«Gli automotivati», di Paolo La Valle. Quinto Tipo chiude col botto, anzi, col brum, brum!

Gli automotivati

Gli automotivati, in libreria dal 31 maggio. Apri la copertina completa, con quarta e bandelle (pdf).

Rombo di motore, bruuum, bruuum. Uno spot della Regione Emilia Romagna dice che è «la colonna sonora del Belpaese», «versione postmoderna dell’inno di Mameli».

L’Italia è prima in Europa per densità di automobili, 663 ogni mille abitanti. Mantiene il primato da decenni, nonostante crisi economiche, politiche, sanitarie.

Non basta citare la Fiat e il suo ruolo nella storia nazionale. C’è qualcosa di più profondo, che sprona a comprare auto e le rende imprescindibili, ben oltre la mera necessità di spostarsi. Ciò è tanto più vero in Emilia Romagna, dove la passione per i motori si abbina a una produzione legata al lusso e allo sport.

A raccontarsi ne Gli automotivati è un professore di un istituto tecnico-professionale che, trasferitosi a Bologna, ci mette qualche anno a capire dov’è finito: nel tempio a cielo aperto del culto del brum brum. La Ferrari, la Lamborghini, la Maserati, il rutilante Motor Show, l’autodromo di Imola, la «Motor Valley» lungo la via Emilia con le sue centinaia di fabbriche che lavorano per l’automotive

La chiamano anche Tumor Valley: è l’area più inquinata d’Europa.

Qui il settore dell’automotive concentra spinte che condizionano tutta la società, a partire proprio dalla scuola. Durante le ore di lezione, nel confronto coi colleghi, persino a ricreazione diventa chiaro che insieme ai suoi bolidi l’industria dei motori produce ideologia: si studia solo quanto serve per trovare subito un lavoro, i migliori devono elevarsi sugli altri, there is no alternative all’automobile ecc.

Gli automotivati indaga e narra tutto questo tra i banchi di scuola in un’alternanza di spasmi testuali, una sorta di twerking in cui ogni genere è scosso al ritmo della peggior musica, quella di milioni di auto che sgasano, incuranti di guerre e crisi climatica.

Procediamo, ciascuno nel proprio abitacolo, schermandoci dal mondo, ascoltando le nostre playlist, per non pensare che andiamo verso l’ultimo – forse il definitivo – incendio.

Bruuum, bruuum.

PAOLO LA VALLE è nato nell’anno della distopia orwelliana. Vive a Bologna, lavora come insegnante e fa l’attivista. Quando può non disdegna di piantare le tende anche in Spagna e Portogallo. Firmandosi «Plv» ha scritto per Giap, NapolimonitorNuova Rivista LetterariaMinima&Moralia.

Gli automotivati sarà in libreria dal 31 maggio 2024 ed è già ordinabile dal sito della casa editrice, qui.

Le date delle prime presentazioni

Venerdì 7 Giugno
BOLOGNA
h. 18, Vag 61
via Paolo Fabbri 110

Martedì 11 Giugno
BAGNO A RIPOLI (FI)
h. 21, Casa del Popolo di Grassina
Piazza Umberto I

Sabato 15 Giugno
ROMA
h. 18.30, Parchetto collettivo Recuperiamo
via del Pigneto 5F
Dialogheranno con l’autore Wu Ming 4 e Renata Puleo.
Nell’ambito del Festival Contrattacco.

Per le presentazioni a venire, tenere d’occhio il calendario delle iniziative della Wu Ming Foundation.

Una nota di Wu Ming 1, direttore della collana Quinto Tipo

Gli automotivati è un libro tempestivo e cruciale. Cronaca di un sottomondo poco esplorato, arriva da una direzione imprevista, un anno esatto dopo le disastrose alluvioni in Emilia-Romagna, e ci fa vedere con occhi nuovi il culto dell’automobile – di quei disastri un’importante concausa – e le narrazioni tossiche che lo giustificano.

Non poteva che farlo partendo dalla zona d’Italia, forse d’Europa, più intossicata dal mito del brum brum: l’Emilia-Romagna, appunto. Intossicata metaforicamente e letteralmente, perché qui l’automotive è un vero e proprio fuoco di Sant’Antonio sulla pelle del territorio. L’automotive secerne asfalto, sempre più asfalto, e cemento, sempre più cemento, e produce emissioni, sempre più emissioni, e sparge veleni, sempre più veleni.

Una maledizione che sarà difficile scrollare di dosso agli abitanti di questa regione, dato che è spacciata per eccellenza e si fa di tutto per passarla di generazione in generazione, incuranti del fatto che intanto il mondo collassa.

Ma l’Emilia-Romagna è solo il devastante case study: quella di Paolo La Valle è una cronaca dal valore universale.

Gli automotivati è il ventiduesimo, nonché l’ultimo, titolo della collana Quinto Tipo delle Edizioni Alegre, che ho diretto dal 2014 a oggi col prezioso apporto di Pietro De Vivo.

Come mai l’ultimo?

Perché l’esperimento è durato dieci anni e mi sembra l’ora di mettere un punto fermo. Un decennio è il giusto arco temporale per trarre un bilancio, distillare nuove consapevolezze e procedere oltre.

Per trarre tale bilancio bisogna prima far vivere Gli automotivati. E in ogni caso non potrei stenderlo ora, immerso come sono nella scrittura del romanzo Gli uomini pesce. Rimando perciò all’autunno, allo scoccare dell’esatto anniversario, il 18 novembre.

In quel giorno del 2014 uscì il primo titolo della collana, Diario di zona di Luigi Chiarella aka Yamunin. Che nel frattempo ha pronta la sua seconda prova letteraria, Risto-Reich, di cui si sentirà parlare presto.

Naturalmente, i titoli pubblicati in questi anni continueranno a stare nel catalogo Alegre e a essere ristampati ogni volta che sarà necessario.

Per chi non ce li ha presenti: sono tutti qui.

Buone letture.

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One commento su “«Gli automotivati», di Paolo La Valle. Quinto Tipo chiude col botto, anzi, col brum, brum!

  1. Alcune parole sul contesto in cui il libro esce.
    Mentre chiudevo il lavoro gli eventi si sommavano: l’auto elettrica in cima alle vendite mondiali, Valditara on fire, Stellantis e governo che battibeccavano, disastri ambientali a raffica, nuovi stermini prodotti attraverso nuove ingegnerie… ogni cosa mi sembrava riferita a quanto avevo scritto. Non era un caso.
    Da un lato la pandemia ci ha insegnato che la scuola coinvolge direttamente almeno 10 milioni di individui. Dall’altro, l’automobile è una presenza ossessiva. Collegare questi due temi vuol dire parlare del nostro mondo.
    Per farlo all’inizio avevo in testa due elementi: il primo era il fatto che tra gli attori più influenti nel descrivere lo stato della scuola si chiama Fondazione Agnelli, un ente che nel corso degli anni ha iniettato nella scuola parole d’ordine e tassonomie provenienti da mondi che con l’istruzione pubblica hanno poco a che vedere. Il secondo era un culo, coperto da una minigonna in latex rossa, dietro cui appariva il cofano di un’auto: era il logo di una delle aziende in cui uno studente stava svolgendo il suo PCTO. Perché in una scuola priva di educazione sessuale qualcuno che si prende la briga di coprire i vuoti c’è sempre.
    Da lì in poi è bastato scavare e gli elementi che legano la scuola ai motori (le auto, ma anche le moto, i camion…) sono sbocciati ovunque: c’è la competizione, l’ideologia del merito, l’ansia valutativa. C’è un mondo che viene costretto in recinzioni e cronometraggi. Ci sono immaginari di dominio ed emozioni represse, privilegi ed esclusioni. Ci sono i morti, di scuola o di lavoro, non sempre è chiaro.
    Quello tra scuola e motori è un legame viscoso. Capire come questo si articola è giusto ed è stato divertente raccontarlo attraverso il twerking narrativo di cui si legge nella bandella e di cui magari qualcosa si dirà.
    Ma ciò che col tempo ha iniziato a martellarmi il cervello è che se mai ci siamo potuti permettere tutto questo, ora sicuramente non è così. Il mondo ha fatto un balzo in avanti, guerre e disastri ambientali non sono più echi lontani. E se continuiamo a formare cervelli seguendo le logiche di quelli che ci hanno fatto arrivare fin qui, il problema non sarà che ci andremo a schiantare, ma che ci sarà qualcuno che proverà a rendere monetizzabile anche il nostro schianto.

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