Rosandra Crossing. Il virus letale della “Protezione civile”

di Tuco (guest blogger)

Il 24 marzo in Friuli Venezia Giulia, come ogni anno, è stato il giorno dell’ “Operazione alvei puliti”. A Trieste, in Val Rosandra (Dolina Glinščice in sloveno), il risultato è stato questo:

Val Rosandra: il ponticello prima del 28 marzo 2012

Prima

Val Rosandra: il ponticello dopo il raid del 28 marzo 2012

Dopo

Ma così non rende. Per avere un’ idea di quel che è successo bisogna guardare questi video.
Prima:

Dopo:

Gli autori di questa devastazione sono i volontari della Protezione Civile. In termini tecnici, quel che hanno fatto si chiama “lavori urgenti di prevenzione per il ripristino dell’efficienza idraulica dei corsi d’acqua regionali a tutela della pubblica incolumità mediante l’asportazione della vegetazione arborea ed arbustiva infestante gli alvei”. Più prosaicamente, si tratta di una cazzata, oltre che di una porcata, di dimensioni colossali, come spiega bene Pier Luigi Nimis, ordinario di botanica all’Università di Trieste:

Pier Luigi Nimis«L’intervento ha completamente distrutto un habitat prioritario: il bosco ripariale ad ontano nero (Alnus glutinosa). Questo costituisce una valida difesa delle rive, tanto che la sua presenza viene considerata una caratteristica che aumenta notevolmente il valore dell’ Indice di Funzionalità Fluviale, adottato anche dall’ARPA regionale per monitorare lo stato dei corsi d’acqua della Regione. La completa scopertura del suolo derivante dal taglio drastico effettuato in Val Rosandra priverà questo tratto del torrente del suo presidio forestale, accelerando il disseccamento del suolo e l’erosione delle rive. »

Il principale responsabile di questa devastazione è l’assessore regionale Luca Ciriani (Pdl). Sullo sfondo, il dibattito sul percorso del TAV e sulla costruzione di un rigassificatore, due “grandi opere” che probabilmente nei prossimi anni interesseranno il  territorio del comune di Dolina, lo stesso in cui si trova la riserva naturale della Val Rosandra. Un complottista potrebbe pensare che la distruzione del bosco sia stata un’operazione premeditata, un modo per smerdare preventivamente quel territorio, per renderlo meno pregiato. Insomma: un modo per rendere meno clamoroso lo scempio prossimo venturo.

Però, però. Le cose non sono così semplici. L’ assessore Ciriani in un comunicato stampa ha affermato che l’intervento era stato concordato con il comune di Dolina.
La sindaca di Dolina, Fulvia Premolin (centrosinistra), che pure è in prima fila nella battaglia contro TAV e rigassificatore, ha confermato le parole di Ciriani:

Fulvia Premolin«Dopo l’intervento ho parlato con i responsabili della Protezione civile. Mi hanno assicurato che hanno agito nel migliore dei modi puntando soprattutto agli aspetti della sicurezza. Non posso mettere in dubbio le loro parole. E non posso certo valutare se un intervento sia stato eseguito nel migliore dei modi perché non sono un tecnico. Ritengo che sia necessario effettuare al più presto un sopralluogo in tutto l’alveo del torrente Rosandra chiedendo il parere di un esperto che possa fornire una valutazione oggettiva di cosa e perché sia stato fatto. Poi valuteremo il da farsi»

Il vicesindaco Antonio Ghersinich è sulla stessa lunghezza d’onda:

Antonio Ghersinich«Nei giorni precedenti è intervenuta una ditta di Paluzza su ordine della Protezione civile. Nelle giornate di giovedì e venerdì hanno tagliato gli alberi. C’erano molti pioppi. E devo dire che diversi abitanti della zona hanno domandato che anche alcuni degli alberi posti sulle loro proprietà fossero tagliati perché pericolosi».
Ghersinich spiega poi: «C’era un piano organizzativo. È stato mutuato dalla prova generale effettuata a Palmanova. Sapevano come fare, così hanno detto»

Però, però. Le cose sono ancora più ingarbugliate. Nel comunicato di Ciriani si legge:

«Infatti il comune di San Dorligo della Valle – Dolina, con nota prot. 1187/12-p/vi.5/t del 31 gennaio 2012, ha specificatamente segnalato alla Protezione civile della Regione la necessità di eseguire l’intervento di manutenzione dell’alveo lungo il tratto del torrente Rosandra compreso tra l’abitato di Bagnoli Superiore e Bagnoli, a salvaguardia della pubblica incolumità e per garantire il regolare deflusso delle acque.»

Peccato che l’intervento del 24 marzo non abbia interessato solo il tratto di torrente tra Gornji Konec (Bagnoli Superiore) e Boljunec (Bagnoli), tratto di scarso pregio, ed effettivamente infestato da robinie e rovi. L’ intervento del 24 ha interessato anche un tratto a monte, all’ interno della riserva naturale.

Quindi, ricapitolando: il 31 gennaio il comune di Dolina chiede l’ intervento della Protezione Civile per bonificare un tratto di torrente a valle di Gornji Konec. Nell’incontro tecnico del 21 marzo tra i vertici del Comune e la Protezione Civile, misteriosamente, l’area dell’ intervento viene estesa fino a comprendere un ampio tratto del torrente  a monte di Gornji Konec, nella zona di pregio. Sul perché di questa decisione, l’ assessore regionale Ciriani e la sindaca di Dolina Premolin non hanno dato finora alcuna spiegazione convincente.

Ma il comunicato di Ciriani contiene molte altre affermazioni contraddittorie e inesatte, evidenziate e confutate una per una, con grande precisione tecnica, dal biologo triestino Dario Gasparo in questo video:

E adesso usciamo dalla “zona di comfort” (cit.). Cosa pensano di tutta questa storia gli abitanti di Boljunec?  Secondo Ciriani e Ghersinich sono soddisfatti dell’ intervento. Questa affermazione però è smentita dalle numerose lettere di protesta pervenute alla redazione del Primorski dnevnik, il quotidiano locale in lingua slovena. Stojan Glavina, residente a Boljunec e membro della “srenja” (“comunella”), in un articolo pubblicato sul Primorski il 27 marzo, racconta che i pioppi e gli ontani contro cui si sono accaniti i volontari della Protezione Civile erano stati piantati una quarantina di anni fa dagli abitanti del paese proprio per rafforzare gli argini del torrente. Glavina ricorda tra l’ altro che in passato lui e altri membri della srenja avevano effettuato operazioni di manutenzione dell’alveo del torrente con modalità ben diverse da quelle illustrate nel video qui sopra. Questa volta, in un primo momento, la srenja aveva dato il proprio assenso all’ operazione della Protezione Civile. Visti i risultati, molti hanno cambiato idea e domenica hanno partecipato alla manifestazione di protesta che si è svolta in valle. Durante la manifestazione, un rappresentante della srenja ha ricordato che un gruppo di volontari della zona si era offerto di rimuovere gratuitamente le ramaglie dall’alveo del torrente. Il Comune invece ha preferito richiedere l’ intervento della Protezione Civile. Non solo: chi voleva verificare cosa stesse accadendo non ha potuto assistere ai lavori, perché le vie d’accesso all’area erano presidiate dai carabinieri.

Resta il fatto che purtroppo la comunità di Boljunec non è del tutto compatta nella denuncia dell’accaduto, almeno non quanto ci si aspetterebbe, non quanto ci farebbe piacere. È molto istruttivo riflettere su alcune opinioni favorevoli che girano nel web e nelle osterie. Si dice:
– che il letto del torrente andava ripulito (ed è vero, però bisogna vedere come e da cosa);
– che il rischio di alluvioni c’era (ed è vero, ma bisogna capire come lo si previene);
– che “una volta” in valle non c’erano alberi (ed è vero, perché “una volta” si arraffava qualunque pezzo di legno per avere un po’ di caldo in casa).
Sono opinioni fondate sul “buon senso”, per così dire, espresse senza malizia, senza secondi fini. E poi c’è un’ altra considerazione che mi viene da fare, una considerazione di carattere personale. A volte i vecchi, quelli che hanno conosciuto la miseria della vita di campagna, odiano gli alberi. Li odiano di un odio viscerale. Odiano la natura e tutto quel che ha a che fare con la sua tutela. Mia nonna, che era contadina figlia di contadini, avrebbe eliminato qualunque vegetale dalla faccia della terra. Aveva un’adorazione quasi feticistica per l’ asfalto. La favola del vecchio mondo contadino, depositario del segreto per vivere in pace e in armonia con la natura, è appunto una favola che ci raccontiamo noi, che siamo cresciuti in città e che non abbiamo mai dovuto prendere in mano una zappa per vivere. Se vogliamo (e ormai è una questione ineludibile) affrontare la questione del rapporto tra ambiente antropico e ambiente naturale, dobbiamo farlo su basi completamente diverse.

Bisogna capire, ad esempio, che i letti dei fiumi e dei torrenti sono dei sistemi complessi, e che, come spiega Nimis, ciò che a prima vista può sembrare prevenzione delle alluvioni si risolve in realtà nell’ esatto contrario.

E poi bisogna capire che la possibilità di godere della natura è un’ esigenza fisica e psicologica, per noi umani. Lo è per tutti, ma lo è in modo particolare per chi è costretto a vivere e lavorare in ambienti malsani e tetri, quali spesso sono le nostre città, col traffico, le fabbriche, le case come piccionaie e la totale assenza di bellezza. La bellezza sta tornando ad essere privilegio di pochi, di chi può permettersi la villa col giardino e le vacanze in luoghi esotici. Per noi comuni mortali ci sono (c’ erano) ancora i posti come la Val Rosandra, che dovrebbero essere considerati a tutti gli effetti dei beni comuni, tanto quanto l’acqua. Per questo suona particolarmente odioso e ipocrita l’anatema-fine-di-mondo dell’ assessore Ciriani: “Difenderò sempre i volontari della Protezione civile dall’ambientalismo da salotto”. È un “frame” che va smontato e ribaltato quanto prima, perché in tempi di crisi è molto facile ed efficace bollare come “snob” e “radical chic” chiunque si preoccupi di cose non riconducibili all’ottenimento di un vantaggio economico immediato.

P.S. Quando Wu Ming 1 mi ha proposto di scrivere questo pezzo,  mi ha chiesto qualcosa di meditato,  qualcosa che andasse oltre alla reazione “de panza”. Io però voglio concludere sfogando la panza almeno un po’. Qualcuno ha già accusato di fanatismo il migliaio di persone che domenica hanno partecipato alla manifestazione di protesta. Ma il fanatismo è quello dimostrato dagli autori di questa porcata. Solo il fanatismo può spiegare l’accanimento contro un bosco piacevole e riposante, oltre che utile al consolidamento delle sponde. È il fanatismo di chi vuole dimostrare di essere capace di andare per le spicce, senza sentimentalismi. Un vero macho, insomma, un Terminator, uno Schwarzenegger che scorrazza per il Breg.

TAV, corridoio 5: Rosandra Crossing
P.S.2
È di oggi la notizia che a breve cominceranno i lavori per il raddoppio della linea ferroviaria Divača-Koper, in Slovenia. Il tracciato dovrebbe lambire la Val Rosandra sul ciglione dell’altipiano, vicino a Kozina. Questa linea ferroviaria fa parte del famigerato Corridoio 5  (lo stesso della Val di Susa). Guardando la carta geografica un complottista potrebbe pensare che tra qualche tempo salterà fuori un nuovo progetto per il TAV. Un tracciato che preveda uno scavalcamento della Val Rosandra subito a monte di Gornji Konec, e che poi prosegua verso Koper per agganciarsi alla nuova linea delle ferrovie slovene. Un tracciato molto simile, anzi, proprio uguale, a quello che era stato accantonato un paio di anni fa a causa delle proteste degli abitanti del Breg.

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62 commenti su “Rosandra Crossing. Il virus letale della “Protezione civile”

  1. grazie a giap per l’ ospitalita’, e per aver fatto arrivare la notizia di questa porcata al di fuori dei confini della ex zona A dell’ ex T.L.T., nota anche come provincia di trieste.

  2. Tuco, grazie. Il prof Nimis fa parte del comitato costituito per la difesa della val rosandra
    http://comitatovalrosandra.org/
    Non so se è l’unica cosa che stanno facendo – per le zone SIC si fanno anche interrogazioni parlamentari al PE.

  3. @ paola di giulio

    durante la manifestazione sono state raccolte 1600 firme in calce a una denuncia-esposto alla procura della repubblica, in cui si chiede il sequestro dell’ area per impedire ulteriori interventi.

  4. A Tuco, semplicemente, grazie.

    m.

  5. salve, la stessa cosa in val di fiemme, dove vivo da sei anni.
    sono due anni che con motivazioni assurde stanno tagliando gli alberi lungo i sentieri, che poi asfaltano e lungo i pendii, in cui le radici hanno una funzione vitale e trattengono il terreno (basta pensare a quello che è successo in val di stava).
    lungo il corso dell’ avisio mi piange il cuore a vedere come stanno tagliando tantissimi alberi, implacabilmente, dimenticando che è una zona alluvionale, con la scusa di pulire l’alveo del corso d’acqua. spariscono in un batter d’occhio zone di vita, piccoli ecosistemi in cui piante e animali si integravano in cicli armoniosamente, posti bellissimi.
    ogni albero è diverso, alberi secolari tagliati senza motivo e le rive in certi punti rese all’improvviso brulle.

    e lungo le stradine dove passano i turisti, si tagliano implacabilmente bellissimi alberi che io conosco ormai da anni, con cui scambio saluti e occhiate di ammirazione, da un giorno all’altro non li trovo più e mi piange il cuore, come se morisse un vecchio amico.
    e se provo a dirlo ai tagliatori, mi rispondono quasi con rabbia: che gli alberi tolgono terreno al fieno, che i rami poi, quando nevica, cadono sulla strada e provocano incidenti. etc.,
    ma sono biotopi, luoghi di vita, miracoli…le ultime propaggini dei giardini dell’eden..
    son posti sacri, vi abitano dei..
    lo sapeva platone e ogni vero viandante queste cose le sa…ma qui la gente vive sulle macchine, e hanno quasi tutti un suv, cosa ne sanno del popolo verde, dell’amore fra un albero e un umano, come fanno a capire che son luoghi di vita, che vibra la vita lì, la libertà, la bellezza?
    la bellezza salverà il mondo, diceva Dostoevskij, è vero. ma chi salverà la bellezza?

  6. Poche ore fa stavo leggendo questo post, poi ho dovuto abbandonarlo per fare altro. Però mi sembrava qualcosa di conosciuto. Mi era rimasto il dubbio.

    Adesso, nonostante la stanchezza/ora, ne son venuto fuori:
    avevo letto della vicenda (con poca attenzione, ahimé):
    http://oggiscienza.wordpress.com/2012/04/02/valrosandra-protezione-civile-si-rifiuta-di-rispondere/ (da questa pagina si può accedere ad altri post relativi all’argomento).
    Magari vi torna utile. Nel frattempo: grazie tuco.
    Saluts.

  7. […] senza parole. Like this:LikeBe the first to like this post. Filed under 100% Liebe, Vivere senza menzogna | […]

  8. Quoto Tuco: “posti come la Val Rosandra dovrebbero essere considerati a tutti gli effetti dei beni comuni, come l’acqua”
    In teoria, l’articolo 9 della Costituzione italiana dice che la Repubblica tutela il paesaggio. Lo dice in una riga, molto stringata, e questo, come sempre accade, può lasciare spazio a molte interpretazioni.
    Secondo il p.m. Gianni Tei – quello del processo contro i danni ambientali di CAVET in Mugello – “l’art. 9 della Costituzione ha sancito il principio fondamentale della tutela del paesaggio” perché “in sostanza è lo stesso aspetto visivo del territorio che è di per sé un valore costituzionale. L’oggetto tutelato non è il concetto astratto delle bellezze naturali, ma l’insieme dei beni materiali che presentano valore paesaggistico”.
    Con questo voglio dire che il paesaggio è un bene comune, ma lo è al di là del su essere bello o brutto. Capisco il discorso sulla bellezza, però occhio: il “frame” delle bellezze naturali ti si rivolta contro quando arriva uno e dice: “cos’hai contro il TAV? Quello passa tutto in galleria, la bellezza dei luoghi è salva.” E certo, puoi spiegargli che ci saranno cave per avere gli inerti con cui fare il cemento per le gallerie, e discariche dove buttare i materiali di smarino, e tutto questo si porterà via un bel po’ di bellezza, ma ho l’impressione che impostare il discorso sull’opposizione bello/brutto finisca per non essere d’aiuto in molte situazioni, dove il paesaggio va tutelato in quanto tale, in quanto significato, “testo” scritto dalla natura e dagli uomini, con un suo divenire, come una storia non ancora finita, che però non ha senso concludere strappando pagine o disegnando scarabocchi.

    • @wm2
      sono d’accordo, non e’ solo questione di bello/brutto. infatti uno dei motivi per cui una parte degli abitanti del breg e’ rimasta fredda nei confronti della manifestazione di domenica e’ proprio questo: hanno avuto la sensazione che la protesta prescindesse dalla loro presenza su quel territorio (poi c’e’ tutta una questione spinosa sul rapporto tra italiani e sloveni, ma queste sono cose che chi non vive qui non riuscirebbe a capire. dico solo che negli ultimi 40 anni la parte pianeggiante del breg e’ stata devastata per impiantare attivita’ industriali altamente inquinanti, con espropri di terreni agricoli di pregio, nella quasi totale indifferenza dei triestini di citta’).

      nel caso del carso comunque va detto che il TAV in galleria produrrebbe danni incalcolabili proprio per il fatto di essere in galleria. il carso e’ pieno di grotte, tra cui quelle del timavo, fiume sotterraneo protetto dall’ unesco.

      • va bene, la gente che non vive li’ non puo’ capire probabilmente, io pero’ della “questione spinosa” sloveni-italiani vorrei sapere di piu’, almeno nel contesto di questa valle.
        perché se è vero che certi beni sono comuni, è perché appartengono a una comunità e/o “fanno comunità” (nel senso di “comunità di memoria e affetti” che precisi qui sotto, ovviamente non in tanti altri).
        “tutto sto casino per una valletta” ovviamente si fa perché l’acqua, le piante, e quell’oggetto liminare che sono gli argini sono presi nella dialettica di soggettivazione e assoggettamento che crea individui e moltitudini, e, ovviamente, la conservazione del patrimonio paesaggistico è cosa ben diversa dalla sua musealizzazione.
        pero’ allora conta sapere e riflettere in tanti (non solo fra i diretti interessati) su chi è che se ne cura e perché, no?
        o forse sei reticente sulla questione spinosa italiani-sloveni perché si tratta di una cosa che sanno tutti, e non c’è neanche troppo bisogno di parlarne?
        io pero’ non ne so quasi niente, ho solo ricordi scolastici polverosi che non saprei come usare nel contesto di questo post. <:<

        • allora, la questione e’ complicata. bisogna andare indietro di piu’ di un secolo. trieste ai tempi dell’ impero austro-ungarico era una citta’ prevalentemente italofona, circondata da un contado quasi interamente popolato da sloveni e croati. anche in citta’ comunque sloveni e croati erano minoranze ben consistenti. la questione spinosa di cui parlavo e’ che la “scoperta” del carso da parte degli italiani di citta’ e’ stata fin da subito segnata da una forte connotazione politica di tipo irredentistico. gli italiani di trieste hanno sempre avuto un atteggiamento “coloniale” nei confronti degli sloveni del carso. li hanno considerati degli “intrusi in terra italiana”. le guide cai dell’ epoca nominano generiche “parlate slave del contado”, tutti i toponimi sono italianizzati, e in generale viene negato il fatto che quelle terre siano popolate da secoli da sloveni.

          col fascismo questo atteggiamento ha raggiunto il suo acme, ma non e’ che dopo la guerra sia scomparso.
          tanto per fare un esempio, dopo la guerra le case popolari degli esuli istriani furono costruite deliberatamente nelle zone periferiche popolate dagli sloveni. e solo negli ultimi anni l’ amministrazione provinciale ha fatto installare i cartelli con le indicazioni stradali bilingui. e mille altre cose, picccole e grandi.

          negli anni settanta, quando furono impiantate alcune grosse industrie (raffineria, deposito carburanti, grandi motori), furono espropriati gli uliveti e i vigneti degli agricoltori in maggioranza sloveni del breg, che e’ la zona in cui si trova anche la val rosandra. la zona venne letteralmente devastata da questa industrializzazione, secondo il copione che in italia conosciamo bene. ma all’ epoca, e poi per tutti i decenni successivi, questa devastazione della zona pianeggiante del breg ha lasciato indifferenti i triestini di citta’, proprio perche’ la zona non era una “Bellezza Naturale”, ma solo una zona agricola. tutta la periferia est di trieste e’ stata considerata come il cortile in cui si ammucchiano i rifiuti e i rottami.

          questi in sintesi sono i motivi per cui una parte degli abitanti di boljunec e’ rimasta piuttosto fredda nei confronti della manifestazione di domenica. nutrono un risentimento profondo nei confronti di quei “cittadini” che per decenni hanno usato il territorio del loro comune come pattumiera, e che si sono indignati solo nel momento in cui e’ stata toccata la val rosandra.

          altra questione: chi si occupa della valle? la valle e’ una riserva naturale, per cui c’e’ un comitato scientifico che sovrintende (dovrebbe sovrintendere) agli interventi “grossi”. gli interventi “ordinari” sono gestiti direttamente dalla “srenja” (“comunella”), un’ istituzione che si occupa degli usi civici e della manutenzione del territorio.
          questa volta e’ accaduto che il comune di dolina ha preferito chiedere l’ intervento della protezione civile. anche la srenja ha dato il suo assenso, salvo poi ricredersi dopo aver visto il risultato.
          il fatto e’ che ad oggi non si e’ ancora capito perche’ l’ area dell’ intervento sia stata estesa a monte fin dentro l’ area protetta. nel documento ufficiale del comune di dolina si parla di un tratto di 800 metri in giu’ e 300 metri in su a partire dal ponte di gornji konec. qualcuno ha ipotizzato che la protezione civile abbia sbagliato ponte, e che per questo si sia spinta fin dentro l’area protetta. ma al di la’ di tutto questo, c’e’ una cosa che mi colpisce negli interventi dei politici chiamati in causa: tutti quanti si mettono al riparo dicendo di essersi attenuti alle decisioni dei “tecnici”. pero’ i “tecnici” presi in considerazione sono esclusivamente quelli della protezione civile (cioe’ di una struttura che dovrebbe occuparsi di emergenze e non di gestione del territorio). nessun credito invece viene dato a quelli che per mestiere si occupano di ambiente: geologi, biologi, ecc.

        • (io l’avevo detto, eh, che si usciva dalla “zona di comfort” :-))

    • @wm2

      poi senti questa. in un forum locale un tizio, fan sfegatato di tav e rigassificatore, a proposito del disboscamento se ne e’ uscito con questa frase: “tutto ‘sto casino per una valletta qualsiasi. non e’ mica il Sequoia National Park”. come se il valore del luogo non dipendesse anche dalla memoria e dagli affetti che evoca in chi ci vive o lo frequenta.

      • è molto indicativa la frase che ci segnali, @tuco, e lascia intuire molto del modo in cui il patrimonio paesaggistico è stato raccontato e tramandato in Italia…
        Cosa pensa, il fan sfegatato? Che il Sequoia National Park stia lì da sempre? Lui lo conosce, e lo ri-conosce, come luogo “di un certo livello” perché così è stato raccontato, veicolato, comunicato.
        La voce wikipedia in italiano è assai significativa http://it.wikipedia.org/wiki/Parco_nazionale_di_Sequoia
        …non vi sembra una specie di “spot promozionale”?
        In Italia manca completamente l’idea (e conseguentemente una prassi) dell’heritage, cioè di un patrimonio comune di beni comuni che abbia ricevuto e dobbiamo tramandare. Quando un italiano legge queste parole – patrimonio, beni… – nel cervello gli si forma l’immagine del deposito di zio Paperone, e si vede bel bello, da solo, a nuotare nelle monete, mentre fuori assurdi aggeggi anti-intrusione tengono lontana la comunità…

      • E come se “chi ci vive e lo frequenta” non fossero anche il merlo acquatico, la rana, il rospo, i caprioli, per i quali la loro “valletta qualsiasi” vale senz’altro più del Sequoia National Park.

    • Condivido appieno il fato che il “frame” delle bellezze naturali sia pericoloso quando si tratta di impostare un discorso opposto a quello che porta a tali devastazioni. Allo stesso tempo, però, attenti anche a pensare che esista un “paesaggio in quanto tale”. Non esiste niente “in quanto tale”, e il fatto stesso che le parole successive del tuo commento riportino ad un paesaggio “in quanto significato, ‘testo’ scritto dalla natura e dagli uomini, con un suo divenire…” indicano che, come sempre, stiamo parlando di valori che si costruiscono fin dall’inizio politicamente. I beni comuni non sono beni che ci arrivano da Dio o dalla sua forma laica (la Natura), ma sono “oggetti” che costruiamo quotidianamente attraverso una pratica collettiva esistenziale e politica: sono il risultato di un valore di cui investiamo il mondo. Ma, come in ogni cosa, differenti soggetti producono differenti valori: qui sta il senso della resistenza ad atti insulsi quali quelli che si consumano ai danni di luoghi come la Val Rosandra. E’ proprio attraverso la comunicazione di ciò che avviene, e la produzione collettiva di una risposta a tali azioni e alle loro giustificazioni, che costruiamo di nuovo un valore condiviso attorno ai luoghi, alla loro storia, alla nostra relazione con essi. E, tramite ciò, alla nostra relazione col mondo e con un’idea di politica che riteniamo vada difesa e innestata nella realtà. Il paesaggio della Val Rosandra, come della Val di Susa, non è uno, sono molteplici, ciascuno prodotto all’incrocio di differenti storie, soggettività, comunità. Probabilmente la Protezione Civile (semplifico un po’ qui) ha un’idea di paesaggio e di bello ben precisa, e proprio questa idea porta avanti con gli strumenti che ha. Non ha senso pensare di poter dimostrare che una certa idea di paesaggio è “quella vera”. Piuttosto, bisogna investire politicamente la realtà di un progetto condiviso da coloro che su un dato territorio agiscono (non solo vivendoci, ma anche producendolo come un valore con cui si è politicamente in relazione, perché tutto ci riguarda), e opporre questo progetto a quello di chi il paesaggio lo costruisce secondo logiche che sono solamente elitarie e di dominio.

  9. […] La favola del vecchio mondo contadino, depositario del segreto per vivere in pace e in armonia con l… (Tuco per Wu Ming Foundation) Rate this: Like this:LikeBe the first to like this post. […]

  10. Grazie. Ho rebloggato.
    Oltre a tutto il resto, c’è da far notare che mentre i tronchi di riguardavoli dimensioni sono stati quasi tutti portati via, sul letto del torrente sono rimaste tutte le ramaglie, spizze, roba fina in mucchi che è proprio il genere di materiale più pericoloso e più adatto a formare tappi in caso di alluvione! Il tutto assieme ad una discreta quantità di rovi e germogli di arbusti, che a differnza degli alberi alti non sono stati toccati. È ancora tutto lì!

  11. Ah sì c’è da dire che il Piccolo, sempre sensibile alle veline della questura, sta facendo una grossa campagna terroristica a proposito delle possibili “infiltrazioni” del locale comitato no-Tav entro il comitato par la Val Rosandra.

    http://www.info-action.net/index.php?option=com_content&view=article&id=1615:valrosandra-rassegna-stampa-e-illazioni-del-piccolo&catid=100:disastri-vari

  12. Ciao,
    grazie a Nimis Gasparo e Glavina, ed a tutti voi. Segnalo che questa moda folle di depilare le grave e le golene non è cominciata in val Rosandra, e chissà dove è cominciata.
    Io l’ho vista l’anno scorso sul BASSO PIAVE in full fledge: i comuni delle rive almeno da Noventa e Zenson fino al mare si sono trovati d’accordo (!) per “pulire” le golene.

    Chiunque conosca o sia del posto sa che:

    – la golena verde attenua la violenza della piena, quando d’autunno e d’inverno la piena capita (e capita sempre)

    – il verde di ogni genere, e soprattutto di alberi indigeni del posto e adatti allo scopo (non d’importazione), ha radici che tengono la terra salda e coesa e ne impediscono lo scioglimento ed il consumo

    – il mantenimento quindi della golena aiuta il fiume a mantenersi tale in un alveo più piatto possibile, a non acquistare velocità in un alveo approfondito dall’erosione e a non prendere un pericoloso carattere torrentizio

    PER FORTUNA la primavera scorsa c’è quasi stata un’inondazione! la situazione stessa li ha costretti a smettere!
    hanno fatto però in tempo a spianare tutti gli alberi intorno al ponte tra Musile e S.Donà per alcuni chilometri. E non mi pare che i Verdi locali facciano abbastanza rumore sul caso: che è grave, visto che il danno è irreparabile, gli alberi erano grandi e frondosi e vivaci e la riva devastata è lunga e prossima all’abitato di almeno 2 paesi popolosi. Né che la gente si renda conto del pericolo incombente, se non della bruttura.

    Ma i lavori di sistemazione SANA NON non si fanno:

    – il ponte di Eraclea perde il cemento a pezzi, ma anziché restaurarlo si aggiungono passaggi pedonali

    – gli alberi dovrebbero essere puliti dai rampicanti che li soffocano, invece di essere sradicati e uccisi

    Tali sono comunque gli amministratori locali della LEGA, e la loro arroganza colpevole, ignoranza crassa e pericolosità sociale mi sembrano confermate abbastanza. Nella loro laidezza questi non riescono a concepire altra iniziativa che non sia un DANNO per il pubblico ed un PROFITTO A BREVE termine per i parenti giardinieri.

    Ciao POLA

  13. @ pvmpoletto: scusa, e senza polemica: non sono sicuro di essere d’accordo con quello che dici. Fiumi di grossa portata dovrebbero avere il letto abbastanza libero, perchè la piena dovrebbe se mai essere rallentata e trattenuta prima di arrivare in pianura, ma lasciata scappar via una volta lì. Rallentare il deflusso dell’acqua significa aumentare le probabilità di farla tracimare. D’altra parte pochi tronchi di grandi dimensioni non costituiscono in generale un ostacolo significativo, mentre il grosso dell’attrito e quindi del rallentamento è dato dalla roba sottile: cespugli, rovi, alberi con molti butti alla base e simili.
    In ogni caso non conosco la situazione che descrivi e quindi potresti ovviamente anche aver ragione tu. Ciao,

    S.

  14. “La favola del vecchio mondo contadino, depositario del segreto per vivere in pace e in armonia con la natura, è appunto una favola che ci raccontiamo noi, che siamo cresciuti in città e che non abbiamo mai dovuto prendere in mano una zappa per vivere.”

    Quanto è vera questa frase. A mio nonno, contadino per tutta la vita (e contadino “colto” persino), importavano tre cose: il trattore, la stalla, il campo. Il trattore più di ogni altra cosa. Non ho mai visto mio nonno fare una passeggiata in un bosco se non per andarci a tagliare la legna. In Val Bormida, le fabbriche – soprattutto l’Acna di Cengio – hanno talmente inquinato l’ambiente che, mi hanno raccontato, per decenni erano spariti gli uccelli. Eppure quando si parla della fabbrica, anche quando se ne parla perché ha ucciso tanto, lo si fa con una sorta di gratitudine fatalista, perché era un male più o meno equivalente a quello di lavorare la terra, ma molto molto più redditizio.

    Io sono cresciuta a cavallo tra le Langhe e la Liguria, e come sapete da quelle parti i devastatori di professione potrebbero andare a farci un master. Da me ogni volta che piove (letteralmente ogni volta) ci sono frane e allagamenti. I torrenti vengono costretti in cunicoli sotterranei oppure rinchiusi in argini microscopici. A monte appena fuori dalla città, il Letimbro, il torrente che attraversa Savona e che l’ha devastata nell’alluvione del ’92, ha un letto che in alcuni tratti non è più largo di 3 metri. Dove c’è bisogno di ripulire, lo si fa solo dopo che qualcuno ci ha lasciato la pelle in qualche altra zona della regione. Gli alberi non mancano (in Liguria il 63% del territorio è costituito da boschi), ma periodicamente vengono distrutti da incendi, dolosi o meno, che decimano le specie, lasciando solo quelle capaci di ricrescere più rapidamente. In molte zone il leccio, l’albero più tipico della macchia mediterranea ligure, è praticamente scomparso, e questo fa sì, tra l’altro, che gli animali che si nutrono di ghiande si avvicinino alle città in cerca di cibo. Qualche tempo fa ho visto un piccolo branco di cinghiali passeggiare proprio nel letto asciutto del fiume, in pieno giorno, in mezzo alla città. Considerato che i boschi non mancano affatto, questo da l’idea di quanto – pur continuando ad esserci – sono cambiati.

  15. Mi viene da piangere :(

  16. “Lavori urgenti di prevenzione per il ripristino dell’efficienza idraulica dei corsi d’acqua regionali a tutela della pubblica incolumità mediante l’asportazione della vegetazione arborea ed arbustiva infestante gli alvei.”
    Credo che la parola “urgenti” abbia lasciato carta bianca alla realizzazione di questa autostrada marrone da parte di giardinieri della domenica, quando normalmente operazioni di questo tipo necessitano di sopralluoghi da parte di almeno un esperto in botanica che selezioni specie alloctone (non appartenenti all’ambiente che le ospita) esemplari malati e preservi la biodiversità di quelli che solitamente hanno grandissima importanza come corridoi ecologici (perchè l’uomo ha ridotto tutto a macchie e corridoi) quali sono i corsi d’acqua. Così non è stato.
    Ora, direi che come primo intervento andava levato il ponticello (chiedo a Tuco se non abbia un qualche valore storico, anche se a occhio non credo proprio) che si e no avrà mezzo metro di altezza sul pelo dell’acqua e che se guardate la foto del prima, contro uno dei suoi basamenti è presente qualche pezzo incagliato. Sono queste antropizzazioni che rischiano di far esondare pacifici torreni che in caso di alluvioni portano verso valle rami piuttosto grossi che hanno il potere d’incastrarsi proprio contro queste strutture umane. Si sposta sempre il problema sullo “sporco” del sottobosco, su una natura incapace di creare prati all’inglese o boscaglie pulite e ordinate, insomma una natura non bella e dannosa, umanamente parlando.
    In questo caso una massa d’ignoranti si è messa d’impegno per creare una futura esondazione. Complimenti.
    Spero in un intervento deciso della procura e qualche calcio in culo a chi di dovere. Spero…
    e

    • @esa triumvirii

      il ponticello non ha valore storico.

      tieni presente che comunque quel torrente non ha una grossa portata, perche’ il terreno e’ di tipo carsico e molta del’ acqua piovana si infiltra tra le rocce. quel tratto che si vede nella foto non ha mai creato problemi.
      i problemi ci sono stati piu’ a valle, soprattutto nella parte finale del torrente, che ormai scorre tra argini stretti di cemento o e’ addirittura intubata, nell’ area della zona industriale.
      l’ intervento della protezione civile favorira’ l’ erosione dell’ alveo e rendera’ piu’ rapida la corrente. in caso di piene improvvise, questo rendera’ piu’ probabili le esondazioni violente a valle, dove il torrente e’ imbrigliato o intubato.

  17. a tuco (in particolare)

    wow, grazie per la storicizzazione e per le spiegazioni, adesso è tutto molto più chiaro. solo che ora, letta la storia del contesto conflittuale di questi lavori in valle, sono diventate più confuse altre due questioni, secondo me importanti per capire gli eventi:

    1) quale sia lo statuto legale della srenja attualmente (e la sua attuale rilevanza sociale per gli sloveni) e quali siano le relazioni istituzionali fra la srenja, l’amministrazione comunale e quella statale.
    mi chiedo in particolare se la srenja sia riconosciuta ufficialmente a qualche livello, e se la cura del territorio le sia affidata in maniera istituzionale e stabile, in qualche forma.
    tu scrivi: “altra questione: chi si occupa della valle? la valle e’ una riserva naturale, per cui c’e’ un comitato scientifico che sovrintende (dovrebbe sovrintendere) agli interventi “grossi”. gli interventi “ordinari” sono gestiti direttamente dalla “srenja” (“comunella”), un’ istituzione che si occupa degli usi civici e della manutenzione del territorio.”
    ho provato a cercare info in rete su cos’è la srenja e su come funziona, e non ho trovato quasi niente a me comprensibile, ma stando al poco che ho letto mi pare di aver capito che la srenja è un’istituzione sociale e amministrativa importante (davvero ‘comunella’ è la traduzione migliore?), che tradizionalmente decide, fra l’altro, quali terre vanno attribuite a chi (ti prego correggi e precisa, se è il caso).
    cosi’ mi chiedevo se questa funzione fosse più o meno informalmente ancora attiva, e ‘sfruttata’ dalle prassi amministrative locali, cioé ratificata, inserita nelle procedure conservative di routine ( e in generale nell’amministrazione del territorio, non solo a livello paesaggistico).
    se non è cosi’, per me si pone il problema:
    2) perché?
    intendo, perché gli sloveni colonizzati non hanno fatto resistenza più attiva, o comunque perché non si sono rapportati più conflittualmente all’amministrazione italiana, cosi’ da ottenere, mettiamo, mano libera o quasi almeno nella gestione delle zone agricole?

    da come l’hai raccontata, mi pare che la situazione sia molto diversa da quella della valsusa per esempio, poiché nel caso degli sloveni ci sono di mezzo lingue diverse, guerre, mediazioni difficili fra passato e presente, immagino, e, come sottolinei, fra centro e periferia.
    ma allora, c’è qualche margine di confronto aperto sui motivi e i modi del conflitto? nel post parlavi di questo quotidiano in lingua slovena, il Primorski dnevnik, e io mi chiedevo, per esempio, se i parlanti italiani e gli sloveni cittadini questo quotidiano lo leggano. e inoltre, se esistano altri spazi, reali o virtuali, in cui le varie “comunità” si incontrano o scontrano, e se per i parlanti italiani il problema della decolonizzazione si pone in qualche modo concreto, anche indipendentemente dal potere o dalla volontà degli sloveni di imporlo.

    spero che tutto questo non sia troppo off topic, e che tu abbia ancora voglia di spiegare.
    in ogni caso, grazie per questa finestra su un margine per me invisibile.

  18. @ dzzz
    le srenje sono una forma di proprieta’ privata collettiva delle terre e dei pascoli. una legge regionale del 2001 le riconosce come personalita’ giuridiche. sullo statuto legale della srenja ho trovato questo:

    http://trieste.forumer.it/trieste-post-14574.html

    le srenje sono importanti per gli sloveni del carso e del breg. va detto che hanno spesso un rapporto conflittuale con le organizzazioni ambientaliste, a proposito del tipo di vincoli imposti nelle aree protette. credo pero’ che questo tipo di rapporto conflittuale tra agricoltori e riserve naturali sia una costante un po’ dappertutto, e che non abbia particolari connotazioni etniche.

    per quanto riguarda la possibilita’ per gli sloveni di opporre resistenza agli espropri di cui parlavo sopra, tieni conto che c’era la guerra fredda, e che gli sloveni non erano nient’altro che “slavocomunisti” e “infoibatori”. puoi immaginare quale fosse il loro spazio di agibilita’ democratica nei confronti delle autorita’.
    se pensi che napolitano, in occasione della “giornata del ricordo” nel 2007 (!), si era espresso ancora in termini non molto diversi da quelli, puoi farti un’ idea di quanta strada ci sia ancora da fare (con tutti i rischi reali di chiusura identitaria che corre una minoranza costretta a vivere sulla difensiva da quasi un secolo).

    il primorski dnevnik e’ letto da tutti gli sloveni, cittadini e non, e anche dagli italiani che conoscono lo sloveno o lo masticano un po’. spazi di incontro tra italiani e sloveni ce ne sono, ma fino a pochi anni fa erano tutti legati alla sinistra, ai suoi partiti, alle sue organizzzioni sindacali, alle sue associazioni culturali. negli ultimi anni comunque la situazione sta cambiando in meglio, perche’ i motivi storici della contrapposizione frontale sono venuti meno con l’ ingresso della slovenia nell’ unione europea.

    tornando alla val rosandra, secondo me il comitato di difesa ha sbagliato nel voler tenere separata la protesta per il disboscamento del 24 dalla battaglia contro il tav, battaglia in cui gli abitanti del breg sono in piena sintonia con gli ambientalisti. il fatto e’ che lo slogan “no-tav” fa paura a molti benpensanti.

    • grazie delle ulteriori spiegazioni e del link (in ritardo, scusa, sono stata sconnessa). ora ho qualcosa di solido da cui partire per farmi un’idea della storia del posto e della situazione – sempre che trovi il coraggio di tradurre un po’, e una biblioteca utile.
      anche se una genuina percezione degli sloveni come “slavocomunisti” continua a sembrarmi incredibile, devo dire. ?:(

  19. tuco,
    non ti sembra che manipolare l’effetto sui lettori mostrando volutamente i video e le immagini della valletta in differenti stati di vegetazione (piena vegetazione “prima” e inverno “dopo” in modo da evidenziare l’effetto desolazione) sia sbagliato? A mio avviso, se la tua causa è giusta, sarebbe opportuno cercare di descrivere più oggettivamente possibile il danno arrecato, altrimenti si delegittima una posizione che magari è anche lecita.

    • @ unitxx

      Tuco stesso ha definito insufficiente l’accostamento delle due foto (“così non rende”, ha scritto) e proposto subito sotto un video nel quale gli effetti del blitz vengono mostrati e commentati nei dettagli.

      Per chi conosce la Val Rosandra, ad ogni modo, l’accostamento è già indicativo, al di là dei differenti stati di vegetazione. Quel ponticello prima era dentro un bosco, cosa che si vedeva benissimo anche attraversandolo d’inverno, mentre adesso è in mezzo a una spianata desolante e vuota.

    • @unitxx
      beh, non e’ che io abbia a disposizione un archivio fotografico. ho pescato in rete quel che era possibile. cercavo due foto dello stesso luogo e ho trovato solo quelle. comunque nel video di gasparo ci sono immagini invernali del torrente prima dell’ intervento, e secondo me il confronto e’ ancora piu’ impietoso, perche’ il bosco in inverno era bellissimo.

  20. @unitxx
    Non parlerei di manipolazione, proprio perché la differenza che segnali è evidentissima, trasparente, non c’è il tentativo di nasconderla. Comunque il video del “dopo”, anche in assenza di raffronti con il “prima”, è talmente esplicito e oggettivo che basta da solo per far capire il modus operandi che è stato seguito.

  21. anyway, questa e’ una foto invernale del ponte.

    http://www.flickr.com/photos/claudio49/6887258341/

  22. aggiungo che il 24 marzo non e’ proprio inverno. e’ il momento in cui si schiudono le gemme.
    1) in quel momento il bosco e’ particolarmente suggestivo.
    2) qualunque esperto di botanica o anche solo di giardinaggio (e io non sono ne’ l’uno ne’ l’altro, ma lo so lo stesso) sa che quello non e’ il momento giusto per fare lavori di potatura.

  23. Una potatura di ringiovanimento si potrebbe pure fare a inizio primavera: elimini i rami vecchi, accorci quelli dell’anno, lasci solo alcune gemme… Per un po’ di tempo la pianta appare spoglia, poi però si riprende meglio di prima.
    Quello che a me risulta incomprensibile è il taglio di pioppi di quarant’anni, per poi lasciare le acacie e altri infestanti, così come certi colpi di sega appena accennati ( quando uno dei dogmi della potatura e del taglio è che quest’ultimo va fatto preciso). Intendo dire che a un occhio inesperto una potatura può spesso apparire “troppo drastica”, ma qui sono altri gli indicatori di un intervento fatto alla Terminator (i mattoni di arenaria spaccati, i ruderi del mulino trattati come mucchi di pietre, le ramaglie lasciate sul posto e le altre offese che ben si vedono nel video).
    A monte di tutto, mi pare ci sia la gestione di un ecosistema complesso con metodi emergenziali, come se si trattasse di un pericolo pubblico. Il campo di intervento della Protezione Civile si allarga con l’allargarsi della nostra idea di calamità. A Bologna, per esempio, il centro di “accoglienza” dei profughi somali è gestito in toto dalla Protezione Civile, come se si trattasse di una valanga.
    A quando l’impiego della Protezione Civile per dirimere le liti di condominio?

    • “Quello che a me risulta incomprensibile è il taglio di pioppi di quarant’anni, per poi lasciare le acacie e altri infestanti”

      ça va sans dire :-(

  24. Il dubbio sul prima (bosco vegetato/primaverile) e il dopo (bosco spoglio/invernale) era venuto pure a me, ma il video girato dopo la devastazione fugava qualsiasi incertezza.
    Poi, grazie Tuco per la specifica sul ponticello, ma se mi dici che il problema è più a valle con la riduzione, in corrispondenza dell’abitato di Bagnoli superiore, della sezione d’alveo, mi si può levare tutto, ma il rischio “tappo” con esondazione relativa è assicurato( Cinque Terre docet). Questo conferma la tesi di un qualcosa “Altro”.

    L’uso della parola infestanti, poi, è stato utilizzato in maniera fuorviante all’ennesima potenza: s’intendeva infestante qualsiasi essere vivente che potesse gettare una qualsiasi forma di rifiuto organico nel torrente e quindi infestante era ciò che stava a tot distanza da esso (ecco quindi l’effetto autostrada), non la distinzione tra specie autoctone e alloctone.
    Lasciare le ramaglie in prossimità del torrente è stato proprio un gesto coerente con l’urgenza dell’intervento. Ecco, quelle non sono rischiose per l’efficienza idraulica, ma per una qualche… deficienza.
    e

  25. il fatto e’ che le foto di panoramio credo siano protette da copyright. altrimenti (per fugare ogni sospetto di volonta’ manipolatorie) si potrebbe sostituire la foto del “prima” con quella che ho linkato il 07/04/2012 at 6:18 pm, che si riferisce all’ incirca allo stesso periodo vegetativo della foto del “dopo”. secondo me il confronto e’ ancora piu’ impietoso.

  26. Con tutto il rispetto: si sta dando troppa attenzione a un diversivo foderato in lana caprina. Propongo che non un’ulteriore sillaba venga dedicata alla questione “foto d’estate / foto di fine marzo”. In Val Rosandra è stato compiuto un crimine ambientale, forse propedeutico a ulteriori scempi. Questo è ciò che conta.

    • Volevo chiarire il mio intervento, premetto che non ho le competenze tecniche per giudicare un intervento di manutenzione di questo tipo come criminale o semplicemente inopportuno, e, per quanto poco conti, anche a me sembra evidente che un ambiente prezioso sia stato deturpato.

      La mia intenzione era sinteticamente evidenziare quello che è, secondo me, un errore comunicativo: ammonticchiare elementi, anche deboli, puntando più sul numero delle ragioni a favore della propria posizione che non sulla qualità delle stesse. Mi sembra cioè che si segua il principio che “tutto fa brodo per la causa”, in ultima analisi annacquando e indebolendo gravemente il messaggio. Si vedano appunto le foto di cui fin troppo si è discusso o anche certi passaggi del video, come ad esempio il punto in cui sembra che bisognerebbe partire tutti a manifestare per il pericolo mortale che i ceppi costituiscono per i passanti – addirittura evidenziato da un messaggio scritto in bianco su nero: a me il passaggio ha fatto ridere e non credo fosse l’obiettivo di chi ha realizzato il video. Ma forse ho un senso dell’umorismo peculiare io.

      Era una considerazione forse marginale rispetto al tema del post, ma mi sembra che questo tipo di deriva poi possa pregiudicare l’effettivo successo dell’iniziativa. In questo senso e solo in questo, ad esempio, mi sembra invece saggio non mischiare l’iniziativa con il movimento “no tav”, anche se, disclaimer, non ho molta simpatia per il simile movimento notav susa per ragioni simili a quelle sopra spiegate: il documento “150 ragioni notav” mi sembra il trionfo di questo approccio “tutto fa brodo” un po’ da crackpot, dato che a questo mondo 150 ragioni non ci sono per nulla.

      Quindi il mio consiglio da lettore occasionale e da cittadino da convincere è: una ragione, e spiegata bene. Niente ceppi assassini.

      • A questo mondo *una* ragione non c’è per nulla. La realtà è molteplice, qualunque azione comporta più rischi, non uno solo, e più conseguenze su più piani, non una conseguenza sola su un piano solo. Ogni decisione apre varchi di possibilità e produce effetti in tante direzioni, ed è perfettamente normale trovare non desiderabili molti di questi effetti e non soltanto uno solo. Non esiste “un” motivo per cui preferirei non fosse compiuto un pogrom, non esiste “una” ragione per cui decido di non cagare dalla finestra che dà sulla pubblica via. Dopodiché, esiste il piano della retorica, e su quel piano si decide che alcuni argomenti suonano più forti e chiari di altri, ma non significa che altri vadano interdetti o sbeffeggiati. Gli argomenti “in subordine” sono non soltanto legittimi, ma utili a integrare quelli principali. La storiella dei “ceppi assassini” è una tua semplificazione, non so se basata su un fraintendimento di quella scena del video o semplicemente sulla voglia di trovare il pelo nell’uovo. In quella scena si constata, già in un primo e sommario sopralluogo, che è stata usata la motosega a cazzo di cane, non solo tagliando alberi che non andavano tagliati, ma anche lasciando spuntoni acuminati in luoghi dove potrebbero ferire qualcuno. Chiunque abbia una minima esperienza non dico di giardinaggio, ma di camminate nei boschi, coglie senza problemi il senso di quella constatazione, capisce che è un argomento in subordine e ne tiene conto senza farne alcun cavallo di battaglia. E infatti la mobilitazione non si è basata sui “ceppi assassini”, ma su ragioni più cogenti, che per fortuna sono molteplici. Ogni persona le ordina secondo il suo grado di sensibilità, e muove il culo anche senza la mistica della “unica ragione ben spiegata”.

      • “come ad esempio il punto in cui sembra che bisognerebbe partire tutti a manifestare per il pericolo mortale che i ceppi costituiscono per i passanti”

        a parte il fatto che nessuno ha detto che il motivo per cui bisogna andare a manifestare sono i “ceppi assassini” (come ha spiegato wm1, i motivi per protestare sono molteplici).

        a parte questo. nella riserva della val rosandra vengono (venivano) organizzate attivita’ didattiche per le scolaresche:

        http://www.siit.eu/index.php/strumenti-per-lidentificazione/strumenti-per-l-identificazione/item/15-caccia-al-tesoro-botanica-in-val-rosandra

        e’ a questo tipo di attivita’ che si faceva riferimento nel video, quando si parlava di scolaresche. ora e’ chiaro che se i giardinieri del comune facessero un lavoro di “potatura” cosi’ cul (= di scarsa qualita’, per i non triestini) nel giardino di una scuola, i genitori dei bambini si incazzerebbero, e a ragione.

      • Urca, che spreco di retorica. Mi è sembrato di essere piuttosto chiaro nello specificare che le mie sono considerazioni sulla comunicazione del messaggio e non sul messaggio medesimo, nel merito del quale siamo più o meno dalla stessa parte. Non metto in dubbio il fatto che i ceppi avrebbero potuto essere rifiniti meglio.

        Quello che affermo è che gli argomenti subordinati, come li ha chiamati WM1, sono irrilevanti: se un prezioso bosco fosse stato devastato senza una ragione fondata ci si sarebbe dovuti opporre anche se i ceppi fossero stati tagliati bene, mentre se la ragione fondata ci fosse stata le modalità di taglio dei ceppi da sole non avrebbero costituito ragione per fondare un movimento. In particolare, se l’obiettivo è coinvolgere il più persone possibile nella protezione di quello che rimane del bosco, il fatto che sia stato devastato senza motivo è più che sufficiente, mentre è necessario calibrare bene la comunicazione senza disperderla con informazioni aggiuntive del tipo “ah e ci sono pure gli spuntoni!” che nulla aggiungono.

        Capisco l’influsso cattolico della cacciata dei mercanti dal tempio, ma avere una buona idea non è sufficiente, bisogna anche saperla vendere, e catalogare chi dovrebbe dedicare il proprio tempo prezioso a questa causa piuttosto che a un’altra come uno che “deve muovere il culo” perchè se non lo muove non è Degno della Causa mi sembra un approccio inefficace a prescindere. Questo se l’obiettivo è proteggere il bosco.

        Se invece l’obiettivo è costituire il Canone al fine di alimentare la liturgia dell’ennesima istanza perdente della Lotta tra il Bene e il Male che attraversa la Storia (a proposito di ragioni uniche) da parassitare fino a quando non muore e bisogna saltare sulla pelliccia della successiva Lotta, allora non è un tema su cui ho molto da dire.

        Poi, oh, fate come vi pare, se mi distruggessero il mio di bosco del cuore sarei più chiaro e incisivo nella comunicazione, senza orpelli accessori e trame oscure suggerite. Il mio era solo un consiglio, rimane il piacere di avere discusso con uno dei miei autori preferiti.

        P.S. mi ha colpito molto l’allusione alla mia supposta incompetenza in fatto di boschi, dato che pratico l’arrampicata e quasi tutti i weekend sono in montagna. Mi sono quindi interrogato sul perchè mi abbia fatto ridere questa cosa dei ceppi e ho fatto mente locale che in realtà nelle operazioni di disingaggio delle falesie e dei sentieri per raggiungerle vengono lasciati spessissimo spuntoni tagliati alla bell’e meglio e non rasati, li vedo in continuazione, l’ultima volta proprio ieri in valsassina, e spero che mi si creda senza dover renderci tutti ridicoli con link a foto che potrei fare. Forse quelli che frequento io sono boschi veri, e non giardini, e chi con fatica li tiene in ordine (tipicamente gente che di montagna ne sa più di tutti i commentatori di questo post messi insieme) ritiene che se rischi di rimanere impalato in uno spuntone non ci devi andare in un bosco. Non so, di sicuro gli spuntoni ci sono. Giusto per informazione.

        • “Se invece l’obiettivo è costituire il Canone al fine di alimentare la liturgia dell’ennesima istanza perdente della Lotta tra il Bene e il Male che attraversa la Storia (a proposito di ragioni uniche) da parassitare fino a quando non muore e bisogna saltare sulla pelliccia della successiva Lotta, allora non è un tema su cui ho molto da dire.”

          Boh, strano che tu affermi questo, dal momento che sei il solo ad averlo enunciato, questo tema. Lo hai introdotto tu adesso. Evidentemente qualcosa da dire l’avevi, un qualche nodo irrisolto, e aspettavi l’occasione di sputare ‘sto rospo. Spero che adesso ti sentirai meglio.

          “mi ha colpito molto l’allusione alla mia supposta incompetenza in fatto di boschi”

          Evidentemente nei boschi ci vai strascicando code di paglia, perché l’allusione te la sei immaginata. E’ vero che per essere colpiti da qualcosa non è indispensabile che quel qualcosa esista: il colpo arriva lo stesso. Ad ogni modo, non ho la minima idea di chi tu sia e di quali competenze o incompetenze tu abbia, sono cose tue, di cui a questo punto poco mi cale. Giusto per informazione.

        • “Chiunque abbia una minima esperienza non dico di giardinaggio, ma di camminate nei boschi, coglie senza problemi il senso di quella constatazione,”

          effettivamente pensavo fosse rivolto anche a me, che appunto non avrei colto il senso della contestazione. Mi sembra italiano piano, ma anche se , a quanto pare, ho capito male le osservazioni che ho fatto rimangono valide, e marginali rispetto al concetto che volevo esprimere.

          “Evidentemente qualcosa da dire l’avevi, un qualche nodo irrisolto, e aspettavi l’occasione di sputare ‘sto rospo. Spero che adesso ti sentirai meglio.”

          Evidentemente ho cose da dire, ma non sarebbero utili a perseguire in questo caso l’obiettivo che non sarebbe comune, e oltretutto non sono basate, a differenza di altre mie osservazioni, su competenze specifiche, e quindi avrei anche difficoltà a difenderle. Oltre a essere off-topic.

          Mi piacerebbe avere una tua considerazione più sul punto, ma forse l’hai già espressa con compiutezza, mi riferisco in particolare al passaggio sul cagare dalla finestra, e abbiamo punti di vista inevitabilmente distanti. Non capisco comunque l’origine tutta questa verve polemica, anche perchè ho ribadito più volte che abbiamo le stesse opinioni sulla devastazione del bosco, ma va bene lo stesso, è stata comunque una discussione interessante.

        • scusa unitxx, ma veramente non capisco.
          questo ot sugli spunzoni mi ricorda le storielle del signor veneranda.

          c’e’ un video che documenta il sopralluogo effettuato nel bosco da due biologi. a un certo punto uno dei due osserva:

          “‘ara che roba, par che i fazessi dele prove co’ la sega. oltre al fato che xe pericolosissimo, ‘desso, qualsiasi passagio de scolaresche.”

          cinque secondi su un video di cinque minuti. un video inserito in un post piuttosto lungo, che ha dato vita a un thread in cui si e’ parlato di un sacco di cose, persino del rapporto tra italiani e sloveni al confine nordorientale.

          mi pare che tu sia l’ unico qui ad aver dato un’ importanza capitale alla questione degli spunzoni.

  27. una notizia interessante a proposito delle ditte private che hanno affiancato la protezione civile nel’ esecuzione dei lavori:

    http://comitatovalrosandra.org/2012/04/esecutori-del-lavoro-moviter-problemi-ambientali-indagata-per-illeciti/

    • Beh parecchio interessante.
      I lavori vengono appaltati ad una ditta che si occupa di movimentazioni terra con un passato già condannato per reati ambientali, però in questi interventi spesso si parla di volontari della protezione civile. Non mi è chiara la situzione: chi ha fatto cosa alla fine?
      Leggendo poi i commenti sottostanti, si punta il dito contro, in finale, sull’assessore regionale all’ambiente Ciriani. Al momento è il livello amministrativo più in alto della “macchina” devastatrice. Mancano altri nomi secondo me per quadrare il cerchio sull’obiettivo finale.

      Se guardate questo stralcio di notiziario regionale su you tube in alcune immagini dall’alto si può proprio notare la fascia desertica che segue il torrente. Oltre che sentire cosa dice questo assessore Ciriani. Tra le autorizzazioni a procedere col taglio spunterebbe pure la forestale!?!

      http://www.youtube.com/watch?v=DvQxfatOPmY

      • errata corrige: “Leggendo poi i commenti sottostanti, ANCHE lì si punta il dito contro, in finale, sull’assessore regionale all’ambiente Ciriani.”

        e aggiungo: “che è l’elemento primo su cui concentrarsi.”

        sorry…
        e

  28. l’ intervento di nimis in piazza unita’:

    http://www.youtube.com/watch?v=YcBCR6cCKa8

    come diceva wm2, a monte di tutto c’e’ l’ idea che ogni cosa debba essere gestita come *emergenza*. il virus della protezione civile ha contagiato tutti, istituzioni e semplici cittadini. l’ emergenza permette di passare sopra a qualunque legge e soprattutto permette di evitare il confronto sul merito.

    (e non solo in tema di ambiente, aggiungo io: la (contro)riforma della legislazione del lavoro ne e’ un altro esempio)

  29. Da aggiungere lo scandaloso trafiletto, sempre del Piccolo, e se è stato riportato correttamente anche lo scandaloso intervento del professor Nimis, che la butta sullo scontro etnico stavolta tra triestini e friulani (che per chi non lo sapesse si amano quanto pisani e livornesi), così giusto per sviare ancora un poco l’attenzione, insinuando che l’operazione sia stata ispirata da quel mobilificio a cui a quanto pare sono andati a finire i tronchi e, per traslato, che tutti i friulani siano colpevoli…cazzo, è vergognoso!!!! Lo riporto qui sotto. Per chi non lo sapesse, la brovada è un piatto tipico friulano.

    «Il legno pregiato di Ontano è stato portato in un mobilificio friulano. Servirà a fare dei tavoli per i fogolars dover verranno bruciati i ceppi estirpati della Val Rosandra per per fare la brovada e il muset». La denuncia di Pier Luigi Nimis, botanico dell’Università di Trieste, manda la folla di piazza Unità in visibilio. E non è difficile capire il motivo. Il solo pensiero degli ontani della Val Rosandra che arrederanno le taverne del Friuli è devastante. Come la legna bruciata nei fogolars furlans. Il fatto poi che lo dica un professore che di nome fa Nimis è ancora più stravagante. «E lo dico io che sono firuliano. Questo non è un Paese normale» dice il noto botanico. No, non è un Paese normale.

  30. si’, nimis ha fatto uno scivolone. a trst e’ facile ottenere applausi facendo battute sui furlani. in questo pero’ non ci vedo tanto una volonta’ di attizzare lo scontro etnico, quanto piuttosto un adagiarsi su una tipica forma di umorismo triestino qualunquista e deresponsabilizzante.

    pare che questa storia del mobilificio abbia colpito molto l’ immaginario dei triestini. il che e’ abbastanza assurdo, perche’ il danno fatto non riguarda certo il “furto di legname”, ma la distruzione di un ecosistema all’ interno di una riserva naturale.

    io credo che nimis, come spesso accade agli studiosi, sentisse il bisogno di portare anche argomenti di tipo economico, visto il modo in cui di solito vengono snobbati gli argomenti di tipo scientifico. una dimostrazione di debolezza che avrebbe fatto meglio ad evitare.

    • due o tre sere fa mi era capitata sotto gli occhi una pagina di forum sui fatti in cui qualcuno si chiedeva dov’era finito il legname, e qualcun’altro rispondeva che non era certo il “furto di legname” il punto, poiché gli stessi alberi che da vivi potevano essere pregiati, da morti diventavano legname di poco prezzo (mi pare facesse l’esempio del pioppo), e che quindi il legname alla fine fosse stato portato via come semplice “rifiuto” o residuo di fine lavori. poi lo stesso, o qualcun altro, riportava la lista dei prezzi (locali, credo) dei vari legni tipici della zona, per mostrare come quella non potesse essere la ragione.
      putroppo pero’ non trovo più la pagina, mi chiedo se qualcuno qui l’ha letta.

  31. (va anche detto che il piccolo, di tutto il discorso di nimis che ho linkato qua sopra, ha riportato solo la battuta sui fogolars)

  32. Mar0′. Sembra la piana di Gorgoroth.