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Nicoletta Bourbaki

(Nessuna) Pietà per la nazione che crede alle bufale su #Pasolini

Pietà per la nazione

Una poesia di Lawrence Ferlinghetti, per giunta scritta trentadue anni dopo la morte di Pasolini, prima viene attribuita a quest’ultimo, poi viene usata come pezza d’appoggio per sostenere che era… cosa? Nazionalista? «Sovranista»? Non l’hanno nemmeno letta: plausibilmente, qualcuno ha visto la parola «nazione» e si è eccitato all’istante.

di Wu Ming 1
(con la collaborazione di Yàdad de Guerre e Nicoletta Bourbaki)

INDICE
1. Pietà per la nazione?
2. Ancora il tormentone del «Caro Alberto»
3. Chi ha fabbricato il meme del «Caro Alberto»
4. Due parole in più su questo “network”
5. Scritti corsari fa ormai più danni delle cavallette
6. Ma sempre Pasolini? Come mai?

Lo psichiatra di destra e personaggio televisivo Alessandro Meluzzi è solo uno dei tanti diffusori del meme che vedete qui sopra.

È composto da una delle più celebri foto di Pier Paolo Pasolini e da una traduzione italiana di Pity The Nation, componimento di Lawrence Ferlinghetti, 99 anni, poeta e scrittore, libraio ed editore, esponente di spicco e mentore della Beat Generation, pilastro della letteratura e della controcultura americana del XX secolo. Un libertario che si è sempre espresso contro ogni nazionalismo, bigottismo, razzismo e ha scritto: «I am waiting for the final withering away of all governments» [Attendo la scomparsa definitiva di ogni governo].

Nel meme, la poesia è però firmata «P. P. P.». Meluzzi, poi, l’introduce con una balzana domanda retorica: «Anche Pasolini era fascista?»

Il senso sembra essere: voi che chiamate “fascista” chi ama la propria nazione, beccatevi questa poesia di Pasolini contro chi non la ama!

Vale a dire: se hanno letto la poesia (cosa di cui dubito), l’hanno capita esattamente al contrario.

Diamole un’occhiata. Prosegui la lettura ›

Una frase di Samora Machel contro l’immigrazione impazza sui social. È un falso. Chi l’ha inventata di sana pianta e perché.

Samora Machel immigrazione falsificazione

Machel contro l’immigrazione? Clicca e leggi lo smontaggio fatto da Nicoletta Bourbaki.

Tra quanti si adoperano a fornire pezze d’appoggio “rosse” all’odio contro i migranti e alle politiche di Matteo Salvini, da un po’ di tempo a questa parte va forte lo stralcio di un discorso di Samora Machel (1933-1986).

Machel fu un grande leader rivoluzionario africano, capo del FRELIMO (Fronte di Liberazione del Mozambico) e primo presidente del Mozambico dopo la fine dell’impero coloniale portoghese. Nella frase che gli viene attribuita, attacca «il mito dell’emigrazione» e, all’osso, descrive gli africani che lasciano il loro continente come controrivoluzionari, pedine dell’imperialismo e quant’altro.

Una frase davvero strana, sia per il contenuto — Machel stesso era stato un emigrante, veniva da una famiglia di emigranti e, da internazionalista, mai avrebbe seminato zizzania tra proletari che vivevano e lavoravano in paesi diversi  sia per lo stile, poco somigliante a quello del suo presunto autore.

Nel corpus di scritti e discorsi di Machel, quel passaggio non risulta da nessuna parte. Lo avevamo già fatto notare in un box dentro la seconda puntata di Lotta di classe, mormorò lo spettro. Ora possiamo dire qualcosa di più. Prosegui la lettura ›

«Questo chi lo dice? E perché?» Come riconoscere e smontare le bufale storiche – di Nicoletta Bourbaki

Clicca sulla copertina per scaricare la guida scritta da Nicoletta Bourbaki (pdf).

Il lavoro che i tempi richiedono è di resistenza culturale, ma anche   soprattutto  di sgombero delle macerie e ricostruzione di un mondo bombardato, di una città che non c’è più.

È un’opera di lungo termine, che andrà proseguita per generazioni e tanto meglio riuscirà quanto più sarà fatta per disperazione — ovvero, come si legge nel Dizionario Treccani, «non trovando altra soluzione, costretti da dura necessità». In parole povere: non abbiamo scelta.

Giusto ieri, cercando di sgombrare il campo da alcuni equivoci, citavamo su Twitter uno scritto giovanile del Moro di Treviri: Prosegui la lettura ›

Storia di una foto (e di un video). Forza e limiti dell’antifascismo di fronte alla cultura dello stupro

Nella sua narrazione maschile e maschilista, lo stupro viene sganciato dalla questione di genere, e può essere incastonato in qualunque format possa infiammare l’opinione pubblica, o rassicurarla. Gli stupri, in queste narrazioni, esistono solo per sbandierarli sulla pelle delle donne e per usarli contro le donne.

di Nicoletta Bourbaki *

INDICE
1. Cacciatori di «cute dead girls!»
2. Lo stupro nella narrazione maschile e machista
3. Uno stupro è “solo” uno stupro?
4. Genere e violenza nella guerra fascista
5. E nella guerra di liberazione in Italia?
6. I tic narrativi del caso Ghersi
7. Lo stupro “antifascista” di Parma
8. Antifascismo e questione di genere, un antico rimosso

1. Cacciatori di «cute dead girls!»

Una ragazzina bionda, poco più che bambina, adagiata nel fango e nella polvere come una bambola di pezza. Innaturale, scomposta, il vestito bianco ridotto a pezzi, sollevato a scoprire un corpo che lascia intuire ogni sorta di scempio.
Un’immagine indigeribile, che toglie le parole e riempie di orrore chiunque la guardi, anche per l’impossibilità di collocarla nel tempo e nello spazio.
Nessuno sa chi sia la giovanissima vittima ritratta nella fotografia.

L’immagine approda a Internet il 23 novembre 2009, nella sezione «Medicina retrò & bianco e nero» di un forum di fotografia, dopo che un post simile datato 20 ottobre è stato cancellato per ragioni ignote. Da quel momento, conosce un certo successo nei siti per amanti del genere, come il thread di un forum spagnolo intitolato Ragazze morte carine! in cui il 19 ottobre 2010 viene postata dall’utente Nifelheim assieme ad altre 29 immagini, tutte rivoltanti. Prosegui la lettura ›

Il PD del Friuli-Venezia Giulia e le bufale storiche su Rommel: un cortocircuito

Parigi, giugno 1940. Rommel, comandante dell’invasione, saluta Hitler in visita. Nicoletta Bourbaki mette in fila mitologie d’accatto sul personaggio, a contrasto con le verità storiche.

[Una corsa in montagna intitolata a un pilastro del Terzo Reich, con sponsorizzazione di organismi regionali del Friuli-Venezia Giulia e contributo regionale di quasi diecimila euro.
Friuli-Venezia Giulia: regione a guida PD, governata da Debora Serracchiani.
Erwin Rommel: personaggio storicamente abietto, responsabile di stragi e deportazioni, ma «ripulito» a colpi di bufale e circondato da un alone di falsi miti. Miti più volte smontati dagli storici, ma sopravvissuti nella pop culture.
Alle legittime perplessità sulla scelta, i vertici del PD friulano-giuliano rispondono in modo piccato e inanellando falsi storici e concettuali.
Cent’anni dopo Caporetto, un cortocircuito tra prima e seconda guerra mondiale.
Cent’anni a Nordest: ignoranza, revisionismo, cerchiobottismo e, sullo sfondo, l’austronostalgia presente in quei territori.
È una storia paradigmatica. La racconta Nicoletta Bourbaki. Buona lettura.]
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Barcellona, Minniti, aviatori neri, Bus de la Lum. La Wu Ming Foundation prosegue il lavoro antifascista

Barcellona oggi e cinquant'anni fa

di Wu Ming 1

Barcellona resiste di nuovo, in massa, a una violenza poliziesca, militare, di derivazione chiaramente franchista e con espliciti elementi di fascismo. In questo modo torna a essere, come ottant’anni fa, centrale per le sorti d’Europa. Barcellona ci chiama a gran voce e ci chiede di prendere posizione.

Faccio notare questo prima di e a prescindere da qualunque valutazione sul referendum dell’1 ottobre, su tattiche e strategie dell’indipendentismo catalano ecc. Prima ci si schiera contro la violenza di stato che soltanto ieri ha lasciato per le strade quasi un migliaio di feriti, poi si discuterà del resto. Mi limito a far notare che l’indipendentismo catalano ha precise ragioni storiche e ha al proprio interno rilevanti forze internazionaliste, antifasciste, antirazziste, che hanno già rigettato più volte la finta solidarietà dei nostri Salvini, e dunque – al netto delle legittime perplessità – non meritano improvvidi paragoni con le miserie di casa nostra.

Ironia della sorte: più o meno nello stesso momento in cui la Guardia Civil cominciava a irrompere nei seggi elettorali, nelle edicole d’Italia arrivava il Corriere della Sera, con dentro un’intervista al ministro degli interni Marco Minniti.

Minniti era fresco reduce dalla festa di Fratelli d’Italia, dove aveva fatto il piacione ricordando di aver lavorato dietro le scrivanie di Mussolini e Italo Balbo, nonché lodando un celebre motto machista di quest’ultimo.

Nell’intervista, si poteva e si può leggere questo scambio (le sottolineature sono mie): Prosegui la lettura ›

Che cos’è Giap, che cos’è la Wu Ming Foundation

3 giugno 2017, escursione ai Quattro Denti, Chiomonte, Val di Susa. Un momento clou della prima festa nazionale di Alpinismo Molotov, primo evento di questo tipo organizzato da un collettivo della Wu Ming Foundation.

Era tempo di fare un punto della situazione. Da tempo il progetto Wu Ming era diventato ben più esteso e complesso dell’originario «collettivo di scrittori».

Nel 2016, commentatori che non seguivano il nostro lavoro da anni hanno scritto: «Sono rimasti in tre». In realtà non siamo mai stati così numerosi.

La realtà ha superato le vecchie descrizioni e oggi molti chiedono una “mappa”.
Chi è Nicoletta Bourbaki?
Che cosa vuol dire «Alpinismo Molotov»?
Cos’è Quinto Tipo?
Come si partecipa a Resistenze in Cirenaica?
Che differenza c’è tra Wu Ming e Wu Ming Contingent?

Insomma, era necessario aggiornare, rielaborare e migliorare la pagina di autopresentazione «Che cos’è la Wu Ming Foundation». Ora ci sembra molto più «narrata» e chiara.

È un lavoro che andrà fatto periodicamente. E serviranno traduzioni in altre lingue. Tempo al tempo.

Intanto, buona lettura.