Well done. Due parole su L’#Armatadeisonnambuli

A.E. Fragonard, «Boissy D'Anglas saluta la testa del deputato Féraud, I° Pratile Anno III (20 maggio 1795)», olio su tela, 1831. «L'Armata dei Sonnambuli», pagg. 761 - 762. Clicca per ingrandire.

A.E. Fragonard, «Boissy D’Anglas saluta la testa del deputato Féraud, I° Pratile Anno III (20 maggio 1795)», olio su tela, 1831. «L’Armata dei Sonnambuli», pagg. 761 – 762. Clicca per ingrandire.

Nessun nostro libro era mai partito così: il magazzino svuotato già nei primi giorni, tutte le trentacinquemila copie della prima tiratura distribuite subito (e cinquemila vendute di colpo), una consistente ristampa in corso… L’Armata dei Sonnambuli ai primissimi posti delle classifiche di vendita, i social media brulicanti di commenti, omaggi, tributi, gallerie di immagini, spin-off, mascherate, cacce al tesoro, addirittura un laboratorio di magnetismo rivoluzionario… Grazie a tutte e tutti per l’affetto, la fiducia, la disponibilità a mobilitarvi.

Questo post l’avevamo già “in canna”, ne avevamo anticipato più volte il “succo”, ma non speravamo – perché la speranza è «una cosa infame inventata dai padroni» (Mario Monicelli) – di poterlo pubblicare dopo una risposta così incoraggiante.

L’Armata dei Sonnambuli conclude una fase della nostra storia di narratori e romanzieri. Il racconto della rivoluzione iniziato con il nostro romanzo d’esordio, Q, ancora firmato Luther Blissett, è proseguito attraverso gli altri romanzi collettivi: Asce di Guerra, 54, Manituana, Altai, saltando da un secolo all’altro della modernità, fino ai giorni nostri. Dalla rivoluzione dei contadini tedeschi del 1525 alla rivoluzione mancata della Resistenza e alle lotte di decolonizzazione; dalla Rivoluzione americana vista con gli occhi delle comunità meticce e delle Sei Nazioni Irochesi fino al ritorno agli scenari del XVI secolo, con il progetto utopico di Josef Nasi nell’isola di Cipro.

Lo Spirito di Marat

«Nello spirito di Marat, io ti colpisco!»
Scaramouche visto da Simone Vecchioni.

Mancava una tappa importante: la rivoluzione per antonomasia, l’Evento che fonda la contemporaneità politica. Abbiamo deciso di affrontare la Rivoluzione francese alla nostra maniera, scegliendo le angolazioni più strane e stranianti che potessero sollecitare la nostra immaginazione, ficcando i piedi nel piatto, provando a scaraventare i lettori in medias res senza remore e senza salvagente. Non abbiamo raccontato né l’exploit rivoluzionario né la coda lunga della Rivoluzione, bensì il suo momento centrale, letteralmente ciò che sta nel mezzo (in questo lasciandoci ispirare dal magistrale Victor Hugo di Novantatré). Ovviamente c’è un prima, che condiziona le vicende dei personaggi, e c’è un dopo, che li vede perdersi nei meandri delle cronache. Ma soprattutto c’è un durante, il biennio del Terrore e del Termidoro, il raggiungimento del picco e l’inizio della discesa, come un giro di boa della storia e delle vite che abbiamo voluto raccontare.

Mentre L’Armata dei Sonnambuli prendeva corpo sotto il ticchettare delle tastiere, ci siamo resi conto che non stavamo chiudendo soltanto un percorso narrativo, appunto, ma anche una fase dell’impresa collettiva che conduciamo da quasi vent’anni. Abbiamo riflettuto spesso, qui su Giap, su come il nostro mestiere debba cambiare e sia già cambiato, con il mutare delle circostanze intorno a noi e delle nostre stesse vite. Soprattutto, però, durante gli anni della stesura ci ha incalzati sempre più pressante la massima che uno dei nostri numi tutelari, indiscusso maestro di stile, Cary Grant, enunciò quando decise di concludere la propria carriera: «Meglio andarsene un attimo prima, lasciandoli con la voglia, piuttosto che un attimo dopo, avendoli annoiati».

Sonnambuli

«Mentre lottava per non far salire la paura dal perineo alla pancia, Léo ebbe un’intuizione. Automi. Esseri caricati a molla. Del resto, per imitare alla perfezione i movimenti di un uomo, basterebbe un buon orologiaio. La cute si fa con qualche pelle ben conciata. Gli occhi, con gemme o pezzi di vetro, a seconda di chi sei e che posto hai nel mondo. E quegli occhi somigliavano davvero a pezzi di vetro.»

Non vogliamo correre il rischio di annoiare nessuno, prima di tutto noi stessi. Abbiamo maturato la consapevolezza che, giunti a questo punto, per noi cambiare è una necessità e – ci piace pensare – anche una dimostrazione di vitalità. Prima che sia troppo tardi, prima di ripeterci, prima di rompere i maroni, prima di mandarci a quel paese tra noi com’è nella tradizione delle migliori rock band, decidiamo di voltare pagina e metterci a scrivere altro in un altro modo.

Di conseguenza L’Armata dei Sonnambuli è:
– la summa di tutto quello che abbiamo imparato sulla scrittura di romanzi storici in oltre tre lustri di attività – cioè quello che consideriamo il nostro romanzo migliore;
– un commiato dagli stilemi praticati fino ad ora e che in queste ottocento pagine abbiamo cercato di portare al limite estremo;
un superamento di tutto questo e un’anticipazione di come ci muoveremo in futuro.

I lettori più avveduti lo stanno già cogliendo, rispetto ai precedenti romanzi storici qui c’è l’esperienza fatta negli altri filoni della nostra produzione: quello che include i saggi di “lettura creativa” e gli oggetti narrativi non-identificati (TimiraPoint Lenana e tutto il lavoro sull’eroe, sull’epica, su J.R.R. Tolkien) e quello delle ibridazioni di musica e scrittura.

Léo aveva temuto di affrontare una mala parata, di dover fuggire gambe in spalla inseguito dalla cagnaccia, e invece l’intero crocicchio rimbombava di applausi e grida che inneggiavano all’eroe. A volte basta la luce di un lampo per ritrovare la strada in una notte buia.

«Léo aveva temuto di affrontare una mala parata, di dover fuggire gambe in spalla inseguito dalla cagnaccia, e invece l’intero crocicchio rimbombava di applausi e grida che inneggiavano all’eroe. A volte basta la luce di un lampo per ritrovare la strada in una notte buia.»

Per quanto ci riguarda, quindi, L’Armata dei Sonnambuli è un’opera importante almeno quanto Q. La spingeremo avanti con il pugnale tra i denti, per mesi e mesi, come si trattasse di assaltare la Bastiglia o il palazzo delle Tegolerie. E speriamo di poterne discutere con tanti di voi nelle cento e passa presentazioni che ci aspettano da qui alla fine dell’anno.

Ecco, ora che abbiamo detto tutto non resta che ricambiare lo sguardo di Cary che ci osserva sornione dalla foto sulla parete. Quasi ci sembra di sentirlo dire: – Well done, old fellows.
E’ a voi tutt* che giriamo queste parole.

Bologna, aprile 2014

Cary Grant

ALCUNE RECENSIONI E INTERVISTE

Giuliano Santoro recensice L’Armata dei Sonnambuli su Dinamo Press

Girolamo De Michele recensisce L’Armata dei Sonnambuli su Carmilla

Wu Ming 1 parla de L’Armata dei  Sonnambuli a Radio1 Music Club

Scaramouche, Scaramouche!

Wu Ming 4 parla de L’Armata dei Sonnambuli a «La colazione dei campioni», Radio Città del Capo

L’Armata dei Sonnambuli – Speciale sul sito Einaudi

Monte à la tribune, citoyen Saint-Just!

E GIÀ CHE CI SIAMO: IL BOOKLET DI BIOSCOP, L’ALBUM DEL WU MING CONTINGENT

Cliccando qui potete navigare il booklet di Bioscop, con tutti i testi delle canzoni. In esclusiva su SentireAscoltare. Ricordiamo che il disco esce il 18 aprile.

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55 commenti su “Well done. Due parole su L’#Armatadeisonnambuli

  1. La mia “armata” è giunta ieri e credo che dovrà attendere qualche giorno vista l’imponenza con cui si è mostrata.
    Permettetemi di volar basso e ,prima di tutti i ragionamenti e i commenti possibili, di fare un brindisino per queste 40mila copie della prima settimana. Non mi intendo di tali dati, ma mi pare un grandissimo inizio.

    Parlando di sonnambuli, mi son venuti in mente questi versi…

    Vedo gli amici ancora sulla strada,
    loro non hanno fretta.
    Rubano ancora al sonno l’allegria,
    all’alba un po’ di notte
    .

    • Grazie! Chiariamo: 40.000 copie fuori dai magazzini, che infatti sono vuoti! Il venduto della prima settimana, come detto, è [sopra le] cinquemila copie. Cosa che – ce lo hanno appena detto – ci ha piazzati al terzo posto assoluto nella classifica Nielsen (dato di oggi). La ristampa arriverà, con ogni probabilità, il 24 aprile. Nel frattempo, il libro c’è, ma non sono possibili “ricarichi” alle librerie che restano senza.

  2. Una qualità tra le tante che vi si possono attribuire è per me particolarmente rilevante: non prendete mai in giro chi vi segue. Siete sempre presenti, chiari e sinceri, pronti a mettervi costantemente in discussione e questo vostro ultimo post ne è la ennesima prova.

    L’onestà, l’impegno e la passione che trasudano dalle vostre parole (quelle che mettete sia dentro che fuori dai libri che scrivete), cancellano ogni possibile dubbio che gli scenari futuri del collettivo possano risultare in qualche modo “deludenti” per chi, come me, vi ha amati così tanto fino ad ora.

    Sto leggendo “L’Armata dei sonnambuli” ed è splendido. Se questo romanzo deve essere un simbolico “addio” a qualcosa, beh, sono ancora all’inizio ma ha tutta l’aria di essere il migliore degli “addii” possibili. E’ vibrante, ispirato, potente… vivo.

    Siete una figata di mondo in continua evoluzione e vi si accoglierà sempre a braccia aperte.

  3. ….
    Cazzo, ma almeno qui ci si ribecca?
    Anch’io ho iniziato l’Armata, e ci sono dentro fino al collo..
    Hasta siempre e grazie di tutto

    Saverio

  4. Règaz, abbiamo scritto che i prossimi libri non saranno romanzi storici perché questo è l’ultimo del filone iniziato con Q. Come da qui si sia arrivati a temere che chiudiamo Giap è un bel mistero! :-D

    • E dite niente?
      Con che spirito mi tocca andare avanti nella lettura di LADS sapendo che è l’ultimo romanzo storico di Wu Ming che stringo tra le mani?
      Brutta stoccata ci avete inferto oggi, compadres.

      • Non abbiamo scritto nemmeno che è l’ultimo romanzo storico di Wu Ming, bensì che scriveremo altro in un altro modo. Non significa che la smettiamo di avere a che fare con la storia… Suvvia, consòlati! :-)

      • È l’ultimo “romanzo storico” scritto alla maniera di Q, Manituana e compagnia (e d’altra parte è già scritto in maniera diversa…). Ciò non significa che non ci occuperemo più di vicende storiche. Ma lo faremo con testi che, forse, solo tra molti anni si chiameranno “romanzi” senza virgolette. O che magari, tra molti anni, saranno considerati esperimenti falliti di una novità mai nata.

        • Dopo tutti questi anni mi consolo, certo, perché so che sarò sempre qui insieme a tanti altri sanculotti, ad attendere i vostri prossimi esperimenti. E se l’idea era quella di incuriosirci ci siete riusciti alla perfezione, tanto per cambiare.
          Ma a costo di passare per vecchio reazionario, che Saint-Just abbia pietà del colletto della mia camicia, a me il vecchio modo piaceva e pure tanto!

        • Lo so che bisognerebbe parlare dei libri solo dopo averli finiti. So anche per esperienza che la prima lettura, almeno per me, è sempre “bulimica” e rende difficile capire il rapporto tra il romanzo che si sta leggendo e tutti gli altri dello stesso autore (e tutto il resto del mondo). È un mondo a sè che giustamente assorbe, e deve farlo.
          Tuttavia.
          Qui sopra dici che “è già scritto in maniera diversa”. Il grande passo in avanti che riesco a vedere finora rispetto agli altri vostri romanzi storici sta nella profondità con la quale sono caratterizzati i personaggi principali. Come se aveste deciso (o imparato) a calarvi in essi, a rispettarli ed “amarli” più del consueto, fino a farne qualcosa di ben diverso e “migliore” di semplici strumenti, “sonde” calate nella storia che raccontate.
          Sarebbe banale portare come esempio Marie Nozière, quindi prendiamo Laplace: un carattere completamente esterno e opposto alla vostra “comfort zone”, eppure a tratti riuscite a muoverlo come se pensaste come lui, e a regalargli una sua cupa grandezza.
          Massimo rispetto!

          • Grazie, tutto centrato, condivisibile e lusinghiero, però…

            …però arriva fino in fondo, Vecio! :-)

      • La “brutta stoccata” ai lettori e a noi stessi la daremmo non aprendo nuovi sentieri, cosa che del resto abbiamo sempre fatto. La terra del “romanzo storico” l’abbiamo attraversata tutta, e, quand’eravamo quasi in fondo, abbiamo visto altre regioni da esplorare, forti dell’esperienza accumulata. Ispirandoci a quelle visioni abbiamo fatto esperimenti, e adesso con L’Armata dei Sonnambuli superiamo il confine.

    • Ma scusate, questa cosa non era già stata annunciata? E il trauma non l’avevamo già avuto e metabolizzato qualche settimana fa?

      Che poi, “l’ultima volta che scriviamo così” può significare tante cose. Il commiato a uno stile di scrittura non è un commiato ai lettori.

      E infine, diciamocelo: mai mettere limiti al destino. Avevano anche detto “mai un seguito di Q”, e poi l’hanno scritto! “Non faremo mai pagare gli ebook”, e poi invece è capitato.
      Magari tra un po’ di anni salta fuori che invece questo tipo di scrittura è proprio quello che ci vuole da tirare fuori.
      Magari la prossima volta che licenziano il papa.

      (tra parentesi, a proposito del trasformarsi in popstar, andrebbe discussa acnhe una cosa, a metà tra riscoperta di tradizioni di lotta e revival di quando-eravamo-giovani: qualcuno ha notato quanto stanno tornando in auge gli anni ’90 tra gli ambienti alternativi? Negli ultimi tempi sono usciti un album celebrativo di “Hai paura del buio” degli Afterhours, un “Curre curre guagliò 2.0” dei 99posse, e in libreria Culicchia ha pubblicato “Tutti giù per terra reloaded”. In questa sede sarebbe OT, ma prima o poi sarebbe il caso di discutere questo fenomeno)

      • Beh, no, non era stata annunciata, non con tutti i crismi, altrimenti non si capirebbero le reazioni.

        Due precisazioni: se per “seguito di Q” intendi Altai, faccio notare che quasi tutti quelli che hanno letto il libro con quest’approccio e quest’aspettativa sono rimasti delusi, perché di un “seguito di Q” non hanno trovato traccia, e noi del resto l’avevamo detto in tutte le salse che era tutt’altra cosa.

        L’ebook a pagamento (in realtà copyleft e DRM-free, quindi liberamente riproducibile) è stato un esperimento una tantum ed è stato un flop, lo hanno comprato poche centinaia di persone, nulla che possa giustificare nemmeno alla lontanissima una deroga – tantomeno un’abiura – rispetto alla nostra prassi di sempre, che infatti continuiamo a portare avanti.

        Altri esempi? :-)))

        • “Stiamo cambiando, andiamo oltre l’essere-scrittori. […] il romanzo L’armata dei sonnambuli (uscita prevista per marzo) sarà il nostro congedo dall’epoca che abbiamo ormai alle spalle. E speriamo sia un congedo in grande stile.”
          http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=14745

          Più crismi di così?
          Guadiamo tra i commenti:

          “In occasione della presentazione di Point Lenana a Torre Pellice l’estate scorsa, durante la sessione delle domande ricordo di aver chiesto a WM1 qualcosa del tipo: dopo aver sperimentato le nuove forme narrative allargate in Timira e Point Lenana, come riuscirete a tornare indietro e scrivere ancora narrativa convenzionale in forma romanzo? Come potrete tornare a vivere allo stretto?
          La risposta, che oggi sappiamo tutti perché sta scritta qui sopra, è stata: il prossimo romanzo di gruppo sarà l’ultimo prodotto “tradizionale” del collettivo a vedere la luce. Da lì in poi, anche nei lavori a quattro(?) mani, ci sposteremo inevitabilmente su nuove forme e formule. Come dire: ormai il guscio si è rotto, non si può tornarci dentro, nemmeno se volessimo.”
          [http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=14745&cpage=1#comment-22559]

          Quanto alle due precisazioni: sì, è vero. Ed era tutto chiaro già da prima. Ma io non ho mai parlato di abiura. Ho solo espresso la speranza che licenzino il papa un’altra volta.

          • Eppure molti lettori hanno appreso la cosa solo quando abbiamo fatto un post *interamente dedicato* all’annuncio di questa svolta. Quindi evidentemente proprio tutti i “crismi” non c’erano :-)

  5. Scusate, ma:
    “ci siamo resi conto che non stavamo chiudendo soltanto un percorso narrativo, appunto, ma anche una fase dell’impresa collettiva che conduciamo da quasi vent’anni”
    “Meglio andarsene un attimo prima, lasciandoli con la voglia, piuttosto che un attimo dopo, avendoli annoiati”
    poi ho (ri)letto “decidiamo di voltare pagina e metterci a scrivere altro in un altro modo”
    ma dalle premesse vi vedevo già dispersi, a godervi le vostre royalties milionarie…;-)
    meglio così, mi sbagliai.
    Bona
    Saverio

    • Eh anch’io nel leggere il post ho strabuzzato gli occhi – lo confesso. Colpa della citazione di Cary Grant, credo.
      Se il nuovo corso sarà quello tracciato da Timira e Point Lenana (e magari anche Difendere la Terra di mezzo, che ancora mi manca) non posso che esserne contento. Vi ho apprezzato come non mai in veste contemporanea (contemporaneità che per molti inizia proprio dalla Révolution, putacaso), secondo me ora incomincia il meglio :-)… buon tour!

  6. La mia copia è ancora chiusa, poggiata lì a portata di sguardo, mentre lascio decantare le aspettative, ora che L’Armata è materialmente presente e non solo annunciata ed evocata. Mi prendo il giusto tempo, quello necessario a immergermi in quel mondo con la mente sgómbera…

    … per quanto riguarda il nuovo corso qui annunciato, nessuna sorpresa, ma un po’ di smarrimento per chi vi segue da molto tempo mettetelo in conto. Qualche tempo fa, non ricordo nemmeno in quale occasione (forse per 4 IL LIBRO), scrissi un tweet in cui mi meravigliavo del sorprendermi ancora – pur seguendo con continuità Giap – per gli annunci inaspettati di qualche nuovo manufatto letterario forgiato nella fucina della Wu Ming Foundation. Il vostro non rimanere poi fermi, spingere il mutamento (anche a rischio di non piacere) e offrire narrazioni che scansano a forza il rischio di ripetere il già scritto (e il già letto per chi sta dall’altra parte del libro) è un altro motivo per cui non siete mai arrivati a rompermi i maroni.
    Così anche questo annuncio lo voglio leggere allo stesso modo, come una sicura fonte di stupore – ma anche sconcerto, e perché no disappunto – per il futuro. Su questo sono certo, non deluderete.

    Nel frattempo c’è L’ #ArmatadeiSonnambuli e le cento e passa occasioni per incontrarsi a parlarne per/sulla strada…

    Yep yep!
    :-)

    • Mettiamola così: chi ci ha seguiti nelle avventure degli ultimi 5-6 anni (il lavoro su Tolkien e il dittico Timira/Point Lenana), e ha presenti soquante discussioni su Giap e/o incontri dal vivo, non può certo rimanere sorpreso dal post di oggi, perché grossomodo sapeva già in quali direzioni stavamo esplorando, sono cose che abbiamo tematizzato con largo anticipo.

      Ne L’Armata dei Sonnambuli, che pure è un romanzo storico, molto, moltissimo si deve al lavoro di cui sopra. Per questo è anche un primo passo oltre. E io credo che, retroattivamente, faccia capire meglio operazioni come quelle appena citate, al tempo stesso risultando comprensibile a tutti quelli che hanno amato Q, 54, Manituana e Altai. Soprattutto 54, a mio parere.

      • So che detta dopo questo post pare una cazzata… ma giuro che è dalle primissime pagine dell’Armata che 54 mi riecheggia piacevolmente nella scatola cranica.

  7. Ho letto con grande piacere Q, 54 e Asce di guerra, e recentemente ho discusso una tesi di laurea triennale in storia contemporanea dal titolo “Il movimento sanculotto nel dibattito storiografico del ‘900”. Se alle parole “nel dibattito storiografico” sostituite “nella storiografia marxista” potete facilmente immaginare con quanta impazienza attendevo l’Armata dei sonnambuli.
    L’ho finito stamattina: splendido.
    Domani sera andrò quindi a rompere un po’ le balle al citoyen, e compagno, Wu-Ming 4 che verrà a trovarci a Pisa.

    Dansons la carmagnole / Vive le son, vive le son
    Dansons la carmagnole / Vive le son du canon!

  8. Eh sì che ce l’avevate detto; certo che lo si sapeva. Poi, vedete, qualcuno si può *rammaricare*, altri, come me, son già rimasti folgorati dal nuovo(?) corso che avete intrapreso. Chiedo venia a wm2 e Antar, chè Timira ancora ce l’ho in canna, ma quanto ho amato Point Lenana, e quanti e quali orizzonti wm1 e Cienfuegos mi hanno aperto: forse il libro a tutt’oggi che, per dirla con parole vostre, mi ha spinto di più ad uscire dal guscio, a lasciare la mia zona di comfort, a confrontarmi con la Storia; che più mi ha incuriosito a conoscere altre storie, altri scritti, altri autori anche, da ripescaggi illustri fino ai contemporanei.
    Ora, io LAdS ho da finirlo: sarà il viaggio a Parigi di due settimane fa che rende così viva la mia immaginazione tanto che mi pare di girare per le strade con Leo, Treignac e compagnia cantante, ma ne centellino le pagine come si fa con un buon armagnac, e finora…
    Ps: si parlava di 54, ecco, se posso fare “uso privato di servizio pubblico” lasciatemi mandare un bacione al mi’ nipote, chè oggi son tre mesi ch’è al mondo: un bacione Ettore :*

  9. sto leggendo assieme a LADS Utopie Minimaliste di luigi zoja. senza motivo, forse per una magical experience. al di là del fatto che mi attizza meno del Paranoia da voi recensito tempo fa, credo che sia una giusta “musica di sottofondo” per la lettura del romanzo

  10. ciao, anche questo sarà disponibile per il download? (non vorrei passare per pulciaro, ho tutti i vostri libri in cartaceo e prenderò anche l’ultimo, ma la versione smartphone è più comoda da leggere in treno e in ascensore ;)

  11. Però non sono ancora vent’anni (Q è del ’99) quindi mancano 5 annetti di romanzi sulle rivoluzioni (ci stanno ancora la rivoluzione inglese, messicana, Spartaco… ;-)

    • Alla fine del Révolution touR saranno vent’anni spaccati. Iniziammo a scrivere Q nel 1995 :-)

  12. Ho conosciuto il collettivo nel 2000, naturalmente con Q, e da qul momento non mi sono perso una riga di quello che ci avete dato.
    Si può dire che tutto il percorso lo abbiamo fatto insieme.
    Amo il romanzo storico perché sono un amante della storia, ed opere come Timira e Point Lenana mi hanno fatto capire che questo modo nuovo di raccontare è forse meno accattivante, ma sicuramente molto più potente.
    Un romanzo, per quanto scritto magnificamente, è spesso un’opera autoconclusiva. Può lasciarti la curiosità di approfondire certi temi o farti venire la voglia di visitare certi luoghi (naturalmente sono stato a Munster), ma il romanzo perfetto è quello che ti dice tutto, con uno sguardo obliquo, ma tutto.
    Il nuovo percorso invece ti obbliga ad approfondire, non puoi essere un lettore passivo, non puoi accontentarti di quello che trovi sulla pagina. In questa narrativa del futuro (presente dopo Point Lenana) il romanzo perfetto sarà quello che aprirà un link ad ogni riga.
    Io sono pronto per almeno altri 15 anni con voi.

  13. Penso non sia un caso… la Rivoluzione francese sta tornando di grande attualità. E’ un evento storico con il quale siamo tutti costretti prima o poi a fare i conti e che, diversamente da quanto scriveva recentemente Patrice Guenniffey nell’introduzione al suo “Storie della Rivoluzione francese”, ha ancora molto da dire. Cogliendone la fase cruciale, quella del Terrore, avete colto nel segno, mettendo in luce il filo che collega quegli anni con quelli in cui viviamo.

  14. l’ho trovato, che emozione.
    l’altro ieri, in libreria mondadori dell’aereoporto, solo 2 copie presenti (e una è la mia!!). Lo so, non è molto indipendente come libreria, ma mi serviva una chicchetta per addolcire un antipaticissimo viaggio obbligato a catania di 1gg e mezzo per lavoro (non sono riuscito neanche a mangiare una granita).
    le lunghe attese all’aereoporto sopportate grazie alle vostre pagine…e sono solo all’inizio!
    grazie

    • Ecco, visto? Lui ha preso alla lettera e ha preso la freccia che punta a Meridione! :)
      (va be’, permettetemi un po’ di cazzeggio)

  15. “Armata” ordinata qualche giorno fa, comprata un’oretta fa nella piccola libreria di fiducia della mia città (Siena). E se il nuovo corso è anche quello di “Timira” (che non ho ancora letto), “Point Lenana” (che ho letto, trovato splendido, e sto usando come bibliografia per andarmi a cercare decine di altri testi) e “Difendere la Terra di Mezzo”, bè…Getting so much better all the time! http://www.youtube.com/watch?v=Jk0dBZ1meio

  16. Il Trittico Atlantico verrà completato o resterà un dittico ? Scrivo queste parole tremando , impallidendo e sudando in attesa di una risposta.

    • Mettiamola così: se il Trittico Atlantico avrà mai un terzo episodio, non somiglierà per niente a Manituana né a L’Armata dei sonnambuli. Questo è sicuro. Forse sarà non-fiction, forse sarà un poema in versi liberi, forse sarà un’opera scritta e cantata interamente in quechua, chi lo sa…

      • L importante è avere il tempo di emigrare in Sud America per apprendere l idioma . Comprendo e rispetto le vostre ragioni .Mi toccherà aspettare vent anni e che mi si frigga un pò la memoria a lungo termine per rileggere Q , Manituana e L Armata . Sarà dura trovare di nuovo un genere, o anche solo un romanzo , che rapisca come i vostri .

  17. http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/6/6e/Luc_Etienne_Melingue_Marat.jpg

    Luc Etienne Melingue, Marat, 1879…Marat L’Amico del Popolo L’#ArmatadeiSonnambuli

  18. Non so se è solo una mia impressione, ma bande di più o meno giovani reazionari dediti a scorribande notturne, a scatenare risse contro pezzi di popolo della sinistra, guidati da qualche anziano appartenente al “vecchio regime” sempre inserito nei gangli istituzionali o para-statali, tacitamente (tacitamente?) tollerati da pezzi di potere politico…insomma, a me ricorda vicende a noi molto più prossime della Rivoluzione francese e del suo termidoro. Mi sembra un cerchio politico che ogni volta riproduce determinate dinamiche, nel ‘700 come nel ‘900. E che tali dinamiche servano sempre allo stesso scopo, oggi come ieri.
    Ma forse mi sono fatto un pò prendere la mano dai collegamenti fra la storia narrata e le vicende politiche dei giorni nostri.

    Un saluto e complimenti

    Alessandro

    • Eh già…..stessa sensazione anche io, quando ho letto dei “meravigliosi” e delle “meravigliose”, mi è venuto in mente il periodo cosiddetto del “riflusso”, il post 77 per intenderci, il rifiuto della politica, i “paninari”, l’edonismo e poi…la milano da bere! Non ho ancora letto il libro (ma sta lì sul comodino in rampa di lancio) ma la suggestione e’ quella…solo una suggestione?

    • Stessa sensazione alla lettura di Stella del mattino. Del resto quando si inseguono nel XX secolo tutti i tentativi rivoluzionari del XVI qualcosa si vorrà pur dire, no?

  19. Prime suggestioni (ancora atto primo, scena V)

    odore acre di sudore, sul selciato i liquami della folla
    nasi specchio della plebe che spinge alle porte della Storia
    nelle stanze del Comitato trama chi controlla
    sulla Salute di una rivoluzione amara di cicoria
    un gigante pallido, l’Incorruttibile
    oratore dell’uguaglianza irraggiungibile
    tra il sangue assorbito dal legno di Madama Ghigliottina
    nella notte brumosa sulla Senna di cristallo
    ipnotizzati da un magnetismo di natura ferina
    sonnambuli in rivolta fino al prossimo canto del gallo

  20. Ho completato la lettura dell’Armata, poi mi sono dedicato alla lettura delle recensioni (avendole evitate di proposito, per paura di imbattermi in anticipazioni involontarie), in particola di De Michele e Santoro, entrambe utilissime.
    Ho una marea di appunti, schemi, parallelismi suscitati dalla lettura frenetica dell’Armata.
    Ora provo questa operazione: con l’Armata ancora calda sul comodino, mi dedico alla lettura di Clash City Workers – Dove sono i nostro – e vedo che effetto fa.
    Lunga vita ai Wu Ming!

  21. Un libro epico, che mi ha divorato e che ho divorato, un opera che mi ha tolto il fiato dagli occhi e dal cuore eppoi ha rimescolato il tutto con le grida altissime del popolo di Parigi.
    Grazie Wu Ming, viva il foborgo Sant’Antonio!
    Flepic

  22. Confermo: il vostro romanzo migliore, e il più bello che abbia letto da tempo.

    Avrei tante domande, ma non voglio inserire spoiler. C’è un’area, un post per chi ha già letto e vuole discutere?

    Una domanda la faccio comunque subito: sono io che l’ho letto con occhi diversi rispetto ai precedenti, o c’è davvero, nel testo, un’aria meno fatalista (stavo per scrivere più ottimista ma non sono sicuro che sia quella la parola giusta), carica di possibilità e aspettative?

    • Difficile dirlo da questa parte della tastiera. Può darsi sia dovuto al fatto che la Rivoluzione francese, con tutti i suoi alti e bassi, accelerazioni e rinculi, ha cambiato la faccia dell’Europa e del mondo. Non credo sia possibile raccontarla con uno sguardo molto pessimista, a meno di non voler assumere un’ottica palesemente controrivoluzionaria…;-)

      • Secondo me hai ragione. La Rivoluzione francese è “la” Rivoluzione, perché contiene al suo interno tutte le possibili forme politiche che si sono realizzate nei due secoli e passa che ne sono seguiti, dalle peggiori alle migliori. E, avendo ridefinito la forma della “democrazia”, ha rotto con l’eredità delel forme di governo dell’antica Grecia (la “democrazia dei moderni” non è certo quella degli “antichi”). Non è probabilmente possibile narrare “tutta” la Rivoluzione (credo ci vorrebbe un ciclo balzachiano, che peraltro è morto prima di avvicinarsi alla conclusione), e non è davvero possibile narrarla dandole un taglio o una lettura univoci. Ma non è neanche possibile narrarla senza tenere presenti le rivoluzioni che l’hanno seguita: narrare la Rivoluzione francese (in quanto evento storico) è compito difficilissimo, perché è impossibile farlo senza narrare la Rivoluzione come forma politica – ma questo l’ho già detto nella recensione ;-)

        • PS: è morto Balzac, non il ciclo balzachiano. M’è scappato un anacoluto che neanche Ligabue, chiedo venia: ho appena finito di battagliare con la dichiarazione dei redditi on line, roba da ingaggiare quella sartina con i ferri da calza e chiederle se per favore…

  23. cari wuminghi, il cerchio (ahimé) si chiude. Quando presi in mano Q, pareva ci fosse una colla su quel libro, che mi avrebbe permesso di mollarlo, sciogliendosi solo alla fine, anzi solo dopo qualche manciata di secondi dopo la fine. Poi sono seguiti gli altri e confesso che lo stesso ardore nella lettura non mi era riuscito di ritrovarlo. Per motivi diversi, ma forse per uno solo, la vostra capacità di creare l’incanto. Almeno ai miei occhi. Asce di guerra non mi aveva convinto, 54 l’ho molto goduto e apprezzato, con Manituana ho fatto un po’ di fatica, anzi no, lo confesso, non sono arrivato alla fine. Altai è stata, per me, un’incursione troppo breve sui vecchi passi di Q e penso che la saga avrebbe potuto nutrire un’intera serie di romanzi o ispirare un’eccellente serie tv. Altro che troni di spade!
    Le prove soliste, che non mi hanno mai veramente deluso, hanno ancora subìto il confronto con Q e tra tutte, anche e soprattutto per la ricostruzione di uno specifico scenario storico, ho particolarmente apprezzato la prova di Wu Ming 4 su T. E. Lawrence. Insomma, ho letto quasi tutto ciò che avete pubblicato negli anni e l’ho sempre fatto traendone più di un motivo di piacere e soddisfazione. Poi ha cominciato a soffiare il venticello della rivoluzione e ho come sentito uno sfrigolio dietro il coppino. Ora, riemerso da quello strano e intenso languore che provai ai tempi di gustav metzer e di tutti i suoi alias, leggo le vostre parole di commiato e rifletto sulla circolarità dell’esistenza. Epico è stato Q ed epica è stata la chiusura del ciclo rivoluzionario. Forse breve (ok, teniamo buoni i suggerimenti di Cary Grant), ma comunque epica.
    Il perché potrei provare a dirlo, purtroppo non sono un critico. Forse perché si è respirata quella scioltezza e levità che hanno reso vibrante ogni piccolo dettaglio dello scenario, della storia che veniva raccontata, dei suoi protagonisti. Io ero lì con loro, ad intossicarmi col lezzo dei muschiatini e slumare il piatto e affilato petto di madama ghigliottina. Io c’ero o ci son stato e questo è tutto. Il tutto del mio ardore, intendo. Ero lì, anche tra i contadini rivoltosi e le tipografie clandestine della riforma. E ci sarei anche voluto rimanere. Adesso son qua fuori. Leggo che il cerchio si è chiuso e convengo con Archibald sull’importanza di una tempestiva uscita di scena. Siete stati suoi buoni discepoli, se questa è la vostra decisione. Comunque, non per insistere, ma la rivoluzione russa….

    un abbraccio rivoluzionario, ma anche un po’ controrivoluzionario

  24. Due esempi di come i post e le discussioni su Giap! offrano un punto di vista privilegiato per la comprensione delle vostre opere narrative:

    1) l’amplesso fra Léo e Colette nel primo capitolo, con orgasmo contemporaneo alla decapitazione di Luigi Capeto: secondo me questo passo andrebbe letto tenendo presenti i post in cui viene criticata la concezione dell’Evento Rivoluzionario, per esempio qui:
    http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=3832

    2) “Yvers doveva, o meglio voleva, per necessità di teatro, additare ai capi dei muschiatini scopi e obiettivi, adombrare una strategia, come se ne esistesse una al di là dell’esperimento, della prova che avrebbero presto subito” (pp. 592-3). Questo è un chiaro riferimento alla “didattica del compito inutile”, la dottrina iniziatica che Furio Jesi ha individuato nell’ultimo Evola e che, secondo Jesi, potrebbe aver operato nell’attività dei gruppi eversivi neofascisti che hanno costellato di bombe e di stragi il secondo dopoguerra italiano (il riferimento è Furio Jesi, “Cultura di destra”, Garzanti 1993, pp. 80-9). Di Jesi si è parlato più volte su questo blog.

    L’impressione, per un giapster, è non tanto quella di aver “visto” in diretta la genesi del romanzo, quanto quella di esserne stati compartecipi. Non conosco nulla di simile nella letteratura, almeno non in quella moderna (sospetto che qualcuno più preparato di me potrebbe a questo punto menzionare l’epica antica e i cantastorie medievali).

  25. Il 28 giugno 1793 tre uomini erano riuniti attorno a una tavola in quel retrobottega. Le loro sedie non si toccavano; erano seduti ciascuno a un lato della tavola, lasciando vuoto il quarto…Il primo di quei tre uomini era pallido, giovane, serio, con le labbra esili e lo sguardo freddo…Gli altri due uomini erano, uno una specie di gigante, l’altro una specie di nano…Il primo di quegli uomini si chiamava Robespierre, il secondo Danton, il terzo Marat…Davanti a Danton c’erano un bicchiere e una bottiglia di vino coperta di polvere che ricordava il boccale di birra di Lutero; davanti a Marat c’era una tazzina di caffè; davanti a Robespierre solo delle carte…(Quatre-vingt-treize, Victor Hugo, 1874) L’#ArmatadeiSonnambuli
    http://www.letime.net/revolution/i/quatrevingt-treize_victor_hugo3.jpg

  26. (lettura lenta)
    “…occorre riuscire a incatenare la sorte, a rendere quella di ogni associato indipendente dalle circostanze fortunate o sfortunate della vita, ad assicurare a ciascuno e alla sua discendenza, per numerosa che sia, la piena soddisfazione dei suoi bisogni, e nient’altro che questa, e a precludere a tutti ogni possibile via di ottenere più della propria quota individuale dei prodotti della natura e del lavoro” François-Noël (Gracco) Babeuf, Tribun du peuple, Brumaio anno IV (1795) L’#ArmatadeiSonnambuli

  27. http://expositions.bnf.fr/presse/images/3m/pre_018.jpg

    «Le Tribun du peuple, ou le Défenseur des droits de l’homme est la continuation du Journal de la liberté de la presse que François-Noël Babeuf, dit Gracchus (1760-1797), profitant de la liberté qui suit la chute de Robespierre, a lancé le 3 septembre 1794 et dont il change le titre le 5 octobre à partir du n° 23. Le Tribun, que Babeuf rédige seul, est tiré à deux mille exemplaires et compte près de six cents abonnés. Pour cet ancien feudiste que scandalise la répartition inégale de la propriété, le rôle du journaliste est non seulement de « tout dire au peuple » mais aussi d’organiser son combat dans la guerre « perpétuelle » des riches contre les pauvres. Ce n° 34 marque la reprise de la publication du journal qu’avait interrompue l’emprisonnement de Babeuf, arrêté le 7 février 1795 après la saisie de son n° 33 jamais publié.
    Babeuf poursuivra sa publication jusqu’au n° 43 du 24 avril 1796, mais dans la clandestinité dès le n° 38. Arrêté de nouveau le 10 mai 1796, il est traduit devant la Haute Cour de justice avec ses complices de la Conjuration des Égaux et guillotiné le 27 mai 1797. (Y. F.)» (http://expositions.bnf.fr/)