2020–2023: dagli avvistamenti durante i lockdown alla «guerra degli UFO» (Ufo 78, speciale n.11)

Cold War meets Ufo 78

Quando abbiamo cominciato a scrivere Ufo 78, di Ufo si parlava molto poco, perlomeno nel mainstream. Fuori da certe nicchie, l’argomento era démodé da molti anni.

Ogni tanto qualcuno ci chiedeva: – Di cosa parlerà il prossimo romanzo?
E noi: – Dell’ossessione per gli UFO che si impadronì dell’Italia nel ’78.
A quel punto l’interloquente, con espressione perplessa, diceva: – Che strano… Ma come mai gli Ufo?!
E noi a cercare di spiegarlo, senza dare troppe anticipazioni.
Regolarmente, un grande «Mah!» si stampava in fronte a chi ascoltava.

Poi la storia ha voluto che, durante la stesura del libro, gli avvistamenti di UFO tornassero con prepotenza nell’immaginario collettivo.

È accaduto in tutto l’Occidente, a partire dai grandi confinamenti pandemici del 2020. Le testimonianze si sono moltiplicate rapidamente, ci sono stati numerosi flap e si può dire che da allora siamo in piena ondata.

Lo dicono anche a Washington. Nel gennaio 2023 l’Ufficio del Direttore Nazionale dell’Intelligence Nazionale ha diffuso il suo rapporto annuale sugli «unidentified aerial phenomena» – l’odierna denominazione ufficiale, da cui l’acronimo UAP – fornendo i numeri per gli USA. Se dal 2002 al 2017 l’intelligence aveva classificato 263 avvistamenti, nel biennio 2020-2022 ne ha registrati quasi altrettanti: 247. Un salto di scala, dalle decine alle centinaia all’anno.

Certo, per ora nulla di paragonabile all’ondata italiana del 1978: duemila avvistamenti solo quell’anno, e in un paese ben più piccolo degli USA. Ma è indubbio che gli UFO siano tornati. O meglio, la gente è tornata a vedere gli UFO. Come mai?

Noi abbiamo una teoria, e la stiamo esponendo in quasi ogni data del tour.

1. Guardare il cielo è l’avvio di ogni liberazione

Quando gli esseri umani si sentono messi all’angolo, costretti, oppressi, angosciati, rivolgono lo sguardo al cielo, al firmamento. È così dall’idiomatica «notte dei tempi».

L’atto di guardare il cielo stellato è il preludio a qualunque liberazione, a qualunque rivoluzione. È forse un caso che quest’ultimo termine tragga origine dall’osservazione degli astri? La «rivoluzione copernicana», da Immanuel Kant in avanti, è metafora di cambiamento epocale, di rovesciamento delle prospettive, di ingresso in un nuovo paradigma del sapere.

Non c’è fondazione di civiltà o entrata in una nuova fase della storia che non sia partita così, alzando lo sguardo, perché guardare il cielo allarga la percezione dello spazio e dunque del possibile, sgrava la testa dalle zavorre del presente, consente di pensare in modo più libero – il verbo «considerare» deriva dallo stare cum sidera, in compagnia degli astri – e dunque di aspirare a qualcosa d’altro e di meglio. «E vidi cielo nuovo e terra nuova» (Apocalisse, 21, 1).

Pensiamo alla stracitata frase di Amleto: «Ci son più cose tra cielo e terra, Orazio, di quante siano sognate nella tua filosofia» (Atto I, scena 5).

Amleto la pronuncia dopo aver parlato con lo spettro del padre. Poiché il suo amico – già compagno di studi a Wittenberg – Orazio trova la circostanza «wondrous strange», Amleto gli risponde che lo spazio infinito implica l’infinitezza delle possibilità e delle ipotesi, dunque la realtà eccede in ogni momento qualunque presente dottrina, qualunque filosofia e scienza in voga in un dato momento. È un monito contro lo scientismo.

Durante i grandi confinamenti si guardava il cielo più spesso. Lo abbiamo fatto tutte e tutti. C’era meno inquinamento luminoso, e il cielo era più sgombro del solito.

2. Più oggetti volanti di quanti possiamo immaginarne

Si credeva, in quei giorni, che il cielo fosse del tutto sgombro. I media dicevano che gli aerei non volavano, ogni tanto la TV mostrava gli aeroporti deserti. Dunque l’apparizione di una luce inattesa poteva sorprendere. Da lì al pensare a un Ufo, a un oggetto non-identificato, il salto era breve.

Ma il cielo del tutto sgombro non era. Il cielo del Capitalocene non è mai sgombro.

Nella primavera del 2020, e di nuovo nell’autunno della cosiddetta «seconda ondata» (ondata di contagi, in questo caso), il traffico aereo civile era ridotto ai minimi termini, ma continuava, aerei decollavano e atterravano, per garantire gli spostamenti essenziali. Poi c’erano i voli militari, esclusi da qualunque «lockdown».

Soprattutto, c’erano i satelliti in orbita. La maggior parte di noi ignora quanti siano, boh, qualche decina? Macché. Nel 2020 erano più di tremila, nei due anni seguenti sono diventati circa ottomila – di cui tremila sono di SpaceX, cioè di Elon Musk –  e continuano ad aumentare. A quanto pare, col 5G diventeranno decine di migliaia.

Ancor più numerosi i detriti in orbita: rottami di satelliti scontratisi con altri satelliti o colpiti da meteoriti, ma anche spazzatura gettata dalla Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Secondo l’ESA, l’agenzia spaziale europea, in orbita volano circa 36mila detriti dal diametro superiore ai dieci centimetri.

La misurazione in centimetri non inganni: ci sono detriti molto grossi. Nel marzo 2021 l’ISS ha sganciato un pallet di batterie al nichel-idrogeno esaurite del peso di due tonnellate e mezzo (l’articolo linkato indica 2,9 tons nelle misure USA)*

Poi c’erano i palloni sonda, di cui parleremo tra poco. Qualche volta sarà volata una lanterna cinese, talora si sarà vista una meteora bruciare entrando nella nostra atmosfera… Insomma, anche nel 2020 in cielo volavano, risplendendo o riflettendo luce, un sacco di oggetti.

3. Un desiderio di non-identificato (1978 – 2020)

Scoprire di che oggetti si trattasse non sarebbe stato difficile, tanto più in un periodo in cui si viveva ansiosamente avvinghiati a Internet. Esistono siti e applicazioni ad hoc per seguire il volo dell’ISS, altri per vedere quanti e dove sono i satelliti in orbita… In molti casi, una minima porzione del tempo trascorso on line sarebbe bastata a spiegare la tale o la tal altra luce apparsa in cielo, evitando di saltare a conclusioni.

Come mai ciò non avveniva? Come mai nella maggior parte dei casi non avviene? Per pigrizia mentale? Per ignoranza?

Secondo noi avviene, nel mondo d’oggi come nell’Italia del 1978, perché c’è un diffuso desiderio di non-identificato. Il non-identificato è liberatorio. Siamo spinti a definire una luce in cielo un Ufo, cioè un unidentified object, per reazione a un mondo intorno che costantemente, aggressivamente ci chiede di identificarci, di dichiarare continuamente chi siamo, donde veniamo, da che parte stiamo.

Posto di blocco durante il sequestro Moro, cfr. Ufo 78, capitolo 13 del primo movimento

Il 1978 è un anno di militarizzazione pesante degli spazi fisici e del dibattito pubblico. Il Paese è segmentato da decine di migliaia di posti di blocco, milioni di persone vengono fermate per strada e devono esibire un documento d’identità. Soprattutto, c’è un’ossessiva richiesta di schieramento, un interrogatorio continuo delle coscienze: con chi stai? Con lo Stato o col terrorismo? Con la democrazia o con gli eversori? Sei un bravo cittadino o sei un «fiancheggiatore»? Tertium non datur. È l’inizio della stagione dell’Emergenza. Da lì in avanti, per chi si sente tertius – o meglio, incomputabilis – gli spazi saranno sempre più angusti: nicchie e luoghi di marginalità, il vicolo dove compri l’eroina, nella migliore ipotesi la sfera dei cazzi tuoi. In ogni caso, sei fuori dal discorso pubblico.

Nel 2020, di nuovo posti di blocco ovunque, a presidiare frontiere tanto nette e insuperabili quanto effimere perché ridefinite a ogni ordinanza o decreto, soggette al capriccio dell’autorità: una frontiera tra il tuo comune e quello limitrofo, un’altra tra la pubblica via e il parco o la spiaggia che l’autorità ha interdetto, un’altra ancora tra il resto del parco e i giochi per bambini cinti dal nastro bianco e rosso, e così via, in modo quasi frattale. A ognuna di queste frontiere si può essere fermati e identificati.

A monte, puoi uscire di casa solo se la tua autocertificazione – da presentare col documento d’identità – «dice il vero», cioè che uscire era necessario. Anzi, no, contrordine: da oggi puoi uscire anche per semplice «attività motoria», ma nella tal regione non devi superare i duecento metri da casa, nella tal’altra i metri sono cinquecento, ecc. Poi, col coprifuoco, una nuova frontiera: quella che separa le 21:59 dalle 22, che più avanti diventano le 22:59 e le 23.

Il tutto accompagnato dall’ennesima – tipicamente “emergenziale”, ma nel 2020 più imperiosa che mai – richiesta di schieramento: stai con lo Stato o coi «negazionisti del virus»? Con l’autorità o con gli untori? I margini per chi rifiuta la logica binaria sono ancor più risicati che durante l’emergenza-terrorismo. Chi critica la gestione dell’emergenza-pandemia è spinto in spazi di discorso strettissimi, dove è comunque bombardato di ingiurie, minacce, calunnie.

Nel 2021, con l’arrivo dei vaccini anti-Covid, l’introduzione del «green pass» crea un fittissimo reticolo di frontiere in continuo, snervante spostamento. Di fatto, senza quel certificato – i cui termini di validità l’autorità modifica più volte, a suo insindacabile piacimento – si è esclusi dalla vita sociale. La logica binaria è portata al parossismo: sei per il green pass o stai coi «novax»? Altro non sembra esistere. La maggior parte delle persone può solo adeguarsi, seguire l’andazzo più o meno controvoglia.

L’emergenza fonda una realtà che è consentito descrivere e spiegare in un modo soltanto, quello ufficiale, quello del potere statal-mediatico. Durante la pandemia, a supportare e legittimare quest’ultimo è un (ben poco scientifico) culto mediatico della Scienza, i cui televangelisti presidiano i confini – non solo epistemologici ma politici – del discorso.

In contesti del genere, il non-identificato risponde al desiderio di uscire dalla gabbia per vivere altrimenti. È una manifestazione della pulsione utopica di cui parlava Ernst Bloch, pulsione che può esprimersi in ogni ambito, «dai miti all’intrattenimento di massa, dall’iconografia alla tecnologia, dall’architettura all’eros, dal turismo all’umorismo e all’inconscio» (Fredric Jameson, Archaeologies of the Future: The Desire Called Utopia and Other Science Fiction, Verso, Londra-New York 2005).

Vedo una luce in cielo, una spiegazione razionale sarebbe facilmente accessibile, ma è più bello, più ispirante e mi dà più sollievo pensare a un oggetto non-identificato. Tutto il resto è identificato e certificato, lasciatemi almeno questo momento!

A maggior ragione quando una spiegazione convincente non c’è e l’oggetto è davvero non-identificato. Secondo il citato rapporto del gennaio scorso, negli ultimi vent’anni si contano 171 avvistamenti ancora inspiegati, e il dato riguarda solo gli USA.

Sul Guardian, pochi giorni fa, l’ufologa inglese Heather Dixon ha scritto:

«Spesso mi domandano cosa io creda riguardo alla vita extraterrestre, e se questa entrerà mai in contatto con noi. Dopo tutto, circa il 2% degli UFO di cui sentiamo parlare non è stato identificato – non ancora […] Ci sono ancora misteri, e io penso che ci saranno sempre. Mi chiedo quali narrazioni gli umani inventeranno per spiegare gli avvistamenti di domani, e cosa escogiterà la fantascienza a venire. La scienza e l’analisi degli esperti saranno in grado di spiegare tutte queste cose, alla fin fine? Sospetto di no. Spero di no.»

Avrebbe potuto dirlo l’ufofilo Jimmy Fruzzetti.

Il mistero è una dimensione fondamentale dell’essere umano. Spiegare tutto, ma proprio tutto, è impossibile se non come proiezione distopica. Un mondo in cui tutto sia stato definitivamente classificato, catalogato, quantificato, certificato sarebbe un mondo dov’è morta l’immaginazione, dunque dove è morto l’umano.

4. Cinesi oppure alieni, dal cielo la minaccia

Nel febbraio 2023, tre mesi dopo l’uscita di Ufo 78, su tutti i media del mondo esplode il dibattito sugli Ufo, e persino tout court sull’ipotesi extraterrestre.

Il 4 febbraio, nei cieli del North Carolina, un caccia F22 abbatte un oggetto misterioso. Secondo la Casa Bianca è un pallone-spia cinese.

Prima ancora che la decisione sia presa, la notizia dell’avvistamento fa il giro del mondo, generando ogni sorta di speculazione. I media fanno recitare all’impronta la solita compagnia di giro degli «analisti» e degli «esperti di geopolitica». Discipina che ha lo stesso valore epistemologico delle barzellette con il francese, il tedesco e l’italiano, ma ha il vantaggio di essere very telegenica.

Su un altro versante, soprattutto sui social, si attivano i cultori di fantasie di complotto sugli alieni, Roswell, il «cover-up» planetario, gli uomini-in-nero, i rettiliani, gli Elohim, lo ha detto anche Malanga da Red Ronnie ecc.

Quanto ai cinesi, com’è logico protestano, spiegano che quello abbattuto era effettivamente un loro pallone, ma un pallone sonda, lanciato a fini di ricerca scientifica e finito fuori rotta. E aggiungono: gli USA accusano noi di quel che fanno loro, palloni-spia americani hanno più volte violato il nostro spazio aereo, sopra il Tibet e lo Xinjiang.

Di qualunque cosa si trattasse, si aprono le cateratte. La paranoia geopolitica sui «nemici dell’occidente», la stessa che da un anno inficia ogni discorso sulla guerra in Ucraina contribuendo a prolungarla indefinitamente, genera un allarmismo esagerato, fuori luogo, diversivo. Tra i pochi a dirlo chiaro e tondo c’è Michael Tomasky, direttore di The New Republic:

Michael Tomasky

«Perché dare tanta importanza a un pallone? Ok, se si trattasse di alieni spaziali, persino io ammetto che sarebbe roba grossa. Ma se non sono alieni, chi se ne importa? Voglio che azzardiate un’ipotesi: quanti satelliti spia stanno girando intorno alla Terra in questo momento? […] Capisco perché questa vicenda suscita interesse. È qualcosa a cui la persona media non pensa mai, e poiché la Cina – anzi: la CINA!!! – fa così paura, è diventata una storia enorme […] La risposta alla mia domanda di cui sopra è che circa 5.465 satelliti spia girano intorno al nostro piccolo globo, sorvegliandone ogni centimetro ogni secondo di ogni singolo giorno. Se un tizio ruba il posto auto di una signora in Chester Street a Maysville, Kentucky, e la Cina vuole saperlo, lo saprà. La gente deve prendere atto della realtà.»

Ma ormai l’establishment vede palloni-spia dappertutto.

Venerdì 10 febbraio sempre un F22, stavolta nei cieli dell’Alaska, abbatte un secondo oggetto, descritto in modo molto vago. Si sa solo che è «più o meno delle dimensioni di una piccola auto». La battuta viene da sé e diverse persone ci “messaggiano”: Biden ha fatto abbattere la Renault 4 di Ufo 78.

Sabato 11 febbraio un altro abbattimento, stavolta nello spazio aereo canadese, sopra lo Yukon, in accordo col premier Justin Trudeau. L’oggetto è descritto prima come «un piccolo cilindro», poi come «un piccolo pallone metallico».

Domenica 12 febbraio un F16 abbatte un quarto oggetto – dalla «struttura ottagonale e con fili» – sopra il lago Huron, al confine tra Michigan e Canada. Si verrà poi a sapere che il primo missile ha mancato il bersaglio, per via delle ridotte dimensioni di quest’ultimo.

Glen D. VanHerck

Durante una conferenza stampa tenuta il giorno stesso, alla domanda se possa escludersi la pista extraterrestre, il generale Glen VanHerck, responsabile della difesa dello spazio aereo nordamericano, risponde così: «Lascio che se ne occupino i servizi di intelligence e controspionaggio. Io non ho escluso niente.»

A leggere bene, sembra voler dire «non scocciatemi con ‘ste cazzate», ma che un generale sembri non scartare a priori l’idea che lo spazio aereo USA sia stato violato da alieni è una specie di scoop, e in tutto l’orbe si scatena una ridda di titoli sensazionali.

Il giorno dopo, una fonte del Dipartimento della Difesa dichiara al giornalista della Reuters Phil Stewart non esserci «alcuna indicazione di attività aliene o extraterrestri relative ai recenti abbattimenti».

5. Il giuoco del pallone, quattrocentomila dollari a tiro

Il 15 febbraio il presidente Biden dichiara che gli ultimi tre oggetti abbattuti non erano satelliti-spia ma «molto probabilmente palloni collegati ad aziende private, lanciati a scopi ricreativi, o a enti di ricerca, lanciati per rilievi meteorologici o altre finalità scientifiche».

Secondo il Servizio Meteorologico Nazionale degli Stati Uniti, ogni giorno vengono lanciati 1800 palloni meteorologici, 92 solo negli USA. Servono a trasmettere dati sulla temperatura, l’umidità o la pressione atmosferica in una data zona.

Di questi, solo il 20% viene recuperato. Il restante 80% diventa sky trash, pattume celeste, parente del pattume spaziale di cui sopra.

Oltre a questi palloni sonda, ci sono quelli usati per le telecomunicazioni, lanciati da compagnie come Google.

Poi ci sono i cosiddetti picoballoons, di dimensioni ridotte – appena un metro di diametro – e fabbricati in PET luminescente, perciò molto visibili. Costano pochissimo e sono alla portata di chiunque. Li utilizza la comunità dei radioamatori, per far volare stazioni radio a pacchetti e ricevere dati sulla loro navigazione. I picoballons funzionano a energia solare, perciò possono volare molto a lungo. Secondo alcune stime, ogni giorno ne vengono lanciati duemila.

È molto probabile che l’oggetto abbattuto in Canada fosse un picoballoon denominato K9YO-15, partito dall’Illinois il 10 ottobre scorso.

Mentre per assemblare e lanciare un picoballoon bastano trenta dollari, ogni missile AIM-9X Sidewinder – quelli usati per gli abbattimenti – ne costa 400mila. Ammesso e non concesso che il primo oggetto fosse davvero un pallone-spia, e considerato che almeno un colpo è andato a vuoto, gli USA hanno speso un milione e mezzo di dollari per tirare giù, con ogni probabilità, il pallone di un nerd e due rottami volanti.

Se gli USA decidessero di fare la guerra a tutto il pattume celeste, forse l’industria bellica si fregherebbe le mani: «Evvai, sai quanti missili vendiamo?» Ma sarebbe un fregarsi le mani da idioti, perché in pochi giorni il governo federale andrebbe in rovina.

La verità è che la guerra in Ucraina ha reso l’Occidente ancora più stupido.
Sull’«Oriente» siamo meno ferrati, ma è probabile che non se la passi meglio.
Le classi dominanti sprecano risorse, tempo ed energie nel loro Risiko mentre, per dirne una (ma è la più grossa!), il disastro climatico accelera le proprie dinamiche.

Comprese le dinamiche culturali. In cui forse trova spazio anche l’attuale «ansia da UFO».

6. Gli UFO di giorno: cosa rappresentano?

Una particolarità degli ultimi episodi è il loro essere diurni. Gli episodi riepilogati hanno avuto luogo in cielo di giorno. E c’è differenza rispetto agli avvistamenti notturni. Di notte – inquinamento luminoso permettendo – si è cum sidera, di notte è possibile pensare ampio.

Il cielo diurno altro non è che l’atmosfera vista dal basso. E l’atmosfera oggi ci inquieta come mai ci ha inquietati, benché la maggior parte di noi, per non pensare alle implicazioni, si abbandoni al tran tran e faccia finta di nulla.

Non piove da molte settimane, tu passi sul cavalcavia e sotto c’è il fiume in secca. Il Po, il Reno, il Tagliamento, l’Arno, qualunque fiume. Lo vedi, ma scacci il pensiero. Il pensiero che, se siamo a questo punto già d’inverno, l’estate sarà catastroficamente priva d’acqua. E sul lungo – ma nemmeno troppo lungo – termine? Un giorno qui sarà tutto deserto?

Per non restare schiacciati, pensiamo ad altro, e avanti così, rimuovendo sviluppi la cui enormità potrebbe atterrirci, come il fatto che in certe sue aree l’Amazzonia ha cominciato a emettere più anidride carbonica di quella che cattura.

Ma il rimosso ritorna. L’ansia climatica si manifesta sotto altre forme.

Se dal cielo, per lunghi mesi, non arriva quel che dovrebbe arrivare, cioè la pioggia, ecco che arriva altro: il pallone-spia, gli occhiuti cinesi, la minaccia aliena… Sono metafore inconsce, manifestazioni della nostra angoscia climatica. Mettono in scena la minaccia del futuro, il futuro che rimuoviamo oppure – come avviene con le fantasie di complotto su «scie chimiche» e «guerra climatica» – interpretiamo in base a pregiudizi cognitivi, costringendolo in schemi più consueti e “gestibili”.

7. Il realismo capitalista immagina alieni capitalisti

A seconda dei momenti, si può temere che dal cielo arrivi il pericolo, o guardare il cielo sognando la salvezza, un nuovo inizio, una vita fuori dal tritacarne quotidiano, un futuro degno.

Come dimostra da decenni la migliore fantascienza, anche nel chiedersi se esista vita intelligente su altri pianeti si esprime una pulsione utopica. La curiosità sull’ipotesi extraterrestre, la speranza che ci sia qualcun altro «là fuori», tutto ciò è strettamente legato a un desiderio di altrove, altrove rispetto alla vita in questo Capitalocene che divora il futuro.

Non può certo riconoscere questa pulsione The Economist, strenuo difensore del realismo capitalista, mentre dedica un lungo articolo alle nuove, sempre più sofisticate tecniche di ricerca di vita extraterrestre nell’universo.

Sia l’articolo sia alcune ipotesi che ilustra dimostrano che l’immaginazione capitalistica è prigioniera di una paranoia circolare: non riesce a immaginare altro che se stessa, cioè vampirismo, predazione di risorse, sfruttamento, prevaricazione, guerra. Dopo aver esposto l’ipotesi che esistano «civiltà stellivore», cioè in grado di usare e consumare l’energia di intere stelle, l’autore del pezzo conclude mettendoci in guardia: entrare in contatto con civiltà aliene dalle tecnologie così avanzate, immensamente più avanzate delle nostre, potrebbe essere eccitante, «ma anche molto pericoloso».

Posadas, l'ispirazione per il Romulo Casella di Ufo 78

J. Posadas (1912 – 1981)

Sembra quasi una risposta a quanto scriveva il controverso guru trotskista J. Posadas nel giugno 1968. Dando per scontato che civiltà in grado di compiere viaggi intergalattici dovessero per forza essere superiori a quella capitalistica, Posadas spiegava:

«Il capitalismo si sente messo in cattiva luce di fronte a un sistema che considera superiore. [Di fronte agli UFO] la gente trae la conclusione che il capitalismo è inutile. Dicono: “Ma guarda un po’! E allora voi a che servite?”. La classe dominante si sente sminuita […] il capitalismo cerca di diffondere l’impressione che si tratti di fantasticherie, in modo che la gente non pensi all’esistenza di forme di relazione superiori e all’incapacità del capitalismo di raggiungere quel livello.»

A decenni di distanza, il realismo capitalista risponde dicendo: non illudetevi, se esistono altre civiltà, ragionano proprio come noi capitalisti. Se noi avessimo il potere di consumare intere stelle per trarne energia, lo faremmo, no?

Almeno ammettono che, se altrove nell’universo ci fosse gente come quella che governa e sfrutta qui sulla Terra, beh, sarebbe gente da cui stare alla larga.

Infine (per ora)…

Quel vecchio testo di Posadas – il più noto dei suoi scritti – contiene molte asserzioni ridicole, dovute non solo all’eccentricità del personaggio (a cui ci siamo ispirati per il Romulo Casella di Ufo 78), ma anche a cascami ideologici che la sua corrente condivideva con buona parte del movimento comunista novecentesco: una concezione rozzamente lineare del divenire storico, la tecnica e lo sviluppo delle forze produttive come articoli di fede, ecc.

Tuttavia, dovremmo saper individuare il nucleo di verità di quelle elucubrazioni.

Solo un’immaginazione che sappia spingersi oltre il capitalismo ci consentirà di riunire le disparate espressioni di pulsione utopica, a partire dal desiderio di non-identificato, e indirizzarle verso un cambiamento.

Un cambiamento epocale, che si prepara anche guardando il cielo.

Note

* Chi ha curiosità di sapere quanti siano i detriti più piccoli di dieci centimetri, sappia che sono milioni. Nessuno di questi ultimi è visibile dalla Terra, né a occhio nudo né con un comune telescopio, perciò non rientrano in un discorso sugli Ufo. Ad ogni modo, tutti questi oggetti riflettono la luce e contribuiscono in maniera massiccia all’inquinamento luminoso. Su questo tema segnaliamo ancora una volta il pamphlet di Wolf Bukowski Perchè non si vedono più le stelle (Eris, Torino 2022).

E ora, lo speciale Ufo 78 vero e proprio, con aggiornamenti, recensioni, segnalazioni.

Maurizio Maggiani

■ Il primo “ritorno” del romanzo nella terra ove in gran parte si svolge, la Lunigiana, è stato un indubbio successo, e ha generato una fitta rassegna stampa.

Tra i resoconti della presentazione aullese, segnaliamo quello su L’Eco della Lunigiana«Wu Ming arrivano in Lunigiana e fanno il tutto esaurito» – e quello su La Nazione, pagine di Massa e Carrara – «Ufo “atterrano” in Lunigiana / Posti in piedi per Wu Ming».

Grazie davvero al circolo Arci Agogo di Aulla, al nostro sodale Manuele Gianniniintervistato qui – e a tutte le persone che hanno reso l’evento possibile.

In Lunigiana torneremo il 13 maggio, per la precisione a Fosdinovo, e con noi ci sarà l’illustre collega Maurizio Maggiani. Altri dettagli saranno nel calendario del Flap primavera 23, che pubblicheremo a marzo.

Per ora vige ancora il calendario invernale, che è qui. Stasera, 24 febbraio, saremo in simultanea a Milano e ad Avellino.

■ Nello speciale n.3 abbiamo segnalato la bella recensione di Ufo 78 apparsa a tutta pagina su Domani a firma del giornalista Paolo Morando. Ebbene, di recente Morando è tornato a conslgliare il nostro romanzo. Lo ha fatto su Maremosso, la rivista della Feltrinelli.

■ Densa e profonda recensione di Ufo 78 sul blog Matavitatau. Ne proponiamo un estratto:

«Tanti i momenti da piangere: soprattutto quelli in cui la risacca autoritaria si fa sentire nella vita di tutti i giorni, con i personaggi che devono prendere le decisioni in “conseguenza” della scelta “liberticida” dell’Italia e del mondo che precipita nel privato ; quelli in cui si sente la necessità di narrare; quelli in cui proprio col narrare si arriva alla verità, con intensa emozione; quelli in cui il thrilling si palesa quasi all’improvviso a metà del libro, facendoci davvero sobbalzare; quelli in cui, come in Reds di Beatty, si rintracciano le cicatrici degli eventi nella vera vita dei protagonisti (essendo un romanzo-documento, alla fine si sentono le voci di chi ha vissuto gli eventi) nei postumi dell’oggi.»

■ A dicembre abbiamo rilasciato un’intervista a Mistero, magazine nato a suo tempo da una trasmissione di Italia 1, oggi non più in onda, condotta da un insfangabile Enrico Ruggeri. La rivista è più sfangabile, anzi, è piuttosto divertente.

L’intervista è venuta bene e ci ha dato l’occasione di parlare, senza mediazioni al ribasso, a un certo mondo ufologico, diverso da quello più “razionalista” che abbiamo frequentato e poi trasfigurato nel romanzo. Ecco il pdf.

■ Su Global Project, il video e un dettagliato resoconto della presentazione padovana del 29 gennaio scorso, nell’ambito di Sherbooks Festival.

Silvestro Ramunno trasmetteva sull’oggi defunta Radio Città del Capo negli anni in cui ci facevamo Radio Blissett. Oggi è presidente dell’Ordine dei giornalisti dell’Emilia-Romagna. Dopo aver terminato la lettura di Ufo 78, ha scritto sul suo blog alcune impressioni. In particolare, ci è molto piaciuta questa parte:

«C’è un punto che più degli altri mi ha fatto apprezzare Ufo 78: ha a che fare con il mainstream e l’egemonia culturale. L’ho letto durante l’ultimo festival di Sanremo, nei giorni in cui un giovane cantante ha preso a calci dei fiori (mamma mia…che punk…nel ’78 lo facevo all’asilo e non si scandalizzava nemmeno una bidella), nei giorni in cui due ragazzi hanno messo in scena il bacio in bocca sul palco dell’Ariston […] E mentre accadeva questo, in Ufo 78 si riscopre un condensato culturale da spavento che troppo repentinamente abbiamo confinato nella controcultura o nell’underground. Leggere Ufo 78 aiuta a collocare le cose al loro posto: dove mettere i Tangerine Dream, dove Peter “Zanka” Kolosimo, dove la saggezza delle nonne, dove quelli di Sanremo

■ Per il momento è tutto. Ricordiamo che le sparse membra della colonna sonora di Ufo 78 sono state radunate dalla casa editrice Einaudi in una playlist ascoltabile su Spotify e YouTube.

Come sempre, non inviamo visite a YouTube direttamente, bensì passando per un’interfaccia libera che, arginando le pratiche invasive di Google, tutela sicurezza e riservatezza dell’utente. Chi arriva lì può comunque decidere di passare oltre e usare YouTube, c’è il collegamento diretto.

Per Spotify non sembra esistere un corrispettivo delle interfacce che usiamo per YouTube, Twitter ecc., ergo mettiamo l’indirizzo e sia chi legge a dire «que será, será». Buon ascolto.

Ricordiamo che svariati pareri di lettrici e lettori su Ufo 78 si possono leggere anche su Anobii, Goodreads, IBS, QLibri ecc.

Goodreads è di Amazon e su Giap abbiamo la regola di non linkare Amazon, ragion per cui “filtriamo” il link tramite BiblioReads, interfaccia libera che, arginando le pratiche invasive della multinazionale di Bezos, tutela sicurezza e riservatezza dell’utente.

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5 commenti su “2020–2023: dagli avvistamenti durante i lockdown alla «guerra degli UFO» (Ufo 78, speciale n.11)

  1. Ho letto UFO 78 al mare che erano alcuni anni che non ci andavo. L’ho finito troppo in fretta e sono rimasto 3 giorni a leggere, “le cosmologie del capitalismo” di Sahlins, un libro che ho odiato profondamente. Mi ha fatto pensare all’enclave coloniale nella quale mi trovavo in quella vacanza e quella in cui sarei ritornato qualche giorno dopo e al colonialismo stesso di Sahlins. La bella antropologa di UFO 78 sembra invece già consapevole che il maschio bianco formato indiana jones alla ricerca di mondi perduti incarnata dai padri dell’antropologia altro non è che l’ennesimo mito di dominio. Rimane a “casa” allora a studiare le mascolinità post-ribelli degli anni 70. Lo fa ben situata, certo, come ogni ottima ricercatrice, da un’avanguardia psichedelica e magica di quella stessa post-ribellione, in contatto epistemologico con l’oggetto ricercato, ma con la giusta distanza “critica” che le deriva dalla consapevolezza di essere in una piega del dominio di cui sopra. E’ quindi un personaggio che ha già superato il postmodernismo in antropologia senza diventare caricatura o “selvaggia” lei stessa. Sahlins invece ha prodotto un campo magnetico che ha inghiottito l’idillio utopico della Cravero ed ha depotenziato quel gesto solidale e compagneristico che ho inteso compiere lasciando UFO78 in una libreria sulla spiaggia, con vista sui tramonti del mare delle Andamane, a un battito d’ali dalla Birmania e da isole conosciute solo dai Moken, questi nomadi del mare che vivono ancora oggi non identificati. Ammetto di non essere abituato a leggere letteratura che racconta di processi socio-politici più ampi. Cerco sempre la testimonianza, la riflessione, il dato. La finzione non mi basta tanto che a volte mi è sembrato che i vari piani del racconto non riuscissero a compenetrarsi e che la visuale rimanesse troppo superficiale. Mi lasciava sempre con un volerne sapere qualcosa in più. E’ stato così fino alla conclusione del libro tanto da pensare che forse avrei dovuto leggerla per prima evitando che la ricerca della trama mi creasse l’ansia di leggere senza soffermarmi il tempo necessario sui diversi intrecci storico-narrativi. Sono probabilmente vittima anche io della geopolitica. Consiglio allora la lettura dell’ultimo libro di Alessandro Aresu più che altro per riflettere sul situazionarsi alle pendici degli imperi. Come sempre.

    • Grazie della testimonianza. Ovviamente noi consigliamo di non aver fretta nel leggere nessun nostro libro, e ciò è ancor più vero per Ufo 78. A meno che non si abbia già in programma di leggerlo due volte di fila, come alcune persone stanno facendo.
      A fuorviare sono spesso commenti e recensioni in rete che parlano tout court di un «giallo» o altre definizioni simili. In realtà, benché nei nostri romanzi sia certamente importante anche il plot (l’intreccio), noi non scriviamo romanzi meramente “di trama”, e questo è tanto più vero nella fase attuale, post-Armata dei Sonnambuli, ma era vero anche prima. Scriviamo dando molta importanza alle singole scene, ai dialoghi, all’effetto cumulativo di certe immagini ricorrenti, alla ricerca di effetti perturbanti ecc.
      A partire dall’effetto perturbante a monte: Ufo 78 è un romanzo che simula un saggio scritto da un autore o autrice ipotetica, la voce narrante non appartiene a noi ma alla persona che nella seconda metà degli anni Dieci ha fatto inchiesta su certi fatti avvenuti nel 1976-78, andando a intervistare i testimoni ancora vivi, facendo lavoro d’archivio, cercando di colmare i buchi immaginando snodi ecc. C’è un ulteriore livello tra noi e chi legge, il livello del narratore/narratrice, un personaggio che non si dichiara mai, non dice mai «io», e a cui soltanto Milena a un certo punto si rivolge, in un brevissimo passaggio, usando la seconda persona singolare.

  2. Gran bel libro. L’ho finito stasera, ci ho messo tre giorni perché mi sono imposta di non esagerare per gustarmelo meglio, ma ogni volta è stata una fatica staccare. All’epoca ero alle superiori, ho diversi ricordi del rapimento e dell’uccisione di Moro, mentre degli avvistamenti non mi sono proprio accorta, anche se 5-6 anni prima ero una patita della serie televisiva UFO ed ero pure andata a intervistare un signore anziano che viveva nella mia città e diceva di aver visto le astronavi. Mi è piaciuta tanto la cura che avete dedicato a ogni personaggio, alla fine volevo bene pure ai nerd del Grucat. Ora devo lasciar decantare quello che ho letto, ma fra un po’ lo riprenderò sicuramente in mano perché questo è un libro che va letto diverse volte, magari concentrandosi di più su alcuni filoni. Ho un po’ avuto la sensazione di un brano musicale che inizia in sordina e pian piano ti trascina in un ritmo sempre più coinvolgente, per culminare in una sorta di esplosione e poi sfumare lentamente. Grazie, davvero

  3. Traduzione di quest’articolo in spagnolo (castigliano):

    2020-2023: de los avistamientos durante los confinamientos a la «guerra de los ovnis»

    «Desde la explosión de la pandemia de Covid-19 a principios de 2020, se ha producido un aumento exponencial de avistamientos de ovnis por todo Occidente. El colectivo de escritores italiano Wu Ming, que ha publicado recientemente la novela UFO 78 (en la que se entremezclan el secuestro de Aldo Moro y la gigantesca oleada de avistamientos que se produjo aquel año), interpreta este tipo de fenómeno social y cultural como la manifestación de una «pulsión utópica», como una expresión del malestar generado por un sistema que nos obliga a identificarnos continuamente y que intenta asfixiar cualquier perspectiva futura de cambio radical.»

  4. Ciao a tutti.

    Da quando è fuori “Il Passeggero” (C.Mccarthy) sono probabilmente state pubblicate più recensioni di quante copie siano state vendute. C’è però questa recente di N. Lagioia dove vengono fuori alcuni temi – Lagioia ci mette molto del suo – in forte risonanza con quelli che hanno ispirato UFO ’78 e in generale con il percorso portato avanti qui su Giap durante la pandemia.

    La conclusione, che prendo a esempio, parla da sé:
    “Il modernismo rimette il mito al centro. Cormac McCarthy se ne occupa. Non possiamo fare a meno del mito. Non possiamo soprattutto lasciarlo nelle mani sbagliate. Lo abbiamo già fatto con i totalitarismi, nel XX secolo. Stiamo rischiando di commettere lo stesso errore.”

    Il link di seguito
    https://lucysullacultura.com/il-passeggero-di-cormac-mccarthy-e-un-romanzo-destinato-a-restare-a-differenza-di-noi/