«Tutto è pieno di miti»: a cosa servono? «Tutto è pieno di storie»: chi le racconta? Anzi, cosa le racconta?


[All’incirca un paio d’anni or sono — per la precisione, ventidue mesi fa — pubblicammo un binomio testo + video a firma di Mariano Tomatis, intitolato L’universo incantatorio delle narrazioni: veleni e antidoti.
Si trattava di un intervento fatto nell’aula magna del liceo Gioberti di Torino, su invito dell’Unione Culturale e degli studenti della 5a G vincitori del Premio Antonicelli 2015/2016. Quel giorno c’erano Mariano, Wu Ming 1 e un’altra conoscenza dei giapster, Enrico Manera.
Nella breve intro al pezzo di Mariano scrivemmo: «Nei prossimi giorni pubblicheremo anche l’intervento di Enrico».
Nel turbine delle nostre vite, quei giorni si sono fatti meno prossimi, ma sono giunti, alla buon’ora… o alla mala ora.
Enrico ha rivisto e ampliato il suo intervento, oggi lo pubblichiamo insieme al video, e forse casca a pennello, in questi giorni gravi di panzane che vengono giù a valanga, al principio di quella che sarà la campagna elettorale più lercia e squallida della storia repubblicana (e ce ne vuole). Campagna che, come già annunciato su Twitter, noialtri ci sforzeremo di non commentare. Non direttamente, almeno, perché c’è modo e modo.
Non fatevi bruciare le sinapsi, il 4 marzo è ancora lontano.
Nel mentre, Buona lettura.
P.S. Ricordiamo che ogni post di Giap può essere salvato in pdf e ePub ed è disponibile in versione otttimizzata per la stampa. I bottoni sono in calce al testo.]

di Enrico Manera *

1. «Mito»

Il breve quadro teorico che segue intende fare un minimo di chiarezza su termini, concetti e teorie che usiamo quando diciamo «mito». Nella sua accezione più nota esso si riferisce al patrimonio della religione e della letteratura greca, nella sua versione classica, rinascimentale, alla sua revisione illuminista e romantica e alla sua estensione, ai racconti di storia sacra, alle società di cultura orale. In quanto costrutto culturale la parola «mito», in particolare modo dall’età moderna, indica un oggetto degli studi di filologi, storici della religione, antropologi, etnologi e filosofi, che in un dato momento storico configurano una vera e propria scienza, benché diversificata con prospettive, metodi e valutazioni differenti. Se contrapposto a ragione o a storia, «mito» diventa qualcosa di infondato e falso mentre nel senso comune è un dato di particolare interesse collettivo nelle società contemporanee, tale da suscitare stupore, meraviglia, entusiasmo e da esercitare fascino e produrre fenomeni di adesione, emulazione, partecipazione, mobilitazione. Prosegui la lettura ›

#PadaniaClassicsEP | Wu Ming 2 + Frida X suonano l’«Atlante dei Classici Padani»

Dopo il reportage della gita aziendale «Tour del Disastro», pubblicato sul sito di Internazionale, i sentieri di Wu Ming 2 e Padania Classics sono tornati a incrociarsi.

E’ successo il 14 ottobre scorso, al Teatro della Fortuna di Fano, per il 5° Festival del Giornalismo Culturale, diretto da Lella Mazzoli e Giorgio Zanchini. Il tema delle giornate era la promozione, salvaguardia e analisi critica del patrimonio culturale e paesaggistico dell’Italia.

A Wu Ming 2, gli organizzatori hanno chiesto di preparare una lettura concerto che utilizzasse musica, immagini, narrazione e giornalismo. Prosegui la lettura ›

Un tricolore lungo un chilometro, ovvero: deturpare le montagne per festeggiare un’immane strage

Un tricolore sull'Adamello

Il discorso di fine anno di Sergio Mattarella, coi riferimenti alla «Vittoria» e ai «Ragazzi del ’99», fa presagire — ma l’avevamo presagito da un pezzo — che il 2018, centenario della fine della Grande guerra, sarà molto peggio del 2015, centenario del suo inizio (per l’Italia).

Nel 2015 il Paese celebrò la sua entrata in guerra, cosa di per sé già stridente, ché non si dovrebbe festeggiare l’inizio di una carneficina, semmai la sua fine.

Per giunta, quella dell’Italia – come può confermare qualunque storico – fu una guerra di aggressione, anche se da cent’anni viene spacciata alle masse come guerra di difesa. Aggressione perpetrata rovesciando le proprie alleanze. Prosegui la lettura ›

Scarica «Difendere la Terra di Mezzo» di Wu Ming 4 (Pdf, ePub, Mobi, Azw3) #DlTdM #Tolkien

Difendere la Terra di Mezzo


Nel 2013 Wu Ming 4 fece tesoro del lavoro e del dibattito prodotto su Giap intorno a J.R.R. Tolkien, alle sue opere, al suo mondo. Raccolse gli scritti e gli audio pubblicati sul blog, li rielaborò, estese e rivide, poi ne aggiunse di completamente nuovi.
Il risultato fu Difendere la Terra di Mezzo, un saggio diviso in due parti: la prima riguardava il fenomeno letterario; la seconda trattava la poetica di Tolkien, entrando nel merito dei testi. Il libro è un’introduzione all’opera dell’autore inglese da un’angolazione non scontata in Italia, che fa riverberare tra loro le interpretazioni dei maggiori studiosi anglosassoni.
Ora, finalmente il libro è scaricabile, come al solito gratis e senza DRM. Prosegui la lettura ›

Buon anno a #IlPiccoloRegno

Il 2018 è cominciato con una buona notizia per Il Piccolo Regno: la quarta ristampa.

A quasi due anni dall’uscita la tiratura arriva così a 12.000 copie.

È evidente che non siamo in presenza delle tirature e delle vendite dei romanzi collettivi, e nemmeno di quelle di alcuni romanzi solisti, ma data la particolarità del libro e il target di riferimento – insomma il suo essere un unicum per ora nella produzione di Wu Ming – c’è di che esserne fieri. Così come fa piacere che le scuole medie continuino a invitare l’autore per parlarne. Prosegui la lettura ›

Cantare la mappa. L’esplorazione del territorio come scrittura collettiva, la scrittura collettiva come intervento urbano

Cantare la mappa

Clicca per navigare «Cantare la mappa». La visione ottimale è su computer a schermo intero.

Iniziamo il 2018 pubblicando la versione italiana di Singing The Map, il mapparacconto presentato per la prima volta da Wu Ming 1 al Medialab Prado di Madrid lo scorso 14 dicembre, nell’ambito del workshop CocTELL#3.

Quella di Madrid è stata un’ottima occasione per fare il punto sull’insieme di scritture e progetti della Wu Ming Foundation incentrati sul camminare, il perlustrare, il mappare e l’evocare fantasmi. E anche per raccontare come si è evoluto il nostro progetto negli ultimi 8-9 anni.

Una ricapitolazione utile anche in Italia, per chi non ci segue da un po’ di tempo, o lo fa saltuariamente, e conosce alcuni aspetti ma non altri.

Perché parliamo così tanto di fantasmi? Che cos’è un fantasma?  Prosegui la lettura ›

La leggenda dell’«architettura fascista»: un dibattito distorto su memoria e spazio urbano

Paolo Mieli[Apprendiamo che ieri sera è andata in onda su Rai 3 una puntata de La grande storia dedicata all’«architettura fascista», introdotta e commentata dal solito Paolo Mieli. Da ormai vent’anni costui è il testimonial n. 1 e il primo officiante di ogni rituale basato sul cliché «il fascismo ha fatto anche cose buone».
A detta di chi l’ha visionato, il programma ha riproposto in modo acritico e sciatto molti dei luoghi comuni e dei veri e propri sfondoni che ammorbano il dibattito su retaggi e relitti del ventennio. In pratica, per l’ennesima volta, si sono dati al regime meriti – reali e presunti – che non ebbe.
Il provincialismo italiano è tra i fattori che hanno impedito una chiara messa in prospettiva dell’esperienza fascista. Al pari di quella sul “miracoloso” welfare state fascista, riguardo al quale circolano bufale impressionanti, la leggenda di un’«architettura fascista» diversa da quella che si sviluppò nello stesso periodo nel resto d’Europa (e non solo) continua ad autoalimentarsi. Stavolta, è stata riproposta coi soldi dei contribuenti.
Nel novembre scorso Wu Ming 1 ha dedicato a tale leggenda un capitolo della sua inchiesta Predappio Toxic Waste Blues. Lo riproponiamo, da solo, per chi non lo avesse ancora letto.]

Aprile 2015. La statua di Cecil Rhodes mentre viene rimossa dall’Università di Città del Capo.

Le polemiche sull’architettura e i monumenti del ventennio sono sempre più frequenti e ravvicinate. Tali “sfoghi” sono certamente sintomi della cattiva coscienza — e cattiva memoria —  nazionale, ma sono anche parte di un processo di ridefinizione post-novecentesca e post-coloniale della memoria che sta investendo tutto l’occidente.

In Sudafrica e nel Regno Unito, ad esempio, c’è stata la campagna Rhodes Must Fall per la rimozione dei monumenti al colonizzatore razzista Cecil Rhodes.

Negli USA si rimuovono dagli spazi pubblici i monumenti «confederati», cioè commemorativi della causa sudista nella guerra civile americana. Monumenti spesso nemmeno d’epoca, ma eretti nel ventesimo secolo e alcuni addirittura nel ventunesimo, dunque meramente revanscisti, apologie della schiavitù e simboli del perdurante razzismo contro i neri. Come tali, vengono difesi manu militari da neonazisti e suprematisti bianchi di varie tendenze. Gli scontri di Charlottesville, Virginia, dell’11 agosto 2017, culminati nell’assassinio della manifestante antirazzista Heather D. Heyer, furono scatenati dall’estrema destra per impedire la rimozione di una statua del generale Robert E. Lee. Prosegui la lettura ›