Qualcuno avrà già visto questa scena, ma molti altri no, e allora ve la proponiamo. Roma, tre giorni fa, inaugurazione di un nuovo Apple Store. Quelli che vedete sono i commessi, forza-lavoro che partecipa con troppo zelo alla propria messa in ridicolo.
Identificarsi con la multinazionale che ti sfrutta, coi miliardari che ti gettano ossi già piluccati e devi pure ringraziare, perché quella è un’azienda cool.
La coreografia dell’Apple Store dà corpo al feticismo della merce digitale: vorrebbe occultare lo sfruttamento dietro una cortina di mossette e sorrisi, ma il risultato è di renderlo più visibile. I commenti su YouTube – solitamente di infimo livello – non sono per niente teneri. Queste immagini fanno ribrezzo anche a molti insospettabili (persino a qualche fanboy della Mela). C’è chi è rimasto turbato e nauseato ma non lo dice: troppo forte il timore di passare per “comunista”, brrrr.
Ci sarebbe da scrivere qualcosa di lungo, se solo non lo avessimo già fatto (e con Steve Jobs ancora in vita).
La sensazione, in ogni caso, è che si sia passato un segno. Forse non sono più quei tempi: il capitalismo è tornato a fare schifo. Non a caso, in Europa e nel mondo, vuole essere temuto: sa bene di non essere più amato. L’Austerity è politica della paura.
[Su quest’argomento segnaliamo un ottimo post di Jumpinshark: “Apple Store, danza macabra dell’innovazione e lavoro umiliato”.]