Sabato 19 novembre agiremo in perfetta simultaneità in due zone di Roma, con due modalità differenti, due diversi progetti, due incarnazioni della Wu Ming Foundation. Prosegui la lettura ›
Un feticcio di «working class», ovvero: il mito razzista dei «proletari che votano Trump»
[Chi ripete la narrazione tossica su Donald Trump che ha avuto, tout court, «il voto della working class», ha una minima idea di cosa sia la classe lavoratrice americana, di come abbia votato o non votato, e perché?
Plausibilmente no.
Quanti sanno che Trump è stato votato da una netta – anche più netta che in passato – minoranza della società americana, e la fascia di reddito dove ha ottenuto il miglior risultato è quella dai 250.000 dollari all’anno in su?
A quanto pare, pochissimi.
Ecco perché pubblichiamo un contributo che ci è appena arrivato dagli Usa e ci sembra contenere importanti spunti.
N.B. Il titolo è nostro, quello di Valentina era «Benvenuti a Trumplandia».
Buona lettura. WM]
di Valentina Fulginiti
1.
Lavoro in un’università della Ivy League nel nord-est degli USA: una piccola isola felice di politica liberale e di privilegio economico. I miei studenti sono gentili, miti, studiosi. Forse sarà perché insegno nel collegio delle arti liberali, ma i giovani che incontro quotidianamente sono idealisti—anche se rispettosi delle regole fino all’ossequio—attenti a riciclare, aperti alla diversità sessuale e di genere, educati, sensibili, colti. Molti di loro sono privilegiati dalla nascita (come chiunque in questo paese possa permettersi di sborsare fino a 50.000 dollari annui tra retta e spese di vitto e alloggio). Anche i conservatori (pochi, per la verità) sono gentili, civili — ragazzi che sembrano usciti da un film dei primi anni ’50, con le loro cravatte regimental, i pantaloni beige, i blazer blu, la riga tra i capelli. Tutto è ovattato, quasi irreale. Anche nelle discussioni politiche (rare, perché tra persone beneducate non si parla di politica a meno che non si sia già tutti d’accordo), si avverte la costante preoccupazione a non urtare le altrui sensibilità, a non emettere alcuna nota dissonante.
È la mattina del 9 novembre, e il campus è avvolto in una calma innaturale. Nell’ultimo anno e mezzo la nostra comunità è stata segnata da diverse tragedie. Prosegui la lettura ›
Omnia sunt communia! Il coraggio della Valsusa e il nostro, nell’onda d’urto del «colpo globale» #WM1ViaggioNoTav
«Quando una cosa comincia in un punto, bisogna saper accettare di non commisurarla subito con la situazione globale. Il colpo che ci è stato inferto è di natura globale. È talmente globale da poter restare indistinto abbastanza a lungo. Ancora non sappiamo quali siano i suoi ingredienti principali, le sue localizzazioni prioritarie, che cosa succederà, ecc. Sentiamo solo il colpo ricevuto e l’impotenza. Dal punto di vista della situazione globale, non c’è per il momento nessuna cura possibile per l’impotenza. La presunta risposta globale, infatti, la conosciamo, è il vecchio ritornello sulla “ricostruzione della sinistra”. Questo significa ritornare alle vecchie abitudini… e preparare quindi la reiterazione senza coraggio delle circostanze che provocano l’impotenza. Quando si riceve un colpo globale, il coraggio che deve rispondergli è locale. È in un punto che potrete ricostruire la possibilità di vivere senza perdere l’anima negli effetti depressivi del colpo ricevuto. Il coraggio orienta localmente nel disorientamento globale.» (Alain Badiou)
Il 15 ottobre 2016 Un viaggio che non promettiamo breve era ancora in tipografia e non si poteva ancora presentarlo, al massimo pre-presentarlo.
Due giorni prima, in un perturbante passaggio di testimone, Dario Fo era morto e Bob Dylan aveva vinto il Nobel per la letteratura. Secondo alcuni commentatori, quella dell’Accademia Svedese era una risposta preventiva a uno dei due possibili esiti delle presidenziali USA. Mah.
Mentre scriviamo questo post, la notizia che muove la macina è proprio l’esito di cui sopra. Prosegui la lettura ›
I #Cantalamappa a Mantova e l’indice del loro nuovo libro
Lo scorso 28 ottobre, come preannunciato, nell’ambito del Festival Segni d’Infanzia, abbiamo presentato Cantalamappa nel pittoresco Teatro del Bibiena di Mantova. Qui c’è una bella recensione della serata (a cura di Emanuele Bellintani) durante la quale abbiamo raccontato due storie dal primo volume e una dal nuovo, in uscita il 15 novembre.
A latere della presentazione ci ha intervistato il blog del festival. Ecco l’intervista, a cura di Chiara Marsili, che trovate anche sul sito del festival:
IN VIAGGIO CON WU MING
– In passato la figura del “cantastorie” era molto importante per la trasmissione non solo delle tradizioni ma anche dei saperi. In cosa vi siete ispirati a questi individui per creare i personaggi di Guido e Adele Cantalamappa?
WM: Guido e Adele Cantalamappa sono prima di tutto due viaggiatori. Viaggiatori, non turisti. Sono due vecchi freakettoni che non hanno mai perso la curiosità di scoprire il mondo. Ogni viaggio diventa una storia. E ogni storia vuole essere raccontata. Il momento ideale per farlo, fin da quando l’umanità viveva nelle grotte, è attorno al fuoco, cioè in un momento conviviale e di quiete. I nostri Guido e Adele fanno così, aiutandosi con mezzi analogici. Non hanno fotografie digitali sui telefonini, né video. Hanno fotografie stampate, mappe cartacee, ritagli, appunti, souvenir, che raccolgono durante i loro viaggi e che riportano dentro un librone. Il Librone dei Viaggi, appunto, che diventa il libro della loro vita, un incrocio tra il diario di Charles Darwin, Sulla strada di Jack Kerouac e i graffiti di Lascaux.
Un viaggio che non promettiamo breve. Nuove interviste e segnalazioni #WM1ViaggioNoTav
Dopo quelle di due giorni fa, ecco nuove segnalazioni su Un viaggio che non promettiamo breve. Venticinque anni di lotte No Tav.
■ Oltre allo speciale – già segnalato – andato in onda su Radio Città Fujiko di Bologna, anche Radio Onda d’Urto di Brescia ha dedicato una trasmissione all’uscita del libro, con indervisda a ud Wu Bigg Udo raffreddado e cough! cough! gondodda da Andrea Cegna. Potete ascoltarlo qui.
■ Su Carmilla c’è una “recensione”/adattamento a fumetti realizzata da Simone Scaffidi Lallaro e Nicola Gobbi. Soundtrack e co-ispirazione: Kina, Questi anni. Prosegui la lettura ›