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Andrea Olivieri

Gli strange days di Trieste contro il green pass, terza e ultima puntata. Come il potere ha reagito a una lotta sbalorditiva

Prima ha risposto il cuore… poi hanno risposto Lamorgese, Draghi e il resto del governo, ha risposto l’intero apparato dei media (dal locale Il Piccolo ai giornaloni-partito nazionali alla grancassa televisiva giù giù fino ai volonterosi carnefici dei social), hanno risposto la borghesia triestina, quella “regnicola”, l’autorità portuale e le aziende cittadine. Hanno risposto diffamando e licenziando, vietando e obbligando, bloccando e chiudendo.

[Ed eccoci all’ultima puntata del reportage di Andrea Olivieri, dove il racconto della lotta si protende fino all’oggi. Qui Olivieri descrive tre diversi cospirazionismi – uno solo potenziale, gli altri due pienamente operativi e in apparenza opposti ma complementari – e intanto racconta la reazione delle autorità a una lotta che le ha colte alla sprovvista, la controffensiva ideologica a difesa della narrazione dominante sulla pandemia, e soprattutto la campagna diffamatoria – martellante e violenta – secondo cui sarebbe stata la mobilitazione contro il green pass a far risalire la curva dei contagi.
Questa campagna non era fondata su evidenze scientifiche bensì su pesanti omissioni, ed è servita a giustificare provvedimenti che hanno limitato drasticamente il diritto di manifestare.
Già. Tutto accade talmente in fretta da rendere necessario fare memoria storica dopo poche settimane. È partita da Trieste – dalla controinsurrezione preventiva di cui Andrea ci racconta – la reazione a catena che ha portato prima a vietare i cortei, poi al «supergreenpass» e ai nuovi obblighi e restrizioni di questi giorni.
Ma la terza puntata non si limita a mostrare questo: prima di congedarsi da lettrici e lettori, Olivieri mette insieme importanti spunti su quel che la lotta triestina dice riguardo alle tendenze in atto e, plausibilmente, ai conflitti futuri.
Infine, complici i gruppi Nicoletta Bourbaki e Alpinismo Molotov, dalla città si sale in Carso, per sentieri che ricordano lotte più antiche, tanto “spurie” al proprio inizio quanto ispiranti nei loro sviluppi e fondative nei loro esiti. Buona lettura. WM
P.S. Ricordiamo che tutti i post di Giap si possono 1) aprire in versione ottimizzata per la stampa; 2) salvare in pdf; 3) salvare in formato ebook (ePub e Mobi, cioè Kindle). I bottoni sono in calce al testo.]

di Andrea Olivieri *
[La prima puntata è qui; la seconda qui].

17. Golpe

I complotti esistono, e io ci credo. Come ci credono tutti.

La sera del 18 ottobre mi ritrovo sulle panchine della fontana dei Continenti, davanti al municipio, ai margini di una delle tante assemblee informali di vari pezzi e ricombinazioni del Coordinamento No green pass. Sono qui, dove si discute fitto, si fanno considerazioni su quanto sta accadendo, su quanto successo la mattina con lo sgombero del varco, sul senso e i nonsense delle giornate precedenti, e sulle notizie dal porto dove si stanno esaurendo scontri e cariche. Sono qui, mentre tutti i giornalisti e le telecamere sono ammassati all’altro capo della piazza, sotto la prefettura, a seguire ogni mossa di Puzzer e di chi ora lo accompagna, a cercare notizie dove non ce ne sono. Prosegui la lettura ›

Gli strange days di Trieste contro il green pass. Il racconto di una lotta sbalorditiva – Seconda puntata

[Dopo la prima puntata del suo reportage ibrido e perturbante – che è stata pubblicata anche in francese su Lundi Matin – con questa seconda (di tre che saranno) Andrea Olivieri si addentra nel vivo delle contraddizioni, raccontando l’incredibile 16 ottobre al varco 4 del porto di Trieste. La giornata dell’iper-spettacolarizzazione, dell’invasione di troupes televisive e ambigui personaggi. Il momento in cui tutto è parso dileguarsi e i caca-sentenze-preventive già esultavano per aver avuto ragione…
E invece no. Citando ancora una volta Alain Badiou: «per impedire questo genere di disastro è necessario che la forza d’esistenza nell’apparire del sito compensi il suo dileguare». È necessario, cioè, che l’evento di una sollevazione popolare inattesa abbia più forza della sua rappresentazione – a colpi di montesani e madonne e leader “carismatici” e ospitate nei tolksciò – in quello che Andrea chiama giustamente «metaverso». Il metaverso esiste già, non è una promessa di Zuckerberg.
Dopo la “ripartenza”, avvenuta soprattutto grazie all’impegno del Coordinamento No Green Pass, Andrea racconta la violenza dello sgombero e l’intera giornata del 18, tra manovre da politicanti nel “salotto buono” della città e scontri e nubi di lacrimogeni nelle vie della Trieste proletaria, tra la gente con cui, inutile girarci intorno, bisogna stare. WM
Aggiornamento 26/11:
la terza puntata è qui.]

di Andrea Olivieri *

9. Prologo al caos

La mattina di sabato 16 ottobre mi presento al varco piuttosto presto, per vedere che aria tira dopo la prima notte, poi dovrò andarmene a lavorare. Ai gate Stefano Puzzer, appena arrivato anche lui, si sta lamentando con alcuni dei presenti per qualche cartaccia e mozziconi di sigaretta rimasti là davanti dalla sera prima. – Muli, qua xe pien de scovaze –, dice sconsolato, – no se pol veder. Poi recupera una scopa e inizia a pulire. Prosegui la lettura ›

Gli strange days di Trieste contro il green pass. Il racconto di una lotta sbalorditiva – Prima puntata

[Da settimane Andrea Olivieri, ricercatore e scrittore, cammina o si sposta in moto da un luogo all’altro della sua città, di giorno e di sera, attraversa cortei e assemblee di piazza, ascolta le persone più diverse nelle situazioni più diverse, mobilita la propria memoria di ex-lavoratore del porto e di attivista, butta giù appunti su appunti, raccoglie storie. Sta interrogando un Evento, e prima ancora un sito.
Perché Trieste? Perché proprio lì è cresciuta in modo tumultuoso una piazza anti-green pass così diversa dalle altre? Energie si sono accumulate “di nascosto” finché la città dalla «scontrosa grazia» – città poco italiota e molto mitteleurobalcanica, misconosciuta al resto del Paese – non ha prodotto una rottura nell’apparire normato di una società piegata dall’emergenza Covid. Una mobilitazione di massa dai caratteri inediti che ha sorpreso l’Italia – paese regolarmente ignaro o dimentico della “faglia” al proprio confine orientale – e che ci parla dei conflitti futuri, delle lotte post-pandemiche.
È quest’ultimo aspetto a farne un Evento, per chi lo ha vissuto in tutta la sua contraddittorietà e per chi lo ha seguito e cerca di trarne lezioni. Come scrisse di un altro Evento – si parva licet – il filosofo Alain Badiou, «non è solo l’intensità eccezionale del suo sorgere che conta – il fatto che si tratti di un episodio violento e creatore d’apparire – ma il fatto che, nella durata, questo sorgere, benché dileguato, abbia disposto come gloriose e incerte le sue conseguenze. Gli inizi sono misurati dalla loro possibilità di ricominciare».
Questa è la prima puntata del reportage di Andrea. Ce ne saranno due ma forse tre. Diciamo «reportage» perché riporta e fa rapporto (in ogni accezione del termine), non per affibbiargli un genere. È un testo ibrido: cronachistico, saggistico, lirico, psicogeografico, sociologico, teso a quel difficile esercizio che è la storia del presente. Sconsigliamo di ingurgitarlo al volo: merita attenzione, tempo dedicato.
Come sempre avviene con le miniserie di Giap, i commenti saranno attivati solo all’ultimo episodio. Buona lettura. WM
Aggiornamento 17/11/2021:
la seconda puntata è qui.
Aggiornamento 26/11/2021: la terza puntata è qui]

di Andrea Olivieri * – Traduction en français ici.

1. Il varco

Il varco 4 è un nonluogo incastrato tra i gate di accesso al Terminal container del molo VII e l’imbocco della sopraelevata che porta alla frontiera con la Slovenia. Anche nelle giornate in cui sarà invaso di persone non cesserà di sembrare un grande casello autostradale, di un mondo che però ha fatto a meno delle automobili.

Solo i portuali, o i camionisti che a volte devono passarci delle ore, o chi per lavoro ha a che fare col porto, lo riconosce come un luogo familiare. Alla grande maggioranza dei triestini è sconosciuto, e quando iniziano ad affluire la mattina presto di venerdì 15 ottobre restano straniti e sospesi, come se uscissero dalla loro città per entrare in un «altrove» che, per la prima volta, si presenta ai loro occhi.

A nascondere il varco come un effetto ottico è la sopraelevata, che nel suo intrico di rampe di cemento da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude, e del porto lascia intravedere solo le braccia delle gru, tutte alzate e ferme e sovrastanti alcune navi, anch’esse immobili quella mattina. Prosegui la lettura ›

Una nota sul killeraggio e sul cantare in coro. Come le nostre critiche al green pass vengono distorte dai media governativi

«Due minuti di lettura». Rende bene l’idea anche della ricerca fatta per scrivere l’articolo.

Oggi su Repubblica Gianni Riotta – che Glenn Greenwald memorabilmente definì «the opposite of journalism» – ci addita al pubblico odio in un articolo che intende scomunicare e demonizzare chiunque critichi il «green pass» “da sinistra” – ovvero: nel contesto di una critica alle politiche neoliberali del governo Draghi, a una gestione della pandemia disastrosa, a una narrazione della pandemia che ha deviato e scaricato ogni responsabilità verso il basso e su capri espiatori ecc.

Il passaggio che ci riguarda è – come stupirsene? – disinformato, datato e pieno di errori:

1) ci attribuisce un documento non nostro che segnalammo due mesi fa perché lo ritenevamo un passaggio importante ma di cui criticammo diversi punti;
2) estrapola e cuce a modo suo micro-virgolettati da quel post dell’agosto scorso;
3) omologa la nostra critica a quelle, diverse, portate avanti da altri soggetti;
4) piega il tutto in direzione di parallelismi storici balenghi sul rifiuto della scienza, il presunto irrazionalismo ecc.

Il metodo è trasparente, chiaramente ricostruibile in ogni fase: Prosegui la lettura ›

Fronte del porto. L’«anomalia selvaggia» della piazza anti-pass triestina e la lotta di classe

[Quel che sta accadendo con epicentro Trieste, in un’accelerazione che lascia sorpresi molti ma non chi segue la vicenda dal principio, rende necessario chiarire alcuni punti.
Il contagio che dalla piazza anti-lasciapassare triestina sembra estendersi a diversi porti italiani smentisce le letture banali delle mobilitazioni in corso, “letture” funzionali a facili riprovazioni.
Come tutte le altre, anche la piazza anti-pass triestina presenta contraddizioni, ma ha una presenza organizzata di compagne e compagni, ha emarginato e anche cacciato noti fascisti, e soprattutto è caratterizzata da un inequivocabile, visibilissimo protagonismo operaio.
A proposito delle lotte contro il lasciapassare, benpensanti finto-marxisti hanno parlato di «egoismo», «individualismo», «particolarismi», «proteste sterili di piccoli borghesi», ritorno dei «forconi», «fascismo»… Ma se si fosse trattato di particolarismi, di egoismi di categoria, l’altro giorno i portuali triestini – che sono l’anima della piazza, non sono borghesi e possiedono solo la propria forza-lavoro – avrebbero accettato la mediazione governativa e i tamponi gratuiti solo per il loro settore. Invece si sono adirati di fronte a una proposta che avrebbe prodotto l’ennesima discriminazione tra lavoratori, e hanno radicalizzato le loro posizioni.
Da giorni il compagno triestino Andrea Olivieri, autore del libro Una cosa oscura, senza pregio. Antifascisti tra la via Flavia e il West (Alegre, 2019), sta lavorando a un testo ponderato su tutto questo. Gli abbiamo chiesto di anticipare al volo alcune considerazioni, perché ce n’è bisogno ora. Buona lettura. WM]

di Andrea Olivieri

In queste ore la vicenda triestina è salita alla ribalta delle cronache nazionali in seguito alla netta e radicale presa di posizione dei lavoratori – i portuali in testa – contro il lasciapassare ma anche contro la soluzione-tampone (è il caso di dirlo) dei tamponi garantiti dalle aziende.

Per chi è in grado di leggere la situazione senza pregiudizi, il dato è che proprio a Trieste si è determinato un accumulo di rabbia per i provvedimenti anti-pandemici governativi. Solo in parte questa rabbia è il frutto di peculiarità storiche e socio-economiche della città. Che ci sono, sia chiaro, ma in questo momento sembrano incidere solo nell’esprimere meno statolatria e appiattimento ideologico di quanto accade in altre parti d’Italia, e forse anche una concezione della salute collettiva che ha tratto ispirazione dal lavoro di Franco Basaglia, che altrove è andato perso o non è mai stato raccolto.

Quest’accumulo ha portato ripetutamente nelle strade di Trieste decine di migliaia di persone. La sorpresa, o anche lo sconcerto, è però solo di chi in questo ultimo anno e mezzo si è accomodato sul divano o di fronte al pc per interpretare la realtà, come segnalato da Niccolò Bertuzzi, leggendo Repubblica e confrontandosi solo con la propria bolla sociale. Prosegui la lettura ›

La Q di Podqast 7: «Leggete Nanni Balestrini» (sono passati due anni spaccati)

Nanni Balestrini

Nanni Balestrini, 2 luglio 1935 – 19 maggio 2019. Voci di enciclopedie on line indicano come data della sua morte il 20 maggio. In realtà l’annuncio di Derive Approdi – sua casa editrice «d’elezione» – è del giorno prima: «È con tristezza e dolore che informiamo della scomparsa di Nanni Balestrini. Una scomparsa, non solo per noi, incolmabile.»

La settima puntata de La Q di Podqast prende il titolo da una famosa scritta murale: «Leggete Nanni Balestrini». È infatti dedicata al grande poeta, scrittore, artista visivo e intellettuale rivoluzionario, nel secondo anniversario della sua morte *.

Il “gancio” è il lungo omaggio reso da Wu Ming 1 a Balestrini ne La Q di Qomplotto. Ci riferiamo, ovviamente, ai capitoli che chiudono la prima parte del libro: «La virulenza illustrata» e «Burnout».

A dialogare con WM1 di questo – nonché di tecniche narrative, di ibridazioni letterarie, di autofiction e altro – è lo scrittore triestino Andrea Olivieri, autore di uno degli «oggetti narrativi non-identificati» più interessanti degli ultimi anni: Una cosa oscura, senza pregio (Alegre, 2019).

Quasi tutte le opere di Nanni Balestrini sono state riedite negli ultimi anni da Derive Approdi in una collana dedicata. Un enorme lavoro di ricostruzione di una vita letteraria, di memoria pubblica della letteratura, di lotta culturale.

Come sempre la puntata è su Vimeo, sul canale YouTube delle Edizioni Alegre (che per le note ragioni di degoogling non linkiamo) e, solo audio, su archive.org e su Apple Podcasts. Prosegui la lettura ›

Quella tenerezza per l’autonomia operaia – di Anna di Gianantonio

«Mi rivedo sempre solo, ma nella Polaroid sovraesposta che ho trovato nella scatola siamo in tre a inscenare quel western campagnolo. Io, mia sorella e Denis, il figlio dei vicini di mio nonno. Suo padre si chiama Ferruccio, un uomo generoso, vitale, dagli occhi azzurri e lo sguardo intelligentissimo. Loro nel cognome sloveno, Černic, portano una storia terribile di persecuzione, di tortura e di morte che ancora non conosco perché nessuno la racconta. Nessuno racconta nulla della guerra, o almeno così mi pare di ricordare. Puntiamo le pistole contro il fotografo.»



[Una preziosa riflessione della storica goriziana Anna Di Gianantonio, a partire da Una cosa oscura, senza pregio, il libro di Andrea Olivieri pubblicato nella collana Quinto Tipo diretta da Wu Ming 1 per le Edizioni Alegre.
Di Gianantonio è un nome noto alla comunità giapster: ha infatti partecipato allo speciale La storia intorno alle foibe, curato dal gruppo di lavoro Nicoletta Bourbaki e pubblicato sul sito di Internazionale in occasione del Giorno del Ricordo 2017. Risulterà evidente la continuità tematica e, diremmo, poetica tra quella discussione e questo «esercizio di lettura» dell’UNO di Olivieri. WM]

di Anna di Gianantonio *

Il sentimento che mi ha provocato la lettura del bel volume di Andrea Olivieri è di grande commozione.

Commuove, per averlo sentito raccontare e vissuto, la tenerezza dell’espediente letterario, o reale, del ritrovamento in una scatola delle foto di Albano e Leda, i nonni di Andrea, e di un ritaglio di giornale. Quest’ultimo testimonia di un possibile incontro tra lo scrittore Louis Adamic – immigrato negli Stati Uniti ai primi del Novecento, lavoratore, scrittore, giornalista, morto nel rogo della sua casa nel 1951, studioso attento e partecipe dei movimenti sociali e politici americani – e gli stessi nonni a Zenica, in Bosnia, dove gli Olivieri erano finiti per essersi schierati dalla parte di Stalin nel corso della cosiddetta «rottura del Cominform» del 1948, in cui il destino dei due capi di stato comunisti si separò per circa un ventennio.

Andrea Olivieri riesce a collegare la storia degli operai, al di qua e al di là dell’oceano, attraverso un filo che in questi anni è stato spezzato dalla storiografia: il filo delle lotte spontanee degli sfruttati e degli oppressi, lotte accompagnate dalla dimensione del desiderio, del sogno, dell’avventura e, soprattutto, dalla sovversione dei ruoli: quello di genere, ma anche quello che distingue i comportamenti politici leciti da quelli illeciti.

→ Continua a leggere sul blog di Quinto Tipo.

* Anna Di Gianantonio, storica, insegnante e presidente dell’ANPI di Gorizia, è autrice tra gli altri di Ondina Peteani. La lotta partigiana, la deportazione ad Auschwitz, l’impegno sociale: una vita per la libertà, Mursia 2011; L’immaginario imprigionato. Dinamiche sociali, nuovi scenari politici e costruzione della memoria nel secondo dopoguerra monfalconese, Consorzio Culturale del Monfalconese – Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione nel FriuliVenezia Giulia, 2005; e con Marco Puppini di Contro il fascismo oltre ogni frontiera. I Fontanot nella guerra antifascista europea, 1919-1945, Kappa Vu, 2016.