lotte in corso in molti altri paesi. Perdemmo il treno di Occupy e lasciammo spazio al M5S, che riempì ogni spazio lasciato vuoto. Mentre la Grecia a insorgere ci provava, noi avevamo la pax montiana e il “falso movimento” grillino; mentre la Francia insorgeva contro la Loi Travail noi avevamo il Jobs Act che passava come nulla fosse ecc.

            Ovviamente non è “colpa” del 15 ottobre 2011, piuttosto quella giornata rivelò una debolezza che già c’era, ma da qui a proporre quel giorno come modello, e per giunta in virtù di una “purezza” della piazza che diventa tout court sensatezza…

            Su Radio Onda d’Urto, la gestione pandemica e noi, guarda, stendo un velo pietoso. Ne verrà scritto altrove, in un altro frangente.

  20. In questo momento sulla homepage del corriere trasmettono in diretta streaming da….. Roma, dove ci sono, lì sì, un sacco di tricolori e di fasci. Su repubblica invece Trieste è finita in taglio basso, e l’unico video disponibile è quello di Tuiach che cercava di fermare una macchina stamattina all’alba, e poi veniva portato via di peso dai suoi stessi colleghi. Sul corriere un giornalista dice che a Trieste non è successo sostanzialmente nulla, il cielo è azzurro, la luce è dorata, tra poco arriveranno le cicogne. Dispiace che un tot di marxisti si stiano bevendo questa rappresentazione. Liberissimi tutti ovviamente di dire che è tutto una merda, ma almeno partendo dai dati di realtà.

  21. Corre l’obbligo di precisare che la posizione “penso che non ci sia una ragione valida per non farsi il vaccino” è scientificamente senza senso. Senza considerare le obiezioni già espressa a me pare ce ne sia una più generale. Dal punto di vista individuale se hai dai 20 ai 40 anni (sto stretto), stai bene, ti attieni al distanziamento e ti lavi frequentemente le mani, e non frequenti persone a rischio assumere il vaccino non è l’opzione più razionale. Dal punto di vista collettivo il non frequentare persine a rischio è più che sufficiente per cautelare chiunque. Le persone in queste condizioni non sono pochissime, vuoi per scelta vuoi per necessità. A proposito poi del “punto di vista collettivo” sarebbe il caso di chiamarlo per quel che è: punto di vista familistico, perché si occupa di proteggere prima di tutto i propri. Se fosse davvero collettivo si farebbe la battaglia per dirottare innumerevoli dosi di vaccino verso soggetti a rischio di paesi poveri, invece di sprecarli perché forse lo zio della cugina potrebbe ammalarsi. Dal punto di vista etico la posizione di chi – in queste condizioni – assume il vaccino è per me difficilmente difendibile e insisto è una posizione eminentemente egoista e familista. Ma come non me la sento di criminalizzare i no-vax allo stesso modo non riesco ad essere troppo severo con chi lo stesso abbia assunto il vaccino, del resto – per forza di cose – faccio parte di uno dei gruppi, va bene l’autocritica ma bisogna pur sopravvivere. La mia impressione è che ci sia una discreta cattiva coscienza nel rubricare gli argomenti contro la personale vaccinazione da COVID come retorici e di lana caprina.

    • Corre l’obbligo precisare che è la sua opinione, non ha preteso di farla pubblicare su Nature.
      “se hai dai 20 ai 40 anni (sto stretto), stai bene, ti attieni al distanziamento e ti lavi frequentemente le mani, e non frequenti persone a rischio assumere il vaccino non è l’opzione più razionale.”
      Ma che c… cosa dici? Tu come lei non hai la minima expertise sui vaccini m-RNA e quant’altro, non sei un mega-esperto di biologia molecolare e immunologia, eppure tu puoi scrivere sta affermazione in controtendenza a tutta la medicina riconosciuta e lei non può scrivere che, tranne casi di salute, non vede nessun’altra ragione nel non farsi il vaccino (posizione di tutta la scienza medica riconosciuta tra l’altro).
      Poi fai pure del benaltrismo sui paesi poveri e continui la tua ambiguità, di cui interessa niente a nessuno, sul fatto che tu sia o non sia vaccinato.
      La mia impressione è che ci sia una discreta cattiva coscienza nel fare commenti di questo tipo.

      • Woasnet guarda che qui non c’entra niente l’expertise sui vaccini, la biologia molecolare e l’immunologia. C’entra una cosa che si chiama “analisi dei dati”. Detto questo sarei curioso di conoscere – non so quante volte ormai io abbia fatto richieste di questo tipo – quale sarebbe la “medicina riconosciuta” (qui magari metterei anche da chi) che dice cose in controtendenza a questa banalità che ho scritto nel commento precedente e naturalmente in che paper, saggio pizzino, la direbbe, tanto per farci due risate.
        Il resto è teso a smontare un’insopportabile narrativa che contrapporrebbe l’altrismo dei vaccinomani all’individualismo dei novax. Le categorie di cui sopra si vaccinano per salvare il culo a sé stessi e alla propria cerchia e che si fotta il resto del mondo, devo pensare prima a me stesso.
        Poi devi cercare di aver pazienza ma i miei dati sanitari non sono nella disponibilità di estranei. Strano eh? Anzi: ambiguo (dio solo sa dove crediate di prendere la legittimità per sparare ste cazzate pseudo religiose). Ma teniamo gli occhi sulla palla dai, parlami di sti dati che smentirebbero i miei

  22. #Morgana.
    Capisco quello che dici. Anche io mi sento frastornata a volte leggendo o parlando nei collettivi coi compagni, su questo tema.
    Non tutti però la vedono così, anche se forse siamo una minoranza.
    Una notizia, prima, mi ha raggelato il sangue. Credo che “il fronte del porto” si estenderà:
    è stata chiesta l’autorizzazione all’Ema per i vaccini tra i 5 ed i 12 anni, sulla base di una sperimentazione su 2200 bambini..
    Certo, ci saranno dei bambini immunodepressi o con patologie che ne trarranno un grande beneficio.. ma non dicevano la stessa cosa per i ragazzi tra i 12 ed i 18 anni?
    Allora mi è venuto un dubbio, sono andata a vedere, ed ho capito che il green pass si applica anche ai minori, tra i 12 ed i 18 anni -non per la scuola che è obbligatoria, certo- ma per tutte le altre attività si.
    Estenderanno un simile obbligo anche ai minori di 12?
    Le FAQ del governo, ho verificato, parlano nel capitolo “Esenzioni”, di “bambini sotto i 12 anni, esclusi per età dalla campagna vaccinale;” vuol dire che se la campagna vaccinale estende la sua età anche ai minori di 12 il GP si estende tout court anche a loro???

    A tal proposito, navigando, ho visto anche un’altra cosa che mi ha raggelato forse ancora di più.. che una mozione di frat d’It ed appoggiata dalla lega che proponeva il green pass solo sopra i 18 anni è stata bocciata.. e, memore di un passo della postilla del 13 ottobre di WuMing, che condivido totalmente, e che riporto in coda, mi sono chiesta: che cosa sta succedendo? dove stiamo andando?
    Ed ancora: quanto è legittima questa domanda, questo interrogativo? dove sta andando la sinistra? possiamo sottrarci da questi interrogativi? È legittimo imporre un green pass ad un dodicenne? Che società stiamo creando? Che direzione stiamo prendendo? Perché se ne è parlato così poco e perché proprio fdi ha fatto quella mozione? sto diventando paranoica?

    “I fascisti sono sempre stati strumento del potere capitalistico e funzionali alla stabilizzazione. Non è un “complotto”: è la loro oggettiva funzione sistemica, qualunque cosa facciano.[…]L’azione dei fascisti è sempre diversiva rispetto ai problemi reali e ai conflitti reali. ”

    hanno forse usato la destra per proporre un tema con la speranza che così il tema stesso sarebbe stato “declassato” a proposta di destra e bocciato? un diversivo?
    O il green pass in una ragazza di dodici anni è cmq legittimo per il bene collettivo?
    Spero mi possiate aiutare a districarmi da questi interrogativi..

  23. @ Isver – “ il vaccino non è gratuito, ma pagato coi soldi delle tasse” – va ben, il vaccino è gratis come i marciapiedi dove camminiamo: va meglio così? Preciso di non avere mai detto, e neanche pensato, che un non vaccinato debba “per forza” anche essere un evasore fiscale.
    @ Morgana – ma secondo te chi scrive “io penso che” ha l’intenzione di “rampognare il prossimo”? E poi, 100 righe per dirci che una ragione valida per non vaccinarsi è l’esenzione per motivi di salute? ok, obiezione accolta, passiamo ad altro.
    @ robydoc – “dal punto di vista individuale se hai dai 20 ai 40 anni (sto stretto), stai bene, ti attieni al distanziamento e ti lavi frequentemente le mani, e non frequenti persone a rischio assumere il vaccino non è l’opzione più razionale” – in pratica hai fatto il ritratto di un individualista disoccupato e senza vita sociale, altrimenti, come scusa, non vale.
    @ robydoc – “dal punto di vista etico la posizione di chi assume il vaccino è per me difficilmente difendibile e insisto è una posizione eminentemente egoista e familista” – ho fatto il vaccino perché penso che sia la maniera più rapida per uscire al più presto dallo stato di emergenza e restrizioni, l’ho fatto per me e per la collettività: sono fuori dal tuo schema etico? in che girone mi metti?
    @ WM1 – “è stato un «facciamo a fidarci»” – certo, vale anche per me, ma l’affermazione di Lucia resta corretta, che non c’è una ragione valida ecc. ecc.: perché dovrebbe essere la “giusta protesta contro il lasciapassare” ma è in buona sostanza la protesta di chi non vuole vaccinarsi. Al grido di “libertà!” (individuale).

    • Io non capisco perché, anche di fronte all’evidenza che ci fornisce Trieste di una lotta contro il gp che riesce ad aggregare su basi di classe e descrive il gp come parte delle politiche neoliberali del governo Draghi, portando in piazza e al porto migliaia di persone vaccinate, anche qui su Giap si continui con clichés e giudizi trancianti sulla “lotta di chi non vuole vaccinarsi”.

      • Forse perché, esclusa la contraddizione triestina (che da quello che sento io così tanto contraddizione non è), tutte le altre piazze di ieri sono proprio quello che ha scritto claudiog. Sarà anche tagliato con l’accetta, ma non si può far finta di non vedere l’elefante nella stanza.
        Che voi siate così ottimisti da vederci dentro nuclei di future lotte antisistema ben venga, ma trovo altrettanto legittimo il disagio di moltissimi compagni che lì dentro ci vedono l’elefante.
        Ho esperienza diretta della piazza di ieri a Firenze. Piazza Santa Maria Novella. Tricolori, cori da stadio, no al vaccino.
        Nessuna critica al sistema neoliberale né coscienza di classe.

        • Voglio solo precisare che non era un “giudizio tranciante” il mio. Come dici tu Woasnet forse a Trieste sta accadendo una cosa un po’ diversa. In ogni caso faccio fatica a vederci, anche in quel contesto, “l’evidenza (…) di una lotta contro il gp che riesce ad aggregare su basi di classe e descrive il gp come parte delle politiche neoliberali del governo Draghi”, coem scrive WM1 qui sopra (per dire, il sig. Stefano Puzzer parla quasi solo di libertà di scelta, da quello che mi pare di capire). Quindi mi scuso con WM1, ho espresso un’opinione malleabile, niente di tranciante.
          Dico anche che dove mi rivolgo, nel mio commento qui sopra, a robydoc, citando la sua critica dell’egoismo e del familismo di chi si vaccina, ho omesso di citare un pezzettino della sua frase (il pezzettino che la contestualizza): resta valido il fatto che mi trovo personalmente fuori da quel contesto, mentre robydoc riduce tutto il “punto di vista collettivo” a “punto di vista familistico, perché si occupa di proteggere prima di tutto i propri”.

          • A parte che non è vero che Puzzer parli “solo” di libertà di scelta perché giocoforza Puzzer riporta le posizioni del coordinamento che sono ben più articolate e lo ha fatto anche ieri in conferenza stampa, sul ridurre una mobilitazione come quella delle ultime settimane al «signor Stefano Puzzer», a quel che pensa come singolo, al focus sul “personaggio”, ho già scritto sopra e non mi dilungo. Almeno qui non soccombiamo a queste tendenze.

        • Da mesi, anzi, dall’anno scorso diciamo che il deficit di critica alla gestione della pandemia avrebbe trasformato l’inevitabile protesta che sarebbe scoppiata in uno scorrazzare proprio di quell’elefante lì. Non so quante volte lo abbiamo scritto, è un anno e mezzo che martelliamo su quel punto. E adesso è chiaro che le piazze sono piene anche di schifezza segnica e ideologica.

          Durante l’estate, quando le mobilitazioni contro il lasciapassare erano agli albori, abbiamo espresso per l’ennesima volta il nostro parere: la puzza sotto il naso, la facile etichettatura preventiva, l’adagiarsi nella “pax pandemica” draghiana (contestata solo a parole quando andava bene) per paura di dire «le stesse cose di Salvini e Meloni» (che era e resta falso, non sono le stesse cose), tutto questo avrebbe avuto esiti disastrosi.

          Trieste è la controprova che spazi per intervenire c’erano, rimando ancora una volta al resoconto delle compagne e dei compagni apparso su Infoaut perché finora è il testo che meglio fa capire le dinamiche. Intervenire subito, senza aspettare; impegnarsi subito a mettere paletti perché la protesta contro il lasciapassare restasse nell’alveo giusto; delimitare bene il terreno comune… A Trieste si è fatto e oggi, nonostante l’impegno dello schiacciasassi mediatico a fare cherrypicking e a omettere enormi dati di realtà per omologare quella situazione alle altre (contro ogni evidenza sul campo), là vediamo, se siamo disposti a osservare:

          1) un dato di fatto che è al tempo stesso un’ipotesi controfattuale, un «what if» su cosa si sarebbe potuto tentare anche altrove, magari fallendo ma almeno provandoci, perché fallire avendoci provato è comunque meglio della pax pandemica sotto il cui manto il governo più classista e autocratico del dopoguerra punta a far passare tutto ciò che vuole;

          2) un’anticipazione di come potrebbero essere le lotte di massa post-pandemiche che stanno dietro l’angolo, a condizione che tempismo, intelligenza e generosità prevalgano sui preconcetti, sull’«a quanto si legge», sull’idea che dare apparentemente ragione alla Meloni sia peggio che permettere al governo Draghi di fare macelleria sociale.

          Dopodiché, la vertenza specifica innescata a Trieste è probabilissimo che si concluda con una sconfitta. Ma:

          3) i processi collettivi che la lotta ha avviato non si esauriscono per decreto di Repubblica o del Corriere. Ed è a quelli che invitiamo a guardare;

          4) il lasciapassare rimane la schifezza che è e non sarà la diserzione dalla critica a rimuovere le contraddizioni che crea e i precedenti che stabilisce.

          • «perché […] anche qui su Giap si continui con clichés e giudizi trancianti sulla “lotta di chi non vuole vaccinarsi” ».

            La mia personale teoria è che quest* compagn* sono, magari inconsapevolmente, ossessionati da una concezione, abbastanza romanzata, di potere e controllo. Di fronte a una innocua percentuale, assolutamente minoritaria, di individui che preferiscono disobbedire, per svariate ragioni, piuttosto che allinearsi ad un potere esecutivo che ha letteralmente preso il sopravvento sul giudiziario e il legislativo, preferiscono mantenere saldo il patto di sospensione dell’incredulità, stipulato mesi fà con il governo degli inetti, probabilmente con l’intenzione di conquistare, at some point, una qualche specie di «lead role in a cage».

            • «Di fronte a una innocua percentuale, assolutamente minoritaria»

              Esatto. Rispetto la mozione d’ordine e cercherò di non sfociare di nuovo nel vaccinocentrismo, ma oggi su La Stampa c’è un editoriale di Odifreddi (il matematico) che titola così:
              “Ora i no-pass dicano come vincere il virus”

              Non l’ho letto, ma se si accetta la narrazione implicita nel titolo (GP “indispensabile” per “vincere” il Virus, lotta che è ancora e “per sempre” nelle fasi critiche), si sta col Governo.
              Sì, è vero, di là ci sono i tricolori, i non vaccinati testoni, gli antiscientifici e le scie chimiche, (e pure i portuali, gli studenti, i sindacati USB e un sacco di brave persone che a questo modo di governare dicono “no!”), ma di qua ci sono il mainstream, il Governo e tutti quelli che ieri sullo stato di Watsapp hanno pubblicato il “grazie a tutti quelli che hanno strisciato il GP ottenuto col vaccino senza troppo rompere gli zebedei”.
              Ecco, su questo (come su tante altre cose) hanno ragione Robydoc e Isver, c’è poco da discutere.

              Quindi bisognerebbe razionalmente oggettivare questa “lotta” al virus, rendersi conto che ad oggi, in Italia (purtroppo non nel mondo), con le percentuali di vaccinati che ci sono, tutti gli indicatori sono in calo.
              Anche con il boom di tamponi rapidi di questi ultimi giorni non c’è stata una risalita dei contagi.
              La “guerra” è pressoché vinta o è in fase di vittoria.
              E noi siamo ancora qui a cercare di stanare e punire i renitenti e i disertori che non si sono vaccinati?
              “Che siano vaccinati a forza loro e loro figli e facciano pubblica abiura!”, anche se non serve più, come giusta punizione e monito?

              Ritornando maggiormente in tema, un grandissimo nocciolo della questione lo ha individuato WM1 quando ha scritto il commento sul paragone con la lotta NO-Tav in valsusa (bersaglio di lungo corso di questo modo di fare informazione): a meno che questi non sia chiaramente fascista, non ha senso discriminare il tuo vicino di lotta, fargli la radiografia, fargli confessare se crede alla Madonna, è Musulmano, esoterista, Ateo-ortodosso, Scientista, mentre combatte fianco a fianco con te e difende la stessa posizione, la stessa trincea, lo stesso ultimo metro di terreno mentre le forze di Mordor prendono il sopravvento.

          • Da ieri sera Trieste è scomparsa dalla homepage di Repubblica. Inghiottita in un buco nero, forse in una foiba. Dopo che per tutto il giorno i giornalisti erano andati spasmodicamente a caccia di “dichiarazioni shock” piazzando il microfono davanti a qualunque dispossente random, con scarsa fortuna, alla fine hanno riposto le pive nel sacco e hanno deciso di cancellare Trieste dall’infosfera. Anche alla radio rai, stamattina, zero parole su Trieste, due o tre parole su Genova, dove però la manifestazione al porto è stata più piccola, e invece vari minuti su Roma dove l’avvocato Polacco ha raccolto qualche centinaio di tricoloruti vestititi in modo molto elegante. Pare purtroppo che questa narrazione sia stata fatta propria da gran parte della compagneria social italiana, che oscilla tra “a Trieste al porto non c’era nessuno, soprattutto non c’era nessun portuale” e “Trieste è in mano a portuali fascisti quanonisti tricoloruti vestiti in modo molto elegante e arringati dall’avvocato Polacco”.

        • Vorrei solo precisare che credo che ci siano almeno una forse piccola minoranza di compagni, che cmq vede la soluzione “vaccini per tutti senza se e senza ma” come un ennesimo passa delle politiche neoliberali e scende in piazza contro questo portando la sua coscienza di classe. E questo anche nel rispetto appunto delle indicazioni ONU, specchietto e giochetto per le allodole con il sistema imperialista, che ha più volte chiesto al vecchio continente di non “sprecare” le dosi di vaccini dandole a destra e manca e riproponendo le dosi.
          Questa “minoranza”, anche se resterà tale, e che è cmq contro il greenpass e per una sanità pubblica e funzionante, credo sia cmq da rispettare anche perché qui nessuno di noi credo abbia la verità in tasca e non possiamo sapere chi o se qualcuno di noi ha ragione o ne ha più degli altri.
          Questa minoranza festeggia la scesa in campo dei sindacati e della sinistra radicale per la lotta contro il green pass.
          Le piazze non possono essere lasciate alle destre. Trieste dimostra che esse se noi scendiamo con i nostri contenuti, nelle differenze e nel rispetto reciproco, ci può essere un grande vuoto politico da colmare.
          Colmare questo vuoto credo sia anche una nostra responsabilità storica, nella lotta contro il fascismo ed il neoliberismo.
          Il virus esiste, i vaccini esistono, cure si stanno affacciando, alcune nuove, altre già esistenti e in questo ultimo vengono testate
          . Ogni elemento deve essere usato e calibrato nel migliore dei modi possibili e nella tutela della salute collettiva al di fuori degli interessi del mercato.
          La salute non è mera assenza di malattia, e la cura non è solo farmaceutica, ma ha a che fare anche con il benessere reciproco degli individui nella società.

    • No, 100 righe per dire che assumere un atteggiamento alla “asfaltiamo tutto” è controproducente e contribuisce a esasperare chi per qualsiasi motivo sta fuori dalla casellina di quelli che non hanno nessun dubbio e nessun problema. Percepire di essere completamente omessi dall’orizzonte del discorso è una situazione parecchio spiacevole. Oltrettutto ho scritto chiaramente che questa storia qui è solo l’ultima della serie. Qualsiasi misura presenta costi e danni collaterali. Continuare a non riconoscerli perché si ha paura del virus (virocentrismo) o perché si è esasperati dalle restrizioni (ripeto simpatizzo) non aiuta, nemmeno a uscire dall’emergenza (vedi dopo).
      “Come scusa non vale” e “non c’è una ragione valida”: mi sembra che siamo sempre al, è tutto bianco o nero. Ma invece esistono profili di rischio molto diversi, per il virus e per i diversi tipi di vaccino – perché appunto, l’umanità è un insieme parecchio eterogeneo. Non penso che le autorità sanitarie dei paesi nordici o il JCVI UK abbiano deciso di stoppare x o non raccomandare y al gruppo z così per sport. E aumentare la pressione su, faccio un esempio a caso, gli adolescenti?, per cercare di raggiungere una magica percentuale di vaccinazioni che ci farà uscire dall’incubo non funzionerà, anche se la percentuale si raggiungesse. Almeno nell’area anglosassone non ha funzionato. Ci sono campus USA dove gli studenti sono tutti vaccinati perché devono esserlo per poterci mettere piede e si ritrovano a dover far sport all’aperto con le mascherine perché comunque ci sono i “breakthrough cases” e gli amministratori perdono la testa. L’ansia sanitaria generalizzata che permette di continuare con lo stato di emergenza non la puoi bloccare nemmeno arrivando al 100% dei vaccinati, perché funziona così, non c’è una percentuale-interruttore che la spegne. Dopo che è stato raggiunto l’obiettivo 1, l’ansia che è sempre lì si fissa su un obiettivo 2, e avanti così a oltranza. E andando avanti così si è già creata una situazione in cui sempre negli USA pare che si stia procedendo a dare terze dosi più o meno a tappeto, incluso chi non ne avrebbe assolutamente bisogno, mentre in un sacco di paesi in via di sviluppo non è arrivato il vaccino nemmeno per sanitari e vulnerabili e non è arrivato perché non sono rimaste dosi da compare perché se le accaparrano i paesi ricchi. Ci sono medici USA vaccinati che hanno detto che davanti a questa situazione loro il booster lo rifiuterebbero perché non gli parrebbe etico. Condivido.

      • Mi sembra che diverse persone vivano nella speranza più o meno conscia che l’emergenza finisca nel momento in cui si raggiungerà una qualche soglia non precisata, un numero magico di vaccinati o di casi. Questo numero non esiste, non saremo mai a 100 da un lato e a 0 dall’altro. Anche se ci fossimo: non funziona così perché l’ansia non ha l’interruttore. La maniera più rapida per uscire dallo stato di emergenza e dalle restrizioni è uscire dallo stato di emergenza e dalle restrizioni. Un po’ di paesi scandinavi con meno vaccinati dell’Italia semplicemente lo hanno fatto e da ultimo hanno tolto le mascherine pure sui voli aerei tra di loro. La domanda da farsi è perché altrove non lo si faccia e la risposta che mi dò per l’Italia è: perché l’ansia sanitaria è sempre altissima e continua ad essere alimentata anche dalla spinta politico-mediatica a quello che Bertuzzi (nel pezzo su infoaut linkato in quello che precede questo) chiama “estremismo di centro”. Che da ultimo mi sembra stia innescando un circolo vizioso paradossale per cui persone esasperate dallo stato di emergenza e dalle restrizioni danno addosso al capro espiatorio indicatogli (i no-vax veri o presunti), che identifica come responsabile del perdurare della situazione, e chi glielo ha indicato alza sempre di più il livello della retorica e dello scontro semplicemente per cavalcare l’onda e incrementare il proprio consenso elettorale, o la propria audience. Il risultato finale è che un “problema” di cui non è del tutto chiaro il peso (perché allora i danesi hanno deciso che va bene così?) occupa il centro della scena e l’attenzione e la rabbia sempre più accese allontanano sempre di più il momento in cui si deciderà che il problema non è tale da giustificare il perdurare dello stato di emergenza e delle restrizioni. Cioè secondo me continuare ad aumentare la pressione per far vaccinare le persone (o qualsiasi altra cosa) ingigantisce sempre più l’idea che ci sia un problema e quindi ci sia bisogno dello stato di emergenza. Certo poi rimane anche il fatto che tante persone sono spaventate e appunto la paura non la spegni con l’interruttore. Esemplari a questo proposito alcune reazioni davanti a chi commenta che prima o poi quest’inverno si prenderà il coronavirus. Alcuni sembrano convinti di poterlo evitare per sempre o comunque di poterlo evitare fino a… non si sa cosa.

        • « l’ansia sanitaria è sempre altissima e continua ad essere alimentata anche dalla spinta politico-mediatica a quello che Bertuzzi (nel pezzo su infoaut linkato in quello che precede questo) chiama “estremismo di centro”. Che da ultimo mi sembra stia innescando un circolo vizioso paradossale per cui persone esasperate dallo stato di emergenza e dalle restrizioni danno addosso al capro espiatorio indicatogli (i no-vax veri o presunti), che identifica come responsabile del perdurare della situazione, e chi glielo ha indicato alza sempre di più il livello della retorica e dello scontro semplicemente per cavalcare l’onda e incrementare il proprio consenso elettorale, o la propria audience. Il risultato finale è che un “problema” di cui non è del tutto chiaro il peso (perché allora i danesi hanno deciso che va bene così?) occupa il centro della scena e l’attenzione e la rabbia sempre più accese allontanano sempre di più il momento in cui si deciderà che il problema non è tale da giustificare il perdurare dello stato di emergenza e delle restrizioni. Cioè secondo me continuare ad aumentare la pressione per far vaccinare le persone (o qualsiasi altra cosa) ingigantisce sempre più l’idea che ci sia un problema e quindi ci sia bisogno dello stato di emergenza.»

          A mio giudizio, sunto impeccabile.

          • Anche per me è centratissimo il punto!

            E tornando a quel che dicevo prima dell’editoriale sul “dicano i no-pass come vincere”, bisogna proprio oggettivare il “peso” di ‘sto “problema”, a costo di doversi scoprire e confessare ancora un po’ vaccinocentrici e ammettere che, dannazione, hanno ragione Morgana o Robydoc.
            “(perché allora i danesi hanno deciso che va bene così?)”

            E perché Odifreddi (che, per i vari amanti dell'”expertise”, è un matematico, non un medico – anche se non conta perché tanto di medici sulla stessa linea se ne trovano a bizzeffe in TV tutti i giorni) e tutto il mainstream Italico dicono che no, non va ancora bene così?

            La verità è che lo stato di emergenza piace ancora a troppi. E’ molto più facile governare durante un’emergenza.
            I dissidenti, durante un’emergenza, possono essere etichettati come sabotatori, disertori, gente che vuole affondare la barca, e non bisogna starli ad ascoltare o riconoscer loro il rispetto di cui in regime ordinario dovrebbero godere tutte le minoranze.

  24. Mozione d’ordine: ancora una volta la discussione in questo thread sta scivolando su «vaccini sì», «vaccini no», basta, su. L’articolo qui sopra e i suoi aggiornamenti riguardano potenzialità e contraddizioni di una lotta contro il lasciapassare che è esplicitamente una lotta contro il governo Draghi, una lotta che parte dal lasciapassare per fare un ragionamento più ampio. Il vaccinocentrismo è solo un’altra versione del virocentrismo.

    • Ok letto e mi scuso per la mia parte. A mia parziale discolpa credo che non sia inutile richiamare ad una certa cautela chi arriva qui a esprimere dubbi – per carità legittimi, stiamo tutti cercando di capirci qualcosa su queste manifestazioni, soprattutto la piega che prenderanno – partendo da un punto di vista aggressivo su chi prova a ragionare anche sulla vaccinazione (è evidente la fatica che si compie nel distinguerla dal vaccino). Soprattutto, credo si sia capito, secondo me è importante mantenere una certa fermezza su queste “derive morali” dei vaccinomani. I no-vax ad oltranza sono in balìa di incantatori di serpenti e travolti da decine di anni di cretinate che gli sono state propinate da tutte le parti, non ultime quelle istituzionali. Ma i vaccinomani, che come posizione hanno “speriamo che passiate giorni in terapia intensiva voi che non vi vaccinate, così capite che siete merde” per me sono dei nemici, alla stessa stregua di quelle merde che cercano di infiltrarsi, e come loro spero e farò quello che posso perché in piazza al mio fianco non ci siano.
      Poi lo so che questa gente non la convinci con la scienza, l’analisi dei dati, la ragionevolezza, il richiamo ad una qualche forma di antipatia. Sarà questione di forza, come sempre del resto. In val di susa hanno degli studi avanzatissimi sull’inutilità del tutto, se non avessero avuto a sostegno il movimento con quegli studi potevano incartarci il pesce.

      • «Le “barricate di carta” funzionano solo se ci sono anche quelle vere.» (autocit.)

    • Scrivo qua per raccontare un aneddoto. Mio fratello lavora nella logistica per ditte subappaltatrici di SDA a Firenze. Io son stata precaria fino ai 40, adesso ricercatrice. Quel che vediamo in Italia e nelle piazze no vax ci fa orrore e non credo ci sia bisogno di aggiungere altro. Abbiamo assistito con costernazione all’assalto alla CGIL. Però vi confermo che da un piccolo scambio con mio fratello mi son resa conto che lui ha subito compreso (pur non essendo iscritto ai COBAS) che le manifestazioni hanno avuto un cambio di marcia. Dal suo osservatorio questo è molto chiaro: “Vediamo la settimana prossima è decisiva, la svolta no vax dei Cobas nei porti è effettivamente un aspetto da nn sottovalutare, la guida di un sindacato qualunque esso sia riesce a fare essere più efficace la protesta, poi come ho detto vediamo, aspettiamo la cosa comunque sembra evolversi, come? Nn si sa – Non lo so, mi sembra che si sia sottovalutato la cosa – C’ha una elaborazione lunga, mi sfugge qualcosa e il nostro settore rimane molto agitato” queste le sue parole. Lo scrivo a titolo aneddotico perché mi ha colpito la sua lucidità, rispetto a quel che leggo e sento a giro. Detto questo, posso dire che fra i miei colleghi la paura di ammalarsi a lavoro è tanta e la stragrande maggioranza delle persone vive il GP come uno strumento di tutela.

      • Ilaria, grazie della testimonianza, solo una piccola correzione: non c’è alcuna «svolta no vax dei Cobas», i Cobas – come noi qui – sono contro il lasciapassare, non contro il vaccino.
        «No Vax» è un’etichetta che molti anche in buonafede e non sdraiati sulle posizioni governative cominciano a usare per semplicità, come metonimia della lotta contro il pass, ma dobbiamo evitarlo, perché asseconda l’andazzo di omologare sotto l’epiteto «no vax» – che è un conio giornalistico fortemente connotato sul piano ideologico – posizioni anche diversissime tra loro, per poter scagliare l’epiteto contro chiunque dissenta.

        • Piccola nota nella nota.
          Da quanto mi risulta i Si Cobas sono stati l’unico sindacato di sinistra ad essersi opposto fin da subito all’obbligo vaccinale sui sanitari.
          Da notare che tale obbligo da aprile, o la forte persuasione, dal 27 dicembre, ha fatto sì che giovani venti o trent’anni, medici, infermieri o operatori sanitari si vaccinassero quando ancora vi era penuria di dosi e rubando il posto, come disse poi contraddittoriamente lo stesso Draghi dopo che fu promulgata la legge, alle categorie più fragili e quindi a maggior rischio di vita’, anziani, immunodepressi, etc.
          Questo per dire che vi è una retorica ed una propaganda a monte ed al di sotto della legiferazione non solo del greenpass, ma che riguarda anche i vaccini stessi.
          Anche di fronte a tali imposizioni, molti a sinistra hanno preferito seguire il coro degli Yes Man.
          Non voglio giudicare se l’obbligo al vaccino sia giusto o meno, ma rivendicare che è altresì necessario che ci si ponga almeno la domanda e che le eventuali risposte, in un senso o nell’altro, non siano date per scontate nel solco della propaganda..
          Detto questo più la sinistra inizierà a scendere in piazza su questi temi, e più l’equilibrio del viro/vaccino centrismo potrà essere raggirato ponendo anche altri temi, non da ultimo l’innalzamento vertiginoso del costo della vita che si andrà ad abbattere come sempre sul proletariato.
          In vista di questo, scalzare la destradalle piazze, come da voi sottolineato, ruota di scorta e spalladel sistema

          • “Da notare che tale obbligo da aprile, o la forte persuasione, dal 27 dicembre, ha fatto sì che giovani venti o trent’anni, medici, infermieri o operatori sanitari si vaccinassero quando ancora vi era penuria di dosi e rubando il posto, come disse poi contraddittoriamente lo stesso Draghi dopo che fu promulgata la legge, alle categorie più fragili e quindi a maggior rischio di vita’, anziani, immunodepressi, etc.”

            A integrazione di quanto detto da Lana_HK e soprattutto da Draghi, poi passato in cavalleria, i decessi che avremmo evitato se fossimo partiti fin da subito a vaccinare i fragili e gli anziani, anziché procedere inizialmente per categorie professionali (estese all’italiana), sono stati stimati tra 8.000 (Matteo Villa) e 11.000 (Maurizio Rainisio). Queste sono le due stime che conosco, ma potrebbero essercene altre.

            Ciò non significa che i lavoratori della sanità – quelli “veri”, quelli a contatto coi pazienti – non andassero inoculati per primi. La protezione degli operatori sanitari è sempre la priorità, perché i focolai in ambiente sanitario sono i più pericolosi. Ma una volta messi in sicurezza quelli, la bussola dev’essere la valutazione del rischio individuale.

            Quel che è certo è che c’è qualcuno che ha circa 10.000 morti sulla coscienza. E no, non è un no-vax.

            • Isver riesci a dirmi dove trovo queste proiezioni? Vedo che c’è anche un articolo di Fabio Chiusi sulla scarsa capacità del green-pass di incidere sulla vaccinazione ma non mi convince moltissimo, dati troppo aleatori.

              Avrei finito qui ma visto che non raggiungo il limite approfitto per correggere qualche refuso maligno: “questa gente non la convinci con la scienza, l’analisi dei dati, la ragionevolezza, il richiamo ad una qualche forma di antipatia” si intendeva “empatia” :-) o anche “un’insopportabile narrativa che contrapporrebbe l’altrismo dei vaccinomani all’individualismo dei novax” era “altruismo”.
              A che ci sono preciso che i casi sono due: o ho fatto il vaccino oppure no. In nessuno dei due casi ho una qualche superiorità morale dovuta a questa scelta.

              • Non ho capito il riferimento all’articolo di Chiusi.

                Comunque le stime sui morti causati dalla strategia vaccinale inizialmente sbagliata, le ho trovate sui social, che non linko. Un articolo di Villa a riguardo però si trova qui:

                https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/datavirus-vaccini-quei-due-mesi-persi-dallitalia-29603

                Non c’è il numero, ma immagino si trovi da qualche altra parte sul sito. Sicuramente si trova facendo una ricerca su Twitter. L’account è @emmevilla .

                Per la stima di Rainisio, invece, bisogna per forza… avventurarsi sulla sua pagina Facebook (La Peste). C’è un post del 13 settembre dove spiega come ha fatto la stima, ma i numeri sono in un post del 16.

        • Si ho molto presente la questione e inizialmente avevo pensato di correggere per evitare certi fraintendimenti. poi invece ho deciso di riportare fedelmente le parole usate perché mi è sembrato più interessante, più problematico. ho fatto io stessa questa obiezione e mio fratello che ha risposto: sì, certo.
          Non ho ancora avuto modo di parlarci a voce, ma capisco che, probabilmente per il suo osservatorio, ha un approccio differente dai miei colleghi: da me c’è feticismo sanitario, persone piuttosto preoccupate di tornare in presenza (siamo in smart working da marzo 2020), molti già ipocondriaci prima del COVID che plaudono ogni controllo come garanzia di tutela della propria salute.

    • La condizione di essere favorevole al vaccino comporta quanto meno un avvicinamento all’essere favorevole al green pass se si considerano ambedue (vaccino e green pass) manovre di tutela di salute comunitaria in una situazione di pandemia e di emergenza anche in aggiunta ad altre azioni di sviluppo sociale (eliminazione nelle scuole delle “classi pollaio”, cure domiciliari, rafforzamento strutture sanitarie ecc.). Comunque prendendo come assunto la separazione dei due temi, che ripeto mi è difficile da attuare in modo netto, si potrebbe proporre un’ulteriore riflessione che riguarda l’abolizione non tanto del green pass ma delle premesse che lo rendono classista.
      Più che no al green pass si potrebbe dire no alle condizioni che creano discriminazione, se non si è vaccinati, all’ottenimento del green pass: test pagati a carico dei cittadini (senza neanche differenziazioni di reddito) di un vaccino che non è stato reso obbligatorio dallo stato.
      Quindi si può introdurre anche la posizione di essere favorevoli al green pass abolendo le condizioni che pregiudicano il suo conseguimento. Alla domanda che molte reti streaming pongono “ma i cittadini vaccinati devono pagare i tamponi per i non vaccinati?” dico che la risposta è affermativa, perché il vaccino non è stato reso obbligatorio e in quanto facoltativo i non vaccinati devono poter usufruire della condizione alternativa che gli è stata posta come diritto.

      • Ma prima di tutto il resto, il green pass – o piuttosto il green pass obbligatorio in spazi già accessibili e condivisi, in particolare i luoghi di lavoro – fa schifo perché non ce n’era bisogno e non funziona.

        In praticamente tutti gli altri paesi del mondo, la copertura vaccinale ottenuta dall’Italia, anzi, più spesso una anche leggermente inferiore, non è affatto ritenuta bassa o tanto bassa da giustificare una guerra santa. E d’altra parte gli stessi ultravaccinisti ne evidenziano l’efficacia sbandierando i numeri attuali della pandemia. Delle due l’una: o “guardate, stiamo andando alla grande”, o “per colpa vostra non ce la faremo, merde”.

        Come incentivo alla vaccinazione, il green pass non sta funzionando. Come incentivo al tampone sì, ma dubito che lo scopo fosse quello, visto che non siamo neanche in grado di fare tutti i tamponi necessari.

        Quindi al limite avrebbe più senso unire il tema del green pass a quello della diagnostica, anziché a quello della profilassi. Però, appunto, la diagnostica per colpa del green pass rischia di andare in tilt, quindi il green pass non si salva neanche così.

  25. Gira voce che Enrico Montesano stia salendo a Trieste. Speriamo non sia vero. In subordine, speriamo che il coordinamento e i portuali non gli consentano di fare il suo consueto spettacolino, e tengano la linea «no ai personaggi mediatici che vengono qui a strumentalizzare la nostra lotta per farsi pubblicità». Montesano è un soggetto screditatissimo, il suo “magic touch” a rovescio infliggerebbe alla lotta un danno d’immagine peggiore di qualunque demonizzazione (perché la messa in ridicolo è ben peggio della demonizzazione). Idealmente, andrebbe accolto come il pubblico dell’Arena di Verona ha accolto Sgarbi e Al Bano qualche settimana fa.

    • E niente, Montesano è arrivato e ha fatto il blitz anche grazie a forzature di componenti interne della mobilitazione. Il suo magic touch al contrario avrà l’effetto di far calare una cappa plumbea di discredito su questa storia. Molti diranno: “avevamo ragione noi, ovunque è la stessa melma”, e negheranno che le dinamiche che abbiamo descritto fossero reali. Il copione è quello solito: le fantasie di complotto difendono il sistema. In una situazione così difficile e con la latitanza di troppi sedicenti anticapitalisti, a ogni momento in cui la lotta si allenta anche solo per tirare il fiato è probabilissimo un tremendo rinculo. Nemmeno questo però può rimuovere le contraddizioni, che continueranno ad acuirsi fino al prossimo momento di crisi. Men che meno questa merda può giustificare retroattivamente il lasciapassare, la gestione della pandemia e l’acquiescenza di troppi che dovrebbero contrastarla.

      • “Montesano è arrivato e ha fatto il blitz anche grazie a forzature di componenti interne della mobilitazione.”
        Mi sembra una lettura un po’ reticente della realtà. Montesano è stato accolto da Puzzer e dalla folla, e nemmeno un fischio o un buuu si è alzato ad osteggiare la sua presenza.
        Ora gira voce che sia lì pure l’ex generale dei carabinieri P4p4ll4rd0… Con uscite che mi rifiuto di riportare qui.
        Le contraddizioni ci sono e i compagni che ci hanno provato hanno la mia stima.
        La lotta al lasciapassare non può essere discreditata da questi personaggi, ma forse andrebbe chiamata anatra l’anatra, perché si muove sempre più come un’anatra, e starnazza proprio come un’anatra.

        • Nessuna reticenza, il commento era a caldissimo e basato sull’unico dato che Montesano stava arringando a modo suo al varco del porto, senza che mi fosse noto nessun dettaglio. Non ho ancora un resoconto di tutta la vicenda ma è chiaro che Puzzer – e non solo lui – ha responsabilità di quello che è accaduto. Lo stanno dicendo anche i nostri contatti triestini.

          • Confermo che Puzzer ha responsabilità diretta nella visibilità ottenuta da Montesano e anche nel fatto di avere, a margine di questo, dato il microfono a un paio di interventi contro i vaccini fatti da personaggi venuti da fuori città, a me sembra con Montesano stesso. Questo in un contesto in cui si è tentato di limitare al massimo l’apertura del microfono a chiunque, indicazione che ieri aveva impedito a Tuiach di prendere la parola – causando la sua reazione contro un compagno –, ma che oggi in quel contesto è saltata. E su questo mi dicono che Puzzer viene chiamato a rispondere, purtroppo quando i buoi sono già scappati.
            Di contro la ribalta di cui ha goduto Montesano ieri era stata negata a Paragone e oggi a Pappalardo. Con Montesano ho l’impressione che tra i portuali che stanno tenendo il blocco non ci sia stata consapevolezza della strumentalità della sua presenza, ma anche la personalizzazione mediatica su Puzzer deve aver giocato.

            • Questo aspetto della visibilità mediatica di Puzzer è ovviamente problematico a questo punto e se ne discute parecchio, tra i portuali stessi, nel coordinamento, tra le compagne e i compagni. Si accompagna in parte agli aspetti caratteriali e politici del personaggio, in parte alla sua effettiva rappresentatività in porto, limite che, come sottolineavo già due giorni fa, lui stesso riconosce.
              Nello stesso commento menzionavo l’altro aspetto che ora sarebbe importante che riesca a riemergere: mi riferisco al fatto che la mobilitazione è partecipata da molti lavoratori e lavoratrici di altre realtà produttive – Wartsila, insegnanti, ferrovieri, Vigili del Fuoco, Asugi, Triestetrasporti, Flex. Di queste ultime due è da notare che l’azienda di trasporto pubblico sta lanciando allarmi sul rischio di non poter garantire da lunedì la regolarità delle corse, mentre i dipendenti della Flex erano presenti ieri grazie all’indizione dello sciopero nella loro azienda delle RSU della Fiom.
              La centralità assunta dalla mobilitazione dei portuali, oltre a non garantire da oggi l’effettività dello sciopero nello scalo, sta rischiando di mettere ai margini della narrazione mediatica questi lavoratori, che però continuano ad essere presenti, a discutere e soprattutto a tentare di capire come andare avanti al di là della scadenza immediata. Perché stringi stringi il nodo è questo: l’adesione di queste componenti è strettamente materiale e riguarda la conservazione del proprio diritto al lavoro.

              • “La teoria e la pratica del culto della personalità, estranee allo spirito del marxismo-leninismo, hanno recato un danno notevole al lavoro di partito sul piano organizzativo e su quello ideologico. Esse menomavano la funzione delle masse popolari e del partito, la direzione collegiale, minavano la democrazia interna del partito, soffocavano l’attività dei compagni, la loro iniziativa ed autonomia, favorivano l’assenza di controllo, di responsabilità, e, perfino, l’arbitrio nel lavoro di singole persone, impedivano lo sviluppo della critica e dell’autocritica, e portavano a soluzioni unilaterali e talvolta anche errate dei singoli problemi”.
                Suslov, XX congresso del PCUS, citato in “Waldemar Gurian – Introduzione al comunismo”, Cappelli, Bologna, 1958.
                Non conosco Puzzer, ma leggendo i resoconti di Albolivieri e di altri, e pensando al blitz di Montesano, sono andato a ripescare vecchie letture che rimuginavano confuse nella testa. Non so se c’entrano davvero qualcosa con la situazione triestina, però (fatte ovviamente le debite proporzioni) sono emblematiche, credo, di come se e quando si lascia tutto nelle mani di un singolo rappresentante (magari in buona fede), le forze possono scemare fino a spegnersi.
                L’azione a Trieste non si è certo spenta (leggevo che è previsto un incontro a Roma), ma forse una ricalibrazione dei metodi sarebbe opportuna.

                • Vabbe’, non c’è bisogno di togliere le bende alle mummie :-) La mobilitazione cittadina di Trieste non ha mai espresso culto della personalità per nessuno, è come tutte le ondate di conflittualità sociale di questi anni – con le dovute distinzioni: dai Gilets Gialli a ritroso verso i moti contro la Loi Travail fino a Oaxaca, a Taksim ecc., oppure in avanti fino a tutte le altre piazze di questi mesi – una lotta che non esprime leader visibili. Puzzer è emerso quando la mobilitazione si è incanalata nello sciopero dei portuali dopo l’annuncio che il 15 si sarebbe bloccato il porto, ma non è mai stato percepito come leader del coordinamento, è un portavoce di una sua componente, il CLPT. Poi sono successe varie cose: Puzzer è stato/si è sovraesposto mediaticamente, i giornalisti pendevano dalle sue labbra e la Digos lo teneva sotto pressione, e col fatto che la situazione al varco 4 è magmatica e incontrollabile lui si è concesso alcune fughe in avanti. Una è passata in cavalleria, quella su Montesano, l’altra invece, di qualche ora dopo, non gli è stata proprio perdonata, come racconta Olivieri qui sotto. All’improvviso Puzzer ha annunciato ai giornalisti che il punto era segnato e dunque si smobilitava. Subito è partita un’assemblea durante la quale è stato duramente attaccato e ha dovuto ritrattare. Ha chiesto scusa a voce, in quel frangente, e per iscritto, su FB. Ora il suo ruolo sembra un bel po’ ridimensionato, vedremo.

  26. [1/3] Contrariamente a ciò che scrivevo l’altro ieri, alla fine mi sono presentato alla protesta di ieri, anche se non dalla prima mattina.

    Qualche nota etnografica senza pretesa di completezza. Era una manifestazione generalmente allegra e persino goliardica, benché a mio avviso confusionaria nei contenuti e negli slogan. Per me era una piazza strana: nessuna bandiera rossa, nessun sindacalista noto, pochissimi i compagni “che non mancano mai”.

    Mancava però il clima angosciante e ringhioso delle manifestazioni fasciste e dei cortei ultras – ma anche dei comizi di Salvini o Meloni. C’era cibo, acqua, vino e birra in abbondanza (e gratis per tutti), si scandivano cori con un tono – almeno finché ci sono stato io – fermo ma mai aggressivo, tranne nei momenti di tensione con la stampa.

    Della presenza e del protagonismo dei fasci si è già parlato. Pochissimi volti a me noti della sinistra cittadina; quanto ai compagni presenti, perlopiù anarchici e disobbedienti, mi sono sembrati ai margini della manifestazione: il timone era saldamente in mano ai portuali. Sul Piccolo (il quotidiano cittadino) si legge che qualcuno del CLPT abbia chiesto al microfono di «allontanare i comunisti» e che la manifestazione non fosse né di destra né di sinistra. Se la seconda esternazione ormai è un luogo comune, la prima mi lascia l’amaro in bocca.

    Un abbozzo sociodemografico. Al contrario di ciò che afferma Andrea Olivieri, ai miei occhi risaltava l’età media piuttosto avanzata dei manifestanti, con giovani non assenti ma sicuramente scarsi; non mi è sembrato di scorgere rappresentanti di organizzazioni studentesche; presenti famiglie con bambini; molti pensionati. La composizione di genere era diversa: tra i partecipi mista, segno che il corteo era davvero un’espressione della società triestina, tra i portuali quasi esclusivamente maschile (ma non è una novità). Molte persone venute da fuori. Ho sentito parlare solo italiano (o dialetto) né ho intravisti stranieri, altro dato interessante.

    Potrebbe essere però che la diversità di profili sociodemografici riscontrati sia dovuta non solo alla parzialità dell’osservazione individuale ma anche all’orario (tarda mattinata-pomeriggio) in cui ho presenziato.

    C’erano rappresentanze di lavoratori di altri comparti, tra cui i sociosanitari “ribelli”, i vigili del fuoco, gli autotrasportatori.

    • Scusa, per il momento solo una nota di metodo: all’inizio dici che quel che scrivi è frutto della tua osservazione diretta, per quanto parziale e momentanea. Ok. Però poi evochi una fonte secondaria di cui ci fai un tuo sunto:

      «Sul Piccolo (il quotidiano cittadino) si legge che qualcuno del CLPT abbia chiesto al microfono di “allontanare i comunisti” e che la manifestazione non fosse né di destra né di sinistra.»

      Se io leggessi una roba così sul Piccolo mi chiederei: chi l’ha chiesto? Uno rappresentativo o uno che ha approfittato del microfono aperto? Ha detto proprio così? Se l’è cagato qualcuno? I comunisti sono stati allontanati?
      Tu invece concludi subito:

      «Se la seconda esternazione ormai è un luogo comune, la prima mi lascia l’amaro in bocca.»

      [Trovo anche ambigua la frase: «Della presenza e del protagonismo dei fasci si è già parlato.» Sì, se n’è parlato per far notare che la presenza era irrilevante e il protagonismo non c’è stato. Ma se tu scrivi così, fai sembrare che invece fossero presenti e protagonisti. Che io sappia, l’unico momento di protagonismo di un fascio è stato quando Tuiach ha dato un pugno in faccia a un compagno.]

      Sul resto, con calma.

      • Ti rispondo brevemente.

        Quanto alla nota di metodo, ho effettivamente assunto che il Piccolo non abbia distorto o alterato la fonte. In ogni caso, mi è sembrato significativo quantomeno che qualcuno abbia sentito il bisogno di pronunciare al microfono una frase del genere, quando di presenza comunista non c’era nemmeno l’ombra (se non nella persona di singole compagne e compagni, ma non identificabili come tali).

        Sul protagonismo dei fasci, hai ragione sulla terminologia: intendevo dire «i tentativi di protagonismo», menzionando quanto scritto in altri interventi in questo thread. Non ritengo in ogni caso la presenza dei fasci irrilevante: numericamente scarsa, ma si vedevano. L’episodio di Tuiach mi pare scandaloso e assai grave in una manifestazione altrimenti pacifica. Va be’, sono note a margine.

        • «mi è sembrato significativo quantomeno che qualcuno abbia sentito il bisogno di pronunciare al microfono una frase del genere»

          Sì, ma in una mobilitazione di massa di migliaia di persone perché trovi così significativo quello che (presuntamente) ha detto una persona di cui peraltro non sappiamo niente? Voglio dire: perché ridurre le cose all’aneddoto quando poi tu stesso ammetti che la mobilitazione è di massa, articolata, complessa, con un “noi” plurimo e istanze anche materialiste, e con possibilità che faccia un salto di qualità?

          Tra l’altro, se restiamo all’analisi di classe, un proletario in lotta può anche essere (o credersi) anticomunista sul piano della coscienza individuale – magari perché identifica i “comunisti” con il centrosinistra che ha sempre fatto gli interessi dei padroni e addirittura con il PD che oggi in Italia è il partito più classista e difensore dello status quo neoliberale – e però resta un proletario in lotta che per il solo fatto di essere lì coi suoi colleghi, intento a opporsi a una misura discriminatoria, sta maturando e in parte già esprimendo una coscienza di classe. Quindi, davvero non capisco perché un aneddoto del genere debba avere qualche peso.

          • “con il PD che oggi in Italia è il partito più classista e difensore dello status quo neoliberale”

            E non solo. Chiedo scusa per l’OT, ma in queste ore di ammucchiata antifascista pelosa, è significativo. Il comune di Adria ha revocato la cittadinanza onoraria a Mussolini – senza fretta, mi raccomando… – col voto contrario dell’unico consigliere comunale del PD, per cui era una scelta inutilmente divisiva.

            Ora, lasciamo perdere per un attimo che dividersi tra chi è onorato di essere concittadino di Mussolini e chi non lo è, non può mai essere inutile. Ma in un comune del Veneto con un unico consigliere comunale del principale partito dell’area identificata come sinistra, se la maggioranza del consiglio vota a favore, quanto potrà mai essere divisiva una proposta?

            Il problema è che questi qui tracciano linee rette ovunque, asfaltando – anche letteralmente – tutto quello che c’è in mezzo. Tranne dove dovrebbero.

            Poi pretendiamo la purezza ideologica dai portuali.

  27. [2/3]

    Passando all’analisi – probabilmente manchevole a causa della prossimità temporale ed emotiva all’evento e alla limitatezza dell’osservazione – la piazza triestina mi pare incentrata tutta sull’opposizione tra un noi plurimo e un nemico esterno identificato con il governo ma anche «chi sta zitto», «gli altri», «chi è in alto», con obiettivi variamente declinabili (la «libertà» che tanto si scandiva nei cori) e al “minimo comune denominatore” (oltre all’opposizione al green pass che cosa si vuole?).

    Credo che la definizione di diciannovismo si attagli bene al movimento triestino. Un amalgama cioè di rivendicazioni di classe e populiste, irrazionali e insieme materialiste, toni sia progressisti sia regressivi. È il frutto di una piazza nata dal basso, di composizione sociale mista ma in buona misura piccoloborghese, non guidata da un’avanguardia in senso leninista ma al massimo da un gruppo organizzato e combattivo (i portuali) eppure non ancora in grado di spostare il terreno del conflitto da un’istanza singola (il green pass) alla critica sistematica.

  28. [3/3]

    Si è tentata su questo spazio l’analogia con il movimento No Tav. Ecco, per fare un paragone le piazze triestine sono ancora come un movimento “di quartiere” limitantesi alla pura opposizione al treno, senza tutto il bagaglio di critica antisistemica, ecosocialista e alternativa che può vantare il movimento No Tav.

    Elementi per un salto dialettico alla critica sistemica ci sono: forti dell’aver bloccato un ganglio della distribuzione internazionale (che nell‘Europa deindustrializzata è come fermare la produzione), i portuali potrebbero saldare la loro lotta a quella dei lavoratori Flex (a Trieste) contro la delocalizzazione e i contratti capestro e la GKN per esempio, potrebbero pretendere il salario minimo ecc.

    Resto però dell’idea che finché non si opporrà fermamente alla presenza di fasci, idioti alla Paragone e complottisti vari, e finché non tenterà di agganciarsi alle altre lotte (la già menzionala GKN), il comitato dei portuali resterà sospeso tra due piani diversi. Si tratta ora di scegliere una lotta anticapitalista o se fare le veci del M5S e dei vari attori populisti che hanno infestato la scena politica negli ultimi decenni. A mio avviso manca ancora cioè la sintesi finale auspicata da WM1 in un commento all’inizio.

    [I lettori di Giap mi perdonino la prolissità. Più sopra sono stato rimproverato di essere impreciso; purtroppo la necessità di tagliare i paragrafi aveva pregiudicato la chiarezza. Non essendo in grado di ridurre più di così, mi è toccato scomporre il commento in tre post]

  29. Mentre nel resto d’Italia è passata (anche grazie alle scelte redazionali stolide di certi media “di movimento”) la vulgata che ieri il porto ha continuato a funzionare come niente fosse, oggi Il Piccolo – che essendo il giornale cittadino non può negare la realtà fino a quel punto – titola:

    «Sciopero al Porto di Trieste, le ricadute: attività ridotte, navi deviate e crocieristi in Porto vecchio».

    L’articolo comincia così:

    «Fuori gli slogan e i fumogeni dei manifestanti, sui moli l’assenza del rumore metallico che normalmente scandisce la giornata del porto. Dentro i varchi la vita va avanti al rallentatore. Il lavoro in banchina procede a ritmo ridotto e in alcuni casi le navi hanno girato il timone verso altre destinazioni. Molti sono rimasti a casa: per adesione allo sciopero o mettendosi in ferie per evitare rogne all’ingresso.»

  30. Stavo per postare un commento arrabbiato contro chi, in questa mattinata, ha scritto commenti retorici pro green pass a partire dal discorso vaccini, come se le due cose fossero collegate. Ma mi sono trattenuta, anche per la mozione d’ordine di WM.
    Preferisco raccontare la realtà che si è ormai consolidata all’interno della grossa biblioteca universitaria in cui lavoro, visto che il lasciapassare è qui in vigore da un mese e mezzo.
    – Controllo del gp all’ingresso da parte del personale di cooperativa adibito alla guardiania, con un sovraccarico di lavoro enorme, ovviamente senza aumento di retribuzione
    – Suddetto controllo all’ingresso è per tutte/i: studenti e studentesse, personale universitario (docente e non), personale esterno. Nei giorni particolarmente pieni, studenti/esse sono controllate/i a campione.
    – Utilizzo, all’interno della biblioteca, di un’applicazione per prenotare le postazioni numerate per studiare. Ogni prenotazione dev’essere convalidata tramite QRcode al momento dell’ingresso nella biblioteca. Se per caso prenoti un’ora e vuoi fermarti tre ore, devi effettuare una nuova prenotazione e convalidarla. Se per caso prenoti un posto senza PC e hai bisogno del PC, devi annullare la prima prenotazione, farne una nuova a PC e convalidare quella nuova. Tutto questo anche quando la biblioteca è mezza vuota.
    – Controllo periodico da parte dei bibliotecari/e delle postazioni, con richiesta a studenti e studentesse di mostrare il numero di prenotazione, oltre al controllo delle mascherine correttamente indossate. Non serve essere studiosi/e di sociologia o etologia o chennesò per intuire che molte/i colleghi/e abusino di questo “potere”, con una passeggiata per controllare che ha tutta l’aria della ronda.
    – Aumento delle sospensioni per i ritardi nelle restituzioni (giustificato con l’emergenza, non si capisce con quale motivazione); aumento della burocrazia per i moduli laureandi o utenti esterni o chicchessia.
    – Ovviamente code all’ingresso dell’università (primo varco) e code all’ingresso della biblioteca (secondo varco); code per le lezioni e code per i turni in biblioteca.
    – Nessuna apertura, da parte dei vertici, a garantire il servizio di prestito e restituzione a chi non possiede il gp. È d’obbligo dire che a pochissimi/e colleghe/i questo discorso preme.
    – Da ieri, possibili controlli a sorpresa al personale di guardiania da parte della Digos.
    Questo è il mondo col green pass, giustificato dall’emergenza. E probabilmente sto dimenticato qualcosa a cui, mio malgrado, mi sono già assuefatta.

  31. borlots, il green pass è uno schifo. Te lo dice uno di quei “vaccinomani” che gli importa solo di “proteggere se stessi e quelli della loro cerchia”, come dicono scientemente gli scienziati sociali: uno che fa parte di quell’80% di persone che si sono vaccinate. L’80% che basterebbe per fare “come la Danimarca”, ma invece viviamo in un paese le cui politiche sono condizionate dagli interessi degli industriali e dalla sfiducia nelle persone. Non ho scritto niente a favore del green pass. Mai. Ho scritto che secondo me chi ha urgenza di protestare contro il green pass sono soprattutto quelli che per motivi loro hanno scelto di non vaccinarsi. Scelte individuali. A queste persone mi va di dire che hanno fatto, secondo me, la scelta sbagliata (ma questo è fuori luogo, quindi fine del discorso). Poi posso anche sbagliarmi e magari le proteste di questi giorni avranno un’evoluzione per me insttesa. Vedremo, speriamo.

    • Però i portuali di Trieste non vaccinati sono il 40%, mentre quelli che scioperano contro il green pass sono l’ 80%. Lo stesso Puzzer ha detto pubblicamente ieri di essere vaccinato. Ora Puzzer è un cazzone per vari aspetti, ma è un cazzone vaccinato. Il motivo per cui scioperano quasi tutti, vaccinati e non, è che con il loro fiuto operaio, fiuto che possiedono anche gli operai fascisti o leghisti, eh, hanno capito che si tratta di un dispositivo che colpisce tutti, e soprattutto di un dispositivo che prefigura un metodo di governo del lavoro ancora più dispotico di quello attuale.

      Aggiungo un’osservazione su questa faccenda dell’esecranda libertà personale. Anni fa un vecchio operaio mi raccontava che nel ’69 la prima vertenza nella sua fabbrica era stata contro il tentativo padronale di ridurre i tempi della pausa per la pisciata. La libertà individuale di gestire la propria vescica, insomma. Un domani che spero vicino, gli studenti potrebbero cominciare a manifestare in piazza per chiedere di potersi alzare dal banco per qualche minuto a sgranchirsi le gambe. Sono due anni che i nostri corpi per diverse ore al giorno sono limitati nei loro movimenti in modi irragionevoli e logoranti, fisicamente e psicologicamente. Io credo che per molt* il rifiuto del vaccino sia al fondo una forma di ribellione a questo disciplinamento, che poi viene razionalizzata, in mancanza di altro, con le “teorie” strampalate che si trovano a disposizione.

  32. Questo mi pare importante segnalarlo, sorpattutto la frase conclusiva (il video di cui si parla è quello in cui un lavoratore di Genova interviene in una di queste trasmissioni spazzatura)

    Collettivo Di Fabbrica – Lavoratori Gkn Firenze

    Noi conosciamo i portuali di Genova, il Calp Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali. I portuali di Genova sono la nostra famiglia. Di loro ci fidiamo. Ci fidiamo del loro antifascismo. Un antifascismo doc, storico, vero, radicato, serio, costante, partigiano.
    Dentro la nostra famiglia si discute e si può avere anche posizioni diverse. Noi però siamo sicuri che dentro la nostra famiglia concetti come responsabilità collettiva e sicurezza sul lavoro sono usati correttamente e non come spot o peggio come clava per colpevolizzare e penalizzare il mondo del lavoro.
    Governo e Confindustria, per quanto ci riguarda, non hanno invece la credibilità di entrare nel merito di questi concetti. Nè possono pensare di scaricare sul mondo del lavoro il disastro della gestione pandemica.
    In questo video parla la nostra famiglia e lascia chiaro un concetto importante: nei luoghi di lavoro la misura è colma.
    Il rischio è che il disagio profondo che si vive si scarichi esclusivamente sul tema green pass sì, green pass no. Invece tale discussione va riportata al centro di un programma complessivo che tocchi temi come appalti, delocalizzazioni, salari, licenziamenti, precariato, pensioni, sicurezza sul lavoro, sanità pubblica.
    Se oggi in Italia il mondo del lavoro rischia di essere attraversato quindi da logiche divisive e lo scontento rischia di scaricarsi interamente sulla questione del green pass, la colpa per quanto ci riguarda sta in capo a chi ad oggi si rifiuta di prendere in considerazione una lotta aperta, a tutto campo, con lo sciopero generale, per unificare le lotte e dare a questo profondo scontento uno sbocco organizzato e di classe.
    Se non ti organizzi per insorgere, non ti lamentare se chi insorge non lo fa secondo i tuoi canoni. Noi #insorgiamo e ripartiamo dalla manifestazione del 18 settembre

    • “Se non ti organizzi per insorgere, non ti lamentare se chi insorge non lo fa secondo i tuoi canoni.”

      Le bacerei sulla fronte, le operaie e gli operai della Gkn che hanno scritto questo comunicato limpido e che rifiuta lo scarico di responsabilità verso il basso e il divide et impera.

      • però è da notare che si riferiscono a quelli di Genova e che parlano specificamente di discriminante antifascista, magari non c’è l’impera ma il divide c’è eccome: i fascisti FUORI. Montesano, Paragone e Pappalardo se vanno ai cortei della Gkn rischiano gli schiaffoni, a Trieste no.
        Con questo non voglio sminuire la bella lotta dei portuali e degli altri lavoratori triestini che per 24 ore hanno fatto cacare in mano il governo e i suoi scherani. Ma non mi pare si possa parlare di piazza antifascista come a Genova, a Firenze o anche in realtà locali più piccole come Busto Arsizio o Catania dove contro il green pass si muovono comunisti, spazi sociali, anarchici e gente cui i fasci fanno proprio schifo.
        Inoltre loro dicono che il problema non è solo il greenpass in sé, e io li bacerei in fronte per questo.
        è interessante il resoconto vostro e di Albolivieri che seguite Trieste sul campo con tutte le contraddizioni, ma appunto non stiamo parlando di Genova o Firenze come composizione della piazza. Che poi sia bene starci dentro, è una scelta che va fatta in maniera ponderata e senza una mentalità binaria, ma diosanto (per fare un esempio romano) la presenza di Fiore non dovrebbe essere tollerata. Io almeno mi sentirei in forte disagio.

        • Sono esausto, ho anche appena fatto una presentazione de La Q di Qomplotto, però prima di staccare ci tengo a ricordare, solo per la precisione, che al presidio triestino a Paragone e Pappalardo è stato impedito di parlare al microfono. Se ne sono andati alquanto incagati, la visibilità che hanno avuto l’hanno avuta per iniziativa dei giornalisti che, ai margini dell’evento, si sono accalcati per riprenderli e intervistarli. Purtroppo a Montesano, invece, è stato steso il tappeto rosso, e questo è indicatore di grossi problemi, ma del resto, che ci fossero grossi problemi lo sapevamo già.

          La discriminante antifascista c’è chi, sul campo e per settimane e settimane, ha fatto tutto l’umanamente possibile per mantenerla, in una situazione tumultuosa e caotica. È facile dirlo da lontano, “prendete a calci i fascisti”. Tu lo sai, ad esempio, che al nord una grossa percentuale di operai tesserati FIOM vota a destra? Eppure è gente che magari fa lotte molto dure. Lo capisci quanto sono difficili le situazioni, out there in the real world, dove le semplici petizioni di principio sono buone forse solo per pulirsi il culo, dove da decenni il termine “sinistra” è generalmente associato a classismo, salotti, editoriali di Repubblica e peana per l’impresa e i padroni? Pensi che in un contesto così sia facile muoversi?

          • io non capisco perché ogni osservazione su Trieste viene vista come voler sminuire la protesta. c’è una composizione che mi pare mostrare un mescolamento di varie componenti, e ho anche scritto che è giusto stare in piazza come fate voi e che mi interessa leggere i resoconti pubblicati qui. però sembra quasi che per partito preso la protesta di Trieste sia buona e avanzare anche qualche osservazione sia disfattismo. la discriminante antifascista la fanno quelli della GKN, e io sono con loro anche nella vita reale, e parlando di situazioni locali:
            ieri a Milano il corteo aveva una componente di anarchici maggioritaria, che guidava il corteo.
            per rispondere a wuming1 su “è facile parlare da fuori”: a Palermo ieri in piazza sono scese 100 persone a un sit in organizzato dalla Fisi sindacato nuovo guidato da gente vicina a Casapound. non mi sono neanche avvicinato. a ottobre scorso invece furono i centri sociali a protestare contro il DPCM e lì ero presente. in quel caso ci fu una nettissima presa di posizione antifascista infatti le piazze furono due: quella dei padroncini e ristoratori guidata dal forzanovista Ursino (in prima fila con Fiore e Castellino a Roma) e quella dei centri sociali. nessuna commistione, e una pratica di lotta urbana e azione diretta molto coraggiosa come mostra questo video https://gds.it/video/cronaca/2020/10/28/dpcm-pomeriggio-di-proteste-a-palermo-manifestanti-in-piazza-contro-le-chiusure-diretta-video-e7136453-8c06-4d79-8a2b-1b0b70cb267a/

            comunque visto il clima qui dentro eviterò di commentare ulteriormente. il commento di Isver usa un linguaggio da setta, i debunkerini, i compagni segugi di twitter, non mi pare di essermi espresso così e soprattutto non ho idea dei discorsi su twitter. questa è una brutta deriva da social che vedo spesso nella vita reale, parlare con qualcuno proiettando su di lui i discorsi letti sui social.
            c’è troppo investimento emotivo sulla protesta di Trieste qui su giap e mi pare impossibile discutere. buon proseguimento

            • «io non capisco perché ogni osservazione su Trieste viene vista come voler sminuire la protesta»

              Forse perché il tuo primo commento faceva esattamente questo, con un incipit tranchant che peraltro, fidandosi di fonti non adeguate, affermava il falso.

              «sembra quasi che per partito preso la protesta di Trieste sia buona»

              Mah, è l’esatto contrario, noi critichiamo la pretesa che debba essere “buona” e il trarre conclusioni semplicistiche dal fatto che non lo sia, e dall’inizio rimarchiamo le contraddizioni.

              «non mi sono neanche avvicinato.»

              Hai fatto bene. Ma quello è il caso di un soggetto esterno alla contraddizione, che dunque può decidere agevolmente cosa fare o non fare. Riporto invece tutt’altro caso, riproponendo qui quanto ho scritto anche sopra:

              «Un operaio antifascista non può (e secondo me non glielo si può chiedere), in base a una petizione di principio, cacciare via un suo collega che sciopera come lui, subisce la stessa condizione, magari è iscritto allo stesso sindacato… ma vota Meloni. Non fosse perché, anche dopo lo sciopero, con quel collega dovrà farci ancora turni assieme, ingoiarci rospi assieme.»

              Il ragionamento prosegue nel commento sopra, in un altro sottothread.

              «c’è troppo investimento emotivo sulla protesta di Trieste qui su giap e mi pare impossibile discutere.»

              Direi invece che si cerca di seguirla da vicino, consci delle difficoltà e della sua natura contraddittoria, anziché guardarla da lontano e in modo astratto, cercando di applicarvi schemi pregressi, avanzando pretese, emettendo verdetti. E direi che, benché a te paia impossibile, tutti stanno discutendo.

            • “il commento di Isver usa un linguaggio da setta, i debunkerini, i compagni segugi di twitter, non mi pare di essermi espresso così e soprattutto non ho idea dei discorsi su twitter.”

              Ho risposto direttamente a te solo sulla nota a margine relativa alla manifestazione del 2011. Il resto era una considerazione generale sul clima di caccia alle streghe a sinistra, altro che settarismo.

              Il linguaggio è quello di un operaio metalmeccanico comunista che vede minacciate persone con cui ha condiviso la vita in fabbrica negli ultimi 15 anni, compreso il rischio Covid dell’ultimo anno e mezzo, con protocolli di sicurezza di cortesia, che consistevano in strisce di nastro adesivo giallo attaccate qua e là e la raccomandazione di non assembrasi alle postazioni di lavoro. Poi però se fai scarti perché hai aspettato il tuo turno, come funziona? Chiudono un occhio? Tanto ne basta uno per mandarti una lettera di contestazione.

              Prima, vaccinati zero, rischio pure. Se lo dite voi… Adesso, vaccinati oltre l’80% (in fabbrica), rischio… 100%? Ennò. I numeri che sta facendo la variante Delta con questa copertura vaccinale ce li avete davanti agli occhi. Su queste basi, togliere lo stipendio a quattro poveri cristi, per quanto possano essere scemi, per me non è accettabile. E se la maggioranza dei compagni pensa di sì, buona vita a tutti. Ma compagno non vuol più dire un cazzo.

        • “Dentro la nostra famiglia si discute e si può avere anche posizioni diverse. Noi però siamo sicuri che dentro la nostra famiglia concetti come responsabilità collettiva e sicurezza sul lavoro sono usati correttamente e non come spot o peggio come clava per colpevolizzare e penalizzare il mondo del lavoro.
          Governo e Confindustria, per quanto ci riguarda, non hanno invece la credibilità di entrare nel merito di questi concetti. Nè possono pensare di scaricare sul mondo del lavoro il disastro della gestione pandemica.”

          Peccato solo che se i compagni segugi di Twitter dovessero trovare la smoking gun negazionista/no-vax anche ravanando nella storia personale di un sedicente o presunto leader dei portuali di Genova, diventerebbero merda pure loro e questi che li esaltano.

          Anche perché – ragionando da debunkerini – cos’altro è quella concessione sulle posizioni diverse, se non un’apertura ai no-vax, ovvero in ultim’analisi al fascismo? Via, cassati anche quelli della GKN. Maledetti impostori!

          By the way, piazza sensata quella del 15 ottobre 2011 a Roma? Forse ricordo male io, ma mi pare che per i due mesi successivi si sia parlato solo der Pelliccia. Dopodiché i movimenti hanno lasciato spazio al rigor mortis. Non c’ero e non giudico, ma mi pare un modello un po’ sfigato.

          • “Peccato solo che se i compagni segugi di Twitter dovessero trovare la smoking gun negazionista/no-vax anche ravanando nella storia personale di un sedicente o presunto leader dei portuali di Genova, diventerebbero merda pure loro e questi che li esaltano.

            Anche perché – ragionando da debunkerini – cos’altro è quella concessione sulle posizioni diverse, se non un’apertura ai no-vax, ovvero in ultim’analisi al fascismo? Via, cassati anche quelli della GKN. Maledetti impostori!”

            Dai che manca solo un piccolo passo. E’ già spuntato il video dei poliziotti che portano solidarietà ai portuali di Genova. Che quindi sono già diventati tutti fasci. E cos’è chi esalta i fasci? Ti conosco, mascherina… che non indossi, negazionista! Prossimamente su quegli schermi (deformanti): “Come ti trovo la merda sui profili degli operai della GKN”, di (uncredited) Mario Draghi.

  33. Ciao, vorrei segnalarvi il seguente testo, perché l’ho trovato condivisibile:
    ne sto infatti vedendo / sentendo, di persone intelligenti, sfruttare il caro vecchio i “i problemi sono altri” per non voler vedere cosa sta succedendo.
    Ma la paura è il desiderio di riprendere a consumare come prima (in quella normalità di cui si atteggiavano a critici) vincono sull’intelligenza, evidentemente.”
    Il green pass sta facendo cadere la maschera di tutti i rivoluzionari a parole. Ho visto sedicenti antifascisti attendere con trepidazione il fallimento di uno sciopero. Ho visto compagni schierarsi al fianco di Draghi e Confindustria. Li ho visti affermare che i problemi reali sono altri e non il Green Pass.
    Bhe, io questi rivoluzionari non li ho visti promuovere scioperi, organizzare presidi contro tutti gli altri problemi ben più seri, non li ho visti intenti a risolvere tutti gli altri problemi.
    Sicuramente il Green Pass è uno dei problemi non è IL problema. Ma è il problema che sta portando in piazza da tre mesi centinaia di migliaia di persone, sta portando migliaia di lavoratori a scioperare, a ribellarsi, a opporsi al governo Draghi.
    Ma ci sono le morti sul lavoro, il carovita, la devastazione ambientale, i licenziamenti, lo sblocco degli sfratti. Tutto vero. E poi c’è anche la mobilitazione contro il green pass.

    Se cercate un movimento puro non lo troverete.
    Non lo hanno trovato i bolscevichi quando aderirono alle mobilitazioni guidate dal Pope Gapon, eppure nel 1917 hanno guidato la classe operaia alla vittoria e dato vita al primo paese socialista della storia dell’umanità. E sono riusciti a farlo perché avevano capito che il movimento popolare è contraddittorio e che ogni spinta alla mobilitazione va sostenuta, organizzata, raccolta e orientata ad andare oltre il singolo problema contingente, a individuare il nemico di classe, a costruire un pezzo alla volta la fiducia nella propria forza e nella capacità di sottrarre la direzione ai padroni e dirigere la società. Sì, anche le lotte che sembrano di retroguardia, vanno valorizzate (i bolscevichi per creare organizzazione nelle loro fabbriche valorizzavano pure le lotte per avere il the sul lavoro, per dire).

    Bollare per fascista tutto ciò che non vi siete presi nemmeno la briga di conoscere è un atteggiamento supponente, da coglioni.

    Attendere che uno sciopero fallisca è quanto di più reazionario ci possa essere.

    Mettere in contrapposizione una lotta per risolvere un problema ad altre lotte contro altri problemi, anziché trovare i modi e le forme per fare confluire tutto nello stesso fiume che deve spazzare via i padroni, è atteggiamento perfetto, se si vogliono consegnare le masse alla mobilitazione reazionaria.

    Dopo il Biennio Rosso abbiamo avuto il ventennio fascista, non perché i lavoratori che hanno partecipato alle grandi lotte di quegli anni fossero tutti reazionari, ma perché i compagni di allora non hanno saputo incanalare la combattività della classe operaia verso la presa del potere. Il riflusso di quel movimento, forte, combattivo si è incanalato nella mobilitazione reazionaria, perché dava risposte (sbagliate, ma le dava) ai problemi che le masse vivevano.

    Il cuore della mobilitazione reazionaria è mettere settori di popolazione contro altri settori di popolazione. Chi fra i compagni oggi esulta per scioperi che non funzionano, chi contrappone le mobilitazioni, chi invita a non aderire, chi denigra i lavoratori che hanno preso la testa di questa mobilitazione (i portuali di Trieste), chi vorrebbe vedere tutti i manifestanti manganellati e con le teste aperte, sta infangando la bandiera rossa.

    #Andatearaccoglierelefragolesenonsapetefarelarivoluzione

    Post di Greta Raskova su Facebook.

    • Ciao Noccioletta, abbiamo modificato il tuo commento perché su Giap non pubblichiamo link a Facebook.

  34. Malgrado la caotica giornata di ieri, conclusasi con la ritrattazione da parte di Stefano Puzzer dell’annunciata smobilitazione, il presidio al varco 4 del porto di Trieste continua. Alle otto di domenica mattina qualche centinaio di persone e un aumentato spiegamento di forze dell’ordine, erano ancora presenti, il piazzale iniziava a rianimarsi nei capannelli dei tre punti di ristoro allestiti e dalle strade adiacenti ricominciavano ad affluire persone.
    Il Presidente dell’Autorità portuale Zeno D’Agostino ieri ha annunciato che andrà dal prefetto in giornata per chiedere lo sgombero di quello che lui ha definito «un circo», una definizione che ieri in particolare abbiamo usato anche tra compagni per descriverci quello che avevamo attorno. Con la differenza che D’Agostino l’ha usata nell’accezione spregiativa e di superiorità che è la cifra dominante della narrazione mediatica su questa mobilitazione.
    Puzzer dopo queste dichiarazioni – ma prima che rimbalzassero al presidio – aveva quindi parlato a favore di telecamere in quella che lui aveva definito una conferenza stampa nella quale, in maniera obliqua e ambigua, di fatto annunciava la smobilitazione. A quel punto le altre componenti sia di lavoratori che del Coordinamento cittadino hanno convocato un’assemblea che si è protratta per diverse ore e nella quale Puzzer è stato attaccato in maniera durissima da tutti. Al termine Puzzer ha fatto una nuova dichiarazione in cui smentiva quanto affermato, e poi anche scritto, in un comunicato appena meno ambiguo delle dichiarazioni precedenti. Domenica mattina sul profilo FB del Clpt appariva un messaggio nel quale Puzzer si assumeva tutta la colpa di quanto avvenuto e chiedeva scusa.

    • Fino a qua l’aggiornamento. Ora lo dico chiaro: ieri sera stavo per postare un commento durissimo su Puzzer, ma dopo averci dormito sopra mi rendo conto che avrei reagito di pancia, confondendo i piani della mia presenza, incostante ma assidua, sul posto. Insomma, avrei reagito come legittimamente hanno fatto tutte le componenti che stanno animando la mobilitazione, molti portuali e compagni inclusi. Sarebbe stato un errore di prospettiva. Lo ripeto per l’ennesima volta: mi interessa osservare il processo, e raccontarlo nella maniera più fedele possibile. E con questo rimando al mittente qualsiasi insinuazione di reticenza alle mie cronache.

      Per completare il quadro che descrivevo rispetto a stamattina, quando sono sceso ho trovato alcune centinaia di persone, molte venute da fuori, soprattutto dal Friuli, dalla Carnia e dal Veneto. La composizione di queste presenze «foreste» – di cui ieri D’Agostino ha detto che dimostra che la mobilitazione è stata sottratta ai portuali e ai triestini che erano scesi in piazza nelle settimane scorse – non è di facile lettura. Io da principio la leggevo come appiattita sull’antivaccinismo. Stamattina parlando con un po’ di questa gente e nei capannelli che si formavano discutendo, ho capito che in realtà molti sono lavoratrici e lavoratori che hanno raccolto l’indicazione che davano qualche giorno fa i portuali: tamponi gratis per tutti o per nessuno, e in quel caso ritiro del GP.

      • Dicevo dell’immagine del circo. Al varco 4 in questi giorni stanno circolando migliaia di persone. Molte migliaia. La composizione di questa moltitudine è, come abbiamo scritto spesso, complessa e non facilmente riassumibile. L’operazione che stanno facendo i media mainstream, anche quelli da cui ci si aspetterebbe un po’ più di profondità di campo, è quella di cercare i fenomeni da baraccone della galassia antivaccinista, che qui è solo una componente e peraltro a sua volta difficilmente interpretabile come omogenea.
        Questa cosa ha avuto il suo climax ieri nell’arrivo di Montesano e la sua claque. Ma in realtà va avanti da tre giorni. Le compagne e i compagni interni al coordinamento hanno trascorso la prima giornata, venerdì, sostanzialmente facendo due cose: la prima, rincorrere i giornalisti per parlarci, mettere in primo piano le ragioni della protesta e ridurre al minimo le interviste a personaggi pescati a caso, selezionando tra questi quelli più confusi e deliranti; la seconda tenere d’occhio le poche presenze di fascisti riconoscibili, impedirgli di farsi intervistare, impedirgli di strutturare una loro presenza. Già tutto questo ha assorbito una quantità di energie enorme. Ma a questo va aggiunto che questi compagni stanno continuando in quello che fanno da mesi e che hanno raccontato nel documento pubblicato su Infoaut: tessere relazioni e tenere la barra della protesta sul binario dove deve stare, quello dell’opposizione all’obbligo del GP per poter lavorare come strumento discriminatorio. E da qui iniziare ad articolare una critica di classe alla gestione pandemica e, in avanti, a quella dei fondi del PNRR.
        Personalmente trovo fin dall’inizio che l’obiettivo sia tanto ambizioso quanto problematico. E però dall’inizio mi dico che non c’è altra strada, che da qualche parte tocca ricominciare, e che Trieste, per una lunga serie di ragioni che prima o poi analizzeremo meglio, ha offerto un’occasione che non poteva andare persa.

        • Mentre scrivo queste note arriva la notizia che Puzzer si è dimesso. Il retroscena è che anche il Clpt si è spaccato al suo interno come era prevedibile dopo la disastrosa gestione della giornata di ieri. È stata quindi presa la decisione di ritirare la sigla sindacale dal presidio, ma di mantenerlo con la presenza di molti portuali, tra cui Puzzer stesso (che motiva le sue dimissioni proprio per questa ragione), tenendo fede all’impegno di portare avanti la mobilitazione.
          L’aspetto positivo di questa cosa, e non è poco, è il forte ridimensionamento della figura di Puzzer e il riemergere di tutti i soggetti, sopratutto lavoratrici e lavoratori di tutti i settori che, trovandosi venerdì ai cancelli del porto, avevano comprensibilmente ceduto maggiore spazio ai portuali: mentre scrivo al varco 4 le presenze si contano di nuovo nell’ordine delle migliaia, ma soprattutto sembra che il Coordinamento cittadino sia riuscito a riportare la situazione nell’ambito collettivo, con un’assemblea permanente molto numerosa, che sta discutendo a partire dai passi falsi della giornata di ieri.

          Ora il problema principale che si sta ponendo chi si è mobilitato è come andare avanti. E prima di tutto quanto questo blocco al varco 4, che di fatto già da ieri non impedisce alla produzioni di continuare, sia utile. Anche perché i rischi di un’azione repressiva, legittimata dalla narrazione mediatica come dagli errori commessi, aumentano.
          Va sempre tenuto presente che questa iniziativa arriva dopo una serie di cortei partecipatissimi in cui a Trieste è emersa chiara la contrarietà al GP, ma anche un generale malcontento su molti posti di lavoro che non ha a che fare solo con questa misura. Era il fulcro del mio pezzo e resta l’aspetto che è osservabile tuttora. Io qui sto sentendo le persone parlare di salari, di turnazioni, di come la pandemia ha inciso sulle condizioni di lavoro. Che tutto questo si mescoli con ragionamenti sulla sanità, i trasporti, le scuole, ma anche con discorsi deliranti sui vaccini, o con la presenza folkloristica di ambiti new age che mettono in discussione la medicina ufficiale, è di certo problematico, una sciagura se questo spazio di mobilitazione reale viene lasciato alle sue frange irrazionali, ma anche quello che ci consegna la realtà di una società che, dopo la pandemia, non sta capendo più un cazzo ed è stata portata a confondere tutti i piani del discorso.

  35. Mi chiedo(e vi chiedo) se alle assemble triestine di cui si parla parteicipano soltanto lavortrici/tori portuali, tesserat* o se siano aperte un po` a tutt*? Sopratutto, c’è una qualche forma di coinvolgimento e/o segnale di interessamento da parte di un qualche fronte studentesco?

    Penso che questo collettivo potrebbe beneficiare, per esempio, del contributo intellettuale oltre che fisico/materiale, di ricercatrici/tori con nozioni e/o esperienza, per citare soltanto un campo oltre che un macroscopico problema, nelle scienze della comunicazione. La gestione dei messaggi che, volontariamente o meno, vengono espressi, catturati e rilanciati a livello nazionale e internazionale è roba complessa, da affrontare con la dovuta attenzione e un certo rigore oltre che un abbondante dose di fantasia e improv.

    A livello organizzativo, si è discusso/si discute di come affrontare il nodo cruciale di come gestire al meglio e nel modo più vantaggioso possibile, il rapporto tra chi la vertenza la attraversa con il corpo e chi la osserva «dai belvedere delle torri»?

    • Le assembleee a cui si fa sempre riferimento qui sono quelle del coordinamento cittadino e/o di tutte le persone presenti al porto da venerdì, non quelle interne dei portuali. Al coordinamento partecipano tantissime realtà cittadine. Le compagne e i compagni a cui facciamo riferimento più spesso – quelle che hanno scritto il testo pubblicato da Infoaut – sono militanti di collettivi universitari (o meglio, formatisi all’università). Soggettività che si sono fatte le ossa nella grande mobilitazione antifascista che già nel 2018 portò nelle strade di Trieste migliaia e migliaia di persone. Per le compagne e i compagni più grandi – quelle che sono già dottorande, ricercatori o insegnanti – si può parlare di una bildung molto lunga, che risale almeno ai giorni di Occupy Trieste, nel 2011.

      • Aggiungo, come nota generale:

        con grande generosità e pazienza, da mesi queste persone stanno cercando, con risultati per forza di cose non lineari ma in molti momenti incoraggianti, di sottrarre una lotta popolare alle tendenze reazionarie che in altre città si sono impadronite di lotte sugli stessi temi.

        Orbene, da giorni vediamo una presunta “sinistra di movimento” – ormai derelitta, annichilita dalla pax pandemica draghiana, ridotta alla chiacchiera “indivanada” sui social – auspicarsi la débâcle di queste compagne e compagni – praticamente augurandosi il prevalere di fascisti et similia nella lotta per poter dire «visto?» – e di fatto tifare per la parte padronale e per il governo in una vertenza sindacale.

        Di più: abbiamo visto radio di movimento… tendere tranelli a quelle compagne e compagni, tagliuzzare le loro dichiarazioni per farli sembrare sprovveduti in balia dei fasci, e fare da megafono a personaggi che con lo sciopero non c’entrano niente (quel massone Deganutti che qui su Giap ci aveva minacciati di querela, ovviamente sparando a salve), per farsi raccontare da loro cosa starebbe succedendo al porto. Oltre, naturalmente, a raccontare uno sciopero tramite le parole di un sindacato confederale che non vi ha aderito, ma che è stato ignorato da molti dei suoi iscritti, che si sono astenuti dal lavoro lo stesso.

        È questa la débâcle, è questa la vergogna dei “compagni”. I compagni e le compagne di Trieste, invece, devono essere fieri del tentativo che stanno facendo.

        • I profili della «presunta «“sinistra di movimento”» che si «auspicano la débâcle di queste compagne e compagni» cominciano a definirsi meglio, te lo assicuro; credo sia solo una questione di tempo e, ovviamente, di contingenze materiali.

          Credo, a proposito, che per il lavoro portato avanti quì su Giap in questi lunghi mesi oscuri, vi si debba una massiccia dose di rispetto e, per chi può, continuo sostegno in libreria.

          Per il resto, non mi resta che esprimere (perchè il fare sarebbe estremamente complicato) un ferrettiano e solidale «dai, dai, dai!».

          Considerando il pochissimo materiale che ho potuto visionare e sentire da dove mi trovo, la sorte di Puzzer mi ha toccat* oltre che intristito, un pochino; mi ero già affezzionat* al personaggio, ma proprio letteralmente, a livello di fenomeno passivo della coscienza. Ed è accaduto così, in un brevissimo lasso di tempo, a mille leghe di distanza. Credo/spero possa essere un flebile segno che la «generosità e pazienza», l’ottimo lavoro di cui parli, pagano.

          Per esempio, ieri, guardando quei pochi, ultimi secondi di un self-video dell’arrivo d’er pomata al presidio, a me Puzzer era parso uno dei pochi a rimanere abbastanza indifferente, a non aver trattato il personaggio con riverenza; magari perchè non era completamente sicuro di cosa stesse accadendo, o chi fosse l’accoppolato. Ovviamente la mia era e rimane un impressione personale, probabilmente sbagliata, a conferma dell’estrema complessità intrinseca nella gestione di un “immagine” che deve diventare pubblica.

        • Lascio al volo un commento per annotare altre due cose, una che finora ho letteralmente dimenticato di far notare, l’altra che ho lasciato volutamente fuori dalla narrazione.
          La prima è l’invito a provare a cercare nelle foto di questi giorni qualche tricolore: a differenza delle altre piazze, perlomeno per come i media le hanno rappresentate, qui non ce ne sono proprio e le ragioni sono molte, ma in parte riguardano la martellante gnagnera sui fascisti. Se non ho approfondito questo aspetto negli ultimi report è perché ho già descritto la situazione in altri commenti e il fatto che Tuiach venga nuovamente riproposto ieri sera in TV è il frutto del gioco sporco dei media a cui accennavo prima.
          L’altra cosa è che oggi a Trieste c’è il ballottaggio tra il sindaco uscente di centrodestra Dipiazza – che arriverà al suo quarto mandato – e il suo doppio, anche lui di centrodestra, Russo. Quest’ultimo è quanto di peggio il PD potesse proporre ma anche quanto di meglio aveva da offrire. Uno che, per dire, quattro anni fa organizzò una «festa dell’unità» (sic) all’Hotel Savoia Excelsior Palace e come intattenitore invitò Marco Minniti a presentare il suo ultimo album «Immigrazione sicurezza e solidarietà. L’Italia protagonista in Europa e nel Mediterraneo»…
          Accadeva mentre giravano reportage come questo
          Capite bene, quindi, che il fatto che quanto sta accadendo al varco 4 abbia del tutto oscurato l’intera campagna per il ballottaggio, e che con ogni probabilità l’affluenza risulterà persino inferiore al dato del primo turno, in qualche modo è anche una nemesi preferibile all’emesi che avremmo dovuto affrontare in questi giorni.

          • anche io al volo un paio di note per confermare e precisare alcuni punti nei preziosi resoconti di albolivieri. Ieri ho parlato a lungo con un portuale, amico e collega di “ciccio” Puzzer: ne elogiava la calma olimpica, visto che era al secondo giorno di interviste ininterrotte passando da una all’altra (purtroppo poi alla fine della seconda giornata la stanchezza direi che è affiorata tutta in un colpo) e mi diceva che l’unica volta che l’ha visto perdere la pazienza è stata all’ennesima “comparsata” di Tuiach – nonostante i colleghi stiano facendo di tutto per emarginarlo e renderlo inoffensivo. Almeno tanto quanto le Tv vi si buttano invece a pesce.

            Comunque, da come mi raccontava questo amico, il Clpt è stato tirato su da Puzzer, con i suoi soldi proprio, è una sua creatura, e se è utile che il suo ruolo venga ridimensionato nel contesto della protesta contro il green pass, è indiscutibile che all’interno della realtà portuale sia una figura di rilievo. Abbastanza da ricevere nel recente passato minacce di morte più altre cosucce che non posso riportare.
            Gli è anche già stata offerta una carriera in ufficio, che ha gentilmente rifiutato – “come potrei guardare poi in faccia i miei colleghi?”

            Infine. Non solo non ci sono bandiere italiane ma in tre giorni oggi è la prima volta che ho sentito partire l’inno italiano, ed è durato tipo 30 secondi e subito si è affievolito.
            Passatemi la battuta, più probabile che qui compaia la bandiera con l’aquila a due teste.

  36. Da giorni subisco su Giap a una serie di accuse fantasiose e frecciatine polemiche, sia sotto questo sia sotto un altro post, che mi hanno lasciato un bel po’ amareggiato. Non pensavo che la mia opinione fosse così rilevante, comunque ecco cosa ho detto:

    1. Perlomeno a Roma, ma anche nella maggior parte degli altri posti, il movimento No Green Pass ha una composizione sociale prima ancora che politica che rende difficile cavarci molto di buono.

    2. La lotta contro gli effetti discriminatori del Green Pass è giusta ma per non portare acqua a fascisti, sovranisti, complottisti e destra varia va fatta sui posti di lavoro e col protagonismo dei lavoratori organizzati tramite le strutture sindacali, i delegati combattivi ecc. Il caso di Trieste è particolare proprio per il ruolo notevole giocato da un pezzo di classe operaia organizzata.

    3. Tuttavia, anche a Trieste questo ruolo del proletariato portuale è mediato da un sindacato anomalo, il CLPT, legato all’indipendentismo triestino che su Giap abbiamo imparato a considerare un nemico, con un gruppo dirigente di cui non mi fido.

    • “Il caso di Trieste è particolare proprio per il ruolo notevole giocato da un pezzo di classe operaia organizzata.”

      Partendo da questa considerazione, però, perdonami, non si arriva così naturalmente a scavare nella biografia del personaggio più esposto mediaticamente della piazza triestina, lavoratore del porto, dichiaratamente vaccinato e favorevole ai vaccini, per cercare la prova che non sia no-vax. E men che meno per cercare la prova che in realtà lo sia, che è il nostro caso. Bisogna avere una tesi da dimostrare, che con la tua considerazione mi sembra fare un po’ a cazzotti.

      Lo so che non sei stato tu a indagare, come so che quella merda è stata trovata perché c’era. Poi a me Puzzer non interessa, non sapevo neanche che esistesse fino a tre giorni fa. Ma tutta ‘sta storia mi fa davvero ridere (amaramente). Il più incattivito _contro_ i no-vax dei miei colleghi, è uno che pensa che il global warming sia di origine naturale, che le multinazionali farmaceutiche ci nascondano la cura contro il cancro e che l’omosessualità sia una malattia. Tutte cose dette direttamente a me, ovviamente non nella stessa conversazione. Inoltre è uno che ha votato prima Berlusconi e poi Salvini da iscritto alla FIOM, a conferma di quello che scriveva WM1. Apro parentesi, dal gruppo WhatsApp aziendale della FIOM, negli ultimi giorni sono uscite 9 persone su circa 130. E sono uscite dopo le comunicazioni del segretario provinciale che avevano come oggetto… il fascismo. Come minimo, direi che non lo ritengano un tema.

      OK, mi sto perdendo. Voglio dire solo che io, in quest’operazione in totale malafede ho visto prima di tutto esposto al pubblico ludibrio un lavoratore in lotta (giusta) in quanto ignorante. I torti certi di Puzzer sono di oggi e sono politici. Come politiche sono le sue ragioni. Il resto è roba da beghine, non da compagni.

      • Ciao Isver, come hai notato, non ho fatto nessuna indagine quindi non so come questo giustifichi prendersela con me. Per me bastava quello che ho scritto, puramente politico, sul CLPT in generale, che è la cosa più importante e solida al di là dei dettagli morbosi su questo o quel dirigente.

        Ad ogni modo, non è che ci voglia proprio un’agenzia di investigazioni private per scoprire che tipo è Stefano Puzzer: basta usare un motore di ricerca, fate pure DuckDuckGo se Google non ci piace. L’avevo fatto anch’io molte ore prima che uscisse ed ero inorridito, ma me l’ero tenuto per me. Naturalmente il fatto che sia il tipo che è è del tutto coerente col fatto che poi inviti al presidio tipi simili come Montesano, ma soprattutto è coerente col carattere politico arretrato e col carattere sindacale opportunista della struttura che dirige. Quindi tutto sommato mi pare un’informazione utile a chi è sul campo, e non vedo perché strapparsi i capelli se salta fuori.

        Mi stupisce anche un po’ questa visione retorica di un sindacalista come «un lavoratore in lotta»: di cattivi delegati è pieno il mondo e se non ci fossero loro l’opportunismo di CGIL, CISL e UIL, ma anche di tante altre sigle minori, non durerebbe mezza giornata. Non è che ci sono i dirigenti nazionali venduti e i proletari puri, la faccenda è un po’ più complicata di così perché all’apparato burocratico dei sindacati servono uomini sul campo che portino tra i lavoratori la loro linea. In questo caso, del resto, non esiste un livello burocratico nazionale, semmai il referente del CLPT era D’Agostino, con tutte le contraddizioni del caso che sono scoppiate in questi giorni.

        • Tranquillo, non ho nessuna visione ideale dei delegati, sono iscritto alla CGIL da 25 anni.

          Però non possiamo fingere che Puzzer in questa storia rappresentasse simbolicamente il cattivo delegato che manipola gli ingenui lavoratori. Cosa che può benissimo essere, beninteso. Ma lui è stato preso di mira in quanto rappresentante dei portuali di Trieste, per dimostrare che la piazza di Trieste è uguale a quella di Roma e la protesta contro il green pass è tout court roba da fasci.

          Quanto all’utilità delle informazioni sulla persona Puzzer, ovviamente non sono d’accordo. Io di persone ora vaccinate con roba così nel profilo – e nella testa – ne conosco parecchie. E non mi sembrerebbe sospetto nemmeno se si schierassero _a favore_ dell’obbligo di green pass, perché si può cambiare idea anche radicalmente e all’improvviso. Figurati se può sembrarmi sospetto che lui difenda (giustamente) i diritti di lavoratori con cui non ha la minima difficoltà a identificarsi nemmeno da quel punto di vista.

          Questo a prescindere dal fatto che Puzzer abbia dichiarato pubblicamente di essersi vaccinato e di essere favorevole ai vaccini. Che è un’abiura che sarebbe stata accettata anche dall’Inquisizione, perfino se ottenuta tramite tortura. A Twitter invece non basta.

        • Ciao Mauro, aggiungo qualche considerazione rispetto a quanto ho già avuto modo di farti notare su twitter.
          Innanzitutto va ricordato e ribadito che il movimento contrario al green pass a Trieste si era sviluppato già nelle settimane precedenti, con manifestazioni davvero imponenti per una città piccola e politicamente “pigra” come Trieste. Per una realtà fondamentalmente di destra risultava inoltre sorprendente l’assenza organizzata di gruppi ascrivibili a quell’area.
          Con la successiva e massiccia adesione dei portuali – qui va ricordato che il CLPT conta meno di 300 iscritti mentre i portuali in corteo erano molti di più – il movimento ha fatto un salto di qualità perché è stato messo in primo piano il tema del lavoro, con la richiesta di tamponi salivari gratuiti per tutti, a prescindere dallo status vaccinale dei singoli e sottolineando la propria condizione di lavoratori essenziali che avevano continuato a lavorare per tutta la durata della pandemia, non tutti muniti dei dispositivi di protezione necessari. Tutti a Trieste sanno che quando si muovono i portuali, le cose diventano serie, perché il porto ha una funzione fondamentale nell’economia della città e sono anche la categoria proletaria più incisiva dal punto di vista numerico e probabilmente anche dal punto di vista del potere contrattuale. Credo quindi di poter affermare con tranquillità che la presenza dei portuali ha spronato anche le altre categorie a fare sentire la propria voce in modo più organizzato e collettivo.
          Orbene, a Puzzer si possono muovere tante critiche (e se ne sono mosse diverse anche qua), però un merito gli va sicuramente riconosciuto: quello di avere portato in prima serata sulle tv nazionali il tema del lavoro. Per un gruista poco acculturato, un mona qualsiasi, non è poco. Starsene sui social a sghignazzare, a rimestare i suoi profili e a gufare, augurandosi che inanelli una figura di merda dietro l’altra – come tu personalmente non hai fatto, ma hanno fatto molti altr* ascrivibili a una certa sedicente sinistra radicale – è davvero meschino, oltre che decisamente miope e stupido. Sarà perché sono figlia e nipote di portuali triestini poco acculturati e rozzi, ma mi ha fatto davvero deprimere la quantità di spocchia che in questi giorni si è riversata su tutta una categoria di lavoratori che ha cercato di avanzare rivendicazioni sacrosante a beneficio di tutt*.

  37. In praticolare l’affermazione n° 3, tra l’altro buttata lì senza chissà quali analisi, più come un caveat o un dubbio che come una “scomunica” dell’intera città di Trieste, mi pare abbia suscitato nel giro di Giap un forte scandalo. Eppure, già pochi giorni dopo direi che forse sono stato fin troppo cauto nel caratterizzare Puzzer come poco affidabile; la mia opinione così controversa è diventata praticamente un luogo comune visto il ruolo di questo sindacalista nel fare un pasticcio dietro l’altro e nel tirare la volata, per fare un esempio, a Montesano. Già WM1 ha scritto in un commento esattamente la stessa cosa che era sembrata così pazzesca sotto forma di mio tweet. Ora Ciccio Puzzer si è dimesso dal sindacato, dice lui in un video del 17/10, per assumere il ruolo di portavoce diretto dei portuali in lotta: ciò non mi rasserena.

    Se volete da me un’altra opinione pazzesca, eccola: non credo che il compito dei compagni in un movimento ambiguo sia difendere la linea apolitica in contrapposizione alla linea apertamente di destra, perché abbiamo detto infinite volte che «né di destra né di sinistra» = di destra. Ci vorrebbe qualcosa di più e se non è possibile fare di più forse ricadiamo nel caso n° 1.

    Qual è il punto di caduta di queste tre-quattro vaghe enunciazioni di principio, che vanno naturalmente calate nel contesto da chi ha il polso della situazione? Non lo so, perché non sono sul campo e dei mass media non mi fido. Ascolto con interesse le opinioni dei triestini che stanno intervenendo qui e altrove, magari anche con maggiore interesse se non sono condite da insulti, sarcasmi e distorsioni verso chi la pensa o la dice un po’ diversamente.

  38. Oggi pomeriggio si è tenuta una conferenza stampa del coordinamento contro il GP che ha sostanzialmente ribadito le ragioni della protesta e affermato la volontà di continuare a oltranza la lotta che per ora va avanti al varco 4, invitando tutti a raggiungere il presidio anche per la notte.
    Soprattutto è stato messo in evidenza che la mobilitazione nasce dall’unione e dall’autorganizzazione di varie categorie lavorative supportate da cittadini solidali. Nel comunicato che è stato letto davanti alla stampa, alla quale è stato chiesto di riportarlo integralmente, sono state elencate le varie realtà produttive che partecipano ovvero: Flex, ferrovie, poste, pubblica amministrazione, scuola, sanità, palestre, operatori del sociale, partite iva, Wartsila, operatori del mondo dello spettacolo, Triestetrasporti, assicurazioni, Vigili del fuoco, Fincantieri. Queste lavoratrici e lavoratori hanno affermato di assumersi collettivamente la responsabilità della mobilitazione a oltranza assieme con i portuali .
    Ha poi preso parola con un intervento Stefano Puzzer, che ha ribadito le sue dimissioni da rappresentante del Clpt, ribadendo le sue scuse per la gestione mediatica e comunicativa della giornata di ieri, e motivandole col fatto di essere un gruista che non è abituato a gestire una situazione mediatica così pressante (alla buon’ora, dico io). Ha anche ricordato che il presidio è garantito fino al 20 ottobre in base all’indizione dello sciopero SOA-Cobas.
    Tutto questo è avvenuto di fronte a migliaia di persone che anche oggi hanno riempito il piazzale del varco all’inverosimile. Per dare l’idea del clima: i portuali oggi hanno caricato letteralmente a tappo un Ducato di generi alimentari arrivati al presidio che erano in oggettivo sovrappiù rispetto a quanto era smaltibile nella giornata. Il carico è stato consegnato alla Caritas.

  39. Vedo nella lotta triestina un grosso merito: quello di essersi presa la ribalta. Una realtà relativamente piccola che si carica sulle spalle il peso di una rivendicazione per portare avanti la quale, nell’Italia pandemica atterrita e conformata, ci vuole anche una certa dose di coraggio.
    La cosa preoccupante, semmai, sta avvenendo fuori da Trieste: perché rimane un caso isolato? Perché nessuno ne segue l’esempio?
    Poi leggo di circa 100 mln di green pass scaricati ad oggi, e penso che quella protesta non avrà emuli, né seguito. E che incaponirsi su chi e Puzzer, su cosa fa, sulla composizione del Clpt, sul numero di aderenti a questa o quella sigla, è un esercizio che non ha molto senso. Le grandi fabbriche rimangono silenti, perché nell’Italia bancaria, dove si abolirà il reddito di cittadinanza, dove il PNRR non scrive una riga sul precariato, dove uno che il lavoro ce l’ha è considerato un privilegiato, non tutti hanno lo stesso coraggio dei compagni triestini.

    • Ma come scrivevamo in «Ostaggi in Assurdistan», avere scaricato il green pass non vuol dire niente, visto che serve per vivere e lavorare (e crea disagi anche a chi ce l’ha, come si è più volte fatto notare in base alle testimonianze dai più disparati luoghi di lavoro). La lotta per il ritiro del lasciapassare non può mica essere fatta solo da gente che il pass non ce l’ha… Ne resteremmo fuori persino noi che ne discutiamo qui.

  40. Per dare un’idea della merda che viene prodotta dalla buona borghesia liberalprogressista triestina vale la pena (sì, la pena, perché è veramente una pena) leggere questa intervista a Mauro Covacich.

    Tre perle:

    Oggi ho visto i portuali scioperare con le bandiere italiane [ma dove e quando le ha viste? mentre ascoltava white rabbit di grace slick coi jefferson airplane?] e questo mi ha colpito. Un patriottismo che è già una novità per la città. Io però non parlerei di ribellismo quanto di un certo culto del corpo

    [a trieste] Abbiamo una forma di edonismo, c’è un grande atletismo, si tiene molto alla forza fisica non so se questo aspetto combinandosi con queste forme di sapere così confuso e sincretico che si trovano in rete abbia generato il rifiuto del vaccino e del Green Pass, con l’idea del corpo sano che non deve essere violato.

    E’ uno sciopero per una causa alta, a prescindere dall’assurdità della ragione, una causa assurda dal mio punto di vista, questi hanno fatto un giorno di sciopero con l’abbaglio della difesa della loro libertà. Ma ripeto alla base credo ci sia il culto del corpo e della forza fisica.

    Questa merda culturalista, questa antropologia d’accatto, è quanto la borghesia triestina progressista è in grado di produrre. La borghesia fascista per ora non dice nulla, probabilmente perché è difficile competere al ribasso con ‘sta roba. Ma su in università ho sentito intellettuali di sinistra e di destra invocare l’esercito.

  41. Beh, per rispondere a Tuco su chi invoca l’esercito, basta ricordare Beppe Viola: Quelli che… se ci fosse chi dico io (erano gli anni 70 e l’allusione era ancora chiarissima a tutti).
    Non conosco Trieste, ci sono passata solo un paio di volte senza fermarmi, ma è evidente che, se questa “buona” borghesia si sta irritando e quindi arrampicando sugli specchi di un fantomatico culto della forza fisica, la gente che manifesta ha già fatto molto di buono, e forse ha proprio centrato il cuore del problema: la classe dirigente della città, come in molte altre città, non si è dimostrata all’altezza del suo compito, e pur di non assumersene la responsabilità minimizza, fino a denigrare e offendere chi chiede risposte a cui ha diritto. Se il riferimento di Covacich è ai movimenti nazisti e alle loro esibizioni muscolari, pensando a una fantomatica correlazione fra manifestanti (non solo i portuali ma anche tutti gli altri lavoratori, studenti, pensionati ecc) e nazifascisti, viene solo da sperare che si tratti di un tentativo piuttosto maldestro (eufemismo) di farsi pubblicità.
    Invece l’espressione “patriottismo che è già una novità per la città” (patriottismo dimostrato da bandiere che non c’erano ma pazienza) non mi è chiara e Covacich avrebbe potuto portare qualche esempio della sua affermazione. Vuole forse dire che Trieste e’ indifferente all’Italia? Vorrebbe andarsene, diventare indipendente o magari chiedere l’annessione a qualche altra nazione?
    Non so, mi sembrano solo provocazioni e nemmeno espresse bene, le lascerei perdere e tornerei a guardare e a cercare di capire che cosa sta succedendo realmente a Trieste e nelle altre città in cui si manifesta.

    • Io non so dove Covacich abbia visto i portuali col tricolore, nella migliore delle ipotesi si è confuso con le immagini di altre manifestazioni o ha visto arrivare col tricolore qualcuno da fuori, boh. Ad ogni modo, la sua lettura della mobilitazione triestina è sballata forte. I riferimenti culturali che mette in campo en passant sono poco comprensibili a chi non conosca la città: il CLPT nasce nell’orbita del discorso indipendentista, per questo Covacich si dice sorpreso di aver visto il tricolore (che però non c’era). Che una parte rilevante di triestini si senta ben poco appartenente alla nazione italiana è vero, per varie ragioni anche molto giuste di cui ci siamo occupati in passato ma ora non posso riepilogare, ragioni che giocano anche nell’assenza di tricolori (il cui merito va comunque a chi nel coordinamento si è impegnato a tenerli fuori). È anche vero che in media i triestini sono molto sportivi o comunque ci tengono a muovere/curarsi il corpo: basket, arrampicata, canoa, escursioni, capoeira, yoga, nudismo… Ma questo ovviamente non c’entra con l’opposizione dei lavoratori al lasciapassare. O se c’entra, c’entra in modo talmente indiretto da rendere il riferimento inutile, e se ci affianchi un presunto “culto della forza” diventa dannoso, diffamante per l’implicita evocazione di corpi guerrieri in un film della Riefenstahl. Davvero una pessima intervista.

      • Difatti, pure io leggendo i commenti di Covacich mi sono chiesta di quale Trieste stesse parlando.

        Fermo restando che – mi dite voi, e posso vedere dal video linkato sopra – i tricolori non c’erano, a me non stupirebbe di vederli a Trieste, che ha con l’Italia e il patriottismo un rapporto estremamente contraddittorio.

        Per quanto riguarda il culto del corpo, confermo che i triestini in media sono molto attenti alla cura del corpo e all’aspetto fisico (sport, ma anche abbronzatura, estetista, parrucchiere), ma mi è sempre parso più legato ad all’idea di benessere (nel senso originario del termine, stare bene e mostrarlo) e di godimento della vita, che ad un fantomatico culto della forza. Mi meraviglio di Covacich.

  42. Stanno sgomberando il presidio.

  43. Ho sentito sul giornale radio che un ampio contingente di ffoo sono al varco 4 per sgomberarlo.

    PS. Leggo su molti commenti discussioni se le persone al varco siano pro o contro il vaccino anti Sars COV 2 o siano complottisti.
    Se essere complottisti significa non credere tour court alla narrazione di sistema e debunker messa in piedi dalla prima ora, e sulla quale anche la scienza pone il dubbio, senza ormai portare avanti una sola certezza definitiva, credo allora che siano molti, compreso me, in Italia i complottisti.
    Se porre dei dubbi significa essere complottisti, ebbene io mi pongo il dubbio.
    Se la sinistra in generale ed i sindacati di base non si pongono questi dubbi, espressione cmq di una minoranza al loro interno, allora secondo me farà fatica a comprendere la protesta in generale, che certo confluisce anche nel green pass ed altri temi, lasciando i cittadini “non allineati” e senza una posizione politica per qualsivoglia motivo, in balia della propaganda di destra.
    Che poi la destra sia strumento di convogliare e deligittimare la protesta, su questo condivido totalmente.
    Che ci sia la necessità di ricominciare a portare in piazza altri temi parallelamente al green pass, lavoro, sanità, caro vita, ambiente, questo è necessario.
    Ma sulla pandemia dovremo lasciare forse libertà di pensiero alla minoranza, senza
    esprimere particolari giudizi sui compagni e le loro ipotesi -non giammai certezze- anche perché, ribadisco, nessuno ha la verità in tasca, che è poi il messaggio che ho recepito dall’articolo sulla cognizione del terrore-, a meno che non si apra uno spazio dedicato per discuterne.
    Se questo non si vuole fare, come per altro può essere anche legittimo per qualsivoglia motivo, si lascino credo stare le critiche in proposito, e si continui a lavorare fianco a fianco nelle lotte, senza pregiudizi tra l’uno e l’altro, senza creare inutili divisioni che non servono certo alla nostra causa.
    Questo vale altresì per il vaccino. Che non va discusso tout court, ma disvelato nel suo processo dialettico storico e nella sua applicazione nella società (in particolare in riferimento alla sua applicazione nella popolazione di minore età).
    Questo il mio personale punto di vista e di alcuni compagni. Non vuole essere assoluto.

    PPS. Ho scritto una mail all’indirizzo Wu Ming.. non vorrei fosse finita nelle spam..

  44. Sempre sul varco 4.
    I sindacati confederali hanno inoltre chiesto ieri lo sgombero della protesta dal varco 4.

    Inoltre i sindacati confederali, nella persona del segretario della CISL hanno richiesto al governo di imporre la vaccinazione obbligatoria.
    In questo senso vorrei sottolineare cosa dice il punto sull’estensione al gp nelle FAQ del governo:

    -bambini sotto i 12 anni, esclusi per età dalla campagna vaccinale; (e presto probabilmente l’età sarà allargata daii bambini di 5 anni, vi è già la richiesta all’Ema della pfeitzer.

    PS. Questa emergenza sanitaria sarà ancora lunga, prepariamoci, anche perché ad essa si sovraporranno le altre emergenze -pregresse e meno- sistemiche del sistema neo-liberista capitalista ed imperialista nella sua attuale crisi globale in atto già da alcuni anni.

    Sarebbe auspicabile che la parte di sinistra all’interno della CGIL prenda chiare posizioni in merito, esautorando la parte ecessivamente moderata e riportando il sindacato più genuinamente al fianco delle lotte dei lavoratori.

  45. Con molta tristezza apprendo dello sgombero in atto. Vorrei, tuttavia, cercare di descrivere quello che mi pare un lato positivo dell’epilogo che sembra delinearsi.
    La grancassa mediatica dell’arca dell’alleanza Draghiana ha provato a delegittimare/minimizzare la protesta no-pass da mesi, concentrandosi ultimamente su questa triestina che è la più veemente perché probabilmente la più consapevole, come d’altronde viene ribadito da molteplici osservatori qui su Giap.
    Dapprima si è provato a dissuadere la protesta appellandosi al senso di responsabilità dei lavoratori, ricordando che quello triestino è uno scalo cruciale e che fermarlo avrebbe arrecato un danno molto importante anche a chi lì ci lavora e bla bla (…continua la tiritera già sentita del padronato).
    Successivamente si è scrutinato con zelo il background della protesta. Tra i reperti ricordiamo i post social del malefico Puzzer mandati in processione stile madonna pellegrina o “l’anatema della sigla sindacale” e mi riferisco alla famosa storia della Fisi e del suo direttorio spregiudicatamente no-vax. Non sono mancati tentativi di estendere a tutta la piazza velleità indipendentiste, strumentalizzando contiguità di area del CLPT (soprattutto legate al passato).
    E niente, i lavoratori continuavano ad aggregarsi, i cittadini a solidarizzare.
    Non è bastato neanche Montesano e alcuni autogol dei compagni del coordinamento, i quali peraltro si sono ripresi alla grande a stretto giro.
    Non è bastata la voce del padrone che lodava la maggioranza silenziosa che “zitta, si è dotata di lasciapassare e ha continuato a lavorare a testa bassa”.
    Non è bastato salmodiare a reti unificate che il porto di Trieste rimaneva “completamente operativo” e che la protesta era rimasta ai margini.
    Ora vi tocca sgomberare, ma come il porto non era rimasto completamente operativo? Da stasera, in mezzo alle cifre sul numero di green pass scaricati e sulle ospedalizzazioni in picchiata, dovrete pure ricordare che per chi protesta c’è l’idrante.
    Grazie perché lo sgombero è la prova definitiva, se ne servisse una, che questa di Trieste è stata una protesta a tutti gli effetti anti-sistema.
    Sursum corda, siete sempre in tempo a far intervistare Tuiach da Giletti.

  46. Sono stato al presidio a Trieste qualche ora sabato scorso e condivido con voi le mie impressioni. Non sono triestino e il mio percorso politico culturale è diverso da quello medio dei giapsters. Non c’ero a Genova, non c’ero in Val di Susa e non c’ero nemmeno durante le proteste nella mia città a Vicenza quando si è deciso di costruire una delle più grandi basi americane d’Europa a due passi dalla città. A 36 anni, a Trieste, ho partecipato al mio primo presidio.

    Rispetto alle piazze venete “antivacciniste” che ho frequentato durante gli ultimi mesi la differenza che ho riscontrato a Trieste era enorme. Mi pare che il nocciolo della differenza era nel fatto che a Trieste si è svolta una protesta sindacale mentre le piazze venete del sabato pomeriggio erano proteste d’opinione.

    Durante le poche ore che ho trascorso al presidio mi pareva che il messaggio unificatore fosse: “non accettiamo che sia necessario un permesso per poter lavorare”. Per il resto grande confusione. Senza negare il resto, cioè la confusione, il passo in avanti rispetto all’antivaccinismo è enorme, avendo superato la guerra tribale tra chi si è vaccinato e gli altri. Aver incardinato la protesta sul lavoro e averla vissuta fuori dai cancelli di un luogo di lavoro come il porto ha prodotto un senso di solidarietà e di concretezza che mi ha commosso.

    Tutti le belle parole sull’autogestione, sulla solidarietà di classe e altri buoni sentimenti “da centri sociali”, per le quali fino a ieri provavo soltanto una fredda diffidenza, a Trieste si sono materializzate davanti ai miei occhi e si sono fatte realtà. Mi sono sentito chiamato alla lotta e ho deciso di rispondere. Forse il presidio sarà presto sciolto, ma questa che inizia è la lotta di una vita.

  47. In ogni caso, visto il dibattito giappista su chi e quante siano le anime dei lavoratori e della società civile dello sciopero e della protesta del varco 4 del porto di Trieste, rimane cruciale la questione che si porrà oggi:
    Potranno i lavoratori, sgomberati dal loro presidio da idranti e lacrimogeni tornare serenamente a lavoro domani?
    All’interno di un porto che ha fatto entrare le ffoo per farle arrivare alle loro spalle, da dentro il porto dunque? Esibendo un green pass?
    I lavoratori sono ora, tutti in piazza dell’Unità di Trieste, dove tra l’altro vi è la sede della prefettura.
    Salta subito agli occhi come contro i fascisti dell’assalto della CGIL si sia scelto praticamente il non intervento, a parte un minimo gruppetto di gendarmi.
    Da ricordare inoltre la posizione dei sindacati confederali che chiedevano lo sgombero dei lavoratori, che stamane, utili ribadirlo, si erano una volta di più assicurati di lasciare il varco aperto per l’entrata di eventuali lavoratori.
    Entrata dalla quale sono arrivate le forze dell’ordine.

    Assisteremo da domani ai pullmann di crumiri scortati dall’esercito?
    Come in “Grappoli d’ira” di Steinbeck?
    In ogni caso queste lotte e queste piazze non possono essere lasciate, in questo momento storico, in balia della possibile egemonia delle destre.
    Molti lavoratori, confusi dall’abbandono dei sindacati maggioritari, dalla stagione e retorica im-politica (mSs) dell’ultimo periodo, per non parlare del periodo berlusconiano e leghista sono confusi e con sempre meno strumenti politici e culturali.

  48. Il piccolo conferma il lancio di un lacrimogeno all’interno di una scuola adibita alle operazioni di voto per le amministrative.
    Come già anni fa Durante una protesta degli studenti a Roma dove si verificò il lancio di un lacrimogeno contro la finestra di una casa, è utile ricordare come il 15 ottobre fosse l’anniversario dei 10 anni della manifestazione siamo il 99% a Roma dov’è il corteo autorizzato fu bloccato è diviso dalle camionette a causa a quanto pare di un incendio da una delle sedi del ministero dell’Interno.
    Gli studenti medi alla testa del corteo furono così abbandonati in Piazza San Giovanni tra i caroselli ehi lacrimogeni delle forze dell’ordine.
    Un precedente importante all’interruzione di una testa del corteo autorizzato fu in via tolemaide 10 anni prima a Genova poco prima della tragica uccisione di Carlo Giuliani.

    Inutile ricordare che le repressioni di questi ultimi 20 anni sono da imputare ad una grave crisi del sistema neoliberista ed imperialista a cui la sinistra ha fatto fatica a dare risposte combatte ed unitarie.

  49. Credo valga la pena segnalare la posizione di Adriano Sgrò, Coordinatore nazionale ‘Democrazia e Lavoro’ (CGIL, ovviamente)

    “Siamo favorevoli alla vaccinazione, nel pieno rispetto della sicurezza sul lavoro, con una profilassi gratuita per tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori, vaccinati o non. Ma difendiamo strenuamente la libertà di sciopero e il diritto a manifestare liberamente.”
    Quanto sta accadendo stamattina al varco 4 del porto triestino è inaccettabile.
    Siamo stati tra i primi, in CGIL, a deplorare le infiltrazioni di neofascisti o di manifestanti violenti nelle manifestazioni no-green pass e saremo presenti a difendere le nostre sedi, a partire da Milano, da chi intende capovolgere il senso delle manifestazioni.
    Siamo altresì favorevoli alla vaccinazione, nel pieno rispetto della sicurezza sul lavoro, con una profilassi gratuita per tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori, vaccinati o non.
    Ma difendiamo strenuamente la libertà di sciopero e il diritto a manifestare liberamente. Guai a tutti noi se, per affermare la “ratio” del green pass, si dovessero intaccare quei diritti, reprimendo le manifestazioni e il diritto al dissenso.
    Bisogna ricucire la tela del lavoro e aiutare i settori sociali più colpiti dalla pandemia e rivendicare il diritto al lavoro; il lavoro negato dalla disoccupazione e dai licenziamenti, nonché sottoposto ad una pur comprensibile misura di contenimento e controllo della pandemia, ma allo stesso tempo soggetto ad inaccettabile differenziazione dei diritti di ogni lavoratore, pur anche non vaccinato.
    Democrazia e partecipazione, lavoro e uguaglianza: sono parole d’ordine della Cgil e di chi difende la Costituzione e le libertà. Bisogna ricordarlo sempre, ancor più nei momenti di difficoltà e di tensione sociale.

  50. L’emergenza sanitaria si è trasformata in emergenza giuridica. Il virus cinese ci ha portato a somigliare, per alcuni versi irreversibilmente, a una società cinese. La privacy è stata degradata a pericolosa fissazione di pochi giuristi, tanto che è ormai impossibile conservare un qualche riserbo sul proprio status vaccinale. L’attacco al diritto di manifestare liberamente è sotto gli occhi di tutti. Le mascherine continuano a coprire il volto dei bambini. Parlo di emergenza anche giuridica anche pensando al fatto che ogni decisione relativa alla legittimità della gestione extra ordinem della pandemia è stata (capolavoro) rimessa ai giudici amministrativi (Tar e Consiglio di Stato), che hanno legittimato praticamente qualsiasi cosa (runner, occultamento di dati relativi alla mortalità etc.) sulla basi di autentici atti di fede. Questo appiattimento dell’autorità giudiziaria sulle decisioni delle autorità politiche ha concorso anche a minare anche la fiducia in chi, come me, credeva che in presenza di un abuso fosse (almeno) possibile sperare nell’esistenza di un giudice a Berlino.

    • 1/2
      Mi ha fatto impressione (negativa) mentre leggevo, trovare l’espressione “virus cinese”.
      Ma forse qua è usata piu’ che correttamente.
      “Virus cinese” non in riferimento al covid, ma al green pass!
      Il “virus del social credit”, che era già imposto in Cina ben prima che ci fosse un’epidemia.
      Pare proprio che in Italia e altri paesi EU si sia colto al volo il pretesto dalla pandemia per imporre anche qui il sistema sociale basato su “cittadinanza a punti”, transizione** di cui al momento il green pass costituisce le fondamenta.
      Un sistema basato sulla sistematica violazione della privacy (anche in termini di accessi agli edifici/uffici/ecc) e sul controllo continuo dei cittadini (una volta imposto il gp, e’ possibile man mano adattarlo inserendo divieti e togliendo diritti).

      Spesso si era intuito che il gp è qui per restare, anche dopo la pandemia.
      Pare che ieri Prodi abbia detto proprio questo. (ma chiedo conferme. Io ne ho sentito parlare in una rassegna stampa. Ora cercando trovo solo un articolo de “laverità” che ne fa cenno, mentre nei risultati della ricerca (su ddg.gg) pare si tratti di una sua intervista a IlMessaggero, ma non riesco a trovarla sul loro sito)

      Intanto si moltiplicano i casi sui media di articoli di propaganda-e-confusione: confonder greenpass con vaccinazione, spacciare gli anti-pass per novax.

      Su ilfatto, la vigilia del 15 c’era una timeline che parlava di vari porti/stabilimenti italiani con frasi del tipo “nessun problema previsto in Puglia dove i portuali sono vaccinati al 90%” dimenticando che la lotta è contro il lasciapassare ed esser vaccinati non vuol dire esserne a favore [mio fratello s’è vaccinato, controvoglia, solo perchè sotto ricatto, ed è ancora contrario al gp] o addirittura frasi tipo ” 20% i novax nel tal stabilimento/porto” .. appiccicando l’etichetta a chi per un motivo o per l’altro non si era vaccinato.

      Sempre su ilfatto un articolo (https://web.archive.org/web/20211014134336/https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/10/14/green-pass-da-grandi-aziende-tamponi-e-corsi-alla-bonfiglioli-la-fiom-fa-assemblee-pro-vax-de-masi-contributo-utile-ma-conflitto-resta/6353234/
      ) elogia aziende che “convincono i novax” (?), cerca di confondere idee con frasi tipo “i lavoratori italiani dovranno esibire il green pass per accedere al posto di lavoro o fare un tampone ogni 48 ore.” facendo intendere erroneamente che gp sia solo per i vaccinati (spariscono i non vaccinati tamponati e quelli che gli immuni per guarigione).

    • 2/2
      L’articolo, che è l’intervista a uno che suggerisce alle aziende “pagate voi i tamponi, se non vi conviene nel caso di un dipendente particolare significa che non lo sfruttavate abbastanza” (invito a licenziare?), prosegue addirittura criminalizzando l’uso dei tamponi, spacciandoli come un “sottrarsi alla legge”, cit: “conflitto tra un datore cui è accollato il rispetto della legge e un lavoratore cui è concesso di sottrarvisi solo con un tampone ogni 48 ore”, quando è noto che è la legge a prevedere il tampone tra le modalità per il gp e che chi non si vaccina NON si sottrae alla legge.

      L’articolo conclude sperando che venga messo l’obbligo vaccinale. (Decisione stupida, ridurre le diseguaglianze agendo al ribasso sui diritti. Un po’ come “per ridurre le diseguaglianze di genere”, in certi paesi anzichè eliminare la leva obbligatoria per i ragazzi, è stato invece introdotto l’obbligo anche alle ragazze).

      Poi c’è (http://web.archive.org/web/20211015152812/https://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2021/10/15/news/e-il-giorno-della-protesta-no-green-pass-a-trieste-i-cortei-e-la-manifestazione-al-porto-segui-tutti-gli-aggiornamenti-1.40812469) il famoso lapsus di Illy: lo Stato intervenga se si bloccano i varchi portuali
      “Scioperare è un diritto costituzionale, impedire con la forza di lavorare a chi vuole esercitare quest’altro diritto, è un reato.”
      Senza rendersi conto che il governo, tramite il greenpass, esercita violenza impedendo alla gente di lavorare.

      E il caso di “Landini citato male”. (http://web.archive.org/web/20211010183415/https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/10/10/assalto-alla-cgil-dodici-arresti-anche-castellino-e-fiore-forza-nuova-e-un-ex-nar-conte-e-letta-coi-sindacati-sciogliere-gruppi-neofascisti/6349354/).
      Landini: “Si deve sapere cosa ha prodotto il fascismo nel nostro paese: ha portato alla guerra, alla disperazione, alle morti, alle leggi razziali … ”
      Citazione ambigua de IlFatto: “bisogna sapere cosa ha portato il fascismo nel nostro paese: guerra e disperazione”, dice cose diverse a seconda del lettore.
      Uno potrebbe interpretare “guerra e disperazione” come cause del fascismo. La falsa citazione giustifica il fascismo, ne è quasi una difesa.

      **transizione è un termine agghiacciante, se pensiamo ad esempio chè è il nuovo nome del ministero dell’ambiente, guidato da uno che vuole il ritorno al nucleare e una burocrazia digitalizzata..

  51. da “il piccolo”

    Mattarella sulla protesta No green pass a Trieste: “E’ necessario ostacolare la deriva antiscientifica”

    Detto mentre la celere sparava lacrimogeni ad altezza d’uomo e spazzava via con gli idranti la “deriva antiscientifica” impersonata nel caso da operai in sciopero contro il dispositivo ricattatorio del green pass.

    La “scienza” imposta dalla celere. Gli “intellettuali” e i “compagni del twitter” che applaudono la celere.

    Coglioni studiati allo stato brado che pontificano cazzate culturaliste su Trieste italianissima, su Trieste ingrata verso l’italia, su Trieste col culto del corpo e della forza, su Trieste.

    Ovunque cervelli spappolati da 20 mesi di doppio legame schizogeno.

    Lo Spahn Ranch era un oratorio parrocchiale.

    • Io oggi ho avuto la disgrazia di vedere il tg1 dell’una. Prima c’era il servizio su Mattarella all’università di Pisa che appunto denuncia questa deriva antiscientifica. Il servizio successivo mostra le immagini di Trieste, e qui ragazzi si entra nel surreale puro: le immagini mostrano solo l’azione della polizia, idranti contro persone rannicchiate per terra, poliziotti che camminano che sembra le scene di The Wall, e la voce fuori campo racconta di guerriglia a Trieste con la polizia costretta ad intervenire. Dunque, nemmeno più si prendono la briga di sincronizzare le immagini e i testi. Tanto l’utente vede queste scene e si immagina la guerriglia e crede di vederla.

      • Non capisco di cosa ti stupisci. È da marzo 2020 che la mistificazione e la manipolazione dei dati anche più evidenti da parte dei media istituzionali e non è cosa quotidiana. Uno dice “no, questa roba non potranno farla passare per vera” e invece riescono a superare il limite. Qualcuno (Cazzola) aveva già suggerito di rispolverare i metodi del Generale Beccariis con i manifestanti: la giornata di oggi mi pare il terzo atto di una storia di violenza del potere e menzognera ricostruzione propagandistica mediatica che riguarda gli ultimi 20 anni di questo Paese (Genova-Val di Susa -Trieste: un curioso triangolo che delimita idealmente l’intero nord Italia). Ironicamente tra l’altro proprio oggi è morto (per complicazioni del covid pur vaccinato: ironia al cubo), Colin Powell, ovvero uno del manipolo che ha ordito forse il più grande complotto degli ultimi vent’anni (e anche qui totale asservimento dei media: salvo uscir fuori con le provette piene di farina a buoi ampiamente scappati).

    • Lo stato ha ormai decretato la nuova emergenza: l’esistenza di una sorta di fondamentalismo anti-scientifico che va combattuto di casa in casa come gli israeliani ‘spazzano’ i territori occupati a suon di missili, blindati e bulldozers ogni volta che un pugno di veri terroristi fa un graffio a un colono. La dinamica è quella.
      Le parole di pochi cialtroni su un social del cazzo sono la scusa per difendere una governance di burocrati che nella loro vita non si sono mai presi la briga di consultare un dizionario etimologico alla parola ‘episteme’. E il mondo accademico che fa?! Ostracismo verso i pochi che hanno, nella sostanza, detto: guardate che state prendendo fischi per fiaschi!
      Mi torna in mente un film visto e rivisto nella mia vita: Mississippi Burning. A un certo punto Gene Hackman dice che “questa scatola di vermi la potremo aprire solo da dentro”.
      Lo devo avere già scritto che la mia pergamena di laurea, settore agro-alimentare, con tesi sperimentale (ovvero ricerca con metodo scientifico), dopo questa faccenda, ho una voglia pazza di fumarmela…

      • Scusa Bradipo, ma te lo devo proprio dire: la tua analogia con Israele e palestinesi mi sembra completamente sballata, per usare un eufemismo. Con questo non voglio giustificare i metodi dello Stato. Metodi ripugnanti e che nulla hanno a che fare con il contrasto a “derive antiscientifiche”. Anche perché mi sembra che sta scienza ormai viene tirata in ballo per qualsiasi minchiata, e per dare un’aura di legittimità a la qualunque. Ottenendo il risultato opposto a quello sperato (chissà poi se lo sperano davvero…).

        P.S. Da marzo a settembre gli Stati Uniti hanno gettato 15 milioni di dosi di vaccino contro il Covid-19. Lasciate scadere e poi buttate.

    • @ Tuco

      «20 mesi di doppio legame schizogeno»

      Come sei magnánimo.

      Ma si è fatto male qualcuno? E degli arrestati cosa si sà. Sono sparit* nel vuoto? «Dio latte».

      In riferimento a quello che scrive Negante riguardo all’«utente [che] vede queste scene e si immagina la guerriglia e crede di vederla» vorrei dire che: dipende.

      La realtà è relativa. Dipende da chi stà guardando cosa, da che angolazione etc etc.

      Chi frequenta questo blog, per esempio, oltre ad aver visto, avrà anche sentito, in dolby stereo, risuonare forte, per l’ennesima volta, la voce del *fantasma* di Guy Debord:

      «Nel mondo realmente rovesciato, il vero è un momento del falso».

      Se mai ci fosse stato bisogno di conferma.

      È molto probabile che mi sbagli ma a me sembra di aver osservato, cosa complicata da lontano, compagni e compagne mettere «the spanner in the works» di un enorme macchinario economico. Mica tra le ruote di una bicicletta.

      Quindi cominciamo con il riconoscere che, da un punto di vista simbolico/economico, per quanto ambizioso lo sciopero ha funzionato. Mi sembra poi che la protesta, ferita ed esposta la bestia, si sia soltanto trasferita in piazza per un sit-in; anche solo per contarsi e decidere sul da fare (ripeto: correggetemi se sbaglio).

      Sempre osservarndo ho poi pensato che i tempi di intervento delle FdO fossero relativamente semplici da prevedere, analizzando qualche dato economico per esempio; mi piace immaginare quindi che qualcuno, all’interno del movimento, abbia previsto l’intervento violento, la tempistica e che quindi, preparandosi, nessuno si sia fatto troppo male.

      Insomma, da tutti e due i lati delle barricate, uno straccio di strategia per gestire le potenziali situazioni immagino vi fosse.

  52. É da ieri che ho ‘ste 2 note sulle diverse “aspettative” circa la protesta dei portuali, sia dal punto di vista di chi le osservava con speranza quasi messianica, che da quello di chi invece le osservava con lo sguardo del gufo, sperando che si palesassero per il covo di no-vax che si gli avrebbe dato ragione.
    Ormai sono vecchie e non ho lo spazio per commentare i fatti di oggi, ma voglio scriverle lo stesso ora che sono davanti al PC.

    Volevo ricordare che le “condizioni materiali” di un non-vaccinato antifascista contro il GP sono diverse da quelle di un vaccinato (escluso sputnik) antifascista contro il GP.
    Il secondo, se vuole, a lavorare può andare.
    Il secondo, quando dibatte con qualche pro-GP, può argomentare in punta di diritto senza prendersi del fascista o del decerebrato complottista (forse).
    Il primo, inoltre, si sente particolarmente solo. Se si guarda intorno nelle sue rivendicazioni, rischia di trovare proprio poca gente che la pensi come lui. E relativamente pochi compagni, rimanendo così esposto a catture e derive di altri gruppi che cavalcano la situazione.

    É naturale, quindi, che quando invece dei compagni come i portuali di Trieste si schierano (anche) dalla sua parte oltre a quella di tutti i lavoratori, con la chiarezza e la solidarietà di cui qui si è già detto, su questi si riversino aspettative più grandi di loro.
    Bene hanno fatto i WM, Alboliveri e tutti gli altri che sono stati capaci di continuare a osservare gli eventi in modo razionale, onesto e metodico, mentre io per esempio ero portato ad apprezzare le proteste contro il GP in modo più emotivo e “speranzoso”.

    Trovo però miope l’atteggiamento di chi ha osservato queste manifestazioni con eccessiva diffidenza, con mille distinguo, pretendendo, come ha ben detto Zora in un commento precedente, da Puzzer e dai colleghi che di mestiere fanno i gruisti, una chiarezza di vedute e una cristallina capacità politica quasi soprannaturali – per tacere dell’abilità a gestire la pressione mediatica – in assenza delle quali (e al primo eventuale sventolare di un tricolore) tutta la manifestazione sarebbe stata inequivocabilmente derubricata a “solita roba”.
    Tanto più miope visto l’esito.
    Il tutto mentre la gente più studiata (100 filosofi) pubblica documenti contro Agamben e a favore del Green Pass.

  53. Mi scuso in anticipo per il mio giudizio tranchant e poco “rispettoso” della complessità. Da triestino, quello che vedo in questo movimento, è la adesione compatta al becero individualismo del motto – tipicamente triestino – “me ciamo Toio e fazo quel che vojo” [mi chiamo Vittorio e faccio quello che voglio]. Non c’è nessun nucleo di lotta di classe, nè di critica al capitalismo.
    inoltre trovo che il racconto di InfoAut “dall’interno”, sia “sdolcinato”: Alister è un gruppo “pericoloso” per la disinformazione a-scientifica che fanno.
    Detto questo vi ringrazio per quanto scrivete e per lo spazio che mi date per esprimere questo mio pensiero.

    • Grazie a te per il “pensiero”. Diciamo che qui di solito ci si impegna un poco di più. E se senti di doverti scusare prima per quello che stai per scrivere, spesso è il segnale che il mondo può farne a meno.

      • Beh, ma allora mettete un disclaimer all’ingresso di giap: “se non avete almeno un dottorato in filosofia, non varcate questa home page: voi non ci capirete e noi non vi troveremo interessanti”. Così eviterete di avere a che fare, oltre con chi si impegna a scrivere brillantemente su queste pagine, anche con chi si deve impegnare già solo per leggerle. Visto che io ormai ho varcato la soglia, mi trattengo solo un altro attimo per segnalarvi che, nonostante i miei modesti sforzi, neanch’io sono riuscito a individuare tramite questo blog degli elementi di “lotta di classe” nel movimento di protesta triestino. Limite mio, quasi sicuramente. Ma se in futuro decideste di pubblicare, come ogni tanto fate, un post “riassuntivo” anche su questa vicenda, potreste – se vi va – ricordarvi che vi leggono anche quelli come me e DaveTheWave e venirci un po’ incontro.

        • Macché dottorato… a qualcuno farebbe bene andare a sbancalare al porto, altroché.
          Ci siamo arrivati, come avevamo previsto un anno e mezzo fa: i “compagni” che tifano polizia contro i lavoratori caricati con lacrimogeni e idranti. È l’estrema conseguenza delle cantonate prese nel primo lockdown, la ricaduta a pioggia dell’equivoco in cui troppi hanno voluto indulgere. Marco Revelli che parla di “marmaglia vandeana” fa venire i brividi. Un rictus così platealmente stalinista, snob, sprezzantemente antipopolare e antimarxiano come questo non si vedeva da non so quanto tempo.

          • Per fortuna c’è Mughini che allinea la rampogna pro-GP a un registro più consono ai suoi presupposti https://bit.ly/3pjX4S6 (se fuffington mi avesse chiesto un pezzo sul porto a Trieste lo avrei scritto uguale uguale, ma con intento parodistico perché qua a Trieste sto articolo fa davvero sganasciare dalle risate)
            In una congiuntura che vede totalmente abolita l’onestà intellettuale e i bias di conferma non solo non vengono più contrastati ma sono ora imbracciati come efficaci strumenti di analisi politica e “scientifica” (qualsiasi cosa voglia dire) proviamo l’esperimento mentale di rivoltare la colpa per associazione così impunemente usata dai “compagni per Draghi” in questi giorni: se chi difende i portuali si accoda a fasci e no-vax allora chi li critica si accoda alla narrazione nazional-patriottica sempre sottesa alle cariche sui picchetti operai (che Mughini solo esplicita come uno Švejk inconsapevole del suo fronte)?

        • Una mobilitazione di massa a cui partecipano, in prima fila, per settimane, operaie e operai di tutte le principali realtà produttive di Trieste (più volte elencate), contro uno strumento correttamente analizzato come discriminatorio e funzionale a un ulteriore inasprimento del controllo sulla forza-lavoro.

          Analisi che fanno tutti i sindacati di base – Cobas, USB, USI, CUB ecc., tutte le sigle sono contro il green pass – che negli stessi giorni, e per la prima volta unitariamente, convocano uno sciopero generale a cui a Trieste partecipa molta della stessa gente protagonista della mobilitazione di cui sopra.

          Un altro sciopero, quello del 15 settembre, indetto da sindacati di base (AOL Cobas e SOA).

          Un picchetto di lavoratori che riceve solidarietà da ampi settori della cittadinanza, sgomberato dalla polizia di un governo che è il più padronale e neoliberale di sempre, presieduto dall’ex-capo della BCE che pilotò lo strangolamento della Grecia.

          Tutto questo, eppure per riconoscere in questa storia “elementi di lotta di classe” servirebbe “un dottorato”.

          Paoz, non ti diciamo «bentornato» perché ti consideravamo già un nefasto e ottuso troll nel 2020. Del resto, sono i troll a intervenire senza leggere: tutte le cose appena rielencate erano già scritte nel post e nella discussione. Anche il “post riassuntivo” era già annunciato qui sopra, nell’intro, infatti Olivieri lo sta scrivendo. Ma lo sta scrivendo per aggiornare e approfondire cose che chi è intellettualmente onesto e non è un troll amico degli sbirri e di Draghi ha già avuto modo di leggere qui.

          Non è questione di essere poco istruiti, è questione di essere crumiri nell’animo, scoprirsi – vent’anni dopo il G8 di Genova – fan della celere e tenerci a venire qui a dimostrarlo. È questione di essere dei miserabili provocatori. Un disclaimer qui c’è, per quanto implicito: sono quelli come te che non vogliamo. Un operaio semianalfabeta che sta nella contraddizione è mille volte più colto di te.

        • Io sono il più ignorante di tutti, qui dentro. Ma vedo che quello dei lavoratori di Trieste, col rifiuto di dividersi tra vaccinati e non, in virtù del vissuto comune, pandemico e non, è stato finora l’unico tentativo di schiodare la lotta da quel piano totalmente orizzontale su cui è stata scientificamente deviata per nascondere il capitalismo. Se questa non è lotta di classe, è qualcosa che ci si avvicina abbastanza. Poi toccherebbe ai comunisti – dio can, è l’ABC… – lavorare perché diventi lotta di classe vera e propria. Il problema è che i comunisti su quel piano orizzontale ci stanno benissimo. Guardali, gli imbecilli con decenni di militanza alle spalle. Li vedi? Sono tutti quei puntini che se li unisci formano un cazzo.

  54. “Scusa Bradipo, ma te lo devo proprio dire: la tua analogia con Israele e palestinesi mi sembra completamente sballata, per usare un eufemismo.” minchia però, uno non può azzardare – con i maroni in fumo da un anno e mezzo e rotti – un’iperbole che subito arriva il moralizzatore di turno a redarguirlo…la vita è già dura, presa così poi… Comunque può non piacerti il paragone, ma i rapporti di forza a livello politico-mediatico non sono dissimili per quello che vedo e sento. Io mi sono rotto gli zebedei di ripetere le stesse cose: 2 mesi chiusi in casa, scuole chiuse per un quadrimestre, droni sui boschi, elicotteri sulle spiagge, funerali vietati, autopsie vietate, mezzi militari in colonna stile Myanmar, mascherine all’aperto, coprifuoco, inviti natalizi ministeriali alla delazione, viro-star che possono dire il cazzo che gli pare a qualunque ora su qualunque emittente, ministri che senza remora teorizzano pressioni psicologiche con tanto di prese per il culo, TSO mascherato, un lasciapassare che ti rende libero…tutto questo è stato una deriva anti-scientifica. A tutti i livelli.

    • Se scrivi un commento su un blog dove si discute parecchio, poi non lagnarti se qualcuno ti fa notare qualcosa sul tuo commento. Se non volevi nessuno a farti notare che quell’analogia (che ora hai ritrattato pure tu definendola iperbole azzardata) non sta in piedi, potevi scriverla sul tuo frigorifero. Siccome l’hai scritta qua, io te l’ho fatto notare.
      E te lo ripeto pure: quel paragone fa cacare.
      In Israele ammazzano ragazzini e spianano i fucili contro i palestinesi. Qui da noi i fucili puntati alla schiena non ci stanno ancora fortunatamente.
      Poi, se prestavi attenzione al resto del mio precedente commento, avresti trovato che sui metodi dispotici dello Stato siamo tutto sommato d’accordo.

      • “Se scrivi un commento su un blog dove si discute parecchio, poi non lagnarti se qualcuno ti fa notare qualcosa sul tuo commento. Se non volevi nessuno a farti notare che quell’analogia (che ora hai ritrattato pure tu definendola iperbole azzardata) non sta in piedi, potevi scriverla sul tuo frigorifero. Siccome l’hai scritta qua, io te l’ho fatto notare.
        E te lo ripeto pure: quel paragone fa cacare.”
        Se il mio paragone ti fa cacare amen. Me la prendo su. Se ci fossimo parlati avresti capito che la mia risposta voleva essere tutto tranne che lagnosa, anzi, ironica.
        Il tuo intervento l’ho letto fino in fondo. Non siamo così distanti e la questione per me si chiude qui.
        Dopo avere letto il commento di Giannini in un post qui sotto penso che abbiamo ben altro di cui preoccuparci. Pace e bene.

  55. Grazie Paoz. Si, non sono uomo di lettere, tutt’al più di numeri. Ho letto con attenzione e ribadisco che trovo forzata la lettura della lotta di classe. Non cito Lacan o Marx, ma vedo e riconosco le persone che hanno partecipato al corteo. Il tipico triestino Tojo di cui dicevo sopra. 0 culture , 0 scienza, 0 coscienza di classe, 0 pensiero critico, 100% individualismo. La protesta contro il green pass doveva assolutamente sganciarsi dai novax, così come si è sganciata dai fascisti – e anche qua, ho i miei dubbi, dai cori che sentivo alle facce che vedevo. Se poi questa testimonianza non aggiunge niente, o non stimola ulteriori pensieri, ribadisco i ringraziamenti, e torno a leggere e basta.

    • Perdonami, ma, allo stato attuale, mi sembra irrealistico pensare a una protesta contro il green pass completamente separata da un movimento no vax (e lo dico da vaccinato no green pass). Cosa diversa sarebbe stata se la parte che dovrebbe naturalmente svolgere una funzione critica rispetto a decisioni spesso abusive da parte del potere non fosse completamente anestetizzata, se non addirittura convergente rispetto alle posizioni di Confindustria. Immaginare, stante queste condizioni imbarazzanti dell’opinione pubblica e dei media in questo Paese, un movimento di opposizione al gp puro, monolitico e coerente mi pare un mero esercizio di stile e controproducente e che, tutto sommato, fa il gioco dei media filoconfindustriali e del potere politico-economico.

    • Salve a tutt*. Anche io sono nuovo del blog. Ne approfitto per presentarmi. Leggo Giap dall’inizio della pandemia, quando – per disperazione – cercavo in rete una chiave di lettura razionale di quanto accadeva intorno e, trovatala qui, sono diventato un assiduo lettore. Senza, tuttavia, mai commentare, un po’ perché non mi sentivo all’altezza, un po’ perché – in fondo – trovavo già ottimi approfondimenti tra i commenti. Dunque non ho mai sentito l’esigenza di aggiungere alcunché.
      Qui, però, mi sento di rispondere (anche se, a onor del vero, le “risposte” al commento di DaVeTheWaVe sono diffuse non solo tra i commenti a questo post, ma anche in altri articoli) giusto per precisare che il “100% individualismo” è una cosa abbastanza normale oggi, dopo 50 anni di indottrinamento edonista e 20 anni di annientamento dei movimenti di massa. E’ proprio per questo che la piazza triestina è un laboratorio di “rimassificazione” degli individui. Detta in termini più semplici: in un terreno privo di sostanza organica, il fatto che nasca dell'”erbaccia”, è una cosa buona. Magari agli occhi del cittadino inurbato quell’erbaccia non significa niente, anzi, ha un significato negativo. Ma agli occhi del contadino, quello è un primo passo affinché quel terreno diventi “colto”.
      Ecco, appunto, colto.
      Quello della “cultura” è un processo, non un determinismo netto. E l’etimologia del termine “cultura” è legata al processo di coltivazione della terra, di crescita e maturazione (da qui culturismo, culto, ecc.). Quindi per arrivare ad una “cultura collettivistica” che giunga ad una coscienza di classe, da qualche parte bisogna pur partire e bisogna guardare con entusiasmo al fatto che prima debba nascere l'”erbaccia” in un terreno incolto ed avvelenato dall’agrochimica. Se estirpi l’erbaccia e lasci il terreno avvelenato, senza concimarlo, torni punto e accapo.
      Quindi è importante osservare quanto accade, senza dare giudizi affrettati e sempre considerando che ogni esperienza collettiva è un processo, un qualcosa in divenire, che se oggi è così, domani può diventare un “colà”. Spetta poi alle anime più critiche dare la giusta direzione e quando Olivieri parla di “curvatura”, non sta dicendo che d’un tratto siano diventati tutti dei compagnoni, ma che il processo sta assumendo una direzione pressappoco corretta. Ma i rischi di perdersi, come del resto le possibilità di non farlo, sono sempre presenti. Quindi è un lavoro che va fatto di continuo. Non so se sono stato chiaro.

    • Ah, meno male che sei un uomo di numeri. I tuoi numeri sono zero, zero, zero, zero, e cento per cento. Figuriamoci se eri un uomo di lettere cosa ci propinavi! Per favore, su, non farci perdere tempo.

    • «venirci un po’ incontro […] anche [a] quelli come me e DaveTheWave»

      L’unica cosa che potrebbe avere un qualche effetto, venendovi incontro, a tipi come voi, sarebbe un bel PBR; e anche lí, probabilmente, tra le grida di dolore e le lacrime, vi scervellereste per dare un senso all’accaduto, una qualche pugnetta mentale che riesca a giustificare l’assurdo; vi accanireste a trovare un nesso, una motivazione, un qualche appiglio che vi aiuti a rimanere attaccati a questa vostrà realtà da privilegiati, piuttosto che cominciare a considerare quanto sia insostenibile.

      Siete da compatire.

      Tranquilli, comunque, è solo questione di tempo; se non a voi, quel bussolotto di gomma arriverà probabilmente addosso alla generazione successiva, quella dei vostri figli o dei figli dei vostri figli; perché siete degli illusi e come tali non vi accorgete che state mettendo la vostra intelligenza a profitto dell’ignoranza e del suprematismo.

      P&L

  56. E ancora ieri sera il tg di la7 mostrava le scene finali di un episodio di Black Mirror.
    Tutti felici e contenti per la vittoria del loro padrone con sullo sfondo lo spettacolo pietoso delle 70 persone riunite in piazza SS Apostoli a festeggiare “il trionfo del PD”.
    Dopo 3-4 servizi che sciorinavano le cariche ottenute (a tutti gli effetti senza suffragio universale), sono passati a mostrare piazza Unità a Trieste gremita di persone sorvolando su tutto quanto a Trieste è successo, su tutto quello che è stato vissuto.
    Sono queste le immagini che rimangono: piazze vuote con una claque di 70 persone ad ascoltare un festoso nastro suonato agli altoparlanti e piazze gremite di zombie che tentano di arrampicarsi sui muri di cinta della “città fortificata”, rampognati dalla guardia civile.
    Come gli zombie fanno schifo, come gli zombie sono pericolosi, come gli zombie emettono mugugni senza senso.

  57. Oggi su Repubblica Gianni Riotta – che Glenn Greenwald memorabilmente definì «the opposite of journalism» – ci addita al pubblico odio in un articolo che vorrebbe scomunicare e additare al pubblico odio chi critica il green pass “da sinistra”.

    Il passaggio che ci riguarda è – come stupirsi? – disinformato, datato e pieno di errori: ci attribuisce un documento non nostro che segnalammo due mesi fa ma di cui criticammo alcuni punti, estrapola e cuce a modo suo micro-virgolettati da un post dell’agosto scorso e in generale omologa la nostra critica a quelle, diverse, portate avanti di altri soggetti con cui non abbiamo rapporti.

    Qui il metodo è trasparente, ricostruibile in ogni fase:

    1) Riotta ha letto un altro articolo uscito ieri a firma di Matteo Pucciarelli, – superficiale ma fattualmente non scorretto, che però non chiariva la nostra posizione sul «Kit di pronto soccorso antifascista» e conteneva uno “specchietto” in cui questo veniva tout court attribuito a noi;

    2) ha cercato su Google il nome del documento;

    3) ha dato un’occhiata rapida ai primi capoversi di quel post di agosto.

    4) è partito per la tangente.

    Fine. L’«inchiesta» è consistita in questo.

    Noi oggi ci aspettiamo un mega-shitstorm sui social con tentativo di lapidazione
    pubblica. La corazzata mediatica si sta muovendo per rendere illegittimo e criminalizzare ogni “stecca” rispetto al coro che canta le lodi del governo Draghi, facendo passare critiche politiche per «rifiuto della Scienza».

    Questi sono prezzi da pagare per il nostro lavoro di smontaggio delle narrazioni tossiche dominanti. Non sono in toto evitabili.

    Come sempre, portiamo pazienza. Il lavoro prosegue.

    • Qualche nota, e solidarietà, da Genova.

      Ieri mattina ero al presidio di portuali e antagonisti davanti a uno dei varchi del porto, dove abbiamo appreso in diretta, con molta angoscia, dello sgombero a Trieste. Poi nel pomeriggio, in aula, ho affrontato la parte del corso che tratta il rapporto fra Scienza (con la maiuscola, al singolare: “scientismo”, quindi, o positivismo gretto) e modernità. Ho detto le stesse cose che dicevo prima della pandemia, usando in appoggio gli stessi autori di allora: Kuhn, Toulmin, Feyerabend, Stengers (che ovviamente possono non piacere, ma non sono proprio delle pippe). Internamente, dunque, il discorso non è cambiato; è lo sfondo su cui viene fatto a essere, rispetto a due anni fa, irriconoscibile.

      Il cambiamento intervenuto si potrebbe sintetizzare così:
      – la capacità di lettura critica dei fenomeni, che fino a due anni fa era reputata indispensabile per comprendere il mondo in modo non banale, oggi è ricusata come antiscientifica;
      – il positivismo gretto, che fino a due anni fa era segno diagnostico di torpore intellettuale, oggi è “Credo”, professione di fede indispensabile a qualificarsi come interlocutori validi.
      In questo modo, una delle ragioni di vero e sacrosanto vanto delle scienze (il fatto di essere attività conoscitive libere da dogmi e spregiudicate) è stata rovesciata nel sinistro “la scienza non è democratica”. Una sorta di deriva assolutistica e inquisitoria, con conseguente streghizzazione degli avversari.

      Le/gli student* che ho di fronte sono tristi e confusi, ma anche molto potenziali. Avvertono intorno a sé contraddizioni che non sanno interpretare (e quindi, come spesso accade, le somatizzano), ma sono rapidissimi nel cogliere le aperture, le vie di fuga, gli spazi di rilfessione intelligente. Quelli più grandi sono già in una sorta di mobilitazione r/esistenziale. Chissà che l’articolo di “Repubblica” non finisca (anche) per far convergere su Giap un altro po’ di compagn* di strada?

    • Brevemente, al governo a Mattarella ed alla stampa basti ricordare che il periodo in cui si supponeva la Scienza essere legata ad un libro rivelato e perciò inconfutabile, e che fosse possibile trovare le verità del libro del mondo attraverso le verità del libro di Dio, risalgono agli albori della stessa, ed in particolare le sue ultime e più illustri espressioni le troviamo proprio in Isaac Newton, nel suo periodo giovanile, tra gli anni ’60 ed 80 del 1600 (essendo Newton nato nel ’24) ed in particolare nel suo Trattato sull’Apocalisse, misconosciuto o tacciato di esoterismo, perché ritenuto imbarazzante; e che di tali sforzi, probabilmente anacronistici oggi, se ne occupano mirabilmente in molti ed interessanti manuali, la storia e filosofia della scienza.
      Avendo appunto, la filosofia nel corso dei secoli seguenti, perlopiù abbandonato la credenza in verità assolute, anche scientifiche, rivelateci da altre entità rispetto a noi, risulta inattuale, fuorviante e culturalmente controproducente appellarsi a supposti fideismi scientifici..
      Senza spaventarsi troppo, come del resto fate sapientemente, per tali critiche.

    • Per ragioni personali sono alle prese con una sovraesposizione mediatica come non mi capitava da anni. Ne approfitto per mettere assieme alcuni spunti che potrebbero essere utili. Ieri Giannini, il direttore della Stampa, eccetera eccetera, su la7, commentando il risultato elettorale ha espresso un concetto che mette assieme, seppur con diverse gradazioni, gran parte dell’élite mediatica in questo momento. Lo riporto: “con la stagione draghiana le ragioni e i motivi per protestare sono sempre di meno. Sappiamo quello che dobbiamo fare. Dobbiamo lottare contro la pandemia e lo stiamo facendo.” Mi sembra mostri bene l’autoritarismo e la miopia/faziosità che dominano il discorso ufficiale oggi.
      C’è poi un problema di critica delle fonti che credo sia uno dei maggiori risultati di GIAP sul racconto di Trieste. Guardando però il mainstream, ci sono due grandi categorie: il giornalista “in vestaglia” rafforzato dal “restateacasa” e il giornalista di campo che opera cognitivamente da dentro lo sguardo citato sopra. In breve si oscilla da “la ricostruzione secondo tal de tali” (per esempio il Post) alla io/noi (come testata) c’eravamo e vi raccontiamo l’accaduto (es. Open). In entrambi i casi ci si muove sulle fratture degli eventi portando l’attenzione sulla percentuale di portuali vs “autoinvitati” e “triestini” vs “resto del mondo”. Il racconto è strutturalmente segnato da tempi produttivi che non combaciano con gli eventi. I problemi emergono quando il primo tenta di forzare i secondi etnicizzando/identificando la protesta invece di produrre uno sviluppo dei temi del malcontento. Niente di nuovo, insomma. Ecco infatti che nel momento in cui l’azione potrebbe sviluppare la protesta (l’assemblea in Piazza dell’Unità) arriva “la guerriglia urbana”. Gli identificati sono così anche criminalizzabili tra le infiltrazioni paramilitari di Forza Nuova (il Manifesto) a chi li inquadra per la pochezza degli argomenti “no green pass”.
      A questo proposito vorrei segnalare un articolo della Gabanelli. Dimostra una tendenza verso l’endemizzazione del covid legata anche alla vaccinazione, ma a me pare che i numeri potrebbero essere letti pure come dimostrazione dell’inutilità del green pass. Lascio questo quesito a chi ne capisce più di me.

      • @Bar Occo. La fregnaccia che citavi tu Giannini l’ha ripetuta anche stamattina, ma gli ha dato una connotazione ancora più inquietante, qualcosa sulla falsariga di:
        “Esaurito il voto di protesta di 4 e 5 anni fa, hanno vinto i buoni. Il voto di protesta si è esaurito perché Draghi è perfettissimo e nessuno ha più nulla da protestare”.
        Come sono soliti fare, questi passano sopra a tutto con la ruspa: lavoratori uniti a protestare contro il ricatto del GP e periferie nere di disperazione che non votano (solo per citare alcuni dei punti caldi).
        Ogni cosa è sommersa dalla pax draghiana, come da una slavina.

  58. 1/4
    Devo iniziare l’aggiornamento sulla mobilitazione triestina da un primo dato di realtà: lunedì mattina il governo Draghi ha spazzato via la lotta che da settimane aveva portato migliaia di persone, vaccinate e non, a protestare contro il GP nelle strade di Trieste e davanti al varco 4 del porto della città. L’ha fatto usando cannoni ad acqua, manganelli, scudi e lacrimogeni contro i corpi di migliaia di persone riunite in un picchetto operaio. L’ha fatto anche usando un dispositivo mediatico che in questi giorni ha ripetuto all’infinito, perlopiù unanime, la storiella secondo la quale questa sarebbe una falsa lotta su un falso problema, negando che quanto stava accadendo avesse a che fare con parole come «sciopero» e «diritto al lavoro», e scavando tra tutto ciò che questa piazza poteva fornire per puntare i fari solo sugli aspetti che la raffiguravano come un coacervo di fanatici fascistoidi.
    Secondo dato di realtà: mentre verso le 21 iniziavo finalmente ad andarmene a casa – ma ci sarei comunque arrivato molto dopo – erano ancora in corso: un presidio di un paio di migliaia di persone davanti alla prefettura, i raid di polizia e carabinieri con idranti e gas nella zona a ridosso dall’ingresso del porto e, ancora in altri luoghi, diverse riunioni di realtà cittadine che nelle settimane scorse avevano trovato nel Coordinamento cittadino NoGreenpass un terreno comune.
    Che io sappia il coordinamento, nella forma collettiva che aveva avuto, lunedì non si è riunito, e tutto quanto accaduto dalla mattina in poi è andato avanti secondo dinamiche imprevedibili e caotiche. La positiva curvatura di cui scrivevo nell’articolo che ospita questi commenti, che aveva avuto il merito di portare il discorso contro il greenpass sui binari dell’opposizione sociale e del mondo del lavoro al governo Draghi, con l’attacco militare della mattina ha subito una diversione e la ricombinazione di molti degli elementi che descrivevo, sulla cui portata è ancora prematuro fare valutazioni.

    • 2/4
      Lo sgombero – svolto nella modalità infame di far avanzare le truppe di Draghi dall’interno del porto franco – ha mostrato che quanto avvenuto nei giorni scorsi è stato un vero blocco della produzione e ha seriamente messo in scacco l’idea, ampiamente riaffermata con la pandemia, che questa debba andare avanti a qualsiasi costo. Anche questo è un dato di realtà. E lo ribadisce la colonna chilometrica di camion provenienti dalla frontiera slovena che, a causa dei blocchi stradali su viale Campo Marzio, ha paralizzato fino a tarda sera tutto l’asse viario retroportuale. Tanto più che, per tentare di rimuovere quei blocchi, cannoni ad acqua e lacrimogeni sono stati usati per tutto il giorno fin dentro un paio di rioni molto popolati scatenando la rabbia degli abitanti, di cui molti sono scesi in strada per inveire contro la polizia. Che ha ricambiato i saluti con altra acqua e gas.

      Tolti di mezzo i dati di realtà, resta la difficilissima lotta intrapresa, che è un processo in divenire, e pertanto andrebbe giudicata non passo passo, e tanto meno post di Facebook per post di Facebook, ma valutata per quanto produce in termini di eccedenza dei soggetti che la praticano e di prospettive che apre per altre lotte.
      Il Coordinamento NoGreenpass, come dicevo, non si è riunito ma in tarda serata ha diffuso questo comunicato. In precedenza circolava un documento firmato solo «il coordinamento», nel quale si annunciava che, dopo un colloquio con il prefetto, si era ottenuto un incontro col ministro Patuanelli per sabato 23 ottobre, fino al quale sarebbero proseguite le mobilitazioni per la revoca del decreto. È in effetti il risultato dell’incontro in prefettura al quale hanno partecipato solo Stefano Puzzer – che da due giorni non è più chiaro se rappresenti ancora il sindacato Clpt o meno – e un esponente del famigerato movimento antivaccinista 3V, incontro improvvisato senza averne discusso con le altre realtà del Coordinamento. Un fatto grave, ma anche poco significativo a mio avviso della realtà delle cose e che andrà verificato nei prossimi giorni.
      Di certo è il frutto di due torsioni problematiche di tutta la vicenda. La prima è la personalizzazione dei media sulla figura di Puzzer, che già sabato scorso aveva segnato la disastrosa giornata iniziata con l’arrivo di Montesano, poi l’annuncio unilaterale del Clpt di terminare il presidio e la successiva smentita della stesso.

      • 3/4
        La mia impressione è che quest’ultima non sia stata causata, come scritto dai giornali, dall’opposizione di tutto il Coordinamento cittadino: so anzi che le componenti di compagne e compagni e gli altri lavoratori, se i portuali l’avessero richiesto su un piano di chiarezza, molto probabilmente avrebbero rispettato la decisione. Chi si permetterebbe di forzare un gruppo di lavoratori a continuare il blocco della loro realtà produttiva contro la loro volontà? Eppure c’è chi ha approfittato di una situazione favorevole per farlo, ovvero gli antivaccinisti 3V di Ugo Rossi e dello psichiatra Marco Bertali. Questi, fino a quel punto contenuti nell’ambito collettivo, e di fatto impegnati perlopiù a ricavarne il magro vantaggio elettorale dovuto al fatto di essere la sola formazione politica a supportare la mobilitazione, hanno però sfruttato un aspetto non del tutto previsto del presidio, ovvero l’arrivo di molte persone da fuori città, e tra queste di gruppi antivaccinisti, nemmeno troppo numerosi ma molto attivi nell’infilarsi nelle discussioni, nelle assemblee, nell’innescare tensioni contro la stampa, nell’inquinare i discorsi con slogan insensati e pertanto efficaci a eccitare la folla.
        Un aspetto che temo da fuori non sia stato compreso, è che da venerdì mattina il blocco al varco 4 si era trasformato in un’agorà enorme e brulicante, davvero moltitudinaria e a tratti molto ricca sul piano delle relazioni. Se ho usato in precedenza l’immagine del circo è perché tra compagni siamo stati a tratti affascinati dallo straniamento generale che quanto stava avvenendo provocava in tutti, compresi i portuali che erano gli unici a riconoscere quel luogo, sconosciuto alla stragrande maggioranza dei triestini, come familiare. Nella giornata di sabato a questo si è aggiunto l’arrivo di centinaia e centinaia di persone da fuori città, un elemento straniante a sua volta, accolto da molti con grande calore e gioia e nella maggior parte dei casi per niente problematico.
        Ma purtroppo anche controverso e complicato da gestire, che ha creato i problemi di cui sopra e ha permesso alla stampa di avere molto più materiale in cui scavare per confezionare lo stereotipo della massa irrazionalista e fanatica. Di questo Rossi e Bertali – impegnato di continuo a coinvolgere persone in momenti collettivi di meditazione o musicali a sfondo new-age – si sono avvantaggiati per stritolare le rivendicazioni collettive e dei lavoratori tra il loro protagonismo mediatico e quello di Puzzer.

        • 4/4
          Come scrivevo, i compagni e le compagne che sono state l’anima più lucida e che ha permesso di innescare l’anomalia delle piazze No Greenpass triestine, si sono trovati in questi giorni ad avere a che fare con una mole immensa di cose da fare e problemi da risolvere – e tra questi il minore, devo dire, erano i pochi militanti fascisti triestini, smarriti più di chiunque altro nell’interpretare cosa stava accadendo, e tuttalpiù capaci di avvicinare solo qualche portuale conosciuto per contiguità di tifo calcistico.
          Questa componente di compagne e compagni non ha potuto contare in questi giorni sulla complicità naturale di chi, solo pochi anni fa, sarebbe accorso perlomeno da tutto il nord Italia a supportarli, con le competenze tipiche di contesti di movimento: mediattivisti, filmaker, musicisti, deejay, attori, performer, makers… E invece, come purtroppo era prevedibile dopo questo maledetto ciclo virocentrico, pochissimi si sono fatti vivi (così come a scrivermi ieri mattina, mentre si diffondevano le immagini delle cariche con gli idranti, sono stati una manciata di fratelli, tra cui diversi da Bergamo… per dire di venticinque anni di relazioni nelle lotte da buttare nel cesso, o da buttarsi alle spalle con la galera che mi sono costati).

          C’è stato però un momento della serata di venerdì, quando la notte è passata a «far fraja», in cui per un’ora dalle casse dell’impianto audio del blocco sono passati in rassegna pezzi anni Novanta di 99 Posse, Sud Sound System, Asian Dub Foundation, Rage Against the Machine… Quando mi sono sbracciato tra la gente che ballava per arrivare al bancone ero convinto che ci avrei trovato qualcuno dei compagni presenti – nati politicamente con l’Onda e Occupy Trieste nel 2011. Ed ero già pronto a gridargli «ciò, ma coss’te meti ‘sta musica de veci?». E invece davanti a me due volti raggianti di portuali quasi quarantenni, nei quali ho infine riconosciuto i tratti di due ragazzini che, all’epoca, frequentavano i nostri spazi. Ora cresciuti, molto più arrabbiati, ma ancora capaci di sapere che non conta per chi suoni, ma che tu gli faccia venire voglia di ballare con la tua musica.

          • Un addendum: la piazza triestina di oggi, come in parte quella di ieri sera in piazza Unità mentre Puzzer leggeva gli accordi con la Prefettura, è disertata dai compagni, i portuali sono praticamente spariti, come buona parte delle componenti del Coordinamento cittadino. Di fatto quella piazza in questo momento è non molto dissimile a quelle delle altre città (perlomeno per come vengono raccontate), in attesa delle varie riunioni che si terranno oggi, perché la gente che davvero non molla mai, nemmeno muore mai. E questo è sia un dato di realtà che l’orizzonte che credo andrebbe sempre mantenuto.
            Quello che mi aspetto oggi, e che credo verrà mediatizzato, sono capannelli di antivaccinisti che pregano, gli inni nazionali e le bandiere che fino a ieri erano del tutto assenti, qualche colpo di mano di chi crede ora di intestarsi «la protesta», tipo tentativi di cortei non concordati e forse l’incontro col neoeletto sindaco Dipiazza, che andrà a catechizzare «le pecorelle smarrite novax» per riportarle all’ovile.
            I molti triestini e triestine che in queste settimane hanno partecipato alla mobilitazione e che non hanno chiari i delicati equilibri che avevano permesso la nascita del Coordinamento e poi il coinvolgimento dei portuali, stanno iniziando a mangiare la foglia. Molti si recano in piazza o in porto Vecchio, ma alcuni iniziano a dire alle persone che continuano ad arrivare da fuori città che con le cariche di ieri il movimento triestino si è frantumato, e che ora sarebbe il caso che la lotta, di vaccinati e non, per il diritto al lavoro e contro il ricatto al greenpass, inizi anche altrove.
            Come scrivevo domenica, e come si è puntualmente confermato, vale la pena notare che a votare per il ballottaggio è andato il 44% degli aventi diritto, e il centrodestra, in cui FdI è ora dominante, ha vinto di misura. Cade quindi anche la vulgata secondo la quale i greenpass farebbero il gioco di questa gente.
            È semmai vero quanto finalmente oggi alcuni osservatori della stampa mainstream dicono a denti stretti, ovvero che le piazze contro il greenpass hanno a che vedere col bisogno di partecipazione e la totale delegittimazione e non rappresentatività di tutto il mondo politico, che si definisca di maggioranza o di opposizione. A questo aggiungerei quello sindacale: proprio dalle presenze dei portuali è risultato chiaro che se il Clpt non li rappresentava tutti, la rabbia per l’assenza delle altre sigle era un evidente segnale di scollamento totale.

  59. Molti compagni del mio collettivo, ai quali spesso riporto le discussioni e gli approfondimenti di Giap, stanno facendo una riduzione “ad Pappalardum” delle mobilitazioni di Trieste la qual cosa mi ha lasciato molto ameraggiata.
    Altri dicono che la posizione dei sindacati confederali di chiedere un tout court obbligo vaccinale del governo è la migliore risposta, dal punto di vista sindacale, al presente im-pass-e (!)e questo mi ha lasciato ulteriormente amareggiata perché vedo che dopo due anni non siamo ancora riusciti ad uscire dalla dicotomia strumentale no-vax si-vax.
    A questo punto ho invitato tutti ad andarsi a vedere l’ultima lezione sul virus di Burioni che imita Piero Angela da Fazio, veramente esilarante, lamentando il fatto che in Italia, una persona che voglia approfondire minimamente certi temi abbia come alternative da una parte Burio e co e dall’altra Montesano e Pappalardo (quando chiunque sa che non sia così).
    -brevemente in quel video si fa una strumentale confusione tra virus e malattia-.

    La posizione dei sindacati sull’obbligo vaccinale inoltre la considero molto pericolosa.
    Un po’ per le motivazioni addotte in altri commenti sopra, ed un po’ perché, se un giorno adottata dal governo, rischia veramente di esautorare tutti i discorsi sulla polarità vaccino si/no: si progressisti buoni, no fascisti cattivi, apparentemente costringendo ciascuno, compresi i lavoratori, a prendere posizione tra l’una e l’altra scelta e portando la discussione ancora più verso forme vaccino/virus centriche.
    Sappiamo come il sistema in quel caso potrebbe mantenere cmq il green pass adducendo al fatto che “era chiaro a tutti che non fosse una mera norma sanitaria” adducendo qualsivoglia scusa per mantenerlo.

  60. “Poiché anche un fossile può essere scagliato come corpo contundente e un archivio rivelarsi un’arma, in via del tutto eccezionale e per un solo istante torniamo a questo profilo-fossile e a quest’archivio, per un loro uso d’emergenza.”
    Che ficata di ritorno temporaneo!
    Ce ne sarebbe stato bisogno molte volte in questi due anni, ma capisco la necessità di usare la cartuccia in questa occasione.
    Comunque oltre al killeraggio da “the opposite of journalism”, ci stanno compagne e compagni che vi difendono da collettivi di inconsci che sparano sentenze a cazzo ed estrapolano commenti sacrosanti di tuco per farvi passare da stronzi.
    Solidarietà!

    • Ce l’hanno segnalato, comunque non sono stati «collettivi di inconsci» a confezionare quel falso: si tratta di una singola persona, sempre quella, da anni ossessionata da noialtri. Gli appariamo in ogni momento come fantasmi che lo tormentano. Non possiamo – né del resto vogliamo – farci niente.

      Nessun «ritorno», l’eccezione è già alle spalle.

    • Non so cos’abbiano fatto su twitter coi miei commenti, e credo di non volerlo sapere. Quello che so è che disattivare il mio account twitter è stata una delle cose più sagge che io abbia fatto in vita mia, forse la più saggia dopo aver smesso di fumare. Come per le sigarette non è stato per niente difficile. Un giorno mi sono detto: ma che cazzo! E ho smesso. Invecchiando si capisce cosa fa star bene e cosa fa star male. Ho appena sostituito la “cassetta” della bici da trekking, che dopo 17 anni aveva i cuscinetti a sfera esausti, e questo mi fa star bene. La bicicletta mi ha salvato la vita in più di una situazione.

  61. Scrivo da una posizione di totale sgomento. Sarà che, come scrivevo a commento del post sul “Ritrovarsi”, questa situazione sta pesando moltissimo sulla mia psiche, sarà che mi sta facendo vivere una lancinante frattura tra il sentirmi profondamente individualista e profondamente desideroso di contribuire ad un movimento come mai mi era successo prima… non nascondo che le immagini di ieri mi hanno mosso alle lacrime. Certamente questo momento sta mettendo sotto pressione la salute mentale ed emotiva.

    Ogni cuore o faccina “ahahah” alle notizie di Repubblica e Open su Trieste è stata una pugnalata.

    Grazie a tutt* per i resoconti da Trieste. Non so come evolverà la movimentazione di Trieste, non ho esperienza e conoscenza di queste dinamiche, qualcun* può fare ipotesi realistiche nel medio periodo? Certamente farà un salto a Trieste nelle prossime settimane per vedere con i miei occhi.

    Ieri parlavo con un’amica. Discutevamo dell’aspetto davvero trasversale e caotico del movimento, come molti qui hanno già esposto magistralmente. Da destra a sinistra, dall’ecologismo all’antivaccinismo ecc… Ci sono anche realtà cristiane “rivoluzionarie” che si stanno battendo con una lucida e una forza inaspettate, non solo contro il g.p. ma criticando il sistema neoliberale! Ho scoperto il filosofo cristiano Marco Guzzi e devo dire che non si sta risparmiando da questo punto di vista.

    Ecco, ieri, a proposito di questo la mia amica si domandava invece il perché di due rumorose assenze: quella dei movimenti femministi e quella della comunità LGBTQI+. In effetti non mi risulta ci siano realtà da questi mondi che hanno scelto di partecipare alle proteste… o sbaglio?

    Aggiungo una mia impressione: dopo la giornata di ieri ho notato, nei gruppi Fb di stampo culturale/filosofico che frequento, molto numerosi e spesso fondati da realtà filosofiche famose e autorevole, non si sia accennato per nulla a quello che è accaduto a Trieste o, se li si è fatto, solo in modi che non entravano davvero nel drammatico di questi avvenimenti.
    Ecco, le motivazioni sono state più o meno le stesse: non parliamo di quello che sta accadendo per non estremizzare maggiormente le polarizzazioni. Mi chiedo: ma a questo punto è davvero un modus operandi valido e sensato dalle “comunità” che vogliono portare il pensiero critico tra le persone? Io questo equilibrismo ecumenico non riesco più a giustificarlo e comprenderlo.

  62. scusami @albolivieri, ma non capisco bene una cosa: perché i compagni stanno disertando le piazze triestine più in vista di queste ultime 48h? Io le sto seguendo parecchio in live su localteam, quindi vedo più o meno la composizione delle prime linee, ascolto i discorsi che si fanno al megafono, guardo se ci sono bandiere e sento che cori vengono intonati, e l’impressione che me ne sono fatto non è quella di una particolare somiglianza con le mobilitazioni di altre città, piene zeppe di novax, fasci, patrioti e quant’altro. Somigliano molto di più alla parte inerme dei cortei di vent’anni fa a genova. Magari c’è meno consapevolezza politica, meno capacità di dribblare toni e parole d’ordine a cui la sinistra è comprensibilmente allergica, ma dal mio punto di vista niente che dovrebbe portare un compagno a disertare.

    • Hai ragione, e ti ringrazio per far emergere un dato che per i compagni e le compagne era evidente nei giorni scorsi, ma che tra i gas e gli idranti e i ribaltamenti di senso dei media nazionali, ieri si è un po’ perso, come il fatto che gli attestati di solidarietà da chi comunque dovrebbe interpretare d’istinto il significato degli scontri di ieri siano stati ancora troppo pochi. Per paradosso lo fa meglio Il Fatto Quotidiano col titolo di oggi: «Trieste, tornano manganelli e idranti. I fascisti li scortano, i no pass li caricano».
      In realtà gli stessi compagni mi dicono di essere di nuovo in piazza anche stamani, in uno scenario intossicato da quanto successo ieri e da quanto descrivevo più su, ma comunque tuttora in evoluzione, come dicevo.
      Il Coordinamento cittadino NoGreenpass si riunisce oggi e si stanno rincorrendo le riunioni.

      • E finalmente è arrivato il momento di dire due cose su Puzzer e il Clpt. Il personalismo di Puzzer ha fatto telare anche molti portuali delle centinaia presenti da principio, ma è tutta gente che continua ad avere un problema concreto riguardo alla possibilità di lavorare. E ora anche un nuovo problema di rappresentanza perché nel Clpt volano stracci. Va però segnalato – e certi vecchi esperti del movimento operaio e di quello portuale triestino in particolare lo sanno bene, ma ora non lo dicono più – che Clpt nasce più o meno con l’arrivo di Zeno D’Agostino alla presidenza del porto, e i miglioramenti delle condizioni di lavoro degli ultimi anni sono stati il frutto del lavoro dialettico ma collaborativo proprio tra D’Agostino e il Clpt di Puzzer e Sandi Volk (e sarebbe molto interessante sapere cosa pensa davvero in questo momento questo storico antifascista, che però tace).
        In sostanza: D’Agostino arriva e fa una vera rivoluzione nei complessi meccanismi del porto di Trieste, soprattutto migliorando la parte ferroviaria retroportuale e ridimensionando certe storiche rendite di posizione del padronato. Analogamente per farlo – l’Autorità è un ente di mediazione tra capitale e lavoro – ha bisogno di una controparte sindacale non collusa con i vecchi meccanismi – fino a qualche anno fa in porto era maggioritaria la Cisl. Il Clpt ha svolto questa funzione. Per questo fin dall’inizio mi girano i coglioni per il fatto che qua si indica la luna del complesso mondo del lavoro portuale, e troppi invece guardano il dito Stefano Puzzer.
        Quest’ultimo ora ha deciso di farsi sequestrare dal coordinamento antivaccinista ContiamoCi, con cui è salito in Prefettura ieri e oggi annuncia la fondazione di un nuovo coordinamento chiamato «15 ottobre». Ma al di là di questo passaggio, che sancisce ufficialmente la rottura, credo non vada dimenticato che il Clpt aveva impresso una svolta decisiva alla mobilitazione rinunciando alla vittoria parziale dei tamponi gratuiti per i portuali per chiedere che fossero previsti per tutti (e negare che non fosse solidarietà di classe questa è davvero miope, soprattutto per chi qua sa che i portuali la esprimevano sinceramente).
        Credo che così si capisca meglio che questa vicenda non poteva essere letta aprioristicamente, valutando le singole persone e nemmeno i singoli fatti, ma richiedeva, e richiede ancora di più ora, nervi saldi e letture ampie.

  63. Segnaliamo:

    Sottrarre alle destre la protesta contro il gp

    di Guido Viale

    https://comune-info.net/sottrarre-alle-destre-la-protesta-contro-il-gp/

    • Dell’articolo, trovo molto interessante la descrizione delle «molte altre ragioni di quel rifiuto [del vaccino]»
      Mi interessano tutti e tre i punti, ma il terzo in particolare che parla delle culture che autoproducono il cibo e fanno ricorso a pratiche mediche “alternative” che «non vanno irrise né sottovalutate» perché al loro interno sviluppano forme di solidarietà mutualistica, lo segnalo perché mi sembra in assonanza con ciò con cui simpatizzo io e altri colleghi che so finora aver rifiutato il vaccino. C’è anche un rimando al tema del mutualismo e reciproco aiuto di alcuni giorni fa.
      Questo per dire che fra queste motivazioni c’è molto poco dell’individualismo borghese e della destra. Quindi è ancora più un peccato capitale se chi manifesta con queste ragioni viene lasciato in balia delle destre e degli imbonitori perché la sinistra è troppo snob per farsene carico e per accettarne alcuni punti di vista, per rischiare di “mischiarsi” e di sporcarsi con la “marmaglia” (Marmaglia? In ambito regionale il termine ha un’accezione estremamente negativa).
      Se masse così imponenti di persone vengono lasciate non solo senza rappresentanza politica (vedasi astensionismo) ma anche denigrate e schifate da quelli con cui più dovrebbero ritrovarsi in una qualche forma di critica al sistema, che invece dovrebbero prenderle per mano e portarle su una strada condivisa, non stupiamoci se si lasciano sedurre da avvoltoi e approfittatori vari in cerca della loro visibilità.

  64. Segnaliamo:

    Cronostasi | Il dito e la luna

    «Dal canto mio, cerco di ascoltare, laddove possibile, le origini di questo malessere. Individuarle, comprenderle, senza criminalizzare né richiamarsi a obblighi morali, almeno non subito. Togliere la mentalità da demistificatore che spesso, purtroppo, punta ai fatti e trascura i contesti di riferimento; comprendere la rabbia, incanalarla in qualcosa di costruttivo, senza cedere al gusto dell’insulto, della classificazione in “noi e loro”. Non vedo altre soluzioni, ora, per evitare questo conformismo borghese che vuole tutti perdonati chi salta sul carro dei vincitori.

    Finché si cercherà di mettere sotto il tappeto queste idiosincrasie con la scusa del voler uscire prima da una situazione orribile, questi problemi torneranno ancora, e ancora, e ancora. Non basta delucidare sulla mentalità scientifica: occorre prendersi qualche responsabilità in più. E non ci sarà obbligo morale che tenga, di fronte ai continui sberleffi da parte di “chi sa”. Oggi tocca a chi non si vaccina. Domani… solo il futuro lo sa.»

    • Grazie mille per la vostra segnalazione. Seguo il vostro blog da poco, ho acquistato “La Q di Qomplotto” ed ero presente quando avevate tentato la strada di Mastodon. Il capitolo di Mariano Tomatis è stato illuminante e liberatorio, non potendo/sapendo quanto potessi citare dall’opera di Wu Ming 1 ho preferito collegare il post su mark/smart/smark.

      Ho letto l’articolo di Riotta e, a essere sinceri, ho sghignazzato. Ho pensato subito a quando aveva scritto boiate sull’allunaggio. Si tratta comunque di un attacco pesante, a titolo personale lo annovero tra le forme propagandistiche, visto e considerato che è un contenuto riservato ai soli abbonati. Anche se sappiamo bene che agli abbonati di Repubblica non interessa davvero sapere, ma solo l’arroganza di aver conosciuto.

      Avete il mio sostegno.

      • Grazie a te, ovviamente puoi citare dal libro come e quanto ti pare giusto :-)

      • (1/2)
        Complimenti per l’articolo cronomaestro. Approfitto della tua presenza anche qui su Giap per sollevare un piccolo dubbio, un dubbio che sono certo farà arricciare il naso a non pochi lettori/commentatori/scrittori di questo blog Riottoso.
        Condivido in pieno l’osservazione sulle mancanze di varia natura di chi, al governo e al timone dei media, questo genere di fenomeni si trova a dover amministrare. In particolare:
        1) errata/manchevole comunicazione riguardo ai vaccini e alle misure sanitarie in generale
        2) politiche passate e presenti tutte nel solco del rapporto malato col capitale e il sistema produttivo (in questo caso sanitario)
        3) spinta dall’alto in basso di concetti assoluti buoni soltanto a creare spaccature
        4) una diffusa cialtroneria che ha spesso cercato veli pietosi con la caccia al capro espiatorio
        Non vado avanti ad elencare perché, in sintesi, sono tutti temi spesso ripetuti qui e in altre sedi, come d’altronde anche ne “Il dito e la luna” che, infatti, si riallaccia al discorso della Q di Qomplotto e dei nuclei di verità.

        • (2/2)
          Spesso queste osservazioni concludono che bisogna rispettare coloro i quali, sulla scorta di tutti i punti sopracitati, non si fidano di quello che gli propina l’autorità costituita su questi temi e, usando una buona dose di ignoranza, adornano questo loro malessere con teorie anche molto deliranti, abbandonandosi alla fantasia di complotto, alla delusion.
          Questi qui sopra costituiscono, insieme ad altri in un ampio range di “tipi”, la grande massa che il vaccino non vuole sapere di inocularselo. Ora vorrei estendere tutti i ragionamenti fatti fino ad ora, che sia chiaro condivido, con la riflessione che segue.
          Io credo che al netto di tutto, anche disadornando completamente la grande massa dei non-mi-vaccino di tutte le fantasie, i pappalardi e i fusari, arrivando anche, per assurdo, a lavare via la sfiducia causata dai punti descritti sopra, resti un sasso difficile da lucidare.
          E’ quel sasso che, in parole complottiste, potremmo definire con “io non ho nessuna intenzione di farmi inoculare un siero genico sperimentale”. Ha a che fare, spesso esclusivamente, con _questi_ vaccini, specie quelli a mRna e si tratta, soprattutto, di un timore “sul lungo periodo”.
          Personalmente non sono dell’opinione che sia una paura del tutto fondata, ma neanche che si tratti esclusivamente “dell’ignoranza che strilla”.
          Concludo osservando che sarà solo la Storia a darci gli strumenti per un’impostazione di largo abbraccio riguardo a questi mesi neri e che sarebbe bene lasciare dentro di noi un piccolo spazio al dubbio, una porticina aperta a chi ha “timori sul lungo periodo” e/o esitazioni riguardo _questi_ vaccini.
          Con questo approccio avremmo a disposizione, oltretutto, un utile grimaldello per “intavolare una discussione” perfino col no-vax più delirante, concedendo da subito qualcosa al suo argomento e non trattandolo come un pargolo, sebbene da non coartare, da educare.

          • Salve, sono uno di quelli che arricciano il naso.

            Sia chiaro che io rispetto umanamente anche i miei colleghi che guardano in cielo e mimano uno sparo col fucile se vedono un aereo.

            Detto questo, senza polemica, l’espressione “siero genico sperimentale” non si può sentire.

            L’mRNA contenuto nei vaccini viene trascritto nella proteina Spike e poi si degrada in qualche ora. Fine. Non interagisce in alcun modo col genoma umano. Avrebbe più senso – per quanto molto poco in assoluto – non fidarsi della proteina Spike che eventualmente dovesse andare in circolo (in concentrazioni però migliaia di volte inferiori a quelle ritenute potenzialmente dannose).

            Siero poi è la parola che usa chi non lo vuole chiamare vaccino. Ma il fatto che non dia immunità sterilizzante non è affatto un unicum nel campo dei vaccini.

            Infine, sul fatto che tecnicamente sia ancora in corso una sperimentazione, si può anche discutere. Ma questa sperimentazione credo abbia fornito più dati di qualunque altra nella storia dei farmaci, con miliardi di dosi somministrate. Se uno comunque ancora non si fida, amen. Ma è un eccesso di prudenza con un carico di bias enorme. In primis perché gli effetti sconosciuti dell’infezione dovrebbero pesare allo stesso modo.

            • Ciao Isver sono un tuo avido lettore, sei un grande :-). Proprio a te pensavo quando ho scritto che qualcuno avrebbe arricciato il naso. Non era mia intenzione entrare nel tecnico stretto.
              In buona sostanza tu dici “no, non voglio lasciare niente sul tavolo del possibile, specie sul tavolo delle discussioni specifiche ai vaccini” e ci sta, ci sta tutto.
              Siero e compagnia briscola sono espressioni che anche a me suscitano ilarità, ma proprio per questo le ho usate: per farle stridere.
              Il mio presupposto è che il rispetto umano non basta per creare coscienza, bisogna _dare_ un po’. E’ deleterio, dal punto di vista dell’efficacia, trattare le persone come lemmings ora da coercidere, ora da (ri)educare, è una partita persa in partenza.
              Probabilmente mi sono un po’ incartato nei commenti sopra, ma la mia intenzione era provare a iniziare un approccio che da una parte lasciasse aperto il campo del possibile (in generale credo sia un esercizio che dovremmo fare più spesso specie di sti tempi) e dall’altra potesse fornire terreno comune nell’ottica di riallacciare dialoghi che si sono ben slacciati da mesi.

              • Per lavoro ho a che fare tutti i giorni con la questione vaccino. La mia esperienza (statisticamente insignificante, ne sono consapevole) è che c’è una quota di persone che non si farebbero vaccinare nemmeno dentro una stanza della Lubjanka. E non per paura ma per principio (non mi faccio iniettare una cosa che lo Stato vuole iniettarmi, fosse pure soluzione fisiologica). Credo sia perfettamente inutile “rincorrere” queste persone. Hanno fatto una scelta legittima, che il più delle volte è circoscritta alla sfera strettamente personale, e bon, la vita è anche questo. Incaponirsi a far loro cambiare idea, intestardirsi in spiegazioni scientifiche, inoltrarsi in indagini sociologiche, può essere intrigante per alcuni, ma non porterebbe a risultati granché interessanti secondo me.

                • Ma scusate, io sinceramente non c’è la faccio più a continuare a leggere cose su questa falsa riga di si/no vax, anche in Giap, alla fine finiamo per riportare tutto nelle discussioni social o televisive dividendo tutto in due categorie come tifosi da stadio perpetuando al nostro stesso interno quelle logiche che già Horkheimer ed Adorno descrivevano bene nella dialettica dell’illuminismo, ci basti citare questo per alludere a tanti altri testi sulla critica del pensiero Mass mediatico.

                  Qui, secondo me, potremmo forse dire che la produzione ad oggi del vaccino anti Sars COV 2 ha un pesante collo di bottiglia: la sua produzione.
                  Che lo dovremmo usare e centillinare per i casi e la popolazione a rischio.
                  Che nel nostro paese si è più o meno forzato o indotto a vaccinare tutti dai 12 anni in su, e che molti vaccini potevano andare a coprire altre fasce di popolazione a rischio in altri paesi.
                  Che l’accaparramento di ingenti scorte, per fare fronte ad ingenti quantitativi di inoculazione ha fatto sì che enormi quantità di vaccino venissero gettate.
                  Che da due anni a questa parte si stanno sviluppando studi sulle cure in miriadi di angolazioni verso questa malattia.
                  Che dobbiamo ricominciare semmai a porre il tema della collettivizzazione di questi farmaci e vaccini, libero accesso, sanità pubblica.

                  Se no mimiamo Burioni e lui sa fare molto meglio la sua parte.
                  I compagni che sono “contro i vaccini” non sono “contro i vacci i” ma sono contro “questa gestione statalista ed aziendalista dei vaccini”.
                  Hanno le loro ragioni.
                  Detto questo, chiunque si voglia vaccinare, o ritiene sia importante per la sua salute, o per sua scelta, è liberissimo di farlo, e nessuno, visto l’emergenza in atto, credo si sognerà mai di chiedergliene conto.

                  • “Hanno le loro ragioni.”

                    Esatto. Per me, a questo punto, è tutto quello che c’è da dire.

                    Forse qualcuno degli ultimi esitanti si convincerà quando arriveranno i vaccini tradizionali. Chi perché effettivamente teme quelli a mRNA, chi perché umanamente ha investito troppo nella resistenza alla vaccinazione e con quelli può salvare la dignità, oltre eventualmente alla pelle. Il resto va lasciato in pace e basta.

                    Però, insomma, se si entra nel merito delle ragioni, tocca ribadire che il campo del possibile è già fin troppo aperto per fare a meno anche di quelle poche informazioni utili di cui disponiamo. Massimo rispetto per gli unicorni, finché restano nel campo dell’immaginabile.

                  • x Lana_HK:
                    1) Non era mia intenzione burionizzare la discussione, al contrario volevo cercare uno spiraglio per fondere anche se solo su un fazzoletto le due tifoserie.
                    2) Il rapporto malato tra capitale e sanità lo condivido in pieno e lo considero stra-prioritario, altrimenti non ci staremmo scrivendo qui su Giap. Aggiungo pure che è un argomento molto ben trattato in altri commenti e post sia per quantità che per qualità; io proponevo un altro tentativo di riflessione se vogliamo a “tempo perso”.

                    X Isver, Marcello07 e Lana_HK:
                    dite a gran voce “no non ci frega un cazzo”. Tre voci tutte e tre contrarie – l’argomento non decolla. Meglio se mi vado a coricare va :-)

            • Buongiorno Isver, tutto vero e condivisibile, dico solo che pur dovendo pesare, spesso accade che si vedano gli effetti sconosciuti dell’infezione come un rischio accettabile di fronte al timore di continuare a essere o prendere parte a un sistema che, in primis, non tutela loro (chi non vuole vaccinarsi). È un gesto egoistico, al netto del giudizio morale che ne consegue, in forma pura e schietta; è però anche un sintomo di quanto di sbagliato ci sia stato nella comunicazione, o meglio nell’impostazione di un obbligo morale condiviso.

              Per il resto condivido la frustrazione e la capisco.

              • Sono d’accordo su tutto. Ho anche smesso di usare le screditatissime categorie di egoismo e affini, perché mi sembrano veramente sterili.

                Il mio punto è semplicemente che non esiste – e non serve – una soglia di legittimità di una ragione soggettiva, oltre la quale la si possa considerare oggettiva. Un conto sono i limiti epistemologici, un altro è l’arbitrio.

                Per me chi non si vuole vaccinare, come ho detto, ha le sue ragioni. E a questo punto tanto basta.

                Apro parentesi sulla complessità, per spiegare il riferimento un po’ fumoso alla perdita della dignità del commento sopra.

                Conosco scoppiati e conosco persone che sono a disagio per il fatto di essere accomunate agli scoppiati, ma non si vaccinano lo stesso perché hanno motivazioni contrarie più forti. Poi conosco persone che di motivazioni contrarie più forti secondo me non ne hanno, ma non si vaccinano lo stesso perché in tutto questo tempo hanno difeso la propria scelta arrivando a litigare con tutti, e adesso tutti li aspettano al varco. Potrei sbagliare, ma questa è la mia impressione.

          • Buongiorno Fabio, grazie!
            Per quanto mi riguarda, sì: esiste di sicuro una via di mezzo fra la delusion e la realtà acclarata. Essendo un ex demistificatore e avendo visto la mia buona quantità di affermazioni pseudo-scientifiche e paranormali, vorrei però dire che in quel “mi rifiuto di somministrarmi un qualcosa di sperimentale” sarà una frase che trascenderà sempre anche di fronte a ciò che la Storia suggerisce, se si considera la sua fumosità e vaghezza naturali. Quello che intendo dire è che, per cominciare, va cambiato l’ambiente che può portare a tale falsificazione. Prima togliamo anche solo l’ombra del capitale, più ingerenze di un Vaticano qualunque, dal mondo scientifico, meglio sarà per tutti. Dai tempi di Jenner le paure sul vaccino sono cambiate mantenendo il passo anche con governi e loro influenze.

            Sarebbe da pensarci in merito, e io posso già cominciare a farlo. Il primo atto però parte dalla raccolta delle affermazioni. Il secondo atto è, com’è ovvio, evitare butacchismi o puentismi, ovvero involuzioni ulteriori del burionismo esasperato. Va accolta la paura quanto va accolto il rischio di non riuscire a convincere il 100% della popolazione.

            • Ciao Cronomaestro, parto dal tuo pregevole articolo per condividere una esperienza personale, che forse potrà aiutare a comprendere le ragioni che hanno spinto molte persone verso uno scetticismo radicale. Io mi sono vaccinato senza neppure pormi il problema di eventuali controindicazioni, la mia compagna si è vaccinata, mia madre e praticamente tutti quelli che conoscono si sono vaccinati. Poi siamo arrivati ai miei bambini tre bambini di 12, 9 e 4 anni. Ho provato per un paio di mesi a comprendere se i rischi della vaccinazione fossero superiori ai benefici. Non ci sono riuscito. Ho trovato scritto tutto e il contrario di tutto. Alla fine, mio figlio di 12 anni – cui il GP rischiava letteralmente di confiscare la vita, anche sociale – ha deciso di vaccinarsi. Esattamente una settimana dopo, molti Paesi scandinavi hanno deciso di vietare la somministrazione a chi ha meno di 30 anni proprio a partire da una analisi rischi/benefici (miocarditi etc.). Ora, io mio chiedo come un genitore ragionevole possa, in questa situazione, peraltro caratterizzata da assoluta assenza di trasparenza, sviluppare un sentimento diverso da una totale diffidenza verso i vaccini e da una profonda repulsione verso strumenti coercitivi quali il GP (che ironicamente viene degradato a nudge). Adesso, la Pfizer ha chiesto l’approvazione del vaccino anche per i bambini da 5-11 anni. Quindi, dopo la mla prima esperienza, mi dovrei prendere la responsabilità di vaccinare, sostanzialmente al buio, gli altri miei due bambini, con il rischio di scoprire tra qualche mese che forse ho sbagliato. Ti assicuro che molte persone (vaccinate) si sono, come me, radicalizzate quando il problema vaccini e GP ha toccato i bambini.

              • Ciao, il punto che sollevi è molto importante.

                La credibilità di istituzioni politiche e anche mediche che spingono con ogni forza e senza nessuna titubanza o riflessione nemmeno “di facciata” verso la vaccinazione ai minori (e presto temo anche alla fascia 5-11) addirittura imponendo restrizioni che limitano l’accesso allo sport e alla socialità dei ragazzi, mentre in altri stati le vaccinazioni vengono sconsigliate o lasciate alla libera scelta dei genitori con i dovuti disclaimer è veramente ai livelli più bassi.

                Su questo argomento comunque (5-11), molti genitori della mia cerchia personale, “covid-ortodossi”, doppiovaccinati e greenpassati, sarebbero decisamente contrari anche se forse poi per quieto vivere si adeguerebbero.

                Personalmente immagino già problemi familiari nel merito, visto che il nostro pediatra è un vaccinatore indefesso e che anche sul tema vaccini Covid ha già detto a mia moglie che “non vede l’ora che arrivino le autorizzazioni” per vaccinare i minori di 12.
                Cosa su cui ovviamente abbiamo già dovuto discutere, visto che su tutti gli altri vaccini io ero stato favorevole e anzi entusiasta, e adesso mia moglie mi chiede:
                “ma come mai sei diventato ‘no-vax’?”

              • Io mi scuso perché sembra un’ossessione ma ogni tanto va ricordato che i rischi di cui si parla rimangono – per fortuna – estremamente bassi. Il nascondere (travisare, non considerare, non conoscere) le “probabilità” e porre l’accento sempre e solo sulla “possibilità” è stato il principale grimaldello – secondo me – su cui si è potuto impostare tutta la campagna terroristica. Non ripeto le cose che da 20 mesi si dicono qui, dalla società “preparata” al terrore alla comlplicità/accordo dei mass media; dall’ingenuità di molti scienziati alla perdita del senso critico ecc. ma appunto evitare sempre di presentare la naturale reale del “rischio” è stato fondamentale. Fra l’altro ha permesso anche di far virare sull’epiteto “riduzionista” una volta reso inservibile quello “negazionista” che ormai si riserva solo agli oltranzisti no-vax, almeno quello.
                Allo stesso modo bisogna dire però che i rischi connessi alla somministrazione del vaccino ai bambini sono – per fortuna – bassissimi. I pronunciamenti per evitarne la somministrazione sono cosa santa e giusta perché anche un bambino morto o con effetti collaterali è un crimine, con questi dati, sia chiaro. Però serve essere molto sfortunati per incappare in una cosa del genere. Lo dico solo per cercare di togleire un po’ di angoscia davanti a queste scelte, posizione fra l’altro in cui mi trovo anch’io

                • Mr Skimpole, robydoc e Cugino di Alf, grazie per i vostri commenti e complimenti. Il vostro interesse nei confronti di quello che è un piccolo blog senza pretese, nato più per raccogliere i miei pensieri che altro, mi rincuora non poco e ripaga dello sforzo personale fatto per mettere ordine a quel turbine che ho in testa.

                  Sto lavorando a un supplemento al pezzo, anche in base alle critiche e alle successive esperienze post-pubblicazione. Vi dispiace se prendo parte dei vostri commenti? Servono per dare un’idea migliore di quanto ho voluto dire, esulando anche dalla solita divisione pro-con, e per reiterare la necessità di un post-debunking, se possibile.

                  • Ciao, per quel che mi riguarda prendi pure i commenti :)
                    Ne approfitto, però, per fare una considerazione che è anche soprattutto una richiesta di chiarimento a te e chi si occupa di questa cosa:
                    l’esempio che citi del debunking e del “gioco di prestigio” di Mariano Tomatis(di cui mi scuso ma non ho letto nulla, ho solo sentito parlare del suo lavoro qui e da WM1) secondo me ha senso solo se applicato nel “verso” di “capire” le ragioni del complottista o di una persona che ad esempio non si fida dei vaccini.

                    Quindi il “prestigiatore” che fa il numero se vogliamo è proprio il “complottista” e io da spettatore debunker non mi fermo all’apparenza del “trucchetto” svelato (gli errori metodologici, le false notizie, i riferimenti sballati e le fallacie logiche) ma riesco a “fruire” dello spettacolo senza “guardare” al trucco ma cogliendo la “magia” dei nuclei di verità che lo spettacolo del complottista mi rivela (la sfiducia nei rapporti di produzione capitalistici dietro l’industria della salute, etc.).

                    Tutta la storia secondo me assume un significato ben diverso se coniugata al contrario, nell’altro verso, e cioè:
                    il trucco di magia lo faccio io debunker, ed invece di dare semplicemente del cretino o dell’ignorante al complottista come fa il debunker classico, lo coinvolgo nella magia del mio spettacolo, dove mantenendo l’alone magico delle sue ragioni (i suoi nuclei di verità?) lo porto comunque a vedere “i trucchi” (le sue fallacie?) arrivando alla fine a fargli dare ragione “alla scienza” senza dargli del cretino? (lo spiego male perché probabilmente l’ho capito male, per questo dico che è anche una richiesta di chiarimento).
                    Ecco, a me questa impostazione non piace [forse perché sono complottista e non voglio che mi rompano il giochino mentale? :-) ] perché trovo che a seconda di chi è ad applicare questo debunking e dei relativi fini si possa finire per “dare ragione” allo status quo.

                    Cioè se, nel dibattito che citi tu con la no vax, alla fine del debunking la si convince a vaccinarsi (cosa buona) ma dando ragione in quel contesto a chi è pro green pass, abbiamo fatto un buon servizio?
                    Se tolgono il GP solo perché si raggiunge il 100%, è bene? Ok, è bene perché non c’è più il GP, ma non perché era illegittimo, solo perché (a loro) non serve più.
                    (scusate il caos)

                  • «il trucco di magia lo faccio io debunker, ed invece di dare semplicemente del cretino o dell’ignorante al complottista come fa il debunker classico, lo coinvolgo nella magia del mio spettacolo, dove mantenendo l’alone magico delle sue ragioni (i suoi nuclei di verità?) lo porto comunque a vedere “i trucchi” (le sue fallacie?) arrivando alla fine a fargli dare ragione “alla scienza” senza dargli del cretino?»

                    No, la sfida è mantenere insieme incanto, nuclei di verità e stimoli all’intelligenza critica e alla partecipazione. Dovremmo dunque raccontare ogni volta una storia che:
                    1) sia più interessante e “divertente” della fantasia di complotto che vogliamo contrastare;
                    2) al tempo stesso risalga ai nuclei di verità di quella fantasia, ma mostrando come questa li ha pervertiti;
                    3) “mostri la sutura”, cioè fornisca a chi ascolta/interloquisce gli strumenti per capire cosa stiamo facendo, i “trucchi” che stiamo usando.

                    L’esempio di alcuni numeri di Penn & Teller è più eloquente di qualunque descrizione. Ad esempio qui, quello che si vede nella seconda parte è più interessante e divertente di quello che si è visto nella prima, perché l’esibizione della “sutura” non rompe l’incanto bensì lo aumenta. Solo che non c’è più solo l’incanto: c’è anche la critica, ci sono elementi di una pedagogia del guardare con attenzione ecc.

                  • Ciao cronomaestro, per me puoi utilizzare il commento. Visto che devo raggiungere un numero minimo di caratteri, ne approfitto per citare un altro problema che a me sembra serio e che sta ulteriormente alimentando la mia insofferenza verso ciò che accade da un anno e mezzo. Mio figlio iscritto in terza media – che sta sempre più frequentemente riflettendo sul tema con i compagni di classe – mi ha chiesto un paio di settimane fa come mai lui deve indossare la mascherina in classe e gli studenti di altri Paesi no. Non ho, al di là di vaghe indicazioni, saputo rispondere neppure a questa domanda in quanto – ad oggi – non sono riuscito ancora a comprendere se le mascherine sono effettivamente utili a contenere i contagi in classe o se si tratta di misura destinata a mantenere alta l’attenzione delle persone. Mi piacerebbe leggere un qualche studio nel quale è stato coinvolto un qualche gruppo di controllo, ma non sono riuscito a trovare niente. Tra l’altro, mi sembra incredibile la mancata fissazione – ad oggi – dei presupposti in presenza dei quali sarà prorogato lo stato di emergenza ed eliminate tutte le misure restrittive.

                  • Grazie WM1!
                    «1) sia più interessante e “divertente” della fantasia di complotto che vogliamo contrastare;
                    2) al tempo stesso risalga ai nuclei di verità di quella fantasia, ma mostrando come questa li ha pervertiti;»

                    quello che volevo dire però è che bisogna vedere il “gioco di chi” stiamo facendo e in che posizione si trova il “debunker illuminato” nel “gioco” delle parti.
                    Se ad esempio si trova in una posizione terza, di equilibrio in cui riesce a tenere insieme tutti gli aspetti, oppure si schiera “col sistema” (dal punto di vista del complottista ma a volte anche in senso assoluto) al fine di contrastare la fantasia di complotto (ma contemporaneamente “contro” il sistema visto che le fantasie di complotto sono “utili” al sistema(parte 1) oppure ancora (parte 2) si schiera “col complottista” ma solo al fine di raccogliere e risalire i nuclei di verità correggendone la perversione.

                    • Non parlerei di «debunker illuminato» perché di solito è il debunker oscurantista a credersi illuminato :-)
                      Il «gioco» che stiamo facendo a monte, trattandosi di un “noi” che condivide la necessità di lottare contro il capitalismo, è ancora una volta partire dal «biconcettualismo» della persona che abbiamo di fronte. Biconcettualismo, nel senso che qualcosa la accomuna a noi (l’idea che il sistema faccia schifo, che le narrazioni dominanti siano truffaldine, che esistano privilegi ecc.) e qualcos’altro la separa da noi (le pseudospiegazioni che si dà, le conclusioni reazionarie a cui giunge partendo da quelle premesse, i capri espiatori con cui se la prende ecc.). Dobbiamo trovare il modo di parlare all’intersezione tra lei e noi, alla “metà” del suo modo di pensare che abbiamo in comune. Da qui deriva tutto il resto. È come il Tai Chi Chuan: le “forme”, le sequenze di movimenti lunghe e complesse riesci a farle solo se è giusta la postura iniziale.

  65. Su “la repubblica”:

    Ingressi separati e lavoro in deposito: azienda spedisce dipendenti non vaccinati ma con Green Pass tra rottami ed escrementi
    “La presente per ricordare ai Sigg. Dipendenti che l’accesso nella sede di Via XXXXX è consentito solo con il Green Pass da vaccino in corso di validità. Pertanto i lavoratori non provvisti di tale certificazione potranno accedere alla sede ubicata in Via YYYYY presentando Green Pass da tampone in corso di validità”. Questa la comunicazione ufficiale di un’azienda del nord Italia, in Lombardia, con la quale, dopo dell’introduzione dell’obbligo di Green Pass, costringe i dipendenti non vaccinati, anche se con certificato verde da tampone, a lavorare non nei soliti uffici o nelle proprie aree di lavoro, ma in un distaccamento dell’edificio principale: un deposito di materiale industriale, rottami con scrivanie improvvisate ed escrementi di animali.

    https://archive.md/bnRjp

    • Questo, ovviamente, sempre perché i padroni hanno a cuore la nostra sicurezza, mentre chi protesta contro il green pass obbligatorio per lavorare, no.

      In caso di infortunio in uno di quei tuguri, mi aspetto l’insurrezione di tutta la sinistra italiana contro l’INAIL, qualora anche per i no-vax fosse ancora previsto l’indennizzo*. Per l’occasione mi aspetto anche sia presa in prestito la balla dell’istituto creato da Mussolini, in modo da tagliar fuori la coscienza con un sano riflesso pavloviano.

      ___
      *Qualcuno starà già sicuramente pensando di parametrarlo alla “cultura della sicurezza” del lavoratore.

    • Tra l’altro, questa spregevole misura presuppone la conoscenza, da parte del padrone, dello status vaccinale dei dipendenti, visto che tale informazione non è evincibile dal GP.
      Questo in aperto contrasto con quanto stabilito dal garante per la privacy:
      “ il datore di lavoro non può acquisire, neanche con il consenso del dipendente o tramite il medico compente, i nominativi del personale vaccinato o la copia delle certificazioni vaccinali. Ciò non è consentito dalla disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro né dalle disposizioni sull’emergenza sanitaria. Il consenso del dipendente non può costituire, in questi casi, una condizione di liceità del trattamento dei dati”.
      https://www.garanteprivacy.it/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9543615

      • E’ il segreto di Pulcinella. Tra lavoratori si parla e tra i lavoratori non mancano certo le spie.

        Poi ci sono altri mezzi. Per dire, mesi fa, mi pare a fine primavera, in fabbrica da me è comparsa una comunicazione in cui si invitavano i dipendenti a consegnare copia del certificato vaccinale al medico aziendale, o via mail, o inserendo una copia cartacea nella pratica cassetta delle lettere a fianco dell’infermeria. Assicurazioni del caso relative alla privacy, ma nessun accenno alla non obbligatorietà. Tanti infatti pensavano fosse obbligatorio.

        Ora, io mi fido, ma dubito che a quella cassetta delle lettere abbia accesso solo il medico aziendale.

  66. Riceviamo via email un commento sulla vicenda di Trieste scritto dal compagno Gianni Cavallini, medico, già direttore del Dipartimento di prevenzione dell’Azienda per l’Assistenza Sanitaria n.2 del FVG (Bassa Friulana-Isontina). Ve lo proponiamo.

    __

    Una esperienza di massa quale quella che si è realizzata a Trieste nelle ultime settimane inevitabilmente contiene molteplici contraddizioni e ambiguità, ma a me appare evidente un tratto molto interessante: una pratica “comune” di messa in discussione del modello dominante di sanità pubblica.

    Durante tutta l’esperienza della pandemia, abbiamo assistito in Europa all’adozione di provvedimenti – accomunati dallo stato di emergenza – diversi nei vari Stati.

    Innanzitutto nell’utilizzo del vaccino: l’esempio più eclatante è la diversità di approccio tra UK e Italia, da una parte la vaccinazione di massa con una dose e la somministrazione della seconda solo a distanza di molti mesi; dall’altra la somministrazione delle due dosi con intervalli contenuti, anche se variabili nel tempo (da tre settimane a due mesi).

    Inoltre, le diversità di misure di distanziamento sociale: il lockdown completo, poi le riaperture di parziali attività (pensiamo ad esempio alle attività di parrucchiere, chiuse nei primi sei mesi e poi inserite in quelle essenziali), la colorazione delle regioni, ecc a fronte di Stati – tra tutti la Svezia – nei quali il distanziamento era affidato alla responsabilità individuale.

    Si potrebbe allungare la lista con innumerevoli altri esempi, ma già così abbiamo l’evidenza di provvedimenti statuali di sanità pubblica di così evidente contradditorietà e mutevolezza, da apparire non fondati sui quei criteri di scientificità tanto sbandierati.

    Ecco che in tal senso l’insorgenza di un movimento, fortemente ancorato alle realtà produttive, che contesta il provvedimento che impone il green pass per l’accesso ai luoghi di lavoro è secondo me l’espressione di una soggettività moltitudinaria che rompe gli equilibri della gestione statuale della pandemia proprio nell’anello che coniuga comando sociale e comando lungo le filiere della valorizzazione capitalistica.

    È una prima messa in critica delle disposizioni di sanità pubblica, di critica di massa e di classe alla pretesa neutralità, quindi scientificità, dei provvedimenti.

    Dove, infatti, troverebbero supporto scientifico questi provvedimenti?

    Perchè improvvisamente il luogo di lavoro diviene il “centro” dei provvedimenti di sanità pubblica?

    Una corretta valutazione dei rischi – che dovrebbe coinvolgere anche i lavoratori, portatori non solo di diritti, ma anche di diffuse competenze e saperi – di esposizione al contagio all’interno del luogo di lavoro dovrebbe fondarsi sulla individuazione, nella concreta organizzazione di quel singolo luogo di lavoro, della esposizione sulla base della frequenza dei contatti, della efficacia del ricambio d’aria, sulla correttezza delle misure di sanificazione, sull’adozione dei DPI individuati come necessari; se a queste misure si volesse anche aggiungere la verifica dello stato individuale di immunizzazione, questa sarebbe una azione di prevenzione a carico del datore di lavoro.

    In questo senso una lotta di massa per richiedere che i tamponi siano come costi a carico del datore di lavoro coglie in modo corretto la questione, ristabilendo come centrale la responsabilità imprenditoriale della sicurezza del lavoro.

    È suggestivo pensare che il Governo Draghi, nel momento stesso in cui dà avvio al Decreto sul GP, annunci in pompa magna con i leader della triplice sindacale una nuova stagione di controlli sulla sicurezza nel lavoro: è uno scambio? Il GP oggi in cambio di nuovi controlli in futuro?

    La novità è che settori di classe abbiano preso la parola su questo, smascherando cosa si intende per scientifico.

  67. Il commento del dr. Cavallini qui sopra mi ha ricordato una bella intervista all’astronauta Samantha Cristoforetti, comparsa sul Corriere intorno al 20 agosto se non sbaglio:

    https://www.corriere.it/sette/attualita/21_agosto_20/vita-un-astronauta-samantha-cristoforetti-comandante-mi-chiedo-che-cosa-posso-fare-io-la-squadra-66da4586-ff29-11eb-afac-f8935f82f718.shtml

    Alla domanda (penso inevitabile per chiunque, in questi ultimi mesi…) sulla sua posizione nei confronti del vaccino, la Cristoforetti, che per sua ammissione si è vaccinata presto, non si permette di consigliare ne’ di sconsigliare la vaccinazione, ma pone in rilievo la necessità di onestà intellettuale e di trasparenza nell’informare la popolazione, che a suo parere andrebbe non trattata in partenza come ignorante e in malafede, ma con fiducia. Soprattutto però mi sembra molto interessante la sua distinzione fra scienza vera e propria, insieme di conoscenze storiche e assodate, e ricerca, che ancora si fonda su dati in continuo aggiornamento. Si tratta di uno snodo fondamentale, perché è stato anche a causa della confusione (più o meno voluta) fra questi due piani che a poco a poco l’ostilità tra chi si vaccina e chi non lo fa è stata esasperata e strumentalizzata, con le conseguenze che vediamo e subiamo tutti da mesi.
    A osservare la terra da lontano, viene da pensare, le cose si vedono decisamente meglio che quaggiù, in mezzo…

  68. @Isver.
    Rispondo qui perché il riquadro per rispondere non compare sotto il suo intervento.
    Guardi, non so chi sia lei, ma dal mio punto di vista possiamo chiudere questa querelle.
    Che lei sia medico, farmacista, scienziato, non lo so.
    Qui su Giap è stato più volte ribadito di non addentrarsi in specifiche questioni mediche o farmaceutiche.
    mRna, dna trascrizione, proteina Spike, e via dicendo so benissimo cosa significhino.
    Così come so cosa siano la gnoseologia,l’ epistemologia, la filosofia della scienza.
    Così come lotta di classe, rivoluzione, sussunzione del lavoro -e della psiche, aggiungerei- al capitale.
    Ma potrei citarle anche il lavoro qui presente ed ammirabile di Stefania Consigliere e Cristina Zavaroni,
    “La cognizione del terrore. Ritrovarci tra noi, ritrovare la fiducia che l’Emergenza pandemica ha distrutto.”
    Qui a me personalmente basta la chiusa della mail di Gianni Cavallini: “La novità è che settori di classe abbiano preso la parola su questo, smascherando cosa si intende per scientifico.”

    Le ragioni per le quali, immagino, qui su Giap si chiede di non intervenire nel merito della scienza medica, è appunto evitare questo, il tifo da stadio per questa o quella medicina, per questo o quel vaccino, per queste posizioni bastano social e tivù, e fin dall’inizio per i primi e da ormai più di quindici anni per la seconda, ho scelto di farne a meno, scrivendo su un numero di blog selezionati sulla rete che si possono contare molto meno che sulle dita di una intera mano.
    Detto questo, “hanno le loro ragioni” sono quella che le ho brevemente ma credo esaustivamente descritto sopra.
    Ne vuole un altra? Vuole parlare della potenziale selezione generata da un vaccino di varianti resistenti?
    Che ha come potenziale risultato nelle società della dipendenza da vaccino come risoluzione della malattia? E conseguentemente dalle industrie farmaceutiche, e nella necessaria reiterazione dello stato di emergenza?
    Vuole parlare del potenziale rischio Ade?
    Non credo. Perché non è questo il luogo. Quindi ci facciamo bastare quella che le ho esplicitato sopra, che inoltre può essere considerata sufficiente.
    In quanto alla dignità non venga a giudicare la mia, che io non giudico la sua, e preferisco pensare a quella quotidianamente calpestata dei lavoratori nei loro posti di lavoro, anche prima ma ora a maggior ragione, con questo green pass.
    Non sono venuta quindi qui su Giap per farmi insultare, né direttamente, né metaforicamente.
    Gli unicorni li lascio sognare a lei stanotte. Io ho altre cose alle quali pensare.

    • L’animosità si è impadronita di questo scambio senza motivo. Una delle regole degli admin di Giap è che quando si arriva persino a darsi del Lei – che in rete non è quasi mai pronome di cortesia ma… pronome di inimicizia il cui uso noi scoraggiamo – è ora di intervenire.

      Il focus dell’intervento linkato – quello di Cronomaestro – non era su vaccinati sì, vaccinati no, ma sull’inanità dell’approccio «demistificatore» e scientista, del debunking, della lezione ex cathedra ecc. Lo abbiamo linkato perché la riflessione è utile anche a capire i bias cognitivi che impediscono di leggere dalle giuste angolature la vicenda triestina e più in generale la sollevazione in corso contro il lasciapassare.

    • Guardi – visto che ci diamo del lei… :-) – che io le ho dato ragione. Il riferimento agli unicorni e al campo del possibile erano in risposta – assolutamente non polemica, peraltro – a Fabio Trabattoni. Mi sembrava più evidente di quanto non fosse in realtà, immagino.

      In ogni caso, se lei mi contesta il fatto di parlare di un certo argomento, e io concordo sul fatto che non sia opportuno farlo, poi però devo spiegare per quale motivo invece l’ho fatto, semplicemente.

      Evito davvero di parlare degli altri argomenti che ha tirato in ballo, anche se… faccio molta fatica. Apprezzi almeno lo sforzo.

    • Ciao Lana, come faceva presente Wu Ming, temo che forse il mio pezzo sul blog è stato causa, involontaria, di questa reazione. Farò da paciere e mi scuso se non sono stato chiaro, è un mio difetto che cerco di limare a ogni occasione. Volevo precisare che l’intento del mio blog è di appoggio: sono al fianco dei lavoratori, ne riconosco il motivo per cui l’introduzione della certificazione verde rappresenta una violenza e un ricatto. Il mio articolo verteva sulla volontà di abbandonare quella tossica mentalità da demistificatore: la ricerca o la ricostruzione dei fatti è un’opera che possiamo compiere tutti; appoggiare una mentalità che ha in sé elementi tossici e nocivi mai davvero affrontati né migliorati è, di contro, conformismo borghese. Comprendere le ragioni, accettarle in modo neutro così come sono, leggere l’ambiente come generatore e cassa di risonanza, devono essere strumenti di unione e non di divisione.

      Di nuovo, chiedo scusa se non sono stato chiaro. Leggevo i tuoi interventi nel blog e apprezzo la tua notevole grinta. Buona giornata.

  69. Scusate, il mio è stato senza dubbio uno sfogo, ed ho sbagliato, soprattutto se ho frainteso.
    Leggendo molti commenti devo però sottolineare come questa divisione tra vaccino si/no, senza per altro lasciare il posto ad altre posizioni, è spesso presente, magari anche se non totalmente esplicitata, la vedo spesso nel sottotetto, inclusa l’analogia no-vax/complottista, che anche questa, per i motivi appena accennati, mi pare una mistificazione. Ma può essere una mia impressione.

    Tale sfogo è nato sicuramente anche da una notizia che stava uscendo in quel momento. Il ministro dell’economia del governo, già banchiere presidente della banca d’Italia, ha proposto di allungare le pensioni da quota 100 a 102 e poi 104… così quando uno esce ha poi diritto direttamente all’accompagnamento.
    Unica “opposizione” quella della Lega, che sappiamo essere una opposizione strumentale al governo e di distrazione di massa.
    Pensando così ragionava su quanto è grande ancora il nostro percorso, con o senza emergenza pandemica in corso, e quante lotte abbiamo da fare, e mi sembra assurdo cadere in questo senso nel vecchio tranello dividi et impera.
    Quella delle pensioni ovviamente è solo un esempio esplicativo.
    Scusate se ho alzato i toni, conosco bene il vostro impegno, di tutti, da quando vi seguo nella letteratura e qui su Giap.
    Quando penso.poi alla pistola che tutti i giorni puntano alla testa dei.miei nipotini per provare loro la temperatura prima dell’ingresso alla materna, e sommo tutte queste altre riflessioni, sinceramente, mi vengono i brividi.
    Che società abbiamo costruito? Stiamo costruendo? Dove stiamo andando? Cosa lasceremo loro?
    Speriamo almeno di riuscire a crescere delle generazioni che sappiano ancora leggere criticamente il mondo che le circonda, e sappiano essere ancora rivoluzionarie. E questo, per una certa parte, è anche una nostra responsabilità.

    • No, non hai frainteso. Le scuse dovrei farle io perché alla fine dei conti col mio lungo commento ho, nei fatti, ricacciato il discorso nel tunnel “vaccini si/no”. Ti capisco benissimo, anche io ho lunghi momenti nei quali, quando leggo qualcosa che gira intorno a questa dialettica inutile, mi parte la scimitarra.
      Tra l’altro qui sopra sono piovuti diversi “inviti” a cercare di parlare di altro, questo mi rende ancora più debitore di scuse.
      Leggere a stretto giro di posta in una discussione due volte “mRna” (@Isver), a Ottobre 2021 fa venire la rabbia e il vomito capisco benissimo :-).
      Devo dire però che non era assolutamente mia intenzione rinfocolare la dicotomia, piuttosto volevo fare un ragionamento che sorvolasse brevemente sulla maledetta questione si-vax/no-vax e si distendesse su un piano più ampio.

    • dividi et impera è esattamente quello a cui ho pensato leggendo gli ultimi post del resoconto di alboliveri, quando spiegava che dopo lo sgombero la frammentazione dei diversi gruppi e “anime” dei manifestanti si è incrementata, con alcune delle frange più organizzate e consapevoli che si sono fatte indietro mentre prendevano piede e visibilità mediatica e tessevano accordi personaggi politici locali.

      Io credo che in questo momento, e proprio con l’occhio a quanto dici tu sulle pensioni, sia *dovere* di ogni compagno fare il possibile per “passare sopra” a molto di quello che divide, facendo proprio l’esempio della Valsusa citato da WM1 e ovviamente con i dovuti disclaimer antifascisti, senza dare spazio a categorizzazioni e razionalizzazioni che hanno solo l’effetto anestetico di aumentare l’inerzia.
      In piazza oggi c’è gente che protesta contro il GP, indipendentemente dalle motivazioni, una misura che tutti qui riteniamo ingiusta e prodromica ad altre misure altrettanto ingiuste, quindi bisogna sostenerli e guidarli.

      Faccio ancora una considerazione: nelle piazze e nei forum, le persone meno “politicizzate” e competenti, i Gino e Maria, paragonano il GP alla tessera del partito fascista o lo chiamano “nazi-pass”: ora, tutto ciò è in odore di complottismo, sono paragoni storici spesso errati, iperbolici, e a volte strumentali, usati in modo “mediatico”, come slogan oppure peggio come “reductio a Hitlerum” che, come ha spiegato tuco, è un atteggiamento che ha lo scopo nascosto di “normalizzare” Hitler e il nazismo, e quindi di essere un liberi tutti della destra più becera, però, ripeto, dal punto di vista dei Gino e Maria, della persona comune, certi riferimenti esprimono in parole un disagio reale, razionalizzano lo straniamento di cui sono vittime come ceto medio proletarizzato o in via di proletarizzazione con rimandi alla propria storia familiare.
      E questo oltre ad essere un disclaimer antifascista secondo me sufficiente, dovrebbe spingere ancor di più i compagni “veri” ad accorrere in piazza e a guidare quelle persone sulla strada giusta, invece di lasciare che siano quelli che la reductio a hitlerum la usano consapevolmente nel modo indicato sopra a “carpirne” l’energia e il malcontento.

  70. Nota di Wu Ming concernente la nostra politica “redazionale” nei prossimi giorni

    Da sempre il primo commento di qualunque nuov* iscritt* a questo blog finisce nella “coda di moderazione”, dove viene vagliato. Lo sblocchiamo solo se è in tema, se non contiene insulti, se non contiene link tossici, se non ha contenuti fascisti, razzisti, sessisti ecc. Serve a sbarrare la strada a troll, odiatori, provocatori, “cavalli di Troia” e quant’altro. È uno dei nostri modi di mantenere alta per quanto possibile la qualità della discussione e delle interazioni.

    [Un altro consiste nella presenza di filtri, automatici e non: un commento con un link a Byoblu e altri siti del genere va diritto nello spam; I link diretti a social network come FB o YouTube vengono sostituiti da link a copie archiviate di quelle pagine, prive di cookie, pop-up e altre schifezze. Ecc. ecc.]

    In questi giorni di ennesima sovraesposizione e traffico del blog alle stelle, anche a seguito di alcuni articoli su di noi apparsi sui media mainstream, siamo letteralmente presi d’assalto da nuove iscrizioni al blog e relativi primi commenti. La coda di moderazione degli ultimi post su gp e dintorni è stracolma.

    A una prima occhiata, molto è il guano, ma ci sono anche commenti pubblicabili. Solo che il compito di vagliarli tutti è davvero superiore alle nostre forze. Già è dura monitorare le discussioni tra chi ha già un account: tenete presente che noi riceviamo una notifica via email per ciascun commento lasciato sul blog. Sono centinaia al giorno.

    Nelle nostre giornate non ci dedichiamo solo a moderare le discussioni sul blog, anzi: dobbiamo tenerci aggiornati, riunirci come collettivo, studiare per poi scrivere i capitoli del romanzo attualmente in stesura, fare presentazioni, e questo solo per quanto riguarda il tempo di lavoro.

    A malincuore, abbiamo deciso di dichiarare una “moratoria” di una settimana all’accettazione dei commenti di nuov* iscritt*. La discussione proseguirà solo tra utenti che hanno già un account su Giap. Non è poi questa gran restrizione, a pensarci: poiché il blog esiste da più di dodici anni, a rigore gli iscritti sono oltre 42.000!

    Torneremo ad accettare commenti di nuov* iscritt* mercoledì 27 ottobre 2021.

    Scusateci, ma non siamo robot. E non possiamo permetterci un tracollo delle forze in qusto momento.

  71. Segnaliamo:

    In nome della legge, disperdetevi

    Riflessione sui fatti di Trieste del centro sociale autogestito Sisma di Macerata

    http://www.csasisma.org/2021/10/in-nome-della-iegge-disperdetevi.html?m=1

  72. Questa situazione ha confermato, ancora una volta, che le 3 principali sigle sindacali vengono usate solo come trampolino di lancio per far carriera. Continuano a dire che rappresentano i lavoratori ma ormai rappresentano i pensionati. Quando sento i sindacati parlare di obbligo vaccinale, faccio fatica a capire che questa cosa non l’abbia richiesta confindustria. Sui fatti di Trieste, pensavo che almeno dopo quel che è successo il 18, esprimessero un minimo di solidarietà verso i lavoratori. Invece nulla. La gestione della pandemia, qualunque esito avrà, lascerà strascichi pesanti nei rapporti sociali e nelle fiducia nelle istituzioni

  73. …sta affrontando la questione squisitamente materialista e del tutto marxista dei rapporti di produzione e del conflitto tra capitale e lavoro.

    Vero

    Per rimanere nell’Ottocento: il livello di alienazione cui siamo giunti oggi non ha precedenti nella storia; mi piace di riflettere sul rapporto tra uomo e natura (per semplificare) e mi rendo conto che posso aiutare dal mio punto di vista a dire qualcosa anche sulle relazioni tra gli uomini.

    Ormai esistono uomini dotati di soggettività e uomini ormai ridotti ad esser cose (come tutta la natura).
    “La soggettività cui l’idealismo aveva riconosciuto come tratto distintivo la progettualità trasformativa che realizzava se stessa nella misura in cui realizzava e creava nuove realtà e progresso umano, consapevole di essere essa stessa sintesi di una storia infinita ma protagonista di quella storia” (cito Bentivoglio a memoria Giustizia limite identità) è ormai solo per pochi.
    Qui cito alla lettera. “La progettualità trasformativa espressione della vera libertà dell’uomo si è capovolta nel suo opposto diventando progettualità adattativa, tratto distintivo degli animali.” (Non mi metto a cavillare su alcuni aspetti che non condivido perché ora non è il caso, ora si parla di umanità e accetto questa visione sempre 800esca per dialogare).
    Perciò gli uomini, ormai ridotti a cose, hanno cominciato a ribellarsi, consapevoli o meno. Un po’ come il mio cane consapevole che a 10 anni di vita accetta di fare qualcosa che non gli va, solo se tratto, mi metto su un piano comune, lo riconosco come soggetto, altrimenti minaccia di mordermi o finge di non capire e allora posso solo dominarlo minacciandolo a mia volta o manipolarne la volontà – cosa che sarebbe per altro facile – (scusate).

    • Venendo al III millennio.

      In questa protesta riconosco anche tratti di quel desiderio di relativismo e intersoggettivismo (o al suo opposto di cose fra le cose) che permettono di dare riconoscimento all’altro, al diverso, alla natura, a chi “non è o non fa come me”, ma che sostanzialmente è come me, per cui tante pratiche olistiche e tante riflessioni sul relativismo hanno preparato il terreno.

      Figlia di comunisti fino al midollo, ho fatto fatica a riconoscere nel mondo variopinto e a volte stralunato del relativismo e dell’olismo (doveroso aggiungere: qui tra noi occidentali! ché a malapena conosco questo) una forza trasformativa dirompente che permette di dare pari dignità al saggio, alla pulce, al sasso, agli ultimi tra gli uomini e ai re, senza sminuire la forza di nessuno. Per molto tempo ho pensato che si trattasse di radical chic, di disfattisti, di smidollati, di individualisti, di senza politica, di spiritualisti, di fulminati, di egoisti e anche di qualche fascista. Poi c’ho lavorato dentro per alcuni anni e ho capito che, nel nostro mondo occidentale, anche quello è un mondo fatto di padroni e di dipendenti, com’è tutto il resto, ma con una diversa narrazione (a volte inconsapevole) di cosa potrebbe essere la realtà delle cose, di cosa significhi pensare il mondo “là fuori di noi” con tutte le conseguenze del caso.

      Insomma vedo un’altra tappa di confronto tra il vecchiume capitalistico alienante, sfruttatore, in cui l’uomo è al centro e alcuni più degli altri (e che non molla la presa, anzi) e nuove visioni del mondo (più relativistiche, con cui c’è da confrontarsi davvero per tradurre in politica le loro narrazioni) che paiono aver trovato la forza di cominciare a farsi sentire anche politicamente, grande novità.

      • @ Radicola

        Mumble, mumble.

        «[…] il livello di alienazione cui siamo giunti oggi non ha precedenti nella storia […]»

        Siamo sicuri? Mi vengono in mente, per esempio, le «Workhouses» in era vittoriana.

        E poi, scusami, «te lo dico con il cuore in mano e i polsini sporchi di sangue»: nel tuo intervento leggo troppi sostantivi maschili; siamo tutt* «esseri umani», non uomini, re o sudditi e ti confesso inoltre che l’antispecista radicale che alberga in me è abbastanza preoccupat* per il tuo cane:

        «[…] consapevole che a 10 anni di vita accetta di fare qualcosa che non gli va […] posso solo dominarlo minacciandolo […] manipolarne la volontà»

        Mumble, mumble, mumble…mi sembra di sentir rimbalzare, lontano, un eco dalla Genesi 1,26-28?

        • Ciao, ho copiato dal libro citato e mi riferivo al fatto che oggi riusciamo a crearci un’identità comprando merci, beni e servizi del cui bisogno qualcuno ci ha convinto ad un livello mai visto nella storia. Questo sistema pervade il mondo e la vita alla stragrande maggioranza degli umani (e umane!). Ma, prima – fino a quando? avrei varie risposte in funzione del livello di alienazione analizzato – conviveva con una o più altre realtà tra cui quella costruita su relazioni, bisogni, rapporti di produzione e consumo dati anche da noi e dalla nostra, a volte bella a volte misera, personale esistenza. Si poteva essere vassalli o schiavi ma lo si sapeva di esserlo e si poteva pure sperare di ribellarsi (poi magari non succedeva, lo ammetto). Oggi? regaliamo il nostro tempo e i nostri dati con allegra ignoranza rinunciando a pezzi di identità pienamente convinti che sia il meglio per noi.

          Per quanto riguarda il mio cane non mi dilungherei ora. Se hai letto il libro COSE di Cimatti sarei molto contenta di imbastire un dialogo con te perché forse la pensiamo nello stesso modo.

          Poi ti ringrazio per avrmi fatto notare che in questo caso, presa dalla fretta di andare a soddisfare il mio padrone attuale, il lavoro, sono andata in automatico col linguaggio. Comunque quando scrivo uomini penso sempre ad un termine tipo tigre o vipera che indica scorrevolmete tutti gli individui e individue di una specie. Ma forse dovevo specificarlo.

      • Per una critica sui concetti di progettualità, storicismo, visione progressista della storia di ascendenza idealista e positivista si veda appunto Benjamin, anche sulla discussione di tempo fa sulle condizioni della conoscenza delle “verità storiche”.

        Per il concetto di olismo, mi offri l’opportunità di tematizzare il concetto di salute dell’Oms appunto visto nella sua concezione olistica.

        Partendo dal concetto di “cura”, in questo senso, interessante andare a pescare (spero non mi si accusi di rossobrunismo, e cmq tento di citarlo in modo non banale come si vedrà poi) da Heidegger di Essere e Tempo del 1927:
        “[preso dalla rete]La “Cura” è la struttura fondamentale dell’esistenza ed la totalità delle determinazioni d’essere dell’Esserci (“esistenzialità, effettività e deiezione), o, come si esprime lo stesso Heidegger, “la totalità formale esistenziale del tutto strutturale ontologico dell’Esserci significa: avanti-a-sè-esser-già-in in quanto esser presso. Questo essere è espresso globalmente dal termine Cura”. Manifestazioni concrete della Cura sono poi il “il prendersi cura”, degli oggetti, e l'”aver cura”, verso gli altri. La Cura, dunque, è proprio la struttura dell’essere dell’Esserci: esprime la condizione di un essere che progetta, come “essere-avanti-a-sè”, le sue possibilità, le quali lo riducono alla sua situazione originaria, cioè al suo essere-gettato.” Imprescindibile notare la diversa prospettiva dell’esistenzialismo da quella storica/materialista.

        La definizione di salute dell’Oms
        sembra essere anche mediato dal concetto di “cura” heideggeriano, la salute viene definita come «uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplice assenza di malattia» e tale definizione è appunto nota come definizione olistica.
        Il concetto olistico non è quindi ormai una “setta” ma trascende dal massimo organo formale istituzionale globale nel dirimere cosa si intenda per salute.
        Interessante notare in questo l’analogia con l’articolo 32 della nostra costituzione.

        È questo uno degli empasse in cui si è scontrata la gestione globale pandemica.
        Ha traslato il concetto più generale ed olistico di “cura” e “salute”, per gettarci nella antinomie cure/vaccini, cure si cure no, vaccini si vaccini no.
        Mentre rimaniamo nel meccanismo dell'”essere [meramente] gettati”, un passo necessario in questa pandemia, sarà trovare un nuovo approccio storico-materialistico ai concetti di cura salute e malattia. (Ho buttato giù pensieri..In questo, help!)

        • Concordo.
          E visto che siamo fuori tema, mi permetto una risposta.

          Già che si parla di Heidegger, dal libro che ho citato prima, Cose di Cimatti, in cui l’autore dedica un capitolo al filosofo, prendo quest’altra frase: Heidegger in realtà «non è davvero riuscito a scalzare l’umano dalla sua posizione di privilegio rispetto al mondo».
          E’ davvero difficile per noi prescindere da noi. E’ un continuo riaffiorare, anche inconsapevole, di un noi su qualcun o qualcos’altro, in particolare sul reale.
          Per questo poi non ci si capisce, si fa facilmente confusione, non si riesce ad unire le forze.
          L’uomo finisce per credere al mondo fantastico che il suo linguaggio costruisce: istituzioni, valori, religioni, sensi.
          Per questo è così difficile confrontarsi tra umani, e con la pandemia, con il reale. Alla fine di lunghe frasi, anche di accoglienza e condivisione, riaffiorano i propri punti di vista, la presunzione che un senso ci sia e sia prima di tutto il proprio. Bella la definizione di salute dell’OMS, ma per ora non ci aiuta granché data la nostra incapacità di vivere ‘realmente’ la salute che, mai come in tutta questa vicenda, smuove ideologie.

  74. Segnaliamo:

    Dalla gestione pandemica alla repressione del dissenso: come funziona il governo dell’emergenza permanente

    https://sardegnamondo.eu/2021/10/12/dalla-gestione-pandemica-alla-repressione-del-dissenso-come-funziona-il-governo-dellemergenza-permanente/

  75. 1/4
    Ho aspettato che la complessa matassa di fatti e discussioni degli ultimi due giorni si dipanasse un po’ prima di aggiornare la situazione, ricordando sempre che quanto sto riportando qui non nasce come cronaca minuto per minuto, ma con l’intenzione di osservare e raccontare sul campo quanto sta accadendo nella sua mutevole complessità e tentando di andare più a fondo di quanto (com’era ampiamente previsto) i media mainstream, o wannabe mainstream, come ha scritto WM1, avrebbero fatto.
    Forse questo sarà l’ultimo aggiornamento, forse no.
    Tra oggi, domani e sabato accadranno altre cose, ci saranno manifestazioni che sono state indette, flashmob improvvisati ma discussi collettivamente, arrivi di persone da fuori città, che del resto non sono mai cessati da sabato scorso, e ulteriore pressione da parte del governo e, per suo conto, dei media, per ridimensionare anche solo quanto è già successo, per non parlare di quanto ancora accadrà.
    Nel frattempo, dopo una settimana di tempo primaverile, il cielo qui si sta oscurando, tira un’aria di pioggia autunnale alla quale, come spesso accade a Trieste, seguirà una forte bora, vento che spazza e rasserena, ma che abbassa la temperatura, e confonde anche.
    La situazione meteorologica è un problema prima di tutto per coloro che sono giunti da altre città, e che continuano ad arrivare, o i cui arrivi sono annunciati nella miriade di gruppi Telegram, che come già scrivevo, vanno presi con molta cautela e non sono da considerare affidabili. Il solo che in questo momento può fornire informazioni reali sulla mobilitazione triestina è quello di cui ieri ha deciso di dotarsi il Coordinamento cittadino No Greenpass, consultabile a questo indirizzo https://t.me/nogreenpasstrieste.

    • 2/4
      Le persone che stazionano in piazza da lunedì sono in gran parte venute da fuori, ma ricevono continua assistenza da molte e molti triestini. Sono persone che in alcuni casi erano già giunte nel fine settimana, che si sono prese l’acqua degli idranti e i gas della polizia. Hanno facce stanche, non dormono o riposano in maniera del tutto precaria da giorni, hanno oscillato per due giorni tra l’incertezza e l’entusiasmo, tra lo sconforto e la consapevolezza. Sono in gran parte persone dal Veneto e dal Friuli, ma arrivano anche dal resto d’Italia e persino dal Sud, che stanno vivendo la propria personale sventura di reietti privi di vaccinazione, che si sono ritrovate a fare scelte radicali rispetto alla propria «normalità» di lavoratrici e lavoratori. In alcuni casi erano antivaccinisti da decenni, nella maggior parte dei casi, per quello che ho potuto sentire dalle loro testimonianze, sono le vittime e l’ultimo capro espiatorio del modo in cui i governi di questo paese, di fronte alla pandemia, hanno confuso di continuo i piani tra superstizione e scienza, tra profilassi e penitenza. Tra loro c’è di tutto, anche i cattolici tradizionalisti veneti e gli apostoli della medicina alternativa, ma soprattutto persone che di continuo parlano di come il GP abbia cambiato la loro vita, dove la parola «vita» è spesso sostituita o usata come sinonimo della parola «lavoro».
      «Sono arrivato qui da Vicenza domenica, mi sono preso i gas e gli idranti, dormo in questa piazza da giorni, e non me ne voglio andare, perché nella lotta dei portuali triestini e in quel coro sul non mollare mai ho visto la sola via d’uscita dalla situazione in cui mi sono trovato, con tutta la mia famiglia», racconta al megafono un lavoratore di un’azienda veneta che prepara pasti per asili e enti pubblici. Nessuno tra i presenti che ascoltano, anche chi lo farebbe se quella cosa venisse scritta in un post sui social, qui si azzarda a dirlo: «E vaccinati allora!». Nessuno lo fa prima di tutto perché il suo racconto è straziante e provoca empatia. Nessuno lo fa anche perché quell’uomo sta esprimendo nella maniera più semplice l’idea che troppi ancora non articolano, che è ora di ribellarsi allo stato di cose presenti, di cui il GP è solo un aspetto, ma oramai molto significativo.

      • 3/4
        I lavoratori portuali vengono citati di continuo, da tutti. Puzzer, o il personaggio che i media hanno costruito in poche ore e che ora porta il suo nome, viene evocato da molti. Ma nella piazza portuali ce ne sono, Puzzer invece non più, Puzzer ha invitato tutti ad andare a casa per fare manifestazioni in ogni città mentre lui incontrerà Patuanelli.
        Nella piazza c’è ancora il Coordinamento No Greenpass, i suoi membri che erano già militanti e quelle che lo sono diventate in questi giorni, nel divenire della lotta. Ci hanno messo una giornata intera, dopo lo sgombero, per emettere un comunicato che condannasse le cariche. Ce n’è voluta un’altra ancora per riuscire a riunirsi e ricompattarsi sulle parole d’ordine condivise, la principale delle quali resta l’unità di vaccinati e non vaccinati contro il greenpass. E ancora un giorno è passato per palesarsi finalmente nella piazza ieri sera, montare un impianto audio e tenere una conferenza stampa – diventata poi una vera e propria assemblea – che con estrema chiarezza e determinazione quella parola d’ordine l’ha ribadita e ravvivata. Chiarendo innanzitutto che la differenza sostanziale tra questo coordinamento e il neonato Coordinamento «15 ottobre» è prima di tutto di metodo, che è forma e anche contenuto.
        La claque antivaccinista vicina a Casapound e calata a Trieste come giunta da Marte col volto del suo guru Giacomini, che si è appropriata del personaggio che porta il nome di Puzzer, persegue l’obiettivo di incontrare il governo, si riunisce in segrete stanze e poi parla per voce dei suoi leader.
        Al contrario il coordinamento No Greenpass, con molta pacatezza, ma anche tanta determinazione, fa sapere che chi vuole fare quel tipo di percorso può andare per la sua strada, ma spiega di ritenere invece che la lotta è lotta dal basso, che non mendica attenzione istituzionale per prendere tempo, ma si autorganizza e apre alla partecipazione di tutte le lavoratrici e i lavoratori attraverso assemblee aperte e trasparenti.
        La piazza, frastornata da una giornata senza eventi significativi ma costellata di falsi allarmi per possibili interventi della polizia, grazie a queste parole, soprattutto a quelle di due compagne che ormai molte e molti riconoscono come le portavoce di qualcosa che andrà comunque al di là dei loro volti, si rasserena, ritrova forza e voglia di stare assieme, e di nuovo si riempie.

        • 4/4
          Si riempie anche di giornalisti la piazza. Arrivati da ovunque, nella maggior parte dei casi non capiscono nulla del luogo in cui si trovano e poco delle dinamiche che determinano ciò che accade. Spendono il loro tempo a cercare l’immagine o la frase sensazionale. E a sera nei talk show riuniscono chi in questo contesto moltitudinario crede di ritagliarsi una rendita di posizione, scavalcando ciò che realmente lo ha determinato. Personaggi di carta, pixelati: i Puzzer, i Giacomini, i signor Rossi della società dello spettacolo. Eppure anche in questo si insinua l’anomalia, col volto di una ragazza che rimanda al mittente le insinuazioni sulla scelleratezza del voler bloccare la produzione e l’economia, spezzando l’incantesimo e ricordando che l’economia non è nulla senza chi produce, e che chi produce non ha intenzione di interpretare la parte dell’automa tracciato da un QR Code.
          Niente di strano che sulla stampa di oggi il nuovo capro espiatorio sia ora il non vaccinato che si è messo in malattia, con invocazioni per aumentare i controlli dell’Inps e stanare i renitenti alla produzione.

  76. @thinhenry, abbiamo dovuto cancellare il tuo ultimo doppio commento perché il link era diretto a un sito greve di cospirazionismo e popolato da soggetti tra il fascistoide e il QAnon-eggiante. Cerchiamo di fare attenzione alle fonti, per favore. Se altri soggetti non la fanno, son cazzi loro.

  77. Un addendum ai precedenti aggiornamenti.
    Giungono ulteriori conferme a quanto scrivevo nei giorni scorsi, in particolare dal fronte del porto, ovvero dal Comitato Lavoratori Portuali (Clpt) ora orfano di Stefano Puzzer. E vale la pena riportarle perché aiutano chi abbia seguito la vicenda da fuori città nei giorni scorsi a valutare meglio tutta la faccenda.
    Ieri Cgil, Cisl e Uil, per bocca dei loro delegati del settore trasporti, hanno attaccato il presidente dell’Autorità portuale Zeno D’Agostino, finora presentato come vittima degli eventi e le cui paventate dimissioni – con ogni probabilità forzate dal governo – erano state messe sul piatto per tentare di impedire lo sciopero. Cosa imputano i confederali a D’Agostino? In buona sostanza di aver privilegiato negli anni scorsi il rapporto col Clpt di Puzzer e Sandi Volk, per un periodo confederato con Usb. C’è a mio avviso in questo attacco tutto il rancore di chi riteneva di poter campare di rendita in eterno e, con l’arrivo di D’Agostino e soprattutto della svolta che aveva saputo imprimere a questo porto, non era stato capace di cogliere l’occasione e approfittarne per migliorare concretamente le condizioni dei lavoratori portuali, inclusi quelli meno garantiti. È quanto riportavo due giorni fa e che oggi viene confermato in controluce dagli stessi sindacati confederali.

    • Oltre a questo va segnalata l’intervista rilasciata da Sandi Volk alla radio bresciana Onda d’Urto che si può ascoltare qui. Come abbiamo ricordato più volte, Sandi è uno storico di formazione, fa parte della cosiddetta «minoranza» slovena triestina, per quanto ne sappiamo è tuttora un antifascista, e in passato ha scritto testi importanti sulla storia complessa di questo territorio che molti di noi hanno utilizzato a loro volta e citato spesso nei propri libri.

      Va aggiunta una cosa. Il porto di Trieste sta tuttora lavorando a rilento, non più a causa dello sciopero ma del GP: se sul totale dei lavoratori è il 40% a non essere vaccinato, la percentuale sale al 60% tra i lavoratori a chiamata dell’Agenzia per il Lavoro Portuale di Trieste.

      • Ciao Andrea grazie mille veramente di tutto il tuo impegno. Io sono di Roma e, se non ci fossi stato tu a cercare di mettere un ordine in questo marasma, non avrei saputo che pesci pigliare e che idea farmi.
        Mi pare d’altronde che addirittura Sandi Volk sia a tratti piuttosto confuso :-).
        Noto un continuo sforzo da parte di molti (forse di tutti) a giocare a “trova l’intruso”, ci si guarda continuamente intorno cercando ora il fascista ora lo stregone, peraltro molto spesso trovandoli, il che non aiuta nessuno. C’è poco da fare, questo è un aspetto delle mobilitazioni degli ultimi anni con cui dobbiamo imparare a convivere.
        Leggo che anche nel caso di Trieste si sta paventando da più parti il pericolo de “i black bloc” :-).
        Stranamente mi rincuora perché il pericolo-blec-bloc è stato quasi sempre un talismano da dopo Genova. Tutte le mobilitazioni che sono state associate al pericolo-blec-bloc hanno avuto una significatività, un peso; ovviamente il secondo aspetto è causa del primo.
        Attendiamo con ansia un tuo pezzo anche su questo.
        Grazie ancora.

        • Grazie a te Fabio per i tuoi commenti, lucidissimi e utili, e in generale alle e ai giapsters che in queste discussioni permettono di chiarirsi le idee, di valutare punti di vista diversi, articolati con metodo e profondità.
          Ho voluto ieri limitarmi a riportare le questioni che riguardano il Clpt perché non mi era chiarissimo il motivo per il quale la questura annunciava «preventivamente» l’arrivo in città di ventimila manifestanti per oggi, nonché il rincorrersi di voci di «infiltrazioni», movimenti di personaggi arrivati da chissà dove, ma con le idee chiarissime, e il generale paventare guerriglie urbane o peggio. In tutto questo c’è stato anche un ulteriore elemento di chiarezza, ovvero l’indignazione dei commercianti di Trieste per le proteste, tanto per cambiare a far le vittime per i pessimi affari di questi giorni… Ma come? Non erano loro «la borghesia reazionaria» che protestava contro le misure del governo? Mah!
          Ora scrivo un commento di aggiornamento che fornirà alcune notizie importanti.

  78. 1/2
    Nuovo aggiornamento da Trieste. La sequenza degli eventi da lunedì mattina a oggi è lineare per chi vuol leggerla: appena sgomberato il presidio con la forza di idranti e gas, e mentre la rabbia reale comporta una giornata di scontri che continua a bloccare molte attività al porto, compaiono dal nulla personaggi come Giacomini, con un codazzo di fascisti veneti e friulani che fino a quel momento non si erano visti, a cui si aggiunge una pletora di cristi e madonne portati in processione che a Trieste fa l’effetto di una tisana sul bancone di una locanda del porto; Puzzer viene sequestrato da questa gente (e probabilmente deve ringraziare Paragone per questo) e finisce per salire in prefettura prima con Bertali, dei 3V locali (che si inseriscono per tentare di non farsi soffiare dal giro di Giacomini l’egemonia sulle componenti antivacciniste più spiritualiste e scoppiate), poi con lo stesso Giacomini che a breve diventa sui giornali «portavoce» di un nuovo coordinamento chiamato «15 ottobre» e che, con una serie di giochini linguistici sembra persino assorbire il coordinamento cittadino, che fino a quel punto era l’anima delle proteste. Come questa gente abbia davvero creduto di arrivare in una città così poco «italiana», anche dal punto di vista di queste dinamiche, come Trieste e farla franca, per me si spiega solo col fatto che fascisti e cattotradizionalisti sono dei mona totali. Ma grossa responsabilità è però anche del Coordinamento No Greenpass che ha tentennato troppo nel reagire alle conseguenze dello sgombero e a queste marchiane manovre, perlopiù per il rischio di minare l’unità sugli obiettivi condivisi. In tutto questo sono ovviamente sparite dalla narrazione le componenti lavorative di altri settori, già in difficoltà ad autorappresentarsi per l’assenza totale di qualsiasi organizzazione sindacale.

    • 2/2
      Tuttavia singoli lavoratori e lavoratrici e compagne e compagni nel coordinamento sono stati comunque capaci di ribaltare anche questa difficilissima situazione e soprattutto a tenere i nervi saldi.
      Dopo la cancellazione della manifestazione di oggi il 15o si dissolve (e che si tolgano dai coglioni certi personaggi lo desiderano tutti, un altro grande successo d’immagine per la fascisteria italiana), tentando peraltro di lasciare proprio al Coordinamento cittadino la patata bollente di averla convocata e di avere fissato per domani un incontro con un ministro che sarà qua solo per il fatto che nel fine settimana torna dalla famiglia, incontro il cui fallimento è annunciato da quando è stato indetto.

      La notizia però è che finalmente stamattina arriva questo comunicato del Coordinamento No Greenpass, e per la prima volta si riesce ad avere una presa di posizione perlomeno più chiara su quanto successo, menzionando chiaramente le responsabilità dei vari soggetti in campo e dimostrando che nemmeno la combo data da repressione poliziesca, linciaggio mediatico ed entrismo fascista sono stati in grado di sgretolare l’ambito collettivo e autorganizzato che ha fatto crescere questa mobilitazione in forme insperate a Trieste.
      Qua si aspetta che passi questo fine settimana che, come raccontavo, sarà segnato da pioggia e poi bora che riporterà il sereno.

  79. Riportiamo integralmente il comunicato del Coordinamento No Green Pass Trieste linkato da Andrea nel suo commento più recente:

    COMUNICATO – 22 OTTOBRE

    Il Coordinamento No Green Pass Trieste viene interpellato per chiedere spiegazioni e per mantenere l’unione, proviamo a rispondere.

    Non vi è alcuna divisione, solo una diversificazione, speriamo momentanea, dei percorsi, frutto degli eventi tumultuosi avvenuti al porto. Noi continuiamo la battaglia cominciata utilizzando gli stessi metodi : un’assemblea cittadina di vaccinati e non vaccinati, un movimento dal basso che si è fatto ascoltare anche toccando rilevanti interessi economici, oltre che con enormi cortei.

    Non siamo in grado di rispondere in merito a perché si sia formato il Coordinamento 15 ottobre o perché racchiuda tra i suoi esponenti Giacomini, che vive in veneto ed è ex candidato del partito di estrema destra Casapound o Perga, che pare non sia mai stato a Trieste in questi giorni. Entrambi non hanno a che vedere con il movimento triestino e anche per noi è poco chiara la loro presenza ed il perchè vi siano stati calati. Noi siamo un movimento apartitico, locale, aperto a tutti che si unisce nella contrarietà assoluta al green pass e all’obbligo vaccinale e che rifiuta gli venga messo un cappello politico. Ribadiamo quindi chiaro che non ci appartiene alcun collegamento né con l’estrema destra né con i vari Tuiach, Pappalardo, Montesano, Paragone ecc. che hanno preso spazio mediatico nelle giornate al porto e che Ugo Rossi come eletto comunale, o 3v come partito, non sono parte delle assemblee del coordinamento.

    Non ci è stata data alcuna possibilità di condivisione riguardo alle scelte per questo weekend, ora, di fronte all’annullamento delle due piazze chiamate dal 15 ottobre, non siamo in grado di prendere alcuna responsabilità né dare ulteriori suggerimenti.

    Ci dispiace profondamente che la scintilla che avevamo contribuito a creare sia sotto pesante soffocamento, tenendo impegnati media e persone in questioni burocratiche quando la vera ricchezza di questo movimento era e rimane la sua natura popolare, di massa e apartitica, che ci ha portati in molti in piazza a Trieste.

    Una settimana fa speravamo di essere a pochi metri dal traguardo, ora capiamo che la lotta sarà ancora dura, ma continuiamo uniti/e e solidali alimentando quella scintilla che avevamo generato tutte/i assieme.

    Coordinamento No Green Pass Trieste
    web: nogreenpasstrieste.org
    Telegram: https://t.me/nogreenpasstrieste

  80. Segnaliamo, da notav.info:

    A Trieste si respira aria di lotta sociale

    https://www.notav.info/post/a-trieste-si-respira-aria-di-lotta-sociale/

    « […] In Valsusa viviamo da trent’anni lo sperpero dei fondi ai servizi che realmente modificano (in meglio o in peggio) la qualità del vivere quotidiano: dalla scuola, ai trasporti urbani, alla sanità, tutti devastati dagli ingenti tagli fatti proprio negli ultimi trent’anni.

    Per questo, non abbiamo dubbi nel dire, che delle piazze di Trieste, ci ha colpito il carattere popolare delle iniziative e la varietà di soggettività che si sono ritrovate a condividere quelle strade in un contesto di rivendicazione di un diritto necessario, come quello al lavoro, visto che la vita che ci viene offerta è ormai impiccata alla corda delle ingenti spese quotidiane. Un crogiolo variegato che, in barba ad apparati precostituiti e istituzioni dai lunghi tentacoli, ha saputo esprimersi e darsi dei linguaggi che hanno colto nel segno, inserendosi in un percorso di lotta sociale che, prima o poi, era chiaro sarebbe esploso.

    Quella piazza, forse più di altre, fa paura ai nostri cari politici per tutto quello che porta con sé e proprio per dare prova di forza e dimostrare che uno dei suoi obiettivi primari sia quello di lavorare indisturbato, sono state messe in atto le forme di repressione del dissenso che ben conosciamo qui in Valsusa: il presidio davanti al porto di Trieste è stato sgomberato con violenza dalle forze dell’ordine in tenuta antisommossa che hanno utilizzato manganelli, idranti e lacrimogeni.

    Il malcontento diffuso su più fronti apre a delle possibilità di riconquista di quegli spazi di libertà necessari per chiamare davvero “vita” quello che facciamo tutti i giorni […]»

  81. Contropiano riesce a fare un titolo che vabbè, però non può nascondere che persino Livorno – che è stata descritta come una sorta di estrema barricata del governo – è contraria al green pass

    Coordinamento dei portuali Usb di Genova, Livorno, Trieste, Civitavecchia e Taranto

    “Non ci stiamo alle strumentalizzazioni che questa categoria sta subendo a causa del parallelismo con movimenti che nulla hanno a che vedere con la difesa del diritto al lavoro ed alla salute e sicurezza nelle aziende. La nostra richiesta non potrà mai essere quella di “togliere tutto” perché non siamo d’accordo, nè mai lo saremo, con quelli che negano l’esistenza del virus e l’esigenza di contrastarlo con gli strumenti che ci sono dati. I PORTUALI SONO PERO’ CONTRARI AL GREEN-PASS PERCHE’ E’ UNA MISURA DIVISIVA, DI SCARICO DI RESPONSABILITA’ NEI CONFRONTI DEI LAVORATORI E CHE NULLA HA A CHE FARE CON LA SALUTE E LA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO
    [Il CLPT di Trieste], “che oggi cerca di prendere le distanze da una piazza che loro stessi hanno contribuito a determinare, ha screditato le lotte di tutti i portuali d’Italia con le sue scelte, permettendo che una lotta legittima – quella sulla questione del greenpass nei luoghi di lavoro – si trasformasse in calderone ingestibile di posizioni negazioniste e complottiste e permettendo a personaggi ambigui ed in cerca di notorietà di infangare la categoria”.
    “L’attacco che sta lanciando il Governo va però oltre, colpisce le pensioni, il fisco, le tutele sociali ed il salario. Oltre alla questione del greenpass va rimessa al centro una battaglia complessiva dei diritti dei cittadini e dei lavoratori che tenga assieme tutti”.
    Il primo appuntamento è quello dello sciopero dei portuali di Genova proclamato per il 25 e 26 ottobre. “Con l’entrata in vigore del decreto legge 127/2021 che prevede l’obbligo di Green Pass sui luoghi di lavoro viene discriminata la classe lavoratrice, ulteriormente divisa nonché privata del reddito, delle tutele contrattuali e della privacy. Pertanto Usb Porto indice lo sciopero di 48 ore per denunciare la gravità dell’applicazione di questa misura”.

    “Esigiamo che vengano garantiti tamponi antigenici (rapidi) per tutti i lavoratori vaccinati e non, su tutti i posti di lavoro e interamente a carico delle aziende come previsto nella legge 81/2008.

    Chiaramente la parte a stampatello l’abbiamo scritta noi giapster dai :-)

    • Che il CLPT avrebbe «screditato le lotte di tutti i portuali d’Italia» è una roba che non si può leggere. Comunque la si pensi sui limiti del CLPT e sui casini fatti da Puzzer (ben raccontati in questo thread da Andrea Oliveri), se non si fossero mossi i portuali triestini – inizialmente trainati dal CLPT, negarlo sarebbe disonesto – contaminandosi con una lotta cittadina di decine di migliaia di persone tra cui lavoratrici e lavoratori di molte altre realtà produttive di Trieste e del circondario, se non fosse successo questo col cazzo che staremmo parlando di lotte contro il green pass come ne stiamo parlando ora. E cioè in termini di lotte di massa, lotte sindacali, lotte di lavoratori, e senza l’automatico stigma che c’era prima (non qui su Giap, ovviamente).

      Vorrei ricordare che fino a meno di dieci giorni fa era onnipresente la falsa equivalenza Lotte contro il green pass = Fiore e Castellino. Adesso invece il mainstream è pieno di articoli allarmati sulla «sinistra radicale», gli anarchici e il blecche-blocche. Il monopolio dell’attenzione da parte dei fascisti è stato rotto, ed è stato rotto – con tutto il caos e le contraddizioni – partendo da Trieste.

      • Mah, usando un principio caritatevole magari pensano di prendere le distanze dalla deriva che ci sta appunto raccontando Andrea. Rimane un comunicato quando si farà la storia magari si riconsidererà il ruolo del CLPT nella fase iniziale, ora temo possa essere complicato eccedere con i distinguo. Io un po’ mi accontento.
        Del resto questo comunicato, come quello No-TAV, metterà immagino in seria difficoltà chi continua a vedere solo marmaglia vandeana. Così come sarà più difficile fare i distinguo sull’uso gentile della forza da parte della polizia.

        • Quella che contesto con forza è l’idea che dopo i fatti di Trieste le lotte (dei portuali e in generale contro il pass) siano screditate. Dove? Tra chi? Tra politicanti e pennivendoli filo-governativi? Quelli le disprezzavano già prima.

          • (1)Io ho apprezzato molto questa parte:
            “L’attacco che sta lanciando il Governo va però oltre, colpisce le pensioni, il fisco, le tutele sociali ed il salario. Oltre alla questione del greenpass va rimessa al centro una battaglia complessiva dei diritti dei cittadini e dei lavoratori che tenga assieme tutti”.
            E condivido l’analisi di WM1 sull’importanza che ha avuto il CLPT e sul fatto che si siano fatti molti passi avanti, ed in poco tempo.
            Perché, in un certo senso, il tempo stringe.
            Trovarsi stretti con un pseudo obbligo vaccinale mediato da un green pass ed i tamponi difficili anche solo da prenotare è una situazione che non può durare ancora molto nella classe lavoratrice.

            Ma quella parte del comunicato mi ha fatto venire in mente un’immagine.
            Ricordate quella pubblicità del banchiere che si faceva un cerchio intorno?
            Ecco, a me è tornata alla mente nel senso che è come se stessero disegnando un cerchio intorno alla base sociale.
            Siamo accerchiati ed aspettano solo di stritolarci, o farci morire di inedia.
            Proprio l’inedia dobbiamo innanzitutto combattere, perché stritolarci, se vogliamo, non possono, anche solo per il fatto che, una volta ri-acquisite la nostra consapevolezza di classe, schiacciata dal dominio del capitale e celata da innumerevoli frivolezze, noi siamo semplicemente di più.
            Poi i fantocci delle bandieruole cadranno dai loro pilastri che si sgretoleranno, semplicemente per la contraddizione di rappresentare qualcosa di vuoto, in sintonia col potere capitalistico, e senza più legami con la classe, oggi più variegata, dei dominati.
            In questo, scalzare la retorica fascista è un compito primario.
            Il secondo è quello di iniziare a chiamare in agitazione i lavoratori che iniziano ad aprire gli occhi davanti alla collusione col potere dei nemici del popolo mascherati a salvatori. In questo senso non servono né violenze né ritorsioni, basterà scendere in piazza e si dilegueranno da soli, o verranno da subito dimenticati. E questo è possibile appunto perché vi è un’urgenza.
            Questa urgenza che si palesa può essere anche solo la prossima bolletta, o tutt’al più il conguaglio del gas, e lo dico in modo non troppo figurato.
            Oppure si può cominciare da qui, da uno dei consueti giochini a trappola, tra matrioske e scatole cinesi -tanto in voga nella finanza di oggi- sempre ai danni del proletariato:

            ” “Non ci sono le condizioni per fare un patto sociale“. Parola del vicepresidente di Confindustria per le relazioni industriali, Maurizio Stirpe

            • (2), che dal convegno dei Giovani Imprenditori ha ritirato la richiesta inviata ai sindacati dal presidente di viale dell’Astronomia Carlo Bonomi solo un mese fa. L’imprenditore e presidente del Frosinone è stato tranchant: “Una parte del sindacato pensa che, in pratica, questo patto non abbia i caratteri della necessità, e ha una visione diametralmente opposta da quella che noi stiamo privilegiando, preferisce avere un dialogo diretto con il Governo, fare accordi e poi farli cadere sulla testa delle imprese. Non è quello che vuole Confindustria, non è quello che vuole il presidente Bonomi: ho detto a Carlo che un patto così preferisco farlo saltare“. Il premier Mario Draghi, che all’assemblea degli industriali aveva auspicato “un patto economico, produttivo, sociale del Paese“, se ne farà una ragione. ”

              La trappola nella trappola sta tutta in quel “un dialogo diretto con il Governo, fare accordi e poi farli cadere sulla testa delle imprese”.
              La consapevolezza che col governo Draghi, con uno qualsiasi di questi governi, non vi sarà mai un accordo con le parti sociali, dove a guadagnarci saranno le classi sociali, a discapito delle imprese e del sistema del capitale.
              È solo fumo negli occhi.
              Nel percorso verso la nostra autodeterminazione collettiva, servono lotte, scioperi, e consapevolezza di classe.
              Forse ci stiamo avvicinando al momento storico in cui anche solo rileggere Il manifesto del Partito Comunista in una piazza davanti ad un gruppo di persone torna ad avere un significato.
              Un significato che si stava perdendo, un significato oggi im-mediatamente rivoluzionario.

              È necessaria una rivoluzione, e per farla abbiamo bisogno di portuali, di operai, di braccianti, di medici, di infermieri, di intellettuali, di pensatori, di scrittori, di poeti, di sognatori, di femministe, di lgbtq, di libertari di anarchici e di comunisti, di migranti, del nostro e di tutti i paesi, di yppies e di fricchettoni. Serve autoconsapevolezza, coraggio e paura, determinatezza, improvvisazione, servizi d’ordine, disordine, pittori, musicisti ecologisti e trampolieri del pensiero.
              Falci, bandiere, tappeti e cuscini e mestoli e padelle, note musicali, martelli e chiavi inglesi.
              Solo così, uniti collettivamente potremo ambire al nostro compito.
              Il nostro compito storico attuale è semplicemente quello di ridare un presente ed un futuro riempiti di varietà e di colori, rispetto a quelli ora neri e grigi
              della nostra, e delle future generazioni.

  82. Segnaliamo:

    Ma veramente è così semplice professarsi antifascisti nell’Italia contemporanea? (Prima parte) – di Militant du Quotidien

    https://militantduquotidien.blog/2021/10/21/ma-veramente-e-cosi-semplice-professarsi-antifascisti-nellitalia-contemporanea-prima-parte/

    Da leggere tutto e bene, ma anticipiamo uno dei passaggi-chiave:

    «Eppure ormai era quasi commuovente la stucchevolezza con la quale, con estrema banalità, si poteva professare così tranquillamente il proprio antifascismo in un paese che aveva appena votato il ri-finanziamento delle milizie criminali libiche per il sequestro dei migranti, che condannava a 13 anni di galera Mimmo Lucano, che aveva un codice penale risalente al 1930 e un codice civile del ’42, che aveva ri-aperto i lager sul proprio territorio; un paese dove in meno di cinque anni erano stati uccisi quattro sindacalisti nel silenzio più totale e dove, da anni, squadracce armate al soldo dei padroni attaccavano lavoratori in sciopero senza alcun tipo di conseguenza. Un paese dove ormai la cosiddetta“sinistra”, imboccata dalla grande narrazione mediatica, in nome di una sedicente “unità antifascista” plaudiva e si compiaceva dello sgombero – con lacrimogeni, idranti e manganelli – del blocco del porto di Trieste da parte di lavoratori e solidali contro il «green pass», mentre chi aveva da poco re-introdotto il reato di blocco stradale (“punito con la reclusione da uno a sei anni e le pene sono raddoppiate se il fatto è commesso da più persone”) parlava apertamente di repressione. Infine, nel bel mezzo della finta bufera, il Ministro Lamorgese, dal Viminale, nominava Roberto Maroni – dunque un sostenitore della Bossi-Fini la legge che da quasi un ventennio incatena le persone straniere lavoratrici nel limbo dell’irregolarità e dello sfruttamento – a presidente della Consulta per l’attuazione del protocollo contro lo sfruttamento lavorativo in agricoltura e del caporalato.»

    • Grazie del link.
      Direi che può essere visto come un buon sunto degli ultimi thread giappisti compresi di discussione, ed in questo senso fa piacere che si stia compattando un “fronte” a sinistra. Dando uno sguardo d’assieme, gli ultimi argomenti riguardano lo stesso nucleo, visto da prospettive diverse, incluso l’ultimo sulla prefazione ad Orwell.
      Approfitto per aggiungere qui alcuni pensieri che altrimenti sarei costretta a spargere qua e là. Sarò sintetica.
      -rispetto ai bambini/vaccini la mia perlustrazione della stampa mi ha fatto notare che ha vinto la riduzione ad Montesanum. Questo mi fa male. Perché sarà la questione a venire ed il sistema ha già etichettato e convogliato le risposte e critiche possibili con l’ormai noto stratagemma.
      Sull’argomento aggiungo solo la questione “un due tre stella ed esecuzione”, che si aggiunge alla consueta prova t° alla fronte, e che è arrivata anche alla materna dei miei nipoti. La questione di per sé è agghiacciante, indice a mio parere del modello sociale che si sta affermando, e meriterebbe una tematizzazione approfondita.
      Chi vuole approfondire, in rete si trova già molto.
      -sulla “rivoluzione” di cui ho parlato qualche giorno fa vorrei aggiungere una nota: non bisogna aver paura di pensare la rivoluzione. La rivoluzione non necessita di violenza, ma piuttosto di consapevolezza di classe e semmai di resistenza, quella sì. n
      Non necessita di uno stato, o di un partito di riferimento nazionale, deve essere anzi, in linea col sistema capitalistico, globale (il concetto di inter-nazionale viene ultimamente usato dai rossobruni sovranisti, per legittimare il nazionalismo, anche qui si può approfondire).
      Aggiungo che tutto quello che scrivo sono disposta a condividerlo, metterlo a confronto, sviscerarlo, demolirlo se necessario, e ricostruirlo collettivamente.
      -Su Austria e modelli lock down, di oggi le dichiarazioni di Ricciardi, che ci anticipa che il GP sarà solo per vaccinati.

      -Il link all’articolo sopra ribadisce la nota di WuMing, pensare al fascismo come stampella/ruota di scorta/strumento del sis. cap. non è né banale né complottista.
      A tal riguardo suggerisco di rivedere le “certezze” sull’epidemia nata dal pangolino.
      La SScienzah ufficiale stessa non ha certezze al riguardo, perché dovremmo bollare certe tesi come complottiste, soltanto perché non aderenti alla narrativa ufficiale iniziale?

      • Concordo vivamente con Lana_HK: la questione vaccini ai bambini è cruciale, e rappresenta l’aspetto più inquietante della gerontocrazia, ovvero mettere a rischio i bambini, che non sono toccati dal virus, per proteggere i vecchi.

        Sono invece più perplesso sulle considerazioni finali: “suggerisco di rivedere le “certezze” sull’epidemia nata dal pangolino […] perché dovremmo bollare certe tesi come complottiste, soltanto perché non aderenti alla narrativa ufficiale iniziale?

        Nessuno potrà mai darci la prova che il virus non sia nato in un laboratorio segreto di Wuhan. Ma perché dare credito a ipotesi fantasiose, quando il capitalismo è in ogni caso responsabile di questa situazione allucinante? La teoria del salto di specie ha il vantaggio di darci la consapevolezza che abbiamo esagerato con la cementificazione e l’occupazione degli spazi, sottratti alla natura selvaggia.

        Nella mia città, Verona, la scorsa primavera, nel silenzio da lockdown, i cantieri del TAV hanno raso al suolo ettari di bosco cittadino alla Fonte delle Monache, luogo suggestivo caro ai miei concittadini. Alberi sradicati, un progno che, esposto al sole estivo, e calpestato dalle ruspe, si è eutrofizzato, diventando una specie di cloaca a cielo aperto.

        Dove sono finite le migliaia di uccelli, rane, libellule, insetti, farfalle, mammiferi, che abitavano quella parte del bosco? In gran parte, morti, per fortuna (!). Ma gli altri si sono avvicinati alla zona abitata, e l’hanno occupata. Noi occupiamo gli spazi della Natura, e lei si avvicina a noi, si contamina e si ibrida. È in queste condizioni che si verificano le zoonosi. Eventi improbabili, ma che hanno mille e mille occasioni per verificarsi, e diventano così probabili, o addirittura certe. L’unica incognita è dove e quando.

        Ragionare in termini di impatto ambientale ci spinge a riflettere sul capitalismo, sul consumismo, sui privilegi a cui non vogliamo rinunciare. Pensare a un complotto sino-americano assolve il sistema che ci schiavizza in cambio di cellulari, TV e perline colorate. Tanto la colpa è di Goldfinger. O di Bill Gates, che vuole sterminare l’umanità, tranne i figli dei ricchi che hanno il cognome che inizia con la lettera G.

        Come scriveva qualcuno, le fantasie di complotto difendono il sistema.

  83. Condivido ovviamente le riflessioni su uomo ed ambiente.
    Non dobbiamo cmq dimenticare, o almeno io parto sempre da questo presupposto, che anche noi, siamo natura.
    Proprio la contrapposizione uomo/natura è quella che dall’iper sviluppo della società industriale, passando per il positivismo, ha reso possibile l’iper sfruttamento delle risorse e degli spazi, e inquadrato la natura come una cosa in sé, un mezzo da utillare a nostro piacimento.
    Inoltre sono vere le due cose.
    Se tale teoria ci impone di riconsiderare il nostro rapporto con l@ambientr, rigetta però il discorso sulla modificazione della natura, sulle sperimentazioni su virus ed armi biologiche -è appena deceduto Colin Powell, l@accusa di armi biologiche da parte di Saddam era accolta a livello planetario come totalmente plausibile.
    Rigettare in toto questo discorso quindi ci sottrae da altrettante primarie e riflessioni.
    Stiamo attenti, forse a non fare rientrare tutto nelle categorie complottismo/anticomllottisti.
    Il complottismo, è vero, difende in ultima analisi il sistema, come la dicotomia sopra detta.

    Credere che ad oggi non vi siano sperimentazioni a fini bellici, o di sviluppo medicinale o di qualsivoglia motivo è forse avere una visione un po’ ingenua del mondo, così come aderire tout court ad una ipotesi passata per certezza della narrativa dominante e debunker vari, ed oggi anche da loro stessi messa quanto meno in dubbio -anche se probabilmente cmq tra le righe e nascosta dalla propaganda-.credo che il principio di precauzione e del dubbio possa essere una buona modalità di accesso a tali tematiche, che in ogni caso non sono cmq le primarie nel più complesso discorso rispetto al divenire attuale.

    Lo stesso discorso sul dubbio e la divisione tra res extensa e res cogitans proiettava la nascita della scienza nella nostra società per opera di Cartesio, che le usava tra l’altro per affermare la dimensione divina.
    I discorsi sono sempre molto ampi e profondi.
    Dobbiamo forse stare attenti a non gettare il bambino con l’acqua sporca..?

    • Io negli ultimi mesi ho letto tutto quello che mi capitava a tiro sul presunto «ritorno» dell’ipotesi della fuga del virus dal laboratorio. In realtà, a conti fatti, tutto si riduce a un «non possiamo escludere a priori che». Sull’altro versante, quello dell’ipotesi zoonotica, permangono elementi molto più convincenti – a parte il calcolo delle probabilità, visto che quasi tutte le pandemie che conosciamo sono state avviate da zoonosi, ma a rigor di logica questo dato di per sé non può costituire una prova –, in primis il fatto che un coronavirus trovato nel pipistrello ferrumequinum è al 96% sovrapponibile al Sars-Cov-2, il che rende plausibile la tesi del passaggio intermedio.

      Il fatto che tale passaggio non sia ancora chiaro non invalida niente, spesso ci vogliono molti anni di lavoro per ricostruire queste sequenze. L’Hiv fece il primo salto di specie cent’anni fa, la relativa pandemia è iniziata sessant’anni dopo, l’analisi storica del genoma dell’Hiv è stata ultimata nel 2014. Ad ogni modo, staremo a vedere.

      A proposito, riguardo a come le “armi biologiche” e lo scenario della “guerra batteriologica” siano spesso sfruttati dal potere a scopo di propaganda e ristrutturazione militar-industriale consiglio: Critical Art Ensemble, Lo spettro della peste, Eleuthera, Milano 2006.

      • Ciao. Anche io ho letto molte cose relative all’origine del virus e non mi sembra che l’ipotesi dell’origine artificiale si riduca al “non si può escludere a priori”, anzi, ad oggi le due ipotesi, naturale o artificiale, sono parimenti plausibili. Qui https://thebulletin.org/2021/05/the-origin-of-covid-did-people-or-nature-open-pandoras-box-at-wuhan/ , spiegazione dettagliata del perchè.
        La storia: poco dopo lo scoppio della pandemia esce una lettera di scienziati sul Lancet in cui si dice che l’origine del virus non può essere artificiale. La lettera è in lapalissiano conflitto d’interessi, essendo cofirmata da uno dei direttori del laboratorio di Whuan. Dopo poche settimane esce un’altra lettera, dello stesso contenuto, su Nature. Sulla base di queste due lettere, tutti gli scienziati – almeno in Italia, ma non credo che all’estero sia andata diversamente – si affrettano a confermare che la teoria di un virus nato in laboratorio è una sciocchezza, che “chi ha studiato sa” che non può essere, che nel codice è scritto incontrovertibilmente che il virus è naturale. Parte il consueto bombardamento mediatico in cui si prende per i fondelli chi parla di virus nato in laboratorio. A gennaio 2021 l’OMS decide di tornare in Cina per indagare l’origine del virus e a qualcuno comincia a venire qualche dubbio. Iniziano ad uscire articoli specialistici in cui si afferma chiaramente che la tecnologia odierna permette di creare virus artificiali “non riconoscibili” come tali. Uno dei laboratori di alto livello, capaci di utilizzare questa tecnologia, è quello di Whuan. Ma il tutto succede – diciamo così – troppo tardi, perchè ad oggi le priorità sono ormai altre, campagna vaccinale, gestione della pandemia nel terzo mondo, scoperta di nuove cure, etc… E la possibilità ormai di risalire a cosa accadde due anni fa, probabilmente, è impossibile.
        Per me la domanda inquietante è: perchè a marzo 2020 nessuno scienziato ha alzato il ditino per dire che l’ipotesi di virus artificiale non fosse da scartare? Perchè un articolo come quello da me citato, che chiaramente dichiara “the signatories of the Lancet letter were behaving as poor scientists: They were assuring the public of facts they could not know for sure were true”, esce solo ad un anno dai fatti? Perchè Guido Silvestri – non l’ultimo fesso – a giugno 2021 dice che l’ipotesi di fuoriuscita dal laboratorio è credibile, e non lo ha detto un anno e mezzo prima?

        • Jump, per quanto a te non sembri, il succo è: “non si può escludere a priori”. Al momento, non c’è alcun elemento concreto a supporto, solo dubbi e sospetti. Le “domande inquietanti” sono solo, appunto, domande. Domande che vanno già in una certa direzione e non è detto che siano ben orientate. L’inquietudine, poi, è un dato soggettivo. Al momento, all’osso, c’è solo la richiesta di non scartare a priori una certa ipotesi. Come avevo scritto io.

          • Per la precisione il succo è “nessuna delle due ipotesi si può scartare a priori”. Al momento non ci sono prove concrete su nessuna delle due ipotesi. Che non ti inquieti che la quasi totalità degli scienziati (bravi o scarsi) che hanno dibattuto sull’argomento abbiano addotto a sostegno della propria ipotesi dei dati scientifici errati, be’, mi sembra strano, sinceramente. Vorrei capire se tu lo trovi “normale”. Che le mie domande non siano ben orientate… magari è così, ma resta un’opinione. Ribadisco che il mio discorso verte sulla modalità di deformazione dell’informazione pubblica. E la cosa rileva in quanto, se il potere mediatico è riuscito a “blindare” con tale potenza una verità – che poi si è scoperto verità non essere, anche se si scoprirà che l’origine è naturale -, chi ci dice che non si possa fare lo stesso su altre questioni, economiche, finanziarie, giuridiche etc… In altre materie, però, vi sono più anticorpi. Quando 20 anni fa iniziò la battaglia del revisionismo storico, ci furono fior di voci contrarie che si alzarono per smentire le sciocchezze che la vulgata neo fascista, berlusconiana, exdemocristiana etc… provò a far circolare. Certo, la potenza mediatica di Porta a Porta et similia era maggiore; ma una resistenza critica era forte. In questa specifica materia, sempre a mio parere, non c’è, o è debole. Poi, certo, ognuno ha la sua visione. Se non te ne frega una ceppa del fatto che per un anno è stato spacciato per vero un “falso”, va bene. A me, per deformazione professionale, interessa molto la comunicazione pubblica, e questa cosa (come altre) la trovo “inquietante”.

            • Rileggi, io non ho scritto che le tue domande sono mal orientate, ma che potrebbero esserlo, sono tra le tante domande possibili e non è detto che siano quelle giuste. Più nello specifico: sono domande che contengono già l’implicazione di qualcosa di losco nel fatto che si sia pensato subito alla zoonosi. Invece quella reazione io la trovo normalissima, essendo state tutte le ultime pandemie – e a dire il vero non solo le ultime – conseguenze di processi zoonotici. Ad ogni modo, continuo a non capire in base a cosa tu stia contestando il sunto “non si può escludere a priori”. Nulla di ciò che hai scritto ci smuove di un millimetro da questa basilare esortazione.

              • Forse nel mio primo intervento c’era troppa enfasi. Non contesto il “non si può escludere a priori”, contesto la superiorità di un’ipotesi sull’altra. Come dice qui sotto anche ISVER, io sostengo che non si possono escludere a priori tutte le ipotesi principali.
                “… sono domande che contengono già l’implicazione di qualcosa di losco nel fatto che si sia pensato subito alla zoonosi…” questo no, non l’ho detto, se ho scritto male mea culpa, ma penso di aver espresso bene il concetto nell’insieme dei due interventi. Non c’è nulla di losco nel pensare subito e soprattutto alla zoonosi. E’ naturale che sia stato così. Per me c’è qualcosa non di losco, ma per lo meno da analizzare – anzi, c’era – sull’aver con violenza escluso l’altra ipotesi sulla base di dati che in fondo non c’erano. Il mio era solo un appunto sul “rigor di logica”.

                • […] il mio discorso verte sulla modalità di deformazione dell’informazione pubblica […]

                  Let me brake it to you gently: l’informazione pubblica si paga, e anche cara. Quella che tu interpreti come una de-formazione è più che altro una formattazzione che avviene by default all’interno di un template unico. Il capitale.

                  Come diceva Tuco a proposito della manifestazione di Trieste, anche qui su Giap, ogni tanto, «[…] qualcuno prende in mano il microfono e comincia a dire qualcosa su una verità che sarebbe stata tenuta nascosta […]»

                  Ci si augura allora che l’appello di Albolivieri il quale chiede che «[…]più compagne e compagni, a Trieste e altrove, mett[ano] i propri saperi e capacità comunicative e organizzative a disposizione delle migliaia di persone che stanno riempiendo le piazze[…]» venga accolto e invogli a discutere a proposito di possibilità e futuro piuttosto che di verità, porco Zeus.

                  Se non altro perché, dopo qualche millennio di peripezie e a conti fatti, dovrebbe essere ormai chiaro che a livello di specie umana, stiamo forse arrivando a capire che quasi tutto è possibile tranne lo sperpero di energie.

                  O meglio, l’energia si può anche decidere di sperperarla volontariamente ma almeno non si sia tanto imbecilli da illudere se stessi e tentar di convincere gli altri, che nulla accadrà.

                  Quell’energia che si sperpera alla ricerca, su internet, della verità sarà semplicemente riciclata e trasformata, probabilmente in odio e rabbia, dall’opportunismo della bestia reazionaria.

                  Insomma, sforziamoci di capire che sperperare energie di ogni genere nel tentativo di scoprire la verità , senza i mezzi adatti o i/le compagn* giust*, è come illudersi che masturbandosi si riuscirà a capire il sesso e l’amore.

                  • Uno dei pochi pregi di questa pandemia, è l’aver ribadito che il fascismo non furono solo le leggi razziali.
                    «Egregio signore, due dei più autorevoli e stimati uomini di scienza italiani, angosciati si sono rivolti a me… al fine di impedire, se possibile, una spietata durezza che minaccia gli studiosi italiani… La mia preghiera è che lei voglia consigliare al signor Mussolini di risparmiare questa umiliazione al fior fiore dell’intelligenza italiana. Per quanto diverse possano essere le nostre convinzioni politiche… entrambi riconosciamo e ammiriamo nello sviluppo intellettuale europeo beni superiori. Questi si fondano sulla libertà di pensiero e di insegnamento e sul principio che alla ricerca della verità si debba dare la precedenza su qualsiasi altra aspirazione… la ricerca della verità scientifica, svincolata dagli interessi pratici quotidiani, dovrebbe essere sacra a tutti i governi; ed è nell’interesse supremo di tutti che i leali servitori della verità siano lasciati in pace. Ciò è anche senza dubbio nell’interesse dello stato italiano e del suo prestigio agli occhi del mondo.».
                    Questa la risposta di Einstein ad un docente universitario riguardo la legge del 1931 che chiedeva loro di giurare fedeltà al regime fascista. Su 1251 docenti, circa 18 vi aderirono (torna quasi il rapporto 1/100).
                    Se il concetto di verità di Einstein ancora deriva da una logica positivista, la filosofia ha fatto numerosi passi nel demolire queste certezze.
                    In particolare Benjamin, nelle Tesi di Filosofia della Storia, approfondisce il rapporto tra verità e storia. Le tesi di filosofia della storia sono un po’ come dei messaggi lasciati dentro una bottiglia da un filosofo tedesco di fronte ad un mondo in rovina. La cosa interessante è che Benjamin parla di “fascismo” per indicare tout court il concetto di totalitarismo di destra.
                    Questa la Tesi n.8:
                    “La tradizione degli oppressi ci insegna che lo “stato di emergenza” in cui viviamo è la regola. Avremo allora di fronte, come nostro compito, la creazione del vero stato di emergenza; e ciò migliorerà la nostra posizione nella lotta contro il fascismo.La sua fortuna consiste, non da ultimo, in ciò che i suoi avversari lo combattono in nome del progresso come di una legge storica. Lo stupore perché le cose che viviamo sono «ancora» possibili nel ventesimo secolo è tutt’altro che filosofico. Non è all’inizio di nessuna conoscenza, se non di quella che l’idea della storia da cui proviene non sta più in piedi”.

        • “Anche io ho letto molte cose relative all’origine del virus e non mi sembra che l’ipotesi dell’origine artificiale si riduca al “non si può escludere a priori”
          […]
          la tecnologia odierna permette di creare virus artificiali “non riconoscibili” come tali. Uno dei laboratori di alto livello, capaci di utilizzare questa tecnologia, è quello di Whuan.”

          Il “non si può escludere a priori” è precisamente questo.

          Silvestri in ogni caso non ha detto che l’ipotesi del virus ingegnerizzato è credibile. Ha detto che è plausibile tanto quanto quella dell’origine naturale, dal momento che entrambe sono tecnicamente fondate ma allo stato attuale restano ipotesi.

          Il fatto che non sia stato identificato il coronavirus che si sarebbe ricombinato con quello filogeneticamente più vicino a SARS-CoV-2, per dare origine a quest’ultimo, non autorizza a escludere a priori, appunto, l’ipotesi dell’origine naturale.

          Il fatto che non ci siano prove dell’ingegnerizzazione non autorizza a escludere a priori che l’ingegnerizzazione ci sia stata.

          E’ altrettanto plausibile anche l’ipotesi intermedia, peraltro. Ovvero che sia un virus naturale studiato nel laboratorio di Wuhan e sfuggito per errore.

          • A me pare che questo sia uno dei temi su cui più forte si è abbattuta la scure degli scienziatomani e che per questo si stia più che attenti a non offrire sponde. Un po’ come l’impossibilità di discutere la reale portata della pandemia o il famigerato caso Svezia (quest’ultimo forse ora un po’ meno) o l’utilità dei vaccini nella fascia d’età 20-40 e molto altro. Su questo pure noi “oppositori” siamo terrorizzati dal farci prendere per dei mattocchi o peggio tipo i novax e quindi preferiamo tenerci lontano, anche perché a dio piacendo argomenti ne abbiamo lo stesso a pacchi. Però comprendo che per uno che è interessato alla comunicazione le cose possano avere una diversa rilevanza. (così come comprendo i nostri ospiti, che ora si ritroveranno gli screenshot sui social :-)

      • Aggiungo tra le ultime evidenze a favore di un’origine naturale un recente lavoro https://www.nature.com/articles/d41586-021-02519-1 . Gli autori sosterrebbero che il salto di specie sia avvenuto non una, ma almeno due volte, come anche nel caso di altre zoonosi, come HIV.

        A tal proposito se venisse fuori che il COVID è stato causato da un incidente, questa sarebbe un’ottima notizia, perché implicherebbe che sarebbe sufficiente agire sulla condotta di un limitato numero di individui per non avere eventi simili in futuro.
        Viceversa una zoonosi implica una pressione umana sul pianeta insostenibile, e un’evoluzione ben difficilmente invertibile anche a lungo termine. Se consideriamo i limiti del pianeta, come proposto da alcuni ricercatori https://www.am.pictet/-/media/pam/pam-common-gallery/article-content/local/italy/2020/2020_05/planetary-boundaries_it_web.pdf , troviamo che sulla biodiversità abbiamo probabilmente raggiunto il punto di non ritorno anni fa. E sebbene possa essere consolante pensare all’incidente, è assai più preoccupante vedere il COVID e il SARS-CoV-2 come la naturale prosecuzione di zoonosi simili (SARS e MERS) o meno (aviarie, suine…), in attesa di futuri eventi simili a cadenza anche decennale.

        Noto una similitudine con la spiegazione dei cambiamenti climatici tramite scie chimiche e esperimenti tipo HAARP. Sarebbe bello se davvero bastasse cambiare la condotta di un manipolo di persone malvagie per risolvere un problema così grande, invece di tutto un sistema che deve permettere il sostentamento, e magari anche qualcosa in più, di quasi 8 miliardi di persone (e probabilmente 10-11 in futuro).

        • Effettivamente ci sarebbe da chiedersi perché il sistema capitalistico non stia spingendo di più verso l’ipotesi del virus da laboratorio. Questa ipotesi infatti permette di non fare i conti con il sistema di produzione distruttivo sotteso al capitalismo. Sarebbe insomma l’ennesima toppa sulla voragine.
          La zoonosi invece, seppur poco affrontata mediaticamente e nell’informazione, è proprio il contrario. È l’ennesima dimostrazione che questo sistema non è tollerabile. Rimane che questo collegamento tra sistema di produzione e zoonosi viene taciuto sistematicamente e non è secondo me conosciuto e compreso dalla maggioranza. Molti pensano che sia successo per sbaglio, per sfortuna, alcuni perché i cinesi mangiano i pipistrelli…

          • Pienamente d’accordo. Forse la risposta al “perchè il sistema capitalistico non stia spingendo di più verso l’ipotesi del virus da laboratorio”, è che mantenedo aperte le due ipotesi, non occorre approfondirne nè l’una nè l’atra, in ogni caso resta un mistero…quindi non c’è nessuna responsabilità da prendere…
            Rispetto all’ipotesi dello spillover, che, anche se non fosse l’origine di SARS_COV_19, coma già detto nei commenti qui sopra, è chiaramente identificato quale origine di praticamente tutte le epidemie dell’ultimo secolo, Andrea Malm ha scritto “La chauve-souris et le capital” (non so se sia tradotto in italiano), in cui ritraccia in modo completo tutti i fili che uniscono capitalismo e zoonosi, dall’estrattivismo alla distruzione degli ecosistemi (passando anche per il consumismo-snobismo dei nuovi ricchi cinesi, per i quali l’avventura esotica si consuma anche a tavola mangiando gli animali più selvaggi e improbabili), che sono gli stessi fili che uniscono capitalismo e crisi climatica. Questo “brillante pamphlet sul Covid-19” di Malm, come lo chiama l’autore dell’articolo, è discusso qui in modo stimolante http://www.leparoleelecose.it/?p=40711

  84. Grazie dei riferimenti e degli approfondimenti, effettivamente, vista la complessità del tema, io mi limitavo a fare un copia ed incolla degli elementi giuntimi dalla rete analizzandoli con gli “strumenti” già in mio possesso.
    Sono in ogni caso interessanti, se venissero fuori ulteriori approfondimenti.
    Sugli armamenti in un recente passato ho approfondito le tematiche “chimiche” in particolare in riferimento a gas CS e fosforo bianco e loro utilizzo. Mi limito a dire che su questo argomento vi è una sorta di dicotomia e stupore tra il “non può essere usato” “interveniamo” ed un suo utilizzo invece giustificato da escamotage e buchi nella legislazione anche internazionali.
    Per fare due esempi il cs in val di Susa, la sua proibizione in conflitti di guerra, il gasdotto bianco usato a Falluja e nei territori. palestinesi e l’intervento militare in Siria per scongiurare l’uso di armi chimiche..
    Ma anche qui con i miei pochi strumenti.e tempi concessomi, che poi nella vita faccio tutt’altro..
    Cmq vado OT..
    Se avete link su tali tematiche in Giap approfondisco.volentieri, purtroppo vi leggo più assiduamente solo dalla emergenza pandemica..

    • Tu però stai parlando di guerra chimica, di cui abbiamo esempi fin dalla prima guerra mondiale e che l’Italia stessa ha praticato su vasta scala in Libia e in Etiopia, bombardando con iprite e fosgene. In teoria la guerra chimica è proibita dalle convenzioni internazionali, in realtà vi si è fatto ricorso spessissimo, dal Vietnam all’Iraq.

      Io invece mi riferivo alla guerra che spesso è definita “batteriologica”, termine improprio perché semmai andrebbe detta «virale o batteriologica». Ecco, quella resta molto, molto ipotizzata e anche favoleggiata ma poco riscontrata, se non altro come operazione di stato e campagna su vasta scala durante una “guerra guerreggiata” (nel senso: anche vendere ai nativi americani coperte infette di vaiolo era un atto di guerra virale, ma non erano operazioni belliche di stato, erano iniziative “dal basso”, in fondo molto simili a “normali” avvelenamenti).

      Troppe incognite, troppi sviluppi imprevedibili, i “contro” di una guerra viral-batteriologica potrebbero essere molto superiori ai “pro” anche per chi sferrasse l’attacco.

      Tra l’altro, è quel che fece notare Badoglio quando si oppose all’ordine di Mussolini di usare i batteri di tifo e colera come armi contro l’Etiopia. In soldoni: tifo e colera non saprebbero distinguere tra abissini e italiani.

      • Circa la guerra batteriologica e varie installazioni militari che si occupano sia della “difesa dalla” che di “sviluppo dell’uso bellico della” direi che è un concetto abbastanza “mainstream” e ci sono parecchi titoli in romanzi di lettura popolare.

        Cito ovviamente “l’ombra dello scorpione” [parlo di King in casa di traduttori :-) ] più un altro paio di racconti di King (credo in “Scheletri” e in “Incubi e deliri” oltre che nei mondi della Torre nera), ma anche Tom Clancy in “Potere Esecutivo” e poi ripreso in “Rainbow six”, dove in entrambi i casi si paventa il rischio di un uso di queste tecnologie di guerra batteriologica da parte di estremisti (e nell’ultimo citato si parla anche di falsi vaccini).

        C’è poi il recente “Clean” (non mi ricordo l’autore, me l’hanno regalato e l’ho letto senza troppa convinzione) dove un virus usato come vettore per una terapia genica contro l’Alzheimer muta per contatto con uno più aggressivo e contagioso diffondendo una sorta di demenza pandemica.

        La cosa interessante di quest’ultimo, a parte un fracco di cose e topoi (si dice così?) già visti e ripresi, è la deriva che potenzialmente rischia di prendere la società dei sopravvissuti, con i più razionali e “democratici” che soccombono di fronte a vari teocon “più preparati” al nuovo contesto, che cercano di instaurare società teocratiche.

        Sarebbe bello leggere un romanzo genere “catastrofico” e “prepper” dove però la catastrofe diventa il punto di svolta da cui le forze “dei buoni” si coalizzano per realizzare un cambiamento veramente utopico, verso la realizzazione di una società più equa e più giusta, ed anche libera e “bella”…

        • «Sarebbe bello leggere un romanzo genere “catastrofico” e “prepper” dove però la catastrofe diventa il punto di svolta da cui le forze “dei buoni” si coalizzano per realizzare un cambiamento veramente utopico, verso la realizzazione di una società più equa e più giusta, ed anche libera e “bella”…»

          Sotto quest’aspetto è molto interessante La maschera della morte rossa, ultimo racconto della raccolta Radicalized di Cory Doctorow (Mondadori, 2021). Il titolo ripreso dal celeberrimo racconto di Poe fornisce già una chiave ma al tempo stesso depista :-)

          • Beh, capisco che suonarsela e cantarsela da soli non sia nè corretto e neppure elegante; è chiaro poi che la modestia rimarrà sempre una virtù mai abbastanza praticata e/o apprezzata; permettetemi allora di fare le veci di Moira Dal Sito e di affermare che all’interno di Quando qui sarà tornato il mare
            si possono leggere veri e propri gioielli di narrativa «cli–fi», in itaiano, che non è poco. Racconti che, a mio parere, aprono il cuore oltre che la mente e lo fanno in modo fantastico, trasportando chi legge in un futuro fatto di paesaggi devastati/devastanti ma popolato da esseri umani che, come i due protagonisti de La strada di Cormac McCarthy, sembrano portare viva in giro per le lande allagate quella fiammella di umanità che rende la vita sul pianeta sostenibile. Senza ombra di dubbio il Quinto Atto del libro è uno dei racconti più belli, emozionanti e divertenti che mi sia mai capitato di leggere.

        • Hai gia letto Margaret Atwood? E una canadese che inventa da una vita le distopie più estreme e disperate, con personaggi e risvolti tali, però, che finiscono per ridarti carica e addirittura ottimismo. Ha scritto “Il racconto dell’ancella” scritto negli anni 80 (una buia teocrazia pseudo-biblica si installa surretiziamente negli Stati Uniti)che ha ripreso una trentina d’anni dopo con “I testamenti”, in cui tra l’altro viene sviscerato il fenomeno del/la perseguitato/a che diventa persecutore/trice di cui parla SteCon nell’altro thread. Non dico di più :-)
          “L’anno del diluvio” completa una trilogia (non ho letto i primi due volumi) però è un libro a sè stante, visionario, ironico e appassionato allo stesso tempo. In un futuro di post-apocalisse democratica, non esistono più paesi ma vasti territori sotto il controllo di diverse mega-multinazionali. Negli insterstizi tra questi nuovi regni feudali, c’è un mondo che sopravvive tra le macerie e le creature dell’ingengneria genetica, e organizza la dissidenza…Magnifico. E incredibile quanto splatter possa essere una signora ottantenne…

  85. 1/3
    Una settimana dopo lo sgombero del porto sulla stampa si intravedono solo macerie. La tragedia che diventa farsa con gli eventi che hanno luogo tra sabato e domenica.
    Puzzer che battibecca con Fedriga dalla Annunziata e non è in grado di dire nient’altro che le due, tre cazzate concordate con Giacomini da giorni, continuando nel bluff sull’incontro con Patuanelli, insistendo che aspetta fiducioso un segnale dal governo, che sarà il due di picche che sappiamo da giorni.
    Tuiach che annuncia di essersi beccato il Covid e conferma di essere quel che tutti lo considerano, insistendo sul fatto che se lo sarebbe preso a causa degli idranti e del freddo.
    Di nuovo Puzzer che compare all’incontro triestino di una roba chiamata Ancora Italia, che ha come presidente l’avvocato Francesco Toscano e Diego Fusaro come «filosofo» di riferimento: l’anima «cattolica e quella socialista, unite da un’idea di sovranità nazionale», un baraccone su cui salgono fascistoni di ogni risma fingendo di essere «di destra sul piano valoriale nonché di sinistra sulla giustizia sociale»…
    Sia di destra, sia di sinistra, ovvero di destra.
    Qualche centinaio di passeggiatori che si fermano in piazza e assistono al penoso cabaret messo in piedi da quelli del «15 ottobre» sotto il titolo di «No paura day». Da qui scopro che mi sarei vaccinato perché spinto dalla paura – lo sostiene un tizio che su youtube va alla grande spacciandosi per «giurista libertario» e fregiandosi del misterioso titolo di «Presidente Sez.em. S.C. Cassazione». In effetti pare uno che fino a ieri è rimasto sepolto in qualche scantinato di un palazzo di giustizia e per la prima volta vede la luce del sole. La sua è comunque una posizione che mi sembra stridere forte con l’appello a «restare uniti contro il greenpass» che nella stessa manifestazione fa una tale sociologa, che poi scopro essere stata anche candidata della Lega in Veneto e in possesso di un bel po’ di master e specializzazioni in schiavitù del prossimo.
    Peraltro ho il forte sospetto che buona parte di questi personaggi arrivati da chissà dove in realtà siano tutti vaccinati, e che parlino così tanto della paura perché sono i primi ad averne. Ma non ho riscontri «scientifici» di questo.

    • 2/3
      Macerie. Tra le quali domenica sera circola anche la voce di un ragazzo che nel pomeriggio – mentre quelli del «15 ottobre» disquisivano del non aver paura, forse nella stessa piazza – sarebbe stato preso dalla polizia e picchiato perché si era seduto nel posto sbagliato, scena che diversi passanti avrebbero visto, malgrado sarebbe stata coperta dai portelloni dei blindati, e riferito a diverse persone di entrambi i coordinamenti. Alle richieste di chiarimenti di alcuni passanti la polizia avrebbe risposto che non è successo nulla. E per quanto ne so non posso fare altro che riportare questa voce che, per quanto dettagliata, non ha altri riscontri. Ma denota il clima che si respira da queste parti.
      E ancora il Corriere che parla di Milano e, nell’imbastire per l’ennesima volta la farsa degli opposti estremismi, mettendo assieme i fascistoni dei Dodici Raggi con la presenza nel corteo No Greenpass di un ex Br che si è fatto decenni di galera, non riesce però a nascondere la confusione dei commentatori che finiscono per dichiararsi confusi per l’imprevedibilità e l’indecifrabilità di questa ondata di proteste. Imprevedibile un cazzo. Certo, nemmeno io mi aspettavo che assumesse queste proporzioni, ma era tutto assolutamente prevedibile e l’avevamo scritto in molti da un pezzo: questa roba è il risultato di un accumulo di rabbia che va avanti da venti mesi. Non è nemmeno «indecifrabile», ma usare questi termini è un modo di descrivere chi va in piazza come una specie di «alieno».
      O persino di convincerlo che lo sia.
      Il vero dramma degli ultimi giorni è la polarizzazione insensata che di nuovo si approfondisce in tutte le discussioni: se sei contro il pass sei contro i vaccini, se sei a favore dei vaccini devi anche essere a favore del pass… In tutto questo la difficoltà di chi fin dall’inizio ha interpretato correttamente il modo di stare in questa lotta si approfondisce, diventa enorme e facilmente comporta errori e passi falsi che prestano il fianco a chi ha tutto l’interesse a sabotarla – sia perché è al potere e in queste settimane ha sudato freddo nel vedere questa mobilitazione, oppure perché di fatto sposa la strategia del potere, in base all’assunto che se una piazza non è limpidamente e compattamente antifascista quella piazza è fascista.

      • 3/3
        Lunedì mattina finalmente il Coordinamento No Greenpass comunica l’esito del confronto al suo interno dopo questi giorni convulsi in cui il «15 ottobre» di Giacomini, interpretato dal personaggio che va sotto il nome di Puzzer, si è preso la scena.
        La mossa pare tanto scontata quanto necessaria: tornare in strada giovedì, stavolta dalla piazza simbolo della storia operaia di questa città, Campo San Giacomo. Non presentare il green pass e astenersi dal lavoro quel giorno. Organizzarsi coi colleghi delle varie aziende e categorie. Incontrarsi di nuovo durante la giornata e fare il punto della situazione.
        C’è però una nota stonata nel volantino che convoca questa ennesima giornata di mobilitazione, la frase che recita: «Giornata eventualmente coperta dallo sciopero generale indetto da FISI fino al 31/10». Stonatissima.
        È il frutto di una discussione che è andata avanti per ore: da un lato chi nel coordinamento osserva che l’unico modo per mantenere il punto del blocco della produzione necessita di avere una copertura sindacale, dall’altro chi riconosce questo aspetto, ma insiste che farlo utilizzando la copertura di un sindacato inesistente di estrema destra, di cui lo stesso Giacomini compare spesso come uno dei referenti, è impossibile.
        Non sono in grado di dire in che misura in questa discussione ci si sia posto il problema che lo sciopero della FISI è sottoposto a procedura di illegittimità. Che, al di là dei rischi legali che potrebbe comportare, per antifasciste e antifascisti sia impensabile aderirvi pena legittimare un sindacato dalla matrice ormai nota. Che il problema politico sotteso è per quale ragione altri sindacati, che pure si sono espressi chiaramente contro il GP, non forniscano a loro volta copertura per continuare la mobilitazione – e questo aspetto dovrebbe davvero riguardare tutti, non solo il coordinamento triestino.
        Bel casino. È tutto sbagliato, mi dico. È giusto esserci, mi ripeto. Per quanti inciampi il conflitto sociale possa avere e per quante incertezze possiamo avere noi al riguardo, è un dato di fatto che il corpo sociale si è risvegliato. Come ogni risveglio da un coma, va accompagnato. Chi ha deciso di starsene il più lontano possibile da questo risveglio è condannato a capirci molto, molto meno di noi.

        • Un’altra nota stonata in quel volantino per me è il riferimento alla verità, una roba che mi provoca un’angoscia violenta che non so spiegare, anzi, la so spiegare benissimo, ma bon. Mi è successo anche quando sono andato a vedere come buttava al corteo non mi ricordo quale, quello partito dall’Ausonia, qualche giorno prima della battaglia dei Campi Elisi. Passano i portuali, figon, passano i metalmeccanici, figon, c’è il camion col sound system, figon, poi qualcuno prende in mano il microfono e comincia a dire qualcosa su una verità che sarebbe stata tenuta nascosta, e io mi sono sentito fisicamente male. Ho girato la bici e sono schizzato su per via Belpoggio tipo Pantani sull’Alpe d’Huez per scaricare i nervi.

          p.s. a scanso di equivoci: solo amore per le compagne e i compagni che hanno cercato di portare un po’ di luce in un sommovimento sociale di massa (perché 15-20mila persone in piazza a Trieste, che ha 200mila abitanti, sono una massa), che rischia fortemente di essere risucchiato nelle tenebre in qualunque momento.

          • Non ti lamentare. L’ultima volta che sono stato qui a Roma a “vedere come buttava” un tizio ha preso parola al microfono e ha detto di avere a disposizione un dispositivo per misurare l’elettromagnetismo nell’aria, invitando tutti a seguire il suo gruppo per andare in giro nei quartieri di Roma (stile Caro Diario aggiungo io) a misurare i livelli di elettromagnetismo nell’aria. Non scherzo.

            Qui a Roma, a proposito, l’elettroencefalogramma è piatto.

            Io credo che certe cose, tipo “la verità” che citavi tu o la “libertà”, sono un “catch-all” del quale non sarà facile rimaner presto netti.
            Se devo essere sincero, a me frega fino a un certo punto.
            Come è stato anche ampiamente esplorato qui su Giap, è piena la storia di piazze “blob” colme di persone di tanti tipi, alcune delle quali usavano parole semplici per protestare, ma che hanno dato il la a movimenti del tutto rispettabili o anche ben più che rispettabili.
            Secondo me, concludendo, se volessimo costruire un framework stupidino entro il quale lavorare per dare una “stima” alla piazza in analisi e non buttarsi dal balcone, bisognerebbe innanzitutto identificare:
            1) chi si vuole fare una posizione personale sotto i riflettori della protesta (vedi Puzzer)
            2) i fascisti, che poi nient’altro sono che un sottoinsieme del 1

            La fortuna è che questi escono da soli abbastanza velocemente, come la cacca se mangi qualcosa di guasto e come il borghesotto che voleva solo riguadagnare la possibilità di espletare i suoi automatismi borghesi libero e felice come una farfalla.
            Per il resto e per ora, probabilmente lo dico per la “carestia” che c’è qui a Roma, basta tapparsi un po’ il naso e via.

            Un saluto e un grazie a Andrea Olivieri, tuco e tutti gli altri, grandi!

            P.S. Tuco il tuo sogno, misà che qui è OT di brutto, a me ha ricordato elementi del Lynch di Twin Peaks! Il pelato con la barba secondo me è Oscar Giannino. Quando parla, è risaputo, bisogna tapparsi le orecchie e gli occhi quando scrive.

            • Sono d’accordo con Fabio, e ogni volta che in queste settimane ho sentito invocare «la verità» mi è bastato pensare a tutte le volte che, da quella che si rappresenta letteralmente come l’altra parte della barricata, si invoca con altrettanta elusività «la scienza». Entrambe le invocazioni sono significanti vuoti, utilizzate in questo contesto, o più semplicemente specchietti per le allodole che riproducono la polarizzazione pro-vax/no-vax, che in questo momento è davvero l’arma più efficace nelle mani dei Draghi.

              Ancora una volta mi tocca sottolineare che se più compagne e compagni, a Trieste e altrove, mettessero i propri saperi e capacità comunicative e organizzative a disposizione delle migliaia di persone che stanno riempiendo le piazze – e che lo stanno facendo non perché siano davvero convinte che esista e persino di conoscere una verità che viene taciuta, ma proprio perché intimamente non sanno più dove stia la verità dopo venti mesi di informazione schizogena e provvedimenti insensati – la famosa curvatura di cui parlavo nel mio pezzo non potrebbe più deviare di nuovo verso destra. E l’orizzonte analitico della complessità del presente diventerebbe facilmente patrimonio anche di molti tra coloro che sono alla mercé delle semplificazioni necessarie a perpetuare la polarizzazione.

              • «Ancora una volta mi tocca sottolineare che se più compagne e compagni, a Trieste e altrove, mettessero i propri saperi e capacità comunicative e organizzative a disposizione delle migliaia di persone che stanno riempiendo le piazze – e che lo stanno facendo non perché siano davvero convinte che esista e persino di conoscere una verità che viene taciuta, ma proprio perché intimamente non sanno più dove stia la verità dopo venti mesi di informazione schizogena e provvedimenti insensati – la famosa curvatura di cui parlavo nel mio pezzo non potrebbe più deviare di nuovo verso destra»

                Grazie di questo pensiero. Lo condivido e credo che vada ben introiettato e metabolizzato da tutti.
                Io credo che se tutta “l’energia” libera e non ancora direzionata che c’è in piazza e che si sta mobilitando in tutta Italia per il no al GP andrà dispersa o peggio sarà incanalata e direzionata “a destra”, sarà una di quelle occasioni sprecate e treni persi e appuntamenti mancati per cui bisognerà mangiarsi le dita per anni. Non solo, se veramente finirà “a destra” le conseguenze saranno nefaste.

                Se c’è qualcuno (e penso proprio che ci sia) che è seduto sul divano a tifare fallimento fra mille distinguo per il gusto di poter poi dire “eh, ecco, vedi, lo sapevo io, erano borghesi viziati dall’apericena e fasci” beh, dovrebbe veramente interrogarsi sul suo essere “antisistema”.

                PS: per non duplicare i post ringrazio qui WM1, Dude e Akira per i suggerimenti letterari.

                • Che la destra sociale si stia assumendo il compito di guida rivoluzionaria delle classi oppresse Questo è un problema storico che ritorna dopo Cent’anni.
                  Il passo avanti in questo senso è che oggi li conosciamo, possiamo analizzare i loro fini ed i loro mezzi.
                  Questi ultimi pescano anche da tesi che possono essere ragionevoli o apparire tali alle classi dominate.
                  I loro fini possono essere il dominio ho la distrazione delle masse in appoggio al potere.
                  E combattendo questi ultimi e non i primi che è possibile scalzare la loro pretesa rappresentanza in seno al popolo, possibile storicamente innanzitutto per un vuoto di rappresentanza ed autorevolezza delle tesi del materialismo storico.
                  In questo senso scavare nelle loro ragioni reali o supposte che siano e riproporle in chiave marxista può essere positivo in chiave rivoluzionaria ma l’autorevolezza dei postulati storici marxisti deve essere comunque posta a fondamento.
                  In questo senso dicevo che nelle piazze anche solo la rilettura del Manifesto può risultare oggi rivoluzionaria.
                  Precludersi e non accedere alle loro supposte ragioni non farà che aumentare temo l’autorevolezza delle tesi marxiste in questo momento storico.

        • “Che il problema politico sotteso è per quale ragione altri sindacati, che pure si sono espressi chiaramente contro il GP, non forniscano a loro volta copertura per continuare la mobilitazione – e questo aspetto dovrebbe davvero riguardare tutti, non solo il coordinamento triestino”.

          Noi a Genova abbiamo non uno, non due, ma tre sindacati di base che diciamo con vari gradi di tempismo e convinzione, si sono espressi contro il GP (anche qui ovviamente ci sono molti dilemmi e dubbi sul “prolungamnento FISI” fra i lavoratori di diversi ambiti).
          Oggi comunque c’è stato lo sciopero USB dei lavoratori del porto (con incontro in prefettura), quindi qualche copertura (senza dubbi di legittimità) inizia ad esserci e le mobilitazioni continuano.

  86. Ciao a tutt*. Giovedì 28 ha indetto uno sciopero anche la Smart workers Union, sindacato che sento nominare oggi per la prima volta e facendo una ricerchina su internet non sono riuscito a capire esattamente chi sono, l’unica traccia recuperata è stato un piccolo intervento del suo segretario su un articolo del Post. Ovviamente credo si rivolgano principalmente ai dipendenti della pubblica amministrazione, tra i quali, posso testimoniarlo direttamente, c’è molto, molto fermento. Non è assolutamente mia intenzione fare pubblicità a questo o quel sindacato ma vi ho segnalato questa cosa perché magari qualcuno di voi ne sa qualcosa di più. Grazie per il lavoro che fate.

    • Ti ringrazio per la segnalazione che mi permette di dare informazioni anche su un’indicazione di metodo sulle lotte, qualcosa da considerare nel contesto di un prontuario su come muoversi.
      Riguardo al riferimento allo sciopero FISI nel volantino del Coordinamento, mi pare di capire che sia il frutto di un esagerato burocraticismo da parte di una componente che in questo modo ritiene che chi voglia partecipare alla mobilitazione giovedì sia così più garantito. In realtà è proprio il contrario, perché è molto probabile che lo sciopero FISI verrà dichiarato illegittimo, perlomeno per le cosiddette categorie essenziali.
      Nella discussione alla fine si è scelta la mediazione al ribasso – che non è mai un bene a mio avviso, al di là del merito specifico – però nello stesso volantino si parla soprattutto di «astensione dal lavoro».
      È importante considerare che, per paradosso, è lo stesso decreto che introduce il Greenpass a fornire alle lavoratrici e ai lavoratori uno strumento per assentarsi dal lavoro senza bisogno che sia stato proclamato uno sciopero. E la motivazione per farlo, anche per chi ne è in possesso, è quella di dichiarare di non avere il greenpass! Come noto la conseguenza sarà l’essere mandati a casa per quella giornata in quanto assenti ingiustificati, senza retribuzione ma anche senza conseguenze disciplinari, potendo rientrare il giorno successivo esibendo il GP.
      Ho notizie del fatto che in giro per l’Italia si sta iniziando a considerare il fatto che questo effetto paradossale del decreto potrebbe rivelarsi un boomerang clamoroso, di fatto introducendo la possibilità di scioperi improvvisi a gatto selvaggio. La butto là: e se l’isteria governativa che i media stanno nascondendo a stento con le cazzate sugli opposti estremismi, in realtà fosse causata proprio da questo? E che da qui a dicembre questo strumento inaspettato potrebbe rivelarsi utile per una miriade di lotte imbrigliate dai meccanismi di regolamentazione degli scioperi? Solo ipotesi sia chiaro, ma chissà…

      • “– però nello stesso volantino si parla soprattutto di «astensione dal lavoro».
        È importante considerare che, per paradosso, è lo stesso decreto che introduce il Greenpass a fornire alle lavoratrici e ai lavoratori uno strumento per assentarsi dal lavoro senza bisogno che sia stato proclamato uno sciopero. E la motivazione per farlo, anche per chi ne è in possesso, è quella di dichiarare di non avere il greenpass!”

        Questo punto in effetti è interessante, e non lo avevo razionalizzato così chiaramente fino a quando l’ho letto dalle tue parole (e colgo l’occasione per ringraziarti dei tuoi interventi sempre molto chiari interessanti e pertinenti).
        Da qui -e passiamo all’assurdistan- risulta ancora più assurda la sospensione del parlamentare fino a 10 giorni che non esibisce il greenpass (laddove per una simile mancanza al lavoratore si parla credo di un’ammenda pecuniaria cmq consistente).
        Ok, se ad essere sospesi sono uno Sgarbi e co o vari, ce ne possiamo anche xxttere, ma io sono sempre propensa a giudicare una legge non in base al mio/nostro interesse particolare, ma a livello generale, anche perché costituisce cmq un precedente, che se taciuto, ne dà adito ad altri e via dicendo (alcuni poi ritengono che è proprio in questo modo “soft/legittimo” che nascono le dittature).
        Per spiegarmi meglio.. se avessimo diciamo un partito Comunista che ci rappresentasse al 20/30 per cento in parlamento, e fosse contrario in toto al green pass, con questa legge potrebbero essere sospesi, e venendo forse a meno la legittimità democratica -notare che la questione green pass viene a mano a mano allargata ad altri paesi, almeno dalle chiacchere dell’informazione- di questa legge.

        Altra cosa interessante, è che qualsiasi lavoratore munito o no del greenpass, vaccinato o non vaccinato, possa dire, presentandosi al lavoro, che quel giorno non lo possiede.

        Aggiungo due note sulla questione Squitgame. ho scoperto esservi una voce nella nota enciclopedia on line. Personalmente non ho visto la serie, e forse ho scritto alcune inesattezze -ad esempio la data di lancio è del 17 settembre, più di un mese fa, mentre credevo ottobre-, se qualche giappista l’avesse vista, sarei interessata di una sua opinione.
        La serie cmq è prima nella classifica Netflix in 94 paesi. Quindi non parliamo di banane e noccioline, ma di un fenomeno che ha investito le società di molti paesi e che prob. ha soddisfatto una mancanza fino a prima inespressa.
        Per me rimane un segnale sociale inquietante.

  87. 1/3
    Stamattina la mobilitazione contro il GP a Trieste ha di nuovo riservato alcune sorprese che vale la pena riportare.
    Un gruppo di portuali vicini a Stefano Puzzer, non identificabili tout court col Clpt, aveva lanciato due giorni fa un appuntamento alle nove della mattina con concentramento nella zona industriale. L’intento dichiarato era quello di andare in corteo fino agli ingressi della TAL-Siot, ovvero il terminal petroli che costituisce il punto di attracco delle navi che riforniscono l’oleodotto Transalpino, principale fonte di rifornimento del petrolio che da Trieste giunge in Austria, Germania e Repubblica Ceca.
    Curiosamente il volantino di comunicazione non menzionava il greenpass, né chiariva di preciso lo scopo della manifestazione, salvo quello di «non mollare fino all’obiettivo» e difendere il diritto di scioperare e manifestare, facendo riferimento allo sgombero violento del varco 4 di lunedì 18 ottobre.

    Visto il giorno, l’orario e gli eventi degli ultimi giorni, una bella scommessa, dal momento che nessuna sigla sindacale aveva aderito, salvo la dichiarazione del Clpt alla stampa per la quale di certo alcuni suoi aderenti avrebbero partecipato. Cgil, Cisl e Uil ieri avevano del tutto delegittimato la convocazione, riaffermando che il porto funziona di nuovo a pieno regime, notizia in parte smentita oggi dal Piccolo, che fa sapere che perlomeno il terminal container è tuttora a corto di personale, tra chi è in malattia e chi, privo di GP, non sta andando al lavoro.
    La mia impressione è che i portuali identificabili come tali dalle pettorine e i giubbotti delle varie ditte fossero circa una sessantina. Altri hanno scelto di partecipare senza indumenti che li identificassero come tali. Questo dato contraddittorio va valutato quindi rispetto al numero totale dei partecipanti, nell’ordine delle due o tre migliaia, comunque alto per una mattina feriale e per una convocazione tanto generica. Anche stavolta erano presenti lavoratori e lavoratrici di altre aziende, e in particolare un gruppo di autoferrotranvieri molto attivi nelle ultime scadenze.

    • 2/3
      Come scrivevo il corteo si è svolto nella mattina di un giorno feriale, in una zona periferica ma anche fondamentale per la viabilità produttiva di questo territorio, snodandosi per circa tre chilometri e arrivando in effetti sulla strada che porta all’ingresso della Siot ma terminando, senza sfidare il divieto esplicito di raggiungerne gli ingressi, sul piazzale dietro allo stadio Rocco e di fronte alla Risiera di San Sabba.
      Qui c’è stato un solo intervento di Puzzer, di cui l’aspetto che colpisce maggiormente è il fatto che abbia più volte ringraziato il Coordinamento No Greenpass Trieste, riconoscendogli di essere la realtà che si è mossa per prima e che continua a portare avanti la lotta, dichiarando di essere persino orgoglioso di poter frequentarne le assemblee e invitando a partecipare domani 28 ottobre al corteo indetto dal coordinamento stesso con partenza alle 17 da Campo San Giacomo. Ha poi ringraziato i portuali di Trieste e italiani in generale, sottolineando che aver voluto arrivare nei pressi della Siot sta a significare, anche ai paesi che dipendono dal petrolio che passa da quel varco, che senza il lavoro dei portuali si ferma tutto.
      L’aspetto interessante è che in tutto questo Puzzer non ha nominato nemmeno una volta il coordinamento «15 ottobre», così come era assente dal corteo Dario Giacomini, né si sono nemmeno intraviste le facce di alcuni esponenti di CPI veneti e friulani che erano circolati nei giorni scorsi.
      Se questa omissione da parte di Puzzer stia a significare un suo allontanamento da quell’ambito, o qualche dissidio con i foresti piombati dal Veneto poche ore dopo lo sgombero del varco 4, non mi azzardo a dirlo, dal momento che Puzzer non brilla per chiarezza e coerenza. Escluderei però che sia stata una dimenticanza. Semmai l’impressione è che solo negli ultimi due giorni un bel po’ di gente abbia finalmente capito che l’originario Coordinamento cittadino, per quanto composito e a tratti incerto sul da farsi, ha tenuto botta in ogni situazione, anche quelle più tese e complicate, dimostrando di essere una realtà territoriale consolidata, con suoi meccanismi relazionali che permettono comunque di andare avanti. Se questo è vero lo si capirà dalla manifestazione di domani.

      • 3/3
        Ieri peraltro il 15 Ottobre deve aver avuto anche qualche problema di comunicazione interna: sul suo canale Telegram è stato diffuso, e dopo circa mezz’ora rimosso, un documento piuttosto rilevante.
        Si trattava di uno scritto dal linguaggio decisamente burocratico nel quale si informava di aver «stabilito di modificare la propria ragione sociale/definizione in COORDINAMENTO 15 OTTOBRE – F.V.G.» invitando a costituire analoghi «coordinamenti» nelle altre regioni italiane, raccogliendo «esponenti delle diverse categorie lavorative/professionali», che «non dovranno appartenere a nessuna forza politica e o sindacale», e costituirsi «in un numero di componenti non superiore a 5, al fine di agevolare la gestione interna», fissando come obiettivi il no al green pass e all’obbligo vaccinale.

        Seguiva un codice etico, che invocava il no alla violenza e il ricorso «solo manifestazioni e resistenza pacifiche», onde perseguire una serie di obiettivi come solidarietà, dialogo e comprensione ma sopratutto, la «riaffermazione dei valori fondanti lo Stato di Diritto, il recupero delle nostre radici culturali, sociali e umane ed il rispetto dei precetti contenuti nella nostra Costituzione».
        Il passaggio sul recupero delle radici culturali e sociali – dove quel «nostre», in un territorio multilingue come quello triestino e, in gran parte, anche isontino, friulano e carnico, è completamente privo di senso – rivelava finalmente il senso dell’operazione che da settimane Casa Pound tenta di mettere in atto a livello nazionale, e che malauguratamente ha visto vittima proprio Trieste e la mobilitazione contro il Green pass che qui ha preso piede. Quel documento, da solo, spiega a chi voglia capirlo, il senso dell’arrivo di Dario Giacomini, del codazzo di scagnozzi fascisti che lo accompagnavano e il costante riemergere dell’inesistente sindacato FISI, frutto della latitanza di altre sigle sindacali ma anche dell’ingenuità di chi ha creduto che potesse tornare comunque utile l’indizione di uno sciopero da parte di quella sigla.

        • Notizia fresca sul piccolo – quindi da prendere con le pinze (da idraulico):

          No Green pass, Puzzer esce dal Coordinamento 15 ottobre e fonda il movimento “Gente come noi Fvg”

          Il leader della protesta contro la carta verde nata nel capoluogo giuliano istituisce l’organismo assieme a Eva Genzo, operaia metalmeccanica, portavoce dei lavoratori di Trieste e Monfalcone no Green Pass, e Claudia Castellana, sanitaria triestina, entrambe già presenti nel movimento nato durante le proteste a Trieste, oltre a Raffaella Vignoli e Matteo Bruch, “cittadini e lavoratori di Trieste, rappresentanti le diverse realtà lavorative della città”.

          https://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2021/10/27/news/no-green-pass-puzzer-esce-dal-coordinamento-15-ottobre-e-fonda-il-movimento-gente-come-noi-fvg-1.40857210

          • Questa cosa conferma che la strategia di Puzzer è coprire di grottesco ogni passaggio in cui le cose sembrano prendere una piega interessante.
            Il «15 ottobre» si è dissolto in primis perché era una schifosa operazione politica calata da fuori, tentativo di Casa Pound nazionale di egemonizzare la protesta contro il GP attraverso il FISI e ContiamoCi. Anche stavolta, come tre anni fa, quando si trovarono in quattro sorci di fronte a un corteo antifascista di diecimila persone, a Trieste gli ha detto male.
            Bene.
            Salvo il fatto che Puzzer è responsabile di aver dato spazio a questa gente e ora anche di utilizzarne il metodo: il fatto che il documento costitutivo di questo ennesimo «coordinamento» per molti versi ricalchi quello subito nascosto dal canale del «15o» l’altro ieri, è ridicolo e inquietante. Soprattutto dimostra che a Puzzer e alle persone che con lui stanno sottoscrivendo questa cosa, come a CPI e come ai mass media, sfugge del tutto un elemento centrale di queste proteste, che a mio avviso è quello che ne determina in buona parte la grande partecipazione. Il Coordinamento No GP Trieste è un’assemblea aperta e pubblica, che dall’estate continua a riunirsi in spazi pubblici e in discussioni trasparenti, e che non serve ad altro che a mettere a disposizione della cittadinanza spazi di mobilitazione.

            • Questo in varie occasioni ha reso difficile prendere decisioni di fronte a eventi repentini, ma ha consentito di costruire relazioni tra soggetti diversi, tenendo la barra degli obiettivi e delle parole d’ordine che ci si è dati. Con molte contraddizioni, certo, e qui ho tentato sempre di indicarle tutte, come ne sottolineerò altre nel prossimo pezzo. Ma anche con un metodo che, se non è quello a cui saremmo abituati o che desidereremmo, sembra però in grado di interpretare la fase attuale, anche nel suo sottrarsi alla personalizzazione dei mass media e al rumore di fondo dei social media.
              Peraltro solo il Coordinamento No GP sta davvero parlando a tutta la città, perché è il solo a distribuire tutti i suoi materiali in entrambe le lingue parlate qui, l’italiano e lo sloveno. Il canale Telegram del nuovo coordinamento di Puzzer in questo momento ha nella dicitura persino un tricolore, e nel suo atto costitutivo fa ancora riferimento alle «nostre radici», una frase che nel doc del «15o» era un tic da fascistoni, qui segnala forse il vuoto pneumatico di contenuti e ragionamenti, che per conoscenza personale di alcuni personaggi non mi stupisce. Tra loro c’è anche chi probabilmente immagina un futuro in cui i container al molo VII non si sposteranno più con gru e ralle, ma con l’energia del reiki.

  88. A parziale conferma di quanto scrivevo prima, altre comunicazioni che vale la pena registrare.
    La prima è quella con cui Puzzer dichiara che quella col «15ottobre» non è una rottura ma «la necessità di creare un NUOVO ASSETTO ed una diversa sinergia» e «due modi diversi di collaborare insieme e di arrivare all’obiettivo». Nello stesso comunicato si fa riferimento all’ennesima pagliacciata proveniente da questo ambito, quella di un «Comitato tecnico-scientifico ombra»… Mah!

    Al contrario il coordinamento cittadino No GP, oltre alla manifestazione di oggi, ha indetto una delle sue assemblee pubbliche per sabato pomeriggio, alle 14.30 sempre in campo San Giacomo, per discutere e diffondere modalità di azione contro il green pass sui posti di lavoro. Si va verso l’organizzazione di assemblee per categorie, che dovrebbero prendere piede dagli ambiti che animano il coordinamento stesso, ovvero: educatori sociali, lavoratori dello sport, Wartsila, autoferrotranvieri, taxisti, insegnanti, sanitari, amministrativi comunali/regionali, lavoratrici delle pulizie, ricerca, liberi professionisti, assicurazioni, privato sociale, artisti, studenti, volontariato…

    Due diverse impostazioni che riflettono anche due diversi approcci culturali di fondo, che auspicabilmente si approfondiranno: dalla prima emerge un po’ alla volta l’approccio perlomeno riduzionista sul Covid e il discorso antivaccinista più radicale, mentre la seconda tiene fermo il punto della contrarietà al green pass come dispositivo politico di discriminazione e disciplinamento, ben spiegato nella convocazione dell’assemblea stessa:

    «Il green pass non è uno strumento sanitario. Il green pass è uno strumento di controllo, per scaricare sulla popolazione le responsabilità, per dividerci, per fare della discriminazione la politica generale, per ricattare sul lavoro, per imporre la digitalizzazione. È un precedente pericoloso che non colpirà solo la libertà dei “non vaccinati”.
    Uniamoci e solidarizziamo tra lavoratori e lavoratrici delle stesse aziende o categorie lavorative. E’ un’occasione per conoscerci, contarci ed elaborare insieme strategie per contrastare questa misura a partire dai nostri posti di lavoro.
    Tutti, vaccinati e non, sono necessari, nessuno è imprescindibile.»

  89. 1/6
    Il migliore commento alla manifestazione di ieri 28 ottobre sta nel titolo comparso in evidenza sull’homepage del Piccolo, importante per ciò che dice e soprattutto per ciò che non dice: COVID E CERTIFICATO VERDE – Il Governo tira dritto su Green pass e vaccini. La Regione sul caso Trieste: «Basta cortei».
    Non sono nemmeno in grado di numerarle più a memoria, quindi non sono certo se quella di ieri fosse la sesta, la settima o l’ottava manifestazione nel giro di un mese e mezzo, ma anche ieri il corteo ha contato non meno di sette, ottomila persone – il dato è della Questura, riportato dalla stampa locale – e ha per l’ennesima volta messo in crisi la viabilità cittadina in un giorno feriale.
    La Regione del leghista Fedriga si accoda al sindaco di destra Dipiazza e ai commercianti, dichiarando di voler limitare il diritto di manifestare. La stampa anche stavolta prepara il terreno e di nuovo, come accade da venti mesi, la strategia retorica per sopprimere i diritti è quella del capro espiatorio, stavolta individuato ovviamente nelle manifestazioni che sarebbero la causa dell’aumento dei contagi a Trieste. Questo meccanismo mediatico-politico non smette di accumulare ricatto nel ricatto: se non ti sta bene il GP ti puoi lamentare, sia sbraitando sui social sia scrivendo raffinati editoriali filosofici che la stampa mainstream ospiterà come si sta ad ascoltare la storia che il nonno racconta sempre uguale da decenni.
    Ma se protesti nelle strade della città, ostacolando il normale flusso del traffico e delle merci, creando disagi all’economia, persino di fatto scioperando, utilizzando proprio la normativa sul greenpass (e chissà chi ti paga per permetterti di non lavorare!!!1!), metti in atto un comportamento inaccettabile.

    L’isteria dei media e della politica dopo le manifestazioni degli ultimi due giorni, è palpabile, densa, gonfia di disprezzo, e la ragione è semplicissima: la mobilitazione gli sta facendo male perché non accadeva da anni che lo strumento dell’astensione dal lavoro venisse invocato e praticato in maniera così obliqua, imprevedibile e fuori dagli schemi ingessati della compatibilità sindacale.
    La manifestazione di ieri è stata la più riuscita, energica e ricca di contenuti tra quelle viste finora, per molte ragioni che ora proverò a descrivere.

    • 2/
      La prima ragione è che era di nuovo indetta dal Coordinamento No Greenpass Trieste che già nei giorni scorsi, senza ambiguità, aveva rigettato qualsiasi connivenza con i vari personaggi e organizzazioni che stanno tentando di strumentalizzare la lotta contro il pass, di fatto fornendo continui appigli a chi vorrebbe confondere questa mobilitazione di lavoratori e lavoratrici, vaccinate e non, con quella cosiddetta «no vax»:
      «non ci appartiene alcun collegamento né con l’estrema destra né con i vari Tuiach, Pappalardo, Montesano, Paragone ecc.» scriveva il Coordinamento già il 22 ottobre, «e che Ugo Rossi come eletto comunale, o 3v come partito, non sono parte delle assemblee del coordinamento».
      La distanza da Dario Giacomini, referente vicentino del sindacato FISI legato a Casa Pound, era invece già nei fatti, dal momento che questo personaggio era comparso a Trieste nelle ore successive allo sgombero del varco 4, per dare la linea ad alcune persone – tra cui Stefano Puzzer e Eva Genzo – e credendo così di prendere il controllo del movimento triestino e da questo quello di tutte le mobilitazioni contro il GP in Italia.
      Sappiamo com’è andata a finire: è stato dapprima creato un altro Coordinamento, chiamato «15 ottobre», improntato a totale opacità e segretezza su metodi decisionali e strategie, facendo credere che andava ad assorbire quello cittadino e intavolando una finta trattativa «col Governo» che ha prodotto, come ampiamente previsto, il nulla assoluto. Questo coordinamento è stato infine sconfessato dallo stesso Puzzer, nel tentativo di rimediare alla vergognosa sequela di errori e manovre personalistiche di queste settimane, fondando infine un ulteriore Coordinamento altrettanto burocratico e dai contenuti torbidi – come l’incomprensibile richiamo «alle nostre radici culturali».
      Il successo della manifestazione di ieri e la capacità del Coordinamento cittadino No Greenpass di risollevarsi dalle situazioni più difficili e controverse sta in questa fondamentale differenza: il fatto di essere una realtà davvero autorganizzata, aperta e radicata nel territorio, espressione di pluralità, capace di dialogare con diverse realtà lavorative su un piano di uguaglianza e reciproco rispetto.

      • 3/
        Un altro aspetto del corteo di ieri è il fatto di aver finalmente sancito non tanto il venir meno della centralità della lotta dei lavoratori portuali, quanto di aver esondato dai limiti imposti dalla mobilitazione al porto, di certo quella più potente sul piano simbolico, ma non per questo la sola.
        Questo si è visto benissimo ieri soprattutto di fronte ai cancelli di TriesteTrasporti, quando un grosso spezzone di dipendenti dell’azienda di trasporto pubblico locale ha letto un comunicato nel quale ribadisce le ragioni reali della protesta, che nel contesto specifico vede quasi un terzo dei seicento dipendenti privi del pass e per questo esclusi dalla possibilità di lavorare.
        Oltre a loro erano presenti molte altre realtà produttive e categoriali, che in un’assemblea che si terrà sabato, intendono organizzarsi meglio per condividere le strategie da mettere in atto per continuare la protesta sui luoghi di lavoro.
        Va detto che ieri erano presenti anche molti lavoratori portuali, stavolta senza la maggior visibilità determinata dall’indossare le divise di lavoro. È anche il frutto delle lacerazioni che la centralità assunta da questa categoria e le drammatiche conseguenze dello sgombero militare di lunedì 18 hanno causato. Ne sono prova due documenti – purtroppo disponibili solo su Facebook – circolati ieri.
        Il primo è una netta presa di posizione dei portuali che hanno animato la protesta, nel quale da un lato si denuncia il totale disinteresse dimostrato dalle principali sigle sindacali per chi è stato escluso dal lavoro per decreto, e il comportamento delle stesse nel tentare di delegittimare la lotta.
        Nello stesso documento si affronta pubblicamente la questione «Fabio Tuiach», partendo dal dato di fatto che questa persona è un portuale e ha partecipato al presidio al varco 4, ma che le sue posizioni ideologiche, incluso il fatto di essere un convinto «No Vax», non sono quelle degli altri portuali triestini e italiani. E denunciando che i continui inviti che questa persona riceve per comparire in televisione sono appunto finalizzati a screditare e gettare fango su tutti i lavoratori, con l’intento di rimuovere la vera rivendicazione della protesta: il ritiro del greenpass e dell’obbligo vaccinale per lavorare.

        • 4/
          Il secondo documento è una lunga presa di posizione del Clpt, anch’essa finalizzata a fare chiarezza su diversi punti, della quale risalta appunto la constatazione che le dimensioni assunte dalla mobilitazione al varco 4 erano imprevedibili e sotto molti aspetti non gestibili.
          Al di là di queste prese d’atto, forse un po’ tardive, l’altro aspetto emerso chiaramente dalla manifestazione di ieri riguarda il salto di qualità che questa mobilitazione sta facendo, nel suo divenire un movimento a tutti gli effetti.
          Un elemento che lo dimostra è quanto questa mobilitazione sia entrata nell’immaginario e nella coscienza dei settori più poveri e impoveriti della cittadinanza. È risultato chiaro soprattutto quando il corteo ha riattraversato, in un serpentone dalla geografia del tutto inusuale, i rioni di Ponziana, San Giacomo e Campi Elisi, quest’ultimo teatro del bombardamento a base di acqua e gas che le truppe della Lamorgese hanno irrorato per dodici ore filate il 18 ottobre con l’intento di sgomberare le strade e far riprendere la circolazione retroportuale, suscitando la rabbia degli abitanti. Che ieri hanno risposto unendosi al corteo anche dai balconi e dalle finestre, battendo su pentole e stoviglie, o installando sound system improvvisati fuori dai bar per aumentare il volume degli slogan e dei cori.

          Ma non basta. Ieri, oltre ad aver visto quanto stia aumentando la creatività diffusa dei partecipanti alle manifestazioni, si registra anche un altro aspetto significativo, ma non inaspettato, almeno per chi scrive: qui a Trieste la lotta contro il pass vaccinale inizia a dialogare e creare collegamenti con altre lotte.
          Da un lato questo ha a che fare con i diversi interventi da fuori che ieri hanno portato la voce delle lotte contro il TAV in Valsusa, contro il Muos in Sicilia, dei gilets gialli in Francia. E anche con le voci che hanno suggerito che il metodo emergenziale e di controllo che si sta imponendo con il pretesto della pandemia è destinato a ripetersi con le conseguenze dei disastri ambientali e climatici.

          • 5/
            Inoltre ciò che sta emergendo in questa piazza triestina è il fatto che i lavoratori, oltre ad avere consapevolezza della discriminazione che il decreto instaura, e soprattutto del pericoloso precedente che costituisce in termini di controllo attraverso la digitalizzazione dei dati individuali, sono naturalmente portati anche a misurarla in rapporto a quella che continua a essere chiamata «la normalità precedente». Il fatto che moltissime delle persone che stanno scendendo in piazza siano anche nella condizione di trovarsi senza stipendio, perché sospese per mancanza del pass, o costrette a pagare almeno 45 euro alla settimana per poter lavorare, segnala anche qualcosa che ha a che fare con una forma inedita di sciopero o di esodo dal lavoro, un tema che negli Stati Uniti sta già emergendo potentissimo.
            Questo dovrebbe far riflettere i molti che, da sinistra, dall’inizio della pandemia dichiarano che ciò che non va fatto è tornare a ciò che c’era prima, perché ciò che c’era prima faceva già abbastanza schifo di suo. Soprattutto dovrebbero farlo coloro che non traggono da questo assunto assolutamente condivisibile la conseguenza che, forse, la mobilitazione contro il greenpass è la prima occasione che si dà per articolare una critica dello stato di cose presenti… in presenza – è veramente il caso di dirlo – e all’altezza della complessità che stiamo vivendo. Se invece si continuerà a giudicarla, e persino stigmatizzarla con gli stessi argomenti del governo e dei media mainstream, guardandola solo da fuori e senza il coraggio di metterci le mani e la voce, rischia di essere l’ultima almeno per un bel pezzo.

            • 6/
              Un ultimo elemento che voglio rilevare riguarda il capovolgimento geografico che questa mobilitazione sta generando, per molti versi straniante sia per chi partecipa che per chi osserva.
              Il corteo dei portuali di mercoledì mattina è partito dalla zona industriale a sud della città, attraversando tutta via Flavia e fino al rione di Valmaura, dove si trovano stadio e palasport, ma anche la Risiera di San Sabba. Ha quindi paralizzato per alcune ore la circolazione produttiva attraversando i quartieri più popolari, quelli perennemente dimenticati dalla politica istituzionale salvo in occasione di qualche comparsata elettorale, dove i dati elettorali premiano sistematicamente da anni la destra, ma soprattutto certificano con la massiccia astensione il totale scollamento tra politica e società reale.
              Analogamente il corteo di ieri, pur partendo dalla piazza da cui tradizionalmente prende il via il corteo del Primo maggio, ha attraversato altri rioni popolari di solito intesi come zone liminali della città. Ha così rappresentato un’ulteriore rottura dell’immaginario costruito attorno alla città della Barcolana, delle Rive, della Cittavecchia gentrificata e del salotto buono di piazza Unità. Ha comunque voluto invaderlo quel salotto, quando i manifestanti hanno disobbedito in massa al divieto di raggiungere di nuovo piazza Unità, aggirando il blocco dei blindati dei Carabinieri e arrivando fin sotto la Prefettura attraverso le vie e i marciapiedi laterali.
              Tutto questo ha definito in queste settimane una nuova geografia della città, che potenzialmente è anche un’idea del tutto nuova della città stessa. Senza contare che il presidio al porto ha rivelato a molti triestini un nonluogo che rappresenta una zona di intersezione tra la Trieste di nordovest del centro storico e quella di sudest dei quartieri popolari e industriali, ma anche tra la città dei servizi e del terziario e quella dell’industria e delle reti globali. E chissà di che altro, dal momento che quanto si è visto al varco 4 ha rivelato scenari imprevedibili dei conflitti a venire.
              Tenterò di renderne conto nel prossimo reportage che sto scrivendo per Giap.
              Questo è il mio ultimo commento a questa lunga e feconda discussione, per la quale ringrazio i Wu Ming e ogni giapster che ha voluto seguirmi e intervenire.

              • Andrea Olivieri, grazie per aver tenuto alta l’attenzione su queste forme di ribellione, così isolate eppure efficaci, altrimenti non si sentirebbe un pubblico ufficiale parlare di zona gialla dovuta alle manifestazioni.
                io vivo a Napoli, una città che sembra dormire…. A nessuno interessa il Pass come strumento coercitivo, nessuno si fa specie di fare scansionare il proprio, per qualsivoglia fine.
                Stento a credere alle notizie di file kilometriche per i tamponi davanti alle farmacie. Perché vedo tutt’altro qui. Forse perché c’è più lavoro sommerso e quindi il GPass è del tutto marginale, forse perché sono molti di più i lavoratori vaccinati (non ne sono sicura).
                In ogni caso vorrei riportare, come testimonianza, uno striscione appeso sulla cancellata as protezione dell’obelisco di Piazza San Domenico. In pieno centro storico. Non ho foto perché sono restia a fotografare qualsivoglia. Ma era scritto “Con Trieste Gli Studenti campani contro il Green Pass”.
                Forse qualcuno, dopo di noi, meridionali adulti dormienti, si muoverà.
                Io mi sento profondamente e terribilmente sola, sarà che la preoccupazione per quello che il sistema ha introdotto nelle nostre vite di individui e laboratori, con il pretesto del monitoraggio virale sia solo mia.
                Leggendo un po’ di voi, mi illudo di non essere poi così sola, almeno non al di fuori del mio quotidiano.

                • Mi unisco anch’io ai non mai troppo sentiti ringraziamenti nei confronti di Andrea, che con lucidità d’analisi e chiarezza espositiva, racconta la complessità di manifestazioni di piazza, difficili da raccontare da parte di chi non conosce bene il territorio e i suoi rapporti sociali.
                  Leggendo i media “main stream”, oltre a leggere resoconti effettuati con “occhiali colorati”, ci si perde nei meandri della confusione più totale. Qui, invece, si riesce a comprendere bene le dinamiche e – soprattutto – si ha l’impressione che, grossomodo, ci sia una “curvatura” corretta verso una critica sistemica, anche grazie alla maturità dimostrata dalle assemblee cittadine.
                  Mi unisco alla critica di Floria. Anche io da meridionale – pugliese in particolare – vedo qui da noi una forte accondiscendenza alle politiche governative in materia di lasciapassare. Ma anche parlando con gente che non è d’accordo, s’intravede una certa confusione concettuale e un appiattimento della logica GP = misura sanitaria. Tuttavia i fatti di Trieste hanno un’eco anche qui da noi e non passerà molto tempo prima si manifestino forme di protesta un po’ più strutturate. La forte presenza di una piccola borghesia tradizionalista e conservatrice, in contesti ancora largamente rurali, non favorisce certo spinte “rivoluzionarie”, ma conto sul fatto che oggi la misura è colma e pure i più fatalisti e riottosi, prima o poi, alzeranno il culo dalla sedia. Almeno questa è un’impressione.

              • Il tuo lavoro mi è stato molto utile per provare a costruire una discussione utile nel reparto dove lavoro: un ambiente in stato d’emergenza da un anno e mezzo, distrutto da carenze sistemiche di tipo organizzativo e gestionale, ora ingigantite, esplose e ovviamente attribuite al no vax “di turno”. Peccato che ci sia gente totalmente inadeguata (stipendiata per gestire queste dinamiche) che non viene mai toccata da queste discussioni perché la guerra è sempre portata in basso, “tra poveri”.
                Detto ciò, grazie per tutte le informazioni e gli aspetti che hai condiviso sul blog; niente a che vedere con la narrazione dicotomica propinata dai principali giornali o TG nazionali.

  90. Anche io ringrazio molto Andrea Olivieri, senza i suoi resoconti sarei ancora più fuori dal mondo e la mia avversione per la stampa ufficiale mi porterebbe per antipatia al rifiuto assoluto di qualunque informazione. A questo proposito vorrei proporre due spunti di riflessione provenienti dagli ambienti anarchici. Uno su Umanità Nova, scritto da un compagno triestino, che riepiloga dal suo punto di vista i fatti di Trieste e che mi sembra combaciare abbastanza con i fatti riportati da Andrea, aggiungendo alcune considerazioni finali, magari pareggiando la complessità della situazione triestina ma con pragmatico/ programmatico buonsenso. E senza condiscendenza, arroganza o sufficienza. Nel tentativo di orientarsi in un panorama così complesso e difficile da decifrare.
    https://umanitanova.org/sui-fatti-di-trieste-cronaca-e-considerazioni-su-una-lotta-no-green-pass/?fbclid=IwAR1-vqLsTVWxtoHIkzCZPfi3eUJPaDuyrJ6H8UKx25BkIrirWhw-JrTmlAk

  91. L’altro, a proposito dei fatti di Roma, esprime la posizione dei compagni anarchici del Tribolo. Credo che in alcuni punti riescano ad abbandonare un certo anarchico snobismo. E sebbene parlino di società del controllo, intravedono l’operazione narrativa più pericolosa: lo scaricabile verso il basso. Appare evidente da questo pezzo che l’eterogenea composizione delle piazze non si può liquidare a cuore leggero facendo riduttive semplificazioni.
    https://tribolo.noblogs.org/ne-coi-reazionari-ne-con-la-reazione-ovvero-ne-coi-fascisti-ne-coi-collaborazionisti/

    “Parliamoci dunque schietto su un fatto che di qui in avanti non si potrà trascurare e facciamolo fra chi, nel campo rivoluzionario, si fa domande sulle contraddizioni che serpeggiano nelle piazze in subbuglio[…].”
    “Le recenti piazze contro il lasciapassare, stanno proprio a dichiarare l’emersione di una contraddizione, tanto interna al sistema quanto a chi pretenderebbe di opporvisi.”
    “Responsabilità è un concetto da cui di certo non ci smarchiamo, ma verso chi e per salvare cosa? Un mondo che pretende responsabilità e non concede nulla, che non impara nulla da quanto è successo e non dà segni di cambiamento”
    “Le difficoltà di azione in cui ci troviamo come soggetti sovversivi sono oggettive e dimostrare coi fatti i nostri discorsi è facile a scriversi, difficile a farsi. Siamo però altrettanto incoraggiati dagli spazi che il discorso pubblico sul tema lasciapassare nell’ambito lavorativo ci può offrire per declinare in un’ottica di classe quel che sta avvenendo, smarcato potenzialmente da ambiguità e confusioni di sorta.”
    “L’antifascismo istituzionale impone una rappresentazione aberrante del conflitto sociale in corso, che con tutte le sue miserie e contraddizioni non può però ridursi all’espressione di una pura ignoranza strumentalizzata dai fascisti. L’ennesimo strumento in mano dei padroni più che valido per tener lontano dalle piazze quanti con camerati vari non vogliono aver nulla a che spartire […]”
    “In generale ci pare che il discioglimento di organizzazioni politiche, il sequestro e la chiusura di spazi virtuali, la censura, al di là del colore che hanno, siano segnali preoccupanti di un tempo inquisitoriale di cui c’è poco da rallegrarsi.”

  92. Mi piacerebbe tantissimo riuscire a trasmettere l’incredulità mista a sconforto attraversata da una risata sempre più disperata quando si legge di “persone che al momento del tampone hanno autodichiarato di aver preso parte alle manifestazioni”. Queste 97 persone “da quanto si vede nei video” non usavano le solite precauzioni ed erano “perlopiù non vaccinate” L’incredibile sequenza di cazzate messa insieme dal capo della task force ha due possibili spiegazioni: o è uno che dimostra tutte le carenze del sistema formativo nazionale oppure è un imbroglione, quasi quasi lo spero. In ogni caso una roba del genere regge sulla totale incapacità dei recettori, siano essi giornalisti o lettori. Berlusconi pare consigliasse ai suoi di trattare le persone come fossero studenti non particolarmente svegli di seconda media. Forse è una leggenda, era troppo furbo per non sapere che bastavano le elementari. Un epidemiologo, santo iddio che vergogna. E in base a questo “si comprime la libertà di manifestare”.

    • Lo scenario distopico era lì da vedere da più di un anno e i più attenti e paranoici lo hanno visto arrivare, mentre altri continuano a negarne persino l’esistenza (o meglio, gli altri si “trovano in” e “disvedono un” *altro* scenario, quello in cui temono ogni giorno di morire nonostante siano vaccinati, a causa del contagio dei “no-pass” che li becca anche all’aperto).

      E alla fine non importa più di tanto quali siano le cause e le concause che hanno portato fin qui il semplice “evoluzionismo” capitalistico omeostatico: alla fine della fiera oggi la pandemia
      (vera, reale, causata da un vero virus che veramente ha messo in ginocchio i S.S. del mondo intero e causato moltissimi morti, giusto per puntualizzare) viene usata per impedire le manifestazioni.

      Prima è stato temporaneamente sospeso il diritto di spostamento, sono state introdotte parole come coprifuoco e “generi di prima necessità” che fanno tanto Battaglia d’Inghilterra ma oggi, *con una situazione ben diversa dal punto di vista epidemiologico* e con una larghissima maggioranza di vaccinati che dovrebbe mettere al sicuro il S.S., arriviamo a sospendere le manifestazioni e ad additarle come focolai di contagio, e non importa se gli eventi superspreader all’aperto sono un mito di cui non vi sono evidenze scientifiche.

      A me sembra che “negazionista” oggi sia chi nega certe derive e tifa capitalismo del controllo e cittadinanza a punti.

    • E’ il risultato di un’offensiva orchestrata dai vertici dell’azienda sanitaria locale (ASUGI). So di ammalati a Trieste, nei giorni a cavallo della protesta al porto, che nonostante avessero richiesto tamponi per contatto con famigliari positivi sono stati ignorati per giorni – di fatto ritrovandosi senza giustificazioni per assentarsi dal posto di lavoro anche quando con l’auto-test avevano scoperto di essere positivi. Quando poi sono stati ricontattati dopo giorni la prima domanda a cui sono stati sottoposti è se avessero partecipato ai cortei noGP, questo a casa mia è un confirmation bias scientemente perseguito, con uno sfondo di tracciamenti completamente saltati e positivi lasciati liberi di girare – se non proprio costretti ad andare a lavorare.
      Non capisco quale sia l’interesse di ASUGI in questa roba, forse non è neanche interesse ma è solo arroganza e pregiudizio dei singoli dirigenti.
      Quando ho partecipato ad un’assemblea dei presidenti di seggio deputati alla raccolta del voto domiciliare o in ospedali e case di cura (alle amministrative di inizio ottobre) il responsabile ASUGI intervenuto se ne è uscito dicendo che i presidenti avrebbero potuto richiedere il green pass agli elettori per tutelarsi, per fortuna l’incaricato comunale l’ha smentito subito, ma mi pare indicativo di una tendenza e di una forma mentis che regna in quell’ambiente.

  93. La pluralità di voci nel giornalismo del ridente Assurdistan si è data per anni alla macchia.
    Inaspettatamente abbiamo registrato un’apparizione stile “Chi l’ha visto” con le ultime due puntate di Report (1/11/21 e 25/11/21). Nelle due trasmissioni si prova, sebbene con spunti non “di primissima mano”, a fare il punto sulla comunicazione truffaldina e le decisioni autoritarie su base scientista che hanno caratterizzato la “fase vaccinale” di questa gestione pandemica.
    Il focus della puntata 25/10 è “che fine ha fatto AstraZeneca?”. Nell’altra si fa una riflessione su quanti e quali appigli di ragionamento scientifico esistono, sempre ammesso che esistano, per la modulazione delle dosi n-esime.

    Nel frattempo le milizie fedeli al fronte Draghi-ConfInd alimentano il fuoco di fila anti reddito di cittadinanza con rinnovato vigore. E’ proprio in questi ultimi venti giorni che abbiamo assistito con stupore* al passaggio definitivo dal piano dell’immanente a quello del trascendente.
    Cito la madre di tutti gli episodi, quello, cioè, dell’ A.D. di Yamamai (tale Cimmino) il quale al “Giornale” affermava di avere offerte di lavoro da milleduecento/milletrecentoeuri relegate all’inopinato dai furbetti del RDC+lavoronero.
    Molti di voi sapranno già come e da chi è stato riportato il discorso sul piano dell’immanente, per chi non lo sapesse ecco il link
    https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/10/29/i-contratti-quasi-tutti-part-time-con-base-di-800-euro-lindagine-del-fatto-it-nei-negozi-yamamay-dopo-le-parole-del-ceo-assunzioni-a-1-300-euro-rifiutate-da-chi-prende-il-reddito/6344143/

    L’orizzonte a tinte autoritarie nel sunny Assurdistan è costellato, a completare l’olio su tela, da sempre crescenti pennellate di manganello. Ogni scusa è buona. Che si tratti del liceo Ripetta a Roma, dei manifestanti anti Bolsonaro a Anguillara o dei cortei a Trieste poco importa, alla fine si fa sempre assaggiare loro il nerbo.

    “E la classe intellettuale che fa?”, vi domanderete voi. Di certo non sta a guardare. Ad esempio gli intellettuali riformisti(riformati) hanno finalmente identificato la soluzione finale per lo sblocco dell’omeostasi sociale e politica: condividere a social unificati le foto di Puzzer che vende caldarroste in giro per piazze.

    *più che “stupore” il termine che centra veramente il significato che volevo imprimere qui è l’inglese “awe”

  94. Il decreto prefettizio che inibisce l’uso di Piazza Unità d’Italia spiega meglio l’aria che tira: http://www.prefettura.it/trieste/news/Comunicati_stampa-12461118.htm#News_109363
    Non si fa nessun cenno ai contagi ma si rimanda ad una direttiva del 2009 che era intesa a preservare luoghi simboli di culto, cultura (e fino a qui vabbè) e “sociali” (???). Sostanzialmente si dice una cosa del tipo: ne avete fatte troppe, ora basta. E questo “ora basta” si attacca ad una qualsiasi giustificazione formale per fare finta che sia legale. Stessimo parlando di gente seria, che ha a cuore una qualche parvenza di praticabilità democratica, i primi a rivoltarsi verso questa porcheria dovrebbero essere i critici nei confronti delle manifestazione. Ma non vivo nel mondo nei sogni, ha ragione cugino Alf: i negazionisti del fascismo non più strisciante non dobbiamo cercarli troppo lontani da noi.

    Approfitto per una precisazione sull’intervento precedente: la storia dei 97 prevalentemente non vaccinati è del tutto inverosimile e ripresa dal solito ridicolo articolo del manifesto per cui diventano un centinaio e tutti non vaccinati gli animi esacerbati dalla protesta, Fedriga che sente forte ilr ichiamo della scienza, numeri esponenziali a Trieste. Poi siccome la lotta per il decreto Zan è santa e giusta si spera che quella non sia stata l’ultima. So che l’ho già detto ma che schifo dannazione.

  95. Mi permetto di segnalare qui, sperando non siano OT, un paio di notizie che magari avete già ma che secondo me sono pertinenti alla discussione.

    1: pare che Puzzer sia andato a Roma (non entro nel merito, cito solo i fatti di cui ho letto on-line) a manifestare mettendo un tavolino e 2 sedie in attesa che qualche Autorità andasse a parlargli, e per questo sarebbe stato portato in questura e gli sarebbe stato dato un DASPO urbano di un anno da Roma.

    …se non altro l’uso senza particolari “garanzie” del c.d. DASPO urbano viene così portato a conoscenza anche del “grande pubblico” e dei vari Gino e Maria che non ne avevano mai sentito parlare…

    2: per la puntata di Report dell’altra sera che non ho visto ma che pare avanzasse alcuni interrogativi sulla campagna vaccinale c’è stata persino una interrogazione da parte dei parlamentari PD in commissione di Vigilanza Rai.
    Qui la notizia su archive.org (spero vada bene):

    https://web.archive.org/web/20211102183230/https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2021/11/02/rai-pd-report-diffonde-tesi-no-vax-interrogazione-a-fuortes_389a7355-cee3-44d0-a30f-8b80a01e45ff.html

    PS: fuori dal thread e sempre per quel che vale, voglio unirmi anch’io alla vicinanza alla famiglia di Sweepsy. Non ho altre parole adatte.

    • Grazie.

      Su report ho letto il link e guardato parte della puntata che almeno fino a ieri era reperibile on line.
      Direi che sono entrati come elefanti in una stanza dove prima quasi tutti usavano.entrare in punta di piedi dopo aver bussato.
      E non tanto per i contenuti, ma forse appunto perché sono entrati, come “da diritto” senza bussare e senza dover chiedere il permesso a nessuno.
      E questo sembra essere stato infatti lo schiaffo che ha ferito maggiormente tutta l'”apparecchiatura”, la chiamerò così..
      Alcune cose poi sono cmq interessanti e non mi erano note, ne cito una: l’errore di AIFA sulla quantità della dose del booster. Basterebbe questo per sottolineare da un lato la demagogia, dall’altra la leggerezza, con cui si applicano sull’argomento, e che in un paese normale sarebbe sufficiente per dare dimissioni, o la pretesa che vengano date.

      In questo senso fa poi ridere l’interrogazione di PD e FI.
      Si vede che non c’è più la squadra dei comunicatori di Silvio del ventennio scorso, che avrebbe imposto a tutti il silenzio, e dopo due giorni la maggioranza avrebbe dimenticato.
      Così hanno fatto da cassa di risonanza e ci hanno pure fatto la figura dei censuratori e dei demistificatoria, almeno leggendo il link da te postato, aggiungendo dubbio ed interrogativi a chi ancora non se li fosse posti.
      Un bel pasticcio al quadrato.

      • Ciao, è il mio primo commento, spero di non fare errori.
        Vi leggo da tempo e desidero ringraziarvi per l’enorme lavoro che state facendo e per l’altissimo livello delle discussioni.
        Sull’onda del servizio di Report segnalo questo articolo che dà la misura di come in nome della “scienza” venga fatto di tutto e anche con grande disinvoltura e sciatteria. Qui in pratica chi doveva effettuare i controlli ha fatto tutt’altro:
        https://www.dottnet.it/articolo/32528808/inchiesta-bmj-vaccino-pfizer-dubbi-sulla-sicurezza-del-paziente/
        Ritengo importante che un numero sempre maggiore di persone si ponga delle domande ed esiga delle risposte.
        Sono d’accordo con Lana sulla scarsa capacità comunicativa di questo governo, deficit che ora sembra ritorcerglisi contro, forse perché ci siamo un po’ tutti stufati di essere considerati sudditi un po’ deficienti a cui puoi impunemente raccontare tutto e il contrario di tutto.

  96. Segnaliamo la seconda parte del resoconto/analisi scritto dalle compagne e dai compagni che lavorano dentro il Coordinamento No Green Pass di Trieste. La prima puntata si fermava alla vigilia del blocco del porto, qui c’è la ricostruzione dall’interno di quanto avvenuto dopo.

    Una prospettiva sulle mobilitazioni contro il Green Pass a Trieste

    https://ilrovescio.info/2021/11/02/una-prospettiva-sulle-mobilitazioni-contro-il-green-pass-a-trieste-seconda-parte/

    • Grazie a chi riesce lucidamente a leggere questi fatti e soprattutto a scriverne per tutti quelli che non sono lì o come me non hanno tempo e/o capacità.

      “Che si chiami… che si chiami … dipende da chi vuole esserci, dibattere e contribuire. In ogni caso, le conseguenze sul “cosa facciamo e come ci organizziamo” risultano spesso trovare enormi spazi di intersezione”.
      Grazie della capacità di stare insieme nelle differenze.

      Siamo una specie sociale maledettamente individualista. Con grandi difficoltà inoltre a utilizzare l’ultima giovane novità del nostro percorso evolutivo: i linguaggi che materializzano il pensiero. Grazie a tutti quelli che cercano spazi di intersezione andando oltre le proprie necessità egoiche verso l’altruismo alla base del riconoscimento e del vivere sociale.

      Dobbiamo a lungo ascoltare, dialogare, dibattere, confrontrarci, agire – mischiati e meticci – per finalmente mettere a fuoco per davvero (non solo per green washing, marketing o opportunismo politico) “verso quale mondo vogliamo andare”.

      Abbiamo bisogno di capire tante cose e scegliere cosa dire e cosa fare non più solo a livello locale (val susa, Sardegna, Sicilia e tutte le piccole lotte popolari più o meno grandi sparse sul territorio…).

      Quando stasera tornerò dal lavoro vado a recuperare un po’ di cose che ho sparse in casa di e su Alex Langer.

  97. Ciao a tutti. E’ la prima volta che riporto qualche mia riflessione su Giap anche se lo seguo interessato da tempo immemore, praticamente dall’inizio.
    In particolare lo seguo in modo assiduo dall’inizio della pandemia poiché è l’unico luogo dove si è tentato di dare un’interpretazione a ciò che andava accadendo senza, pur nelle ovvie difficoltà, lasciarsi travolgere in facili generalizzazioni ma anzi cercando di approfondire ogni contraddizione emersa nel percorso.
    E per questo non finirò mai di ringraziare chi ha proposto e chi ha contribuito alla discussione.
    Radicola afferma “siamo una specie sociale maledettamente individualista” che, a mio modo di vedere, esemplifica una tendenza di pensiero che emerge spesso qua e là nelle discussioni.
    E no che non siamo una specie individualista. Siamo una specie fortissimamente sociale essendo questa una caratteristica della massima importanza – fondamentale direi – nella nostra specifica filogenesi.
    Che l’espressione individualista si possa dare, stante la molteplicità di vincoli che la nostra struttura cognitiva presenta, va sempre intesa come una forma derivale di alcune soggettività.
    In quanto derivale tale espressione non può che comportare effetti controproducenti sia nel soggetto che nel corpo sociale del gruppo in cui lo stesso è inserito.
    Se parlo di struttura cognitiva intendo il supporto biologico (argomento estremamente complesso che sarebbe inefficace prendere in considerazione in questa sede) che:
    1) ha caratteristica preriflessiva, ovvero sta a monte e permette la capacità di riflessione e di elaborazione del pensiero, non il contrario;
    2) l’elaborazione del pensiero può avvenire solo entro certi limiti, la struttura cognitiva presenta dei vincoli e la percezione della realtà è sempre soggettiva.

    • «Siamo una specie fortissimamente sociale essendo questa una caratteristica della massima importanza – fondamentale direi – nella nostra specifica filogenesi»

      Esatto. Filogenesi che viene replicata a ogni ontogenesi.

      Mentre i neonati di molti altri mammiferi vengono alla luce già dotati di quasi ogni funzione e possono subito compiere svariati dei movimenti indispensabili alla loro vita e sopravvivenza (dembulare, nutrirsi ecc.), il neonato umano non può nemmeno tenere la testa diritta sul collo, non può muoversi autonomamente, non ha una percezione complessiva del proprio corpo (solo dopo mesi scoprirà che quei piedini e quelle manine sono suoi!), vede solo luci e forme vaghe (metterà a fuoco lo sguardo solo più avanti) ecc.

      Questo significa che il cucciolo umano ha per forza bisogno dell’aiuto dei suoi compagni di specie, a partire da quelli che ha più prossimi: i genitori. Ha bisogno di nurturing, di essere nutrito, accudito e assistito mentre scopre se stesso. Per diventare adulto ha bisogno di essere educato dal resto della specie, con l’esempio, con incentivi e disincentivi, con l’istruzione ecc. Ed è un processo che dura anni.

      Noi siamo questo: animali a tal punto sociali che senza la socialità ci estingueremmo.

      In altre specie i singoli individui possono starsene per i cazzi loro tutta la vita e incontrarsi solo per l’accoppiamento, noi no. Noi se non stiamo in società siamo finiti da subito. L’umano è ζῷον πολιτικόν, è «compagnevole animale», come lo chiama Dante nella Commedia.

      Dopodiché ci sono, come dice Jolly Roger, le espressioni derivali, i “controadattamenti”: individualismo, misantropia, eremitaggio… Ma non costituiscono alcuna “natura umana”.

      • Avevo scritto anche una seconda parte del contributo che però non riesco a postare. Pazienza.
        Parlare di controadattamento può essere fuorviante. Non si tratta di un adattamento ma di porsi in una situazione in cui è solo una questione di tempo prima che emergano problemi comportamentali e fisici.
        Infatti era possibile prevedere fin dall’inizio della pandemia – e sulla base dei provvedimenti presi – come sarebbe a grosse linee andata a finire. Si proponevano semplicemente piani operativi in antitesi con le nostre caratteristiche specie-specifiche.
        La buona notizia (forse) è che le stesse caratteristiche, su base di resistenza e di resilienza, non permetteranno più di tanto il trend imposto dal governo senza esplodere o, talvolta, implodere.
        Di base c’è una certa presunzione di una parte dell’umanità di non fare i conti o di poter superare una stratificazione filogenetica formatasi in eoni di tempo con la tecnologia perfezionata in un battito di ciglia temporale.

        • Sento che questa discussione mi chiama in causa su tutti i fornti possibili e quindi aggiungo un pensiero.

          Che non siamo nati per essere “individui isolati”o per “badare al nostro profitto a scapito di quello altrui” è, dalle mie parti disciplinari, un presupposto di base. Dopodiché, i modi in cui gli umani vengono socializzati e messi in relazione ecologica con il loro mondo sono tantissimi, molto diversi fra loro e coerenti con il mondo che abiteranno.

          Come accade, allora, che nella modernità occidentale tutta l’enfasi (giuridica, economica, etica, di salute) si sposta sull’individuo? Perché siamo convinti, ad esempio, che l’unica libertà possibile, l’unica salute possibile, l’unico benessere possibile siano quelli individuali?

          Qui c’è, secondo me, il punto cieco. Possiamo vivere l’assenza di legami con altri umani come libertà, badare solo al nostro profitto e appiattire la salute sul benessere individuale /perché abbiamo barattato tutti gli attaccamenti al mondo (ad altri umani, animali, cieli, spiriti dei morti ecc.) con un unico mega-attaccamento alla macchina capitalista/. L’ideologia dell'”individuo libero” è possibile solo sullo sfondo costituito dal nostro status di cittadini dei paesi ricchi; dal nostro reddito, dal nostro passaporto; dal sistema del salariato; dai supermercati; dalla rete. E cioè, appunto, dalle forme materiali della vita nel sistema del plusvalore – che però non vediamo, o disvediamo.

          • Faccio solo, spero non troppo incautamente, tipo lite temeraria :-), una precisazione a quanto scritto sotto alla luce del tuo commento chiarificatore.

            Per quel che può valere vista la mia non competenza sono decisamente d’accordo che non siamo nati per essere individui isolati, e anche sul fatto che l’ideologia e il mito dell’individuo libero, oltre ad essere una “stortura” siano possibili solo nel capitalismo e nella società occidentale moderna, dove l’uomo libero e benestante* scende al supermercato e compra tutto ciò di cui ha bisogno e può in qualche modo “comprare” persino le relazioni sentimentali, mette a profitto le amicizie e i contatti, etc.

            Cosa che in una comunità rurale o in una tribù di nativi americani non sarebbe possibile: oltre che sul piano spirituale etico ed emozionale hai bisogno degli altri anche sul piano strettamente pratico, per cacciare il bisonte, per aggiustare l’aratro, per aiutarti a mietere il grano e stoccarlo, per accudire i figl*, etc.

            Tutte cose che condivido.
            Quello che intendevo sotto forse sballando completamente il focus del discorso è che si rischia di essere sopraffatti, sottomessi, infelici anche in una società “non individualista”, a seconda di chi detiene il potere.

            Tanto per fare un esempio a caso in un villaggio rurale agricolo di protestanti del New england “la collettività” si univa per fare la caccia alle streghe, individui che in qualche modo “perturbavano” il bene comune.

            Quindi oggi, in una società “scientista”, mi preoccupa che la scienza metta all’indice “l’individuo” assieme all'”individualismo”
            :-)

            * la questione dell’occidentale libero e consumista a me fa venire in mente il telefilm “Un Medico fra gli orsi”, dove un cittadino neworkese in pieno edonismo degli anni ’80 ’90 finiva in un villaggio in Alaska, popolato di tipi strani che a me piacevano tantissimo, dove sperimentava il senso di “comunità”.

      • Credo di essere d’accordo su tutto, mi piace e condivido moltissimo la descrizione dell’etologia dell’essere umano di WM1 fatta sopra e condivido la puntualizzazione di Jolly Roger sui provvedimenti presi in pandemia, ma, sebbene la condivida, vedo nella spiegazione scientifica della natura “non individualista” dell’essere umano una sorta di trappola che provo a spiegare.

        Gli stessi che hanno gestito il tutto finora (mi raccontava un’amica che all’obitorio della sua città, in una stanza vuota in cui ci sono solo cadaveri, per entrare l’unico dipendente è alla porta e misura la febbre di chi sta entrando!) ci stanno dicendo che chi non si vaccina è “individualista”, come magari domani per la nuova normalità sarà “individualista” chi non vorrà lavorare alle condizioni dei padroni, “boicottando” così la ripresa e il “bene comune”. Potrebbero essere definiti “individualisti” quelli che avendo il reddito di cittadinanza rifiutano lavori sottopagati che gli renderebbero ancora meno, alterando così il mercato.

        Per cui, visti i tempi che corrono, io ci andrei piano anche solo a passare vicino alla dimostrazione che “l’individualismo” è in qualche modo un vizio, una derivazione o un controadattamento dell’essere umano, prima che arrivi Saruman a decidere chi è individualista e chi no.

        :-)

        (spero che si capisca che non sto mettendo parole in bocca a nessuno e il tono parecchio iperbolico del commento, eh)

        • A me pare che, quando si parla di individualismo, si usa un concetto vago, indeterminato. Fondamentalmente individualista non significa uno che ha cessato ogni rapporto con gli altri, ma uno che ha cessato i rapporti positivi (solidarietà, collaborazione, amicizia ecc.) e mantiene quelli negativi, di sfruttamento. Uno che rinunciasse totalmente ai rapporti sociali sarebbe un solitario, non un individualista. E in ogni caso anche il solitario, l’eremita, è tale e si definisce in tal modo proprio in relazione alla società. Quindi la categoria di individualista non si oppone ma è un modo dell’ essere sociale, quello di sfruttare gli altri. E comunque è proprio del concetto di società l’essere l’unità di una molteplicità riottosa, una unità che emerge comunque anche nelle negazioni apparenti del valore sociale. Una società è sempre il risultato di una lotta fra singolarità che si coagulano in gruppi e si relazionano ad altri gruppi, e la relazione che si instaura può essere di vari tipi. Il gruppo individualista è quello che si relazione per portare vantaggio a sé, come singolo o come gruppo non importa, cioè quindi sfrutta e dunque ha bisogna dell’altro. Che poi i gruppi siano formati da pochi o molti singoli non importa. Il gruppo compatto è lui l’individuo. Ora, se è vero quanto sopra, chi è individualista fra due gruppi di cui uno chiede che tutti si vaccinino e l’altro che chiede che ognuno faccia quello che considera meglio? Voglio essere molto radicale, quasi estremo: è più individualista il nonno che chiede al nipote di vaccinarsi altrimenti non intende vederlo o il nipote che preferisce non andare più a trovare il nonno se ciò impone il vaccino?

          • Bella domanda, ma fuorviante.
            Messa in questi termini si considera l’individualismo come un tratto caratteriale, ammettiamo che sia possibile nonostante i miei dubbi.
            Il problema è che il nonno che chiede una cosa simile sta sperimentando uno stato di stress prolungato da mesi e anni che lo precipita in un quadro emozionale negativo di paura ogni qualvolta viene tirato in ballo un segnale chiave che ha a che fare con il virus.
            Quando l’organismo è pervaso dalla paura si realizza una configurazione di stati mentali abbastanza minimale. Crolla la capacità di riflessione, di autocontrollo, di attenzione predisponendolo a poche e reattive risposte comportamentali (le più classiche attacco, fuga o congelamento).
            Non stiamo più parlando di un tratto caratterizzante il soggetto ma di una reazione emozionale e contestuale specifica. Che, tra l’altro, riduce le coordinate attentive portando il soggetto a discriminare nella percezione per lo più ciò che potrebbe rappresentare un problema per se stessi.
            Chiunque di noi avrà sperimentato l’inutilità di affrontare una discussione ragionata con persone che stanno vivendo questo tipo di disagio: anche laddove tali soggetti “sembrano” calmi possiamo stare certi che discriminano nei nostri discorsi solo i concetti confermativi di quanto stanno vivendo sul piano emotivo.
            Per questo è utile – se non indispensabile – riuscire a trovare modalità di confronto che aiutino l’altro ad uscire dal circuito breve della paura.
            Non sarà facile né immediato e probabilmente, come sta succedendo, sarà necessario uno slittamento su emozioni del quadro negativo similari ma differenti dalla paura stessa.

            • Scusate l’intromissione, forse sono mona io, ma non capisco cosa c’entri l’individualismo in questa faccenda del nonno e del nipote. Ci sono due persone che stanno negoziando le condizioni del loro rapporto, mi pare che già questo escluda che si possa parlare di individualismo. Nella negoziazione ognuno mette sul piatto il proprio bisogno del rapporto con l’altro, ma anche la propria personale paura (del virus o del vaccino). Comunque vada a finire, soffriranno entrambi, perché qualcosa nel rapporto si è rotto, ma entrambi hanno bisogno di quel rapporto. Questa storia non parla dell’individualismo, ma della lacerazione dei rapporti interpersonali, che sta causando sofferenza psichica in larga parte delle persone proprio perché mina le basi della condivisione e della socialità.

              • Ammetto che quella del nonno e del nipote non l’ho capita manco io.

                «[la] lacerazione dei rapporti interpersonali»

                Penso che il fatto di fare fatica o addirittura di non avvertire affatto il dolore provocato dalla lacerazione di cui parla Tuco, proprio a livello di epidermide, individuale, sia forse il sintomo più evidente dello stato di ampia desensibilizzazione del cosiddetto corpo sociale, anche e soprattutto di quello “antagonista”.

                Sembra infatti che persino tra compagn* l’esperienza morale, imposta dall’emergenza pandemica, abbia oramai smesso di essere identificata e riconosciuta nel suo ruolo fondamentale di sovrastruttura.

                Soltanto così, in mancanza di un accurata analisi e conseguente diagnosi, la morale è in grado, come una proteina spike, di penetrare la membrana di un qualsiasi «compagnevole animale» per portare avanti quel necessario condizionamento ideologico intra-generazionale che garantisce il costante funzionamento delle infrastrutture.

    • Avevo scritto che “siamo una specie sociale” ma, riconoscendo la necessità di un’identità individuale prima che sociale avevo aggiunto … “maledettamente individualista”. E il dibattito è diramato su questo. Era una frase breve per sintetizzare varie riflessioni, alcune delle quali sono state estese nei commenti. E sono contenta che si parli di questo perché un tema della nostra società è proprio conoscere la nostra natura umana e la nostra umana umanità (specifico: lungi da me collocare l’umanità sopra o al di fuori del contesto naturale).

      Ma io tralascerei un interessante confronto su filogenesi, morale, individualismo e altruismo cui potrei portare un contribuito dal mio punto di vista: sono guida ambientale e accompagnatrice di infanzia, specializzata nella fascia 0-6, tra le poche in italia a condurre esperienze di scuola di infanzia continuative, esclusivamente e costantemente all’aperto (non finto outdoor alla moda), associate a una visione di umanità fondata proprio sulla natura umana che osservo da 30 anni nei bambini e nelle bambine che socializzano mentre creano la loro individualità.

      Ho usato la parola individualismo in modo superficiale, scusate, ma perché è un ismo che ha un immaginario e narrazioni estese.

      Il mio interesse sarebbe dibattere sul tema dell’identità, quella che permette il riconoscimento sociale, la solidarietà, l’agire politico comune dando alle masse, ai popoli, ai gruppi sociali la capacità di fare fronte, di opporsi ai sistemi dominanti, dal piccolo al grande, superando gli arroccamenti sugli -ismi a partire dal banale arroccamento personale individualista. È quello di cui ora abbiamo bisogno e ringrazio tutti e tutte quelle che riescono a dialogare e a stare insieme solidalmente nella miriade di posizioni differenti. E per questo ripensavo ad Alex Langer. E per questo ripongo l’accento della necessità di trovare il modo di mettere insieme le visioni di mondo di ciascun individuo o gruppo per concordare “verso quale mondo vogliamo andare”. Opponendosi a quanto vediamo realizzarsi davanti ai nostri occhi in fatto di riduzione di diritti e distruzione dei legami sociali e dell’ ambiente.

      Sono stata sollecitata da tanti commenti che tendono a sottolineare differenze e divisioni.
      La lettura del racconto fatto dal coordinamento no green pass di Trieste mi era invece sembrato un tentativo di riconoscere le diverse componenti fino alla loro identità permettendo così la costituzione di un fronte comune che ha tenuta botta con coraggio, fermezza ma anche apertura.

  98. Ciao Jolly Roger, approfitto di una pausa per dirti che seguo da lontano il tuo lavoro nell’ambito cinofilo e per questo vorrei porre l’accento proprio sul fatto che il tuo prezioso intervento è il frutto anche di una forma mentis in parte acquisita grazie ad un rapporto di convivenza/ osservazione con la specie a noi più vicina per questioni storiche/ sociali ecc… e da cui ancora oggi possiamo trarre l’insegnamento più importante relativo alla nostra natura sociale di esseri umani. Siamo solo una specie fra molte altre specie ma che, al contrario di altre, per presunzione ormai rifiuta le forme di apprendimento considerate più elementari e di cui invece i bambini ancora godono: ad esempio, l’ apprendimento per imitazione dalle altre specie. Che è stato fondamentale per la sopravvivenza della specie umana. Ed è questo uno dei motivi che ci ha precipitato in questo abisso. La convinzione di avere pensato non solo che la nostra natura di esseri umani fosse individualista ma perfino unica, universale, superiore. Per questo è giusto parlare di filogenesi per quanto riguarda la nostra natura sociale ma bisogna anche ricordare che l’ individualismo non è una solo una espressione derivale della soggettività ma è il prodotto specifico dell’ontogenesi capitalista. È una “patologia” sociale da cui si può guarire. Soprattutto coltivando e recuperando il rapporto con tutte le altre specie viventi come unico strumento per relativizzare ed arginare il nostro ruolo sul Pianeta.

  99. Segnaliamo:

    Vaccini e conflitto in Spagna e in Italia, appunti per un confronto

    di Tommaso Baldo, Anselmo Vilardi, Vanessa Carbone

    https://www.globalproject.info/it/in_movimento/vaccino-e-conflitti-in-spagna-e-in-italia-appunti-per-un-confronto/23748

    • 1.Non so.. sinceramente sono un po’ stanca di sentire ancora parlare di no-vax, complottisti e quel che si vuole da una parte e di scienza e vaccini dall’altra.
      In questo senso trovo molto più interessante, sia in prospettiva che in analisi, l’approccio alla lettura della crisi pandemica di SteCon e Cristina Zavaroni.
      Non mi interessa sinceramente attaccare il green pass con dati numerici.
      Il green pass rimane una misura politica.
      Idem di sentire parlare di fiducia/sfiducia nella scienza o nel metodo scientifico.
      Anche solo da un punto di vista filosofico mi sembra un discorso senza senso.
      A voler guardare dal punto di vista empirico, invece, della vita reale di tutti i giorni, abbiamo paesi del nord Europa che praticamente “vietano” se non forse in casi particolari le vaccinazioni nei minori, mentre nel nostro paese è praticamente obbligata, per ora, dai 12 anni.
      E allora dove sta la scienza?

    • 2.E allora dove sta la scienza?
      Se poi parli della categoria dei 5/11, anche qui su Giap, ti senti praticamente una mosca bianca col cerino in mano che guarda alla Luna, ed in pochissimi si interessano alla questione, che tra l’altro a mia personale previsione, sarà quella veramente dirimente alle porte dell’inverno e sulla quale immagino si condenseranno molte lotte proteste ed insoddisfazioni.
      Come sempre concordo sulla prospettiva di ampliare e tenere aggiornate le lotte pre pandemiche, ma, ce lo dobbiamo dire? Mi pare ovvio.
      Invece coi compagni bisogna sempre difendersi. Se ti metti a guardare uno studio scientifico non è perché sei infedele o antiscientifica, ma appunto perché sei curiosa, interessata o vuoi approfondire.
      Invece anche qui su Giap puoi parlare di tutto, cifre numeri e tutto quello che vuoi, ma non nominare uno studio e porti degli interrogativi a riguardo. Questo atteggiamento non lo capisco. Paura di essere definiti complottisti? boh.
      Ad esempio lo studio in pre review Cover 2: uso precoce di una terapia “generica” sembra abbassare la mortalità del Covid al 91.5.
      Ecco.
      Ora si ammesseranno i commenti e le critiche. Verrò tacciata di essere pesante, prolissa, farmaco qualcosa e via dicendo.
      Complottista addirittura.
      Ed invece voglio solo capire.
      Porre interrogativi.
      Ebbene sarò per qlc Complottista.
      Tanto è da una vita che a lavoro ed a scuola sono sempre stata etichettata come anarchica o comunista da chi prob non sapeva neanche il significato reale di queste parole.
      Ebbene, mi porterò anche questa etichetta sulle spalle, e ne andrò fiera.
      Ma gli interrogativi purtroppo rimangono..

      • «Invece anche qui su Giap puoi parlare di tutto, cifre numeri e tutto quello che vuoi, ma non nominare uno studio e porti degli interrogativi a riguardo. Questo atteggiamento non lo capisco. Paura di essere definiti complottisti? boh.»

        Scusa, ma non abbiamo idea di cosa tu stia parlando. «Qui su Giap» cosa vuol dire? A quali scambi e con chi ti stai riferendo? «Non nominare uno studio» che significa? Quale studio?

  100. Beh ad esempio quello citato, il Cover 2.
    Forse mi sono messa una censura preventiva? Non so.
    Nello studio in questione, che per carità, è in pre review, ha piccoli numeri etc.. si attesta una riduzione del 91.4 per cento della mortalità con il nimesulide, che per carità, è un farmaco, alcuni sono allergici, e da alcuni anni serve la ricetta, mentre prima era da banco.
    Però il 91.4 per cento di decessi in meno, se estrapolato, è tantissimo è un numero altissimo.
    Se fossi il ministro della salute mi ci butterei a capofitto ad allargare la sperimentazione. Oppure gli ospedali che l’hanno condotto se hanno falsificato sono da chiudere! (Sono ironica ovviamente)
    Un po’ come per la vitamina D in cui uno studio dell’ISS attestava più o meno neri simili e suggeriva di approfondire che n altri studi,salvo che questi studi non siano ancora arrivati e la vitamina è nell’elenco delle fake news “non dimostrate”.
    A me sinceramente vengono molte domande.
    Come per i Fans introdotti nei protocolli cure domiciliari ad aprile solo dopo un voto parlamentare, ed anche qui messi in alternativa al paracetamolo come esclusivi farmaci sintomatici.
    E poi stiamo qui a disquisire sugli angeli, oggi ho dimenticato la mascherina e non ho sono potuta entrare nel cortile della materna, perché con mascherina a scuola cmq non entri, quindi sono rimasta fuori dal cancello.
    Non c’è assolutamente niente di scientifico né come approccio né nella ricerca delle soluzioni in tutto questo.
    Oppure vorrei sinceramente che un non complottista o uno scienziato o chiunque mi spiegasse, tutto ciò, che senso. ha.
    Uno non si vuol vaccinare? Fate lo studio fatto bene e dategli il nimesulide (Aulin).
    Ed andiamo avanti noi a lottare e loro ad opprimere.
    Sto semplificando ovviamente, però così mi sembra che gli oppressi siano diventati, probabilmente a loro insaputa, la spalla degli opressori, volenti o nolenti.
    Ed il tutto è giocato, appunto sulla paura.
    Bisognerà iniziare ad uscire, da queste paure, siano esse accuse sul metodo (accuse di complottismo, antiscientificismo e così via) o sulla sostanza delle cose.

    Il mio sarà uno sfogo, ma ho ancora molti interrogativi, compreso l’interrogativo del perché molti compagni non si pongono certi interrogativi..
    Poi mi taccio perché non voglio monopolizzare la questione e mi interessa sentire anche le opinioni degli altri a riguardo.
    Di cose da dire ne avrei tanti ma il senso è questo e credo si sia capito.
    Gli studi si trovano facilmente in rete

    • Più che lecito porsi domande, e qui su Giap la non-scientificità con cui vanno avanti i presunti Difensori della Scienza è stata più volte esposta e denunciata, però – lo abbiamo detto più volte – non è questa la sede per discutere se funzionino o meno il nimesulide, la vitamina D, l’idrossiclorichina, l’ivermectina o altro. Abbiamo spiegato i motivi strategici, redazionali e in generale politici per cui preferiamo non s’intavolino qui discussioni troppo focalizzate su specifiche terapie, specifici possibili (o impossibili) protocolli. Ci sono tanti altri spazi dove ci si concentra su queste cose. Noi abbiamo ormai troppe dimostrazioni del fatto che quel piano inclinato rende le discussioni al tempo stesso asfittiche e ingestibili, tra derive pseudo-specialistiche – da parte di gente che nella migliore delle ipotesi fa “bricolage scientifico” – e vagabondaggi in labirinti lungo i cui corridoi gironzolano figuri alla Hamer o alla Simoncini oppure wannabe santoni. Magari sbagliamo, per carità, ma quest’animale che è Giap lo abbiamo cresciuto noi, lo conosciamo e sappiamo quando s’imbizzarrisce (o s’intristisce) e perché.

      • Meglio tenersi lontani dai labirinti, perché nei labirinti si aggirano anche coppie di gemelline col vestitino azzurro, enigmatici signori dall’aria rispettabile, e pazzi psicopatici armati di manera. All work and no play makes Jack a dull boy. Nel febbraio 2020 l’intero paese è stato frazionato in milioni di Overlook Hotel, uno per ogni famiglia. L’ascensore sale e scende, il triciclo scorre silenzioso nei corridoi. La stanza 237 è lì, con la porta socchiusa, sai che non devi entrarci ma ci entri lo stesso. Jack Torrance non è ancora morto congelato nel labirinto esterno, e Wendy non è ancora riuscita a mettersi in salvo con Danny sul gatto delle nevi.

  101. Certo capisco benissimo le vostre ragioni, ed ho approfondito il tema perché me lo avevi scritto.
    Conosco altri “non luoghi” dove questo è avvenuto ed in effetti diventa tutto molto difficile da gestire.
    Il mio interrogativo non si vuole porre nello specifico di questa o quella terapia, ma nel concetto di “cura” in generale, applicato al Covid ed alla pandemia.
    A sinistra, per quel che ho letto fino ad ora, questa “scelta politica” di non parlarne, o, ancora meglio di demolirlie (penso a certi articoli del Manifesto ad esempio) è praticamente generalizzata.
    Così scriviamo articoli sulla percentuale di vaccinati in Italia e Spagna, andiamo a studiare “il peso” o meno del green pass, citiamo studi sulla diffusione o meno del virus all’aperto con o senza mascherina, ma di cure, in questa pandemia, non se ne può parlare.
    E, notare, la cortina fumogena sull’argomento è scesa più o meno palesemente dall’alto, dal sistema.
    Il Covid è incurabile.
    Abbiamo i vaccini.
    Abbassiamo l’età dei vaccini.
    Sembrano i primi postulati della geometria euclidea.
    Per due punti passano una ed una sola retta.
    Poi ci metti di fianco questo studio, italiano, condotto da ospedali del sistema sanitario nazionale.
    Che sembrano aprire mondo incommensurabili col nostro.
    Senza entrare nello specifico dello studio(ma che è uno preso ad esempio, in fondo), a me viene da domandarmi perché vi sia questo dictact, e perché non si ragioni su questa contrapposizione almeno a livello “filosofico” o sociale, o antropologico.
    Cosa è successo?
    Questa per me è una domanda fondamentale, che sicuramente non ha Una risposta.
    Però nulla mi toglie dalla mente che sia una delle domande importanti della nostra epoca, pandemica anche, e che debba avere anche risvolti nella nostra lotta di classe.
    Non siamo medici e non facciamo studi.
    Ma le cure rimangono cmq “proletarie” e per il benessere del proletariato.
    Se le abbandoniamo, abbandoniamo un po’ anche noi stessi al nulla, e poi, se ne vedranno immancabilmente, i risultati.
    Poi, massimo rispetto per la vostra creatura, una delle poche di conforto in questa epoca.
    Ci sono “luoghi” a sx dove si dibatte di questo?
    Io non li conosco..
    Ben accetti dei link!

    • Su sinistrainrete.info – che è principalmente un aggregatore – sono apparsi svariati post con un approccio simile al tuo. Da lì puoi partire per scoprire blog, forum e pagine FB dove si discute di cura nel modo che dici.

  102. Sono uno di quelli che le ha “demolite” sul Manifesto. Come richiesto dai tenutari, non entro nel merito della discussione sull’efficacia dei farmaci. Intervengo solo per precisare che i FANS erano già nelle linee guida ufficiali per le terapie domiciliari a novembre 2020, come può verificare chiunque qui (a pagina 12):

    https://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/renderNormsanPdf?anno=2020&codLeg=77456&parte=1%20&serie=null

    L’equivoco – diciamo così – nasce dal fatto che nello stesso documento, a pagina 10, a mero titolo di esempio fu menzionato solo il paracetamolo (due righe sotto la vigile attesa).

    • Ciao, senza entrare nel merito dei farmaci ma rimanendo agli equivoci, volevo fare una considerazione: visto che a pagina 12 di quel documento c’è scritto “Paracetamolo o FANS possono essere utilizzati […] etc.” ci voleva poco, con il senno di poi e viste le conseguenze, a scrivere anche a pagina 10, punto 3, una cosa tipo “trattamenti sintomatici (ad esempio paracetamolo o FANS)”.

      Ovvio che visto il documento nel suo complesso cambia pochissimo, ma il non averlo scritto, e senza dare alcun retroscena complottista alla cosa, potrebbe (potrebbe, in definitiva dipende dal singolo medico di base e dal singolo rapporto medico paziente nel mezzo di un’epidemia) aver avuto un impatto negativo, dal momento che la maggior parte dei medici di base a casa dai pazienti non ci è andata, si è basata su consulti telefonici e dal momento che (purtroppo è un fatto) esistono cose come la “medicina difensiva”, l’approssimazione, le abitudini e le “soluzioni preconfezionate”, per cui il protocollo “tachipirina e vigile attesa” per molti si è tradotto in realtà indipendentemente da quel che diceva realmente quel documento.

      Aggiungo, inoltre, (testimonianza personale) che nelle primissime fasi dell’epidemia, prima ancora del lockdown quando tutti eravamo nel panico e su watsapp circolava la qualunque, erano girati vari messaggi (me li ricordo perché io come farmaco di automedicazione uso sempre l’aspirina e la cosa mi aveva preoccupato) di NON usare FANS nel trattamento perchè il tal medico di wuhan aveva visto il tale peggioramento nei pazienti covid.

      Questo insieme di cose, unito al fatto che poi invece i FANS si sono rivelati un valido alleato e anzi forse una buona cura *sintomatica* precoce, dovrebbe a mio avviso indurci a

      1: “capire” e giustificare letture più o meno complottiste, specie se le si vuole debunkare in modo costruttivo e utile e non liquidarle a fenomeno macchiettistico e folkloristico di pochi nazisti analfabeti (salvo poi avere le piazze piene di persone che non sono né naziste né analfabete).

      2: avviare una critica del sistema. L’insieme di burocrazia, procedure e abitudini sedimentate e carenze strutturali hanno evidentemente avuto un impatto e sarebbe “troppo comodo” gettare tutta la responsabilità addosso alla pandemia senza prendere in considerazione anche il “nostro” contesto e fare autocritica.

      La pandemia è stata globale, ma non dappertutto c’è stata la letalità che abbiamo avuto noi.

    • Grazie Cugino, mi hai tolto letteralmente le parole di bocca, ma non volevo infierire ulteriormente sulla pazienza dei Wu! ;-) ..anche perché sono abbastanza nuova come commentatrice qui..
      Dopo l’appunto di Capocci ho fatto anche io una ricerca col search ed ho scoperto con mia meraviglia che in effetti compare nella tabella riassuntiva “già” da novembre.
      Inoltre la differenza rimane -anche- tutta lì: trattamento sintomi/cura e ruolo a dosi alte e prolungate del paracetamolo su patologie polmonari con effetti simili al Covid, da studi tra l’altro pregressi alla pandemia.
      Ed in quel “o” fans.. che compare anche ad aprile. Come se fossero due categorie di farmaci uguali o interscambiabili.

      Lo sfogo, a questo punto la dico tutta, risale quando ho saputo di un conoscente ricoverato per Covid dopo appunto una settimana di solo paracetamolo. Forse sarebbe andata così cmq, forse no.
      Appunto non siamo medici.
      Ma il “silenzio” su questi studi e sui fondi ed energie messe per la ricerca di cure immediatamente disponibili (quindi non sperimentali) sembra un muro di gomma, e non ne trovo i motivi o le spiegazioni.
      Se non il vecchio adagio.. a volte a pensar male..
      In quanti ancora prescrivono solo paracetamolo ed attesa?
      “Sappiamo” tutto su booster vaccini rMna, perché ci martellano in tutti i modi ed in ogni dove.
      Si parla pochissimo di stili di vita, di alimentazione, di ambiente, di fans, e anche del nostro vecchio e malandato Sistema Sanitario, e di come si stia adeguando o non adeguando al Covid.
      E così rimaniamo nella dicotomia vaccino si/no anche tra compagni, e perdiamo altre parti del discorso tutte a mio avviso necessarie..

      • “Ma il “silenzio” su questi studi e sui fondi ed energie messe per la ricerca di cure immediatamente disponibili (quindi non sperimentali) sembra un muro di gomma, e non ne trovo i motivi o le spiegazioni.
        Se non il vecchio adagio.. a volte a pensar male..”

        “Non ne trovo i motivi o le spiegazioni.” Lana, io una pista ce l’avrei, l’ho già comunicata, ti rimando il link che mi sembra parlare da sè. Si tratta del sito dell’ANSM francese, sicuramente lo trovi uguale in italiano siccome fa riferimento alla legislazione UE, la quale dice che l’immissione sul mercato di nuovi farmaci, prima di aver concluso la fase sperimentale, è autorizzata in modo condizionale solo se non si constata una risposta medica già esistente.

        https://ansm.sante.fr/dossiers-thematiques/covid-19-vaccins/covid-19-vaccins-autorises

        “Les Autorisations de mises sur le marché (AMM) seront délivrées par la Commission Européenne à l’issue de cette évaluation et seront valables dans tous les Etats membres de l’UE. Dans le contexte de la pandémie et de l’urgence de santé publique, les AMM seront dîtes conditionnelles. En effet, une AMM conditionnelle permet l’autorisation de médicaments qui répondent à un besoin médical non satisfait avant que des données à long terme sur l’efficacité et la sécurité ne soient disponibles.”

        • Grazie Akira! “Un’esigenza medica insoddisfatta”.
          Non mi ero mai addentrata in questi documenti.
          Devo dire che quello da te citato da molte risposte.
          Ora in effetti tutto si vede con occhi diversi innanzitutto perché il documento è ufficiale, in secondo luogo perché parla proprio del nostro caso: (cito la traduzione in francese) “un’AIC condizionale consente l’autorizzazione di farmaci che soddisfano un’esigenza medica non soddisfatta prima che siano disponibili dati a lungo termine sull’efficacia e sulla sicurezza. Ciò è possibile solo se i benefici della disponibilità immediata del medicinale superano il rischio che tutti i dati non siano ancora disponibili.”
          Viene da chiedersi perché non se ne parli di questo fatto, o precondizione dei vaccini.
          Certo, vista così diventa tutta una corsa contro il tempo: i dati dei vaccini preliminari devono essere prodotti per l’utilizzo, almeno prima che si dimostri l’efficacia di altre terapie già esistenti.
          Questo può dare una risposta anche al tergiversare dei ministeri sugli studi su vit.D o Fans, seppure promettenti, o del perché forse molti studi siano solo in pre print.
          Se fossero pubblicati prima della conclusione del percorso “osservazionale sulla popolazione (credo 2022) ci sarebbe forse un conflitto per l’autorizzazione dei vaccini?

          Inoltre, ho letto un po’ di debunking su Doshi.. a quanto sembra il doppio cieco sui vaccini ha avuto seri problemi. E proprio il doppio cieco in pandemia è diventato un “sine qua non”..
          Proprio per quello che dicevano altri medici su altre terapie.. un problema etico innanzitutto: se da uno studio preliminare risulta che un farmaco può essere efficace, se faccio un doppio cieco in pandemia vado a togliere un farmaco potenzialmente salvavita a metà dei pazienti.
          Anche in questo caso, mi verrebbe dire, le carte della scienza tornano al centro del tavolo. Sta a noi sapercele giocare.
          Ancora grazie Akira.
          Una frase in un documento può cambiare totalmente le prospettive.
          Certo può sembrare tutto un po’ complottista, ma come “c’è sempre qualcuno che ti rinfaccia di essere più a sinistra di te” così forse, al giorno d’oggi, c’è sempre qualcuno più anticomplottista di te, e questo non deve spaventare.
          Però qui appunto carta canta, ed anche su questa carta, molto silenzio.
          Beh.. suggerisco.. a questo punto un bel articolo sul Manifesto sull’argomento potrebbe essere molto inclusivo.
          Per parte mia inizio a diffondere
          Grazie Akira.. l’unione fa la forza, la forza delle lotte.

    • “Intervengo solo per precisare che i FANS erano già nelle linee guida ufficiali per le terapie domiciliari a novembre 2020”

      L’abbiamo scritto anche io e altri qui, in diversi commenti in questi mesi. Ma purtroppo stiamo approfittando di un blog per discutere come su un forum e questo complica parecchio la fruizione dei contenuti. Alla fine le informazioni si perdono. Anche perché arriva sempre gente nuova e non si può pretendere che si legga migliaia di vecchi commenti.

      Il tema delle cure domiciliari, comunque, bisognava salvarlo dalla polarizzazione del dibattito tra i picchiatelli col cappello di stagnola e i teorici del migliore dei sistemi possibili. Era proprio fondamentale.

      Bisognava continuare a insistere sulla medicina territoriale, come si stava facendo nei primi mesi di pandemia, quando la coscienza dei danni fatti alla salute dalle politiche neoliberali degli ultimi decenni era diventata praticamente mainstream. Invece i media hanno preferito sposare la causa “scientifica” sacrificando – per modo di dire – l’anticapitalismo.

      Così adesso, grazie alla sovraesposizione dei vari fattucchieri e alla confusione sistematica sulle parole, quando si parla di cure domiciliari non si pensa più ai poveracci abbandonati a se stessi a marzo 2020 e alle terapie sintomatiche precoci che potrebbero prevenire l’ospedalizzazone. Si pensa inevitabilmente al vermifugo da cavalli da prendere come profilassi alternativa al vaccino, o alle iniezioni di varechina o a chissà cos’altro. Con tanti saluti alla critica del sistema.

      Anzi, la cultura aziendalista ha preso ancora più piede proprio grazie alla “fede nella scienza” e al relativo bigottismo, al punto che si sente/legge ovunque gente di sinistra auspicare senza vergogna che chi rifiuta il vaccino debba pagarsi le cure se poi si ammala, perché non si meriterebbe i servizi pagati coi soldi delle nostre tasse. Inutile dire dove porti questo modo di ragionare.

      Senza polemica, ma sebbene anch’io fatichi a trattenere la rabbia quando sento certi discorsi su vaccini e farmaci, francamente sarei un po’ meno orgoglioso di aver contribuito a certe operazioni di diversione, più che di demolizione. I “tenutari” qui si sono presi tonnellate di merda per aver cercato di tenere la barra dritta su determinati discorsi che il terrore del virus ha inopinatamente (forse) fatto sparire dalle priorità della compagneria. Altrove mi pare si sia preferito stare decisamente dalla parte del fo(r)mentone.

  103. Leggo le notizie sulla stretta di Lamorgese sui cortei.
    Leggo i commenti compiaciuti di molt*.
    Ripiombo nello sconforto.

    Poi rileggo le righe scritte da voi nel primo Diario Virale: “Il tran tran sarebbe ricominciato, ma con più controllo di prima, più sorveglianza, e con l’idea condivisa che da un giorno all’altro si poteva bloccare la cultura, vietare ogni riunione, associazione, “assembramento” di persone non finalizzato al mero consumo, col consenso di un’opinione pubblica impaurita («Qualcosa si deve pur fare!»). O meglio: col consenso dei media e di una minoranza rumorosa di imparanoiati, che creavano l’effetto di un’opinione pubblica impaurita.”

    • In realtà la situa è anche peggiore. Invece che una minoranza rumorosa di imparanoiati c’è una maggioranza silenziosa di “responsabili”. A Trieste in 60mila hanno firmato un agghiacciante appello a fidarsi della scienza (e dei manganelli; non c’è scritto esplicitamente, ma il sottotesto è quello, tanto è vero che ora il prefetto brandisce l’appello per vietare i cortei). Visto che siamo in regime di doppio legame, non stupisce che il promotore dell’appello sia anche il presidente dell’associazione che organizza la Barcolana, un grande evento che a metà ottobre ha creato un assembramento di decine di migliaia di persone sul fronte mare.

      • Con le parole scolpite che paiono un editto, così si manifesta il nostro presidente della Repubblica:
        “In queste ultime settimane manifestazioni non sempre autorizzate hanno tentato di far passare come libera manifestazione del pensiero l’attacco recato al libero svolgersi delle attività. Accanto alle criticità per l’ordine pubblico, sovente con l’ostentata rinuncia a dispositivi di protezione personale e alle norme di cautela anticovid, hanno provocato un pericoloso incremento del contagio.Le forme legittime di dissenso non possono mai sopraffare il dovere civico di proteggere i più deboli: dobbiamo sconfiggere il virus, non attaccare gli strumenti che lo combattono”. A dirlo, al congresso nazionale dell’Anci, è stato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.”

        Che tali parole siano dette all’Anci, l’Ass. Naz. Comuni italiani poi è più che significativo su quello che debbano fare i sindaci, anche se ormai tale direttiva è appunto surclassata da quelle del governo.

        Mattarella, colui che ha appunto presenziato alla finaale dei campionati europei in Uk, insieme ad una miriade di italiani (“L’aeroporto di Fiumicino già dalle prime ore della mattina si è riempito di tifosi azzurri, bandiere tricolore e striscioni: “Stasera vinceremo noi ovviamente”) e con buona pace di chi parla di uno stadio all’aperto, non è così per trasporti, colli di bottiglia degli ingressi e via dicendo.
        Se in UK la delta era data più del 90 per cento, nel nostro paese i pochi contagi da essa erano ancora strettamente tracciati.

        Chi ritiene che il Covid sia una malattia incurabile per postulato e la Delta fosse come la pesta nera, poteva benissimo guardarsi la partita da casa.
        “Un saluto collettivo e un ringraziamento profondo dal governo, e anche da tutto lo staff di Palazzo Chigi che è affacciato alle finestre e vi guarda qui da sopra. I vostri successi sono stati straordinari”. Lo dice il premier Mario Draghi parlando alla Nazionale di calcio campione d’Europa.”
        Ma il blitz dei giocatori sul bus scoperto, sembra essere solo un anticipo di quel che accadrà alla sede CGIL con l’assalto dei fascisti:
        “Matteo Piantedosi [prefetto di Roma] in una intervista spiega che era stata autorizzata una pedana fissa in Piazza del Popolo.”Poco dopo l’uscita dal Quirinale si è aggregato un autobus scoperto con la livrea e le scritte dedicate ai campioni d’Europa”. A quel punto con la gente già in strada non si potuto fare altrimenti.”

        Oggi vengono vietati i cortei a livello nazionale.

      • Ciao Tuco, cosa ti fa pensare che quei 60.000 siano effettivamente Triestini? Te lo domando perché ho saputo di quell’appello attraverso un post su un gruppo locale della mia città (Pontedera, PI) dove si invitava a firmare.
        Se quei 60.000 fossero non Triestini ma persone di tutta Italia, allora sarebbe plausibile parlare di minoranza rumorosa di imparanoiati.
        Io stesso non sono mai stato convinto del fatto che “quelli là” siano realmente la maggioranza, ma che facciano cosa gli pare in virtù del fatto che la maggioranza, per ora, è disorientata di fronte agli avvenimenti e da questa non riesce ad emergere qualcuno che la possa guidare.
        Per il resto colgo l’occasione per mandarti un abbraccio e comunicarti tutta la mia stima. Ho seguito tutti i tuoi commenti, incluso quello sulla tua fuga in Slovenia in bicicletta e mi hai ricordato con piacere tutte le volte che sono evaso dal mio comune o da casa mia (a seconda dei colori), per fuggire nei boschi…imboccando strade secondarie e viottoli sgangherati per evitare le FdO xD.

        • Probabilmente una parte di quei 60mila non sono triestini, ma c’è tutta una parte di città che ha firmato l’appello con voluttà. Innanzitutto i commercianti e i ristoratori del centro, gli stessi che l’anno scorso si assembravano in piazza per chiedere “le riaperture”, con la partecipazione straordinaria di Fedriga. E poi gli intellettuali posati e pacati, il ceto medio riflessivo, quelli che leggono la repubblica per informarsi e non per vomitare. I primi dicono esplicitamente che è solo questione di affari. I secondi invece si masturbano contemplando la propria superiorità morale. In ogni caso non è un bel vedere.

    • C’è perfino di peggio rispetto ai commenti compiaciuti.

      Su Twitter imperversano quelli che “era tutto calcolato, tutto sci… sci… scientifico” (cit.). Cosa peraltro vera. Qui lo si dice da mesi che questo metodo di gestione della pandemia è funzionale a un’agenda politica che con la pandemia c’entra relativamente. Però come sempre, se lo dici tu che Draghi ha creato il nemico pubblico perfetto per giustificare una stretta sulla libertà (collettiva) di rompergli le palle, sei negazionista complottista o al massimo ipocrita individualista. Mentre se lo dicono loro, è un’analisi raffinatissima.

      Ma il problema non è nemmeno questo. E’ che malgrado spieghino per filo e per segno la pretestuosità della cosa, continuano a puntare il dito su chi manifesta per i motivi “sbagliati”. Come dire che se uno cerca un pretesto per menarti, devi anticiparlo e menarti da solo, altrimenti se lo lasci fare a lui è colpa tua. Ci dev’essere un’arte marziale giapponese che utilizza questa strategia, mi pare si chiami… seppuku.

      Senza contare che tra i motivi “sbagliati” dei manifestanti, c’era anche la critica all’uso politico del green pass, checché ne pensino loro.

  104. Devo dire che leggere Andrea Capocci che su questo sito rivendica di aver “demolito” le cure domiciliari/precoci dopo averci propinato una media di un articolo e mezzo al giorno sulle differenze tra i tassi di vaccinazione del Molise orientale e la fascia di età 61-63 nella provincia di Cuneo, fa veramente un po’ male.

    Ma penso sia nulla in confronto a quello che hanno provato i tanti medici e sanitari, tra cui compagne e compagni con decenni di militanza alle spalle (e, giusto per chiarire, orgogliosamente vaccinati e spesso ferocemente pro-lockdown a causa della loro esperienza diretta del virus), che per più di un anno hanno messo a disposizione il loro tempo libero per cercare di curare quelle persone malate, per poi alzarsi la mattina e leggere sul Manifesto che stavano prescrivendo “farmaci à gogo” e per di più “inutili e dannosi”, il tutto grazie ad un hatchet job di un gruppo di troll ventenni arroganti che passano il loro tempo a postare meme infantili contro Report o l’agricoltura biologica. O, nella parole del Capocci, “che da anni conduce un’instancabile opera di divulgazione scientifica e di lotta contro le pseudoscienze” – andate a vedere la pagina facebook “Biologi per la Scienza” e decidete voi.

    Il tema della cura del Covid-19 è uno dei grandi rimossi di questa sindemia, al punto che non se ne dovrebbe parlare nemmeno su questo sito, e se mi permetto di farlo notare è solo perché sono d’accordo con chi ci sta ospitando: le chiacchere sull’efficacia di questo o quell’altro farmaco stanno a zero, un po’ come quelle sulla contagiosità dei vaccinati.

    Secondo me, il punto è che le cure domiciliari/precoci non sono mai state una questione di farmacopea, come molti dei sanitari che le hanno messe in pratica hanno detto e ripetuto infinite volte, ma del rapporto tra medici e pazienti, del ruolo della sanità territoriale, degli effetti deleteri della Evidence Based Medicine sulla sanità pubblica e di tantissime altre cose infinitamente più importanti del “farmaco che piaceva a Trump” o della radiocronaca minuto per minuto della campagna vaccinale.

    Penso che ormai non ci siano più dubbi sul ruolo fondamentale giocato dalle accuse di negazionismo e complottismo nel neutralizzare e regalare le piazze contro il Greeen Pass (o quelle contro le chiusure dell’autunno scorso) alle destre. Perché l’ipotesi che la stessa cosa sia successa con le cure domiciliari/precoci non viene presa in considerazione?

    • L’incurabilità del Covid-19 è uno dei postulati fondamentali del virocentrismo, da cui derivano in parte l’inevitabilità dei lockdown, i vaccini privatizzati e una marea di altre cose che stanno contribuendo a rendere le nostre vite un’inferno da ormai quasi due anni, il tutto perché, quando si tratta di Covid-19, “prevenire è meglio che curare”. Il cancro ucciderà quasi due persone su tre tra quelle che stanno leggendo questo mio sfogo, ma con un po’ di fortuna (e magari un farmaco mRNA anti-cancro), quelle due persone potrebbero sopravvivere, quindi non c’è poi tutto questo bisogno di chiudere l’ILVA di Taranto o abolire i pesticidi in agricoltura – bisogna avere fiducia nella scienza, no? Quando si tratta di cancro, curare è molto meglio che prevenire. I malati di Covid-19 invece sono praticamente dei morti che camminano (a meno che il Capocci non stia scrivendo un articolo sull’inutilità delle cure domiciliari/precoci, nel qual caso “il 90% circa dei contagiati dal Covid-19 con sintomi lievi guarisce naturalmente”) e quindi giù di stato di emergenza e tutto il resto.

      Io passo buona parte delle mie giornate guidando, spesso mentre chatto su whatsapp e ogni tanto mentre sono pure abbastanza ubriaco, eppure quello di cui ho veramente paura è volare, un’attività infinitamente più sicura che stare in una macchina guidata da me. Ma al contrario di un incidente stradale, so benissimo che se il mio aereo precipita, o se qualcuno ci fa scoppiare una bomba, le mie speranze di sopravvivenza sono praticamente zero. Sulla base di queste (sbagliate) percezioni, sono (in maniera ugualmente sbagliata) un nemico mortale degli etilometri e della polizia stradale in generale, mentre invece non ho alcun problema a farmi perquisire e interrogare da gente armata ogni volta che prendo un’aereo, e spero sempre che il pilota sia un cattivissmo ex-pilota militare possibilmente veterano di qualche guerra, e non un misero civile che potrebbe farsi prendere dal panico se qualcosa va storto.

      Le cure domiciliari/precoci saranno pure una fregnaccia pazzesca, ma gli effetti deleteri del postulato dell’incurabilità del Covid-19 sono sotto gli occhi di tutti, così come penso sia sotto gli occhi di tutti l’assurdità del fatto che, tra un gruppo di medici che passa il proprio tempo libero a cercare di curare malati di Covid-19 e una pagina facebook di fanboys inaciditi della Cattaneo, un giornale come il Manifesto abbia scelto di dare la parola ai secondi.

      • “Ma al contrario di un incidente stradale, so benissimo che se il mio aereo precipita, o se qualcuno ci fa scoppiare una bomba, le mie speranze di sopravvivenza sono praticamente zero.”

        Questa cosa la ripeto anch’io da almeno vent’anni ai ratiosuprematisti che si sentono fighi a smontare la paura di volare con una statistica ripetuta a pappagallo. Tra i vostri conoscenti che hanno avuto un incidente d’auto, qual è la proporzione tra morti e sopravvissuti? E a naso, quale pensate che sia tra chi invece ha avuto un incidente aereo? Perché chi ha paura di volare, in ultim’analisi ha paura della morte, non dell’incidente. Quindi la “mia” statistica è più utile della “vostra”. O meglio, lo è tanto quanto. Infatti sono entrambe totalmente inutili: chi ha paura di volare se ne sbatte giustamente dei numeri, dovendo _prendere_ l’aereo e non progettarlo.

    • Ma la Cattaneo non ce l’aveva con l’agricoltura biodinamica? (che è cosa diversa a livello teorico e “metafisico” dalla biologica, la quale è “scientifica” ma senza troppi prodotti chimici)?

      O tu dici che c’è di più in quell’attacco? (l’intervento me lo hanno anche girato con commenti entusiasti ma non l’ho visto, ultimamente alla mia pigrizia si sta aggiungendo una buona dose di chiusura a riccio e di rifiuto).

      Detto questo, senza essere un lettore del Manifesto e senza conoscere una serie di antefatti che mi sembra di intravedere nei tuoi commenti, mi trovo particolarmente in sintonia con quanto dici.

      «Le cure domiciliari/precoci saranno pure una fregnaccia pazzesca, ma gli effetti deleteri del postulato dell’incurabilità del Covid-19 sono sotto gli occhi di tutti» questa sintesi come tutto il post è molto centrata.

      Fondamentale il paragone con il cancro. Nella mia cerchia posso contare 3 o 4 noduli al seno più alcuni deceduti per tumore al colon e alla prostata, per tacere di tutta un’altra serie di casi brutti fra conoscenti anche giovani e paesani che spingerebbero a fare qualche indagine epidemiologica in valle, ma per quello tutto ok, BAU e via, vai con la chemio e lo psicologo.

      Invece il Covid è incurabile e bisogna prevenirlo.
      Ma allora, se è da prevenire, oltre all’utilissimo e sensatissimo vaccino (non obbligatorio) anche il discorso stili di vita, sistema immunitario, Vitamine C e D rientrerebbero a buon diritto nella *prevenzione*, o no?

      Invece quelle sono finite fra le “cure” stregonesche, fra le cazzate che “mica ti salvi dalla T.I se ti fanno un’iniezione di Vitamina C mentre sei intubato”. E beh….

      «Penso che ormai non ci siano più dubbi sul ruolo fondamentale giocato dalle accuse di negazionismo e complottismo nel neutralizzare e regalare le piazze contro il Greeen Pass […] alle destre. Perché l’ipotesi che la stessa cosa sia successa con le cure domiciliari/precoci non viene presa in considerazione?»

      Esatto. Come dice anche Isver il dirottare la critica alla mancanza di “cura del malato”, al collasso della medicina territoriale, etc. verso gli stregoni è stato funzionale a un bel rilascio di endorfine generalizzato e a un “siamo a posto così col SSN”.

      Continuo ad aver simpatia per i complottisti, ma è sempre più chiaro cosa intende WM1 quando dice che il complottismo è (suo malgrado dico io) funzionale al sistema.

      PS OT: grazie di esistere a SteCon (vedi suoi ultimi 2 commenti)

  105. Stefania Consigliere ci ha segnalato questo reportage di Giovanni Iozzoli sulla solitudine di Peppino, operaio «communista» della CNH (ex-Fiat Trattori) di Modena, che da settimane tiene in piedi con pochi altri il presidio anti-lasciapassare davanti alla fabbrica. È anche un reportage sull’insipienza sindacale e dell’autoproclamatasi «sinistra di classe». Lo troviamo bellissimo, e lo segnaliamo a nostra volta.

    https://www.carmillaonline.com/2021/11/08/ombre-rosse-nella-nebbia

  106. Mi sembra di essere caduta dal pero. Ho approfondito un po’ la questione con amici di vecchia data, più vicini al campo scientifico di me.
    La cosa sembra essere risaputa da tempo. Ma al tempo stesso sembra essere il segreto di Pulcinella.
    Una cosa che tutti sanno ma nessuno dice. A volte per non prestare il fianco a critiche, a volte perché sembra così incontrovertibile da sembrare troppo scontata.
    Entrambe le posizioni mi sembrano abbastanza fallaci.
    La prima era legata all’ormai antiquata accusa di “negazionismo”, che oramai, lascia il tempo che trova.
    La seconda si insinua nella teoria del “complotto economico di Big Pharma”.
    Entrambi i discorsi mi sembrano manchevoli o fallaci.
    Mia madre mi diceva sempre:”schei chiama schei, miseria chiama miseria”.
    Se i negazionisti puri credo si possano contare ormai credo sulle dita di una mano, pensare di lasciar morire della gente per una questione prettamente economica, dove tanto i soldi cmq sarebbero andati in ogni caso a fianco note anche senza crisi pandemica, mi sembra a dir poco riduttivo.
    Inoltre l’efficacia di altri trattamenti, o il blocco delle loro pubblicazioni va in ogni caso dimostrata.
    Opto forse maggiormente per una sorta di pensiero a “seguire il gregge” dove magari alcune soluzioni, se proposte all’infuori della cerchia del “potere” vengano tout court eliminate come impossibili.
    Sulla gestione pandemica mi pare più aderente quanto sostenuto da Isver:”questo metodo di gestione della pandemia è funzionale a un’agenda politica che con la pandemia c’entra relativamente. Però come sempre, se lo dici tu che Draghi ha creato il nemico pubblico perfetto per giustificare una stretta sulla libertà (collettiva) di rompergli le palle, sei negazionista complottista o al massimo ipocrita individualista. Mentre se lo dicono loro, è un’analisi raffinatissima.”
    Il che ha a che fare un po’ col rapporto critica/pensiero del gregge, un po’ col fatto che il potere è più allenato di noi a volgere le cose a suo vantaggio, ed un po’ sicuramente anche, che approfittando del gregge un po’ ci abbiano sguazzato e spinto sui vaccini a discapito delle cure perché questi erano più propizio ad arrivare ad un green pass?
    Mere ipotesi da approfondire in ogni caso senza straccio di prove, mentre il green pass “Is real”.
    A parte questo fantomatico “protocollo Eual” dal quale queste direttive su rapporto cure/vaccini sembrano discendere..
    Il tutto cmq approfondibile, in ogni caso. Ho scritto e messo giù un po’ le mie ricerche di oggi senza la pretesa di essere troppo esaustiva e sperando la sintesi non infici nella chiarezza..
    Ancora grazie ad Akira!
    Mi hai disvelato un mondo..

    • Visto che mi fai l’onore di citarmi su un punto, mi permetto di dire la mia anche sull’altro. Personalmente considererei anche l’ipotesi che l’esigenza medica insoddisfatta che ha portato all’autorizzazione dei vaccini sia reale, sic et simpliciter. Un farmaco antivirale specifico per SARS-CoV-2 non esisteva e quelli esistenti sono stati testati tutti senza risultati conclusivi.

      Quanto al trattamento precoce con gli antinfiammatori – quello studiato da Remuzzi, intendo – penso anch’io che meriterebbe maggiore attenzione. Ma non credo possa avere i requisiti per soddisfare l’esigenza di cui sopra. Intanto è purtroppo legato a doppio filo all’efficienza della medicina territoriale. E non per niente ha avuto la stessa sorte di quel tema anche nel dibattito pubblico, come ho detto nell’altro commento. Poi quel protocollo è comunque di definizione abbastanza recente. Prima ogni medico avrebbe dovuto procedere sostanzialmente a sentimento. Con farmaci esistenti non specifici. Come dire che si fa con quel che c’è e si spera in dio. Un po’ poco per storcere il naso di fronte a dei vaccini che promettevano un’efficacia superiore al 90% nel prevenire gli effetti gravi della malattia e la morte.

      Senza contare che al di là di tutto, lasciar circolare il virus e agire solo sulla malattia, non è una buona idea.

      • In effetti c’è anche l’alternativa che dici.
        Mi rimane un dubbio.
        Un antivirale di cui si parla molto attualmente e attende credo l’approvazione Ema dopo aver terminato le sue fasi sperimentali rispetto al virus, sembra abbattere del 50 per cento ospedalizzazioni e decessi.
        Il COVER 2 col nimesulide -ampliamente disponibile e brevetto scaduto- sembra attestare il 91.4 per cento (in questo caso interessante anche la conclusione dello studio dell’Iss sulla vit. D del 22 marzo 2021-tralasciando gli studi prepandemiche su patologie simili-: “L’effetto della carenza di VitD nella progressione del COVID-19 o nella gravità della malattia è ancora da valutare. I nostri dati sottolineano una relazione tra i livelli plasmatici di VitD e diversi marcatori di malattia. Al momento è difficile sostenere se l’integrazione di VitD possa svolgere un ruolo nel combattere la gravità della malattia e ridurre la sua mortalità, ma può essere una raccomandazione utile e sicura per quasi tutti i pazienti”. -ovvero, dopo un anno ed ancora ad oggi che mi risulti, tutto ancora.. “da valutare”, ma cmq “utile e sicura”…?)

        Vero quello che dici sulla sanità territoriale, ma questo ha comportato un dispiegamento analogo se non maggiore per la vaccinazione.

        Per la lettura che ho fatto sul documento Eual, esso in effetti, almeno da quel che mi è parso, sembra mettere un aut aut tra cure preesistenti e sperimentali (siano essi vaccini o terapie).
        Questo sinceramente mi ha lasciata basita.
        Io sono assolutamente pro vax nelle categorie a rischio anche per età (età che deve calcolare esclusivamente la scienza, ovviamente, sia essa 20, 30, 40,50 60 anni o quel che sia).

        Il dubbio che mi viene è:
        -saremmo potuti andare “in deroga” ad EUAL? E salvare così capra e cavoli?
        -oppure è stato da subito calcolato che l’effetto vaccini sarebbe stato più determinante rispetto ad una eventuale terapia sulla carta similarmente efficace.
        -perchè la vita di come fake news?
        Poi rimane un punto aperto: non è che coi vaccini in questi anni si sia limitata la circolazione del virus, anzi. Rimane il collo di bottiglia: fino ad oggi (quasi due anni di sancita pandemia e due anni di circolazione del virus), non siamo ancora in grado di garantire due dosi all’anno alla popolazione mondiale.

        • Ciao Lana mi intrometto nel tuo scambio con Isver:

          “Vero quello che dici sulla sanità territoriale, ma questo ha comportato un dispiegamento analogo se non maggiore per la vaccinazione”

          …ma a spanne non è più complesso seguire con costanza e congrua attenzione, per giorni, dei già malati a domicilio, che vaccinare puntualmente (alla peggio, come pare, con richiami a distanza di mesi) delle persone ancora sane, confidando che con ciò si ammalino meno?

          E se non sbaglio in certe fasi, dalle ns parti, si sono registrati centinaia di nuovi sintomatici a settimana in città neanche troppo grandi, comprese aree storicamente malmesse quanto a presidi sanitari. Credo insomma che nei fatti fosse nettamente più sostenibile e promettente l’altra strada, quella preventiva, a prescindere dai mancati investimenti nella sanità territoriale ovviamente deprecabili. E pur con tutti limiti dei vaccini stessi. Che nulla tolgono ai limiti pratici evidenti di dover acchiappare in tempo quei sintomatici con farmaci o terapie di utilità comunque tuttora incerta e che gli stessi promotori dicono siano sensati solo in ristrette finestre temporali e insomma ci siamo capiti.

          “Poi rimane un punto aperto: non è che coi vaccini in questi anni si sia limitata la circolazione del virus, anzi.”

          Su questo assunto, per pietà verso padroni di casa e ospiti del blog, non mi inerpico in contese che potrebbero innescare avvitamenti del discorso noti e indigesti – lo ritengo poco fondato, ma non ne usciremmo mai quindi pace.

          Il tema di farmaci efficaci che sarebbero stati più o meno ignorati/scartati/affossati dal monolite-vaccino per colpa di linee guida politiche colpevolmente sierocentriche a me pare debole: per es. non proprio tutto il pianeta segue le stesse prassi. Per dirne una sistemi come Cina e Russia non hanno agito esattamente nella cornice eual dell’oms ma hanno puntato sui vaccini comunque, prima di altri. Ciò non porta mica ad escludere errori e tragiche compromissioni di interessi, o sommatorie più o meno dolose di conformismi “ovini”, ma se la pillola-proiettile magico fosse stata a portata, gli stessi meccanismi globali avrebbero cavalcato quella. Forse con profitti superiori. Insomma mi pare fuorviante e poco utile: per criticare pass e confinamenti per me non serve screditare vaccini o scandagliare vitamine.

          • “…ma a spanne non è più complesso seguire con costanza e congrua attenzione, per giorni, dei già malati a domicilio, che vaccinare puntualmente (alla peggio, come pare, con richiami a distanza di mesi) delle persone ancora sane, confidando che con ciò si ammalino meno?”

            1) e se per caso il vaccino non spuntava fuori? non stava scritto da nessuna parte che il vaccino sarebbe stato trovato, eppure il paradigma sierocentrico (vaccinare è meglio che curare) era già egemonico a Marzo 2020, molto prima che si iniziasse anche solo a fare ricerca sui vaccini, un po’ come tutte le nostre speranze di sopravvivere al riscaldamento globale, alla fine, si basano su tecnologie “green” e di “carbon capture” che non sono state ancora nemmeno inventate;

            2) ma spanne non è più “sostenibile e promettente” essere in grado di seguire con costanza e congrua attenzione i malati (di Covid, ma anche di tutte le altre malattie, alcune delle quali fanno molti più morti del Covid) sul territorio, invece che vaccinare contro il Covid delle persone ancora non malate di Covid, per poi lasciarle morire di tutte le altre malattie, alcune delle quali fanno molti più morti del Covid? Per non parlare delle capacità della sanità territoriale di far si che la gente “si ammali di meno” (e pure di Covid).

            Sarà pur vero che probabilmente la capacità di seguire quei malati a marzo 2020 semplicemente non c’era, ma siamo al novembre del 2021, e se la sanità territoriale non la potenzi durante un anno e mezzo di una sindemia che fa centinaia di migliaia di morti, non lo so quando lo fai. Probabilmente mai, con il bonus che hai pure fatto passare il messaggio che farlo è inutile. E considerato che stiamo parlando di una classe politica che ha passato gli ultimi vent’anni a smantellarla, la sanità territoriale, qualche sospetto riguardo a questa passione improvvisa per i vaccini mi viene.

            E il bello è che la capacità è pure emersa dal basso, in maniera completamente autonoma, con centinaia di medici che si sono auto-organizzati e sono stati in grado di seguire con costanza e congrua attenzione migliaia di pazienti con le terapie domiciliari/precoci.

            La dicotomia “sanità territoriale” vs. “vaccino” è particolarmente odiosa se si pensa al fatto che la campagna vaccinale è iniziata un anno dopo l’inizio della pandemia. E con tutta la gente che si è ammala prima che si fa? E con quella che si ammalerà prima che il vaccino per la prossima (inevitabile) sindemia venga inventato?

            • “Il tema di farmaci efficaci che sarebbero stati più o meno ignorati/scartati/affossati dal monolite-vaccino per colpa di linee guida politiche colpevolmente sierocentriche a me pare debole: per es. non proprio tutto il pianeta segue le stesse prassi.”

              Secondo me è difficilissimo sapere effettivamente cosa sia stato fatto nel resto del pianeta – la Cina, per esempio, sembra aver puntato moltissimo sulle terapie precoci e diffuse sul territorio (1), il che forse ha qualcosa a che fare con il numero bassissimo di morti che hanno avuto.

              L’approccio al tema della cura del Covid-19 in termini di “farmaci ignorati” e “proiettili magici” è figlio del virocentrismo, che si basa sull’idea che il Covid-19 sia una malattia nuova e completamente sconosciuta, contro la quale strumenti vecchi come la sanità territoriale sono inutili.

              Virus nuovo => malattia nuova => farmaco nuovo, e dato che ci siamo mettiamoci pure i nuovi banchi scolastici e il “new normal”.

              E qui arriviamo ad una delle differenze centrali tra il virocentrismo e le terapie domiciliari/precoci, e cioè la natura stessa del Covid-19, una malattia che, non ce lo scordiamo mai, non è causata da un virus venuto da un meteorite, ma dalla mutazione di virus che esistono da milioni di anni.

              A detta dei medici delle terapie domiciliari/precoci, il SARS-CoV-2 non fa nulla di nuovo al corpo umano, semplicemente fa un sacco di cose contemporaneamente, portando al collasso del sistema immunitario (la cosiddetta “tempesta citochinica”) e le fa ad un sacco di persone contemporaneamente a causa della sua contagiosità, portando al collasso del sistema sanitario. Il tutto è ovviamente più probabile se questi sistemi sono già compromessi, e molto meno probabile se si hanno meno di 70 anni e tre patologie pregresse, o se non si abita in Lombardia.

              L’approccio delle terapie domiciliari/precoci cerca di evitare sia il primo collasso, agendo più tempestivamente in modo da scongiurare la tempesta citochinica (approccio “precoce”), che il secondo, agendo in maniera più capillare e mirata ed evitando di ingolfare gli ospedali (approccio “domiciliare”).

              Il problema è che mentre la sanità territoriale si basa sulle persone e sull’utilizzo di farmaci pre-esistenti, i soldi veri stanno nella costruzione e gestione degli ospedali e nello sviluppo di farmaci nuovi.

              (1) Strategic Decisions on COVID-19: Early treatment key to China’s high cure rate
              https://news.cgtn.com/news/326b444d30514464776c6d636a4e6e62684a4856/index.html

              • Stiamo di nuovo, e inesorabilmento, andando a un restringimento del discorso, tra pochissimo partiranno i soliti botta-e-risposta sterilissimi e da nerd su questo o quel farmaco somministrato in un certo momento ecc.

                • veramente stavo cercando di allargarlo, il discorso, e di cassare una volta per tutte le diatribe su questo o quel farmaco portando la discussione su un approccio più “politico” al Covid-19 e alla gestione della sanità in generale.

                  Di sta roba alcun* compagn* avevano pure provato a parlare ad Aprile 2020 (1), ma per qualche motivo la cosa si è dissolta, forse anche perché il dibattito sul ruolo della sanità territoriale è stato vissuto solo come un “botta-e-risposta sterilissimo e nerd su questo o quel farmaco somministrato in un certo momento”.

                  (1) Lettera aperta di 100mila medici e odontoiatri al ministro Speranza
                  https://left.it/2020/04/17/lettera-aperta-di-100mila-medici-e-odontoiatri-al-ministro-speranza/?fbclid=IwAR0J8-sUw_94cAiwIKIWDNhYOCL-dAJi0vZHVeggwHtgh2Bn2GehdZepw1o

                  • Non è che “è stato vissuto” così: di fatto è diventato subito quella roba lì. È successo per vari motivi, ne abbiamo scritto, Isver qui sopra dice cose chiarissime. Ma non possiamo fingere che non sia andata così, e che non ci sia gente che ossessivamente riporta tutto in quel perimetro angusto. Allertare sulla probabile deriva di un thread è necessario, lo abbiamo visto succedere un sacco di volte, qualche ossessionato lo abbiamo pure dovuto bannare perché proprio non voleva cambiare approccio.

                  • Così come un patogeno non causa una patologia “di per se”, ma solo in un preciso contesto immunitario, sanitario, ambientale, socio-economico e via dicendo, un discorso non diventa una diatriba sterile tra nerd sull’efficacia o no dell’idrossiclorochina (che palle) da solo, ma lo fa in un preciso contesto, che in questo caso è il virocentrismo.

                    E uno degli elementi centrali del virocentrismo è l’idea che il Covid-19 sia una cosa troppo seria per la gente normale, e che quindi qualsiasi discussione al di fuori dell’ambito scientifico è inevitabilmente una diatriba sterile tra nerd sull’efficacia o no di questo farmaco. E’ un po’ una profezia che si auto-avvera, o forse una forma di egemonia culturale di Gramsciana memoria.

                    Se tra compagn* il tema delle terapie domiciliari/precoci non si può affrontare, è ovvio che chi lo vuole fare (forse perché semplicemente non vuole che la gente muoia di Covid-19) lo andrà a fare su Rete4 o sui gruppi telegram fascisti.

                    E ripeto, le diatribe su questo o quel farmaco stanno sulle balle pure a me, ma faccio veramente fatica a trovarle nei miei commenti.

                  • Mica ho detto che le diatribe sono nei tuoi commenti, né che non devi più scriverli: dico che siamo a rischio, e quindi metto un paletto ben visibile.

            • Concordo su molti punti.

              Non ricordo però che a marzo 2020 si sia partiti proprio in coro unanime con la fissa del siero: anzi rammento una corrente di pensiero non proprio minoritaria che diceva “occhio che non sappiamo quanto ci vorrà per un vaccino”… Mio padre, vecchio medico, era dello stesso avviso: la scommessa del vaccino a breve è molto ardita, mi diceva, e l’eradicazione probabilmente un miraggio, speriamo trovino terapie.

              “il SARS-CoV-2 non fa nulla di nuovo al corpo umano, semplicemente fa un sacco di cose contemporaneamente, portando al collasso del sistema immunitario (la cosiddetta “tempesta citochinica”) e le fa ad un sacco di persone contemporaneamente a causa della sua contagiosità, portando al collasso del sistema sanitario. Il tutto è ovviamente più probabile se questi sistemi sono già compromessi, e molto meno probabile se si hanno meno di 70 anni e tre patologie pregresse, o se non si abita in Lombardia”

              Secondo me poter gestire con un minimo di serietà (e umanità) la mole di pazienti che si è determinata in alcuni frangenti nel ns e in altri Paesi era (e resta) arduo: in ogni caso il potenziamento dell’assistenza domicilaire non dovrebbe essere messo in contraddizione con profilassi preventive, su questo mi pare che siamo d’accordo. Ho frequentato per mesi un giovane medico di una USCA bolognese, mi diceva che ne ha visti tanti assistiti efficacemente a casa, ma tanti anche no, ed era il primo a invitarci a correre a vaccinarci (e vabbè non stupisce mi dirai… dopo mesi passati scafandrato per non so quante ore al dì…)

              Il link e il discorso sulle mosse cinesi invece non li afferro del tutto: il pezzo è di un anno e mezzo fa, nel frattempo in Cina hanno somminstrato 2 miliardi e mezzo di dosi di vaccino, e le simpatiche politiche marziali di contenimento e isolamento a mano armata che tutti conosciamo hanno tenuto bassi i numeri per forza. Io citavo la Cina solo per segnalare a Lana HK che anche chi non ha seguito ‘ste benedette EUAL e forse poteva sperimentare qualsiasi sostanza vecchia o nuova senza tema, sul siero si è buttato ugualmente.

              Mi sembra che il centro del tuo discorso sia che l’opzione-ago contingente non dovrebbe oscurare l’esigenza di costruire una sanità diversa dal recente passato, pronta oltretutto per nuove possibili pandemie et similia. Ergo non bisogna dare alibi ai governi per non metterci i quattrini che servono. E io sono d’accordo. Commentavo quanto scritto da Lana, che per me andava un po’ oltre.

              • PS Sull’accenno al non abitare in Lombardia, forse pure quello valeva un anno e mezzo fa… non dopo che si è visto come ovunque, comprese regioni dalla sanità un po’ meno privatizzata del modello lombardo, i problemi siano stati soverchianti e tali da giustificare ai miei occhi la più ampia vaccinazione possibile. Che non vuol dire per forza blastare o penalizzare i riluttanti e coloro che non lo hanno fatto per una varietà di ragioni.

                Per inciso e solo per evitare fraintesi, io sono per es. contrario al green pass obbligatorio per lavorare, mentre posso accettare accessi limitati a immunizzati e testati negativi per attività non essenziali ad alto affollamento (ma tutt’altro che inutili – eventi culturali, sport) che rischiano davvero ingestibili chiusure a ogni accenno di focolaio. Perchè magari mischiano in un luogo chiuso persone di età e situazioni di salute diversisissime. Se la prova di negatività o immunizzazione abbassa di un certo grado quel rischio, e per quel che ho potuto leggere e toccare con mano in questi mesi mi sembra di sì, non ho obiezioni – purché il filtro sia gestito umanamente e i test siano agevoli per tutti, cosa che ho visto accadere abbastanza in teatro dove ci si è dati anche protocolli interni di testing spinto che tuttora, pur con qualche scricchiolio, reggono. Personalmente da lavoratore del settore vaccinato mi tampono lo stesso ogni 72 ore, per protocollo: ma il teatro o auditorium è a capienza intera, in palco non vedi più ammucchi di ridicoli guanti in plasica e simili assurdità, il pubblico risponde riempiendo le platee e finora zero focolai laddove l’anno scorso si è chiuso più volte di fila per contagi interni. Ma questa è ovviamente la mia limitata esperienza soggettiva.

                • Riguardo alla prevenzione continuo a chiedermi come mai l’asticella non sia stata spostata un po’piu in alto, ancor prima di dover pensare alle cure domicialiari e puntando tutto e solo su distanziamento e mascherina (anche all’aperto).
                  Riporto qui uno scmabio di qualche giorno fa con l’ISS da ‘cittadino semplice’

                  DOMANDA 1

                  Salve,

                  Mi sono imbattuto in questo report molto interessante e ben fatto
                  https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-decessi-italia

                  Al paragrafo 2 “Patologie preesistenti in un campione di deceduti” leggo:

                  Questo dato è stato ottenuto da 7.910 deceduti per i quali è stato possibile analizzare le cartelle cliniche.

                  Avevo già consultato lo stesso report ad inizio anno ed il numkero evidenziato non mi pare essere cresciuto sensibilmente
                  Di qui alcune domande

                  1. il campione è ritenuto rappresentativo della platea totale di deceduti?
                  2. Rappresenta in maniera uniforme il fenomeno nell’intero paese?
                  3. esiste un piano per incrementare il numero delle cartelle cliniche analizzate?

                  Grazie in anticipo

                  RISPOSTA 1

                  i nostri referenti ISS rispondono così alle sue tre domande

                  1) Si; le cartelle cliniche revisionate considerano le diverse età, entrambi i sessi e la distribuzione geografica;

                  2) Si;

                  3) E’ in discussione all’interno dell’ISS e dipende dalla eventuale prosecuzione dello stato di emergenza.

                  Sperando di esserle stati utili

                  cordiali saluti

                  redazione EpiCentro

                  DOMANDA 2

                  Grazie mille per la prontezza

                  Avrei alcune ulteriori domande

                  1. Esistono dati simili relativamente alle persone che hanno avuto bisogno di cure in terapia intensiva od anche solo ospedalizzazione?
                  2. Stabilito un rischio maggiore per esempio in caso di ipertensione l’ISS ha in programma campagne di informazione su scelte salutari che possano ridurre tali patologie nella popolazione a rischio?

                  Grazie ancora per il vostro lavoro

                  Buona giornata

                  RISPOSTA 2

                  …………….in attesa………..

        • 1/2
          Immagino tu ti riferisca a Molnupiravir e a uno studio in cui, a quanto ho capito, è stato testato solo su pazienti ad alto rischio (anziani e/o con diverse patologie, ovviamente non vaccinati). Il che ha decisamente senso, se si considera che i ragazzuoli della Merck se lo faranno pagare qualcosa come 700 dollari a confezione. Dopo che si sono ritrovati in casa – per averla comprata prima della pandemia – una molecola sviluppata da altri grazie a fondi interamente pubblici, e che hanno ricevuto direttamente centinaia di milioni di dollari dallo stato, a fondo perduto, per farla diventare un farmaco. Ma questa è un’altra triste storia, che purtroppo pare non interessare a nessuno.

          Comunque sia, una riduzione del 50% nei pazienti ad alto rischio è un risultato notevole. Non conosco il profilo di rischio dei partecipanti allo studio sul trattamento con gli antinfiammatori, ma è evidente che se fosse lo stesso, una riduzione così alta sarebbe un risultato addirittura fenomenale.

          Occorre dire che nemmeno questi sono trattamenti alternativi l’uno all’altro. Molnupiravir è un antivirale, quindi contrasta la replicazione del virus nell’organismo. L’altra è una terapia sintomatica, per quanto precoce. Non essendo medico, non sono in grado di spiegare in maniera esausitiva perché non far replicare il virus sia sempre preferibile, ma mi sembra abbastanza intuitivo. Chiaramente a patto che il farmaco antivirale sia ben tollerato dall’organismo. E non costi un occhio della testa, che per quanto detto sopra, è purtroppo un aspetto da considerare.

        • 2/2
          Sulla gestione delle diverse strategie a livello territoriale, mi pare che lo scambio tra palmer eldritch e Henryk Goldszmit abbia toccato i punti fondamentali. In un certo senso hanno ragione entrambi. Una campagna vaccinale è perlopiù logistica militare, nel nostro caso proprio letteralmente. Mentre seguire pazienti malati a casa, è una faccenda squisitamente medica. Su cui qui e ora siamo deficitari. D’altra parte non possiamo neanche pensare di sfangarla sempre – ammesso che stavolta l’abbiamo fatto – grazie a investimenti massicci just-in-time sulla ricerca, per trovare un vaccino efficace e sicuro a tempo di record. La sanità non può abdicare. Le conseguenze le abbiamo viste nella primavera del 2020 e ancora in parte le stiamo vedendo. E se poi, appunto, il vaccino non arriva?

          A tal proposito, andrebbe considerato anche l’investimento di soldi pubblici per finanziare i buchi nell’acqua, oltre ai progetti che vanno in porto. La stessa Merck ha abbandonato il proprio progetto di vaccino contro il Covid. Idem Sanofi. Perciò mi sembra legittimo avere qualche dubbio sulla strategia di dare soldi a pioggia e a fondo perduto ai privati, per poi pagare i vaccini a prezzo “di mercato”, per giunta. Inoltre si rischia che la mancanza di alternative porti realmente ad abbassare l’asticella in modo pericoloso. Perché sì, facciamo a fidarci degli enti regolatori, ma se poi di fatto sono costretti a dire quello che vogliamo sentirci dire, è un problema. E se scoppia un merdone – come dicono a Oxford – con un vaccino che è stato scortato in mondovisione dalla fabbrica all’aeroporto, tipo statua della Madonna in processione, voglio vedere se dopo si trovano ancora tutti questi che credono nella scienza.

          • “Mentre seguire pazienti malati a casa, è una faccenda squisitamente medica. Su cui qui e ora siamo deficitari.”

            Se sarebbe stato possibile gestire la sindemia in maniera “medica” (o per essere più precisi, in maniera “clinica”) oppure no è secondo me uno dei grandi interrogativi di tutta sta faccenda.

            Di certo, aver praticamente vietato ai medici di visitare i malati, aver reso la cosa infinitamente più rischiosa non fornendogli i DPI, aver instaurato un regime di terrore in cui più uno aveva paura del virus e più era “responsabile”, aver associato l’idea stessa di curare il Covid-19 a Trump e al negazionismo, aver vietato e demonizzato uno dopo l’altro i farmaci off-label che i pochi medici coraggiosi stavano usando – a detta loro, e dei media fino a che la narrativa pandemica ha avuto bisogno di “eroi”(1), con un discreto successo – anche sulla base di studi poi ritirati in fretta e furia (2), e infine aver direttamente demonizzato e perseguito disciplinarmente quei medici stessi, beh insomma tutto ciò e molto altro ancora di certo non ci ha aiutato ad gestire la pandemia in maniera “medica”.

            Quando si parla di terapie domiciliari/precoci, è importante tenere a mente che non stiamo parlando di medici fricchettoni o residenti alle Mauritius – che pure ci sono stati, e che hanno ricevuto un’attenzione mediatica sproporzionata – ma di medici e sanitari che lavorano nel SSN, lo stesso SSN che in alcuni casi le terapie domiciliari/precoci le ha messe in pratica attraverso le USCA, con ottimi risultati a livello locale, il che probabilmente spiega perché di cura del Covid-19 se ne sia parlato quasi solo sui media locali.

            Viene quasi da chiedersi come sarebbero andate le cose se una minima frazione di tutto l’odio, tutti i minuti di copertura mediatica e tutti i commenti sui social dedicati a demonizzare i runners/no-mask/novax fossero stati dedicati ad demonizzare i governatori regionali che non hanno attivato le USCA.

            (1) qui ci sono due elogi a due medici poi confluiti nel tanto vituperato gruppo “Terapia domiciliare Covid 19”:

            https://time.com/5816874/italy-coronavirus-patients-treating-home/

            https://ilmanifesto.it/il-medico-di-nembro-covid-la-cura-nella-medicina-di-base-i-miei-pazienti-tutti-vivi/

            Il secondo articolo l’ha scritto Andrea Capocci prima che arrivassero i vaccini, e con loro il bisogno di difenderli a qualsiasi costo attaccando l’idea stessa di cura del Covid-19.

            (2) https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(20)31180-6/fulltext

            • A essere pignoli, chiamarla sindemia e poi immaginare di gestirla esclusivamente sul piano medico – che comprende la clinica – mi sembra una contraddizione. Nemmeno la pandemia avrebbe potuto essere gestita soltanto così, probabilmente. Ma di certo le cose che elenchi non hanno aiutato a limitare i danni, come minimo. Ne abbiamo parlato anche io e altri qui, in diverse occasioni.

              Al tuo elenco mi permetto di aggiungere la retorica della crescita esponenziale virtualmente infinita dei contagi, portata avanti anche da tanti compagni, che ha di fatto veicolato il messaggio che la devastazione del SSN non abbia avuto un ruolo determinante nel disastro italiano. Perché le chiamiamo ondate, ma stranamente l’idea che l’altezza degli argini faccia la differenza non ci deve sfiorare. E’ negazionismo fluidodinamico.

              L’unica cosa su cui ho dei dubbi, sinceramente, è la somministrazione dei farmaci off-label. Magari a marzo/aprile 2020 era un discorso diverso, ma poi la merda è diventata troppa perché bastasse turarsi il naso. Chiaramente anche qui si possono/devono fare distinzioni. Non tutti i medici che hanno provato a curare i pazienti a casa con quel che avevano a disposizione, sono come gli stregoni usati come zimbello dai media per la campagna “pro-scienza”. Però diciamo che io condivido in toto l’approccio di Remuzzi, che si potrebbe riassumere in “giusto studiare _tutto_, ma necessario _studiare_ tutto”. E l’idrossiclorochina è stata studiata a sufficienza per poterla lasciar perdere definitivamente, mi sembra.

              • Sul “negazionismo fluidodinamico” che ignora gli argini ti citerò!

                Sarebbe bellissimo discutere di cosa sarebbe stato un approccio “sindemico” al Covid-19. Personalmente non penso che lockdown e green pass portino a quello, e che immaginare un approccio “medico” voglia dire ridurre tutto a gestire i sintomi della virosi da SARS-CoV-2.

                In questo senso è stato molto interessante osservare come il gruppo “Terapie Domiciliari Covid-19” si è rapidamente, e in maniera completamente auto-organizzata, espanso includendo psicologhe, fisioterapeuti, nutrizioniste, infermieri, badanti e tantissime altre categorie professionali e non, inclusa gente che si offriva di fare la spesa o portare fuori il cane dei pazienti in isolamento. E’ stata una vera forma di sanità dal basso, che secondo me è la cosa più “sindemica” che ci sia.

                Riguardo ai farmaci off-label, secondo me questo è un buon esempio di come la pandemia abbia alterato il dibattito sulla sanità. Non trovate che sia inevitabile affrontare una nuova malattia con medicine sviluppate per altre malattie? Con cosa bisognava curare le persone altrimenti? Tra l’altro, i farmaci off-label si usano tutti i giorni, solo che per qualche strano motivo farlo con il Covid-19 è una cosa borderline.

                Che poi che vuol dire, off-label? Nel contesto pandemico, vuol dire un farmaco per cui non è stato fatto il fantomatico studio clinico randomizzato a doppio cieco, il che ci porta all’altra grande questione sollevata dall’assistenza domiciliare/precoce: il ruolo dell’Evidence Based Medicine, tanto cara ai pasradan del virocentrismo vaccinofilo.

                A parte il fatto che la storia di questi vaccini ha ampiamente dimostrato quanto il concetto di “Evidence Based” sia elastico quando fa comodo, mi sembra ovvio che dei medici di base in piena prima ondata non avevano nè i mezzi nè il tempo di farli, e nemmeno il cinismo di non curare metà dei loro pazienti per fare il gruppo di controllo. Fare uno studio clinico randomizzato a doppio cieco costa una marea di soldi, richiede tempo e risorse, ed è praticamente impossibile senza una casa farmaceutica che ci investa sopra. How convenient.

                • Beh, vi leggo con veramente molto interesse.
                  Sarebbe interessante fare un gruppo focus sull’argomento.
                  Nella giornata di oggi, ho passato un po’ di tempo sulla rete a tentare di capire cosa sia questo Eual.
                  Se ad oggi, molti anche qui su Giap possono dichiarare di essere vaccinati, o non vaccinati, lo devono in un certo senso a questo documento.
                  Se è vero che esiste una carta dei diritti universali dell’uomo della donna ed lgbtq, aggiungerei, così forse è vero che Eual è la carta che sancisce l’esistenza dei vaccini odierni per il Covid. Eual è un documento del Who, ovvero dell’Oms.
                  La prima cosa che salta agli occhi quindi in questo senso è che, frugando nella stampa e nella rete in line (non frequento social e TV ma non credo le cose siano lì molto diverse), in questi quasi due anni di Covid, di esso se ne parli pochissimo. Quasi per niente.
                  Ho trovato un pugno di articoli, eccettuati quelli ufficiali OMS, alcune interviste, e, devo dire effettivamente con mio rammarico, per lo più intorno alla galassia sovranista.
                  Credo che la sinistra dovrà prima o poi fare i conti con questo discorso, che effettivamente parrebbe volutamente sottaciuto, ma questa è una mia opinione personale, e forse un giorno sarà chiamata a giustificare questo silenzio.
                  La prima cosa che risulta, è che il discorso off label, è chiaramente una conditio sine qua non per procedere coi vaccini emergenziali:
                  “I prodotti esistenti non hanno avuto successo nell’eradicare la malattia o prevenire le epidemie”
                  Questa una delle condizioni per vaccini e terapie emergenziali, dalle quali discendono logicamente due eventi, dei quali il primo riguarda l’ultimo ragionamento di Henryk G.:
                  -i vaccini ed i farmaci esistenti sono stati testati per la patologia in esame, quindi giustifica, o forse meglio richiede, una verifica di efficacia dei farmaci off label;
                  – è dimostrato che essi, in ogni caso, non siano efficenti nel contrastarla.
                  Questa è appunto una delle “condizioni di esistenza” dei vaccini e terapie sperimentali (su questo forse si aprirebbe un altro capitolo, ma se è vero che si stanno ancora sperimentando sui minori, allora mi pare vero che essi siano ancora sperimentali) emergenziali, quali terapia Merck e vaccini Covid.

                  Il testo citato è quello tratto dal sito del Who di quello che pare essere un “estratto ufficiale” del documento (e tradotto col Google translate):

                  https://www.who.int/teams/regulation-prequalification/eul

                  • 2. Il concetto di egemonia culturale gramsciano, applicato a questo contesto da Henryk G., meriterebbe forse di essere approfondito e tematizzato rispetto l’argomento in questione, può apparire un discorso forse ridondante, ma esso riguarda cmq, che lo si voglia o no, ad oggi, più di 46 milioni di persone vaccinate con una o due dosi solo nel nostro paese.
                    Anche per questo motivo, cito il documento da me reperito per esteso:

                    “Elenco per uso di emergenza
                    L’OMS Emergency Use Listing Procedure (EUL) è una procedura basata sul rischio per valutare ed elencare vaccini, terapie e diagnostica in vitro non autorizzati con l’obiettivo finale di accelerare la disponibilità di questi prodotti per le persone colpite da un’emergenza sanitaria pubblica. Ciò aiuterà le agenzie di approvvigionamento delle Nazioni Unite e gli Stati membri interessati a determinare l’accettabilità dell’uso di prodotti specifici, sulla base di un insieme essenziale di dati disponibili su qualità, sicurezza, efficacia e prestazioni.

                    La procedura è uno strumento fondamentale per le aziende che desiderano sottoporre i propri prodotti all’utilizzo durante le emergenze sanitarie.

                    Idoneità dei prodotti candidati
                    L’EUL riguarda tre flussi di prodotti (vaccini, terapeutici e diagnostica in vitro), ciascuno dei quali ha requisiti specifici affinché i prodotti siano ammissibili alla valutazione secondo la procedura EUL.

                    Devono essere soddisfatti i seguenti criteri:

                    -La malattia a cui è destinato il prodotto è grave o immediatamente pericolosa per la vita, ha il potenziale di causare un focolaio, un’epidemia o una pandemia ed è ragionevole considerare il prodotto per una valutazione EUL, ad esempio, non ci sono prodotti autorizzati per l’indicazione o per una sottopopolazione critica (es. bambini);
                    -I prodotti esistenti non hanno avuto successo nell’eradicare la malattia o prevenire le epidemie (nel caso di vaccini e medicinali);
                    -Il prodotto è fabbricato nel rispetto delle attuali Good Manufacturing Practices (GMP) nel caso di medicinali e vaccini e nell’ambito di un funzionale Sistema di Gestione della Qualità (QMS) nel caso di IVD; e
                    -Il richiedente si impegna a completare lo sviluppo del prodotto (validazione e verifica del prodotto in caso di IVD) ea richiedere la prequalifica dell’OMS una volta che il prodotto è stato concesso in licenza.”

                • “Sul “negazionismo fluidodinamico” che ignora gli argini ti citerò!”

                  In realtà io intendevo il contrario. L’etichetta toccherebbe a chi nega che l’acqua possa salire all’infinito, ovvero che gli argini siano del tutto ininfluenti.

                  “Fare uno studio clinico randomizzato a doppio cieco costa una marea di soldi, richiede tempo e risorse, ed è praticamente impossibile senza una casa farmaceutica che ci investa sopra. How convenient.”

                  Su questa strada non posso seguirti. Tutti i farmaci usati da quei medici sono stati approvati con le stesse regole. E sono prodotti dalle stesse case farmaceutiche che producono i vaccini. Letteralmente le stesse, ad esempio nel caso dello Zitromax.

                  Non riesco a trovare credibile questa rappresentazione del sistema che nega il diritto a usare vecchi farmaci in modo alternativo, per poterne vendere di nuovi.

                  • 1/3
                    Mi scuso per la serie di ben tre commenti troppo lunghi su questi argomenti proibiti, sto scrivendo un articolo al riguardo, ma adesso torno a raccogliere le olive e la smetto. Era colpa della pioggia.

                    Secondo me è difficile dire che “tutti i farmaci sono stati approvati con le stesse regole”, e la storia è piena di farmaci approvati e poi ritirati e poi magari riapprovati – il metodo scientifico funziona così, le regole si evolvono e qualsiasi studio può essere ribaltato dopo.

                    Neanche io trovo credibile una rappresentazione del sistema che nega il diritto a usare vecchi farmaci per vendere di nuovi, o che ci sia “un” sistema, o che le case farmaceutiche ne siano gli unici attori. L’OMS, Trump o Andrea Capocci non vendono farmaci, e non sono nemmeno loro a fare gli studi scientifici, o a decidere su cosa farli, come farli, quando farli, se pubblicarli oppure no, oppure a quali studi pubblicati dare importanza e a quali no.

                    Una ricerca sul “Covid-19” su google scholar produce più di 450.000 studi, e incrociando altri database si arriva a numeri molto più alti. Di questi almeno 2.100 parlano per esempio dell’idrossiclorochina. Alcuni dicono che non funziona, altri che funziona, e altri ancora che non si può capire. E questo solo tra gli studi pubblicati in inglese.

                    Ci sono studi che provano tutto e il contrario di tutto, persino che il cibo biologico fa più male del convenzionale. E’ molto raro (se non impossibile?) che tutti gli scienziati dicano la stessa cosa, specialmente su un nuovo virus.

                    La progettazione, la conduzione e la pubblicazione – o la decisione di non fare queste cose, o di farne alcune in modo diverso – di uno studio portano con sé dei bias pazzeschi, e non è un mistero che non si riesce a replicare più della metà degli studi pubblicati (la cosiddetta “replication crisis”).

                    Tutto ciò diventa inevitabilmente più “complicato” quando ci si avvicina al potere e ai soldi, e basta pensare alle diatribe sul riscaldamento globale o l’anatomia dei “soggetti delinquenti”. Si è detto tutto e il contrario di tutto.

                    Pensare che il fine ultimo di tutto questo vastissimo circo sia vendere vaccini contro il Covid-19 (o questo o quell’altro farmaco) è assurdo, talmente assurdo che, secondo me, chi lo dice sta in realtà cercando di dire qualcos’altro.

                  • 2/3
                    Detto ciò, secondo me è ugualmente assurdo pensare che il suo unico obiettivo sia proteggere la salute del maggior numero di persone possibile, al più basso costo possibile, nel miglior modo possibile e nel più breve tempo possibile, o che ci sia un unico modo di raggiungere questi obiettivi.

                    Le cose sono un po’ più complicate di “facci vedere lo studioh” o “se questo farmaco funzionava ce l’avrebbero fatto usare”, che poi è l’argomento di fondo della maggioranza delle persone con cui parlo delle terapie domiciliari/precoci quando la discussione inevitabilmente si sposta sul tema dei farmaci off-label o dell’idrossiclorochina – nonostante tutti gli sforzi di parlare invece di sanità territoriale, di USCA, di rapporto tra medico e paziente, di Evidence Based Medicine, e di tante altre cose infinitamente più interessanti e “strategiche” di questo o quel farmaco o vaccino, che secondo me sono semplicemente “tattiche”.

                    Perchè si va sempre a finire ai farmaci off-label e le case farmaceutiche? Questo trend esisteva già prima della pandemia, che l’ha accelerato in maniera spaventosa, al punto che ormai si parla semplicemente di farmaci o di “interventi non-farmacologici”. Ma l’avete letto Foucault? Dove stanno i riferimenti alle case farmaceutiche in La Nascita della Clinica?

                    Ed è uguale ovunque: la maggioranza dei seguaci delle terapie domiciliari/precoci sono assolutamente convinti che il fine ultimo del “sistema” sia stato vietare l’idrossiclorochina (o l’ivermectina, o i FANS, o qualcos’altro) per permettere l’autorizzazione di emergenza dei vaccini a cui si riferisce Lana. L’intero apparato scientifico, culturale e politico del mondo occidentale mobilitato per portare all’approvazione dei vaccini contro il Covid-19, nascondendo prove, facendo suicidare gente e lasciando morire migliaia di malati.

                    Tutti gli altri invece sono convinti che non c’è assolutamente nessun “farmaco off-label” che avrebbe aiutato quei malati, nemmeno uno, e che tutti questi medici e tutti questi pazienti abbiano passato un anno a far finta di fare le terapie domiciliari/precoci perchè in realtà sono dei novax che volevano screditare i vaccini, fin dal febbraio del 2020.

                    Io personalmente trovo entrambe le posizioni abbastanza ridicole, e non riesco veramente a capire l’ossessione per questo o quel farmaco, o cosa c’entri il vaccino, o perchè si parli sempre in termini di soluzioni singole che si escludono a vicenda – anzi, il cui vero fine ultimo è eliminarsi a vicenda.

                  • 3/3
                    Chi ha avuto problemi seri di salute conosce fin troppo bene il labirinto terrificante di diagnosi, esami e terapie diverse dagli esiti incerti proposte da i vari medici a cui ci si rivolge cercando di capire cosa ci sta succedendo.

                    Potete immaginare quante diagnosi e quanti “protocolli” ci siano state per una malattia come il Covid che ha colpito milioni di persone di età diverse in condizioni diverse in continenti diversi in tempi diversi. Milioni di terapie, decisioni individuali, calcoli di rischi e benefici, pezze, tentativi e via dicendo. Come si fa a pensare che in ognuno di questi casi il vaccino “sarebbe stato meglio”, o che bastava dargli questo farmaco e si risolveva tutto, oppure che in nessun caso quel farmaco sarebbe stato utile?

                    Sempre personalmente, io quando penso al lavoro di un medico non penso ai farmaci. Quello che mi viene in mente è lo stetoscopio (no?), e poi il bagaglio di conoscenze di quel medico, tutte le cose che gli hanno insegnato e pure quelle che non gli hanno insegnato. Le cose che sa, quelle che sa di non sapere, quelle che non sa di non sapere, e il perchè di tutte queste cose.

                    E’ inutile parlare di che fine abbiano fatto gli stetoscopi – tanto utili nel diagnosticare le polmoniti prima che diventino pericolose – durante questa pandemia. Ma come si fa a ridurre tutto a “terapie domiciliari/precoci vs. vaccino”, o a dire “i farmaci off-label non servono”?

                    A questo punto partivo con una disanima del modo e dei vari motivi per cui ci si è tanto accaniti sull’idrossiclorochina, ma so che quello è veramente un argomento taboo e ho scritto troppo, quindi l’ho cancellata. La conclusione era questa:

                    Nessuno dei medici che hanno fatto assistenza domiciliare/precoce ha mai parlato di “un” farmaco, e questo perché secondo loro il Covid non è “una” malattia che si risolve con “un” farmaco, ma un insieme di sintomatologie diverse che hanno evoluzioni diverse in persone diverse che a loro volta già soffrono di patologie diverse con cui il Covid si interseca, creando quella che chiamiamo una “sindemia”.

                    Gli unici ad aver veramente detto che l’idrossiclorochina era la soluzione alla pandemia erano Trump e Bolsonaro, che poi è la vera ragione per cui a questo farmaco è stata dichiarata guerra, e il motivo per cui l’hanno fatto era lo stesso di quelli che adesso ci stanno vendendo il vaccino come unica soluzione: oscurare le vere ragioni per cui la gente stava morendo, e rimanere al potere.

                  • @Henryk Goldszmit

                    In linea di principio io sono d’accordo con quasi tutto quello che dici e la cosa è documentata in tanti commenti che ho lasciato qui su Giap in questi mesi. Coi limiti della mia mancanza di cultura e di padronanza del linguaggio che purtroppo spesso mi impediscono di allargare ed elevare i discorsi.

                    Penso anche – notare la scelta di non usare un’avversativa – che se si parte correttamente dal presupposto che non esista alcuna “volontà di…” alla base di determinati orientamenti sistemici, la critica debba essere molto attenta a non scivolare verso registri ambigui. Per questo scelgo di fermarmi quando avverto il rischio di far rientrare dalla finestra quello che si è fatto uscire dalla porta.

                    La mia non voleva essere un’accusa di complottismo facilone. Né stavo semplificando all’opposto. Mi scuso per la sintesi estrema, ma stavo per andare a dormire dopo aver fatto il turno di notte.

                    In ogni caso, quando dico che quei farmaci sono approvati con le stesse regole, sto semplicemente dicendo che non sono privi del “peccato originale” che hanno tutti gli altri – che poi è sostanzialmente il capitalismo – a meno che la chiave non sia proprio l’uso diverso da quello indicato. Ma non credo che stiamo parlando di détournement clinico e medicina situazionista.

                  • @Isver
                    chiedo scusa se sono stato aggressivo, troppo prolisso o se ti ho fatto diventare lo straw man vaccinofilo del mio discorso, non era la mia intenzione.

                    “In ogni caso, quando dico che quei farmaci sono approvati con le stesse regole, sto semplicemente dicendo che non sono privi del “peccato originale” che hanno tutti gli altri – che poi è sostanzialmente il capitalismo – a meno che la chiave non sia proprio l’uso diverso da quello indicato. Ma non credo che stiamo parlando di détournement clinico e medicina situazionista.”

                    beh si, la chiave è proprio l’uso diverso da quello indicato – è quello l’uso off-label, no? Non mi è ben chiaro cosa intendi con “détournement clinico”, stiamo parlando di medici che hanno provato a tenere gente in vita con quello che avevano a disposizione.

                    Uno dei punti secondo me è che i farmaci non hanno un “peccato originale capitalista”, non più di una persona nata in un sistema capitalista, e non appartengono al capitalismo. I principi attivi su cui si basano vengono dal mondo naturale, gli esseri umani li hanno usati per migliaia di anni, e il sistema capitalista se ne è appropriato attraverso la proprietà intellettuale e la burocrazia degli studi clinici – due apparati che invece il “peccato originale capitalista” ce l’hanno eccome.

                    Sarò un vetero-Foucaltiano, ma secondo me lo “scopo nascosto” della gestione della salute nella società contemporanea (e della gestione della pandemia) è biopolitico: articolare e favorire l’emergenza di un certo tipo di soggetto umano, che può essere “docile”, “produttivo”, “conforme” o qualsiasi altra cosa è funzionale al sistema in quel momento.

                    Un buon modo di far ciò e controllare i modi in cui viene gestita la salute fisica di questo soggetto, magari controllando sia la definizione di cosa costituisce una minaccia a questa salute fisica, che regolamentando i modi in cui gestire questa minaccia.

                    Capite che un medico che fa di testa sua, che si mette a fare troppe domande sullo stato di salute del paziente, e che magari gli mette cattive in testa proponendo modi diversi di gestire la propria salute è una seria minaccia a tutto ciò.

                    Questa è la funzione della “Evidence Based Medicine”: alzare un muro attorno al dibattito su come gestire la salute umana, e tagliare fuori chiunque non è in grado di tirare su uno studio clinico randomizzato a doppio cieco – o di far finta di farlo, com’è successo tantissime volte.

                  • “beh si, la chiave è proprio l’uso diverso da quello indicato – è quello l’uso off-label, no? Non mi è ben chiaro cosa intendi con “détournement clinico”, stiamo parlando di medici che hanno provato a tenere gente in vita con quello che avevano a disposizione.”

                    Semplifico in modo estremo, ma vale tutto quello che è già stato detto. Intendo che quei farmaci non possono essere diventati “buoni” nel momento in cui si è deciso di usarli per uno scopo diverso da quello per cui erano stati approvati, e soprattutto non _in virtù_ del fatto di usarli per uno scopo diverso, come se si trattasse di far rivoltare la medicina “cattiva” contro se stessa. Danneggiandola economicamente, in questo caso.

                    Questo, ovviamente, non c’entra niente con quello che dici tu. E infatti io l’avevo escluso.

                    Quanto al “peccato originale”, era semplicemente un modo per riassumere in un concetto tutto il discorso su come il modo di produzione capitalistico influenza ogni singolo passaggio del processo che porta dalla ricerca di base all’approvazione di un farmaco. I principi attivi in sé – anche quelli di sintesi, che poi sono la maggior parte – ovviamente non hanno alcuna colpa.

                    Non hanno nessuna colpa neanche i farmaci, se è per questo. I farmaci, se funzionano, funzionano. Se non funzionano, non funzionano. Ed è qui che entra in gioco l’evidenza, la misurabilità dell’efficacia. Poi si può discutere finché si vuole del significato e del ruolo dell’evidenza nella medicina. Ma se parliamo di farmaci, e nel discorso di quei medici i farmaci sono comunque centrali – questo è il mio punto – mettere in discussione il principio dell’evidenza e/o il modo in cui si declina in pratica, non significa mettere in discussione un approccio terapeutico o una filosofia di cura. Significa prendere una scorciatoia. Che, come ho detto, in totale emergenza va bene, ma poi ci vogliono gli studi a supporto.

                  • 1/3
                    Caro @Isver, spero di non perseguitarti con il mio botta e risposta, e di non abusare dell’ospitalità dei Wu Ming squottando il blog con la mia crociata contro la EBM. Secondo me è roba importante, e nelle campagne dove mi trovo non c’è molta gente con cui parlarne. Mi permetto di continuare ad essere prolisso e pure un filino provocatorio, sperando nella vostra comprensione. Ditemelo se sto esagerando, o se sto dicendo corbellerie.

                    Non riesco proprio a capire quest’ossessione per la somministrazione di farmaci, non ci arrivo proprio e un po’ mi fa pensare al ministro tedesco che l’altro giorno diceva “le terapie intensive sono piene, aumentiamo immediatamente le terze dosi!”

                    L’idea che ci sia “un patogeno” che automaticamente causa “una malattia” che altrettanto automaticamente va curata con “dei farmaci” o prevenuta con “i vaccini”- che o “funzionano” o “non funzionano” e la cui efficacia è soggetta a “misurabilità” – è completamente egemonica al momento, al punto che ormai si parla solo di alzare dosaggi.

                    Questo secondo me è uno dei processi biopolitici a cui mi riferivo: creare una popolazione di soggetti che hanno allo stesso tempo paura del patogeno mortale – se mi contagio, o se in giro ci sono troppi ragazzini, mi ammalo e muoio – e una fiducia sconfinata nelle soluzioni proposta dal sistema: prendo questa pillola, o mi faccio vaccinare X volte, non mi ammalo e vivo nel migliore dei mondi possibili.

                    Penso che siamo tutti familiari con gli esaltati che sembrano aver risolto tutti i loro problemi facendosi due iniezioni. Quanto li invidio, mentre io vivo nella paura del cancro, e di volare.

                    Anche perché per il mio futuro cancro il farmaco magico non c’è, e nemmeno un vaccino per prevenirlo, eppure non chiamo gli sbirri ogni volta che il mio vicino spruzza pesticidi che potrebbero farmi ammalare, e nemmeno pretendo misure restrittive contro quelli la cui libertà di utilizzare pentole di acciaio infrange la mia libertà di sopravvivere a pochi chilometri dall’acciaieria di Taranto.

                    E quindi con la mia paura che faccio? Faccio quello che si è sempre fatto fino al febbraio del 2020, e cioè ho fiducia nei medici.

                  • 2/3
                    Se mi ammalo di cancro non cerco un farmaco, cerco un buon medico. E se ne cerco tre, è possibile che mi propongano tre terapie diverse. E nello scegliere quale seguire, di certo non mi metto a chiedere lo studio clinico randomizzato a doppio cieco, specialmente se il mio cancro è nuovo o raro e gli studi semplicemente non ci sono.

                    Di sta roba prima del Covid-19 se ne parlava a malapena, ed è pazzesco come un elemento veramente specifico – e già abbondantemente sputtanato – del metodo scientifico come il “peer-reviewed study” sia diventato in così poco tempo il sacro graal della conoscenza, della medicina, e pure della politica. Perché come dici tu alla fine del tuo commento, “poi ci vogliono gli studi a supporto”.

                    E mentre gli studi sono sacri, il lavoro dei medici che hanno curato il Covid-19 dall’inizio della pandemia è stato descritto tra i commenti di questo sito come “procedere sostanzialmente a sentimento”, “uso alla speraindio di farmaci esistenti”, o “prendere una scorciatoia”.

                    Ma voi cosa pensate si sia fatto nelle terapie intensive fino ad adesso? Che si siano tirate monetine per decidere che farmaci somministrare, o che non si sia fatto niente in attesa “degli studi” o “del vaccino” o dell’antivirale della Merck? E le USCA cosa hanno fatto fino ad ora? E i medici delle cosiddette “terapie domiciliari/precoci”? Erano tutte balle?

                    Stiamo parlando di gente che ha studiato per anni, e che cura pazienti tutti i giorni. Tra i medici delle terapie domiciliari/precoci, e tra quelli che si sono sbattuti per le USCA e tutti gli altri che hanno provato a curare il Covid-19, ci sono primari e medici con decenni di esperienza. E’ un po’ troppo per parlare di “scorciatoie”, non trovate?

                    Ma se voi vi foste ammalati seriamente e uno di questi medici si fosse offerto di curarvi, voi cosa avreste fatto? Avreste risposto “no grazie, questo è un nuovo patogeno e aspetto il vaccino, mica prendo scorciatoie io, e comunque per i farmaci off-label voglio vedere lo studio”?

                    La maggior parte della gente che si è ammalata seriamente di Covid-19 non è morta, e quindi o crediamo che la mortalità sia stata completamente random, o accettiamo che il Covid-19 in qualche modo è stato curato, e quindi che qualche farmaco off-label deve aver funzionato, con o senza studio.

                  • 3/3
                    E se accettiamo che qualcuno è stato curato, è lecito domandarsi cosa sarebbe successo se fossero state curate più persone, o in maniera più efficiente, o più diffusa sul territorio, o più precocemente, eccetera eccetera – ed ecco che stiamo già affrontando il problema in maniera completamente diversa, non stiamo più parlando solo del virus ma invece di fondi alla sanità da aumentare, di precari da stabilizzare, di ambulatori e presidi sanitari da riaprire, delle USCA, della casta dei medici di famiglia, dello stato di salute della popolazione, del numero chiuso a medicina e di tantissime altre cose che io trovo infinitamente più importanti del green pass o dei tamponi ai vaccinati piuttosto che ai non vaccinati.

                    Il vaccino è altrettanto importante, ma mi risolve un problema solo, e la cosa finisce più o meno là – quarta/quinta/sesta dose permettendo, e fino alla prossima pandemia o la prossima variante.

                    Tutte le altre cose di cui ho parlato invece di problemi ne risolvono tantissimi, anche di quelli futuri, e contribuiscono a creare una società migliore, favorendo l’emergenza di soggetti più sani, più protetti e più liberi – sopratutto dalla paura. E’ un tipo diverso di biopolitica, insomma.

                    Faccio veramente fatica a vedere la dicotomia tra cura e vaccino, e anche a capire perchè questo aspetto della pandemia sia stato completamente ignorato, in un certo senso anche dai frequentatori di questo sito, che secondo me ogni tanto l’hanno liquidato un po’ troppo facilmente come “chiacchere e idrossiclorochina”.

                    Ma come abbiamo imparato sempre su questo sito, uno degli obiettivi di tutta sta faccenda era proprio questo: nascondere i problemi veri e permettere lo scambio spettacolare tra quello che doveva fare lo Stato e quello che dovevamo fare noi.

                    Solo che non riesco nemmeno a capire perché la nostra idea di quello “che doveva fare lo Stato” sembra limitarsi alla zona rossa in Val Seriana, i tamponi gratuiti, i vaccini non-obbligatori senza brevetti, i trasporti pubblici potenziati e le aule scolastiche meno affollate – guardacaso tutta roba che riguarda la prevenzione dei contagi. La cura dei già contagiati invece sembra interessarci molto meno, e su quella diventiamo all’improvviso scientisti Burioniani pure noi.

                  • «Intendo che quei farmaci non possono essere diventati “buoni” nel momento in cui si è deciso di usarli per uno scopo diverso da quello per cui erano stati approvati, e soprattutto non _in virtù_ del fatto di usarli per uno scopo diverso, come se si trattasse di far rivoltare la medicina “cattiva” contro se stessa. Danneggiandola economicamente, in questo caso.»

                    Scusate se mi aggiungo al dialogo, ma solo per dire che sul discorso dei farmaci off-label si rischa di farla troppo “difficile”, troppo “dietrologica” o complicata.

                    Io la prenderei più “easy”, i principi attivi ovviamente non hanno scopi (PS: non la sto attribuendo a nessuno questa affermazione, eh), solo effetti sulla nostra fisiologia e eventualmente su quella dei patogeni (es. antibiotici). Effetti anche molto diversificati, inattesi, non voluti, come si vede leggendo qualsiasi bugiardino.

                    Quindi ci sta che un farmaco che normalmente viene usato per un certo scopo, visti i suoi effetti fisiologici possa anche essere usato per uno scopo secondario o diverso, specie in emergenza, per sfruttare quegli effetti a nostro vantaggio.

                    A proposito di effetti, sapete tutti la storia del viagra, farmaco il cui sviluppo era iniziato per problemi cardiaci e circolatori e il cui effetto “collaterale” è stato talmente significativo da dirottare persino lo scopo originario del farmaco.

                  • @Henryk Goldszmit

                    Rispondo solo su un punto, che secondo me, ripeto, è quello centrale. Sulle cose che provocatoriamente associ alla mia posizione, ho già “risposto” in tutti i commenti in cui ho parlato di queste cose. Come ho detto più volte ad altri, non ha senso ricomiciare tutte le volte da zero la discussione. Né sul virus, né sul vaccino, né sulle terapie e la sanità.

                    “La maggior parte della gente che si è ammalata seriamente di Covid-19 non è morta, e quindi o crediamo che la mortalità sia stata completamente random, o accettiamo che il Covid-19 in qualche modo è stato curato, e quindi che qualche farmaco off-label deve aver funzionato, con o senza studio.”

                    No, mi dispiace. Quest’impostazione per me è irricevibile e dovrebbero essere in primis i medici seri a rifiutarla. La maggior parte dei malati di Covid guarisce comunque, farmaci o non farmaci. E anche per definire seria la malattia, ci vogliono comunque criteri il più possibile oggettivi. Altrimenti rischiamo di gonfiare artatamente le statistiche farlocche di qualunque ciarlatano bravo solo nelle pubbliche relazioni e a salvare chi rischia poco o niente.

                    Sulla valutazione del caso clinico e dell’opportunità della somministrazione di un farmaco, è chiaro che a contare sia il medico. Ma per la valutazione del farmaco, servono dati solidi e incontrovertibili. Nei limiti dei protocolli e delle condizioni in cui si applicano, certo. Mettere in discussione i protocolli è sempre legittimo. Saltarli a piedi pari, però, non può esserlo se non in emergenza.

                    • “La maggior parte dei malati di Covid guarisce comunque, farmaci o non farmaci”.

                      Esatto. Io stesso ho avuto il Covid e, come la stragrande maggioranza di chi lo ha avuto, sono guarito senza prender nulla. E anche di questo avevamo già discusso: del fatto che incentrare il discorso sulle cure fa sembrare che se ti becchi il Covid o tiri le cuoia o ti salvi in extremis in terapia intensiva o ti salvi perché qualcuno ti ha curato “disobbedendo”. Quartum non datur. Scompaiamo tutti noi a cui non è successo nulla di tutto ciò, col risultato di sbilanciare la narrazione e assecondare la logica dell’emergenza.

                  • @Isver
                    mi permetto di continuare il botta e risposta, ma cercando di essere più stringato.

                    1) Non ti si riesce proprio a schiodare dai farmaci :)

                    2) “Mettere in discussione i protocolli è sempre legittimo. Saltarli a piedi pari, però, non può esserlo se non in emergenza”

                    E noi di un’emergenza stiamo parlando, no?

                    3) “La maggior parte dei malati di Covid guarisce comunque, farmaci o non farmaci.”

                    A parte il fatto che questo argomento salta fuori quasi solo quando si parla di curarlo, il Covid, e quasi mai quando si parla di prevenirlo, mi sa che dopo aver decostruito il concetto di “malattia”, bisogna pure deconstruire un po’ quello di “guarigione”.

                    Si, la maggior parte dei malati seri di Covid abbandonati a casa a “tachipirina e vigile attesa” e poi portati in terapia intensiva quando stavano soffocando è sopravvissuta, farmaci o non farmaci. Ma a prezzo di mesi e mesi di malattia e di terapia intensiva – che poi si intasa – e adesso ci ritroviamo con milioni di malati di Long Covid che peseranno sui sistemi sanitari per decenni.

                    Lasciando stare il ginepraio ideologico/politico/scientifico che si nasconde dietro il “Long Covid”, a detta di chi sul Covid-19 ci ha lavorato in prima persona (e di migliaia di paper scientifici), il Long Covid altro non è che gli effetti a lungo termine (comuni a molte malattie virali) della permanenza troppo prolungata del virus nel corpo umano, che è decisamente un problema se il malato prima lo ignori – prescrivendogli la tachipirina così si abbassa la febbre e rompe meno le palle sullo stato della sanità territoriale – e poi semplicemente lo intubi sperando che “guarisca comunque”, o comunque se provi a curarlo all’ultimo momento, quando il virus ha già fatto danni pazzeschi.

                    Questo è uno dei punti principali dell’aspetto “precoce” delle tanto vituperate terapie domiciliari/precoci.

                    4) Non riesco a non notare come il tuo discorso biopolitico generi immediatamente dei “ciarlatani bravi solo nelle pubbliche relazioni”, e quindi automaticamente dei “non-ciarlatani che sono bravi davvero”. Sul dare dei ciarlatani a gente che ha curato gratis migliaia di persone, prendendo anche dei rischi personali non indifferenti, non mi esprimo.

                    5) Spero che mi perdoni il tono confrontazionale, e per le cose che ho provocatoriamente associato alla tua posizione. La controparte non sei tu, e sto solo cercando di argomentare dei concetti. Sarete d’accordo con me che, in alcuni casi, lo straw man ha la sua utilità discorsiva.

                  • @Henryk Goldszmit

                    Il punto qui non è l’utilità dello straw man, ma di una discussione “frattale” dove ogni frase diventa pretesto per ricominciarla da zero negli stessi termini, come dicevo. A prescindere dal relativo fastidio che può darmi il fatto che selezioni delle _mie_ frasi per distorcere il _mio_ discorso, ignorando i paletti che metto per evitare proprio certi equivoci.

                    Anche la mia risposta potrebbe tranquillamente essere un “vedi sopra”. Ma volendo svilupparlo, dico che parlerò di farmaci finché la discussione riguarderà la curabilità del Covid con i farmaci esistenti, e non con la cristalloterapia. Questo in una situazione che, per ricalcare lo schema della tua argomentazione, è di emergenza se si tratta di giustificare l’uso off-label dei farmaci esistenti, ma non è più di emergenza se si tratta di giustificare l’autorizzazione dei vaccini (perché si possono usare off-label i farmaci esistenti, in virtù dell’emergenza… che non c’è). Così ripropongo anche questa contrapposizione che tu rifiuti e io pure, ma che per qualche motivo pare ci sentiamo obbligati a tirare in ballo in una discussione tra te e me, illudendoci che sia utile a qualcuno. O forse solo perché ci dobbiamo sfogare dopo aver sentito e letto troppe stronzate.

                  • “Il punto qui non è l’utilità dello straw man, ma di una discussione “frattale” dove ogni frase diventa pretesto per ricominciarla da zero negli stessi termini”

                    Pur senza tirare in ballo la cristalloterapia, ieri sera a cena mi è stato detta una cosa molto simile a questa, il che vuol dire che è vero, ed è una delle tante cose tossiche che faccio spesso, come selezionare frasi per ri-creare il discorso che voglio attaccare. Ammetto di essere quasi sempre più interessato a quello che voglio sostenere io, invece che a quello che mi si sta provando a dire, o che si sta dicendo attorno a me – come nel caso del tema di questo thread, che non è assolutamente la cura del Covid. Chiedo scusa.

                    Tutto ciò è peggiorato in maniera spaventosa dall’inizio della sinpandepidemia, che io subisco particolarmente a causa della mio background professionale in socio-patologia – di solito mi occupo di Xylella – e della mia dipendenza dal sentire e leggere troppe stronzate, anche motivata dal mio profondo malessere mascherato da ricerca giornalistica e antropologica.

                    Ho fatto un sacco di interviste fin da marzo 2020, e quello che scrivo qua è più o meno basato su quello che un certo numero di persone mi ha detto, con la speranza di farne una pubblicazione cartacea prima o poi. Questo lo aggiungo per provare a spiegare da dove vengono le cose che scrivo, non essendo io un esperto in nessuno di questi campi. Io sono un anarchico disoccupato laureato in storia del medio oriente.

  107. In attesa delle prossime puntate, anche immaginando che ne siate tutti comunque informati, segnalo che questa settimana l’accelerazione sulla “criminalizzazione” e “patologizzazione” del dissenso è stata significativa.

    Si dà per scontato che i focolai Covid comparsi a trieste siano dovuti alle manifestazioni di piazza (l’idea dei focolai all’aperto resta molto radicata) e non, magari, al trasporto pubblico (come sostiene Puzzer) o ad altre occasioni di assembramento e di contatto che ci sono state.
    Ieri sera Formigli, oltre a presentare un servizio di fanpage dove venivano intervistati, fra i medici vaccinoscettici presenti alle manifestazioni, tutti i più fricchettoni e new-age più esagerati, così oscurando e equiparando a questi qualunque altra argomentazione critica (cfr il discorso su Doshi dell’altro giorno), chiedeva se non sia il caso di dare un’ulteriore stretta a “questi no-vax”.

    A tal proposito, parlando di “lockdown” selettivo per i no-vax, mi facevano notare che per un non vaccinato il “lockdown” selettivo c’è già, dal momento che in pochi si sottoporrebbero a un ulteriore tampone il venerdì sera per uscire e andare a museo o ristorante, e anzi ce ne stiamo tutti tranquillamente a casa già adesso visto che i soldi e il naso li spendiamo già per lavorare.

    Come se non bastasse sono andato a farmi un giro su sito gossipparo che è una delle punte di diamante del virocentrismo, della colpevolizzazione e della demonizzazione di chi non si è vaccinato e l’insieme di “notizie” raggruppato è stato veramente demoralizzante:

    1 – peana del Governatore Leghista contro i portuali e i manifestanti che avrebbero fatto scoppiare i focolai a Trieste (vedi sopra, ma questo è per dire a quanti situano più o meno a destra le manifestazioni e i manifestanti da una parte e più o meno a sinistra “scientifica” il governo dall’altra che forse non hanno capito qualcosa…)

    2 – sentenza di un tribunale nell’ambito di una causa di divorzio in cui il padre non voleva vaccinare il figlio 12 enne e la madre si. Da quanto ho letto il tribunale ha dato ragione (e la potestà sull’argomento) alla madre, perché il padre, pur avendo argomentato in modo razionale e “moderato” i propri dubbi legittimi costi/ benefici per il figlio, non era vaccinato (e quindi, interpreto io magari sbagliando – interpretazione di interpretazione giornalistica – coi i fatti contraddiceva la ragionevolezza di cui sopra? Il fatto di non essere vaccinato è indice di? Cosa? Irrazionalità, stupidità? fanatismo?)

    • Bisogna mantenere calma, lucidità e pazienza. Le abbiamo mantenute a marzo e aprile del 2020, quando eravamo tra i pochissimi (ma proprio pochissimi) a mettere in discussione la gestione politica della pandemia e le narrazioni tossiche che la giustificavano. A maggior ragione dobbiamo e possiamo mantenerle ora che non siamo più da soli.

      • Notare che poi, sottotetto, emergono anche delle narrazioni che si discostano da quella maggioritaria, anche se rimangono per lo più sottaciute..

        “In un report, l’Organizzazione mondiale della Sanità evidenzia che l’Europa è l’unico continente con positivi in rialzo e che l’aumento dei casi globali è quindi trainato dall’Europa.”

        “Il virus corre a Est, al confine con l’Italia. E la Slovenia è il maggiore focolaio ad assediare il nostro Paese sul fronte orientale. Pochi vaccinati e casi che impennano a Lubiana e dintorni, dove l’incidenza di test positivi è schizzata al 42%.”
        Queste dal corriere.. ma vi sono vari articoli simili.
        Il porto è, come più volte ricordato nelle cronache più sopra, grande metà di lavoratori frontalieri.
        I controlli del greenpass dei lavoratori spesso è random, ed a capo dell’azienda.

        L’Europa in ogni caso credo sia tra i continenti più vaccinati al mondo.
        Sarebbero appunto da studiare tutte le concause che portano il vecchio continente ad essere spesso trainante nella propagazione di questa pandemia.

  108. Mi accodo a WM1 per l’invito alla calma condividendo una riflessione utile a posizionare con ancora più forza gli individui tipo Formigli & co. nella dimensione macchiettistica e triste che appartiene loro.

    Inizio dalla conclusione: il pennivendolismo giornalistico ha subito un’ulteriore virata verso il marrone cacca, perché per il pennivendolo è cambiato il sistema di reward.

    Durante il Berlusconismo, ad esempio, il feedback del padrone era chiaro e netto, addirittura il padrone stesso all’inizio della sua avventura politica ha cercato di farsi una squadra di pennivendoli che lo sostenessero. Berlusca indirizzava i giornalai con un meccanismo molto semplice fatto di feedback netti: “bravo!” o “comunista!” con conseguenti ricompense e defenestrazioni a seconda del giudizio.

    Oggi il padrone, anche perché è scarsamente identificabile con un singolo “faccione”, è reticente ad abbandonarsi a feedback netti sia positivi che negativi. S’è fatto furbo. Di conseguenza il povero wannabe pennivendolo è spaesato.
    Non ha segni tangibili del tanto agognato Mecenate, non sa chi è, addirittura non sa _se_ c’è.

    Eppure il povero giornalaio intento alla scalata vede attorno a sè persone che lo superano e, si dice, “dovrà esserci qualcosa di più grande”. Ecco così che il padrone assume per lui dei connotati quasi mistici.

    In preda, dunque, al fervore mistico il giornalaio si sceglie un argomento, prende una di due posizioni (tanto tende tutto alla dicotomia) e fa a gara coi suoi rivali/compari a chi la spara più grossa, aspettando di essere toccato dal Signore, aspettando che qualcuno riconosca la forza della sua fede e batta un colpo.

    Non so se vi ricordate di CoContest, la startup italiana in ambito architettura che ha avuto moltissimi, tristi, epigoni anche in altri ambiti.
    Si trattava di una piattaforma dove il consumer poteva sottomere un bisogno tipo “ristrutturazione camera da letto” e il producer, i poveri architetti iscritti alla piattaforma, iniziavano un contest, una gara.
    Alla fine il consumer decideva quale fosse il prospetto “vincitore” e andava avanti con l’architetto autore del prospetto, mentre gli altri “concorrenti” avevano sostanzialmente lavorato per nulla o poco più.

    Ecco. Parenzo, Telese e compagnia briscola sono sta roba qui. Niente per cui infervorarsi troppo.

  109. Sembra che non si riesca a evitare di finire sempre nel loop vaccini vs terapie domiciliari. Visto che non si può evitare, almeno cerchiamo di ridurre il danno (che per me c’è, come sempre accade coi pensieri fissi): invece che di “terapie domiciliari” almeno parliamo di “assistenza domiciliare”, che è un tema generale e preesistente al covid. Chi abbia o abbia avuto figli in età pediatrica, ad esempio, sa bene che i pediatri di libera scelta non visitano mai a casa. Bisogna avvolgere il bambino in una coperta e portarlo in ambulatorio. E non si tratta di cattiveria o pigrizia. Il problema è che ogni pediatra ha un numero di assistiti talmente grande da rendere impossibile l’assistenza a domicilio. Lo stesso vale per i medici di famiglia. Ecco, questo è un tema. Ed è un tema completamente sganciato dal cazzo di vaccino. Da qualunque cazzo di vaccino per qualunque cazzo di malattia.

    A proposito di vaccini, aggiungo una cosa: quando vado a fare lezione ed entro in un’aula con 150 studenti di ingegneria, di cui 20 seduti a terra perché non ci sono abbastanza posti, e magari con le finestre chiuse perché c’è la bora a 100km/h, beh, sono molto contento di essere vaccinato. Sia perché a 51 anni preferirei evitarmi una malattia che può anche far male, sia perché in ogni caso non muoio dalla voglia di farmi quarantene e isolamenti, e magari di accollarli anche ai miei figli. Questo problemino, diciamo così, le “cure domiciliari” non me lo risolverebbero.

    • E questo tema della “burocrazia sanitaria” che ruota attorno al covid è stato secondo me poco trattato in questi quasi 2 anni. Se entriamo in contatto con un positivo magari non ci succede niente, ma il sistema ci impone comunque la quarantena (7 oppure 10 giorni, quando va bene), e la impone anche ai nostri contatti diretti. Per i bambini-ragazzi significa DAD, con tutto quello che comporta. Per non pochi adulti significa tutta una serie di rischi, che vanno dalla contrazione del reddito alla perdita di clienti, quando non del lavoro. Ora, si può anche discutere sulla bontà della misura dell’isolamento, ma questa c’è, non un’altra, anche per questo credo sia meglio cercare di non contagiarsi piuttosto che cercare di curarsi una volta contagiati. E per minimizzare il rischio di contagio, il presidio più efficace finora trovato (escludendo il rimanere tappati in casa che è misura efficacissima) è la vaccinazione. Che magari per qualche milione di persone è inutile dal punto di vista medico (perché giovani e sane, con un sistema immunitario efficiente), ma comunque utile dal punto di vista, diciamo così, socioeconomico.

      • Capisco il senso a cui vuoi arrivare, ma se lo guardi da un altro punto di vista il tuo discorso sembra un po’ mangiarsi la coda..
        Oggi ad esempio sappiamo come aggiustare i femori fratturati, ma non per questo cerchiamo di romperceli, ma facciamo di tutto perché anche gli anziani fragili evitino di cadere (vaccino).
        Così come curiamo la tubercolosi, ma se un paziente vi è affetto lo isoliamo nel momento in cui è studiato essere contagioso.
        Ora il Covid è una nuova patologia.
        L’isolamento è necessario per limitare i contagi, e ben comprendo le misure della prima ora, anzi ne sottolineano, come hanno qui fatto i Wu Ming le contraddizioni (Confindustria, DPI etc..).
        I vaccini sono importantissimi. Ma li abbiamo da meno di un anno.
        È credo legittimo domandarsi oggi, anche alla luce del protocollo Eul sopra citato, se si sia fatto di tutto nel frattempo per cercare terapie off label, come lo stesso doc. sembra indicare, o se si è postulato inderogabilmente che la patologia è incurabile (forse questo ha portato un bias negativo di alcuni ricercatori verso una cura off label?).
        Ad oggi in ogni caso i vaccini li abbiamo ed è sacrosanto utilizzarli. Tenendo le accordezze per un’equa distribuzione globale, aggiungerei, ed in questo senso giusta anche la battaglia sui brevetti.
        In ogni caso è giusto mantenere anche basso l’indice dei contagi con l’isolamento come qualsiasi malattia infettiva, è ovvio che però i costi andrebbero anch’essi redistribuiti collettivamente.
        Non credo che una cosa prescinda l’altra. Così come credo sia legittimo verificare se è stato fatto di tutto per una ricerca sulle cure, perché ancora attuali (eventuale comparsa di mutazione ultra resistente ai vaccini) così bisogna continuare a chiedere un ISS efficace pubblico ed efficiente, ed una redistribuzione dei redditi, questo con o senza pandemia.

  110. Riappaio per un breve momento solo per segnalare, se vi fosse sfuggito, che la follia irrazionale di contestare a prescindere uno dei pochi provvedimenti sensati nella gestione di questa pandemia, è costata la vita ad una persona molto in gamba che ho avuto modo di conoscere di persona e che mi dispiacerà molto non rivedere più.
    Stimavo molto il maestro Gigi Mario e al di là delle differenze su queste tematiche mi piacevano molto i suoi editoriali di critica sempre pungenti .

    https://ilmanifesto.it/il-bonzo-sulla-via-del-cielo/

    Senza tornare sulle differenze delle nostre posizioni spero che prima o poi riusciremo a tornare a costruire insieme una critica razionale all’operato del governo come succedeva prima di quest’estate.
    Buon lavoro.

    • Negli ultimi due-tre mesi hai lasciato qui commenti che abbiamo trovato pessimi, sempre più superficiali, sempre più uguali nella retorica e nei contenuti alla propaganda governativa che prima criticavi: in soldoni, il green pass ci avrebbe fatti uscire dall’emergenza. Infatti s’è visto. E siccome non s’è visto perché oggettivamente era impossibile che si vedesse trattandosi di un provvedimento che aveva chiaramente il fine di reiterarla, la logica dell’emergenza… Siccome non s’è visto quel che dicevi, la colpa del protrarsi dell’emergenza è di chi contesta. Bingo.

      Ci tolgono il diritto di manifestare contro il governo? La colpa è di chi manifesta contro il governo. Tornano le minacce di restrizioni nonostante la stragrande maggioranza della popolazione sia vaccinata e abbia il pass? Colpa dei «no vax». La “logica” è quella, è sempre la stessa dal principio: emergenza, diversivi, capri espiatori, più emergenza, ulteriori diversivi, nuovi capri espiatori, ancora più emergenza ecc.

      Noi la «critica razionale all’operato del governo» abbiamo continuato a portarla avanti, coerentemente e lucidamente. Sei tu che hai smesso all’improvviso. Col lasciapassare hai preso un abbaglio subito, dopodiché, nonostante l’assurdità della situazione che si è squadernata, nonostante sia evidente che il pass non ha né fermato i contagi né ci ha fatti uscire dalla logica dell’emergenza, anzi l’ha portata a un nuovo livello, tu hai deciso che dovevi tenere la parte. Senza evidenze né argomentazioni degne di questo nome, peraltro, perché sei andato avanti a pseudo-assiomi.

      Commenti pessimi, dicevo, ma qui abbiamo proprio toccato il nadir, perché questo qui sopra è uno dei commenti più indegni da quanto esiste Giap. «La follia irrazionale» di criticare il green pass sarebbe costata la vita a una persona. Psichiatrizzazione della critica al governo, che viene svilita a «follia», uso del concetto di «irrazionale» come clava agitata alla cazzo (da scientista di ultima, tipo i virologi televisivi) e oplà, noi folli contestatori ci ritroviamo un morto sulla coscienza.

      Sorvoliamo sul fatto che l’emergenza di cui il greenpass draghiano-speranziano (quello che difendi senza costrutto) è strumento principe, di morti sulla coscienza ne ha un filino di più… Io ormai ho solo da dirti le parole seguenti: «buon lavoro» un cazzo. Con quest’ultima boutade ti sei veramente bruciato il ponte alle spalle. Ti sei aggiunto al novero di quelli che dall’inizio dell’emergenza ci dicono «i morti sono colpa vostra!!1!!». Mi sa che se proprio vogliamo trovare uno a cui è partita la brocca, Alex, nella lista dei candidati vieni ben prima di noi. Sei pregato di non intervenire più, non abbiamo più niente da dirci.

      • Per completezza, faccio presente che si sta parlando di una persona di 83 anni residente dalle parti di Orvieto, e che in Umbria gli over 80 potevano vaccinarsi già a febbraio. Anche non sapendo chi fosse Gigi Mario – che è il mio caso – è davvero difficile immaginare che la questione green pass possa aver influito sulla sua decisione di non vaccinarsi, diversi mesi prima che di green pass si iniziasse anche solo a parlare.

        Ho letto anche su un blog che la moglie e i figli sarebbero vaccinati, quindi non si può neanche parlare di ambiente pregiudizialmente “antivaccinista”. Aveva le sue ragioni per non vaccinarsi e tanto deve bastare.

        Se poi invece vogliamo dire che bisogna inoculare a forza le persone per il loro bene, e che il green pass serve a creare un clima favorevole a quella soluzione, è un altro discorso. Ma se la seconda parte del ragionamento si può prendere in considerazione, è solo per segnalare il pericolo della prima.

      • C’è stato un po’ di dibattito, nel blog di Alessandro Gogna, dove uno aveva postato un commento del tipo “è morto perché non era vaccinato”, che veramente è l’ultima cosa che si sarebbe dovuta scrivere: Gigi Mario, mi par di capire, era una persona libera che aveva fatto scelte radicali, a cominciare dalla scelta di essere alpinista (l’alpinismo è nota esclusione di tutte le assicurazioni sulla vita). Poi magari avrà anche pubblicato, da qualche parte, una sua critica al green pass, però sinceramente non lo so e non ho voglia di cercare: la mia impressione è che il green pass, con tutto questo, abbia poco o nulla a che fare.
        Poi, scusami WM1 ma è strano il modo con cui liquidi il povero Alex. In realtà non ho visto nessun cambiamento nei suoi commenti, che fin da ottobre 2020 girano intorno agli stessi concetti:
        1) ha parlato fin da subito di pass (legato ad esito negativo del test rapido);
        2) in dicembre 2020 scriveva “a mio giudizio non c’è una possibilità di uscita da questa emergenza migliore di quella del vaccino diffuso” – e su questo aveva ragione, i fatti gli danno ragione – aggiungendo però: “obbligatorietà o patente di immunità o semplice moral suasion che sia”.
        Perché un anno fa queste cose andavano bene e adesso non più?

        • Non è questione di cosa uno pensi ma di come discute, come non è questione di meri principii ma della loro applicazione vera o presunta, cioè del lasciapassare come esiste concretamente nel contesto della gestione governativa e mediatica dell’emergenza pandemica. Dall’estate scorsa AlexJC ha diverse volte liquidato o bypassato ogni critica argomentata al green pass, che ha difeso in modo apodittico e astratto, come se appunto fosse un principio e non uno strumento il cui senso è dato dal suo utilizzo reale. In sostanza, tutto si riassumeva con: il gp è bello, è scientifico, è razionale, criticarlo è una cazzata ecc. Ripeto, senza mai controargomentare rispetto alle numerose obiezioni, che dava l’impressione di non leggere nemmeno. Adesso, dopo settimane di silenzio, torna e cosa fa? Lascia un commento greve e sgangherato, tutto paralogismi, in cui ci accolla un morto. Con questo, ci spiace, ma si è superato un limite.

        • Il vaccino è un farmaco, il green pass è un dispositivo politico-burocratico. Questa cosa (per me banale) non riesce proprio a passare, da nessuna parte (troppo spesso, in senso opposto, nemmeno tra chi è contro il green pass).

          Trovo osceno, oltre che balengo, sbattere un morto addosso a giap per rinfacciare ai WM (e a gran parte dei commentatori) la loro presa di posizione contro il green pass.

          E trovo osceno che nessuno abbia mai chiesto conto a repubblica della sua prima pagina del 12 marzo 2021: “Astrazeneca, paura in Europa”

          https://twitter.com/repubblica/status/1370261160298041345

          che ha contribuito più di qualunque altra cosa alla diffusione di un vero e proprio panico nei confronti dei vaccini, speculare al panico per il contagio. Propalato quest’ultimo sempre da repubblica, con titoli e articoli come questo: https://www.repubblica.it/cronaca/2021/06/30/news/quel_contagio_sprint_al_supermercato_due_clienti_infettati_dopo_essersi_incrociati_pochi_secondi-308232677/

          Variante Delta, bastano dieci secondi per contagiarsi: la prova in un video che mostra cosa succede
          di Elena Dusi
          Lockdown a Sydney (reuters)
          L’incontro avvenuto in un centro commerciale di Sydney e ripreso dalle telecamere. Niente parole né starnuti, ma i due non indossavano mascherine. Il ministro della Salute locale: “E’ medaglia d’oro nel salto da una persona all’altra”

          Un colpo mortale alla street credibility della ricerca in campo epidemiologico e all’attività di tracciamento. In pratica secondo repubblica ci si contagia con lo sguardo, just one look… https://yewtu.be/watch?v=rCJc-J7edks

  111. A parte il rivedibile stile – più volte avevo chiesto che le critiche venissero supportate da argomenti che non sono arrivati, ma è una costante, spiace solo un po’ di più che finiscano con l’utilizzarla persone che avevi apprezzato – mi permetto un rilievo tecnico. Dire “lo strumento non funziona per colpa di chi non lo ha usato” dal punto di vista della policy analysis, che banalmente è quella “scienza” che studia i processi decisionali e più in generale le decisioni (o viceversa :-) ) è sbagliato. Come se fosse un errore grammaticale, una di quelle cose che non ti fanno passare l’esame di primo anno. La spiegazione è abbastanza semplice, l’attuabilità di una decisione è uno dei parametri che dovrebbero essere presi in considerazione. Ovviamente è del tutto inutile che io prenda una decisione se poi non sono in grado di eseguirla. E se una decisione viene disattesa l’errore rimane di chi l’ha presa, perché evidentemente non ha capito cosa stava facendo, non ha considerato le reazioni del gruppo a cui era destinato, non ha pensato di accompagnare la decisione con altre che l’avrebbero agevolata, oppure con risorse e strumenti che avrebbero permesso la piena attuazione. Altrimenti il governo che ci starebbe a fare? Fate così e se non lo fate cazzi vostri? (ok ok, è quello che è successo negli ultimi due anni. Sempre scemenza rimane. Anzi: “errore”.)
    Niente di grave, è un errore abbastanza classico per esempio nelle politiche di sviluppo, serve magari a capire che anche le vituperate scienze sociali andrebbero di tanto in tanto consultate prima di lasciarsi andare a sproloqui abbastanza naif, diciamo così.

  112. Ciao, spero di fare cosa utile portando l’attenzione su un evento a mio parere importante che si è tenuto a Bologna il 6 e 7 novembre scorso e di cui non mi è parso di trovare eco qui. Parlo del “congresso” (così è stato definito dagli organizzatori) dei movimenti per la salute intitolato “Come si esce dalla sindemia?”, di cui dà conto, seppure molto brevemente, Capocci sul Manifesto l’11/11 con un’intervista che, già dal significativo titolo “La sanità ha bisogno di democrazia” si pone in polemica con il burionico “la scienza non è democratica”: https://ilmanifesto.it/i-movimenti-per-la-salute-a-congresso-la-sanita-ha-bisogno-di-democrazia/?fbclid=IwAR2w4nRARuTh1i_EjQd6t7N_JpFG9-x2A_bfJwxR1QVvJBQ4ZIvCA8C5A_A .
    L’evento mi pare notevole per diversi motivi oltre che per il livello degli interventi: innanzitutto per l’approccio multidimensionale e eminentemente *sociale* che anche i/le compagnx medicx hanno scelto di privilegiare in evidente contrapposizione al discorso mainstream, per il ruolo e l’importanza riconosciuta a discipline non mediche e a pratiche e relazioni sociali accanto ai temi più specificamente medici, ma soprattutto perché testimonia di un lavoro sotterraneo di elaborazione e di rete che sta faticosamente cercando di ricostruire una visione di sinistra e trovare una via d’uscita dall’ennesima alternativa infernale.
    Che non sia un evento isolato – peraltro è il secondo appuntamento, dopo un primo convegno in aprile 2021 sempre a Bologna – è testimoniato da un’altra iniziativa che ha avuto luogo proprio oggi sull’appennino bolognese con una passeggiata lungo il parco di Monte Sole a cui hanno preso parte oltre una quarantina di persone. Si è parlato della necessità di riappropriarsi del concetto di salute insieme a Marinella Correggia, giornalista ecopacifista autrice dell’inchiesta “Covid e le saggezze nascoste” (aprile 2021) sull’approccio dei paesi poveri alla pandemia, e il sociologo Mimmo Perrotta, collaboratore della rivista Gli Asini, che ha richiamato l’urgenza di ricostruire un punto di vista di sinistra su quanto sta avvenendo.
    Questo solo nel territorio di Bologna: mi pare che un po’ di fili, nonostante tutto, si stiano riallacciando. Voi che ne dite?

  113. Segnaliamo l’ottava puntata del podcast Costellazioni, interamente dedicata a un’intervista molto approfondita a Davide e Sabina del Coordinamento No Green Pass Trieste. Da ascoltare con grande attenzione.

    https://yewtu.be/watch?v=RpcIXHe1Wg4&autoplay=0&continue=0&dark_mode=true&listen=0&local=1&loop=0&nojs=0&player_style=youtube&quality=dash&thin_mode=false

  114. Prevenzione sul territorio o repressione del territorio: anche dal punto di vista sociale, del diritto sulla sicurezza sul lavoro, si svela il vero volto di questo disegno sistemico per tutelare solo la forma e non la sostanza delle stutture del corpo sociale sociale che formano l’asse dello stato costituzionale: copio e incollo stralci dall’ottimo articolo su il Manifesto https://archiviopubblico.ilmanifesto.it/Articolo/ 2003267946 “il l governo ha attribuito i compiti di vigilanza nei luoghi di lavoro all’Ispettorato Nazionale del Lavoro (Inl), affiancandolo ai servizi di prevenzione delle Asl cui già erano stati assegnati dalla legge 833/78. Per la prima volta dall’entrata in vigore della riforma sanitaria (legge 833/1978) la funzione di vigilanza viene scorporata dalle funzioni di prevenzione ed assegnata ad un organo diverso dal ministero della salute. Si vanifica così quella che è stata l’innovazione più dirompente della riforma sanitaria che consisteva nell’assegnare le competenze relative alla salute dei lavoratori al Servizio sanitario nazionale come una delle funzioni comprese nella prevenzione della salute del cittadino.”

  115. Una domanda: cosa ne pensate del fatto che ora che in alcuni paesi il green pass sia stato modificato (include solo vaccinari e guariti ma non più tamponi negativi), secondo voi ha più senso di prima?
    Io sono a favore del vaccino obbligatorio; il green pass mi pare uno scarica barile da parte del governo verso il cittadino. Una non-presa di posizione. Detto questo, visto che non si può imporre il vaccino non so come si possa mantenere il controllo sul virus. Mi sembra che i vari stati reagiscano in base ai numeri del contagio più che seguire una politica comune. Quando le cose vanno bene hanno allentato controlli e restrizioni e quando vanno male le hanno inasprite.

    • Al volo sulla seconda questione: se introducessimo l’obbligo vaccinale generalizzato per il Covid, saremmo gli unici in Europa e tra i pochissimi al mondo. Siamo anche, se non erro, il solo paese europeo dove se ne parla come di una roba fattibile, e questo è un altro degli effetti distorsivi del green pass: si discute del possibile obbligo de iure perché è chiaro a tutti che il gp è un obbligo de facto.

      A livello internazionale l’obbligo vaccinale è ritenuto controproducente sotto molti punti di vista, infatti è sconsigliato da chiunque abbia fatto studi seri sulle politiche pubbliche in tema di sanità. Gli esperti dell’OMS lo ammettono solo come extrema ratio in condizioni che in Europa occidentale non si presentano affatto, vedi questo documento che abbiamo più volte linkato e che è molto chiaro:
      https://www.who.int/publications/i/item/WHO-2019-nCoV-Policy-brief-Mandatory-vaccination-2021.1

      In Italia oltre l’80% della popolazione totale ha avuto almeno la prima dose di vaccino. Già solo questo dato – che ovunque verrebbe considerato ottimo mentre qui per motivi strumentali è considerato insoddisfacente – secondo l’OMS rende speciosa la discussione sull’obbligo vaccinale.

      Ma non c’è solo questo, è che proprio non servirebbe a nulla, perché chi non s’è vaccinato con l’obbligo de facto non lo convinci mettendo l’obbligo de iure, e soprattutto non sarebbe la cosa che si aspetta chi lo chiede con leggerezza, come faceva notare qui Isver il 10 ottobre scorso:

      «Il green pass (obbligatorio per lavorare) è stato un fallimento. Lo dice la stessa fondazione GIMBE, che rileva un calo costante dei nuovi vaccinati, a fronte di un grosso aumento di tamponi rapidi che rischia di far saltare il sistema della diagnostica. Nonché di creare allarme ingiustificato, per un aumento di contagi dovuto eclusivamente all’intercettazione di una fetta molto maggiore di asintomatici. Cosa in sé positiva, peraltro, e auspicata in primis da tutti gli allarmati/allarmisti.

      Quindi? Quindi obbligo vaccinale. Che ha le stesse identiche probabilità di fallire, per gli stessi motivi.

      Inoltre, come dicevo sempre in un altro commento, bisogna stare attenti a parlare con leggerezza di obbligo vaccinale, perché l’obbligo vaccinale che vuole chi lo invoca non è l’obbligo vaccinale che conosciamo già. I bambini non vaccinati, anche se non possono iscriversi all’asilo, nessuno li vaccina a forza. Per i genitori c’è una sanzione che va da 100 a 500 euro, una tantum. E quando il bambino compie 6 anni, può, anzi deve (scuola dell’obbligo) andare a scuola come tutti gli altri. Al compimento dei 16 anni, poi, allo stato non frega più un cazzo se quella persona è vaccinata o no.

      Ultimamente, quando sento parlare di obbligo, ho quasi sempre la certezza che chi lo fa, queste cose non le sappia. Unita alla certezza che se le sapesse, pretenderebbe che i bambini non vaccinati fossero sottratti ai genitori e inoculati a forza.

      Almeno noi che queste cose invece le sappiamo, se già non siamo contrari per altri motivi, dovremmo resistere alla fascinazione per la chiarezza e l’eleganza formale di questa soluzione. Obbligo oggi vuol dire TSO.»

      • Riguardo alla prima questione invece: «cosa ne pensate del fatto che ora che in alcuni paesi il green pass sia stato modificato (include solo vaccinari e guariti ma non più tamponi negativi), secondo voi ha più senso di prima?»

        Non so a quali paesi tu ti riferisca, ma messa in questi termini di senso mi pare ne abbia di meno, perché va a diminuire il numero di tamponi fatti, dunque rende più lasco il monitoraggio dei contagi. E visto che il vaccinato può comunque infettarsi, si alza la probabilità che girino dei positivi ignari di esserlo.

        Però alla tua domanda manca un determinante elemento di background, vale a dire: come viene usato il pass nei vari paesi? È proprio lo stesso strumento? No, non lo è, perché se sono diversi gli usi è sostanzialmente diverso lo strumento anche se formalmente appare lo stesso. Io sono appena stato in Svizzera, dov’ero per lavoro. Là il pass c’è ma viene richiesto solo per gli eventi pubblici, nei ristoranti e per espatriare. Per lavorare non è richiesto. I docenti non vaccinati fanno lezione regolarmente e nessuno sembra scandalizzarsene, mentre da noi proprio su questo si è alzato un polverone con tanto di character assassination di Barbero.

        A rendere il pass obbligatorio per qualunque lavoro siamo stati noi – “noi” Italia – per primi, come fummo i primi a imporre la reclusione domestica nel tempo libero e la demonizzazione dell’aria aperta. Proponendo un modello demenziale in un momento in cui gran parte d’Europa era tanto impaurita da seguirlo, abbiamo fatto danni enormi nel 2020 (attenuati solo dal fatto che quasi nessuno ci ha seguiti fino in fondo, solo noi abbiamo spedito i droni nei boschi), e rischiamo di farne altri anche nel 2021, perché dall’Austria in là sul pass già ci stanno imitando (e in Austria pure scavalcando, va detto).

        Del resto, la classe al potere ha ovunque lo stesso interesse: assolversi, scaricando le colpe verso il basso. Può farlo in modi più soft o più hard, e noi – “noi” Italia – proponiamo sempre quello più hard: un vero e proprio bukkake in cui politici e padroni si masturbano in cerchio e si sgravano delle loro responsabilità eiaculandole addosso al cittadino circondato.

        Ovviamente l’informazione italiana dedica un’attenzione spropositata a chi ci imita, mentre nulla dice di chi si guarda bene dal farlo. Questo fa il pari con l’esclusiva attenzione riservata a chi è messo peggio in termini di contagi mentre chi è messo meglio, semplicemente, non esiste.

        • “Non so a quali paesi tu ti riferisca, ma messa in questi termini di senso mi pare ne abbia di meno, perché va a diminuire il numero di tamponi fatti, dunque rende più lasco il monitoraggio dei contagi. E visto che il vaccinato può comunque infettarsi, si alza la probabilità che girino dei positivi ignari di esserlo.”

          Da notare il caso della Germania, dove dai primi di ottobre per spingere la gente a vaccinarsi hanno smesso di fare i tamponi gratis. Col risultato che i vaccinati non sono aumentati, ma in compenso sono diminuiti i tamponi, cosa che è plausibile abbia contribuito all’esplosione dei contagi delle ultime settimane. Adesso SPD, Verdi e Liberali chiedono di tornare ai tamponi gratuiti, così come l’ordine dei medici. Noi invece abbiamo Letta che fa paragoni ad minchiam coi condoni fiscali. E Burioni.

          • Son stato recentemente a Berlino,: il Ministro della Sanità della Germania (Invece Bob Hope.. sotto traccia…) al 25 ottobre sostenne che la situazione poteva ormai definirsi epidemica e che in 30 giorni si sarebbe dovuto porre fine allo Stato di emergenza nazionale, proclamando la “giornata della libertà“, sul modello inglese; che già il 18 settembre il leader delle assicurazioni sanitarie (lì ci sono oltre cento casse mutue) lo voleva festeggiare il 30 ottobre sulla scia dell’esempio della Gran Bretagna: le regole del 2G e del 3G erano in vigore da quando arrivai a fine giugno (i titolari degli esercizi potevano scegliere quale delle due adottare), ora si permette la frequentazione di molti luoghi chiusi solo ai vaccinati e ai guariti e non più ai tamponati (le G stanno per Geimpft= vaccinato, Genesen= guarito, Getestet= tamponato).

            • Stavo dando un’occhiata alla situazione degli altri paesi e ho notato una cosa a proposito del Portogallo, che ha già praticamente raggiunto la percentuale di popolazione totale vaccinata che potremmo raggiungere noi vaccinando _tutta_ la popolazione vaccinabile. In questo momento hanno più casi giornalieri di noi, in proporzione al numero di abitanti. Vedremo dove arriveranno loro e dove arriveremo noi, certo. Ma intanto noi, qui dove siamo al momento, è probabile che ci saremmo arrivati comunque.

              Sul versante sanitario, mi sembra plausibile che se in Italia tutti i vaccinabili fossero vaccinati, le ospedalizzazioni dell’ultimo mese sarebbero state inferiori del 40% o giù di lì. Che non è poco, per carità. Ma la favola degli ospedali pieni solo di no-vax è buona giusto per i fan di Burioni.

              La strategia “per qualche vaccinato in più” del Triste/o, è offensiva per l’intelligenza. Abbiamo davanti probabilmente alcuni anni di helter skelter (when i get to the bottom, i go back to the top of the slide…) prima di arrivare a gestire il Covid come l’influenza. Ammesso non diventi più conveniente e socialmente meritorio gestire invece l’influenza come il Covid. Comunque non si può pensare di affrontare il futuro prossimo armati solo di green pass. E della minaccia di rinchiudere inutilmente la gente in casa come l’anno scorso. Non possiamo neppure archiviare questa pandemia lasciando in eredità a chi dovrà gestire la prossima soltanto strumenti di propaganda e niente di utile.

              Perché il green pass non serve a niente. Il virus sembra circolare allo stesso modo tra vaccinati e non, con i primi che si ammalano molto meno, ma perché sono vaccinati e non perché siano meno esposti. Nella versione più stringente ha ancora meno senso. Paradossalmente sarebbe più utile se imponesse il tampone anche ai vaccinati anziché il vaccino ai non vaccinati. Ma fare un numero così alto di tamponi è impossibile. In Germania comunque da oggi sono tornati gratuiti, quindi il loro green pass 3G è un provvedimento meno discriminatorio rispetto al nostro.

              Ormai l’idea che si possano ridurre la circolazione del virus e le sue conseguenze anche senza vessare in qualche modo le persone, non ci passa più neanche per l’anticamera del cervello. La scuola va bene così com’è. I trasporti vanno bene così come sono. Il lavoro non ne parliamo neanche. La sanità poi è un gioiello. E a tutti quelli che “in due anni non si può fare”, andrebbe ricordato che prima erano due mesi. Cominciare, no?

        • Situazione nei Paesi Bassi: qui la gestione iniziale della pandemia e’ stata meno assurdistan del Bel Paese: tanto per dirne una, i bambini fino ai 12 anni non hanno mai avuto alcuna restrizione.
          Poi il governo ha cominciato a guardare alle “best practices” europee e ad accodarsi un po’ alla gestione italica. Senza mai esagerare, che qui la gente c’ha l’incazzo facile.
          Siamo all’87% della popolazione over 18 vaccinata e abbiamo il coronabewijs (documento corona) per accedere a ristorazione, intrattenimento e uffici pubblici. Il governo ha accennato alla possibilita’ di introdurlo sui posti di lavoro, al che abbiamo risposto in blocco: sciopero. RTL, canale tv commerciale, ha confezionato anche un servizio da Roma, nel quale la corrispondente s’e’ limitata a tradurre quello che dicevano i media mainstream e a concludere che “il GP sul lavoro funziona e le persone sono tutte contente”.
          Da un paio di settimane i contagi sono in aumento (ovviamente, visto che a fine settembre sono state rimosse praticamente tutte le restrizioni) ma a fronte di circa 13k nuovi casi giornalieri, ci sono 1700 persone ricoverate di cui 370 in terapia intensiva.
          Il governo ha immediatamente gridato al disastro, cazziato la popolazione indisciplinata incapace di evitare un semplice virus pandemico, e reintrodotto una sorta di “lockdown soft” basato sul solito accanimento sulla ristorazione e il tempo libero. Senza fare mezza autocritica seria riguardo le decisioni prese nei mesi scorsi. Il problema, secondo me, non e’ tanto l’aumento di contagi e ricoveri ma il fatto che dopo quasi 24 mesi di pandemia abbiamo ancora lo stesso numero di posti letto e personale sanitario, senza nemmeno uno straccio di piano strutturale per il futuro. Il governo si dice molto preoccupato per lo stato di stress degli operatori sanitari, gli stessi a cui ha rinnovato il CCNL solo dopo 2 scioperi generali, sotto la minaccia del terzo. Ora l’idea e’ il lasciapassare 2G (solo vaccinati e guariti) come in Austria. Vedremo, ma riguardo l’efficacia di tale strumento vi siete gia’ ampiamente espressi su questo blog e non ho molto da aggiungere se non che anche qui la strategia della distrazione e scarico responsabilita’ verso il basso va alla grande.

    • Ciao Riccardo,

      “Io sono a favore del vaccino obbligatorio”
      il green pass applica una “pressione vaccinale” sulla fascia di età (studenti e lavoratori) che meno ha bisogno di protezione. Difficile pensare che l’obbligo vaccinale potrebbe avere un target diverso, a meno di non vincolare la riscossione della pensione allo stato vaccinale (che sarebbe ignobile quanto richiedere il GP a studenti e lavoratori).

      “visto che non si può imporre il vaccino non so come si possa mantenere il controllo sul virus.”
      La quota di popolazione non vaccinata è solo un aspetto del problema. Già a luglio era noto il calo di protezione della vaccinazione dopo circa sei mesi e in settembre era provata la possibilità di tenere sotto controllo il virus con la somministrazione della terza dose. Tutto questo in un paese (Israele) con un sistema sanitario simile al nostro e con livelli di vaccinazione (prime 2 dosi) praticamente identici ai nostri di metà agosto. Dato che dopo 6 mesi la protezione dal contagio ottenuta con i vaccini si riduce in media del 50% ( https://www.science.org/doi/10.1126/science.abm0620 ), adesso abbiamo la metà dei milioni di vaccinati di maggio che sono nuovamente contagiabili. Fortunatamente la protezione per i casi più gravi non cala con questa velocità. In questo contesto la scelta tecnica delle terze dosi era inevitabile e certamente programmata ben prima dell’introduzione dell’obbligo del GP.
      Comunque, oltre a fare i vaccini, per “mantenere il controllo” sarebbe anche utile uscire dalla logica di obblighi e restrizioni e agire a livello strutturale su sanità, scuola e trasporto locale.

      “Mi sembra che i vari stati reagiscano in base ai numeri del contagio più che seguire una politica comune. Quando le cose vanno bene hanno allentato controlli e restrizioni e quando vanno male le hanno inasprite.”
      Modulare le politiche di controllo è certamente una scelta opportuna, i governi italiani (quelli dei migliori quanto quelli dei non-migliori) sembrano però avere l’abitudine di usare le restrizioni in modo indiretto: vaccinare gli studenti per proteggere gli anziani, chiudere in casa la popolazione per impedire gli assembramenti. Se guardi con attenzione alle normative dei diversi stati, senza fidarti dei mezzi di informazione, vedrai una impostazione ben più mirata di qualla applicata da noi.

  116. Buonasera, dato che il discorso si sta di nuovo spostando su virus vaccini rumors e così via, vorrei aiutare a riportarlo da dove eravamo partiti e cioè dal cercare di capire come mai proprio a Trieste si sia formata, negli ultimi mesi, una protesta convinta, diffusa, anche confusa, ma così partecipata.
    Questa sono le parole che Miroslav Kosuta, intellettuale triestino di spicco di lingua slovena, che credo sia ancora vivente ma di cui ignoro le ultime vicende, scrisse come contributo in rappresentanza della comunità slovena per una raccolta di brevi saggi sulle comunità “altre” d’Italia, intitolata proprio “Gli altri d’Italia”, curata da Wolftraud de Concini ed edita nel 2003 dal comune trentino di Pergine Valsugana (che è allo sbocco di una vallata con una comunità di lingua tedesca, la Val dei Mocheni).
    Ci vorrà un po’ di spazio, scusate, ma non riesco a sfrondare le parole di Kosuta senza temere che in questo modo qualcosa del loro significato vada perso:
    “Sono nato in un paese dell’altipiano, alle porte di Trieste, in un tempo lontano,molto lontano, in cui gli unici italiani del luogo erano i carabinieri (mandati per controllarci) e le maestre (per italianizzarci). Forse ci sarà stata pure qualche famiglia che parlava un dialetto diverso dal nostro, ma evidentemente erano dei poveri diavoli come noi e non stavano sull’altra sponda.

  117. 2) Perciò le immagini di quei giorni e di quella gente sono velate da qualcosa di incomprensibile a me stesso e non di rado mi chiedo: sono cose realmente vissute o puro frutto di una troppo fervida fantasia? È questa una domanda che mi si pone ogniqualvolta cerco di capire, senza risentimento e rancore, le dure leggi della natura che riguardano la nostra comunità. Ciò che è successo e succede ancora di giorno in giorno e’ difficile da capire, impossibile ad accettare. Io sono nato sloveno, ma non è per questo che appartengo alla minoranza. Sono nato qui dove sono nati i miei genitori ed i genitori dei miei nonni e faccio parte di quella comunità di sloveni in Italia che da troppo tempo invoca delle leggi che le garantiscano la sopravvivenza. Ma la vera minoranza e’ un’altra.
    La topografia e’ cambiata, e’ cambiata la vita, non cambia la città di Trieste, chiusa in falsi miti. Perciò si vive con difficoltà, si vive in tristezza, profondamente feriti nell’onore e nell’amore. Poiché io amo questa città, l’ho amata da sempre e continuò ad amarla malgrado tutto e tutti. E non so se mi offende di più il suo rapporto con la nostra comunità, questo continuo ignorarci e d’improvviso ricordarsi della nostra eterna presenza in momenti di difficoltà come causa di tutti i suoi mali…

  118. 3) … O questo degrado, costante ed inarrestabile, questa sua completa mancanza di voglia di vivere, di rivivere, questo suo arroccarsi in difesa di cose che non esistono (ma sono mai esistite?) e che comunque non hanno un futuro. Ogni tanto c’è qualche spiraglio di luce, qualche leggera brezza che sa di aria pura, me ben presto tutto ripiomba nell’oscura immobilità ed il golfo diventa nuovamente uno stagno.
    La vorrei bella e sfrontata, senza falsi pudori (in fondo è una signora di una certa età), aperta ai vicini e ospitale con i passanti. La vorrei solamente così com’era una volta, un interminabile cantiere, una piazza piena di genti di costumi e tradizioni diversi, un cinguettio di voci, di parlate dolci o rudi, un intrecciarsi di canzoni, di preghiere, di imprecazioni che sanno di nord e sud, di oriente e di occidente incontratisi per costruire, per mercanteggiare, per conoscersi. Un porto, un faro.
    E la minoranza? Ah già. Ma la vera minoranza in questa città non è la comunità slovena, ma siamo tutti noi (anche sloveni, questo si’) che guardiamo al futuro.
    È’ un’abitudine di pescatori e marinai la mattina alzare gli occhi al cielo e poi volgere lo sguardo all’orizzonte per scrutarlo profondamente. Così anch’io pensando a questa mia città guardò il cielo è l’orizzonte: il cielo è incolore, slavato, ma l’orizzonte è cupo”.

  119. Sulla rivista tedesca Jungle World è uscita una nostra lunga intervista sulla gestione pandemica in Italia, il lasciapassare e le mobilitazioni in corso.

    https://jungle.world/artikel/2021/45/der-green-pass-ist-ein-reines-propagandainstrument

    Ai primi di marzo 2020, visto il clima che s’andava instaurando e le prime grandi tempeste di merda scatenatesi intorno ai nostri post, decidemmo di non rilasciare interviste a media italiani. Non interviste incentrate sulla nostra critica all’emergenza pandemica, quantomeno. Troppo alto il rischio di distorsioni, equivoci a catena, messe alla gogna, o comunque che ci venissero attribuiti ruoli indebiti (oggi non c’è intellettuale critico che i media non definiscano «guru della protesta» o qualcosa del genere).

    Finché durava la buriana, abbiamo valutato fosse meglio esprimerci solo per iscritto e solamente su Giap. Abbiamo declinato ogni invito di radio, giornali e riviste. L’unica intervista rilasciata nel 2020 è uscita in ceco su una rivista di Praga, A2.

    Nel 2021 con l’uscita de La Q di Qomplotto ovviamente WM1 ha rilasciato – scegliendole con oculatezza – alcune interviste sul libro, e nel libro ci sono anche le nostre critiche al virocentrismo, all’irrazionalità del «lockdown all’italiana», alle narrazioni tossiche a supporto dello stato d’emergenza ecc. Ma in generale abbiamo mantenuto la linea decisa l’anno scorso.

    Ecco perché la nostra prima e sinora unica intervista sul lasciapassare e le mobilitazioni in corso esce in tedesco su una rivista di Berlino. Prossimamente dovrebbe uscire – in una versione più lunga – in inglese, e forse anche in francese. Nei prossimi giorni metteremo a disposizione l’originale in italiano.

  120. @Henryk Goldszmit mi permetto di rispondere alla tua domanda “Perché non si parla di cure qui su GIAP?”.

    Il motivo è molto semplice: qui sopra stiamo cercando di costruire una critica alla gestione pandemica da altri punti di vista, ponendo il lume su aspetti che riguardano soprattutto l’incattivirsi della classe dirigente ed il suo virare verso rotte, se possibile, sempre più autoritarie.
    Nuovi buchi e sfilacciamenti si stanno creando ad una velocità sempre maggiore nel nostro già sgangherato(da anni) tessuto sociale e di questo si cerca di ragionare qui sopra.

    Andare troppo nel tecnico porta ad un’inevitabile spiralizzazione del discorso, come d’altronde sta succedendo coi tuoi commenti, non è un rimbrotto eh, è solo per cercare di rispondere alle tue domande.
    Tra l’altro parlare di cure è anche OT di brutto nei commenti a questo post(che riguarda le mobilitazioni di Trieste).

    La stra-maledetta situazione che stiamo attraversando coinvolge tanti aspetti della nostra vita e molteplici sono le angolature dalle quali si potrebbe snocciolare una visione critica, questo sito ne ha scelta una in particolare.

    Io, ad esempio, per lavoro mi occupo di software. Tanti sono i discorsi che si potrebbero fare a riguardo delle mancanze che anche lì abbiamo osservato: app dei tracciamenti, meccanismi di implementazione e verifica del GP, etc. etc.
    Ti andrebbe di leggere di codice sorgente e crittografia :-)? Non credo, ma questo non vuol dire che siano discorsi senza dignità o senza patria, semplicemente la patria non è qui su GIAP.

    Grazie comunque per i tanti spunti interessanti che hai prodotto.

    • Ciao,
      è da sabato che voglio (stucchevolmente?) complimentarmi con l’approccio e i commenti di Henryk Goldszmit, e colgo l’occasione ora rispondendo a te :-)

      Trovo che Henryk, che ha una evidente padronanza del tema, sia riuscito a mantenere la barra dritta, lontano da tecnicismi e complottismi, affrontando l’aspetto “politico”, gestionale, “di indirizzo” del tema.

      Secondo me ad oggi ce n’era bisogno.
      Senza nulla togliere ad approcci differenti, come il tuo o quello di Isver che hanno dato moltissimo alla discussione, ma forse “ora” i tempi sono finalmente maturi (posto che sia questa la sede, ma perché no?) per affrontare anche questo aspetto della gestione pandemica.

      Prima era già difficile essere razionali e schivare i merdoni e le accuse di negazionismo e complottismo, lo sanno bene i padroni di casa, ma ora, forse, oltre a tutta l’altra carne al fuoco possiamo aggiungere anche questa, specie nel modo pacato e argomentato e lontano da tecnicismi in cui è stato affrontato adesso nel dialogo fra Isver e Henryk.

      Perché questo è un tema politico. Che riguarda l’impostazione che si vuole dare alla sanità territoriale e in generale ai concetti di salute e di benessere.

      Affrontarlo qui, con il rigore con cui si è sempre discusso su Giap, è importante tanto quanto parlare delle diversioni e degli scarichi di responsabilità della gestione pandemica, perché anche in quel campo specifico sono state messe in atto “diversioni” e scarichi di responsabilità.

  121. Figuriamoci, ma infatti la mia non è una censura, io non sono nessuno. Intendevo solo rispondere alle sue domande, capisco che possa essere frustrante.
    Io sono il primo che a volte ha avuto quella brutta sensazione che qui venisse ignorato il classico elefante nella stanza.

    Per conto mio vorrei far notare, a margine, che il nostro ministro dell’interno, funzionario emerito frequentatore di piazze solo durante visite turistiche guidate, con una circolare ha, di fatto, vietato di fare cortei.

    Trieste è da giorni che a ridosso del WE sembra Belfast (cit. di @majap trovata su twitter).

    Perquisizioni e persecuzioni si moltiplicano ogni lunedì.

    Dà fastidio il benaltrismo, lo capisco, ma nei commenti ad un post che si intitola “Fronte del porto. L’«anomalia selvaggia» della piazza anti-pass triestina e la lotta di classe” … beh a proposito di elefanti nella stanza…

    • hai ragion, è tutto abbastanza OT, e me ne scuso – la mia netiquette fa schifo da ormai quasi trent’anni.

      A mia parziale difesa:

      1) Il tema delle cure domiciliari/precoci è presentissimo nelle manifestazioni contro il Green Pass, come sanno tutti quelli che a quelle manifestazioni ci sono andati – e questo probabilmente è l’ennesimo esempio di “politicizzazione della cura” in cui si dice una cosa quando in realtà si vuole dire qualcos’altro. A chi dice che il Green Pass è inutile perché tanto si risolveva tutto con l’idrossiclorochina probabilmente non frega molto della sanità territoriale, e sta solo cercando di far scomparire il problema.

      2) Detto ciò, è innegabile che la domanda “se il Covid-19 si possa curare oppure no”, o “se c’era un’altro modo di gestire quest’emergenza sanitaria” abbia un certo peso nelle discussioni sulla necessità o meno del Green Pass, e sul modo di gestire quella emergenza sanitaria.

      Mi scuso di nuovo per l’OT, vi ringrazio per il dibattito e i tantissimi spunti che mi state dando, e visto che più o meno quello che volevo dire l’ho detto, mi do’ una calmata. Se solo smettesse di piovere e si potesse finire questa maledetta raccolta delle olive. E’ questo il vero problema!!1!

      • “Il tema delle cure domiciliari/precoci è presentissimo nelle manifestazioni contro il Green Pass, come sanno tutti quelli che a quelle manifestazioni ci sono andati – e questo probabilmente è l’ennesimo esempio di “politicizzazione della cura” in cui si dice una cosa quando in realtà si vuole dire qualcos’altro”

        Guarda non me ne parlare. Proprio Sabato sono stato all’ennesima manifestazione qui a Roma, la gente era poca e gli interventi dal palco erano proprio tristi. Una rassegna di slogan vuoti, pensieri piccoli e banalità di circostanza, il tutto servito su una “vellutata” di complottismo.

        Secondo quello che ho potuto vedere in questi mesi, è esattamente questo che impedisce a certe piazze di ingranare la marcia: la mancanza di concetti. Slogan come “giù le mani dai bambini” ne sono un esempio pratico. Vomitata così è un motto che non ha senso, è tautologico, come dire “guerra brutto”. La bandiera italiana è un altro classico esempio di piccolezza, neanche fosse la finale dei mondiali.
        Senza concetti è difficile identificare quel “qualcos’altro” di cui parli tu quando ci fai notare che “Spesso si dice qualcosa, ma si intende qualcos’altro”

        Sicuramente la tua è una critica molto più “d’impostazione”, anzi, quando avrai completato l’articolo che stai scrivendo, sarei molto felice di leggerlo.
        Tuttavia, per fare lavoro culturale, per costruire concetti (che tanto mancano nella protesta alla gestione pandemica) possiamo anche dare la tua critica per assodata(dettagli da “articolo” permettendo) e passare a raccogliere elementi diversi che ci aiutino a costruire un’impostazione più completa.

        Ancora una volta specifico che quanto ho scritto sono soltanto miei auspici. In molti apprezziamo i tuoi interventi e ti ringrazio ancora.

    • No, no, certo, nemmeno io volevo “censurare” te! Scusa. Solo trovo l’argomento interessante e nel sottothread, fra oltre 400 commenti, ormai, ci poteva stare anche se OT.

      Circa il divieto di fare cortei, o di manifestare “contro le misure sanitarie in atto”, sfondi una porta aperta.

      Purtroppo ancora in troppo pochi sono disposti a “vedere” la deriva in atto.

      Manifestare contro il GP è ancora percepito da una certa maggioranza come una roba da no-vax e da negazionisti, come purtroppo testimonia anche il commento di AlexJC.

      Personalmente conosco persone su una linea simile: solide, argomentate, critiche rispetto alla gestione anche quando si era in pochi o pochissimi a farla, ma che con l’avvento del vaccino non hanno saputo provare anche lontanamente comprensione o empatia per chi non se lo vuole fare.
      E’ la cosa “razionale” da fare, quindi se non lo fai sbagli, ti metti a rischio, metti a rischio gli altri e quindi se anche ti becchi provvedimenti antidemocratici, obblighi, limitazioni della tua facoltà di fare scelte “sbagliate” e a diritti costituzionali, beh, è un danno collaterale accettabile.
      E’ un “bene superiore” a richiedertelo.

      • “Razionale” proprio per niente. Casomai il suo esatto contrario, cioè “reattiva”.
        Il che non è proprio una gran idea.
        Non finirò mai di sorprendermi di come decenni in tema di psicologia cognitiva sono stati cancellati con un colpo di spugna per recuperare l’approccio comportamentista, a proposito di scienza e scientismo e di ricerca piegata a logiche politiche.
        Cosa che, tra l’altro, tarpa le ali anche al moderno marketing da anni basato proprio su molti assunti di natura cognitiva.
        Direi che tra tendenza autoritaria e profitto, se messi su due piatti della bilancia, al momento pesa di più la prima.
        Siamo tornati alla psicologia spiccia della prima parte del ‘900.
        Sarà interessante capire quale sarà il punto di equilibrio raggiungibile prima che crolli tutto.

        • Sono d’accordo. Scusa, forse si è capito e forse no, nel dubbio spammo ancora questo commento, ma quando dicevo che:
          «E’ la cosa “razionale” da fare, quindi se non lo fai sbagli, ti metti a rischio, metti a rischio gli altri e quindi se anche ti becchi provvedimenti antidemocratici, obblighi, limitazioni della tua facoltà di fare scelte “sbagliate” e a diritti costituzionali, beh, è un danno collaterale accettabile.» stavo estremizzando e iperbolizzando il pensiero di altri, di chi non riesce a vedere l’enormità della gestione GP e a provare empatia o comprensione per chi non si è vaccinato, non certo il mio.

          Tant’è che io faccio un paio di tamponi a settimana per lavorare… :-)

          • 1/2
            Parlando di bilanciamento tra esercizio di autorità e profitto non intendo addentrarmi in un territorio al limite del complotto. Non è nella mia natura aderire ad un paradigma specifico e riflettere in maniera discriminante solo su elementi che in qualche maniera lo confermino.
            Lavoro in un sindacato (USB) nel settore dell’assistenza fiscale. Da questo particolare osservatorio ho l’opportunità di raccogliere un mucchio di informazioni e, con tutti i limiti di un’inchiesta non sistematica, seguire l’evoluzione che le politiche pandemiche stanno imprimendo al mondo del lavoro del territorio.
            Sarebbe fin troppo ovvio immaginare una situazione contestuale dove l’impresa riesce a massimizzare profitto e sfruttamento. Il che è la logica neoliberista selvaggia che sta esprimendo il governo di unità nazionale Draghi.
            Eppure c’è qualcosa che stona e sulla quale sarebbe interessante una riflessione.
            Solo per semplificazione prendo in considerazione la situazione della Fincantieri qua a Monfalcone, modello per eccellenza della produzione per appalti. Da decenni tale coagulo di ditte di medie e piccole dimensioni ha determinato una modalità di produzione che comprime al limite del possibile ogni segmento del lavoro.
            Parliamo di installazioni e impiantistica soprattutto.

            • 2/2
              Da settimane nel nostro sportello è un continuo viavai di persone – per lo più straniere, rumeni o dei balcani – che chiedono di perfezionare pratiche di dimissioni.
              Si tratta di operai già vaccinati nei paesi di provenienza, quindi sputnik, costretti quindi ad andare avanti a tamponi perché tale vaccino non gli viene riconosciuto. Diversamente da quello che si potrebbe pensare, non si tratta di mera manovalanza ma di persone residenti e inserite nel mondo del lavoro da decenni e che rappresentano, in qualche maniera, i referenti di produzione, coloro che hanno assunto le competenze utili nelle specifiche produzioni nelle ditte.
              Decine e decine di queste stanno abbandonando il cantiere o stanno immaginando mille sotterfugi per entrare in disoccupazione e tornarsene ai loro paesi.
              E’ una situazione che, potenzialmente, potrebbe far crollare il modello produttivo qui presente o, quanto meno, minare in maniera rilevante i tempi di costruzione di una nave per come si sono dati negli anni.
              In pratica, al momento, esiste una predominanza dell’autoritarismo di stato – il “bisogna vaccinarsi” costi quel che costi – ai danni del profitto delle imprese che rischiano in qualche maniera di trovarsi in difficoltà sul lato pratico poiché non è per niente facile sostituire tali competenze.
              E’ questo il concetto di “equilibrio” cui mi riferivo e penso che tale situazione la si può riscontrare, con le dovute differenze, in molti altri campi della produzione odierna.

  122. @Isver @Henryk Goldszmit

    Sinceramente credo che questa discussione sia molto interessante, a parte alcuni scivoloni o incomprensioni “interpersonali” che cmq possono capitare.

    Henryk ha detto molte cose che anche io ritengo giuste ed opportune, e che credo di non essere riuscita ad esplicitare ed esporre allo stesso modo.
    Per un veloce confronto su potenzialità dell’industria farmaceutica privata e potenzialità della ricerca basti paragonare ad esempio vaccini Covid ed uso off label di Anakinra.
    Se siamo oramai alla terza dose di vaccini fatti e sperimentati ex novo contro il Covid (coi soldi dei nostri governi, e quindi cmq nostri), l’anakinra, farmaco per esistente al Covid e già usato off label per altre patologie, ha visto solo un mese fa l’approvazione di Aifa, e credo non ancora di Ema.
    L’utilità del farmaco contro il Covid è stata trovata a maggio 2020, efficacia maggiore del 50 per cento nel contrastare i decessi da patologia grave.

    Io mi aspetto da un Sistema Sanitario che primo al mondo è stato capace di scovare un tale farmaco che, in emergenza, dimezza i decessi, riesca anche a garantirne un utilizzo prima di un anno e mezzo. Sinceramente mi sembra scontato, ma a quanto pare non lo è.
    Questo, che è solo appunto un esempio tra tanti altri menzionabili, in emergenza globale, è un interrogativo anche politico, come appunto ha esplicitato Henryk.
    La narrativa quotidiana che ci soffoca su green pass e varie, ha tralasciato, anche in questo caso, la priorità alle cure.

    Questa un’intervista riassuntiva presa dalla rete a titolo esemplificativo per sintetizzare il percorso del farmaco:
    https://www.huffingtonpost.it/entry/farmaco-anakinra-covid-san-raffaele_it_61441e0de4b0b61605475de3

    Giusto per un confronto, ecco un link ad una delle tante “lezioni” di Burioni. Questa è di un mese fa:
    https://video.corriere.it/cronaca/lezione-burioni-ecco-perche-non-abbiamo-cura-contro-covid/4f68b194-2f85-11ec-bd6a-15e70609c741

    Scusate i link tossici.
    Ma a volte certi confronti valgono più di mille parole..

    • La vicenda di Anakinra però va nella direzione che dico io. Certo, il farmaco è stato usato off-label in emergenza in base a esperienza e intuizione dei medici. Però poi ha seguito il percorso scientifico previsto per l’approvazione.

      Percorso irto di ostacoli, come si diceva. Ma qui il problema non è la centralità dell’evidence based medicine. Il problema, per citare il compagno Bernardo Mambelli detto Il Gandhi, è che “bisogna infilare le manine nelle tascone e tirare fuori i soldi”. O comunque farlo meglio, magari non infilando i soldi in altre tascone finendo poi col pagare i farmaci due volte, e lasciare in braghe di tela la ricerca pubblica.

      Su questi temi, con me sfondate una porta aperta. Come sulla sanità cancellata dal dibattito grazie al paravento dei vaccini.

      • Certo.. mi piace molto l’approccio di Stefania e Cristina perché punta innanzitutto a non cercare chi abbia “ragione”.
        Il problema rimane innanzitutto a mio parere riprendere in mano le questioni mediche dal loro punto di vista politico senza e per non cadere o lasciare in mano questo livello di critica a facili qualunquismi, populismi o fascismi, innanzitutto perché di fronte all’angoscia pandemica sono stati tralasciati.
        Poi ovvio che i temi sono tanti, e con sfaccettature diverse.
        Quella economica è sicuramente una delle cause o letture.
        Ma non solo. C’è anche quella organizzativa ad esempio, quella della narrativa della facile polarizzazione e via dicendo.
        Anakinra ha a che fare con le cure da malattia grave o severa, non toglie i discorsi sull’approccio precoce.
        In ogni caso smonta l’assioma epistemiologico della “malattia incurabile”. Da maggio 2020 si poteva/doveva fare di più.
        Troppo spesso mi sono sentita dire dai compagn* “non sono un medico”. Ma qui, in sindemia, è mancato un approccio, un’epistemiologia, un saper vedere la situazione nel contesto a tutto tondo, facendo tantissimi danni.
        Credo che la critica alla gestione pandemica nei suoi vari aspetti, abbia a che fare indissolubilmente con la lotta di classe, a differenza di alcune critiche recenti che sto leggendo in sinistrainrete, una in particolare, che fa, almeno ad una mia prima lettura, un gran mescolone tra critica di classe alla pandemia (green pass e varie) e complottismo e opportunismo fascista. Ma niente di nuovo, credo, rispetto a certi attacchi filosofici (qui sarebbe interessante approfondire quanto anche la filosofia che parla di mera razionalità, possa essere ed abbia a che fare anche con la categoria della “suggestione”, ma credo sia un argomento complesso..).
        Affrontare l’angoscia collettiva pandemica riferita all’incurabilita ci dà una prima base per trasformarla in mera paura, davanti alla quale si possono ricercare le dovute risposte, ed affrontarle e discuterle collettivamente all’interno della visione del materialismo storico e della lotta di classe, soprattutto nella loro riattualizzazione, anche rispetto a chi oggi rappresenta questa “classe” intesa come soggetto storicamente determinato all’interno dei rapporti di produzione.
        Già si è detto molto anche qui su Giap riguardo Neoliberismo e Fascismo, e sul loro rapporto rispetto alle masse nei periodi di crisi, ultima occasione l’assalto alla CGIL, in questo senso credo non possiamo tralasciare critiche attuali.

  123. Segnalo il titolone sull’homepage di Repubblica:

    “Più contagi tra medici e infermieri: 90 casi ogni giorno. Solo uno su due ha fatto la terza dose”

    E’ la prima volta che noto la colpevolizzazione dei renitenti alla terza dose.

    Con sta storia si può continuare a cancellare la sanità dal dibattito per un bel po’, per non parlare della battaglia degli infermieri per migliorare i loro contratti di lavoro – la famosa “uscita dal comparto sanità” – che va avanti da anni e che hanno provato a sollevare l’autunno scorso senza che nessuno se li filasse proprio.

    Per fare battute consiglio a tutti di vedere il video di Burioni che spiega “la cura del Covid” linkato da Lana, dove ci sono molte delle cose a cui mi riferivo nei miei tentativi di decostruire il concetto mainstream di “malattia” e di “farmaco”: a sentire Burioni, esistono solo “il patogeno” e “l’organismo ospite”.

    Il primo esiste solo per fottere il secondo, e il secondo sta benissimo fino a che non viene infettato dal primo. L’unica cosa da fare se questo succede, sempre secondo Burioni, è trovare un farmaco che faccia male al patogeno – lui parla proprio di trovare un “veleno” – e niente all’organismo ospite, che lui identifica nel molnupiravir, che fa strage del virus e assolutamente niente all’organismo ospite.

    Nessuna menzione delle condizioni di salute dei fattori ambientali, delle condizioni di salute dell’organismo ospite, del suo sistema immunitario, di altre eventuali patologie di cui forse già soffre, delle sovrainfezioni batteriche, dell’infiammazione, dell’immunologia – niente di niente. Esiste solo un patogeno, un organismo ospite assolutamente generico – che poi è quello su cui si fanno “gli studi”, e le conseguenze di ciò le stiamo vedendo con i vaccini – e un farmaco che risolve tutto.

    Era questa visione della salute umana (e del mondo) che stavo attaccando, e la Evidence Based Medicine è una delle sue stampelle ontologiche principali.

    • «Nessuna menzione delle condizioni di salute dei fattori ambientali, delle condizioni di salute dell’organismo ospite, del suo sistema immunitario, di altre eventuali patologie di cui forse già soffre, delle sovrainfezioni batteriche, dell’infiammazione, dell’immunologia – niente di niente. Esiste solo un patogeno, un organismo ospite assolutamente generico – che poi è quello su cui si fanno “gli studi”, e le conseguenze di ciò le stiamo vedendo con i vaccini – e un farmaco che risolve tutto. »

      …esatto, ma quella è roba da fricchettoni new age… :-)

      Su questo filone ci sarebbero moltissime cose da dire, anche riprendendo la considerazione di WM1 (correttissima) che (cito a memoria, non ho voglia di cercare il commento) “la maggiorparte di chi ha fatto il covid è guarita senza fare niente”. (PS: vedo ora testo robydoc: nel senso che le malattie virali quando “guariscono” lo fanno da sole tenendo sotto controllo i sintomi)

      Ecco, vista la mole direi “imponente” di asintomatici e/o di gente che è passata vicino al virus senza prenderlo (a titolo di esempio conosco diverse famiglie in cui uno dei due l’ha preso e l’altro, abitando nella stessa casa e senza particolari precauzioni, non è mai risultato positivo. Come ci sono famiglie in cui uno ha avuto un decorso asintomatico e l’altro è peggiorato fino a morirne) e considerati invece gli effetti devastanti che può avere in chi “lo prende male”, io mi chiedo se ci siano (e se non ci sono perché non ci sono) studi epidemiologici seri che provino a sviscerare la cosa. Ormai sono 2 anni, oltre 130.000 morti e 4.500.000 casi, qualcuno avrà studiato:

      – fattori ambientali;
      – stili di vita, alimentazione, sport (numeri, non titoli di giornale “era in formissima ma è morto di covid”);
      – fattori predisponenti (età, sesso, lavoro, BMI, glicemia, patologie pregresse)
      – trattamento sintomatico e decorso della malattia: con 4.500.000 di casi ci saranno i dati statistici per confrontare vari gruppi di persone trattate in modo diverso (fans – nonfans), o con trattamenti precedenti (gli anziani col cardirene, etc.)?

      Secondo me studi in tal senso ce ne sono troppo pochi, anche perché su tutti incombe il peccato di lesa maestà, quasi di negazionismo: che bisogno hai di studiare le dinamiche, non lo sai che c’è il virus?
      Siamo in emergenza, è incurabile, non si può studiare né comprendere, devi solo esorcizzarlo!

      • Caro Cugino ho riportato piu su il mio scambio con ISS https://www.wumingfoundation.com/giap/2021/10/fronte-del-porto-trieste-green-pass/#comment-46418

        sono in attesa di una risposta alle tue domande, che sono anche le mie sin dall’inizio e temo non arriverà

        Personalmente è uno dei motivi che mi spinge a disobbedire civilmente e a resistere a questo TSO somministrato con un brute force approach che non meritiamo nel 2021

        Uno degli studi che mi piacerebbe sarebbe anche il seguente: quali le differenze nei risultati della campagna vaccinale considerando in un caso soltanto la popolazione di età superiore ai 60 e nell’altro (quello attuale) l’intera popolazione?

        Senza un modello di rischio si va avanti a cazzo di cane, ad libidum in questra nuova normalità fatta di una dose semestrale (per inciso avendo pagato ad alto costo un prodotto che prometteva una copertura di 9 mesi non dovrebbimo chiedere dei soldi indietro?), una ripetuta fucilazione contro fastidiose zanzare che non permettono al sistema di ripartire.

        Anche il presidente lo ha detto: manifestare nelle vie del centro mina lo shopping e rischia di azzoppare la ripartenza.

        Credo sia ora anche di capire tra chi si è già vaccinato, per le piu svariate motivazioni (tipo anche mia moglie) cosa si ha intenzione di fare con la terza dose che personalmente, questa volta si, considero vera e propria connivenza con il cieco e deleterio approccio governativo rimpolpato (questo è sotto gli occhi di tutti) da giornalettismo terrorista.

        • Ciao Delfo,
          «Personalmente è uno dei motivi che mi spinge a disobbedire civilmente e a resistere a questo TSO somministrato con un brute force approach»

          :-)

          …anch’io credo che la disobbedienza civile a tutta la gestione sia il motivo più solido che mi ha spinto a certe scelte, quantomeno quello in cui ho trovato il senso razionale al mio comportamento da bastian contrario.
          E più diventa “dura” più mi sento razionalmente giustificato a mantenere la linea…

          «Credo sia ora anche di capire tra chi si è già vaccinato, per le piu svariate motivazioni (tipo anche mia moglie) cosa si ha intenzione di fare con la terza dose»

          Guarda, su questo, alla luce delle probabili nuove limitazioni, ieri sera ho finalmente avuto un onesto e aperto scambio di vedute con mia moglie.
          Lei disapprova la mia condotta per ragioni meramente pratiche, non è virocentrica e piuttosto distaccata, solo, visto che la nostra vita professionale e familiare è già abbastanza caotica, non vuole rotture di scatole e complicazioni come quelle a cui mi sottopongo io.

          Però adesso questa cosa della 3° dose e relativa “decadenza” del green pass sta cominciando a far venire qualche dubbio anche a lei (vaccinata con Astrazeneca tra maggio e giugno con relativi spaventi).

          Dal punto di vista strettamente “razionale” (abuso del termine) ci sta che si rendano necessari richiami periodici o nuovi vaccini come per l’influenza, visto che in fin dei conti di quella “famiglia” di virus stiamo parlando.

          Ma se è così, a maggior ragione è assurda la campagna di obbligo di fatto e l’estensione ai più giovani.
          Bisogna fare come si faceva per l’influenza: vaccino facoltativo a disposizione dei più fragili o di chi ne senta la necessità da fare “presso i” e “con il controllo dei” medici di base.

          Pensare di rendere obbligatoria per 60 milioni di persone, bambini compresi, la dose annuale è veramente al limite fra il grottesco e il distopico.

          • “Dal punto di vista strettamente “razionale” (abuso del termine) ci sta che si rendano necessari richiami periodici o nuovi vaccini come per l’influenza, visto che in fin dei conti di quella “famiglia” di virus stiamo parlando.”

            L’abuso del termine non è il primo, ma il secondo. Nonostante il paragone con l’influenza non sia necessariamente la banalizzazione estrema che è diventata uno degli straw men più popolari nella primavera scorsa, perché l’influenza può essere anche una brutta bestia.

            Comunque sia, la terza dose adesso è consigliabile. In futuro è plausibile che i vaccini contro il Covid non saranno questi.

            • Sì, hai ragione, l’uso del termine “influenza” è pericoloso, improprio e fraintendibile, ma avevo scritto “come per” e facevo riferimento alla “famiglia dei” virus, nei quali se non sbaglio ricade pure il raffreddore.

              Circa la necessità della terza dose, non ho assolutamente le capacità per entrare nel merito e non faccio nessuna fatica ad accettarla.

              Mi limito solo a far notare che ad oggi, se non interviene qualche significativo cambiamento nella malattia (endemizzazione?) e in assenza di significativi investimenti nella sanità, lo scenario più probabile sarà la necessità di una vaccinazione periodica (certamente la terza, possiamo escludere ne serva poi una quarta? O magari una “nuova” versione del vaccino, migliorata nell’efficacia e settata sulle inevitabili varianti?) che però visto l’orientamento del Governo e del CTS rischiano di nuovo di venire utilizzate non come libera scelta all’interno di una società e un sistema sanitario “in buona salute”, ma come obbligo de facto generalizzato a tutta la popolazione (certamente over 40) con annesso pass vaccinale per tutti.
              Mi sembra anche estremamente probabile che questo stato di cose proseguirà oltre il 31 dicembre 2021 e verosimilmente almeno fino all’estate 2022 o in caso di varianti anche oltre.

              Se nemmeno sulla base di questo scenario si accetta di ridiscutere tutta l’impostazione del GP (ovviamente non mi riferisco né a te, né ai padroni di casa, né a tutti quelli qui che sono critici con la gestione GP ma ai vari promotori ed entusiasti aderenti), non so come la si possa mettere se non nella distopia.

              • “Sì, hai ragione, l’uso del termine “influenza” è pericoloso, improprio e fraintendibile, ma avevo scritto “come per” e facevo riferimento alla “famiglia dei” virus, nei quali se non sbaglio ricade pure il raffreddore.”

                Sì, quello del raffreddore è un coronavirus, ma è proprio il termine “famiglia” che stai usando male. Non voglio tediare nessuno con questioni tassonomiche, ma sappi che i coronavirus sono parenti dei virus dell’influenza come noi siamo parenti di qualunque essere vivente appartenente al regno animale. Anche delle spugne.

                Sulla terza dose, io non ho parlato di necessità. Ho detto che adesso è consigliabile. Per alcuni è necessaria, per altri meno, ma il problema non è la terza dose. Il problema è appunto che non abbiamo una prospettiva. In questo senso, nuovi vaccini potrebbero aiutare.

            • Forse dovremmo ricalibrare il senso di ‘brutta bestia’ e lo si potrebbe fare sotto vari punti di vista, mortalità, disabilità indotta, impatto sull’economia…. credo sia in crisi proprio ‘the purpose of life’, se l’influenza stagionale nel suo anno di picco si porta via 15000 persone, per lo piu anziane e con altre complicazioni, parliamo di brutta bestia? La morte la vogliamo proprio far scomparire sotto al tappeto? a me pare che le brutte bestie siano ben altre, e tutte rigorosamente lasciate libere di pascolare. Basta farsi un giro sulla pagina dell’ISS dedicata al tabagismo, constatare che durante la gestione loca della sindemia ci sono stati 1,2 Milioni (soprattutto giovani) in piu di fumatori e ZERO messaggi per limitare il tabagismo (che visto che il covid attacca i polmoni….) visto che fin da T0 il vaccino è stata eletta UNICA soluzione. Ecco a me la gestione di questa sindemia mi pare una brutta bestia, anche perchè non mi pare nessuno stia calcoladno i danni collaterali della gestione, da perdita di posti di lavoro, a suicidi e femminicidi, a depressione a burn out…. l’importante è non morire. Solo che peggio di morire c’è il non vivere. La terza dose è consigliabile per chi e in base a cosa? il sistema immunitario ha meoria o no? e quanti anticorpi dobbiamo avere per stare sereni? ed avere troppi anticorpi indotti per troppo tempo non puo portare aproblemi?

  124. Ad un certo punto ho un po’ perso il punto della discussione tra Henryk e Isver, nel senso che non ho compreso il punto di disaccordo. L’intervento di WM1 ha contribuito a insospettirmi: si vuole dire che a quelli che finiscono in ospedale e/o in TI, ma anche molti di quelli che all’ospedale non ci arrivano, non vengono somministrati farmaci? Naturalmente non è così, quindi non ho capito cosa intendiate.
    Però, visto che Henryk mi è parso straordinariamente efficace, vorrei esprimere il lieve disaccordo con lui – e mi sa con molti qui – sulla questione dell’evidence based medicine. “Lieve” perché una definizione più corretta secondo me potrebbe farci ritrovare l’accordo. La versione di EBM che mi pare prevalga qui è un po’ troppo basic e per quanto ne so non troppo corretta. Gli studi e gli esperimenti non è che vengano realizzati tenendo ferme due variabili e il resto si fotta. Banalmente perché quello NON sarebbe appunto EB ma una scemenza, una specie di errore grammaticale, non so come dire. I risultati “finali” dicono che quel farmaco vale in quelle condizioni, non sempre e comunque. Però penso davvero che mi stia sfuggendo qualcosa, non credo che queste cose non siano perfettamente risapute qui.

    • Noi abbiamo da sempre la stessa impressione che ha testè comunicato Robydoc, che questo piano della discussione non solo non sia il nostro, di questo blog, di questa community, ma che non sia davvero quello necessario. Tutto, su quel piano del discorso, ci sembra s-centrato rispetto al focus che dovrebbe avere la critica dell’emergenza pandemica. Imperniare il discorso sulle “cure” ci sembra abbia sempre portato fuori strada le discussioni. In passato abbiamo provato a spiegarlo in maniera più approfondita, dunque qui non mi ripeto. Ma davvero, non ci convince, non è il terreno nostro e non è quello che vogliamo occupare.

      • er come la vedo, molto sintetizzando, l’assioma “Covid, malattia incurabile” narrativa di massa standardizzata ha portato ad una serie di provvedimenti emergenziali di massa, tralasciando forse i primi due mesi, nei quali un’ansia era giustificata, per capire cosa fosse questa pandemia.
        I provvedimenti arrivano dopo un’escalation contraddittoria (la subitanea non chiusura di confindustriale, mezzi pubblici e via dicendo) all’assioma “vaccini unica soluzione”, e green pass; divisione della società in complottisti/negazionisti fascisti/no vax e buoni ed ubbidienti cittadini.
        Cure precoci e, ad esempio, Anakinra, smontano questa narrativa, che a sua volta è stata assidua nel tentativo di smontare la necessaria cura precoce del virus.
        Ad oggi i Fans non sono suggeriti come cura, ma come trattamento sintomatico in alternativa al paracetamolo: ” trattamenti sintomatici (ad esempio paracetamolo o FANS in caso di febbre o dolori
        articolari o muscolari, a meno che non esista chiara controindicazione all’uso”, questo citato dal protocollo del ministero ora in uso.
        Questo ovviamente non significa mettere in discussione l’efficacia dei vaccini o delle mascherine o di altre possibili misure debitamente contestualizzate secondo un loro uso appropriato.
        Sarebbe interessante fare un gruppo di approfondimento a riguardo per in effetti non intasare i thread.
        Io sono disponibile.
        Le conseguenze a mio parere sono politiche e sociali da vari punti di vista.
        Ciò non toglie che altri approcci che partano anche da altre basi siano legittimi e necessari.

        • Io ho già espresso forti perplessità su quest’idea che la narrazione dominante e più nello specifico la procedura sanitaria standard in caso di contagio sia incentrata su un dogma che vuole il Covid «incurabile». Non corrisponde né a quel che constato da due anni, né alla mia esperienza diretta di ex-ammalato e di amico e conoscente di ex-ammalati. Quando ce n’è bisogno chi ha il Covid viene curato eccome, nel senso che gli vengono prescritti farmaci che gli/le permettano di “passare la nottata” mentre guarisce. A una mia amica che se l’è preso brutto brutto prima dell’estate ma che non è stata ricoverata – oggi, per varie ragioni, penso che verrebbe ricoverata – fu prescritto un antinfiammatorio che la fece stare subito meglio. A me e alla mia famiglia – e alla grande maggioranza di chi se l’è preso – invece non hanno prescritto nulla perché il quadro dei nostri sintomi non lo rendeva necessario. La stragrande maggioranza di chi s’è preso il Covid è guarita, a casa o in ospedale che fosse, con complicazioni o senza, prendendo farmaci o non prendendoli. Se si guarisce, vuol dire non è «incurabile». Fino a poco tempo fa quando si diceva che un male era «incurabile» significava che da quel male non si guariva. Adesso si dice che secondo il sistema è «incurabile» un male da cui milioni e milioni di persone guariscono ogni giorno. Se la narrazione dominante fosse quella, negherebbe un’evidenza innegabile, e allora non starebbe in piedi. Una narrazione diventa dominante solo se in qualche modo, anche sbilenco, “sta in piedi”. Lo stesso vaccino va nella direzione di rendere il Covid più facilmente curabile perché chi è vaccinato ha minori probabilità di prenderselo in forma grave. Io leggo, e provo a rifletterci, ma davvero continuo a non comprendere questo focus su cure vs. vaccino, cure vs. non cure, farmaci vs. non farmaci. Non mi sembra l’«incurabilità» l’architrave della narrazione tossica sul Covid. Boh.

    • sapendo benissimo di essere pericolosamente e giustamente vicino all’essere accompagnato alla porta di questo bellissimo e importantissimo forum, e ribadendo la mia gratitudine per l’ospitalità che i Wu Ming stanno dando obtorto collo a questa diatriba, mi permetto di rispondere a robydoc.

      “Gli studi e gli esperimenti non è che vengano realizzati tenendo ferme due variabili e il resto si fotta. Banalmente perché quello NON sarebbe appunto EB ma una scemenza”

      Potete parlarmi quanto volete di una EBM immaginaria dove si fa tutto bene e “scientificamente” e si prendono in considerazione tutte le variabili e si pubblicano tutti i dati e gli studi vengono pianificati, eseguiti e pubblicati nel miglior modo possibile, ma le cose non stanno proprio così nel mondo reale, e lì si arriva a questa idea astratta di “scienza” al di fuori della politica e delle bassezze umane che è una delle ancore principali di tutta sta faccenda, e anche dell’altra pandemia di cui mi occupo, quella di Xylella.

      Poi come si faccia a misurare con uno studio l’efficacia di farmaci per curare una malattia che uccide principalmente persone che soffrono di due/tre altre patologie – e che già prendono farmaci per quelle due/tre patologie – non riesco proprio a immaginarlo.

      E’ questo l’approccio “sindemico” di cui si è un po’ parlato quest’anno e che io sto cercando di articolare più “praticamente”, e del quale le “cure” sono solo un aspetto.

      Se mi permetto di insistere così tanto (dovete vedere di cosa sono capace di fare durante una cena), è perché secondo me abbandonare il paradigma “pandemico” incentrato sul virus – il virocentrismo che ho imparato a conoscere su questo sito – è inevitabile per avere una qualche speranza di uscire da questa situazione.

      • Ecco, dài, facciamo che è l’ultimo commento con questo focus.

        • Sono d’accordo, e per concludere provo solo a ricucire lo “strappo” con @Wu Ming 1, che alla discussione in qualche modo ha presto parte.

          Sono completamente d’accordo quando dici che “Quando ce n’è bisogno chi ha il Covid viene curato eccome, nel senso che gli vengono prescritti farmaci che gli/le permettano di “passare la nottata” mentre guarisce.”, e infatti i malvagi medici delle terapie domiciliari/precoci di questo parlano: aiutare i malati gravi di Covid-19 a “passare la nottata”, un po’ come nella cura del cancro ci si sta lentamente spostando dal bombardare chimicamente il tumore con la chemio – facendo non pochi danni al corpo in cui si sviluppa – al rinforzare le difese immunitarie e la capacità di quel corpo di “passare la nottata”.

          Una “nottata” che quando si tratta di Covid-19, non ce lo dimentichiamo, 130.000 persone non “l’hanno passata”, e su questo fatto prima o poi qualche domanda tocca farla, secondo me, specialmente per il ruolo che quei 130.000 cadaveri su 130.000 camion Bergamaschi svolgono nel distorcere il dibattito sulla gestione della pandemia.

          Capite anche che “aiutare a passare la nottata” è molto diverso dal “veleno che uccide il virus” di Burioni, e dal vaccino salvifico e la sua efficacia del 99 virgola x.

          La tua disanima di come il paradigma dell’incurabilità non è l’architrave della narrazione tossica sul Covid è secondo me giustissima, ma d’altra parte il sistema non ha mai detto che saremmo morti tutti – loro hanno solo detto che chi non seguiva le istruzioni alla lettera sarebbe morto.

          La morte automatica di Covid-19 non stava nella “realtà”, ma nelle previsioni catastrofiche della fondazione GIMBE (miei nemici mortali) che dicevano che se non si faceva/chiudeva/vietava questo, “quel” numero di persone sarebbero automaticamente morte, e non c’era nient’altro che si poteva fare al riguardo se non chiudere scuole etc. etc.

          Passo, chiudo e ringrazio per tutto il lavoro che state facendo – e dato che ci sono anche per aver scritto Altai, uno dei miei libri preferiti che sto rileggendo in questi maledetti giorni di pioggia.

      • Se mi posso permettere di nuovo Henryk, vorrei provare a toglierti dal convincimento che “o si parla di cure o non se ne esce”. Mi sta particolarmente a cuore perché anche io sono stato a più riprese vittima di questo fondamentalismo interpretativo.
        Il commento di seguito mi è testimone:
        https://www.wumingfoundation.com/giap/2021/09/ostaggi-in-assurdistan-2/#comment-45024

        Ci provo con un assurdo che mi è venuto in mente proprio Sabato mentre assistevo a Roma all’ennesimo intervento di un medico sul palco che, in sintesi, urlacchiava di come lui e altri medici “buoni” stiano curando il Covid “da mò” senza vaccini.

        L’assurdo è questo: mettiamo che alla stessa manifestazione avesse fatto la sua apparizione Draghi e fosse intervenuto con qualcosa del tipo “Avete ragione, abbiamo sbagliato col vaccinocentrismo ma le tangenti erano cospicue e teniamo tutti famiglia. Prometto che da domani si parte anche con le cure come ci chiedete da mesi e via il GP”.

        Come sarebbe cambiato il futuro, provandolo a immaginare dopo questo assurdo “giù la maschera”?
        Si sarebbe creata una coscienza di classe in chi stava urlando “libertà”?
        Si sarebbe costruita una critica sistemica più consapevole che includesse anche persone fino a poco tempo prima “insospettabili”?
        Avremmo per caso capito perché stra-cazzo c’è tutta una serie di compagni di lungo corso che sono diventati mazzolatori del Draghistan?

        La risposta è ovvia ed è no. Si sarebbe soltanto rimosso 1 _ostacolo_ ed alla prossima emergenza saremmo tornati a subire gli stessi pattern: scarico della responsabilità verso il basso, uso schifoso di scienza all’amatriciana e scientismo, privatizzazione di qualsiasi soluzione di interesse pubblico etc. etc. etc.

        In conclusione io il vero valore lo vedo nella struttura dei discorsi che si stanno facendo qui e dovunque ci si sforzi di costruire una lettura più a tutto tondo.
        Quello che serve, secondo me, non è rimuovere un’ostacolo specifico di questa emergenza, ma ricavare un’interpretazione per ghermirle tutte.

        • Si sarebbe creata una coscienza di classe in chi stava urlando “libertà”?
          Sicuramente no.
          Ma credo che chi vuole portare questi temi all’ordine del giorno della sinistra radicale e anarchica non creda che questa sia l’unica cosa da criticare o da portare avanti, ma solamente una delle critiche che non è stata portata avanti, e che secondo me ha portato anche in un certo senso a far sentire la collettività soverchiata da un apparato, dimenticando così anche le altre che qui giustamente vengono ricordate.
          Per la prossima emergenza servirà forse a tenerci più attenti dalle strumentalizzazioni ad hoc del sistema.
          Ed una necessaria visione a riguardo a livello occidentale e globale.
          Passo, ringrazio, ed anche io chiudo.

      • “Potete parlarmi quanto volete di una EBM immaginaria dove si fa tutto bene e “scientificamente” e si prendono in considerazione tutte le variabili e si pubblicano tutti i dati e gli studi vengono pianificati, eseguiti e pubblicati nel miglior modo possibile”

        Cosa che _nessuno_ ha fatto. Si continua con questa modalità polarizzante di discussione, che non porta da nessuna parte se non a irrigidirsi. Per giunta scrivendo commenti da duemila battute. Tutti fondamentalmente uguali.

        Dire che l’evidence based medicine è più complessa della rappresentazione da barzelletta che esce da una discussione francamente assurda, non significa dire che va tutto bene.

        Come non significa dire che va tutto bene dire che la critica all’evidence based medicine non può essere un piede di porco per scardinare il sistema della regolazione farmaceutica, con tutti i suoi limiti e difetti. Così si svilisce la critica all’evidence based medicine e si sputtana la medicine tout court.

        Vogliamo criticare l’evidence based medicine? Va benissimo. Vogliamo dire che la regolazione farmaceutica è un verminaio? Va benissimo. Ma i due discorsi non possono essere usati a supporto dell’idea che se il medico osserva effetti benefici di un farmaco nei suoi pazienti, è sufficiente così. No, non è sufficiente così.

  125. “Se si guarisce, vuol dire non è «incurabile»”
    Forse il punto sta proprio qui.
    In questo senso appunto molto esemplificativo il video citato di Burioni.
    Se per cura, partendo dal concetto olistico di salute proprio anche dell’Oms, arriviamo anche ad un concetto olistico di cura, concordo con te.
    Se parliamo, come la narrazione fa, di cura farmacologica, essa appunto nelle carte non esiste.
    I fans sono per alleviare i sintomi e non per curare la malattia.
    I nuovi farmaci recentemente approvati sono in linea invece con un concetto farmacologico.
    Vero è che nella cura della malattia molto grave ospedalizzati si siano usati farmaci off label all’interno di protocolli sperimentali o per combattere le patologie o sintomatologie concomitanti al covid.
    Approvati appunto quando la frittata green pass e misure varie era già pronta per essere servita.
    I vari protocolli -Eual, cure ministeriali e vari- sono molto chiari mi pare in tal senso.
    “La lezione di Burioni: ecco perché non abbiamo una cura contro il Covid” 17 ottobre 2021.
    Lo dice Burioni, non lo dico io..
    Cmq rendo disponibile la mia mail ai Wu se volessero girarlo a Henryk o chi fosse interessato e magari creare un collettivo ad hoc sul tema esterno a Giap.. Così da non intasare..

    • “Vero è che nella cura della malattia molto grave ospedalizzati si siano usati farmaci off label all’interno di protocolli sperimentali o per combattere le patologie o sintomatologie concomitanti al covid.
      Approvati appunto quando la frittata green pass e misure varie era già pronta per essere servita.”

      Forse sulle tempistiche non è stato chiarito a sufficienza il punto fondamentale. Qui sono i vaccini a essere arrivati in tempi straordinariamente brevi e non i farmaci a essere arrivati in tempi straordinariamente lunghi. Per la precisione, sono i vaccini a mRNA l’anomalia, perché quelli “tradizionali” ancora non si sono visti. Ovvero arriveranno dopo questi farmaci.

      Non fosse stato per la tecnologia a mRNA, che cascava a fagiolo ed è stata spinta anche perché ha questo vantaggio, adesso saremmo a novembre, ma del 2020. E saremmo qui a benedire l’approvazione dei farmaci, che non ci sembrerebbe in un certo senso fuori tempo massimo. Cosa che in realtà ovviamente non è, visto che la gente continuerà ad ammalarsi di Covid ancora per un bel po’.

  126. Sottoscrivo pienamente gli ultimi due post di Lana e Henrick. E mi sembra legittimo, che tu, Henrick, occupandoti dell’epidemia che colpisce gli ulivi, abbia voce in capitolo, e che il parallelo preso anche solo come spunto potrebbe aiutare a dare una certa evidenza alle aberrazioni di tipo terapeutico (che qui non si vogliono affrontare, e sono d’accordo con Lana, smettiamola di importunare e troviamoci un altro spazio di discussione) a cui può condurre il patogenocentrismo. E un po’ come se di fronte alla Xylella, cercando di capire come limitarne la diffusione, prevenire le infezioni e curare le piante malate, vi foste dett* che non serve a niente identificare le condizioni fitosanitarie e ambientali che hanno permesso l’insorgere dell’epidemia, che la lotta biologica è un approccio inutile, o chissà quale altra insensatezza.
    Approfitto dello spazio per aggiungere che, malgrado una certa frustrazione da ingollare rispetto al non voler entrare in questa materia specifica, i WM e il loro blog a me hanno dato, e danno sempre, chiavi preziose per affrontare il mio quotidiano pandemico in modo lucido, posato, a volte anche incisivo.

  127. Oggi sentivo per radio che un pezzo della benemerita classe politica italiana (Toti, Fedriga, Occhiuto, Renzi) propone il lockdown selettivo per i non vaccinati, sul modello austriaco.
    Oltre ad essere di fatto impraticabile (chi e come controlla?), questa misura possiede una caratteristica, che ne fa, a mio parere, un assurdo etico e giuridico. Se tu, Stato, non mi obblighi a vaccinarmi, non mi puoi punire perché non mi vaccino. Per la prima volta nella storia, credo, saremmo di fronte alla commissione di una sanzione per non aver commesso il fatto.
    Il primo lockdown conteneva già di per sé dei limiti inaccettabili, ampiamente segnalati e dibattuti qui su Giap, ma questa proposta è talmente stravagante e illogica che non poteva che provenire da dove proviene. Mi aspetto, tuttavia, che farà proseliti.

  128. Giunti a quasi 500 commenti – per scorrerli servono decine e decine di schermate da computer, e centinaia di movimenti di pollice sul telefonino – e constatato che ci siamo allontanati molto dall’argomento specifico del post (la piazza Triestina, le proteste contro il green pass, la lotta di classe), chiudiamo il thread perché è ormai un mammuth con ali di mosca. Domani pubblicheremo la seconda parte del reportage di Andrea Olivieri.