Archives for 

Notizie

Sulla morte di Marco Dimitri (13 febbraio 1963 – 13 febbraio 2021)

Marco Dimitri e Luther Blissett

Bologna, Cassero di Porta Saragozza, 1998, s.d. Volantinaggio congiunto Luther Blissett Project / Bambini di Satana. Marco Dimitri e un Luther.

Marco Dimitri è morto ieri, a Bologna, ancora non sappiamo come. Gli articoli usciti a botta calda risvegliano vecchie collere mai sopite, con la loro ambiguità, quel modo di usare il termine «setta», quell’insinuare che forse, chissà…

Paradossalmente, l’articolo più sobrio lo abbiamo letto sul Resto del Carlino, il giornale che con più zelo diede risalto alla sua persecuzione.

Marco è morto nel giorno del suo cinquantottesimo compleanno e nel ventiquattresimo anniversario dell’inizio del processo che gli triturò la vita.

Un processo basato su accuse false, testimonianze gravemente inattendibili, narrazioni – quelle sull’Abuso Rituale Satanico, SRA – che in molti paesi indagini e ricerche scientifiche avevano già derubricato a mere fantasie di complotto.   Prosegui la lettura ›

«A noi rimane il mondo». Un documentario sulla Wu Ming Foundation / Prima parte (di 2)

Il moodboard di accompagnamento alla sceneggiatura del 2018. Clicca per ingrandire.

[WM: A metà dicembre dell’anno scorso, in un post di notizie dal mondo del cinema, abbiamo rivelato per la prima volta che «una troupe bolzanina, diretta dal regista Armin Ferrari, sta girando in questi mesi un documentario sulla Wu Ming Foundation, ovvero sullo strano caso di collettivi e comunità sorte a partire dalle discussioni su un blog di romanzieri, per poi occuparsi di sentieri, di guerriglia odonomastica, di J.R.R. Tolkien, di bufale storiografiche, di cambiamenti climatici, di scrittura collettiva, di colonialismo…»
Per meglio spiegare di che si tratta, abbiamo chiesto ad Armin di raccontare la genesi dell’idea e il dipanarsi delle riprese dal vivo, che insieme a tanti materiali d’archivio andranno a comporre la traccia visiva del documentario. A questo proposito, chiediamo a tutte le giapster e i giapster in possesso di materiali audiovisivi – ma anche di foto e audio interessanti – su una qualche attività della Wu Ming Foundation, di mettersi in contatto con Armin e la produzione, scrivendo all’indirizzo info AT riffvideo.it.]

di Armin Ferrari

– E questa stanza è lontana? 
– In linea retta un 200 metri ma qui, purtroppo, vie dirette non ce ne sono.

A. Tarkowskij, Stalker,1978. Prosegui la lettura ›

Yekatit 12 | Febbraio 19. Zerai Deres, una mappa e una data per agire la memoria.

Secondo post, di quattro, per avvicinarci alla scadenza di Yekatit 12, il 19 febbraio, che abbiamo lanciato come giornata di iniziative per ricordare i crimini del colonialismo italiano.

Una settimana fa abbiamo reso pubblica la mappa qui a destra, in costante aggiornamento, dove intendiamo rappresentare i luoghi di una sterminata “topografia colonialista”: edifici, monumenti, odonimi, lapidi e fantasmi che incarnano nel paesaggio l’eredità coloniale d’Italia.

Abbiamo battezzato il progetto “Viva Zerai!“, in assonanza con il “Viva Menilicchi!” che architettammo a Palermo nel 2018. Ma chi diavolo era questo Zerai? Prosegui la lettura ›

Yekatit 12 | Febbraio 19. Ricordiamo i crimini del colonialismo italiano.

R. Graziani mostra le ferite riportate nell’attentato

Il prossimo 19 febbraio (Yekatit 12, nel calendario etiope) ricorrerà l’84° anniversario del massacro di Addis Abeba, uno dei peggiori crimini mai compiuti dal Regno d’Italia nelle sue colonie. La vicenda, dopo decenni di oblio e sottovalutazione, è ormai abbastanza nota, anche grazie alla traduzione italiana della monografia di Ian Campbell, Il massacro di Addis Abeba. Una vergogna italiana, pubblicata da Rizzoli nel 2018.

Il 19 febbraio 1937, in seguito a un attentato, purtroppo fallito, contro il Viceré d’Etiopia Rodolfo Graziani, si scatena un’immane rappresaglia, condotta non solo da militari e camicie nere, ma anche da operai, burocrati e impiegati coloniali. Prigionieri o semplici passanti – colpevoli soltanto di essere africani – vengono uccisi a bastonate, a badilate, oppure pugnalati, fucilati, impiccati, investiti con automezzi, bruciati nelle loro case. Prosegui la lettura ›

Intanto una vittoria: il TAR dell’Emilia-Romagna ha sospeso l’ordinanza di Bunazzén sulle scuole

Il TAR dell’Emilia-Romagna ha sospeso l’ordinanza del governatore Bonaccini, con la quale si disponeva che le scuole superiori della Regione restassero in DAD al 100% fino al 25 gennaio, diversamente da quanto previsto nell’ultimo DPCM, dove invece erano previste lezioni in presenza al 50% a partire da lunedì scorso.

Tra i 21 firmatari del ricorso, tutti genitori di studenti e studentesse, ci siamo anche noi tre Wu Ming, e siamo ovviamenti molto contenti di questo risultato.

Il tribunale ha chiarito che la Regione ha compiuto un abuso di potere, scavalcando il decreto nazionale, in quanto: Prosegui la lettura ›

La variante inglese: The Ripper, l’Emergenza e il tempo che ci attende

di Wu Ming 4

Il documentario Netflix in quattro episodi sullo Squartatore dello Yorkshire ci racconta che un tempo – negli anni Settanta – i movimenti sapevano affrontare politicamente l’Emergenza.

Tra il 1975 e il 1981 questo emulo del più celebre Jack the Ripper uccise 13 donne e ne aggredì un’altra mezza dozzina. Senza spoilerare sulla detection e su come gli inquirenti arrivarono a risolvere il caso dopo cinque anni di indagini, basti dire che fu una delle inchieste più lunghe e dispendiose nella storia della giustizia britannica, al cui confronto quella sul vecchio Squartatore vittoriano – che pure era il modello – pare di ben minore conto.

Era l’alba del declino del nord industriale, e i quartieri operai del West Yorkshire, in quella grande area che andava da Leeds a Manchester, con le loro città satelliti, iniziavano ad assomigliare a ghetti o si “riconvertivano” a luci rosse. Ed ecco comparire le prostitute bersaglio dello Squartatore: corpi abbandonati in un campo, o meglio nella waste land dietro una fabbrica o una fila di casette a schiera, in mezzo a sterpaglie e mobili sfasciati. Con il cranio sfondato a martellate e il petto pugnalato a colpi di cacciavite.

Fino a circa metà del racconto le donne compaiono soprattutto così, come vittime, in fototessere bianco e nero, oppure come parenti delle vittime, o ancora come vittime potenziali intervistate nei night club o nei pub di Leeds. Le voci narranti principali sono quelle maschili, gli “eroici” poliziotti e funzionari nelle interviste di repertorio o sopravvissuti al trascorrere del tempo.

Tutto cambia quando entrano le voci delle donne, e delle femministe in particolare, che raccontano la storia da tutt’altro punto di vista, ribaltandola completamente. Il movimento narrativo è tanto efficace quanto spiazzante e carico di implicazioni. Prosegui la lettura ›

Il Varco, gli EFA e un documentario sulla Wu Ming Foundation.

Il Varco è un film di finzione costruito con immagini d’archivio. In un certo senso, è il contrario di quel che si fa di solito nell’ibridazione cinematografica tra fiction e realtà, dove a farla da padrone sono le storie vere raccontate con attori, riprese in esterni, set ricostruiti in studio ed effetti speciali.

Qui invece c’è una storia inventata – quella di un soldato fascista che va a combattere in Russia con lo CSIR, nell’estate del ’41 – raccontata attraverso un montaggio di pellicole amatoriali e cinegiornali.

Wu Ming 2 ha contribuito alla sceneggiatura e alla scrittura della voce off, anch’essa frutto, in buona parte, di un remix da diari di protagonisti di quella spedizione. Proprio per questa sua natura, tutta basata sull’assemblaggio di filmati e parole, siamo lieti che il film abbia vinto il premio per il montaggio della European Film Academy – i cosiddetti “Oscar europei”, il riconoscimento continentale più prestigioso. Tra l’altro, come ha detto Marion Döring alla cerimonia di premiazione on line, è la prima volta che il premio va a un “documentario” – anche se Il Varco non è affatto un documentario. Prosegui la lettura ›