#QAnon, la teoria del complotto che fa impazzire la destra USA. Una beffa ispirata al nostro romanzo Q?

QAnon

In short, one could say that Luther Blissett’s pranks were against stupidity whereas QAnon fosters and escalates stupidity.» (Florian Cramer)

Da mesi nella destra americana – Alt-Right, trumpisti, suprematisti bianchi ecc. – tiene banco una teoria cospirazionista – ramificatissima e sempre più delirante – incentrata sui dispacci spediti da un presunta talpa molto interna agli affari di stato.

Fino a pochi giorni fa il fenomeno, partito da 4chan e Reddit, era confinato in alcune frange, ma poi è arrivato fisicamente ai comizi di Trump con magliette, cartelli e slogan, e così hanno cominciato a scriverne il Washington Post e il New York Times, ne ha parlato la BBC ecc.

Da settimane noi Wu Ming riceviamo segnalazioni e link su questa vicenda da parte di persone che ci chiedono di commentarla. Perché?

Perché quei dispacci sono firmati «Q». E nella narrazione che veicolano spiccano elementi plausibilmente ispirati sia al nostro omonimo romanzo, sia alle attività del Luther Blissett Project negli anni Novanta.

QAnon

I commentatori dei media mainstream americani non conoscono il libro, quindi non hanno individuato questa pista, ma chi il libro lo ha letto fa subito il collegamento.

Un’ipotesi è che tutta la faccenda sia partita come una beffa mediatica ai danni della credulità di destra, ma poi abbia preso vita propria, perché non si può davvero “trollare” gente del genere.

Nelle scorse 48 ore si sono alfine fatti vivi due giornalisti, uno di Buzzfeed e l’altro di Vice Motherboard. Abbiamo rilasciato interviste a entrambi, cercando di spiegare in modo dettagliato come vediamo l’attuale situazione, che è – per usare un eufemismo – molto rischiosa.

L’articolo di Buzzfeed, a firma Ryan Broderick, è uscito poco fa con il titolo It’s Looking Extremely Likely That QAnon Is A Leftist Prank On Trump Supporters. Del nostro scambio usa soltanto alcuni virgolettati.

Se volete leggere l’intervista integrale avvenuta via email, l’abbiamo appena pubblicata noi sul nostro Tumblr multilingue. [Aggiornamento: leggibile anche qui sotto]

Segnaleremo anche l’eventuale articolo di Vice Motherboard, anche in quel caso pubblicando lo scambio completo. Vedremo anche di tradurre il tutto in italiano.

Per completezza, riportiamo qui un passaggio della lunga intervista che rilasciammo nel 2006 a Henry Jenkins (testo inglese qui e qui). Ci sembra fornire una chiave per interpretare tutta questa storia.

HJ3: Di recente avete fatto un paragone tra i vostri progetti e gli ARG. Quali sono le somiglianze? Cosa potrebbero imparare gli autori e i giocatori di ARG studiando quello che avete fatto nel decennio scorso?

WM1. Nel nostro caso, tantissime persone di provenienze e formazioni diverse interagivano tra loro per introdurre sempre nuovi elementi in una leggenda, quella che andavano costruendo in tempo reale e raccontando tutti insieme. E’ importante notare che quelle persone non si conoscevano personalmente, alcuni di loro non si sono mai incontrati, non si sono mai parlati o scritti, nemmeno al telefono, nemmeno via e-mail, per tutta la durata del progetto. Io stesso non ho mai conosciuto la grande maggioranza delle persone che operavano col nome Luther Blissett in altre città, per non dire di quelli attivi in altri paesi. Fin dall’inizio, il collettivo bolognese (che era più organizzato di altri gruppi informali spuntati in tutta Italia) si è definito «l’unico comitato centrale il cui obiettivo è perdere controllo del partito».
Sì, vi era un certo coordinamento tra i diversi gruppi locali, e alcune cose erano esplicitamente proibite: il nome “Luther Blissett” non poteva essere usato per diffondere contenuti razzisti, sessisti o fascisti, e nessun testo di Luther Blissett poteva avere un copyright. Questa era tutta la nostra “organizzazione”.
Quasi sempre ci coglievamo di sorpresa a vicenda, sentivamo la notizia di una beffa di Blissett nel Sud Italia e immediatamente la rivendicavamo anche noi, fornendo anche un movente diverso! Ci divertivamo a lasciare indizi per altri Blissett, e dare interpretazioni folli degli indizi lasciati da loro. In diversi casi le stesse beffe o azioni erano interpretate in modo diverso da tanti Blissett in “coopetizione” gli uni con gli altri. Tutto grano per il nostro mulino, oppure, come diciamo in Italia, “tutto fa brodo”.
E si trattava di una “narrazione transmediale” portata all’estremo: i segnali erano affidati a BBS, siti web, fanzines e altri media fai-da-te, pezzi di mail art spediti in giro, muri di gabinetti pubblici, onde hertziane, addirittura inserzioni a pagamento sulla stampa locale. A volte usavamo adesivi di Luther Blissett per lasciare indizi e dare suggerimenti su come prendere parte a una beffa.
Penso vi siano molte somiglianze tra quel che facevamo noi, i giochi di ruolo, gli ARG e altri giochi di narrazione, anche se la nostra esperienza era e rimane molto peculiare. Queste somiglianze sono state più volte riconosciute da comunità che fanno giochi di ruolo in Italia. Quando nel 1999 è uscito il nostro romanzo Q, alcuni personaggi sono finiti immediatamente dentro giochi di ruolo già in corso […] Pare che la nostra narrativa sia tanto stratificata e “centrifuga” da incitare a portarla avanti su altre piattaforme.
Non so bene cosa potrebbero imparare le comunità ARG studiando quel che abbiamo fatto noi. Sicuramente potrebbero divertirsi.

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50 commenti su “#QAnon, la teoria del complotto che fa impazzire la destra USA. Una beffa ispirata al nostro romanzo Q?

  1. sicuramente il nucleo di persone che ha dato vita a Qanon ha letto Q.
    Non so se è una presa in giro, effettivamente su 4chan nascono migliaia di thread in cui vengono lanciate le più straordinarie follie. Se Qanon ha avuto successo è perché nasce sulle ceneri del Pizzagate, e spinge all’estremo quelle tematiche, ma ha un approccio escatologico, da fine dei giorni che ha coinvolto le persone più del Pizzagate stesso che il Presidente Rai Foa tentò di propalare in Italia.
    Calm Before The Storm, l’antefatto di Qanon, venne portato avanti come ‘general’ su /pol/ per mesi prima della comparsa di Qanon. Era postato in maniera sistematica come ad esempio il Syria Genral /sg/ o il President Trump general /ptg/. Questo fa pensare a una organizzazione che coinvolge più persone ben inserite nelle dinamiche del sito.
    Io non so se è una provocazione, o comunque penso che ormai le intenzioni degli autori siano state sorpassate, perché penso con Goffman che la realtà corrisponde al sistema di credenze di chi la riconosce. Qanon ha convinto migliaia di persone, che sia uno scherzo o no ormai fa parte della cultura della destra americana.
    Luther Blissett scrisse Lasciate che i bimbi, e Qanon corrisponde alle paure di Rignano Flaminio e di tutti i folk devil degli ultimi decenni, mescolato con l’isterismo (“stile paranoide” cit. Hofstadter) della cultura politica americana e amplificato dai media e dalla assurda presidenza Trump.
    Non vorrei aggiungere troppa carne al fuoco, ma immagino che i temi del romanzo Q siano familiari a certa destra americana evangelica che effettivamente crede che la fine del mondo sia vicina. Questi ambienti hanno sostenuto George W. Bush e sostengono Trump, quindi sicuramente gli autori di Qanon hanno letto Luther Blissett ma gli americani lo leggono con lenti diverse da noi cattolici ;)

  2. In queste ore Tumblr funziona male e ogni URL viene ri-diretto alla home page. Pubblichiamo anche qui il testo integrale dell’intervista a Buzzfeed su #QAnon.

    Can you tell me a bit about when and how your book Q was written?

    We started writing Q in the last months of 1995, when we were part of the Luther Blissett Project, a network of activists, artists and cultural agitators who all shared the name «Luther Blissett». Luther Blissett was and still is a British public figure, a former footballer, a philanthropist. The LBP spread many mythical tales about why we chose to borrow his name, but the truth is that nobody knows.

    Initially, Blissett the footballer was bemused, but then he decided to play along with us and even publicly endorsed the project. Last year, during an interview on the Italian TV, he stated that having his name adopted for the LBP was «a great honour». The purpose of signing all our statements, political actions and works of art with the same moniker was to build the reputation of one open character, a sort of collective “bandit”, like Ned Ludd, or Captain Swing. It was live action role playing. The LBP was huge: hundreds of people in Italy alone, dozens more in other countries. In the UK, one of the theorists and propagandists of the LBP was the novelist Stewart Home.

    The LBP lasted from 1994 to 1999. The best English-language account of those five years is in Marco Deseriis‘ book Improper Names: Collective Pseudonyms from the Luddites to Anonymous. One of our main activities consisted of playing extremely elaborate pranks on the mainstream media. Some of them were big stunts which made us quite famous in Italy. The most complex one was played by dozens of people in the backwoods around Viterbo, a town near Rome. It lasted a year, involving Satanism, black masses, Christian anti-satanist vigilantes, and so on. It was all made up: there were neither Satanists nor vigilantes, only fake pictures, strategically spread rumours and crazy communiqués, but the local and national media bought everything with no fact-checking at all, politicians jumped on the bandwagon of mass paranoia, we even managed to get footage of a (rather clumsy) satanic ritual broadcast in the national TV news, then we claimed responsibility for the whole thing and produced a huge mass of evidence. The Luther Blissett Project was also responsible for a huge grassroots counter-inquiry on cases of false child abuse allegations. We deconstructed the paedophilia scare that swiped Europe in the second half of the 1990s, and wrote a book about it. A magistrate whom we targeted in the book filed a lawsuit, as a consequence the book was impounded and disappeared from bookshops, but not from the web.

    This is the context in which we wrote Q. We finished it in June 1998. It came out in March 1999 and was our final contribution to the LBP.

    I’ve been reading up about it, and it’s largely believed that it’s underneath the book’s narrative it works as handbook for European leftists? Is that a fair assessment? I’ve read that many believe the book’s plot is an allegory for 70s and 80s European activists?

    Although it keeps triggering many possible allegorical interpretations, we meant it as a disguised, oblique autobiography of the LBP. We often described it as Blissett’s «playbook», an «operations manual» for cultural disruption.

    The four authors I’m speaking to now are Roberto Bui, Giovanni Cattabriga, Federico Guglielmi and Luca Di Meo correct? The four authors of Q?

    You are speaking with three of the four authors of Q, and you’re speaking with a band of writers called Wu Ming, which means «Anonymous» in Chinese. In December 1999 the Luther Blissett Project committed a symbolic suicide – we called it The Seppuku – and in January 2000 we launched another project, the Wu Ming Foundation, centred around our writing and our blog, Giap. The WMF is now an even bigger network than the LBP was, and includes many collectives, projects and laboratories. Luca aka Wu Ming 3 is not a member of the band anymore, although he still collaborates with us on specific side projects. Each member of the band has a nom de plume composed of the band’s name and a numeral, following the alphabetical order of our surnames, thus you’re speaking to Roberto Bui aka Wu Ming 1, Giovanni Cattabriga aka Wu Ming 2 and Federico Guglielmi aka Wu Ming 4.

    Can you tell me a bit about your background before the Luther Blissett project?

    Before the LBP we were part of a national scene that was – and still is – called simply «il movimento», a galaxy of occupied social centres, squats, independent radio stations, small record labels, alternative bookshops, student collectives, radical trade unions, etc. In the Italian radical tradition, at least after the Sixties, there was never any clearcut separation between the counterculture and more political milieux. Most of us came from left-wing family backgrounds, had roots in the working class. Punk rock opened our minds during our teenage years, then in the late 1980s and early 1990s Cyberpunk opened them even more, and inspired new practices.

    When did you start noticing similarities between Q and QAnon? I know you’ve tweeted a bit about this, but I’d love to get as many details as I can. I feel like the details around QAnon are so sketchy that it’s important to lock in as much as I can here.

    We read a lot about the US alt-right, books such as Elizabeth Sandifer‘s Neoreaction a Basilisk or Angela Nagle‘s – flawed but still useful – Kill All Normies, and yet we didn’t see the QAnon thing coming. We didn’t know it was growing on 4chan and some specific subReddits. About six weeks ago, on June 12th, our old pal Florian Cramer – a fellow veteran of the LBP who now teaches at the Willem de Kooning Academy in Rotterdam – sent us a short email. Here’s the text:

    «It seems as if somebody took Luther Blissett’s playbook and turned it into an Alt-Right conspiracy lore. Maybe Wu Ming should write a new article: “How Luther Blissett brought down Roseanne Barr”!»,

    After those sentences there was a link to a piece by Justin Caffier on Vice. We read it, and briefly commented on Twitter, then in the following weeks more and more people got in touch with us, many of them Europeans living in the US. They all wanted to draw our attention on the QAnon phenomenon. To anyone who had read our novel, the similarities were obvious, to the extent that all these people were puzzled seeing that no US pundit or scholar was citing the book.

    Have there been key moments for you that made you feel like QAnon is an homage to Q? What has lined up the best?

    Coincidences are hard to ignore: dispatches signed Q allegedly coming from some dark meanders of top state power, exactly like in our book. This Q is frequently described as a Blissett-like collective character, «an entity of about ten people that have high security clearance», and at the same time – like we did for the LBP – weird “origin myths” are put into circulation, like the one about John Kennedy Jr. faking his own death in 1999 – the year Q was first published, by the way! – and becoming Q. QAnon’s psy-op reminds very much of our old «playbook», and the metaconspiracy seems to draw from the LBP’s set of references, as it involves the Church, satanic rituals, paedophilia…

    We can’t say for sure that it’s an homage, but one thing is almost certain: our book has something to do with it. It may have started as some sort of, er, “fan fiction” inspired by our novel, and then quickly became something else.

    There will be a lot of skepticism I think that an American political movement like QAnon could have been influenced by an Italian novel, how do you think it may have happened?

    It’s an Italian novel in the sense that it was originally written in Italian by Italian authors, but in the past (nearly) 20 years it has become a global novel. It was translated into fifteen languages – including Korean, Japanese, Russian, Turkish – and published in about thirty countries. It was successful all across Europe and in the English speaking world with the exception of the US, where it got bad reviews, sold poorly and circulated almost exclusively in activist circles.

    Q was published in Italian a few months before the so-called “Battle of Seattle”, and published in several other languages in the 2000-2001 period. It became a sort of night-table book for that generation of activists, the one that would be savagely beaten up by an army of cops during the G8 summit in Genoa, July 2001. In 2008 we wrote a short essay, almost a memoir, on our participation to those struggles and Q’s influence in those years, titled Spectres of Müntzer at Sunrise. A copy of Q’s Spanish edition even ended up in the hands of subcomandante Marcos. It isn’t at all unrealistic to imagine that it may have inspired the people who started QAnon.

    Have you seen anything in the QAnon posts that leads you to suspect any activist group in particular is behind it?

    No, we haven’t.

    You think QAnon is a prank? Without some kind of reveal it’s obviously hard to see it as that. If you think it was revealed that QAnon was actually some kind of anarchist prank, would it even matter? Would its believers abandon it or would they just see it as a smear campaign?

    Let us take for granted, for a while, that QAnon started as a prank in order to trigger right-wing weirdos and have a laugh at them. There’s no doubt it has long become something very different. At a certain level it still sounds like a prank, but who’s pulling it on whom? Was the QAnon narrative hijacked and reappropriated by right-wing “counter-pranksters”? Counter-pranksters who operated with the usual alt-right “post-ironic” cynicism, and made the narrative more and more absurd in order to astonish media pundits while spreading reactionary content in a captivating way?

    Again: are the original pranksters still involved? Is there some detectable conflict of narratives within the QAnon universe? Why are some alt-right types taking the distance from the whole thing and showing contempt for what they describe as «a larp for boomers»?

    A larp it is, for sure. To be more precise, it’s a fascist Alternate Reality Game. Plausibly the most active players – ie the main influencers – don’t believe in all the conspiracies and metaconspiracies, but many people are so gullible that they’ll gulp down any piece of crap – or lump of menstrual blood, for that matter. Moreover, there’s danger of gun violence related to the larp, the precedent of Pizzagate is eloquent enough. What if QAnon inspires a wave of hate crimes?

    Therefore, to us the important question is: triggering nazis like that, what is it good for? That camp is divided between those who would believe anything and those who would be “ironic” on anything and exploit anything in order to advance their reactionary, racist agenda. Can you really troll or ridicule people like those?

    It’s hard to foresee what would happen if QAnon were exposed as an anarchist/leftist prank on the right. If its perpetrators claimed responsibility for it and showed some evidence (for example, unmistakeable references to our book and the LBP), would the explanation itself become yet another part of the narrative, or would it generate a new narrative encompassing and defusing the previous one? In plain words: which narrative would prevail? «QAnon sucking anything into its vortex» or «Luther Blissett’s ultimate prank»?

    In any case, we’d never have started anything like that ourselves. Way too dangerous.

    • Ciao, probabilmente non mi conoscete (o non vi ricordate di me) ma sono un vostro appassionato lettore che, qualche volta (ben di rado) è anche intervenuto in alcune discussioni nate sotto i vostri post.
      Ho letto in particolare con attenzione quanto da voi linkato a proposito di questa, tanto assurda quanto preoccupante, teoria del complotto; datosi che ritenevo che fosse un vero peccato che altri giapster potessero “perderla”, ho elaborato una traduzione della vostra intervista: nulla di professionale (nella vita mi occupo di tutt’altro), ed ammetto di essermi preso anche delle libertà per evitare di far sembrare il testo finale una di quelle versioni che facevo in quarta ginnasio. Ad ogni modo, non sapevo come comunicare con voi (presumo abbiate la casella mail oberata) e, quindi, vi ho scritto un commento qui. Fatemi sapere se il testo vi interessa; nel caso, sto lavorando anche ad una traduzione dell’articolo di Broderick, che mi sta creando parecchi problemi in più, visto che non sono molto pratico con lo “slang” statunitense… e che per questo non prometto di portare a termine :-).
      Insomma, questo lungo messaggio per non incorrere nelle ire di Saint-Juste (che forse mi castigherà comunque, chissà) e per dirvi, semplicemente… se interessati, battete un colpo (come nei peggiori annunci pubblicitari, proprio).

      P.S.: perché nell’intervista parlate di “metacospirazioni”?

      • Ciao, grazie, intanto potresti metterla direttamente qui come commento.

        Per “metacomplotto” intendiamo un complotto finalizzato a denunciare un complotto. Nei forum dove si parla di QAnon vengono ormai denunciati metacomplotti di quarto o quinto livello: si dice che dire che la tale teoria del complotto è un complotto è un complotto è un complotto ecc.

  3. Come anticipato sopra, posto qui la traduzione dell’intervista integrale di Wu Ming per Buzzfeed. Abbiate pietà per un povero traduttore che “did it himself”. Buona lettura.

    Potete dirmi qualcosa su quando e come Q venne scritto?

    Abbiamo iniziato a scrivere Q negli ultimi mesi del 1995, quando partecipavamo al Luther Blissett Project, una rete di attivisti, artisti ed agitatori culturali che condividevano il nome “Luther Blissett”. Luther Blissett era ed è ancora una figura pubblica, un ex calciatore, un filantropo. Il LBP ha diffuso parecchi racconti mitologici sul perché scegliemmo di prendere in prestito il suo nome, ma la verità è che nessuno lo sa.
    Inizialmente, Blissett (il calciatore) fu disorientato, ma in seguito decise di giocare con noi e, addirittura, appoggiò pubblicamente il progetto. L’anno scorso, in un’intervista sulla TV italiana, ha dichiarato che il fatto che il LBP ne avesse adottato il nome era “un grande onore”. Lo scopo di firmare tutti i nostri proclami, tutte le nostre azioni politiche e tutti i nostri lavori artistici con lo stesso nome era quello di costruire un personaggio aperto, una sorta di “bandito” collettivo, come Ned Ludd, o il Capitano Swing. Era un gioco di ruolo nella vita reale. Il LBP era ampio: centinaia di persone solo in Italia, parecchie di più in altri paesi. Nel Regno Unito, uno dei teorici e propagandisti del LBP fu il romanziere Stewart Home.
    Il LBP andò avanti dal 1994 al 1999. Il miglior resoconto in inglese di quei cinque anni è il libro di Marco Deseriis Improper Names: Collective Pseudonyms from the Luddites to Anonymous. Una delle nostre principali attività consisteva nel giocare burle estremamente elaborate ai media mainstream. Alcune erano operazioni davvero grandi, che ci resero abbastanza noti in Italia. La più complessa fu quella messa in scena da un folto gruppo di persone nei boschi attorno a Viterbo, una città vicino Roma. Durò un anno, ed aveva a che fare col satanismo, le messe nere, i vigilanti cristiani anti-satanisti, e questo genere di cose. Era tutto finto: non c’erano né satanisti né vigilanti, solo foto false, voci diffuse strategicamente e comunicati folli, ma i media locali e nazionali si bevvero tutto senza un minimo di fact-checking, i politici saltarono sul carrozzone della paranoia di massa, addirittura riuscimmo a far trasmettere uno spezzone di un rituale satanico (abbastanza impacciato) in un telegiornale nazionale, quindi rivendicammo tutta la storia ed offrimmo una mole consistente di prove. Il LBP si rese anche protagonista di un’imponente controinchiesta popolare su casi di false accuse di abusi su minori. Decostruimmo il panico sulla pedofilia che spazzò l’Europa nella seconda metà degli anni Novanta, e ci scrivemmo sopra un libro. Un magistrato che avevamo attaccato nel libro ci fece causa, e quindi il libro fu sequestrato e sparì dalle librerie, ma non dal web.
    Questo è il contesto in cui scrivemmo Q. Lo finimmo nel giugno del 1998. Uscì a marzo del 1999 e fu il nostro ultimo contributo al LBP.

    Mi sono informato sul libro, ed è opinione comune che sotto la sua trama sia nascosto un manuale per i movimenti della sinistra europea Si tratta di un’affermazione giustificata? Ho letto che molti credono che il libro sia un’allegoria ispirata agli attivisti europei degli anni Settanta ed Ottanta.

    Benché continui ad innescare molte possibili interpretazioni allegoriche, la nostra intenzione era renderlo un’autobiografia mascherata, obliqua, del LBP. L’abbiamo spesso descritto come il “copione” di Blissett, un “manuale operativo” per la perturbazione culturale.

    I quattro autori con cui sto parlando sono Roberto Bui, Giovanni Cattabriga, Federico Guglielmi e Luca Di Meo, giusto? I quattro autori di Q?

    Sta parlando con tre dei quattro autori di Q, e sta parlando con una band di scrittori che rispondono al nome di “Wu Ming”, che significa “anonimo” in cinese. Nel dicembre del 1999 il LBP si suicidò simbolicamente – lo chiamammo Il Seppuku – ed a gennaio del 2000 lanciammo un altro progetto, la Wu Ming Foundation, centrata sui nostri scritti e sul nostro blog, Giap. La WMF è ora un network ancora più ampio di quanto non fosse il LBP, ed include molti collettivi, progetti e laboratori. Luca (Wu Ming 3) non è più un membro della band, benché collabori ancora con noi su specifici side project. Ogni membro della band ha uno pseudonimo composto dal nome della band e da un numero, che dipende dall’ordine alfabetico dei nostri cognomi, così sta parlando con Roberto Bui (Wu Ming 1), Giovanni Cattabriga (Wu Ming 2) e Federico Guglielmi (Wu Ming 4).

    Potete dirmi qualcosa sul vostro background prima del LBP?

    Prima del LBP eravamo parte di una scena nazionale che era – ed è ancora – chiamata semplicemente “il movimento”, una galassia di centri sociali e case occupate, stazioni radio indipendenti, piccole etichette discografiche, librerie alternative, collettivi studenteschi, sindacati radicali eccetera. Nella tradizione radicale italiana, almeno dagli anni Sessanta in poi, non c’è mai stata alcuna netta separazione tra la controcultura e formazioni più politicizzate. Molti di noi venivano da famiglie di sinistra, ed avevano radici nella classe operaia. Il punk ci aprì la mente durante l’adolescenza, ed ancora di più, nei tardi anni Ottanta e nei primi Novanta, lo fece il cyberpunk, che ispirò nuove pratiche.

    Quand’è che avete cominciato a notare similitudini tra Q e QAnon? So che avete pubblicato qualche tweet sull’argomento, ma mi piacerebbe che mi deste più dettagli possibili. Ho la sensazione che i dettagli su QAnon siano così confusi che è importante acquisirne il più possibile.

    Abbiamo letto parecchio sull’alt-right americana, libri come Neoreaction a basilisk di Elizabeth Sandifer e Kill all normies di Angela Nagle – imperfetto ma comunque utile – ed ancora non siamo riusciti a capire com’è venuta fuori questa storia di QAnon. Non sapevamo che stesse crescendo su 4chan e su certe specifiche sezioni di Reddit. Circa sei settimane fa, il nostro amico Florian Cramer – un compagno veterano del LBP che oggi insegna alla Willem de Kooning Academy di Rotterdam – ci ha mandato una breve mail. Eccola:
    “È come se qualcuno avesse preso il copione di Luther Blissett e l’avesse trasformato in una teoria del complotto. Wu Ming dovrebbe scrivere un nuovo articolo: ‘Come Luther Blissett ha distrutto Roseanne Barr!'”.
    Dopo questa frase c’era un link ad un articolo di Justin Caffier su Vice. Lo abbiamo letto e brevemente commentato su Twitter, e nelle settimane successive sempre più persone, soprattutto europei che vivono negli Stati Uniti, si sono messi in contatto con noi. Volevano tutti attirare la nostra attenzione sul fenomeno QAnon. A chiunque avesse letto il nostro romanzo, le similitudini risultavano evidenti, al punto che tutte queste persone erano stupite dal fatto che negli Stati Uniti non c’erano esperti né studiosi che citassero il libro.

    C’è stato un momento in particolare che vi ha fatto provare la sensazione che QAnon sia un omaggio a Q? Su cosa sono più in sintonia?

    Le coincidenze sono difficili da ignorare: comunicati firmati Q presumibilmente provenienti da qualche recesso oscuro della prima potenza mondiale, proprio come nel nostro libro. Questo Q viene spesso descritto come un personaggio collettivo simile a Blissett, “un’entità di circa dieci persone che hanno autorizzazioni di sicurezza di alto livello”, e allo stesso tempo – proprio come facemmo noi per il LBP – vengono messi in giro strambi “miti delle origini”, come quello che vuole che John Kennedy Jr avrebbe finto di morire nel 1999 – lo stesso anno di pubblicazione di Q, per altro! – e sarebbe poi diventato Q. Le tecniche di guerra psicologica di QAnon ricordano parecchio quelle del nostro “copione”, e la metacospirazione sembra pescare a piene mani dai riferimenti del LBP, ed infatti coinvolge la chiesa, i rituali satanici, la pedofilia…
    Non possiamo affermare con sicurezza che si tratti di un omaggio, ma una cosa è quasi certa: il nostro libro ha qualcosa a che fare con QAnon. Potrebbe essere iniziata come una specie di, ehm, “fan fiction” ispirata dal nostro romanzo, e poi essere diventata rapidamente qualcos’altro.

    Verrà accolta con scetticismo, credo, la prospettiva che un movimento politico statunitense come QAnon possa essere stato influenzato da un romanzo italiano, come credete che possa essere accaduto?

    È un romanzo italiano nel senso che fu scritto in italiano da autori italiani, ma negli scorsi (quasi) vent’anni è diventato un romanzo globale. È stato tradotto in quindici lingue – compresi coreano, giapponese, russo, turco – e pubblicato in circa trenta paesi. È stato un successo in tutta Europa e nei paesi di lingua inglese, con l’eccezione degli Stati Uniti, dove ricevette cattive recensioni, vendette poco e circolò quasi esclusivamente nei circoli di attivisti.
    Q fu pubblicato in italiano pochi mesi prima della cosiddetta “Battaglia di Seattle”, e pubblicato in numerose altre lingue nel periodo tra il 2000 ed il 2001. Divenne una specie di libro della buonanotte per quella generazione di attivisti che sarebbe stata selvaggiamente pestata da un esercito di poliziotti durante il G8 di Genova, nel luglio del 2001. Nel 2008 scrivemmo un breve saggio, quasi una memoria, Spettri di Muntzer all’alba, che parlava della nostra partecipazione a quegli scontri e dell’influenza che Q ebbe in quegli anni. Una copia dell’edizione spagnola di Q finì addirittura nelle mani del subcomandante Marcos. Non è affatto irrealistico immaginare che potrebbe aver ispirato chi ha dato il via a QAnon.

    Avete visto nulla nei post di QAnon che vi abbia condotto a sospettare che dietro di esso ci sia qualche gruppo di attivisti in particolare?

    No.

    Pensate che QAnon sia uno scherzo? Senza un qualche genere di scoperta è ovviamente difficile considerarlo tale. Se venisse rivelato che QAnon è effettivamente un qualche genere di scherzo anarchico, conterebbe qualcosa? Chi ci crede lo abbandonerebbe o interpreterebbero questa rivelazione come una campagna diffamatoria?

    Ci permetta di dare per scontato, per un momento, che QAnon sia iniziata come uno scherzo, teso a scatenare i destrorsi più strambi ed a farsi beffe di loro. Non c’è alcun dubbio che è diventata qualcosa di molto diverso. In un certo senso sembra ancora uno scherzo, ma chi lo sta facendo a chi? La narrativa di QAnon è stata dirottata e se ne sono riappropriati i “contro-burloni” di destra? Contro-burloni che hanno agito con l’usuale cinismo “post-ironico” dell’alt-right, ed hanno reso quella narrativa sempre più assurda in modo da sconvolgere gli esperti di media mentre diffondevano contenuti reazionari in una maniera accattivante?
    Ancora: chi ha inventato lo scherzo è ancora coinvolto? C’è un qualche riconoscibile conflitto di narrative, all’interno dell’universo QAnon? Perché ci sono alcuni gruppi riconducibili all’alt-right che stanno prendendo le distanze da tutta questa storia e mostrando disprezzo per quello che descrivono come “un larp (live action role play: gioco di ruolo dal vivo) per i baby boomers”?
    Un gioco di ruolo lo è, questo è sicuro. Per essere più precisi, è un Alternate Reality Game fascista. Probabilmente i giocatori più attivi – cioè quelli che hanno le maggiori influenze – non credono a tutte le cospirazioni e le metacospirazioni. Ma certe persone sono così credulone che butterebbero giù qualsiasi merda – o grumo di sangue mestruale, se è per questo. In più, c’è il pericolo che questo gioco di ruolo scateni una violenza armata, il precedente del Pizzagate dovrebbe parlare da solo. E se QAnon ispirasse un’ondata di crimini d’odio?
    Quindi, per noi la domanda importante è: scatenare in questo modo i nazi, a che serve? È uno schieramento diviso tra quelli che crederebbero a qualunque cosa e quelli che sarebbero “ironici” su qualunque cosa e sfrutterebbero qualunque cosa per portare avanti la loro agenda reazionaria e razzista. Puoi davvero trollare o ridicolizzare persone del genere?
    È difficile prevedere cosa accadrebbe se si scoprisse che QAnon è uno scherzo anarchico/di sinistra contro la destra. Se chi lo ha messo in atto lo rivendicasse e mostrasse delle prove (ad esempio, richiami incontrovertibili al nostro libro ed al LBP), la spiegazione stessa diverrebbe parte della narrativa, o genererebbe una nuova narrativa che includerebbe e disinnescherebbe la precedente? In parole povere: quale narrativa prevarrebbe? “QAnon risucchia tutto nel suo vortice” o “Lo scherzo definitivo di Luther Blisset”?
    In ogni caso: noi non avremmo mai iniziato qualcosa del genere. Decisamente troppo pericoloso.

    (Spero di non aver fatto casini coi tag. I libri citati esistono anche in italiano?)

    • Grazie, Gaber, la resa della tua traduzione è molto buona. No, i libri citati non esistono (ancora) in italiano.
      Qualche piccola precisazione:

      – il Luther Blissett Project contava centinaia di aderenti in Italia e «dozens more in other countries», espressione con cui intendevamo «più alcune dozzine in altri paesi». In nessun altro paese il LBP è stato forte e radicato come in Italia, mentre nella traduzione sembra che altrove ci fossero più aderenti che qui.

      – «grassroots counter-inquiry», più che con «controinchiesta popolare», si potrebbe rendere con «controinchiesta dal basso».

      – «playbook» è sì il libretto teatrale, che tu hai reso con «copione», ma è anche il libro con gli schemi di gioco del football americano, e per esteso l’insieme delle strategie utilizzabili. Noi l’abbiamo usato in quest’ultimo senso.

      – «more political milieux», più che con «formazioni più politicizzate», si può rendere con «ambiti più politici».

      – «we didn’t see the QAnon thing coming» significa «questa faccenda di QAnon ci ha colti di sorpresa».

      – «top state power» non indica la prima potenza mondiale, per quanto gli USA lo siano, ma il «massimo livello del potere statale».

      – «night-table book» è la traduzione in inglese dell’espressione francese «livre de chevet», letteralmente libro da comodino, che vuol dire lettura sempre pronta alla bisogna, lettura ispirante. «Libro della buonanotte» non rende questo significato.

      – «Let us take for granted for a while» andrebbe reso con «diamo per scontato per un attimo», qui «let us» non vuol dire letteralmente «ci permetta» ma è il «let’s» della prima persona plurale dell’imperativo.

      Piccolezze che non alterano il senso del discorso. Grazie ancora.

      • Se esiste un modo per modificare il mio precedente commento inserisco subito queste correzioni; sottolineo (poiché so che vi siete occupati in passato dell’argomento traduzioni) che le criticità sollevate sono proprio le espressioni che ho trovato più difficoltà a rendere. Quindi, forse, anche se si potesse, sarebbe meglio lasciare “testo” e “correzioni”, in questo senso :-).

        Mi fermo qui che sono già OT. Conto di rimettermi al lavoro sull’articolo di BuzzFeed quanto prima… non prometto di portarlo a termine, è un linguaggio che mi crea parecchie difficoltà e potrei pure gettare la spugna!

        • Lasceremmo tutto com’è ora, testo e annotazioni: ci sembra che, tutto sommato, lo scambio possa avere qualche utilità per chi lo legge.

  4. Articolo su Q e #QAnon uscito sul quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung:

    Die Verschwörung hinter der Verschwörung

  5. An Italian novel is at the center of a meta-conspiracy theory about QAnon – Articolo di Annalisa Merelli sul giornale online americano Quartz.

  6. «The history of “Luther Blissett,” the Italian media jamming movement, is suddenly relevant to the US political discussion.»

    Is the #QAnon Conspiracy the Work of Artist-Activist Pranksters? The Evidence for (And Against) a Dangerous Hypothesis.

    Articolo di Ben Davis su Artnet.

  7. O.T.:
    a proposito di Q.
    Ken Follet vi ha pagato da bere ultimamente?Spero di si visto che il suo ultimo best-seller (La collonna di fuoco, Mondadori 2017), terzo libro della saga di kingsbridge è spudoratamente ispirato da Q: per l ‘ambientazione ( le guerre di religione in europa nel Cinquecento, nb: inizia nel 1558 a q appena finito, in pieno pontifiicato Carafa); per la struttura narrativa: un ( più di uno) agente segreto dei cattolici intransigenti che cospira e trama per tutto il romanzo contro lo sfortunato paladino dei moderati mercanti protestanti inglesi volto alla tolleranza e alla pace europea; per la meta storia conduttrice del romanzo, ovvero la guerra di classe (e di ideali quindi)tra aristocrazia feudataria cattolica e capitalismo mercantile protestante.
    quel che manca è naturalmente l’abbruttito e negletto ceto contadino e operaio europeo di allora,è un inno alla terza via 500 anni dopo e con venti anni di ritardo.

    su QAnon mi chiedo come possiamo inserirci collettivamente nella meta-meta-cospirazione e se questo non sia in questo inizio milllenio un campo in cui saremo obbligati a scontrarci.

  8. …ok ammettiamo che sia tutto partito da qualche appassionato di Q che abbia voluto trollare la destra americana; anche cosí cambierebbe qualcosa?

    Stiamo parlando di un pubblico che rifiuta ogni tipo di realtá che non sia la sua, anche ammesso che si rendessero conto di essere stati trollati cambierebbero forse il proprio comportamento? Roseanne Barr smetterebbe di scrivere razzistate e magari twitterebbe “They got me (:wink)”?

    Le destre “mediatiche” sono un pubblico ancora minoritario ma con una rappresentazione esagerata sulla quale hanno un controllo tale da far passare solamente i messaggi che vogliono. Come dicevo nei commenti sul post di “kill all normies”, l’unico modo di vincere é non giocare: i meme si riproducono per clonazione, la realtá (o il senso) di quello che li ha generati sono elementi totalmente accessori.

    E questo con buona pace anche del case study di WM1 su Pasolini: cuando servirá alzare un po’ di buridana “Caro Alberto” tornerá trending topic insieme alle foto tarocche delle foibe, la tredicesima e i cani di Mussolini accompagnati dall’evergreen del postribolo di Sora Gemma.

    Personalmente continuo a credere che l’analisi o lo sbulafamento di questa roba non muova un solo centimentro della realtá lá fuori.

    • Già nella discussione su Kill All Normies avevo fatto notare che non si capisce contro chi e contro quale strategia tu stia polemizzando. Continuo a non capirlo. Di certo non sono le nostre posizioni. Sul caso specifico di QAnon, tra l’altro, hai appena scritto le stesse cose che abbiamo detto noi nell’intervista completa a Buzzfeed. Con la differenza che noi le abbiamo poste come elementi di (seppure forte) dubbio, mentre tu le esponi come assiomi, certezze perentorie.

      Quanto alle bufale, mi spiace ma, pur senza attribuire al debunking alcunché di salvifico (per autocitarmi dal mio libro sui No Tav: «Non esiste la volta per tutte»), continueremo a spiegare che sono bufale e a ricostruirne la genesi. Siamo i primi a dire che non è sufficiente, e di questa insufficienza abbiamo più volte cercato di spiegare le ragioni, ma continuiamo a pensare che sia necessario. Al pensiero critico non si può abdicare.

      • Sono totalmente d’accordo che non si puó prescindere da spirito critico e verifica dei fatti. Il punto sul quale sono dubbioso (piú che polemico) é la strategia da utilizare per combattere questa alluvione di panzane fasciste: é sempre piú chiaro che la fatica e il tempo necessario per controbatterne una non vale l’impatto mediatico finale. L’impressione é quella di essere vittima della strategia “fagli perdere tempo”: rimanere sempre “in difesa” e lasciare l’iniziativa alla prima scoreggia che esca dal primo Maicol Sanvimi di turno; cosí che per controbattere si finisce per parlare dei loro temi con i loro termini. Proprio per questo motivo sono contro la diffusione dei meme anche a scopo didattico: diffonderli, anche solo per controbatterli, li valida. (Per citare un contro case-study vale la pena ricordare che tutta la fatica fatta su Caro Alberto ora ha convinto questi che anche WM ritiene la citazione “verosimile”)

        Una buona chiave di interpretazione (a mio parere) l’ha fornita proprio recentemente John Scalzi (https://twitter.com/scalzi/status/1025372965754621953): la destra ha “gamificato” la sua retorica: é un gioco a spararla piú grossa, a mettere in mezzo sempre piú bersagli ed é un gioco senza alcun tipo di azzardo perché l’attenzione si focalizza sempre sulla vittima e non sul carnefice.

        Non si puó sperare di vincere controbattendo; dato peró che le poche volte che si é parlato dei carnefici questi hanno fatto giustamente una brutta fine, non sará pure ora di mettere loro sotto al riflettore e non illuminandoli per l’angolo che vogliono loro?

        • Sul non usare i loro termini, cioè sul non stare dentro il loro frame, dovresti sapere che siamo perfettamente d’accordo, tanto che buona parte del nostro lavoro consiste nel provare a comunicare e narrare fuori dai frame imposti dall’avversario, cercando di disattivarli e attivare i nostri. Infatti il nostro debunking non è quello che gioca in difesa, il debunking “razio-suprematista” e “guastafeste” di cui parlavo qui. Per noi il debunking è solo un aspetto di un lavoro più vasto e complesso, un lavoro di mitopoiesi, di ricerca di narrazioni altre.

          Anche intervenire nel dibattito internazionale su QANon ri-inquadrandolo come beffa – per incredibile che possa sembrare, nessun commentatore lo aveva ancora fatto – per poi parlare dei temi più generali e del lavoro fondativo che va portato avanti (Lo stiamo facendo in tutte le interviste) sta avendo qualche effetto. Della “gamificazione di tutto” stiamo parlando anche noi. Anzi, Mauro Vanetti ne parla da anni.

          Sul fatto che riprodurre il meme del nemico sia controproducente, sono d’accordo. Infatti noi lo riproduciamo barrato con la scritta “Bufala” e abbiamo invitato a farlo, affinché compaia nei risultati di Google Images – da dove, come abbiamo visto tante volte, parte la viralizzazione – prima accanto e poi al posto di quello senza scritta, come si vede qui:

          https://twitter.com/Wu_Ming_Foundt/status/1015959651244965888

          Più in generale, sulle false citazioni di Pasolini, Machel e altri si è fornito uno strumento e un riferimento, in modo che a chiunque le usi – quella di Machel l’abbiamo proprio uccisa, quella di Pasolini è usata più sporadicamente ma è in calo – più persone possano rompere i coglioni contro-postando il meme barrato e il link al debunking. Se ogni volta che usi un’immagine ti tiri addosso decine di persone che ti perculano perché è un fake, come abbiamo visto accadere a volte su Twitter, la prossima volta ci pensi due, tre, dieci volte prima di usarla.

          Non solo: come nel caso delle false foto di foibe, magari non ne stoppi la diffusione, ma sempre più persone si rendono conto che la narrazione ufficiale – non quella storiograficamente accreditata, ma la vulgata impostasi sui media con precise operazioni politiche – sui fatti del confine orientale si basa su riflessi condizionati, nazionalismo e invenzione di fonti.

          Queste tattiche sono migliorabili?

          Naturalmente sì. Si tratta di esperimenti, da ripetere e modificare e verificare collettivamente.

          Tutto questo sostituisce il movimento reale?

          Naturalmente no. Nemmeno lontanamente.

  9. Da «La Repubblica» di oggi, 10 agosto 2018, pag. 32

    SE I COSPIRATORI AMERICANI SI ISPIRANO AI WU MING

    di Rosalba Castelletti

    C’è una teoria cospirazionista dietro alla teoria cospirazionista che impazza tra i sostenitori della destra statunitense: che altro non sia che una beffa ispirata al romanzo Q del collettivo italiano Luther Blissett, oggi Wu Ming [solo per la precisione: gli attuali membri di WM facevano parte del Luther Blissett Project, ma non tutti gli aderenti al LBP sono diventati WM, N.d.R.]. Migliaia di sostenitori del presidente Donald Trump s’indentificano nel cosiddetto movimento “QAnon”, dove “Anon” sta per “Anonimo” e “Q” è lo pseudonimo di un presunto agente governativo autore di dispacci complottisti. La presunta talpa sostiene, ad esempio, che Obama gestisca un traffico di prostituzione minorile insieme a Hillary Clinton e a mezza Hollywood e che Trump stia cercando di distruggere la loro rete segreta. Fino a poche settimane fa, i “pizzini” di “Q” circolavano solo sulle bacheche web “4chan” e “Reddit”. Ora i sostenitori del complotto indossano magiette ai comizi di Trump.

    A molti lettori italiani – e non solo – non sono sfuggite le somiglianze tra le tattiche e i contenuti di QAnon e le azioni di guerriglia culturale e l’esordio letterario negli anni Novanta del Luther Blissett Project. E non solo per la lettera “Q”. La trama del romanzo, descritto dal collettivo come un “manuale di guerriglia e sabotaggio culturale”, è una lotta tra rivoluzionari e reazionari: il prete [ex-seminarista, N.d.R.] eretico dai tanti pseudonimi e la spia suo antagonista che si cela proprio dietro la quindicesima lettera dell’alfabeto. Le azioni di “guerriglia culturale” del Project, inoltre, consistevano in elaborate burle mediatiche che avevano a che fare anche con satanismo e pedofilia.

    Vent’anni dopo qualcuno sembra aver preso questo “manuale” alla lettera. Su Artnet, il critico d’arte Ben Davis ha passato in rassegna tutte le correlazioni. Gli stessi autori del collettivo Wu Ming, interpellati da Repubblica, ammettono: «È improbabile che le analogie siano tutte coincidenze. Ovviamente, nessuno può essere sicuro al 100% che questa storia sia partita come una beffa ispirata al nostro lavoro, ma se è così, da allora ha preso vita propria. Dubitiamo che siano coinvolti ex-attivisti del LBP, è più roba da fan. Quanto a noi, non solo non ci dedichiamo più da vent’anni a questo genere di beffe, ma non avremmo mai avviato un’operazione tanto rischiosa. A Tucson si è già sfiorata una strage ispirata a QAnon. È una brutta china.» Di contro, concludono, «l’ipotesi che si tratti di una beffa ai danni dell’estrema destra americana sta seminando incertezza in quest’ultima. Come ha scritto Ben Davis, “se la sua perdurante influenza inietta un po’ di inquietudine nelle contorte sicurezze della massa che crede in QAnon, allora Luther Blissett fa ciò che era nato per fare”.»

  10. Anche la community dei trumpisti su Reddit sospetta che QAnon sia una beffa finalizzata a farli sembrare «un branco di idioti», e cerca di correre ai ripari.

    Moderators of Reddit’s raucous pro-Trump message board have banned Qanon posts, saying the theory is now an embarrassment to its community.

    • Da quando i media hanno cominciato a descrivere #QAnon come beffa, truffa o comunque cumulo di cazzate messe in giro per far abboccare frotte di babbei, molti seguaci della teoria del complotto si lamentano di essere regolarmente insultati da ex-amici e parenti, di essere stati lasciati dalle mogli, di dover dormire sul divano ecc.
      Le conseguenze sulle loro vite quotidiane sono talmente devastanti che si sfogano nel loro subReddit vagheggiando querele di massa contro i media. Linkiamo la discussione (salvata su archive.org) perché è fenomenale.
      Esempi pescati a caso:
      «My daughter looked at me with horror when I mentioned that I follow Q.»;
      «I know many are not speaking with relatives over this crap!!! I got called delusional by my very best friend because I said that Hillary and Debbie Wasserman Schultz were going to be arrested!!»;
      «My kids (30-27), think I’m starting to lose my mind.»;
      «My wife wants to divorce me soon possibly because she thinks I’m in a cult group for reading this stuff.»
      Ecc. ecc.

  11. Jane Coaston su Vox sostiene, senza ulteriori spiegazioni, che «The user was nicknamed “Q” after Q-level security clearance, the Department of Energy equivalent of “Top Secret.”» [https://www.vox.com/policy-and-politics/2018/8/1/17253444/qanon-trump-conspiracy-theory-reddit]
    Ma preferisco la tesi di una beffa sfuggita di mano.

    • «Q-clearance» è una spiegazione interna alla narrazione, parte della beffa. Perché, a meno di non credere alle portentose minchiate che questo “Q” spaccia da mesi, si tratta indiscutibilmente di una beffa. L’unica incertezza è su chi l’abbia avviata, ispirandosi a cosa e per quale scopo.

      In teoria della letteratura si direbbe che «Q-Clearance» fa parte della “diegesi”. È il significato che il burlone originario ha attribuito all’iniziale dentro la storia, un po’ come nel nostro romanzo «Q» sta «Qohelet». Invece molti commentatori la presentano tout court come “spiegazione”.

      Avrebbero dovuto chiedere subito consulenze a romanzieri :-)

  12. Oggi sul quotidiano francese «L’Humanité» c’è un lungo speciale dedicato a complottismi e mitopoiesi, che prende le mosse da #QAnon e risale al Luther Blissett Project, includendo una lunga intervista a noialtri, incentrata sul «che fare», della quale proporremo presto la versione integrale.

  13. […] complottismi e mitopoiesi, che prende le mosse dal fenomeno #QAnon e risale al Luther Blissett Project, includendo una lunga intervista a noialtri, incentrata sul «che fare». Sul nostro Tumblr si può leggere la versione integrale dello speciale (in francese). Qui proponiamo la traduzione in italiano […]

  14. Forse è un po’ presto per trarre conclusioni, però analizzare il fenomeno, per quanto possiamo fare al momento, può essere utile. Non fosse altro che per contestualizzare quanto è avvenuto e approfondire l’analisi della “tempesta di merda”, la quale, dopo la vicenda QAnon, sembra in qualche modo arginabile.

    Parto proprio da questo punto, che mi sembra una nota positiva della vicenda: per la prima volta coloro che alimentano i complottismi hanno dovuto prendere le distanze da una teoria del complotto, ammettere che questa probabilmente è stata elaborata per ridicolizzarli.

    Per la prima volta, nonostante la teoria a un certo punto abbia cominciato a vivere di vita propria, e, forse, proprio per questo, si è riusciti a indirizzare il flusso delle informazioni che alimentano la “tempesta di merda”, a incanalarlo verso il non senso assoluto.

    Certo, come più volte ha ricordato Wu Ming, è un gioco pericoloso, ma c’è da dire che anche, forse soprattutto, grazie al loro intervento, volto a individuare la vicenda come beffa, i trumpisti sono stati costretti a prendere le distanze dalla teoria, ad ammettere che era tutto un bluff, un tentativo di ridicolizzarli.

    In altri termini hanno cercato di sfruttare la vicenda a loro vantaggio, ma non ci sono riusciti, la cosa è sfuggita loro di mano. L’ombra del ridicolo, soprattutto dopo le dichiarazioni di Wu Ming, li ha sovrastati.

    Non è un aspetto secondario. Certo, viene da chiedersi perché, a questo punto, gli autori della beffa non la rivendichino, amplificando il senso del ridicolo che copre le vittime. In certi momenti viene da pensare, per assurdo, e ignorando tutti i riferimenti al Luther Blissett Project, che siano stati gli stessi mebri dell’alt-right a elaborare la teoria, distorcendo il romanzo e piegandolo al loro volere, magari ignorando tutto degli autori.

    Ma, se così fosse, non cambierebbero i termini della questione: si sarebbero auto-ridicolizzati, individuando, e facendoci percepire, il limite fino al quale possono spingere il flusso informativo che alimenta la “tempesta”.

    In ogni caso l’intervento di Wu Ming è stato cruciale per far percepire l’intera vicenda come beffa, per ridicolizzare l’alt-right e i suoi seguaci.

    Se di beffa si tratta, non è il primo tentativo di ridicolizzare chi alimenta la “tempesta di merda” e chi crede alle informazioni da essa diffuse. Ce ne sono stati altri, quasi tutti finiti male.

    A questo proposito si può ricordare la vicenda tutta italiana dei “numeri arabi”: su facebook divenne virale un meme nel quale si sosteneva che tale Tarim Bu Aziz chiedeva l’introduzione dei numeri arabi per una maggiore integrazione dei migranti. Era palesemente un falso, ma molti, ignorando che i numeri arabi sono in uso da secoli, si indignarono davvero per la richiesta, condividendo in massa il meme.

    A nulla valse la rivendicazione della bufala, chi la condivise continuò a condividere notizie simili, il senso del ridicolo non lo sfiorò affatto. Gli altri, quelli che si erano resi conto dell’assurdità del meme, mantennero il loro atteggiamento altezzoso nei confronti di coloro che solitamente condividono “fake news”. Un atteggiamento che in questa vicenda trovava conferme.

    In entrambi i casi la “tempesta di merda”, nonostante la tentata beffa, raggiunse il proprio obiettivo: se da un lato riusciva a far percepire un meme palesemente falso come reale a gente con scarsa cultura e scarso spirito critico, dall’altro, paradossalmente, allontanava dallo spirito critico coloro i quali credevano di possederlo.

    È difficile da spiegare, ma questo è uno degli effetti più perversi della “tempesta di merda”, la quale, da una parte fornisce a milioni di individui un sapere fasullo, inservibile, reso però appetibile dai complotti che promette di svelare. Un sapere fittizio che indirizza la rabbia verso i più poveri, i quali, in realtà, potrebbero essere possibili alleati. Ma, d’altra parte, suggerisce a chi in quelle informazioni non crede che ogni teoria critica della società, anche quelle più razionali e documentate, non sia altro che una delle tante teorie del complotto.

    L’associazione d’idee è più o meno questa: spesso chi crede nelle teorie del complotto critica le multinazionali —> allora chiunque critichi le multinazionali alimenta la teoria del complotto.

    In un caso e nell’altro chi davvero alimenta la “tempesta di merda” ha raggiunto il proprio risultato: allontanare più gente possibile dal pensiero critico razionale, convogliare la rabbia verso nemici immaginari. Frammentare la società, creando conflitti tra gruppi che potrebbero allearsi per cambiarla

    In entrambi i casi la duplice funzione della “tempesta di merda” ha successo e tentativi come quello dei “numeri arabi” non hanno nessuna speranza di scalfire i meccanismi che la alimentano. Ne confermano il frame, diffondono notizie che a molti paiono credibili e, nel momento in cui si rivelano false, ti senti rispondere: “embé, mica è così assurdo che questi facciano tale richiesta. Ne fanno di più assurde. Vogliono gli hotel a 5 stelle e sky!”.

    QAnon, invece, ha sì sfruttato il frame complottista, ma incanalandolo verso il non senso assoluto, verso teorie che appaiono assurde agli stessi che spesso nelle teorie del complotto credono. Comunque siano andate le cose, ha tracciato un limite, un confine oltre il quale non si può andare, anche se non sappiamo per quanto tempo questo confine resterà solido. Non sappiamo se prima o poi la “tempesta di merda” riuscerà a superarlo, rendendo il non senso assoluto verosimile.

    Però, almeno per il momento, abbiamo questo dato e questi fatti, e, per quanto possibile, possiamo sfruttarli per contrastare la “tempesta”.

    Ovvio che ridicolizzare non basta, ma può essere utile, anche per risvegliare il senso critico in coloro nei quali si è assopito. Ovvio che bisogna conttrastare il fascismo soprattutto per le strade.

    Però, approfondire la discussione sulla “tempesta di merda”, e le strategie per arginarla, è utile, soprattutto in questo momento. Il rischio, se questa non viene realmente contrastata, è che negli strati più deboli della società si diffonda un sapere fasullo, inutile per cambiare il mondo, mentre, in altri strati sociali, si consolidi la sfiducia verso ogni sapere critico, che molti tendono ad associare alle teorie del complotto.

    Non vorrei cadere in un complottismo al rovescio, ma è un dato di fatto che la “tempesta di merda” si sia scatenata nel momento in cui i fallimenti del neoliberismo sono palesi, riconosciuti dagli stessi sostenitori di quella ideologia. È un dato di fatto che l’attacco sia partito in un momento in cui il capitalismo, tra crisi economica e ponti che crollano, sta mostrando tutti i suoi limiti.

    Le classi dominanti non hanno più un’ideologia da proporre, possono ripiegare solo sulla xenofobia e il nazionalismo, possono solo sperare di indebolire il pensiero critico, affinché non si diffondano critiche sensate al capitalismo, ma solo teorie del complotto. Per questo credo sia stata scatenata la “tempesta di merda”, la quale, tra le altre cose, sussume tecniche proprie degli algoritmi che operano sui mercati finanziari. Ne parlavo in un altro commento su Giap, se a qualcuno interessa, quella riflessione integra questa.

    • Proviamo a “oggettivizzare” la tempesta di merda cospirazionista, e a isolare la funzione che ha nell’odierno capitalismo, per capire come porci di fronte a essa in modo assertivo e costruttivo.

      Per molti versi, i teorici del complotto giocano nella stessa lega dei medium, dei fattucchieri e dei guru della pseudomedicina. Tutti costoro operano nel campo della meraviglia, delle vedute “spiazzanti” e alternative, della fascinazione e del perturbante. Nel fare questo, rispondono a bisogni umani, perché nella nostra vita noi abbiamo bisogno di sorpresa, meraviglia, angolature diverse da cui guardare il mondo e pensare che siamo diversi. I teorici del complotto forniscono tutto ciò, e incanalano l’ansietà riguardo alle nostre vite in narrazioni che apparentemente spiegano tutto e ci danno l’illusione di aver capito tutto (es: «ecco, li paga Soros!!!»), di saperne più degli «altri» che invece accettano le verità «ufficiali». Da qui tutti gli sproloqui sul «risveglio», sul «prendere la pillola rossa» ecc.

      In questo scenario, gli scettici, i debunker, i controinformatori che fanno scoppiare i palloncini della pseudomedicina, del paranormale e dei cospirazionismi non possono che giocare il ruolo del guastafeste, quando non del cerbero. E se fai scoppiare quei palloncini in nome dell’establishment, di una qualche percepita «autorità» politica, giornalistica o scientifica che sia – come fa ad esempio Burioni con la pseudoscienza antivaccinista – otterrai l’effetto contrario, finirai per rafforzare il desiderio di visioni «alternative». È la risposta automatica collettiva, culturale, quando i media mainstream “smontano” le teorie del complotto. E infatti, in giro si fa un sacco di debunking, anche eccellente per metodo e precisione, eppure i complottismi spopolano. Perché?

      Perché, come si diceva, aderire a una teoria del complotto ti dà l’illusione di essere contro l’establishment, contro le verità del potere ecc.
      Siamo tutti d’accordo che quei palloncini vadano sgonfiati e tirati giù, ma farli scoppiare non risolve il problema a monte, perché non affronta i bisogni che i complottismi a loro modo soddisfano, e soprattutto rinuncia a cercare il fondo di verità sul quale ogni teoria del complotto, anche la più demenziale, non può che basarsi.

      Sì, ogni teoria del complotto si basa su un fondo di verità. Molto spesso, esprime angosce legate al cambiamento climatico, e all’inazione e inadeguatezza dei governi e delle istituzioni internazionali. Le informazioni su quel che sta accadendo non mancano di certo, ogni volta che c’è un disastro, uragano, megaincendio, siccità calamitosa, i media parlano del riscaldamento globale come principale concausa, dopodiché nessuno fa nulla. Questo genera in tutti noi una sorta di dissonanza cognitiva: com’è possibile che la situazione sia così grave se “chi sta sopra” e avrebbe mezzi e danari per affrontarla non sembra affatto preoccuparsene?

      Poiché il sistema non può negare se stesso, e deve piegare l’immaginario in direzione della propria omeostasi (stabilizzazione, per quanto precaria), il climate change stesso diventa una narrazione della quale non fidarsi, a sua volta un complotto, e si generano narrazioni sostitutive e diversive. Si generano da sole, come automatismo culturale, anche se poi ci sono mestatori e poteri che le sfruttano e incentivano.

      I deliri sulla presunta composizione delle «scie chimiche» e sul relativo complotto sono interpretazioni distorte e mostrificate di un fenomeno reale, e in fondo anche il sintomo è correttamente individuato: l’aumento vertiginoso del traffico aereo ha effettivamente aumentato l’inquinamento dell’atmosfera e ha conseguenze sulla meteorologia e sul clima. Il problema è la vaneggiante deriva che allontana dal porre correttamente il problema.

      Il cambiamento climatico è anche una delle principali concause delle nuove migrazioni di massa da Africa, Medio Oriente, Asia (e in futuro, secondo diverse previsioni, dall’Europa meridionale). La siccità e il surriscaldamento rendono sempre meno abitabili vaste porzioni del globo, strappano un tessuto sociale già duramente messo alla prova, causano guerre per lo spazio vitale, per l’acqua e altre risorse, e la gente si sposta, emigra. Nei discorsi di ogni giorno sull’immigrazione si sente mai parlare del cambiamento climatico? No, perché anche in quel caso si è prodotta come narrazione sostitutiva e diversiva una teoria del complotto, quella della «sostituzione etnica», di un presunto piano per far colonizzare da musulmani e negri l’Europa e l’occidente in generale.

      E chi è il burattinaio di tale piano? Ovviamente Soros, cioè l’Ebreo, lo sradicato, il senzapatria, l’uomo-lobby, il Savio Anziano di Sion che trama nell’ombra. Riemergono pregiudizi antichi, però anche in questo caso c’è un fondo di verità: Soros è effettivamente un tycoon della finanza che con certe sue spericolate speculazioni ha causato sconquassi, impoverimento ecc. Ma tra i miliardari del mondo non è nemmeno nella Top Ten, vederlo ovunque è pura psicosi, dire che pianifica e finanza le migrazioni mondiali è idiozia al cubo, e guardacaso chi ce l’ha con Soros non ha nulla contro altri miliardari le cui attività e incursioni in politica sono ben più invasive e impattanti, a partire da Donald Trump.

      Ancora: dire che il governo degli Stati Uniti si è abbattuto da solo le Torri gemelle è un’assurdità, ma è ormai acquisito da tutti gli storici il fatto che il famoso «Incidente del Golfo del Tonchino», in seguito al quale gli USA invasero il Vietnam, fu un falso, un attacco che gli americani si fecero da soli per avere il casus belli. È anche acquisito da tutti che nel 2003 Colin Powell presentò al Consiglio di Sicurezza dell’ONU prove false sulle presunte «armi di distruzione di massa» a disposizione del regime di Saddam, per poter attaccare l’Iraq. Il governo degli Stati Uniti ha mentito molto spesso sul conto dei propri nemici, e a volte gli USA si sono letteralmente attaccati da soli per giustificare incursioni imperialistiche. Chi debunka le teorie sull’11 settembre senza ricordare questo nocciolo di verità, non fa che rafforzare la credenza nella teoria del complotto.

      E allora, come fare debunking?

      In molti paesi le organizzazioni “scettiche” e a favore del sapere scientifico, come il CICAP in Italia, si sono spesso rivolte a illusionisti per capire i trucchi usati da paragnosti e altri ciarlatani. Il CICAP ha uno storico rapporto con Silvan. Uno degli eroi mondiali del debunking è un altro illusionista, James Randi. In Italia il “sensitivo” Rol è stato sfidato pubblicamente da Silvan, e il debunking dei suoi trucchi, avviato dal prestigiatore Vanni Bossi, è stato portato a termine da Mariano Tomatis in un libro fondamentale, ROL: Realtà o Leggenda? I paragnosti sono prestigiatori che si spacciano per altro, e i prestigiatori li smascherano molto facilmente. È una tradizione che risale a Harry Houdini, che era arci-nemico dei medium e si infiltrava nelle sedute spiritiche per rivelarne la truffa.

      Ora, è incredibile che i debunker abbiano imparato così poco dagli illusionisti coi quali collaborano da così tanto tempo. Hanno fatto ricorso agli illusionisti solamente per la parte “distruttiva”, per smascherare gli imbroglioni. Invece, avrebbero dovuto chiedere loro consigli su come essere costruttivi.

      La questione che ci poniamo noi, da tempo, in gran parte del nostro lavoro, e che segna le nostre collaborazioni con il sunnominato Mariano, con uno studioso dei miti come Enrico Manera e con molti altri, è questa: come possiamo sottrarre le persone all’incantamento dei miti senza, banalmente, “smitizzare”? Ancor meglio: come possiamo fare debunking mantenendo il senso di meraviglia e di differenza che paragnosti, guru,
      teorici cospirazionisti e bufalari vari sfruttano ogni giorno, e che è una necessità vitale dell’essere umano? Come forare il palloncino senza farlo scoppiare come fanno i guastafeste? Di più: come produrre, tramite il debunking, più interesse e meraviglia di quella che produce la bufala? Porre la questione in questi termini ha permesso, nel 2014, l’avvio della nostra collaborazione con Mariano.

      Nel post che ho appena linkato, Mariano faceva l’esempio di due numeri di magia del duo americano Penn & Teller:

      «Alcune performance del duo Penn & Teller avrebbero entusiasmato Furio Jesi; in due numeri davvero sorprendenti (“Il gioco dei tre bussolotti” e “L’uomo tagliato in tre”) gli illusionisti di Las Vegas svelano senza scrupoli il trucco utilizzato: contro ogni aspettativa, ciò non minaccia in alcun modo lo stupore dell’esibizione. Nella prima parte del numero l’appello è all’emozione e all’irrazionalità; la seconda invoca un piacere di segno opposto, del tutto razionale, che nasce dall’apprezzamento dei tecnicismi dietro la magia – quella “sutura” che nella prima parte non si scorgeva.»

      Su questo “mostrare la sutura” basiamo le nostre sperimentazioni letterarie e il lavoro della Wu Ming Foundation.

    • L’antropologa Maddalena Gretel Cammelli nel suo recente libro dal titolo Fascisti del terzo millennio. Per un’antropologia di CasaPound sostiene che “La coerenza non è un valore per il fascista, mette l’accento piuttosto sull’azione in sé, sulle singole conquiste.” (link ad una intervista: https://andreastaid.wordpress.com/2017/05/15/antropologia-di-casapound-una-conversazione-con-maddalena-gretel-cammelli/ )

      Per questo motivo non sono assolutamente d’accordo su questo approccio da parte di Punco X:

      “In certi momenti viene da pensare, per assurdo, e ignorando tutti i riferimenti al Luther Blissett Project, che siano stati gli stessi mebri dell’alt-right a elaborare la teoria, distorcendo il romanzo e piegandolo al loro volere, magari ignorando tutto degli autori.”

      non è affatto assurdo. la macchina propagandistica della destra su internet non ha gli scrupoli di coerenza che puoi avere tu, prendono tutto quello che possono e anzi se possono effettuare detournments su temi di sinistra anche estrema per loro è meglio.
      Qualche esempio: il sottogenere musicale vaporwave nasce in ambienti alternativi di sinistra ma la destra americana non si è fatta problemi ad appropriarsene; la stessa rana Pepe nasce dalla penna di un fumettista di sinistra che si è detto poi disgustato dall’uso che alcuni ne hanno fatto. e ce ne sarebbero migliaia di esempi, se uno vuole può tornare anche alla parola “fascio” il cui senso venne travisato da sappiamo bene chi.

      Non ha senso interrogarsi sulle intenzioni iniziali, si possono fare solo ipotesi non suffragate da fatti concreti. molto più utile come suggerisce wm1 usare le tecniche illusionistiche per rispondere alla propaganda, e questo ‘mettere il cappello’ su QAnon da parte di Luther Blissett mi sembra un ottimo approccio.

      Poi ripeto, chi non ha visto la crescita dei thread su Calm Before The Storm prima e su QAnon dopo può davvero fare soltanto ipotesi basate sulle ricostruzioni giornalistiche. la strategia è stata studiata a tavolino con più persone impegnate a diffondere questa assurda storia. come stiamo vedendo nell’ecosistema digitale dopo la tragedia di Genova, le tecniche di persuasione che usano i partiti di governo rientrano al 100% nell’arte degli ipnotisti e dei ciarlatani. come scritto sotto da wm1, il debunking da solo non basta e serve davvero una azione magica per risvegliare coloro che sono stati colpiti dall’ipnosi.

      • @Carlo Trombino Condivido quasi tutto quello che scrivi e, se rileggi il mio commento, ti rendi conto che anche io sostenevo che *comunque siano andate le cose* l’intervento di Wu Ming è stato decisivo.

        È ovvio che in questo momento non possiamo fare che ipotesi, infatti aprivo il mio commento dicendo che “forse è un po’ presto per trarre conclusioni”. Però, detto questo, io non reputo affatto irrilevante sapere se si è trattato di una beffa o se i “fabbricanti di complotti” sono stati talmente coglioni da spingersi così oltre e creare una storia che appare incredibile anche a chi di solito si beve le peggio cazzate.

        Non è secondario perché in un caso si tratterebbe di un tentativo di hackeraggio, teso a indirizzare il flusso di informazioni, che si può analizzare e, volendo, cercare di replicare (anche se non negli stessi termini e con i medesimi obiettivi), nell’altro caso, invece, si tratterebbe di un boomerang, di una zappa che i “fabbricanti di complotti” si sono dati sui piedi individuando un limite oltre il quale non possono andare, anche se non sappiamo per quanto tempo (ma credo che questo dipenda anche da altri fattori e dalle strategie che si mettono in campo per contrastare bufale e complottismi).

        Il debunking come sottolineava Wu Ming 1, del quale condivido parola per parola quello che ha scritto, non basta ma lui, più che di creare illusioni, parlava, se ho capito bene, del senso di meraviglia creato dai complotti e che si deve mantenere svelandoli, per fare in modo che non si abbia la sensazione di aver perso qualcosa.

        Ebbene, il senso di meraviglia credo cambi anche a seconda di come sono andate le cose e, per questo, credo sia importante saperlo, prendendo atto del fatto che questo non necessariamente sarà possibile. Però, saperlo, ci aiuterebbe a indirizzare le nostre strategie e a lavorare per amplificare il senso di meraviglia prodotto dallo svelare l’illusione.

        Un fatto concreto, che ci farebbe uscire dal terreno delle ipotesi, sarebbe, per esempio, una rivendicazione della beffa. Non sappiamo se ci sarà ma, se ci fosse, avrebbe sul lettore (o sull’ascoltatore) un effetto molto diverso rispetto a quello prodotto dal sapere che la destra americana è così stupida da inventarsi un complotto al quale non credono neanche i “complottisti”.

        In entrambi i casi si ottiene un effetto di meraviglia, anche se diverso, nel “pubblico”, ma in entrambi i casi quell’effetto non è dato dall’illusione, ma da un suo ribaltamento, dallo svelare l’illusione. Perché anche un’argomentazione razionale, a volte, può lasciare a bocca aperta. Come la stupidità della destra americana, la quale, comunque siano andate le cose, ha fatto una grandissima figura di merda.

        • Si può smontare una narrazione tossica semplicemente parodiandola (anzi, caricaturizzandola all’estremo), senza costruire una narrazione altra, anche parodistica, capace sia di avvincere che di disvelare l’inganno? Forse è questo che manca davvero nella burla di QAnon.

          Mi spiego.
          Credo anche io che i complottismi si basino su un fondo di verità e che un debunking che non ne tenga conto sia fallace. Nel caso di QAnon però non parliamo di un complotto, ma di una “narrazione complottista” creata artificialmente (che sia dagli artefici della burla o dalla stessa destra). Il fondo di verità su cui si basa quindi non è relativo a specifici elementi del discorso (la pedofilia, ecc.) ma è la pratica stessa della destra a speculare sui complotti. La burla di QAnon è un “meta-complotto”, o meglio la *parodia* di un complotto. Si configura secondo una struttura parodica e meccanismi iperbolici, e non secondo elementi di svelamento dei tecnicismi che stanno dietro alle narrazioni costruite dalla destra.

          Nel suo primo commento Punco X sostiene che nella storia di QAnon la svolta sia stata quella di superare un certo limite, un “confine oltre il quale non si può andare” (cito), indirizzando così tutto quanto verso il “non senso assoluto”, esplicitando estremamente la finzionalità di tutte quelle bufale tanto da causare nella stessa destra un senso di vergogna e autogoal.
          L’origine della storia diventa quindi un questione dirimente di fondamentale importanza, e come lui lo penso anche io. Perché nel caso in cui sia stata la stessa destra a ordire il tutto, il superare questo confine sarebbe stato semplicemente un errore nel dosaggio degli ingredienti della narrazione. Nel caso invece in cui si tratti di una bufala, allora la mossa di costruire una parodia enfatizzandola iperbolicamente fino a “oltrepassare l’asticella” sarebbe lo strumento principale scelto. Per il momento assumiamolo e cerchiamo di capirne l’efficacia.

          Mi pongo dei dubbi: Come stabilire di volta in volta questo confine e come affrontare il problema del suo progressivo spostamento in avanti? Come cogliere la giusta tempistica tra il montare degli effetti della burla e il suo svelamento? Come evitare il rischio che usare l’enfatizzazione estrema, iperbolica o parodica, possa essere percepito solo come un porsi in maniera elitaria, un gioco cervellotico a danno dei creduloni, e non un disvelamento dei meccanismi sottesi all propaganda dell’alt-right?
          Questo ultimo rischio è diverso, ma simile, a quello del razio-suprematismo (“il sapientone secchione ci ha bucato il pallone solo perché rosica che non può giocare con noi”) perché potrebbe essere percepito come fatto a danno non di chi ordisce i complotti ma di chi, suo malgrado e non in malafede, ci crede. Mariano Tomatis invece ci insegna che ci sarebbe bisogno, nello svelare il trucco, di cercare la complicità degli “spettatori” contro i truffatori, e mai la messa alla berlina dei “creduloni”.
          Non sto attribuendo questa specifica cosa direttamente al fenomeno di QAnon, sto ragionando in generale sui rischi che si corrono.
          Ovviamene io, ai nazi niente affatto creduloni ma consapevolmente in malafede che sostengono questi complotti, li prenderei a badilate in faccia, altro che cercare complicità. Però dobbiamo tener conto di chi nazi non è ma rischia di aderire a queste narrazioni.

          In questa fase reputo molto scivoloso decidere di fare debunking giocando con il “confine di credulità” (non saprei come altro definirlo) enfatizzando iperbolicamente la parodia per scavalcare l’asticella del confine. Perché constatiamo ogni giorno come, col passare del tempo, questa asticella si posizioni sempre più in alto.
          Wu Ming, dato il passato nel Luther Blissett Project, possiede un’esperienza tale da sapere come usare le burle evitando molti di questi rischi. Ma mi pongo delle domande anche su come usare, oggi, la burla a scopo di debunking.
          Chiamando in causa il Cicap Wu Ming 1 ne critica l’approccio di esclusiva pars destruens senza una corrispondente pars construens. La burla per come architettata nel caso di QAnon mi pare che si fermi alla pars destruens, mentre invece condivido che sarebbe necessario lavorare più sulla costruzione di narrazioni altre (la pars construens), che possono benissimo contenere, se necessario, delle prese in giro. Quella di QAnon non mi sembra essere una narrazione altra, facente uso anche della parodia, ma una pseudonarrazione: la parodia di una narrazione altrui, dove la parodia (caricaturizzata, tra l’altro) non è uno strumento ma la narrazione in sé.

          Nei libri che smontano narrazioni tossiche mostrando la sutura, aprendo la propria cassetta degli attrezzi evitando di rompere l’effetto di meraviglia che la lettura comporta, evitando al tempo stesso immersioni di credulità acritica, come procedimenti retorici si usano anche la parodia o l’iperbole.
          Allora mi sono domandato: come mai ho percepito come rischioso l’uso della parodia fatto nella burla di QAnon, mentre ho percepito come efficace l’enfatizzazione estrema di alcuni elementi e figure retoriche dentro alcuni oggetti narrativi non identificati? Forse la risposta sta nell’usare sì questi strumenti, ma dentro la costruzione complessiva di un frame narrativo, di una storia raccontata, con tutti i suoi annessi e connessi, e del mostrare la sutura senza interrompere quella storia.
          E non dell’utilizzo di questi procedimenti retorici “estratti” da un contesto narrativo, oppure del provare a far reggere una narrazione intera solo su uno di questi strumenti.

          Ripeto, mi sembra che la burla di QAnon non stia raccontando una storia “altra” usando anche la parodia o l’iperbole. Ma che stia parodizzando una serie di cazzate dell’alt-right. Forse basterebbe comunque “mostrare la sutura” svelando la burla? Credo che questo non annullerebbe comunque il rischio dell’operazione. Spiego perché:
          Una parodia davvero efficace (penso a un film) funziona davvero quando nel momento stesso in cui la guardiamo/leggiamo ci rendiamo conto di come si stiano parodiando gli stilemi caratteristici di ciò di cui si vuole appunto fare la parodia, riuscendo quindi a farci a un tempo godere della brillantezza e dell’acume dell’operazione, e riflettere sui meccanismi narrativi e stilistici di quegli stilemi parodiati. E non è una parodia fatta male, se c’è il bisogno di fermarsi a spiegarla perché non in grado di spiegarsi da sé?
          La parodia davvero efficace tra l’altro non funziona quando per disvelarsi deve superare un certo limite (in questo caso supera il “confine di credulità”), quella è la caricatura macchiettistica. Anzi la parodia è tanto più efficace quando balla sul confine, per questo è uno dei meccanismi retorici più difficili.

          L’altro giorno ho riletto questo breve scambio di battute tra Wolf Bukowski e Wu Ming 1 in calce a un post di Mariano Tomatis dedicato al debunking. Wolf chiamava in causa lo straniamento del teatro epico di Brecht (anche a me viene spesso in mente Brecht). Wu Ming 1 però spiega come il lavoro della “magia rivoluzionaria” faccia un passo in avanti. Nel teatro di Brecht ci si ferma, si mostra la sutura, e si va avanti. Nella magia rivoluzionaria si mostra la sutura senza interrompere il fluire della narrazione scenica, evitando di rompere l’effetto di meraviglia.
          Ecco, forse se gli artefici della burla parodica di QAnon domani svelassero tutto, avvertiremmo una sensazione come se si fossero fermati e ci avessero spiegato che è una parodia, senza poi sapere se la narrazione si fermi o prosegua. E siccome la loro non è una narrazione altra, ma la parodia di una narrazione altrui, temo che il rischio sia che potrebbe anche proseguire, ma loro malgrado portata avanti da chi in quelle bufale ci crede davvero o ha l’interessa a far sì che ci si creda.

          Forse è questo che manca nella burla di QAnon: l’imperniarsi sulla costruzione di una nuova storia, che desti meraviglia e stupore, anche tramite parodia e iperbole ma innestandole in quella narrazione altra.
          Tra l’altro io, personalmente, nella storia di QAnon (a prescindere la volontà degli autori), in questo momento, percepisco tanto schifo ma poca meraviglia.

          • Non dimentichiamoci che un sacco di gente a QAnon *ci crede*. Ci crede davvero, anche adesso che pian piano si fa luce su chi l’abbia diffusa e amplificata (non avviata: quello ancora non si sa), anche adesso che una parte della destra americana prende le distanze in modo anche violento. C’è gente che ci crede, e in nome di QAnon nelle scorse settimane ha minacciato a mano armata, ha appiccato incendi e quant’altro. E uno dei motivi per cui un gioco così è troppo pericoloso, e non si può nemmeno pensare – come fa Elmar, scherzando, in un commento qui sotto – di «prenderne le redini». Non ci sono redini. Si può spiazzarlo, depotenziarlo, ma non prenderne il controllo. Cercando di prenderne il controllo, non si farebbe che alimentare la macchina mitologica, la mentalità cospirazionista.

            Mi permetto un breve excursus: non esiste una sola “asticella” della credibilità: ne esistono tante quante sono le persone. Dopodiché – per restare nella metafora – in una data epoca, in un dato paese, in un dato ambiente esiste un “livello medio” di credibilità sul quale si fissa un’asticella ipotetica, ma individuare questi livelli medi è difficile, non sono catturabili dai sondaggi. Dove si posa l’asticella media nella nostra società? Accanto a noi c’è gente che crede alle panzane più impressionanti. Ed è ancora più complicato di così: esistono affermazioni del tutto infondate che però, per convenzione sociale, per abitudine, tutti accettano, ad esempio quelle dell’oroscopo, che quasi tutti leggono, anche moltissimi cattolici, sebbene la Chiesa condanni l’astrologia, e anche molti che si ritengono razionalisti, sebbene l’astrologia sia incompatibile con tutto quello che la scienza sa dell’universo, e ognuno di noi sa «di che segno è», e al tempo stesso ricorre nei suoi discorsi a nozioni e concetti presi dalla psicologia, dalle neuroscienze e dalle scienze sociali, nelle quali il «segno» zodiacale non ha ovviamente alcun valore. Poi esistono le superstizioni quotidiane, di fronte alle quali anche spiriti normalmente critici su tutto il resto vacillano, e c’è chi tocca ferro o, se uomo, si tocca le balle quando parli della sua morte, chi non passa sotto una scala ecc. Poi c’è quello che chiamerei «animismo della tecnica», una forma di “credenza” alla quale non pensiamo quasi mai: “incitiamo” dopo il lancio la boccia che avanza verso i birilli, inveiamo contro il computer che non funziona bene, e tanti altri gesti del genere. Sono modi di incanalare le nostre pulsioni, emozioni, energie. Tutto questo non è superabile facendo appello a un’algida “razionalità”, e non è nemmeno detto che sia possibile superarlo tout court.

            Ora devo andare, riprendo alcuni spunti in seguito.

            • Ed ecco un altro punto che mi preme ribadire: non è possibile parodiare il funzionamento della macchina mitologica che produce le teorie del complotto.

              Anche noialtri, agli inizi del LBP, occasionalmente cercammo di riappropriarci di alcuni elementi del cospirazionismo di stampo esoterico/occulto – il Graal, gli Illuminati di Baviera ecc. – tramite la parodia. Basti vedere alcuni capitoli del libro del 1995 Mind Invaders o il secondo numero della rivista Luther Blissett (anch’esso del 1995). Un lavoro che, nella nostra ingenuità, non credevamo di dover spiegare, perché l’intento parodico ci sembrava evidente, e ci sarebbe parso di spiegare una barzelletta. Eravamo molto giovani, ma intuimmo la sterilità e forse anche i potenziali rischi di un approccio del genere, e lo abbandonammo presto, già nel 1996, a favore dell’approccio rimasto più noto, quello della beffa con ingegneria inversa incorporata.

              Di fronte al cospirazionismo, ogni intento e aspetto critico della parodia evapora in brevissimo tempo: la mentalità cospirazionista porta a scendere la china di una semiosi illimitata. Non esiste un’interpretazione “eccessiva”. A rigore, non c’è quasi nulla che non possa essere creduto. E infatti frotte di persone credono alle idiozie sparse da QAnon, forse nate come parodia, e crederebbero a idiozie anche peggiori. Da quest’impossibilità di parodia critica aveva già tratto letteratura Umberto Eco con Il pendolo di Foucault, che decisamente andrebbe ripreso in mano.

              Ancora più a monte c’è il fatto che una teoria del complotto è già una parodia, per quanto non intenzionale. La cospirazione è una parodia del funzionamento del sistema capitalistico. Struttura e logiche di fondo del sistema, logiche che sono impersonali, vengono lette in una chiave iper-“soggettivizzante”, interamente ascritte alla volontà di una cricca di cattivi. E se non è una parodia questa… Ho già accennato sopra a quale funzione sistemica – funzione sostitutiva e diversiva – abbiano a loro volta queste narrazioni: diffondendosi, impediscono di aggredire il sistema nel suo funzionamento effettivo, e generano pseudo-conflitti lungo linee di frattura immaginarie (es. chi vuole sventare il grande complotto pedofilo ordito dai Clinton e da Tom Hanks contro chi invece lo favorisce).

              Ergo, la parodia di una teoria del complotto non è altro che una parodia di una parodia. Cioè una narrazione sommamente inefficace, e controproducente. Se QAnon è nato così, come abbiamo più volte detto, l’errore è a monte.

              A un certo punto si è deciso di intervenire per fornire una chiave di lettura che aiutasse a depotenziare la narrazione di QAnon. Come lo si è fatto? Rendendo esplicito il riferimento a una narrazione altra, quella del Luther Blissett Project, che non si limitava al debunking e a «far scoppiare il palloncino» ma, seppure in un modo completamente diverso, lavorasse sugli stessi elementi di sorpresa, perturbazione ecc. A questo abbiamo accompagnato la critica al cospirazionismo.

              Se invece ci fossimo messi a giocare a nostra volta dentro la cornice di QAnon, non solo non avremmo cavato un ragno dal buco, ma saremmo subito ricaduti in quella fiducia arrogante e “prometeica” nella mitopoiesi per la quale ci siamo autocriticati in Spettri di Muentzer all’alba.

              • È vero, a QAnon molti credono, o hanno creduto, come giustamente sottolinea Wu Ming 1. Però, è anche vero che tanti, che di solito ai complotti ci credono, hanno preso le distanze, hanno stabilito che la narrazione non è da prendere sul serio. È un tentativo di ridicolizzarli. E in questo credo che l’intervento di Wu Ming sia stato cruciale.

                Nonostante sia difficile stabilire a che livello sia fissata l’asticella, questa vicenda ci ha fatto percepire, forse per la prima volta, “il livello medio di credibilità”. Non è un limite fisso, è estremamente volatile e influenzato da molti fattori, ma adesso sappiamo che, in questo momento, nella società americana (e forse in quella occidentale) oltre quel livello non si può andare o, meglio, pochi ci vanno. C’è chi lo supera, ma è una minoranza di una minoranza, anche se disposta ad azioni come quelle che descriveva Wu Ming 1 nel commento precedente.

                Certo, quel limite potrebbe essere superato in qualsiasi momento, le tendenze sono quelle, e forse alimentare la narrazione di QAnon, qualsiasi siano le ragioni che spingono in quella direzione, sarebbe pericoloso e controproducente, perché proprio un simile agire potrebbe fare in modo che l’asticella si alzi, stabilendo un nuovo confine, più avanzato e difficilmente percepibile.

                Per questo credo che più che alimentare la narrazione, sia utile analizzare i fatti, parlandone come possibile beffa o come passo falso dell’estrema destra americana. Forse questo può aiutare a tenere fisso il limite, a fissare l’asticella a una certa altezza. A lavorare affinchè l’asticella si abbassi e non torni ad alzarsi, a spostarsi a un livello più alto e che non riusciamo di nuovo a percepire.

                Devo essere sincero, non so se sono l’unico, ma questa vicenda in me ha destato, oltre che schifo, come giustamente sosteneva Mushroom Rocker, anche meraviglia. Forse perché ha risvegliato il piacere di vedere una beffa svelata, forse perché in qualche modo ha stuzzicato il mio immaginario cyberpunk. Non saprei, ma leggere i primi post di Wu Ming che parlavano di beffa a me è piaciuto, mi ha meravigliato.

                Nel suo ultimo commento Wu Ming 1 scrive:

                “A un certo punto si è deciso di intervenire per fornire una chiave di lettura che aiutasse a depotenziare la narrazione di QAnon. Come lo si è fatto? Rendendo esplicito riferimento a una narrazione altra, quella del Luther Blissett Project, che non si limitava al debunking e a «far scoppiare il palloncino» ma, seppure in un modo completamente diverso, lavorasse sugli stessi elementi di sorpresa, perturbazione ecc. A questo abbiamo accompagnato la critica al cospirazionismo.”

                e forse è proprio questo che riesce a destare una qualche meraviglia, nonostante lo schifo.

                Per questo credo che se si volesse “replicare”, valutando bene i rischi, quanto è successo in questa vicenda, di queste considerazioni bisogna tenere conto. Altrimente si correrebbero rischi enormi, e i risultati sarebbero controproducenti.

                • Più che ragionare su come l’asticella si sposti in alto o in basso, cosa su cui non abbiamo controllo, forse bisognerebbe lavorare a una nuova tecnica di salto: come fece Fosbury che, con il suo nuovo stile inizialmente sbeffeggiato, riuscì a ottenere risultati mai raggiunti prima e, soprattutto, a meravigliare tutti. Il suo era un salto “altro”. Ecco, solo che a noi non deve interessare l’aspetto agonistico di quanto in alto riusciamo a saltare oltre l’asticella, ma la meraviglia in sé che può generare il nostro salto altro. Dal salto in alto al salto altro.

                  Senza ripetermi, se ne deduce che sono molto d’accordo col discorso di Wu Ming 1 sull’asticella, il confine di credulità, i relativi rischi, ecc. infatti segnalavo nel mio commento come ciò fosse tra i miei primi segnali di dubbio. È come se provando a giocare con quel confine non si facesse altro che giocare in difesa rincorrendo le narrazioni della destra.
                  Per fare un’altra metafora sportiva: un tentativo di contrastare il loro gioco d’attacco restando però chiusi in difesa nella nostra metà campo, quando probabilmente non basterebbe neanche andare in contropiede nella loro metà campo, ma si dovrebbe proprio cambiare stadio (se non sport).

                  Punco X dice che ” leggere i primi post di Wu Ming che parlavano di beffa a me è piaciuto, mi ha meravigliato”. È piaciuto anche a me, ne sono rimasto meravigliato anche io, nonostante conoscessi già la storia del Luther Blissett Project. A riprova che una storia che funziona, funziona di per sé, a prescindere da quante volte la si ascolti e non semplicemente per la sua novità, come un numero di magia che ci meraviglia ogni volta anche dopo che ne sia stato svelato il trucco.

                  Credo sia la conferma del discorso sulle narrazioni altre: la meraviglia non è stata causata dalla storia di QAnon, né dallo smontare le assurdità complottiste, ma dal raccontare un’altra storia, a essa parallela ma collegata: la narrazione altra fatta da Wu Ming sul Luther Blissett Project.
                  Ma su questo non mi ripeto, perché l’ha già sottolineato lui in coda al suo ultimo commento.

  15. A questo punto perchè non spingere ancora più in là la teoria del complotto? Che sia un prank che sta sfuggendo di mano o un prodotto nato nelle fogne online dell’alt-right o qualcos’altro, perchè non prendere le redini dello storytelling?

    …e se Qanon fosse stato concepito in Italia per colpire proprio Wu-Ming, paladino uno e trino contro la stupidità e il fascismo avanzanti? Non è forse il rossobrunismo e l’appropriazione indebita di pensatori di sinistra una (fra altre) delle manifestazioni di questo fascismo?
    Come mai questo QAnon sbuca fuori poco dopo lo show onirico cui ci ha deliziato Carlo Marx su queste pagine? Chi era la vittima di Marx?

    Ma chisselacaga, quella vittima, negli States? Nessuno, chiaro…a meno che…guarda caso Steve Bannon s’è interessato all’Europa e in particolare all’Italia. Non è che…non è che…il sognatore che stupra Marx coi suoi post su facebook ha avuto modo di incontrare Bannon e frignare con lui su chi espone i suoi sogni Marxiani?

    Abbiamo eroe (WM), antagonista (DF) e eminence grise (SB) in un intreccio surrealista internazionale. Ci sta quasi una cosa à la “tifiamo asteroide”.

    • Ferragosto è passato, e si vede. Tornano quelli che erano via e si erano persi tutto il can can, si leggono il thread in una volta e gli parte la brocca.

  16. Questa storia mi ha richiamato alla mente “Il cimitero di Praga” di Eco il cui protagonista, Simonini, vive e si alimenta di falsificazioni e di complotti rimestando nel torbido lungo le linee di confine delle credulità e dei pregiudizi dell’800. Per Simonini la falsificazione è un modo di vivere che lo inghiotte al punto da non riuscire più a distinguere i suoi raggiri dalla realtà.

    Stiamo tutti partendo dal presupposto che QAnon sia una beffa a causa degli espliciti riferimenti a un romanzo di riferimento della sinistra estrema. Usare come spunto uno scritto di sinistra per trollare l’estrema destra americana sembra la beffa perfetta. Eppure non si può escludere che dietro il tutto ci possa essere un personaggio ambiguo di confine alla Simonini, un rimestatore del torbido senza alcuna strategia precisa se non quella di vivere del riuscire a vendere le proprie falsificazioni. Per quanto, leggendo il libro di Eco, il personaggio di Simonini mi sia sembrato tanto estremo nella sua mancanza di principi da sembrare inumano, temo che in giro ci siano tanti personaggi del genere a ronzare di volta in volta attorno alla destra e ai suoi miti, così come attorno alla sinistra quando le sue narrazioni e i suoi miti dovessero emergere nel discorso pubblico. Sono fabbricatori di complotti con nessun altro fine se non quello di veder vivere il proprio falso. Questa ipotesi è da valutare con attenzione perché nel clima attuale personaggi del genere possono fare enormi danni. Anche nel loro caso bisogna capire modus operandi, intenti e scovare possibili contromisure. In questo specifico caso, il riferimento a un libro come Q ha reso facile svelare l’arcano, ma come ce la potremmo cavare in altre situazioni?

    Infine quanto ipotizzato nell’ultima parte del suo post da Punco X, ovvero che dietro ci sia un disegno ben preciso dall’alto con l’intento di introdurre una nuova narrazione a scopo diversivo, la cosa mi pare improbabile, anche se non impossibile da escludere. Il decidere di ispirarsi a un romanzo, per di più di estrema sinistra, sarebbe un lavoro alquanto mediocre a meno che non ci fosse il preciso intento di confondere le acque. Il punto è che le acque le avrebbero confuse solo nell’estrema destra e il pro non appare chiaro.

    • @Vincenzo Senzatela Forse mi sono espresso male, o mi hai frainteso… Io non credo che dietro tutte le teorie del complotto ci sia una regia unica, una “Complotti S.p.a.” che ha lo scopo di ideare narrazioni distorte e tese a mascherare la realtà.

      Credo che le varie teorie del complotto spesso nascano negli ambienti più disparati, per poi diffondersi seguendo diverse strade. Le classi dominanti, e i loro alleati dell’estrema destra, anche se la narrazione non è stata ideata da loro (cosa che, comunque, a volte accade), sfruttano tali teorie e la loro diffusione, spesso incentivandola e alimentandola a livello esponenziale, anche per queste due ragioni:

      – da un lato diffondere una mentalità tesa a cercare un complotto dietro ogni evento e fenomeno, una mentalità che inibisce il pensiero critico e la capacità di analizzare scientificamente la società, dando però l’illusione di elevare alla massima potenza la capacità di critica, indirizzandola verso il nulla, verso interpretazioni sterili che precludono ogni lotta per un cambiamento reale.

      Umberto Eco, sosteneva che “ogni teoria della cospirazione indirizza la pubblica immaginazione verso pericoli immaginari distogliendola dalle minacce autentiche”, e sottolineava come gli studi più recenti indicano che chi crede nei complotti tende a impegnarsi meno in politica: “se si è convinti che la storia del mondo sia diretta da società segrete, siano gli Illuminati o il gruppo Bilderberg, che stanno per instaurare un nuovo ordine mondiale, che posso fare io? Mi arrendo – e mi rodo.” – sosteneva Eco.

      – dall’altro lato portare coloro che ai complotti non credono, a identificare ogni critica, ogni spiegazione storica o sociale basata su nessi causali, come una potenziale teoria del complotto. Lo schema è, più o meno questo:

      i complottisti criticano l’alta finanza —–> allora ogni critica all’alta finanza, ogni spiegazione causale che lega un determinato fenomeno all’agire di determinati individui sui mercati finanziari, è una teoria del complotto.

      Sempre Umberto Eco, scriveva che, paradossalmente, “dietro ogni falso complotto, forse si cela sempre il complotto di qualcuno che ha interesse a presentarcelo come vero”. Ciò non vuol necessariamente dire che quel *qualcuno* abbia ideato egli stesso la teoria del complotto, ma che, in qualche modo, stia sfruttando a suo favore un’invenzione altrui, magari del “Simonini” di turno.

      Per esempio: quante pagine facebook che diffondono il “piano Kalergi” sono legate alla Casaleggio&Associati o alle agenzie di comunicazione che lavorano per la Lega? Quante pagine facebook che portano a far percepire ogni critica al neoliberismo come una teoria del complotto sono, al contrario, legate ad agenzie che lavorano per Forza Italia o per la lista +Europa di Emma Bonino? Sarebbe interessante saperlo, anche se è difficile entrare in possesso di tali informazioni.

      Nel caso specifico di QAnon noi non sappiamo chi abbia ideato il tutto. Io propendo a credere, per varie ragioni, che si sia trattato di una beffa (anche se non capisco perché, a questo punto, non venga rivendicata). Poi è anche probabile, come fai notare, che dietro ci sia un “Simonini” o l’estrema destra.

      Se di “Simonini” si tratta, probabilmente la sua narrazione è stata sfruttata, da parti diverse, per cercare di raggiungere gli obiettivi che ho cercato di descrivere prima; se è stata l’estrema destra l’obiettivo è più chiaro, e prescinde da Q e dal LBP: creare l’ennesima narrazione tesa a nascondere la realtà e indirizzare la rabbia verso nemici “immaginari”.

      Però, se così fosse, se non si trattasse di beffa, ci sarebbe una novità da non sottovalutare: il complotto in questo caso, a differenza di quanto sosteneva Eco, tenderebbe ad avvicinare alla politica, in particolare al trumpismo, alcuni strati sociali. Trump è l’eroe, colui che ha ideato una cospirazione tesa a distruggerne un’altra, che incarna il male. Per questo in alcuni commenti precedenti si parla di “metacomplotto”.

      Come uscirne? Credo che Wu Ming 1 nei suoi commenti precedenti abbia indicato una strada, una via confermata da Wu Ming anche con l’agire stesso all’interno di questa vicenda. Penso che quello suggerito sia un percorso utile. Forse sarebbe utile anche elaborare spiegazioni scientifiche della società contemporanea in grado di meravigliare, e, al contempo, di svelare il fondo di verità che c’è dietro molti complotti. Forse tali spiegazioni, associate al metodo utilizzato da Wu Ming nel caso di QAnon, sarebbero in grado di arginare i “complottismi” e di contrastare chi li utilizza per indebolire, da diverse prospettive, il pensiero critico.

      Probabilmente la metafora dell’asticella non rende l’idea, quella del confine non mi piace molto, ma credo che la strategia descritta da Wu MIng 1, unita alla creazione di narrazioni nuove, in grado di spiegare scientificamente la società e, al contempo, meravigliare, possa essere in grado di rendere impervia, quasi impraticabile, la strada che porta ai complotti. Possa essere in grado di suggerire itinerari nuovi, più affascinanti.

      Su twitter Mariano Tomatis, citando la legge di Poe, dice: “non c’è quasi nulla che non possa essere creduto”, e probabilmente, per contrastare la “tempesta di merda”, tanta parte del lavoro dovrà essere incentrata sullo svelare l’incredibile, meravigliando e proponendo narrazioni nuove. Cercando di caricarle della stessa meraviglia dei complotti.

      Spero di essere stato più chiaro…

  17. In questi giorni mi sono letto tutti i commenti (interessantissimi), ma, mentre voi ragionavate su quale poteva essere la miglior forma di contro-narrazione, il “disvelamento”, io mi interrogavo su come diffonderlo poi.

    Per me mancava qualcosa. Quel qualcosa mi sono reso conto è il bersaglio umano a cui si doveva rivolgere il nuovo messaggio.
    Esiste un obiettivo generale “Cambiare la narrazione per mostrare la sutura”, WuMing 1 identifica anche una serie di elementi metodologici, primo fra tutti “evitare di far scoppiare il palloncino, ma sostituirlo, stupendo lo spettatore”.
    Continuando sull’esempio/metafora dello svelamento di un trucco illusionistico, chi è che vogliamo colpire con la nuova narrazione destruens/construens? Non tutti gli spettatori sono uguali.
    A tanti interessa solo che svelando il trucco tu metti in imbarazzo il prestigiatore sul palco (anche se non sono riusciti a capire come funziona, gli basta che tu abbia mostrato che un qualche trucco sotto c’era).
    Tanti altri sono già coscienti che un trucco c’è, ma vogliono essere stupiti dall’ingegnosità dello stesso o perfino dalla dimostrazione della loro inadeguatezza a riconoscerlo autonomamente.
    Ecc.

    Non credo ci interessi mostrare a tutti loro che sono dei creduloni, una parte di irriducibili ci sarà sempre, ci interessa colpire però la maggior parte della “manovalanza” che diffonde la narrazione tossica complottista.
    Nel momento in cui ho definito il pubblico bersaglio, mi sono automaticamente chiesto di che tipo di persone si tratta: mi sbaglierò, ma parliamo di “mediocri” (non lo dico in senso dispregiativo – non solo, perlomeno), ma proprio di persone con personalità poco inclini ad un’analisi critica autonoma e quindi influenzabili. Il famoso “consumatore medio”.
    E qual’è lo strumento che fa presa quotidianamente su questo target di persone? La pubblicità.
    Della pubblicità siamo tutti schiavi, ma chi non ha capacità critiche, di più.

    Bene, la nostra contro-narrazione dovrebbe essere una campagna pubblicitaria reale. Gli elementi ci sono tutti.
    Gli editori (americani, europei, italiani) possono annunciare al mercato una nuova ristampa (finta o reale) di “Q”, comprando qualche pagina di pubblicità (ne bastano poche e in parte dovrebbero effettivamente rilanciare le vendite – l’importante è che venga vissuta come vera pubblicità, arrogante anche, che sfrutta il momento contingente).
    Il messaggio dovrebbe essere circa:
    “Compra e leggi il romanzo che ha ispirato la più grande beffa alla destra americana!”
    A questo punto, sfruttando questo canale possiamo diffondere la nostra contro-narrazione.

    Gli elementi ci sono tutti:
    L’elemento di verità: Il complotto si chiama “Q” come il libro (è stato un caso e chi l’ha iniziato non lo sapeva? Chi se ne frega)
    L’elemento del complotto: Qualcuno voleva prendere per il culo qualcun altro (è talmente verosimile che è vero comunque).
    Una complessità sufficiente da poter dire tutto e il suo contrario.
    Un pubblico superficiale e disattento, facilmente preda di un illusionista (la maggioranza di questi non ha mai letto un libro “complesso” come “Q”).
    Lo sponsor autorevole: la sacra pubblicità commerciale.
    Starà poi a noi tutti intervenire in ogni post sui social (italiani, americani, internazionali) in cui si parli di QAnon, linkando ora la pagina pubblicitaria, ora il testo di debunking, ora ambedue.

    Secondo me potrebbe dare una bella botta a questo tipo di credulità (e far vendere un bel po’ di copie di “Q” in più – provvigioni, please! ).
    E la consapevolezza di aver fatto guadagnare qualche soldo in più a questi autori ed editori sinistrosi, dovrebbe procurargli uno spiacevole prurito.

  18. Oggi con il caso di Asia Argento si può vedere in azione in diretta la macchina mitologica di QAnon. L’accusa al mondo di Hollywood di nascondere una gigantesca organizzazione pedofila diventa una profezia autoavverante quando una attrice viene accusata di aver molestato un minorenne. E la teoria del complotto satanico trova conferma definitiva nel fatto che Asia Argento sia stata tra le più forti sostenitrici dell’hashtag #metoo, quindi chiaramente interessata a coprire con retorica liberal e femminista la propria condotta satanista e violenta.

    @Valerio Minnella
    sono d’accordo che bisogna lavorare sul tema della diffusione e in questo caso a mio modesto parere non bisogna avere scrupoli, in Spartakus Jesi diceva che la propaganda politica, a differenza della letteratura, necessità di una dose di manicheismo per essere efficace, cioè (questo è quello che ne ho tratto io) ci si può ‘sporcare le mani’.

    E allora proviamo a usare le tecniche che Lakoff ha individuato nel profilo twitter di Donald Trump (link: https://twitter.com/GeorgeLakoff/status/948424436058791937 )

    Nello specifico la numero 1, quella di Preemptive Framing.
    Faccio un esempio:
    se vai in un forum di Qanonisti e complottari e vuoi trollare con la tesi che Q è una beffa alla Blissett, dovresti *dare per scontato* che la tua tesi è quella valida e che non esistono dubbi al riguardo, senza bava alla bocca ma anzi con calma olimpica e risolutezza. Questa tecnica serve appunto a definire i limiti del discorso. Accettare una definizione significa accettare una conclusione (cit.) quindi se l’obiettivo è quello di diffondere online una teoria alternativa bisogna adottare *esattamente* la tecnica che usa Trump. Questa ovviamente è la mia opinione e basta eh.
    La destra al potere in Italia e altrove governa i media usando tecniche di manipolazione derivanti dal marketing, dalla psicologia comportamentale e dalla scienza militare. Non vedo perchè chi si oppone a questo governo dal basso dovrebbe usare strumenti diversi.

    • Se c’è una cosa che odio è Machiavelli e la sua stupida frase “il fine giustifica i mezzi”; Machiavelli parlava al principe, con un fine preciso: il potere.
      Soggetti e fini diversi richiedono mezzi diversi.
      Quindi, sporcarsi le mani, assolutamente sì, ma di roba buona e profumata, non di merda da manipolatori.

      La pubblicità che suggerivo è assolutamente vera: “il romanzo che ha ispirato”.

      Oggi su Twitter ( https://twitter.com/davidegastaldo/status/1031410770662313989 ) ho “taroccato” una maglietta “I Want Q” che era “falsa” (mostrava Trump), rendendola “vera” (dopo mostrava il vero “Q”).

      È importante che il nostro complottista non si senta manipolato da noi (noi ristabiliamo la verità), ma che se la prenda solo con se stesso per esserci caduto.

      Il commento sopra di WuMing 1, che racconta di quelli arrabbiati, che la moglie non glie la da più, sono un esempio dello stato d’animo in cui vogliamo vederli. Al prossimo “complotto” ci penseranno due volte.

      In questi termini, la sicurezza che “la tua tesi è quella valida” ed altre tecniche psico-comportamentali, come quelle che citavi, sono perfette.
      “Io ti dico cosa è vero, perché è vero, e ne sono così convinto che non ho bisogno di alzare la voce per farmi ascoltare da te.”

  19. “Io ti dico cosa è vero, perché è vero, e ne sono così convinto che non ho bisogno di alzare la voce per farmi ascoltare da te.”

    letteralmente così. questo è l’atteggiamento da tenere, e non devo certo dirlo io a te.

    a me sta simpatico Machiavelli, e piaceva anche a Tupac ;)
    io non penso che esista la verità, come diceva qualcuno “il vero è un fotogramma del falso”.
    Io penso che bisogna esporre un punto di vista. I complottisti, i fissati, la destra online è bloccata su un punto di vista ben definito. Esporne un altro alternativo e autoavverante signifca esporli a qualcosa che non ha bisogno di commento. O lo accetti o non lo accetti. questo vale per la terra piatta o per quella che tu (noi) chiami ‘verità’.

  20. Un’ottima ricostruzione *da destra* del fenomeno #QAnon, con sensate riflessioni sul perché molta gente creda a una tale pletora di fregnacce, si può leggere sul sito conservatore americano The Federalist, sotto il titolo «Why Thousands Are Obsessed With A Nest Of Conspiracy Theories Called QAnon».

    La destra USA si preoccupa sempre più seriamente dei danni d’immagine che QAnon le sta arrecando. L’autrice dell’articolo, Georgi Boorman, sembra aver letto alcune delle cose che abbiamo scritto noi (usa anche il concetto di «mitopoiesi») e non solo non scarta l’ipotesi che possa trattarsi di una beffa da sinistra, ma a tratti sembra darla per intesa, come quando scrive:

    «[…] whoever is behind Q doesn’t have to put much thought into the puzzles. He just hammers out non sequiturs and paranoia-tinged one-liners and let’s the readers spin up the crowd-sourced engine of mythopoesis […] The person, or more likely people, behind Q probably split their sides laughing everyday at how ridiculous they can get without seeming to lose any credibility. But this brash bit of fiction fits into the broader mythology of glorified heroes from days of old […] »

  21. Ieri è stata una giornata nera sia per Donald Trump sia per chi crede alle «rivelazioni» di #QAnon. Due dei suoi collaboratori più stretti sono stati condannati per vari reati legati alla sua elezione e alla sua amministrazione, ed è soltanto l’inizio.

    Da quasi un anno «Q», coi suoi criptici dispacci, aveva spinto un gran numero di persone a credere che le inchieste giudiziarie in corso non fossero davvero contro Trump e la sua cricca, ma fossero invece geniali operazioni orchestrate da Trump stesso, che fingendosi indagato e preso di mira, in realtà stava sgominando una rete di pedofili ecc. ecc. Si parlava di un «4d chess game» da parte di Trump: una partita a scacchi in quattro dimensioni. Trump era descritto come un genio, un’intelligenza superiore, uno dei più grandi strateghi di ogni tempo.

    In normali condizioni, la base del trumpismo avrebbe manifestato contro l’inchiesta Mueller, si sarebbe “caricata la molla” per lo scontro, avrebbe avuto la favella pronta… ma poiché s’era diffuso il dubbio che l’inchiesta Mueller fosse in realtà «amica», i trumpiani sono arrivati ai giorni dello scontro senza nemmeno accorgersene. Sono stati drammaticamente sorpresi con la guardia bassa. Come nel nostro romanzo Q, le lettere firmate con quell’iniziale hanno prodotto un falso scenario, andato in pezzi quando la realtà ha fatto irruzione. Nel romanzo, la realtà fa irruzione nella battaglia risolutiva, quella di Frankenhausen, in cui l’esercito dei contadini insorti viene sconfitto definitivamente.

    Di sicuro, QAnon sinora ha fatto più male che bene alla destra americana, distogliendo la sua attenzione quando più ne aveva bisogno, indebolendo l’opposizione alle inchieste che stanno colpendo Trump e reintroducono nel vocabolario politico il termine «impeachment», screditando oltremisura una parte della destra e costringendo altri settori a prendere le distanze (si vedano i link sopra).

    Quest’esito sembra rafforzare l’ipotesi che QAnon sia una beffa *ai danni* del trumpismo. Una beffa poi sfuggita di mano e con derive potenzialmente molto pericolose, ma che ha conservato nel proprio nocciolo il suo senso iniziale, che consisteva nel far perdere un sacco di tempo a un tot di fascisti, facendo fare una figura terribile all’intera destra USA.

  22. […] quello che era, in fin dei conti, poco più di un fatto di costume, e tra le righe del (breve) articolo in cui ne hanno parlato sono riuscito a scorgere: un proposta di discorso altro sulle fake news; […]

  23. La rivista online tedesca Telepolis ha appena pubblicato un’intervista in cui parliamo di #QAnon, teorie del complotto, guerriglia culturale e il lavoro della Wu Ming Foundation. Si può leggere sia in tedesco sia in inglese. Seguirà la traduzione italiana.

  24. […] e in traduzione tedesca un’intervista in cui siamo tornato, con importanti aggiornamenti, sulla faccenda QAnon, e abbiamo proposto alcune riflessioni su teorie del complotto, debunking e tattiche di guerriglia […]

  25. […] commenti che seguono il primo post dedicato all’argomento (che forse sono ancora più interessanti del post stesso) viene sottolineato che, se di burla si è […]

  26. […] Wu Ming (Mandarin for “anonymous”) Foundation, an offshoot of the Luther Blissett collective, told BuzzFeed, “’Q’ is a disguised, oblique autobiography of the LBP. It is often described as […]

  27. […] Wu Ming (Mandarin for “anonymous”) Foundation, an offshoot of the Luther Blissett collective, told BuzzFeed, “’Q’ is a disguised, oblique autobiography of the LBP. It is often described as […]

  28. […] (Mandarin for “anonymous”) Foundation, an offshoot of the Luther Blissett collective, told BuzzFeed, “’Q’ is a disguised, oblique autobiography of the LBP. It is often […]