Un ruzzolone, le nostre scuse a chi ci legge, un memento per il futuro

Clicca per leggere l’articolo che ci ha fatto scivolare.

di Wu Ming

Il 13 maggio scorso abbiamo pubblicato un articolo intitolato «Cos’ha lasciato in ombra il Covid-19? Epidemologia e insensatezze dell’emergenza coronavirus», firmato dall’epidemiologa Sara Gandini e dal matematico ed epistemologo Marco Mamone Capria. Un contributo esterno, con passaggi condivisibili di critica alla gestione dell’emergenza e alla gestione dei dati scientifici. Come sempre, quando ospitiamo articoli scritti per Giap, questo non significa che fossimo d’accordo al 100% con ogni singola frase, ma che il pezzo meritava di essere discusso.

Ora, all’indirizzo di quell’articolo, trovate queste parole, mentre il pezzo in questione, con tutta la discussione che ne è seguita, si trova qui, a futura memoria e per chiunque voglia leggerlo e farsene un’opinione.

Cos’è accaduto?

Tre giorni di febbre

Sotto l’articolo si è sviluppata una discussione lunga e aspra, nella quale hanno avuto molto peso eventi pregressi e polemiche avvenute altrove, oltre a trascorsi e frequentazioni di uno dei due autori.

In quel frangente, abbiamo cercato di difendere un modo di discutere. Quello che faticosamente, negli anni, si è affermato su questo blog. Va benissimo smontare un articolo, dimostrarne le eventuali fallacie, e pure criticare noialtri per averlo pubblicato. Purché ciò avvenga nel merito, senza attacchi ad hominem, caricature, epiteti inutili, argomenti-fantoccio o «colpe per associazione», e senza quelle dinamiche e riflessi condizionati che per semplicità definiamo «da social» ma risalgono addirittura a Usenet. Dai social sono state “solo” amplificate a dismisura.

Purtroppo non siamo riusciti nell’intento. Tuttavia, nonostante l’affanno e le sgradevolezze, dalla discussione è nata una riflessione che abbiamo pubblicato col titolo «矛盾 (máo dùn). In quali trappole cadiamo nel discutere di «emergenza coronavirus».

Nel frattempo, il general intellect della comunità portava avanti un’inchiesta collettiva. Alla community dobbiamo per l’ennesima volta una salva di ringraziamenti e, soprattutto, le nostre scuse.

Dopo una serie di verifiche e dimostrazioni, abbiamo concluso che l’articolo aveva una grossa falla: l’interpretazione di un grafico da parte di Mamone Capria si basava su un’assunzione completamente erronea. Premessa e assunzione avevano un ruolo fondamentale in un testo dello stesso autore, più lungo e articolato, linkato nell’articolo per referenza.

Se ciò non rende falsa ogni asserzione fatta nell’articolo, sicuramente ne mina la tenuta e – per quanto ci concerne – arreca un danno al blog. Inoltre, abbiamo dovuto prendere atto di un problema a monte: abbiamo pubblicato un articolo, prendendocene la responsabilità, senza avere le competenze per poterne giudicare la solidità.

Non solo i tentativi di controargomentare da parte di Mamone Capria non ci hanno convinto, ma nel discutere ha depositato qui link a siti per noi inaccettabili qualitativamente e ideologicamente, siti di destra e pieni di teorie del complotto, cosa per la quale siamo dovuti intervenire diverse volte. Anche questo è stato un errore: della sua frequentazione di certi ambiti ci siamo accorti tardi.

La stanchezza accumulata in questi tre mesi, l’esserci ritrovati tutte e tutti in una situazione che non avevamo mai vissuto, il dover per forza navigare a vista, commentando gli eventi in tempo reale… Nulla di tutto questo giustifica il passo falso. Dobbiamo assumercene la piena responsabilità, e renderne conto.

Ci siamo chiesti quale fosse il modo più adeguato ed efficace per farlo. Non siamo una rivista scientifica, non potevamo “ritirare” l’articolo. Troppo comodo.
Da un lato, c’era l’esigenza di riflettere su quanto accaduto partendo da un segnale di stop, da un punto fermo; dall’altro, l’esigenza di non rimuovere nulla, di mantenere pezzo e discussione accessibili a chiunque, come reperto e memento.

Abbiamo adottato questa soluzione. L’articolo è a un solo click di distanza, e da queste righe parte una nuova riflessione.

Hybris

Da quand’è iniziata l’emergenza non ci siamo fermati un minuto, abbiamo pressoché sospeso la nostra normale attività e dedicato gran parte delle nostre energie a prendere in esame quel che stava succedendo, esplorare lo spazio urbano anche nei giorni più plumbei della «Fase 1», discutere tra noi, prendere appunti, scrivere post e rispondere ai commenti, sbloccare i commenti dei nuovi utenti, non sbloccare i troll (se ne sono visti pochi, per fortuna), “commissionare” post ad altri contributori, valutare decine di proposte, e abbiamo anche organizzato due trekking urbani.

Dal 26 febbraio, giorno in cui pubblicammo la prima puntata del nostro Diario virale, Giap ha avuto più di un milione e trecentomila visitatori (IP unici); 953.000 non erano mai stati qui prima di allora. Sono numeri che non avevamo mai visto, e che molto probabilmente non vedremo mai più.

Questo è un blog letterario, per quanto sui generis. Noi siamo tre scrittori. Tre romanzieri che collaborano dagli anni Novanta e vivono nella stessa città, Bologna. Ci occupiamo di narrazioni: sappiamo costruirle, e quindi abbiamo un certo “occhio” e una certa mano nello smontarle. A febbraio è cominciata così, e ben presto ci siamo ritrovati a svolgere una funzione di “supplenza”, decisamente fuori dalla nostra comfort zone.

Ma un conto è uscire dalla propria comfort zone, un altro è pisciare fuori dal vaso. L’errore dell’altro giorno è conseguenza dell’esserci spinti troppo oltre nel ruolo di “supplenti”.

Come quando fai una gita in montagna, stai bene, ti senti in forma e allora ti dici: «Alla grande! Quando arrivo al rifugio, invece di fermarmi, salgo fino in vetta!» Poi al rifugio ci arrivi, ma stanco, ansimante, però ormai hai deciso di tentare la vetta, e così vai avanti… E lì ti fai male.

Abbiamo peccato di hybris, avrebbero detto i greci antichi. E quest’errore ci fa capire che la “supplenza” è stata parte dell’emergenza, e l’emergenza ha dato alla testa a molti, e questo è stato il modo in cui ha dato alla testa a noi.

Il rischio è quello di snaturare il nostro mestiere, il nostro ruolo e la percezione che si ha di noi, buona o cattiva che sia.

Per quest’infortunio paghiamo pegno, dunque. Senza scuse. E d’ora in avanti cambiamo passo.

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256 commenti su “Un ruzzolone, le nostre scuse a chi ci legge, un memento per il futuro

  1. A me sembra che la questione si sia amplificata enormemente per via del ruolo che voi vi siete trovati a dover occupare in un deserto forse non del tutto prevedibile: quello degli intellettuali. A parte il vituperato Agamben (e al netto di ciò che inevitabilmente mi è sfuggito) il primo segnale è stato quello degli agguati, poi qualche costituzionalista timido e poi via di FB. Mi pare che si paghi lo scotto di tanta fama. Insomma autocritica sì, autofustigazione secondo me no. Secondo me il vero problema del pezzo non è stato tanto lo strafalcione sul grafico – che certo manda in vacca tutto, soprattutto se poi lo difendi nel modo in cui è stato difeso – ma proprio l’idea del pezzo, che tante volte ho provato a spiegare che in questo frangente non ha tanto senso (a prescindere dal mio pezzo). Ci sono davvero tanti argomenti inattaccabili per essere contro la gestione all’italiana, l’argomento “effetti del lockdown su contagiati (o morti)” secondo me non è tra questi e non lo sarebbe stato comunque, anche senza lo strafalcione. Ho trovato curiosa la scelta di pubblicarlo dopo il mio, in cui un po’ dicevo anche questo.
    Poi vabbè, la deriva dei commenti ha provocato enormi sgranamenti di occhi, ad un certo punto francamente pareva che uno dei due autori trollasse, con quei link e non solo. Vabbuò, ricominciamo?

    • L’auto critica è sacra. Errare umanum est (se si scrive così). È un ottimo sito, anche le virgole e i punti e virgole contano. I dati sono numeri ed ognuno può giocarseli a suo favore. Leggerò sempre con piacere qualsiasi cosa venga fuori dalle penne WuMi. Continuate così, cari, tante belle e competenti menti. Avete fatto da supplenti ad una narrazione pubblica stronza, saccente, supponente, ecc.
      Per me, umile ed umilissimo (essere umano), siete tra i pochi grandi.
      Vi leggo sempre con un “piacere del tutto mio” e Vi esorto a continuare questa battaglia allucinante, che sembra sconfitta ma non lo è!

  2. ♫ ♫ “Quando cadde Palinuro, Enea prese il futuro
    E noi cadiamo in tanti ma avanziamo in centomila
    Apprendimento e insegnamento insieme, serro le fila
    Ma a testa china la comunità si raffina….
    Ci vogliono i bei gesti oltre che le belle penne” ♫ ♫

    P.S. Nel link al sasso che vi ha fatto inciampare mancano numerosi commenti, soprattutto quelli che hanno formato l’inchiesta collettiva che si è svolta sotto l’articolo. Sarebbe bello non andasse persa.
    Se è fatto di proposito ignorate questo commento.
    Daje che se ne esce rafforzati!

  3. Digitale Purpurea, a quali commenti ti riferisci? Ci sono tutti e 316, abbiamo salvato l’ultimissima versione, a commenti già chiusi.

    • Il link all’ultimo salvataggio è: https://web.archive.org/web/20200517080558/https://www.wumingfoundation.com/giap/2020/05/ombra-covid19/
      Ne approfitto per inserire qui quello che non sono riuscito ad aggiungere prima che venisse chiusa la discussione, a chiarimento dei miei due confusi commenti al testo archiviato:
      “Mi rendo conto che mi sono espresso molto male, causa stanchezza, e provo ad chiarire, premettendo che condivido le critiche che sono emerse durante la discussione agli autori.
      Quindi solo riguardo la questione CFR: se l’obiettivo fosse comunque raggiungere una immunità diffusa senza vaccino, con o senza lockdown, alla fine il numero di contagiati sarà simile.
      Se davvero la letalità non è modificata dal lockdown, il numero dei morti finale sarà anch’esso simile.
      Ma bisognerebbe tener conto dell’effetto di un eventuale collasso del sistema sanitario nel periodo di picco, della possibilità di migliorare l’efficacia delle cure nel tempo, dell’eventualità che il virus modifichi i suoi effetti o “svanisca”, ed altre variabili che per il covid credo al momento non siano conosciute.”

      • È il link che abbiamo usato, boh. Ad ogni modo, per non saper né leggere né scrivere, eccolo ri-copiato e ri-incollato dentro il post.

    • Scusatemi davvero. Deve essere un problema mio di non so quale tipo. Quando clicco sulla GIF mi apre una versione con 200 commenti e 29 diramazioni.
      Sul link postato da trasandante invece nessun problema, ci son tutti!
      Ripeto, deve essere un problema mio :)

      Sono contenta di come sia finita sta storia. Si può dire tutto, ma non certo che non siate capaci di autocritica.
      In più la collettività presente qua su Giap ha dimostrato di essere attenta e immune ai tentativi di screditarla. Bravi tutti.

      Spero di aver raggiunto 500 battute e tifo forte per quel plug-in che le mostra mentre scrivi un commento!

      • Prima, anche cliccando il link più recente, archive.org mi visualizzava una vecchia pagina, ma dicendo che l’aveva salvata all’ora in cui c’era già l’ultima versione. Forse sono io che ho le traveggole dopo i “tre giorni di febbre”, forse era un problema temporaneo di archive.org, forse un sortilegio alla cache del browser… Fatto sta che adesso vedo la nuova versione cliccando su ogni link. Boh.

        • Io ho lo stesso problema segnalato qua sopra: il link mi manda a una versione di ieri pomeriggio con 216 commenti. scegliendo manualmente lo snapshot più recente, quello di stamattina alle 8:00, ottengo di nuovo la versione di ieri pomeriggio, anche se la data indicata è 17 maggio e l’ora le 8:00. Ho provato a ripulire la cache e a usare tre browser differenti, ma niente. Deve esserci un bug su archive. E’ un po’ un problema, perché così manca tutta la parte di discussione più importante.

          • È un bug di archive.org davvero inspiegabile. Il link da Giap è lo stesso, ma a volte mostra la pagina giusta (316 commenti) e a volte quella sbagliata, tra l’altro una versione che secondo archive.org è stata salvata alla stessa ora di quella giusta, ma in realtà è del giorno prima e conta solo 216 commenti. Non possiamo farci granché, l’unica è forse prelevare la versione giusta, copiarne l’html e farne un altro mirror da qualche altra parte.

            • Quel che mi sembra stia accadendo è questo: tutti i link alle versioni salvate il 17 maggio (una alle 00:32 e una alle 08:05) portano a una versione salvata il giorno prima, quando c’erano ancora solo 216 commenti e l’inchiesta collettiva su quali dati mostrasse il grafico “incriminato” non era ancora cominciata. Tutti i link portano a quella versione. Però non accade sempre: a volte i link portano alle versioni giuste. Quindi è qualcosa che succede su archive.org, ma non ho proprio idea di cosa sia. Non mi era mai successo. Speriamo che il bug venga risolto, così, al riapparire della versione completa, la copieremo anche da qualche altra parte. Scusate, però davvero non potevamo immaginare un disguido del genere…

              • Ho scritto ad archive.org:

                Dear staff,

                I’m experiencing a problem with this archived page from the Italian blog Giap:

                https://web.archive.org/web/20200516051928/https://www.wumingfoundation.com/giap/2020/05/ombra-covid19/

                There were 3 captures. The last one featured a discussion with 316 comments, and I know that for sure because I saved that page myself on May 17th at 08:05 AM.

                The problem is that, currently, by clicking on any of the 3 links people land on the wrong version of the page: the oldest one, which someone else saved the day before, May 16th, when the abovementioned discussion featured only 216 comments.

                In plain words, no matter the URL, there’s always the same, older page.

                Not “always”, to tell the whole truth. The puzzling thing is that it doesn’t happen every time: it happens often, but not every single time. At first I and several other people thought we had to empty our browsers’ caches, but we did it to no avail. It appears that the problem is at your end of the communication.

                A whole community of users needs to get to the right version of the page.

                I hope my description of the problem is useful to solve it.

                • Come andar di notte. Ora semplicemente le due catture del 17 maggio non sono nemmeno elencate. Se archive non riesce a risolvere il problema vuol dire che non può più essere considerato uno strumento affidable per archiviare e linkare contenuti web, e allora bisognerà organizzarsi in proprio per farsi dei backup delle cose importanti.

                  • Bisognerà archiviare i materiali in più posti. Abbiamo sbagliato a non farlo stavolta, ma davvero, archive.org non ci aveva mai dato un problema del genere.

                  • Ad ogni modo, noi abbiamo ancora tutti i 316 commenti nella dashboard del blog, se questo problema non si risolve a breve li esporteremo in un file, faremo un pdf e li metteremo a disposizione in quel formato. Possiamo anche fare un pdf di più rapida lettura che raccolga solo i commenti relativi al debunking sulla questione del grafico.

                  • Sull’ipotesi di pdf prospettata da WM1: personalmente, sono più favorevole a un pdf che contenga tutti i commenti incatenati secondo i thread, in modo da avere tutti i materiali a disposizione, nell’ordine in cui sono comparsi e si sono organizzati.
                    Il solo debunking del grafico, oltre a essere un taglio delle fonti complessive che andrebbe valutato e giustificato, priverebbe la valutazione della fonte particolare del contesto complessivo in cui è nata e si è sviluppata.
                    Certo, è interessante per molte altre questioni che archive non sia così affidabile come sembrava…

                    • Non preoccuparti, il mio «possiamo anche» ipotizzava un’aggiunta, non un’opzione alternativa.
                      Purtroppo perà è tecnicamente impossibile esportare dalla dashboard i commenti ramificati, nella dashboard sono tutti sullo stesso piano in ordine cronologico, come quando, nei primi anni, su Giap on c’erano le ramificazioni. Le ramificazioni andrebbero inferite dai commenti stessi, ricostruite certosinamente e “fatte a mano”, un lavoraccio che sinceramente ci toglie ossigeno al solo ipotizzarlo…

                    • Aggiungo che nella dashboard i commenti sono disposti “a rovescio”, dal più recente al più vecchio, dobbiamo anche trovare il modo di visualizzarli (e quindi esportarli) nell’ordine inverso, dal primo all’ultimo. So come si otterrebbe questo sotto un post, basta barrare una casella, ma devo capire come si ottiene nella dashboard.

                  • Scusate se rispondo qui sotto, spero di non dire una cavolata: a proposito delle questioni di visualizzazione di un file archiviato (che anche a me a pelle sembra una soluzione migliore di archive) non è che si può creare un pdf a partire da una esportazione in html della pagina generata da wp? In parole povere, come si vede browser. Certo magari tocca editare e isolare la colonna dei commenti da altri box fissi ecc. ma così facendo, forse, potreste conservare la comodità di visualizzazione che le pagine standard offrono, ovvero ordine da vecchio a nuovo, diramazioni ecc. Certo non è l’impaginazione ideale per un “fascicolo” da consultazione, ma tutto sommato è un documento fedele. Ma magari la faccio troppo facile.

                    • Non c’è più la pagina generata da WP. Al suo posto c’è questo post qui sopra che stiamo commentando.

                  • Ok, l’ho fatta troppo facile. Credevo che da CMS si potesse comunque rigenerare la pagina, magari non in “chiaro”, magari in locale, roba del genere. Ho nozioni molto datate sul funzionamento di questo (e altri) CMS che dovrò peraltro rinfrescare presto visto che ho intenzione di farmi una pagina per i fatti miei. Comunque magari esiste qualche workaround che alla lontana ricorda quanto suggerivo. Fino ad allora archive farà degnamente il suo sporco lavoro. Last but not least, e non solo per raggiungere il numero di battute necessario, vi ringrazio anche io per la condotta chiara e trasparente – piuttosto rara in giro – che avete tenuto in questa circostanza. Vi sto seguendo parecchio e sono ancora nella fase di familiarizzazione e accumulazione di coordinate sul vostro lavoro che, va senza dire, trovo utile e interessante.

                  • @Wu Ming:

                    Un aiuto tecnico che forse vi migliora la qualità della vita: se ci si allaccia ad https://www.wumingfoundation.com/giap/comments/feed/ con un lettore RSS Feed (ad esempio Feedly) tutti i 316 commenti sono ancora visibili pubblicamente, con pure un abbozzo di struttura ad albero.

                    Ad esempio, copio giusto giusto uno degli ultimi in ordine cronologico:

                    “Commenti per Giap by Mandragola01 / 1d Published Sun 17 May 2020 07:51:21 GMT

                    In risposta a: tuco (https://www.wumingfoundation.com/giap/2020/05/ombra-covid19/#comment-39061)

                    Mi capitava, alle superiori, di risolvere qualche teorema e felice del risultato (…)”

                    Forse qualcuno è in grado, usando questa fonte – completa – di impaginare il tutto correttamente in un PDF con uno script? (io non sono abbastanza bravo :))

                    Ne approfitto per osservare che quel che è accaduto con The Internet Archive/Wayback Machine è di una gravità inaudita. Anche per me c’è stata la progressione descritta da Tuco (inizialmente vedevo tutti e 316 i commenti, poi solo 216 ma con tre screenshot presi in momenti nel tempo diversi – ma che risultavano tutti uguali; infine, ora, uno screenshot soltanto, quello “monco”). Non va affatto bene, ed è un understatement, che un organismo che dovrebbe svolgere la funzione di “archivio storico” possa alterare i contenuti in questo modo, che sia per un bug o su richiesta di chicchessia. Non credo ci sia bisogno che ne spieghi il perché…

                  • Segnalo che in questo momento su archve sono visibili tutti e 316 i commenti. Se qualcun* riuscisse a ricavare un pdf completo per archivio non sarebbe male (io ho provato a salvare un html, il problema è che di ogni commento sono visibili solo le prime 10 righe. Su archive poi si riesce ad aprire completamente ogni commento, come su wordpress, ma sull’ html che ho salvato sul mio pc no).

                    Approfitto per segnalare che sullo stesso sito epicentro.iss dell’ ISS consultato da Mamone Capria c’è una sezione dedicata al covid

                    https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/

                    Qua c’è l’ultimo report, del 14 maggio.

                    https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Bollettino-sorveglianza-integrata-COVID-19_14-maggio-2020.pdf

                    da cui si vede che il picco nella comparsa dei sintomi covid si è avuto intorno al 20 marzo, proprio nel momento in cui sempre secondo l’ISS (nella sezione dedicata alle ILI) le influenze normali andavano sotto la soglia base. Il il picco delle diagnosi di positività è intorno al 28 marzo. Poi, come si era detto l’altroieri, il massimo di ospedalizzati si è avuto il 6 aprile e il massimo di positivi attivi il 18 aprile (il ritardo rispetto al picco delle diagnosi ovviamente è dovuto al fatto che i casi si accumulano, dopo la diagnosi ci vuole una, due settimane per guarire e negativizzarsi).

                    Da tutto questo si deduce che il covid esplode DOPO la fine dell’influenza stagionale, e che quindi la curva delle ILI è scorrelata da quella del covid.

                    Il fatto che Mamone Capria non abbia cagato minimamente i dati sul covid presenti nel sito da lui stesso consultato non depone molto a favore dell’accuratezza della sua analisi dei dati.

                    Concludo questo commento segnalando l’imponente manifestazione antifa di Sarajevo l’altroieri, contro una messa in ricordo dei collaborazionisti ustascia. Siccome negli ultimi giorni mi è toccato di leggere che chi non ha paura e non si chiude in casa è un nazista, consiglio a chi la pensa così di andare a dirlo in faccia agli antifa bosniaci.

                    https://nitter.net/th1an1/status/1261780896853745672#m

                    • Sì, adesso su archive.org c’è tutto.
                      Per sicurezza ho salvato la pagina in html, e a me, sia con Waterfox sia con Safari, cliccando su «Continua a leggere» apre il commento intero.
                      Ho anche generato un pdf, ma mi è venuto senza i link attivi. Ad ogni modo abbiamo il backup.

                  • Secondo me si può cavare qualcosa di buono dal tuo suggerimento Taliesin. Lo dico memore dei tempi in cui tra forum amici e non grazie al feed RSS saltavano fuori post oscurati, sezioni e similia, ma ormai sono un vecchio bacucco. Non è un male che i post siano ancora accessibili per quella via. Se si formatta per bene il feed magari viene fuori un documento organizzato e financo di facile lettura.

                    Di archive e dei suoi bug invece so molto poco… Non mi ci sono mai affidato come soluzione di “backup” anche perché, a parte il caso presente, mi pare che la cache non sia sempre fedele, inoltre non è suscettibile di richieste relative al diritto di oblio? Ma chiaramente non mi riferisco all’uso che ne fa giap.

  4. Potreste anche essere un pochino più indulgenti con voi stessi. É doveroso che ringraziate chi ha colto le falle dell’articolo e che riconosciate quanto sopra… però date merito a voi stessi di aver creato uno spazio unico in questo panorama desolato in cui vacillano punti di riferimento ed elementi davvero incontrovertibili su cui ragionare. A mero titolo di esempio per usare la metafora di un mare in cui si naviga a vista non dimenticate che ormai viene detto tutto ed il contrario di tutto anche da coloro che dovrebbero avere una certa autorevolezza e non è facile orientarsi. L’esempio è questo: l’OMS ammonisce sul fatto che disinfettare le strade non solo sia inutile, ma addirittura pericoloso! Quante volte voi qui lo avete sottolineato?

    • No,Mandragola, non è giusto essere indulgenti con noi stessi. Non lo è, *proprio perché* quello che abbiamo fatto ha una sua importanza. Capire perché si è sbagliato – e non solo ammettere di averlo fatto – è la cosa per noi più utile in questo momento. Non significa rinnegare alcunché, bensì correggere il tiro a partire da uno sguardo retrospettivo che finora non abbiamo avuto modo di avere.

  5. Anche per me si paga lo scotto di un lavoro enorme negli ultimi mesi fuori dal comfort zone.
    Io se voglio leggere un articolo scientifico non vengo qui. Forse non vado da quasi nessuna parte perché di roba peer-reviewed ce ne è poca niente ad oggi.

    Qui vengo per una narrazione della traiettoria presa in questi mesi in Italia e in parte del mondo, per un punto di vista che condivido, per chiarirmi le idee, per l’aspetto sociale ed epistemologico di quanto succede.
    Un grafico all cavolo e le conclusioni non cambiano tutto questo – tra l’altro grafico che a me stesso non tornava al 100% come ho commentato sotto a quel post. Non è dal quel grafico che nasce e finisce una critica al lockdown. Anzi, quel grafico, la sua interpretazione dell’autore, la discussione seguita sotto e la serrata discussione per me aggiunge diciamo ricchezza ed esperienze a quella narrazione, mostrando l’ennesimo esempio di come è e sarà difficile districarsi e gestire questa situazione, sia nel suo merito epidemiologico, sia a livello olistico e trasversalmente tra tutti noi attraverso classi e idee politiche diverse.

    • Da Minima Moralia, aforisma 50. In inglese perché in italiano non lo trovo su internet. Non so, leggendolo mi ha fatto venire in mente questa discussione.

      The demand that one should be intellectually honest amounts mostly to the sabotage of thought. It means to hold authors accountable, to explicitly portray all the steps which led them to their conclusion, and thus enable every reader to follow the process along and, where possible – for example, in academia – to duplicate it. Not only does this operate according to the liberal fiction of the popular, general communicability of every thought and inhibit its factually appropriate expression, but is also false as a principle of representation. […] This inadequacy resembles that of the life-line, which runs on bent, diverted, disillusioning according to its premises, and yet solely in this course, because it is continually less than what it should be, may it portray under the given conditions of existence an unregimented one. If life fulfilled its determination straightaway, then it would forfeit the latter. Whoever died in old age and in the consciousness of a guiltless, as it were, success, would secretly be the model pupil, who completes every grade with an invisible backpack, without gaps. Every thought which is not idle, however, remains marked by the impossibility of the full legitimation, as we know in dreams, that there are mathematics lessons which we miss for the sake of a blissful morning in bed, which can never be made up. Thought waits for the day that it is awakened by the memory of what was omitted, and is transformed into teaching.

  6. Ho letto tutti i commenti del post sopracitato, perdendomi spesso nei dettagli per sfinimento. Non ho condiviso il metodo di confronto. Anche se poi si è arrivati ad un risultato importante, ma che non è stato ottenuto a ” costo zero”. Si sono utilizzati toni ed argomenti che avrebbero davvero potuto sfociare nel più becero insulto da social. Poi l’ intelligenza collettiva, attraverso vari emissari nel discorso, ha aiutato ha tirare il freno a mano ed impedire la degenerazione.Non colpevolizzo gli autori del blog per questo, visto che da mesi si sottopongono ad un enorme sforzo di esercizio critico ( a beneficio dei lettori) mantenendo un livello di attenzione molto alto, che io non sono assolutamente in grado di avere. Per quanto riguarda me mi piacerebbe, in futuro, partecipare e leggere gli argomenti qui sopra senza necessariamente dovere prendere una laurea in epidemiologia, virologia, statistica, matematica, ecc… e mi piacerebbe che chi ha commentato offendendo e utilizzando concetti scientifici come un randello ( per esempio parlando a sproposito del tasso di letalità) la smettesse di utilizzare le sue “conoscenze” come strumento di potere per ridurre l’ avversario al silenzio. Questo comportamento ha una matrice profondamente classista che ostenta una sprezzante sufficienza nei confronti degli interlocutori. Abbiamo tutti perso di vista l’ obiettivo principale addentrandoci in una disputa da nerd. Verificare la giustezza di alcuni argomenti non richiede solo una buona dotazione empirica ma un bagaglio enorme di competenze. Io mi limito a ciò che posso accertare empiricamente, come i chiodi in ferramenta, cosa che non potrei fare con un grafico. Poi non pretendo che nessuno si adegui al mio basso livello di interpretazione della realtà ma neppure si può circoscrivere il confronto ad un circolo accademico di saggi ed esperti. Grazie per quanto scritto sopra dagli autori.

    • Avendo io parlato abbondantemente di tasso di letalità mi sento tirata in mezzo in questo inutile commento. Non capisco perché questo elogio all’ignoranza. Nessuno vieta anche a chi non ha tutte le conoscenze di partecipare al dibattito e infatti la discussione di ieri lo dimostra.
      Il fatto che qualcuno che ha più conoscenze le metta a disposizione della collettività è giusto e andrebbe perpetrato in tutti gli ambiti del sapere.
      Inoltre mettere tra virgolette conoscenze quasi a voler insinuare che non siano poi realmente conoscenze mi sembra un attacco tossico e inutile.
      Giap non è mai stato un circolo di saggi ed esperti e non lo sarà nemmeno se degli esperti parteciperanno a futuri dibattiti

      • Cerchiamo di non cadere, lo dico a entrambe, in troppo facili contrapposizioni, è chiaro che toni e temperatura della discussione precedente avranno ancora qualche strascico, cerchiamo di non ricadere in quei meccanismi, qui nessuno ha mai fatto l’elogio dell’ignoranza, come nessuno fa l’apologia del sapere elitario.

      • Permettimi, DigitalePurpurea, ma credo che questo genere di repliche non siano proficue. Gli autori del blog e molti altri membri della community intervengono e spesso traspaiono le loro competenze e conoscenze x il che certo non é un male, anzi è un serbatoio di arricchimento per la discussione e per coloro che quelle conoscenze non possiedono.
        Altra cosa è la supponenza che cela ( neppure troppo, a volte) una sorta di nulla osta per zittire gli altri. I WM hanno fatto notare che i commenti, anche aspri e dialetticamente serrati, sono ben accetti, ma i toni devono essere quelli del confronto e a mio modestissimo parere anche la arringa più veeemete non può prescindere da uno stile educato e aperto. Bollare in modo perentorio un commento come “ inutile” non è corretto.

      • Però se parti e definisci “inutile” un commento, quando quell’aggettivo te lo potresti tranquillamente tenere nella tastiera, significa che dalla discussione precedente hai imparato ben poco. Nessun commento è inutile. Possono essere fuori fuoco e persino peggio, ma etichettare le parole di un altro come inutili lo trovo inaccettabile.

        • Inutile non lo trovo offensivo. Semplicemente non ci leggo il contributo che apporta l’accusare di usare la scienza come un randello per silenziare gli altri.
          Diciamo allora fuori fuoco e indirizzato alla persona sbagliata.
          Accusarmi (oltretutto senza avere nemmeno il garbo di nominarmi) di avere una matrice profondamente classista che ostenta una sprezzante sufficienza nei confronti degli interlocutori mi sembra e lo ritengo tuttora più grave che definire inutile un commento.
          Sono cascata nella provocazione? Probabile. Ho usato toni aggressivi? Può essere. Ma non penso di aver sbagliato. Chiudiamola qua.

          • Chiudiamola. Però spero che l nostra predisposizione all’autocritica sia condivisa anche da quanti hanno fatto errori pesanti nella discussione precdente. Io ne ho in mente tanti, li aspetto. Poi se uno ha la sindrome di Fonzie e non riesce a dire “ho sbagliato”, mi dispiace tanto per lui.

            • Personalmente (così, per dire, mi rendo conto che possa interessare poco :) ) la mia autocritica sta nel fatto di essere subito saltato sulla sedia quando è stata criticata la frase “crisi come quella del ’29”, che è uno scenario secondo me realistico (a prescindere dal come e dal perché )e che vedo dalla mia limitata angolazione visto che immagino mi toccherà in modo diretto.

              Mi sono quindi immediatamente schierato relativamente agli aspetti “politici” del post assieme ad altri, scaldandomi ulteriormente alla generale accusa di vicinanza con confindustria per chi difendeva il post.

              Invece bisognava rimanere più terra terra, leggere meglio (cosa che non faccio mai!) e concentrarsi riga per riga sugli aspetti tecnici “di base” all’intero post come hanno fatto tanti giapster, prima di prendere una posizione.

  7. Sono d’accordo con i commenti precedenti, sì alla sana autocritica ma, vi prego, non scusatevi. Io seguo questo blog da molto tempo ma solo durante quest’ultima emergenza ho sentito il bisogno forte di dire e voi c’eravate. È stato importante trovare uno spazio libero di discussione dove poter provare a rinominare l’esperito, per scrollarsi di dosso la terroristica retorica tv e non perdere la capacità di vigilare sull’altro virus, quello che corrode i nostri diritti.

    “Al fascismo di oggi manca soltanto il potere per ridiventare quello che era, e cioè la consacrazione del privilegio e della disuguaglianza” ha scritto Primo Levi.

    Considero la DAD una bella mossa da questo punto di vista e qui ho potuto leggerne e approfondire, come su ogni nuova terrorizzante disposizione che investiva la nostra libertà personale.

    Avete peccato di hybris? Sono i confini ad essersi spostati e avventurarsi in terreni nuovi è stato necessario per cercare difese. In nome di una scienza detenuta da pochi iniziati si è avviato uno smottamento ineludibile, che come si è qui lucidamente scritto, è destinato a ridisegnare le coordinate di vari ambiti del vivere umano. Avete avuto il coraggio di esporvi come intellettuali in un deserto considerevole e questo fin dall’inizio.

    Trovo che sia possibile anche un’altra chiave di lettura di questo evento: questo blog è sanissimo. Avete saputo riunire una comunità di menti libere che non segue pedissequamente il vostro pensiero ma accoglie, elabora e rilancia quello che viene pubblicato, capaci anche di fiutare e isolare possibili derive, non è forse un ottimo risultato?

    Spero che questo blog non ritorni mai più ad essere solo letterario.

    • *Solo letterario* non lo è mai stato, quindi non può *tornare* ad esserlo. La nostra difesa non consiste in una reductio del nostro ruolo di narratori. E’ un ruolo che comporta errori, perché delle narrazioni si fa uso a tutto campo e quindi è facile pisciare fuori dal vaso, una volta che si accetta questo orizzonte. Quando capita di farlo, va detto e va imparata una lezione. Che ovviamente non consiste nel tirarsi indietro, ma nell’andare avanti con maggiore attenzione, rigore e onestà intellettuale.

  8. A proposito di “trappole” e di “non avere il minimo dubbio” sono rimasta un po’ de ges, come si dice dalle mie parti (di gesso) all’affermazione di Wu Ming 4 (nei sulfurei 316 commenti a quel-post-del-quale-non-vogliamo-più-parlare) “Il vaccino è l’unica soluzione, CERTO”. Non è così certo, e non vorrei che passasse come posizione ufficiale degli autori quel che magari è stata una frase scritta di getto e nulla più. Già ora gli innegabili miglioramenti terapeutici che ci sono stati, derivano da trattamenti farmacologici precoci (idrossiclorochina/antibiotico), anche domiciliari, oppure ospedalieri (eparina e ultima ratio plasma iperimmune). Non sono ancora stati pubblicati i dati che quantifichino l’abbattimento di letalità (solo per il plasma sono ufficiali), che secondo i primi risultati dichiarati da diversi medici, nel complesso sembrano arrivare al 90% (portando, se confermato, la letalità al pari di quella delle precedenti influenze o addirittura al di sotto). Trovo più importante la battaglia per estendere a tutte le regioni e le province (che ora sono invece una sparuta minoranza) queste terapie, piuttosto che adattarsi all’idea di un distanziamento sociale più o meno spinto in attesa di una salvifico vaccino (con le sue tempistiche ed i rischi sperimentali connessi: già ci sono state alzate di scudo da paesi africani prima e da forze dell’ordine europee poi sul non voler essere i primi a fare da cavia ai primi vaccini).

    • Chiarisco. Quando ho scritto che il vaccino è l’unica soluzione, intendevo dire che comporterebbe la neutralizzazione del virus in questione, non che è la soluzione senza la quale non si può fare nient’altro o che non esistano soluzioni alternative (quelle si stanno sperimentando con le terapie in essere di cui parli tu). Era in effetti un passaggio veloce in un ragionamento in cui contestavo i limiti della visione che tu sintetizzi con «adattarsi all’idea di un distanziamento sociale più o meno spinto in attesa di una salvifico vaccino». Giusto specificarlo.

      • Ero rimasto anch’io perplesso su quell’affermazione e WM4 ne conferma ora la causa. Credo anzi che la puntualizzazione di Caloges sia centrale relativamente alla questione epidemiologica, tanto più che proprio in queste ore la questione «vaccino», per quanto sta emergendo sulla vicenda Sanofi e già in precedenza riguardo ai proclami di Trump, sta già rivelando crepe ben più che preoccupanti.
        Ne approfitto per un mea culpa personale: questo è il mio primo commento su Giap in questi due mesi. Ammesso che a qualcuno interessino, le ragioni di questa assenza sono tali e tante da non valere davvero la pena che io le spieghi ora. E malgrado sia consapevole della loro legittimità, e sappia che per tutto questo tempo sono stato in contatto costante con uno dei blogmaster, mi resta il dispiacere di non aver contribuito alla discussione collettiva, particolarmente preziosa almeno per due ragioni. Primo, quasi nessuno dei siti «di movimento» italiani permette una comunicazione bidirezionale nel merito degli articoli pubblicati e tantomeno si sogna di incentivarla. Quasi tutti hanno abdicato al trasferimento delle proprie discussioni su Facebook, qualcuno persino rivendicandolo, una scelta che, lo so per esperienza diretta, sta incasinando molto il dibattito e di conseguenza l’agire politico (e «incasinando» è un eufemismo). Secondo, qui le discussioni hanno una caratteristica importante, costruita con pazienza e nel tempo: quella di essere dettate in molti casi non dall’urgenza di «comparire», ma dalla pura disponibilità a contribuire alla discussione e farla avanzare. (Se l’affermazione suona retorica, ci si rilegga i commenti di Tuco di ieri al pezzo spostato su Archive, limpidissimi nel chiarire cos’era successo e mi pare decisivi nell’imprimere una svolta).
        A me non pare poco, anzi, chi lo ha reso possibile secondo me ogni tanto dovrebbe anche permettersi il lusso di peccare un po’ di hybris.

        • Scusate, so che non c’entra nulla ma devo rivolgermi direttamente a Mojo…in tanti tuoi interventi ho trovato irresistibili i racconti di gesti di piccola/grande ribellione. Come quando eri stata redarguita da qualcuno perché abbracciavi tua figlia al market, se non ricordo male. Il tuo modo di esprimerti intercalando l’italiano con espressioni in inglese ha reso ai miei occhi quei racconti particolarmente vividi. E per quel meccanismo che si instaura quando, leggendo un libro, dai un volto ed una voce ai personaggi, così ti ho immaginato come quella show girl di nome Justine Mattera immersa in un film di Ken Loach. Io non credo che sia per intolleranza che qui si scansa ogni divagazione su date teorie. È piuttosto perché queste sono sono il cavallo di Troia di cui si servono sponde che non si possono in nessun modo legittimare. Neppure quanto artatamente abbracciano certi filoni per puro scopo provocatorio. Qui non troverà spazio quello che inveisce contro l’obbligo vaccinale ( che per quanto mi riguarda esprime una posizione che non va respinta a priori) e un attimo dopo sta affermando che i CRP sono luoghi di villeggiatura. In quel calderone si deve stare ben attenti a non finire, anche quando la delusione e la foga del momento ci portano ad abbassare la guardia. Un’ ultima cosa: la working class e la sua difesa per me sono sacre. Dai, non abbandonarci.

          • Non ho mai abbandonato questo sito da early March e non lo faro’ anche grazie a belle persone come te. Da studente Erasmus a Bologna negli anni ’90 un mio carissimo amico mi presto’ “Le Ascie di Guerra” dei WM e mi piacque ALOT dandomi anche la passione per i partigiani italiani. Tornata poi a vivere a Bologna molto prima del lockdown dopo anni a Londra casualmente trovai sto blog googlando “perche’ i cani possono uscire e i bambini no?” ed e’ apparso “i bambini scomparsi per decreto”. Voila’. Mia acora di savezza intellettuale.

            Non ho tempo ore per chiarire la mia posizione SCETTICA non ANTI sui vaccini ma sicuramente contrarissima all’obbligo ma dico solo che mio figlio e’ vaccine damaged. Sono orrendamente anti sentimentale quindi non voglio “ah poverina” bollocks. E’ un dato di fatto. Alla prossima, comrades.

  9. Io sono uno degli ultimi arrivati qui, registrato a partire dai diari virali, e sono pure uno di quelli cui bisogna sempre spiegare “perché” NON c’è una teoria del complotto etc., però voglio dirvi che state facendo un ottimo lavoro e che spero che lo svarione di questo post non “vi butti troppo giù”.

    Il vostro ruolo di supplenza in quest’emergenza è anche, a mio modo di vedere, un ruolo di “apripista” rispetto a tematiche che nella sinistra a volte troppo materialista rischiano di passare in secondo piano, o meglio, rischiano di essere sottovalutate e di non essere utilizzate come potrebbero per capire e affrontare i nuovi scenari (sto pensando al bellissimo articolo “Ammalarsi di paura” oltre al punto di vista estremamente lucido tenuto per tutta la fase 1).

    Quindi quello che voglio dire è che mi spiacerebbe se questo ruzzolone (che è evidente ci sia stato, ma da cui è anche altrettanto evidente come la comunità ne sia uscita) vi costringesse in qualche modo a “rientrare nei ranghi” fra quelli che in quest’emergenza o non si sono espressi oppure, se lo hanno fatto, si sono adeguati e appiattiti alla narrazione dominante.

  10. Ciao, ho sempre letto e apprezzato, anche se spesso con una prospettiva critica, il lavoro che avete svolto in questi mesi – e sono anche venuto al reading itinerante del 1 maggio. Volevo solo dirvi, come ho fatto altre volte in modo un po’ obliquo a proposito del primissimo articolo di Agamben e poi commentando il punto 5 del post di Purich, che a volte su questo blog si sono confusi scienza e scientismo (non parlo specificamente di voi, ma della comunità in generale). Ve lo dice uno che si è formato su Adorno e Foucault. Stiamo vivendo una pandemia in pieno antropocene, anche se preferisco dire capitalocene, e mi sembra che sia essenziale cambiare un po’ le prospettive e cercare nuovi tipi di alleanze con gli scienziati, anche quell* mainstream, che si mostrano interessati ad andare oltre le questioni strettamente tecniche delle loro discipline. Mi rendo conto che è tutto da fare (lo ha fatto per esempio in modo interessante WM1 sul TAV) ma è un’esigenza che non si può eliminare dall’articolazione di un pensiero critico del presente.

  11. Secondo me Giap ha dimostrato di essere un luogo di discussione dove si riesce ad analizzare la correttezza di un ragionamento in termini della sua resistenza alla falsificazione. Tutto questo grazie all’impegno degli “editor” che hanno difeso una modalità di discussione che è stata equivalente ad una rigorosa peer-review. E come rigore intendo anche la verifica della consistenza delle conclusioni rispetto ai dati dimostrati e la verifica sulle fonti originali, che se usate per sostenere un argomento devono essere valutate e commentate.
    Ho scoperto Giap cercando notizie sulle distorsioni introdotte in Wikipedia sulla resistenza, imparando poi moltissimo da tutti gli articoli del gruppo di lavoro di storici su foibe, fascismo e resistenza. Non avevo dubbi che un metodo di lavoro messo a punto nella ricerca della verità storica sarebbe riuscito prima o poi a dare sostanza alla perplessità che mi aveva lasciato quell’articolo, nonostante ne condividessi pienamente la lettura politica.
    In questo spazio per me ha un ruolo importante la fiducia che ripongo negli utenti e moderatori. Non ho una formazione di storia, filosofia, scienze sociali etc, quindi non riuscirei a difendermi agevolmente da citazioni errate e interpretazioni di parte. Per anni ho solo letto articoli e considerazioni di altri lettori, iscrivendomi solo quando, due mesi fa, ho visto che nella discussione sono entrati anche alcuni temi tecnici dove poteva essere utile un pensiero in più. Per me l’analisi multidisciplinare fatta su Giap della narrazione emergenziale ha aiutato a evidenziarne la matrice economica e politica ed i limiti tecnici. Mi dispiace che alcuni possano essersi sentiti tagliati fuori o annoiati dagli aspetti tecnici, ma penso che in questa fase sia stato veramente utile avere uno sguardo il più ampio possibile.

  12. Comunque noto che dal meccanismo di polarizzazione del dibattito è veramente difficile uscire. E’ un attimo arrivare a “scusarsi è troppo” vs “scusarsi non basta”. La seconda posizione ovviamente non è rappresentata qui. E’ l’eco (degli “imbezèl”) di Twitter (e anche di Mastodon), quelli che vi accusano di predicare il darwinismo sociale.

    Parentesi su Mastodon (così arrivo al minimo di battute): ci sto da mesi, da lurker, e mi sembra esattamente come i social commerciali. E’ pieno di gattini, torte, memi (e gente che li chiama meme anche al plurale) e bot che rimandano ad articoli. Ecco, forse cambia la qualità media degli articoli. In ogni caso, l’unica cosa originale è che è pieno di supercompagni (spero) attempati che “noi sì che facevamo la lotta di classe” e che guardano il mondo come Statler e Waldorf, i due vecchietti in galleria, guardano il Muppet Show. Come direbbe il personaggio interpretato da Albanese ne I topi: una freddura, due freddure, tre freddure… poi ti rompi i coglioni.

  13. Tutto è bene quel che finisce bene. Credo che sia una vicenda istruttiva per molti di noi.

    Per me è stata istruttiva perché ero talmente convinto di aver ragione sui difetti fatali del testo e sui due autori che, quando ho letto delle ruvidità nelle risposte, ho mollato un po’ il colpo. A un certo punto non ho trovato altro modo di proseguire il dibattito che ritirarmene mugugnando e lasciando che esplodessero e facessero il loro mestiere le bombe a mano che, in tipico stile vanettiano, avevo lanciato nella mischia. Non è stata la condotta giusta, perché di fatto ho solo riconosciuto di avere un caratteraccio senza provare a compensarlo, e ho delegato ad altri la prosecuzione di un processo di riflessione collettiva che si era avviato. Per fortuna la comunità giapster esiste ed è andata avanti in mia assenza, riuscendo a convergere su una soluzione che mi trova del tutto concorde; questo mi insegna a fidarmene di più.

    Sul merito: se cerchiamo di tenere una linea ponderata, che riconosce la peculiare gravità di questa catastrofe sanitaria e la necessità di interventi vigorosi, ma al tempo stesso tenta di fare una critica circostanziata dei dispositivi inutili o insufficienti o ideologici o autoritari che l’emergenza porta con sé, dovremo sempre stare attenti ai rischi di due opposti sbandamenti, verso la linea delle Bambine di Conte (inclusa la sua versione “antagonista” e/o “cinese”) da un lato e quella dei complottisti minimizzatori dall’altro. Come succede più o meno sempre, lo si fa per correzioni successive, che a volte richiedono anche un po’ di riaggiustamenti non sempre incruenti.

    Teniamo anche conto che siamo in queste ore entrate entrati in una nuova fase, dove le manifestazioni sono di nuovo permesse, l’economia viene riaccesa pressoché integralmente, l’inabissamento nella recessione diventa davvero cupo. Mille operai in sciopero a Genova, un anonimo dal MISE commenta a Repubblica: «Può sembrare un paradosso, ma dobbiamo ringraziare COVID-19 e i divieti di spostamento perché altrimenti qui sotto avremmo qualche problema a gestire le proteste degli operai».

    • “Per me è stata istruttiva perché ero talmente convinto di aver ragione sui difetti fatali del testo e sui due autori…”

      Are you for real? Non ho mai letto un commento cosi pompous in vita mia.

      Se all’inizio del lockdown io abbia apprezzato questo blog come un po’ di fresh air gradualmente mi sono disaffezionata per la reazione Pavloviana di NON passare per “complottisti”, no vax, negazionisti che sono tutti meme poi creati dal MSM. Perche’ lasciare le perplessita’ valide sul lockdown, e la scamdemic alla destra?

      Poi qui sul Giap ci sono troppo sicofanti for my taste che si complimentano con voi per il “lavoro” duro di questi mesi. Ulteriore modo per allontanare la working class.

      • I sing amore, but you don’t capire, sob!

        • Seriamente, Mojo, ci ho provato tante volte, mi ci sono anche incaponito a un certo punto, ho messo link a cose che abbiamo scritto, ho risposto sempre… Noi siamo convinti che il complottismo sia una forma mentis reazionaria, e infatti il “complottismo” moderno è nato in seguito alla Rivoluzione Francese per dare la colpa di quell’evento ai massoni, agli ebrei, agli Illuminati di Baviera, a Satana, a Santana, ed è in quella fase storica che sono nati *tutti* i capisaldi del complottismo di oggi, ti ho anche fatto vedere che l’espressione «conspiracy theory» è antica e non l’ha inventata la CIA, insomma, we don’t buy it, ma tu continui a insistere, ci rimproveri, vuoi proprio piantarlo, quel chiodo… Ti ho anche difesa quando, all’ennesima insistenza su questa storia, qualcuno t’ha più o meno mandata a fare in culo. Ti ho difesa perché nel momento più cupo e terrorizzante della «Fase 1» sei venuta qui e ci sei rimasta, sei venuta qui a scrivere cose che a volte mi hanno anche commosso su come vivevi il lockdown, da inglese in Italia, in una zona ultraperiferica della mia città con tre figli di cui uno con un bisogno speciale, a volte hai lasciato commenti piuttosto acidi ma nel complesso hai dato un bel contributo, e mi sei pure simpatica, però, for Christ’s Sake, perché ogni tot ci devi tartassare i maroni con ‘sta storia del complottismo? Smolla il colpo, dagliela su, give it up, yo. Il nostro non è «un riflesso pavloviano per non passare da X», è proprio che non siamo X. Plain and simple.

      • Il metilsulfonilmetano (MSM) è in effetti usato per tagliare metanfetamine. Secondo me hai ragione tu e sono tutti meme inventati dai poteri forti sotto l’effetto di crystal meth per nasconderci la verità.
        Chissà poi che succederà se dovesse arrivare il vaccino per questo coronavirus inventato in laboratorio per un grosso esperimento di massa… Chissà quanto mercurio ci meteranno dentro… Chissà quanti vaccini pericolosi dovranno farsi i bambini appena nati, povere creature.
        Leggevo oggi che il coronavirus permane nelle feci per 33 giorni. 33. Casualmente gli anni di Cristo. Poi non venitemi a dire che dietro a certe ricerche non ci sono i grandi gruppi cattolici!
        Per sicurezza meglio stare lontani da certi soggetti, perché sono pieni di merda!

        • Giovenale, due cose:

          1) come ha abilmente dimostrato Umberto Eco ne Il pendolo di Foucault, contro il complottismo satira e parodia sono del tutto inefficaci e anzi spesso controproducenti (vedi anche la Poe’s Law); ci ho fatto un intero corso all’Università di Roma 2 sulle implicazioni di questo principio.

          2) mojo è un’utente che, al netto di affermazioni su cui non siamo mai stati d’accordo, è qui da mesi e, come ho scritto, ha dato contributi utili e anche umanamente toccanti; qui mojo non ha mai “avvelenato pozzi”, non ha mai depositato link a siti di merda, ci ha semplicemente criticati più volte per due motivi:

          – secondo lei abbiamo una visione delle strategie capitalistiche troppo “impersonale” e oggettivizzante (e forse sì, a volte retoricamente, per bilanciare, tendiamo a esagerare in senso opposto rispetto al complottismo);

          – su Giap scartiamo a priori certi cavalli di battaglia altrui (principalmente i vaccini), dunque ha cercato (più volte) di convincerci a occuparcene.

          Schernirla a che serve? Non porta da nessuna parte, come in generale non porta da nessuna parte schernire qualunque altro/a utente. Pure io ho scherzato con lei, qui sopra, però è diverso: io in questi mesi con lei ho instaurato un rapporto, per quanto virtuale e accidentato, e in quel che le ho scritto si vede.

          • Mojo non si tocca! Però, attenzione Mojo, a non vedere nemici dove invece hai alleati. Il complottismo in fondo è solo questo: una totale assenza di fiducia nell’umanità che trova casa in patologie a sfondo paranoico. La tua rabbia non deve impedirti di mettere bene a fuoco i veri nemici. Così si rischia solo di trovare inutili nemici immaginari. È un terribile spreco di energie che conduce, alla lunga, ad una forma di isolamento. Quello che si cerca di fare qui è anche questo: smorzare il livello aggressivo competitivo fra chi ha gli stessi interessi di classe per costruire un discorso comune. Lo dicono anche Mauro in un altro intervento ed anche Antelao, sempre nello stesso ragionamento.

          • Vado sicuramente OT.
            Il punto 1 è molto interessante. Sono andato a leggermi di questa Poe’s Law e l’argomento è fondamentale, insieme alla legge di Godwin, per capire certe dinamiche del web. Se dovessi rifare un corso di questo tipo parteciperei entusiasto.
            D’altra parte ho sempre odiato il politicamente corretto.
            Una persona con la quale non si può scherzare perché malata è una persona stigmatizzata, che viene guardata attraverso un filtro crudele chiamato pregiudizio.
            E il complottismo cosa è se non un disturbo paranoico o una malattia della psiche?
            L’importante è non escludere nulla dall’ironia. Se ci si prende gioco di tutto, allora non ci si prende gioco di niente. Se siamo tutti ridicoli, bizzarri e sfortunati, allora nessuno lo è davvero.
            Del resto George Orwell scriveva che “Il fine di uno scherzo non è di degradare l’essere umano, ma di ricordargli che è già degradato.”

            Curioso di sapere che ne pensate.
            Hasta pronto

            • “L’importante è non escludere nulla dall’ironia”. Questa frase potrebbere riassumere bene il contrario di tutta la nostra carriera e del senso delle nostre narrazioni. Ci siamo sempre voluti distinguere proprio da un certo postmodernismo, che pensa di poter scherzare su qualunque cosa, perché tutto è un gioco, niente importa, e in fondo l’autore è sempre più intelligente dei suoi personaggi, della storia che racconta e perfino dei lettori.
              Abbiamo sempre trovato ispirazione negli scritti di David Foster Wallace sui pericoli dell’ironia, quando spiega come si è trasformata in uno strumento fine a sé stesso, un’arma del marketing e della televisione più squallida, che incatena invece di liberare: la canzone del prigioniero che s’è invaghito della sua cella. Un modo per restare freddi e non appassionarsi davvero al mondo. Oltre a questo, abbiamo sempre sottolineato la differenza tra satira e sfottò fascista, un discorso che si applica bene anche all’ironia. Molto dipende da qual è il bersaglio. Perché se faccio dell’ironia sugli ebrei col naso adunco, e i soldi che gli escono dalle tasche non è la stessa cosa che se faccio dell’ironia sul capitalista grasso, grosso, unto e obeso, proprio come un baccalà. Infine, mi sa che ti è sfuggito il senso di quel che ti ha scritto Wu Ming 1, che non ti ha invitato a lasciar perdere l’ironia per pietà di Mojo – la pietà la lasciamo ai preti – ma più semplicemente voleva invitarti a non fare il gradasso.

              • Sì ho presente tennis, tv e trigonometria e pure la citazione di Hyde.
                L’ironia è un’arma spuntata a cui ricorrere solo per le emergenze.
                Comunque ricondurre il mio commento ad un’unica frase è un modo caricaturale e sarcastico per reguardirmi. Di fatto non distante da ciò che DFW criticava.
                Essere ironici su tutto non significa ironizzare di continuo tutto. Il mio concetto è quello di poter ironizzare su tutto, ma farlo con tempismo, cadenza e scopi ben precisi.
                Potevi per lo meno applicare quel principio di carità che dicevi per capire che il mio non era certo uno sfottò fascista e che non ho alcun motivo di venire qui a fare il gradasso.

                • Ma perché adesso ti tiri indietro? Il tuo commento sull’ironia si riassumeva molto bene nella frase che ho commentato a mia volta. Tant’è vero che adesso torni qui e la ribadisci, sia nella sostanza che nella forma. Il nostro parere l’hai sollecitato tu, e io te l’ho dato. Non ti piace? Benissimo, ma non capisco perché ritrattare… senza ritrattare. Sull’ironia, molto semplicemente, non siamo d’accordo. E chissà su quante altre cose. Inoltre, se leggi bene il mio commento, non c’è scritto da nessuna parte che il tuo era uno sfottò fascista. Il senso, molto evidente, era che tutto dipende dalla direzione dell’ironia: l’ironia verso gli oppressi e i deboli è molto spesso indistinguibile dallo sfottò fascista. Viceversa, in direzione contraria, può essere satira o critica o discorso liberante. Tu pensi di averla diretta verso il basso? Il giudizio è tuo, non mio. E quanto al gradasso, ti ho spiegato quel che voleva dirti il mio compadre, perché mi sembrava che lo avessi equivocato.

                  • E chi si tira indietro?! Chi ritratta?! Continui a far finta di non capire la differenza che c’è tra il dire che si può ironizzare su tutto e il dire che bisogna farlo senza soluzione di continuità.
                    Ti torna comodo così? Fai pure. Ma non è quello che ho detto.
                    Porre qualcuno su un piedistallo di intoccabilità non mi sembra sia una buona strategia. Forse per te lo è.
                    Forse per te pure i complottisti sono degli oppressi. Per me invece non lo sono.
                    Ti consiglio di guardarti qualche cosa di Bill Hicks per capire in che modo intendo l’ironia. Forse ti farai una risata forse lo troverai fascista.

                    Saluti

                    • Chiudiamo qui l’OT, che ne dici? Per tornare in topic, queste osservazioni sull’ironia sono nate da un tuo commento sarcastico in risposta ad un altro commento. Quel genere di sarcasmo, o di ironia se preferisci, lo consideriamo nocivo per la discussione e non è il benvenuto qui su Giap. Se si tratta di una modalità espressiva di cui puoi fare a meno, la prossima volta tienila fuori dalla porta. Grazie.

      • Ciao mojo, secondo me rileggendo con più attenzione il mio commento credo capirai che non era così pomposo. Stavo proprio criticando il mio eccesso di presunzione, consistente nel ritenere che bastasse elencare le mie critiche perché tutti dovessero accoglierle. Tra l’altro, mi pare che sia una critica che potresti rivolgere anche a te stessa, perché scusaci se non prendiamo per buona qualsiasi ipotesi di complotto solo perché secondo te il complottismo è un meme creato dai mainstream media, ma per credere a una cosa pazzesca sono necessarie prove pazzesche.

        Altro mistero è poi com’è che proprio in questo post si possa vedere un clima autocelebrativo, visto che è letteralmente un post di scuse dove dicono di aver toppato. Ancora più misterioso è cosa c’entri questo con la working class.

  14. Comunque ci tengo a dire che i dati Istat parlano chiaro sull’efficacia del lockdown al centro-sud, anche a chi non è scienziato. Sul nord si può discutere, perché i numeri sono più complessi. Ma al centro-sud da gennaio ad aprile non c’è stato alcun diffuso aumento della mortalità.
    Vogliamo darne il merito al lockdown perché avrebbe impedito la diffusione del virus? Non ne abbiamo motivo: nessun dato ce lo suggerisce. Anzi, abbiamo ragioni per credere il contrario. Sappiamo che a Roma il COVID c’era già da fine gennaio (vedi i due cinesi allo Spallanzani) e, visti anche i tanti cinesi presenti, credere che il virus non abbia avuto modo di diffondersi qui (a differenza che nei paesini lombardi!) prima del lockdown di metà marzo – e quindi grazie a esso – è inverosimile.

    Di conseguenza, sono in disaccordo con chi scrive che i dati Istat sarebbero inutili per criticare le misure all’italiana. Anzi, se mi è lecito dirlo, credo che tutti dovremmo sapere che i dati ufficiali c’inducono a ritenere il lockdown verosimilmente poco utile al centro-sud. Mentre i danni psicologici ed economici inferti ai suoi abitanti sono – quelli sì – praticamente certi.

    • Non sono sicuro di aver capito il ragionamento. Se al Centro-Sud il virus non ha spadroneggiato come qui da noi in Lombardia, questo mi pare possa dimostrare ben poco sia in un senso che nell’altro.

      Sarebbe interessante, ma non credo che avremo mai degli studi validi al proposito, capire quanto regga l’ipotesi che in modo assolutamente asinino ho insieme ad altri avanzato molte settimane fa: che l’epidemia si diffonda usando come ponte i luoghi di lavoro e in particolare le fabbriche, accanendosi dunque nelle province più industriali e spostandosi lungo le direttive dei rapporti di fornitura e di body rental esistenti nell’industria. Sulla base di questa ipotesi (ripeto: asinina nella sua formulazione, seppure basata su alcuni elementi razionali) avevo formulato delle previsioni su cosa sarebbe successo, in particolare sulla grande diffusione del virus in Brianza e a Torino che allora non era ancora avvenuta, e che il Mezzogiorno sarebbe stato risparmiato perché poco industrializzato, ed è andata poi davvero così. Sarà un caso? Non lo so, ma se è così la chiusura di alcune attività produttive è servita eccome e avrebbe dovuto essere più stringente.

      Gli studi che stanno uscendo sui meccanismi di contagio rafforzano costantemente l’idea che all’aperto si rischi pochissimo, al chiuso in condizioni simili a quelle delle fabbriche e degli uffici si rischi parecchio: https://www.internazionale.it/notizie/erin-bromage/2020/05/15/rischi-contagio-conoscerli-evitarli Si noterà che l’impostazione che sembrerebbe conseguire da questo dovrebbe essere esattamente opposta a quella di stare tutti in casa nel tempo libero ma andare a lavorare al chiuso.

      • Io sono asino anche più di te, Mauro, ma non la scarterei affatto questa tua ipotesi. Ho anch’io il sospetto che sia uno dei fattori determinanti in gioco (ricordiamoci anche Piacenza, sede dell’hub di Amazon Italia). Perché prima o poi bisognerà capire se e quanto il fattore “ambientale” abbia pesato sulla pandemia, al netto degli errori e delle negligenze umane. Mi chiedo ad esempio come mai nei Balcani – paesi a bassa industrializzazione – abbia colpito poco. O anche a Roma rispetto a Milano, due città che fino al lockdown nazionale sono rimaste legatissime da un fitto pendolarismo professionale. Io, appunto, dal basso della mia ignoranza “virologica” ho la sensazione che manchino tasselli importanti nella ricostruzione della diffusione del virus e delle sue manifestazioni più acute. Non per seguitare nelle scuse, ché magari si diventa pure stucchevoli, ma vorrei dire che una certa apertura di credito a letture “eterodosse” della pandemia è stata motivata anche dalla suddetta sensazione.

      • Ipotesi asinina per ipotesi asinina e parlando di fattori ambientali, come già detto altrove io suppongo che abbiano pesato anche altri fattori legati alla maggiore o minore industrializzazione, come l’inquinamento da PM10 o altri fattori inquinanti.

        Io immagino quindi che il virus (l’agente eziologico) si sia mosso e diffuso con le modalità note, e quindi anche attraverso tutti i luoghi con persone a stretto contatto come fabbriche e simili e i corridoio logistici, ma non solo e che quindi per vari contatti abbia anche raggiunto in buona quantità il centro e il sud.

        MA, sempre per ipotesi, penso che i peggiori sintomi conclamati si siano manifestati quando le condizioni ambientali in qualche modo hanno influito sulla risposta immunitaria o aggravato il quadro clinico (non sono un medico, correggetemi se la cosa è proprio impossibile).

        Per saperlo sarebbe bello poter vedere i dati disaggregati per provincia, facendo un rapporto tra il numero di persone in terapia intensiva e il numero (di cui si è avuta notizia) di contagiati (tamponi, ricoveri, dati dai medici di famiglia).

        Una volta ottenuta questa “mappa” sarebbe interessante sovrapporla alla carta della distribuzione di PM10 o altri fattori di inquinamento noti e fare qualche valutazione.

      • Allora: il tema è l’utilità del lockdown all’italiana al centro-sud. Qui non c’è mai stato – da gennaio a marzo – un diffuso aumento della mortalità. Quindi perché imporlo così rigidamente? L’unico motivo poteva essere: per evitare una futura possibile diffusione del COVID. Ma il virus, in posti come Roma (pieni di cinesi), si sapeva che c’era già da almeno un mese e mezzo. Quindi se qui avesse potuto fare stragi, le avrebbe probabilmente già fatte. Per cui è probabile che il lockdown sia stato poco utile, laddove ne conosciamo bene i danni.

        Poi, sul perché il COVID abbia colpito violentemente solo il nord ad oggi non ci resta che fare ipotesi. Molto più evidente però è l’arbitrarietà del danno socio-economico inflitto al centro-sud.

        • Scusami Deantonio però non è che l’entrata del virus in una città sia come accendere una lampadina in una stanza. Nessuno pensava ragionevolmente di confinare il virus al punto da avere zero casi a Roma, dopo che da Codogno e Vo’ era arrivato a Milano, Brescia, Bergamo, Piacenza, Bologna, Ancona. In qualche modo ci sarebbe arrivato.

          Il tentativo era limitare la sua diffusione, cioè evitare che si riproducesse quanto avvenuto, per fare un esempio, a Bergamo o peggio. Il virus può benissimo arrivare a Roma ma non trasformare Roma in una gigantesca Bergamo. Che anche senza provvedimenti per ridurre drasticamente le occasioni di contagio a Roma questa sarebbe diventata una super-Bergamo non possiamo saperlo con certezza, ma non mi sembra neanche remotamente che sia stato dimostrato.

          A logica direi che se faciliti il contagio ci si contagia di più.

          • Ma il punto principale è: perché se il virus non ha fatto danni, ad esempio a Roma, da gennaio a marzo avrebbe dovuto farli ad aprile e maggio? Forse è utile postare anche qui questi dati (https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/pdf/Rapporto_Istat_ISS.pdf): nel Lazio i morti, dopo due mesi che circolava il virus (almeno a Roma), erano quasi 500 in meno rispetto alla media (!)del febbraio-marzo 2015-2019.

            Si possono mai prendere le misure più drastiche mai prese in secoli di storia europea nel centro-sud, con tutti gli enormi danni relativi, perché in Lombardia lo stesso virus che qui non crea problemi lì fa tanti morti? Che senso ha? E ancora, come si poteva pensare che a Codogno il virus avesse maggior possibilità di diffondersi di quanta ne avesse a Roma?

            Secondo me, da qui è evidente l’illogicità del lockdown uniforme imposto del governo (e non oso immaginare che sarebbe accaduto con l’attuale opposizione al governo).

      • Il 23 aprile è stato pubblicato questo “studio preliminare” dell’iss, non so se ci siano stati ulteriori sviluppi. I casi che considera sono pochi e non è detto che siano rappresentativi. http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_notizie_4593_0_file.pdf

        Secondo questo documento poco più della metà dei contagi sono avvenuti all’interno di strutture sanitarie e solo una minima parte (meno del 5% dei casi) nei luoghi di lavoro (del resto l’età mediana dei contagiati riportata è 62 anni).

        L’ho segnalato perché un dato del genere credo che metterebbe un po’ in difficoltà la tua ipotesi (e anche perché il pdf mostra, ancora una volta, come iss pubblichi dati in modo poco chiaro e poco professionale – e di certo non chiede scusa).

        Poi, legandomi all’ultimo paragrafo del tuo commento, vorrei porre una domanda, la cui risposta pare essere nota a tutti (ma forse non è così). Come avviene il contagio? Come si fa a scoprire/dimostrare che il contagio avviene in un certo modo? Esistono degli studi che dimostrano che il contagio avviene tramite le famose goccioline di saliva micrometriche?

        • Non ho capito perché questi dati (che sono sempre dell’Iss!) sarebbero contro quanto scritto sopra, che riguarda la mortalità. Anzi, a me pare il contrario, se integrati coi numeri locali dei decessi.
          Poi, i dati su dove e quando siano avvenuti i contagi dipendono dai tamponi che fai: non è che i “casi” sono come l’erba che nasce da sé, offrendosi spontaneamente ai nostri occhi. Da qui l’arbitrarietà, peraltro, del tasso di letalità riportato.

          Quanto al modo specifico di diffusione del contagio, ciò che è rilevante in questo sottothread è la sua velocità, la facilità di trasmissione. E tutto mi pare mostrare che sia piuttosto elevata, o no?

          • Era una risposta al commento di maurovanetti, non al tuo.

            Comunuqe. Questi numeri vanno a favore di ciò che hai scritto sopra? Forse, però si potrebbe applicare l’argomento usato più giù e sostenere che senza quella parte di contagi avvenuti fuori dalle strutture sanitarie e dagli ambiti familiari (e dalle crociere) il numero di contagi complessivi diminuirebbe molto in quanto il virus non avrebbe modo di spostarsi da un ospedale all’altro. (però forse osservare che molti lavoratori della sanità hanno turni in diverse strutture indebolisce quest’ultimo argomento)…

            In ogni caso quei dati non sono affidabili.

            E in generale sono d’accordo con chi afferma che cercare di scoprire matematicamente l’utilità del lockdown è – almeno in questo momento – impossibile. (E se non si troveranno modi per ottenere buoni dati storici probabilmente resterà per sempre impossibile qualunque approccio del genere).

            Sui modi del contagio poi secondo me c’è un’altra questione aperta. Guardando al sito dell’OMS mi sembra di capire che la dimostrazione che il contagio avvenga tramite le gocce di saliva non sia di natura meccanica (come è invece la descrizione del fenomeno), ma sia una dimostrazione per assurdo: (solo?)persone che hanno contatti con malati si ammalano (tranne nel primo caso, ovviamente), il contagio non avviene in altri modi (superfici, cibo, feci…), quindi il contagio avviene tramite le gocce di saliva che vengono emesse parlando e respirando. È lecito usare una dimostrazione per assurdo in un caso simile? Cosa accadrebbe se si applicasse un ragionamento del genere a una malattia mentale?

            Questo ovviamente non ha niente a che fare con la velocità del contagio (tema che comunque ha generato e genera polemiche), né con le varie ipotesi fatte in questo thread.

      • Cerco di raccogliere alcune suggestioni di questo interessantissimo sottothread. Riflettevo che uno degli aspetti cruciali che mancava nei post usciti su Giap nelle ultime settimane e anche nei vari commenti è la questione del rischio. Il fattore del rischio è un punto inaggirabile quando bisogna pianificare una strategia e bisogna tenerne conto in maniera opportuna. La sua definizione più basilare è la probabilità che accada un evento o fenomeno in un dato tempo moltiplicata per il danno che può causare. Naturalmente è una definizione grossolana (ve ne sono di più sofisticate, ma non di tanto) e i fattori in gioco sono di difficile quantificazione. Il caso di una centrale nucleare in pianura padana è un esempio lampante. Le centrali nucleari sono tra gli impianti più sicuri al mondo, ma c’è un minima possibilità (0,0001%? forse anche meno) di incidente rilevante. Se tale incidente avvenisse a Potenza (lo dico perché sono di lì così nessuno si offende) sarebbe un danno gravissimo a livello ambientale e di salute, ma non a livello economico. Lo stesso incidente ad Asti per come sono le correnti appesterebbe interamente la zona più abitata e ricca del paese, da Torino a Venezia, con un danno incalcolabile. Come quantificare il rischio in questo caso? Ecco, se proprio dovessi costruire una centrale nucleare, non l’andrei certo a fare in val padana.

      • Passando al rischio della diffusione del covid al centro-sud, per quanto se ne sapeva ai primi di marzo la probabilità che si sviluppassero dei focolai intensi era difficile da calcolare. Onestamente non si può affermare che si sarebbero sicuramente sviluppati, così come non si sarebbe potuto affermare il contrario. Mettiamo P=50%. Tutti sono coscienti che con lo stato della sanità al sud, l’impatto dell’epidemia sarebbe stato devastante e il danno in vite umane probabilmente maggiore che al nord. Chi si sarebbe sentito di giocare una scommessa simile? Ricordo che tale scommessa era stata giocata due settimane prima in val Seriana e gli esiti stavano cominciando ad emergere. Un’ultima cosa da aggiungere su questo punto è che sembra che la tempestività nelle misure di contenimento (qualunque esse siano, dal tracciamento e testing al lock down totale) sia stata fondamentale nel ridurre la diffusione. La Grecia ad esempio si è mossa subito dopo l’Italia quando i casi erano ancora pochissimi ed è stata risparmiata quasi del tutto. Nel Friuli Venezia Giulia, una zona che di certo non si può dire poco industrializzata o poco inquinata (anche se non ai livelli di altre zone del nord) il lock down è arrivato proprio quando il contagio stava cominciando ad esplodere. Ebbene tutti sanno che è stata di gran lunga la regione meno colpita del nord con numeri di molto inferiori anche rispetto alle Marche dove invece l’epidemia era già molto più avanzata. Risultato le Marche hanno avuto oltre 984 decessi, il FVG 319 (e di insensatezze nella gestione comunque ce ne sono state). Come detto anche da Burgio, nel momento in cui non si è attrezzati per affrontare un’epidemia che si sta già diffondendo in alcune zone del paese e che ha tempi di latenza della manifestazione dei sintomi di una settimana o più (quindi potrebbe essere già arrivata in una certa zona ed emergere tra 4-5 giorni), l’unica misura che riduce significativamente un rischio ormai alto è il lock down. La discussione da fare semmai era se andassero chiuse prima certe zone e che magari le aperture potessero essere differenziate, sempre con le dovute proporzioni, perché ad esempio i 2 casi odierni della Basilicata rappresentano un’incidenza sulla popolazione maggiore dei 16 della Campania

      • Sulla questione della diffusione del virus lungo le vie di comunicazione c’è questo ineressante studio uscito un mese fa (https://www.scienzainrete.it/articolo/coronavirus-ha-viaggiato-autostrada/giovanni-sebastiani/2020-04-09). Per quanto riguarda i luoghi di lavoro c’è uno studio dell’INPS molto significativo (che secondo me riesce a cogliere meglio certe specificità e certi fenomeni rispetto a quello dell’ISS postato da sirmAte) che mostra che nelle province con più occupati nei settori essenziali c’è stato ogni giorno un 25% di contagi in più (https://www.inps.it/nuovoportaleinps/default.aspx?itemdir=53637). Come si accordano questi dati con quelli dell’ISS? Innanzitutto lo studio dell’ISS è limitato a 4500 casi, non si sa con che distribuzione geografica, mentre quello dell’INPS su dati complessivi a livello provinciale. Poi c’è da dire che se un operaio si contagia sul lavoro e il giorno dopo contagia persone in autobus e i suoi familiari, quel 4,5 finisce per contribuire significativamente alle altre percentuali di contagio. Infine in mancanza di conoscenze sulla provenienza geografica del campione dell’ISS, quel 4,5% va preso come media nazionale. A livello locale però ci sono zone con altissima densità di aziende, dove verosimilmente anche in lock down ne sono rimaste aperte molte, e zone dove ve ne sono pochissime. Il 4,5% di contagio può perciò diventare il 2% in certe zone e il 10% in altre

        • Sulla questione fabbriche e covid, alle interessanti osservazioni fatte già in tempinon sospetti da Mauro, ne aggiungerei qualcuna sfruttando il caso della Germania. Il rapporto dell’istituto Koch al 3 maggio a pagina due mostra la mortalità nei vari land. Salta subito all’occhio la differenza tra i 3 land con mortalità superiore a 10 morti per milione e una gran parte degli altri con valori attorno ai 4-5 morti per milione o anche meno. Salta subito all’occhio che i due più colpiti, la Baviera e il Baden-Wuttenberg, sono tra quelli più industrializzati e che quelli meno colpiti sono quelli delle aree del nordest, compresa Berlino, meno industrializzati. Volendo vedere meglio la questione, ecco una mappa della diffusione del covid (che non necessariamente coincide con quella della mortalità) in Germania (https://de.wikipedia.org/wiki/COVID-19-Pandemie_in_Deutschland#/media/Datei:COVID-19_outbreak_Germany_per_capita_cases_map.svg) e una mappa della densità industriale (https://www.gfk.com/insights/mom-0116). La correlazione è evidente a parte alcuni territori di confine come il sud della Baviera (dove però ci sono le località sciistiche da cui è partito il grosso del contagio e una regione al confine con l’Olanda che ha un’incidenza molto vicina a quella oltre confine. Per il resto si vede anche come le grandi città come Monaco e Stoccarda siano state meno colpite rispetto alle zone della cintura industriale. Anche in mancanza di un’analisi più approfondita per me il confronto tra queste due mappe dice abbastanza. Questo significa che nel sud Italia si poteva evitare il lock down entrando in contraddizione con quanto ho affermato negli altri post? Assolutamente no. Il discorso della prevenzione del rischio rimane valido comunque, bisogna pianificare le strategie in base agli scenari peggiori. In ogni caso è probabile che in assenza di lock down il virus al sud avrebbe potuto diffondersi più lentamente che nel nord vista la minore industtralizzazione, ma è ragionevole immaginare che mancando le altre misure adeguate al contenimento si sarebbe comunque diffuso, specie nelle aree più abitate di come il Napoletano col conseguente pericolo di saturazione della bassa capacità del sistema sanitario

          • Certo, se studiamo solo il fattore prevenzione, allora diciamo: perché no, alla fine, il lockdown pure al centro-sud? Però dobbiamo considerare anche gli enormi danni psicologici, socio-economici che esso arreca e che andrebbero imposti solo in caso di estrema necessità.

            E c’era questa estrema necessità? Probabilmente no: credo che al centro-sud – dopo almeno due mesi di libera circolazione del COVID – fosse molto più probabile l’ipotesi che il virus avesse difficoltà a diffondersi localmente, piuttosto che quella di una futura impennata di morti, come se un virus cinese per arrivare a Roma dovesse passare per Codogno!

            Grazie comunque per i commenti, che permettono di ragionare in termini di probabilità e non solo di certezze.

        • Ma poi lo vogliamo dire che quello studio dell’ISS che parla di “solo” 4% dei contagi sui posti di lavoro non vale nulla? Il campione non è significativo ed è troppo piccolo, il periodo di tempo considerato è poco rilevante, ma soprattutto guardate il dato su navi/crociere: 1%? Davvero qualcuno può pensare che in questi mesi, in cui non so chi mai sia andato in crociera, l’1% dei contagi è avvenuto in barca? Evidentemente sono dati inaffidabili.

          Detto questo, anche “solo” col 4% i posti di lavoro (non sanitari) risulterebbero uno dei luoghi di contagio più importanti, di per sé non è la percentuale dei contagi sul totale che conta (ovvio che case, ospedali e ospizi incidano sempre di più in assoluto) ma quali sono i contagi che fanno da ponte tra una casa e un’altra, tra un ospedale e un altro, che disseminano cioè il Paese di focolai. Se ho due isole e un solo tizio che fa la spola da una all’altra, fermare quel tizio quando una delle due isole è infetta avrebbe un effetto enorme sul totale dei contagi (impedendo che l’altra isola sia raggiunta) anche se la sua incidenza individuale sul totale dei contagi resterebbe bassissima. I posti di lavoro pericolosi connettono isole sociali.

  15. A me l’articolo aveva fatto venire l’acquolina in bocca per come univa le varie critiche al “lockdown all’Italiana”, a cui io sono visceralmente opposto. Per sostenere questa opposizione, negli ultimi due mesi ho tirato in ballo di tutto: la crisi, la Svezia, paper scientifici, e articoli come questo.

    Tutto ciò mi fa pensare alla Xylella (la pandemia che sta uccidendo gli ulivi qua in Puglia), e al dibattito sulle misure per contenerla: l’eradicazione degli ulivi e l’uso di pesticidi per eliminare l’insetto vettore.

    La nostra opposizione a queste misure è stata piagata dallo stesso problema che vedo nei miei ultimi due mesi con la bava alla bocca: la volontà di opporre le autorità su tutti i fronti, condita dall’incapacità di accettare la morte degli ulivi. Abbiamo negato l’esistenza del batterio e che causasse i disseccamenti, trovato concause della malattia per poi giungere alla conclusione che sono solo loro a causarla, attaccato l’efficacia del contenimento e tirato in ballo land-grabbing, gasdotti, e complotti vari. Alcune di queste argomentazioni si sono dimostrate legittime, e la maggior parte no. Non che le autorità si siano comportate meglio, ossessionate come sono dall’arrivare a “zero contagi”.

    Per quanto mi riguarda, e come si è detto tante volte qui, il Coronavirus esiste ed è pericoloso. Detto ciò, io personalmente e politicamente non sono disposto ad accettare l’annullamento della mia libertà personale e salute mentale, né a passare un paio d’anni in distanziamento sociale, con le scuole chiuse e la società medicalizzata. Questa posizione comporta inevitabilmente un tasso di contagio più alto di “zero”, e quindi un certo numero di morti. Pensate sia possibile parlare di questa cosa? Sono un nazista?

    Per la Xylella stiamo trovando soluzioni applicabili dal basso, mentre invece una delle cose che più mi ha fatto male negli ultimi mesi è stata la mia totale passività. Forse uno dei motivi per cui il lockdown ha riscosso consenso è stato il suo offrire a tutti un modo di rispondere “in prima persona” alla pandemia. Noi abbiamo qualcosa da offrire? Si potrebbe fare molto sulla riapertura delle scuole, sulla produzione di mascherine e forse anche sulle “tre T”.

    • Immagino che stiate passando una giornataccia (quantomeno su fb potrebbe sembrare così), e mi auguro che non vi stia prendendo male. Grazie per tutto il lavoro che state facendo.

      Giusto per curiosità, perché questo mio commento è stato “censurato”? Non che sia un problema, chiedo solo per avere risposta alla domanda contenuta nel commento stesso, almeno per quanto riguarda questo blog, e questo commento è semplicemente per farvi questa domanda.

      Dopodichè tocca continuare per il limite minimo di parole, e non so che dire. Ho passato i due mesi del lockdown praticamente senza internet, e solo recentemente sto scoprendo i piaceri del dibattito sul lockdown nella sinistra italiana. Che roba, ma in UK e USA è anche peggio.

      • Nessuna censura, semplicemente su Giap il primo commento di qualunque utente va nella coda di moderazione, e siamo noi a sbloccarlo manualmente. Su FB non ci siamo, mai avuto un profilo e non ci teniamo ad averlo. Eravamo invece su Twitter, ci siamo stati per dieci anni, cioè svariati anni di troppo, e anche su quello abbiamo fatto autocritica.

  16. Non ho potuto leggere tutti i post. Questo cospargersi il capo di cenere è un po’ melodrammatico ( ma giustamente siete degli scrittori) ma vi fa onore. Onestamente vi ho sempre considerato esageratamente presuntuosi ( soprattutto per un pezzo su un tizio definito noioso che mai vi perdonerò) ma qui avete acquistato diversi punti ai miei occhi senza avere la presunzione che vi possa interessare minimamente. Non è mai facile oggi dove si devono rispettare modelli assoluti ammettere un errore. A margine noto un diffondersi preoccupante di materiale cosiddetto complottista. Non so se è un caso o una coincidenza ma dappertutto trovo un avanzata di questi metodi ( più che teorie) fatti di confusione, retorica dozzinale ma efficace metodo scientifico usato in maniera antiscientifica, relativismo utilitaristico. Blog, forum, amici, compagni insospettabili, social gruppi, wathsapp, pagine militanti. Dappertutto un’invasione che si accompagna ad una generale difficoltà di analisi logica e di comunicazione. Pure nella discussione originata dall’articolo confinato quanta difficoltà a capirsi. Fuga generale dalla realtà e trame sempre più complesse della narrazione che si affina nel tempo rendono davvero vischioso farsi strada nel guazzabuglio. È un fenomeno che abbiamo troppo facilmente relegato come pittoresco ma innocuo. Temo che potrebbe essere ben più nocivo del preventivato.

    • Melodrammatico, anarcobiotico? Abbiamo vax4 e lo troviamo melodrammatico?falsificato scientemente, si imputa agli autori, che peraltro il post l ‘ hanno anche pubblicato sulla rivista scientifica dell’ universitá , probabilmente convinti della bontá anche del dato addotto.
      Che sia negazionismo in questo momento cosí precoce credo che ancora non si possa affermare con certezza, anche se cosí ballano differenze percentuali a 2 zeri .. se ho ben capito…che abbiano ‘scassato’ l’interpretazione “olistica” della narrazione neanche me ne sarei accorto!

    • concordo a pieno titolo con quanto commentato da anarcobiotici,
      questo complottissmo dilagante è dovuto proprio al fatto di inquinare una presa d’atto che potrebbe risultare anche troppo evidente,
      penso che muoversi criticamente in questa giungla di notizie e conservare
      una lucidità non è scontato,
      quindi non è mai troppo tardi per correggere il tiro, come avete fatto voi WM (molto apprezzato)
      spero che dai miei post sui precedenti articoli traspaia il fatto che per me
      questo andazzo mediatico è funzionale a creare confusione, (mi rendo conto che potrebbero sembrare il contrario)
      della serie “guarda là”!!!! e poi infilare altro in maniera indisturbata

  17. Secondo me avete fatto bene a pubblicare l’articolo “incriminato”. È stato utilissimo per calibrare meglio lo sguardo, proprio in relazione al problema spiegato da Mauro in un commento poco più su:

    “[…] se cerchiamo di tenere una linea ponderata […] dovremo sempre stare attenti ai rischi di due opposti sbandamenti, verso la linea delle Bambine di Conte (inclusa la sua versione “antagonista” e/o “cinese”) da un lato e quella dei complottisti minimizzatori dall’altro. Come succede più o meno sempre, lo si fa per correzioni successive, che a volte richiedono anche un po’ di riaggiustamenti non sempre incruenti.”

    Ecco, quello è un crinale stretto e scivoloso, che però è necessario percorrere.
    E dico che avete fatto bene anche perché condivido quel che dice WM4:

    “Io […] ho la sensazione che manchino tasselli importanti nella ricostruzione della diffusione del virus e delle sue manifestazioni più acute. Non per seguitare nelle scuse, […] ma vorrei dire che una certa apertura di credito a letture “eterodosse” della pandemia è stata motivata anche dalla suddetta sensazione.”

    È vero, ci sono troppe cose “che non tornano” e forse ne sapremo qualcosa di più solo quando le conseguenze delle decisioni politiche prese nel frattempo si saranno già dispiegate, temo più nel male che nel bene.
    C’è bisogno di letture eterodosse. Ma c’è bisogno che siano accurate e ben ancorate a referenti concreti solidi, ivi compresi i dati e le loro interpretazioni statistiche, grafiche, ecc.
    In questo senso, fate altrettanto bene, ora, a denunciare un errore e a chiarirne contesto e dimensioni. Non tanto perché dovete chiedere scusa, quanto perché è un aiuto ulteriore alla riflessione collettiva.
    Vi siete sobbarcati un’enorme mole di lavoro e di responsabilità, tenendo aperto uno dei pochi canali disponibili di confronto, di indagine e di contronarrazione: non è certo un demerito vostro. Un po’ di hubris ci può scappare. Mi preoccupa molto di più il fatto stesso che questo ruolo suppletivo ci sia stato, perché significa che da qualche altra parte (da troppe parti) c’è stato il silenzio, c’è stato conformismo, c’è stata viltà.

  18. Sì, sono d’accordo con questo commento.

    Secondo me letture “eterodosse” sono proprio necessarie, anche perché quelle “ortodosse” provengono o in ogni caso avallano quasi sempre la narrazione dominante.

    Però, ovviamente, per lettura eterodossa NON possono intendersi “fanfalucche” varie, e non ci si può permettere il minimo errore.

    Si deve partire come dici tu da dati statistici ufficiali, da analisi accurate e ben ancorate alla teoria.

    Ecco, mi mancano circa 50 caratteri e non so come chiudere o come allungare il brodo… :)

  19. Il coraggio delle proprie idee, in un momento come questo di omologazione e atteggiamenti proni e acritici, è raro. La Wu Ming, su questo blog, ha fin dalle prime battute di questa pandemia dimostrato lucidità e coraggio nel dire cosa davvero stava succedendo, cosa realmente gli avvenimenti, un giorno alla volta – e un Dpcm alla volta – significassero, il che vuol dire dare senso ad un presente confuso, multiforme e inaspettato. Serve coraggio,ripeto, ed è facile cadere in errore. Chi si beve la verità preconfezionata, di certo non ha da temere nulla: il gregge d’altro canto la pensa già così. Scandagliare i fatti, mettere in dubbio tutto, proporre e discutere poggiando su basi solide, questo sì che è importante. Il potere produce narrazioni, sempre, e il Covid-19 può essere letto come una grande narrazione di narrazioni. Allora chi meglio di voi che “avete occhio” può smascherare le narrazioni tossiche, anche in questo momento? E se l’argomento è complesso, come davvero si presenta questa pandemia e tutto ciò che ne consegue, è possibile incappare in un errore: ci sta, e ammetterlo non può sminuire il vostro fondamentale lavoro, anzi. Quindi avanti, perché rintracciare la verità e raccontarla a costo di mettersi contro tutto e tutti, anche qualcuno vicino a noi, purtroppo, questo sì che è rivoluzionario.

  20. Commento un po’ così. Vi voglio bene anche quando pestate una merda. Sia perché avete all’attivo un credito pazzesco, che vi consentirebbe di pestarne di ben più grandi. Sia perché solo gli umani pestano la merda ogni tanto e a noi i disumani stanno sui coglioni. Grandi sempre e comunque.
    Occazzo 550…. Ora sono col limite delle battute e mi tocca ciondolare un po’ sulla tastiera per superare il minimo necessario, ma siccome non commento mai volevo farvi arrivare la mia stima, il mio apprezzamento, la mia amicizia, il mio affetto, la mia … basterà? Ciao grandi.

  21. Vi leggo da sempre e le scuse son ben accette. Inciampare è normale, soprattutto su di un terreno scivoloso come questo. Ora bisogna mettersela subito via e tornare a fare il lavoro straordinario a cui ci avete abituato: sulla riapertura, sul necrotizzante capitalismo italiano, sull’esterno presente del fascismo italiano. Sull’intelligenza sociale del blog potete sempre contare. La battaglia epidemiologica è già una battaglia di retrovia, il capitale sta facendo leva sul desiderio di mezza classe media italiana di fare ferie e di eternizzare il WFH. Bisogna tornare a parlare di riproduzione sociale del lavoro e di come il capitale intenda riconfigurarla già da domani.

  22. Insisto: a me sembrava la questione “effetto del lockdown” fosse risolta. Non è pensabile dubitare che il lockdown abbia avuto un’incidenza sui contagi, il problema non è questo. Il problema è a) se il beneficio della riduzione dei contagi è più ampio del costo in termini sia di “qualità della vita” che di proprio di patologie mortali; e b) se, comparando, questo eventuale beneficio non potesse essere raggiunto con costi minori.
    Per quanto concerne il caso a) ricordo che i medici fanno in continuazione ragionamenti sul saldo tra l’esistenza biologica e le sofferenze, banalizzando su “vite che meritano di essere vissute”. Se mi tieni per 50 anni chiuso in casa magari preferisco morire (sono ragionamenti estremi fino ad un certo punto: se davvero ho un anno di vita che senso ha salvaguardrmelo chiudendomi in casa?) Sono questioni che vedo liquidate con una superficialità che a me pare disarmante, dal quale l’unica cosa che deduco è una desuetudine a porsi seri problemi etici, mascherata, con una certa cattiva coscienza, da “sensibilità per i morti”.
    Per quanto riguarda il caso b) non si può che segnalare per l’ennesima volta che in molti hanno scelto strade diverse da quelle italiane e i risultati sono, a prima vita, perfettamente sovrapponibili, dal che sembrerebbe dedursi che si sia in presenza di quello che è stato definito come “il caso dell’elefante che per salvarsi da un topolino si butta in un burrone”. Mi pare che l’immagine l’abbia usata anche Ioannidis, in queste ore eletto dai “pensosi responsabili che difendono la scienza” come nuovo ciarlatano perché – incredibile! – una sua ricerca è stata finanziata da una compagnia aerea contraria al lockdown. Uno sguardo ai finanziatori dei vari centri di ricerca riserverebbe evidentemente molte sorprese ai nostri esperti commentatori di quotidiani comunisti. Comunque il vero difetto crimine di Ioannidis sappiate che è stato quello di essere citato nell’articolo scritto per Giap. Avendolo citato anch’io, probabilmente verrà degradato con strappo di mostrine davanti all’intero plotone di “componenti della comunità scientifica”.

    • Sono assolutamente d’accordo.
      Solo non capisco l’incipit. Per me è chiaro che la questione “effetto del lockdown” non sia stabilire se possa generalmente limitare i contagi (non è ovvio che possa farlo?), ma stabilire se e dove valesse la pena farlo, e se proprio in quel modo. E come stabilirlo se non si vede qualche dato?

      Da qui, l’esempio nel Lazio: visti i dati postati sopra, mi pare evidente che si risponda al problema a), e quindi no: in quel caso, il beneficio della riduzione dei contagi non giustifica il costo in termini qualità della vita.
      Se, invece, i dati della mortalità fossero quelli d’una epidemia di peste, allora probabilmente sì.
      Mi sbaglio?

      • Non è così semplice, secondo me. Noi sappiamo cosa sarebbe successo nel Lazio SENZA lockdown? La risposta è no, allo stato non lo sappiamo. Per quello è necessario fare le comparazionim cioè, semplificando, prendere un caso simile e vedere cos’è successo lì. La mia opinione rimane che non siamo ancora pronti per cominciare, perché sono troppe le cose che non sappiamo. Prendi il tasso di letalità, qual è quello reale? Quello medio del mondo è circa 6,6%; in Italia è il 14, che è un’enormità, in Cile mi pare il 3, a Malta l’1, in Belgio il 16, eccetera. Non sono convinto che abbia senso calcolarlo su base nazionale ma chissà. Il tasso di mortalità? In queste condizioni come si fa ad azzardare un confronto sui dati?

        • In generale e sui numeri come confronti fra nazioni etc., concordo: le variabili sono tantissime. Però credo che in scala regionale/comunale certi dati possano dare risposte piuttosto chiare. Mi sembra il caso di quelli del Lazio o della Basilicata postati sopra. Possibile immaginare che senza il lockdown avremmo avuto un’improvvisa impennata di morti dopo due mesi di libera circolazione del virus senza gravi conseguenze?

          Chiaramente non abbiamo prove certe di come sarebbe andata altrimenti. Però le decisioni politiche vengono prese in base a interpretazioni probabili dei dati, e quindi vanno giudicate in base a esse. Se certezze difficilmente ne avremo mai (così come non ce le abbiamo sulla scomparsa della peste, per dire), trarre conclusioni probabili da certi dati notevoli locali mi pare lecito e utile.

          • Deantonio guarda che io sono d’accordo sul fatto che in linea strettamente teorica (“se io fossi re”) guardo i numeri, mi faccio un’idea e decido. Fra l’altro lo facciamo in ogni santo momento della nostra giornata, su informazioni molto meno dettagliate. Come tutti noi anche io sono stato messo sotto stress dalle discussioni di queti tre mesi e per me è una follia quello che è successo – e che sta succedendo, mica è finita. Però siccome credo di avere una discreta comprensione dei processi decisionali intravedo il metodo di questa follia. E, come sempre, i numeri con le decisioni c’entrano molto, molto poco. Difendere questo modo di agire del governo italiano e il precipitato delle decisioni, criticando discussioni tipo quelle portate avanti su Giap è una roba che fa ridere i polli, se mi posso permettere un tecnicismo, e per fortuna che io qualche scienziato lo conosco, perché se dovessi giudicare solo da quelli che prendono la parola e dovessi pensare che siano in qualche modo rappresentativi di chi giornalmente lavora e fa ricerca seriamente ci sarebbe da spararsi, e risoleverlo così il problema del virus. Queste accuse di “insensibilità” perché a morire sarebbero gli anziani è pura pornografia retorica, che non merita di essere presa sul serio, per esempio.

            • Assolutamente sì: infatti la critica al lockdown uniforme postata sopra è un’aggiunta parallela a tutte quelle già puntualmente fatte qui su Giap.

              Quello della retorica pornografica è veramente un problema fondamentale, legato al preoccupante potere della stampa italiana d’imporre certe percezioni della realtà.
              Ed è una retorica – fondata vuoi sull’interesse, vuoi sulla paura – trasversale a diverse classi e ambienti sociali. (Un professore universitario, ad esempio, mi ha accusato di essere seguace di Trump e Bolsonaro e complottista perché gli avevo contestato la decisione di chiudere praticamente del tutto il dipartimento almeno sino a ottobre: “indecente” il mio ignorare i tanti morti!).
              Credo che contrastare il potere del giornalismo italiano sia davvero essenziale per il nostro futuro.

    • Io però insisto sul fatto che l’effetto del lockdown non è così ovvio. Le analisi di Michael Levitt mostrano che l’andamento dei contagi nei vari paesi del mondo, nonostante le misure diverse adottate, è prevedibile, e non è praticamente mai esponenziale. Piuttosto, quando si fanno analisi per nazioni, si notano irregolarità delle curve dovute presumibilmente a nuovi focolai. Si potrebbe pensare quindi che il lockdown in questo caso abbia avuto effetto soprattutto nel NON far scoppiare nuovi focolai dove il contagio era in fase iniziale, più che contenerlo dove l’epidemia era già in atto. Le ragioni epidemiologiche non sono chiare: qualcuno ha proposto che l’immunità di gregge sarebbe raggiungibile molto precocemente, con l’immunizzazione del 20%-40% della popolazione; un articolo uscito in questi giorni su Cell suggerisce che molti individui potrebbero essere immuni al nuovo coronavirus, presumibilmente per essere stati esposti ad altri coronavirus come quelli del comune raffreddore. Se queste ipotesi si rivelassero fondate ci sarebbero le basi fattuali per sostenere che la contromisura più efficace sarebbe stata isolare le zone colpite, piuttosto che chiudere tutto preventivamente in base a un’inedita “presunzione di infezione” – un’idea, credo, senza precedenti, per cui dovremmo presumere di essere tutti infetti fino a prova contraria (da qui l’esigenza di portare tutti le mascherine). Su questa storia ci sarebbe da fare un intero post dedicato (pensateci).

      • Sul discorso della letalità, come detto varie volte altrove: è vero che i numeri sono in continuo divenire, ma non ha senso ragionare sui 6%, 14% ecc. che vengono calcolati sulla base dei tamponi, perché è evidente da tempo che le infezioni reali sono superiori di almeno un ordine di grandezza. La letalità è sicuramente più bassa del 1%, alcuni studi propongono addirittura 0,2%-0,3%. Poiché si tratta di un virus altamente infettivo, questo tasso di letalità comporta comunque un numero molto alto di morti, quindi non può essere sottovalutato (bene precisarlo, sennò si riparte col “negazionismo”), tuttavia nel fare valutazioni sui costi-benefici delle misure per arginarlo, sono questi i valori su cui ragionare.
        Ultima su Ioannidis: il problema del finanziamento allo studio sierologico di cui è coautore è solo l’ultima delle contestazioni. Ioannidis ha commesso molti errori piuttosto gravi per uno scienziato e figura di riferimento quale è, ed è un peccato perché la sua “voce contraria” sarebbe stata preziosa, come sempre lo sono, ma il suo comportamento ne ha inficiato il valore e l’efficacia. I soggetti sono stati reclutati in modo poco ortodosso, le statistiche hanno dovuto essere aggiornate, i controlli di qualità sui test sono stati insufficienti tanto da indurre chi li stava conducendo a optare per non essere incluso fra gli autori.

        • Swann, quello che provo a dire è che il lockdown “comprende” tutte le strategie, anche l’isolamento delle zone colpite. Per questo dico che non è in discussione. C’era il famoso esempio di Eco mi pare, sulla cattura di un boss mafioso. Sai che è rintanato nell’appartamento di un condominio. Se lo fai saltare per aria ovviamente raggiungi l’obiettivo di non metterlo mai più nelle condizioni di nuocere no? Questo è quello che penso del lockdown.
          Detto questo nel mio post era segnalato un pezzo, anche questo nato su Giap, più di pm2001 che mio (http://www.palermo-grad.com/italia-vs-resto-del-mondo.html) che mostra come le curve dei contagi non sembrino risentire particolarmente del lockdown, magari è interessante dargli un’occhiata, anche perché, come dicevo, risente dei discorsi fatti qui. Riesci a linkarmi le analisi di Levitt?
          Infine. Il lavoro di Ioannidis non va bene ed è criticabile, ma i finanziatori non c’entrano niente, qui si accusa di disonestà uno che ha una carriera a dir poco specchiata, che ha scritto una cosa fondamentale sul metodo scientifico. Che poi sarebbe come dire che l’OMS meglio lasciarla perdere visto che c’è quel Gates (ma sai che… :-)

          • Sì, capisco intendessi dire che il lockdown “comprende” anche quella strategia, ma, come nell’esempio calzante del boss mafioso, ci sono molte ragioni ormai per arguire che è eccessivo e inappropriato, almeno in molti contesti (mi sembra che su questo fossimo d’accordo, ma le puntualizzazioni mi vengono spontanee – chiedo venia).
            Le analisi di Levitt le trovi qua: https://www.dropbox.com/s/r4gxdvlcnrxet1i/1.The_Corona_Chronologies.%20Part%20I%20-%20China.%20Part%20II.%20Rest_of_World_Michael_Levitt%2CStanford_r.pdf?dl=0
            In generale tutto quello che ha prodotto in questi mesi, incluse interviste e interventi, è linkato sulla sua pagina di Stanford (http://med.stanford.edu/levitt.html).
            Quando la polvere si sarà posata, secondo me, ci sarà molto da dire anche sul caso Ioannidis. Probabilmente su questa storia del finanziamento si sta costruendo un caso che forse non c’è, o è molto meno grave di come lo si vuole dipingere. Tuttavia, visto quello che rappresenta, a lui non viene e non può essere perdonato nulla. Personalmente da ricercatore sono molto preoccupato della faccia che la comunità scientifica ha mostrato in questi mesi. (A proposito, Levitt non viene attaccato, ma è inascoltato)

            • Giusto per segnalare a Robydoc questo interessante articolo uscito su Boston review in cui si mettono un po’ in prospettiva le differenti tradizioni epidemiologiche (clinica e sanità pubblica) e si spiegano limiti e benefici di entrambe. Si spendono anche parole buone per Ioannidis, nonostante ne si ridimensioni l’approccio. In generale utilissimo a tutti quelli che vogliono capirne un po’ più dei modelli fin qui discussi senza entrare in tecnicismi. https://bostonreview.net/science-nature/jonathan-fuller-models-v-evidence

              Ora mi dilungo ancora un po’ spero che questa frase mozza basti ad ingannare il calcolatore.

            • Mi permetto di usare questo spazio come news feed, perché il dibattito sull’intreccio fra scelte politiche, indicazioni della scienza e posizionamento politico-ideologico dei ricercatori stessi si va arricchendo, e mi pare rilevante per la nostra interpretazione dei fatti.
              Nuova intervista a Michael Levitt sulle sue analisi matematiche su Covid, da cui ne ricava posizioni contrarie al lockdown “medioevale” (come lo chiama lui): https://www.youtube.com/watch?v=DHOoqdkj4Zs
              Nuova metanalisi di Ioannidis su studi di sieroprevalenza per stimare la IFR (da cui ricava un range fra 0,02% e 0,4%), per lui pare sia ormai una quetione personale: https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2020.05.13.20101253v1
              Infine, oltre all’ormai famigerato fattore R, bisogna tenere conto del cosiddetto fattore di dispersione k. Un lavoro recente ipotizza per SARS-COV-2 un fattore k molto basso; se questo fosse vero “then most chains of infection die out by themselves and SARS-CoV-2 needs to be introduced undetected into a new country at least four times to have an even chance of establishing itself”: un altro elemento che giustificherebbe un naturale appiattimento della curva dopo una prima fase del contagio (https://www.sciencemag.org/news/2020/05/why-do-some-covid-19-patients-infect-many-others-whereas-most-don-t-spread-virus-all)
              So che è materiale un po’ ostico, ma chi ha voglia di infilarvicisi può aggiungere conoscenza specifica a supporto della costruzione delle proprie idee.

  23. Kia ora koutou. C’ho messo così tanto a scrivere, mi son preso tempi tanto lunghi, che è “già successo”. E per il meglio :-)

    Il ruzzolone è importante. Non si impara a camminare in montagna senza mai farne uno.

    In questo arcipelago post-lockdown dove mi trovo, sto dialogando con parti della sinistra militante che per toni e strutture narrative ripropone le narrazioni della destra liberista. Siamo pochi, è inevitabile.

    Mi chiedo come mai ci si sia ritrovati a discutere così tanto di scienza, dati, modelli e così poco di valori e politica. Sarà la mia percezione, ma il primo ordine discorsivo mi pare assolutamente preponderante rispetto al primo, e sterile. È una epidemia da manuale di testo, con dinamiche studiabili attraverso strumenti classici, senza sorprese. Noiosa, nella sua brutalità.

    Parte della risposta è che il discorso scientifico offre un sostegno da cui proporre quei valori. Possiamo scatenare tutta l’analisi Foucauldiana. Ma manca ancora un pezzo. Le discussioni che ho visto si avvitano in tecnicismi (il grafico, la sua interpretazione, il valore di R0 e l’IFR di COVID-19 fino alla settantasettesima cifra significativa) senza arrivare al piano valoriale o politico, se non in modo enunciativo.

    Si costruisce una potentissima arma retorica senza, forse, nemmeno l’intenzione di sparare. E la si continua a costruire, forse, proprio per non dover cominciare a prendere la mira, come se la costruzione del consenso e della profondità scientifica possa bastare in sé.

    Qui su Giap meno (e Morozov raccoglie tantissimi interventi politici), e per questo è rinfrescante leggere sia i post che le discussioni. Ma anche qui, abbiamo visto, siamo ad un soffio da quella trappola. Come mai è così allettante nella discussione ampia?

    Mi ci metto pure io: credo che il pezzo di Mamone fosse sbagliato. Ma era veramente così necessario per me farmi venire il sangue amaro sulla interpretazione che non condividevo di un dato, invece di portare la discussione su cosa *comunque* dovremo fare per venirne fuori uniti e forti?

  24. Scusate, devo essermi persa qualcosa. Faccio un passo indietro.
    Dove si trova l’argomentazione del grafico mal interpretato dagli autori (Mamone Capria) e che comporterebbe un’assunzione completamente erronea?
    Mi preme sapere a quale dei grafici vi riferite e quali argomenti vi hanno convinto che vi sia una interpretazione sbagliata. Lo chiedo perchè non penso che un’azione così netta da parte vostra, come prendere le distanze da un articolo pubblicato, possa rimandare solo all’estenuante e disarticolata lettura di tutti i commenti sotto l’articolo.
    Sicuramente la tensione di questo periodo può portare a commettere degli errori, ma francamente questa marcia indietro così plateale l’ho trovata un pò stonata.
    Soprattutto dopo aver letto tutti i vostri commenti equilibrati e sensati a fronte di molte critiche un pò troppo scontate, che tentavano di sminuire un articolo controcorrente che sostiene riflessioni che non appartengono affatto al solo mondo dei complottisti, ma anche a una parte del mondo scientifico (medici, virologi, farmacologi, immunologi) non appiattiti sul mainstream epidemia/terrore/lockdown/vaccino.

    Ho trovato molto sgradevole che uno degli elementi di critica sia stato quello legato alla questione dei vaccini, questione tutta aperta a mio parere, visto che parte della comunità scientifica è dubbiosa sull’efficacia di un vaccino per un virus che muta periodicamente.
    Mentre ho trovato corrette le vostre argomentazioni sull’essere filo-confindustria, sulla immunità diffusa, sul morire di virus o di fame, sul’abdicare all’idea di azione collettiva sopraffatti dalla paura del contagio, come avete fatto in tutti gli articoli pubblicati da 3 mesi a questa parte.
    Non credo sia stato un’abbaglio pubblicare quell’articolo, ci sono riflessioni importanti che rimandano a temi complessi come l’induzione della paura e il cambio di paradigma che questo può comportare anche nelle menti più combattive, che credevo di poter condividere su questo blog. Scusate ma mi sento un pò come se questa marcia indientro abbia trascinato via anche tutto il resto.

    • Come arcoiris, anche io sono sgradevolmente sorpreso dall’eradicazione sia dell’articolo contestato, sia della discussione che lo ha seguito. Mi sarei atteso, se proprio, un cappello introduttivo a quell’articolo con un riassunto *leggibile* delle motivazioni vi fanno ritenere sia sbagliato.

      Mi sono preso il tempo -moltissimo, per la verità- di leggere tutti i commenti della discussione originale, e francamente ho trovato ben poco che giustificasse questa vistosa ritrattazione.

      Il nodo centrale, il grafico contestato, è presentato in modo molto chiaro:

      “Né il Covid-19 né i provvedimenti restrittivi sui contatti tra persone hanno alterato la frequenza dei casi di simil-influenza. Con l’unica eccezione di un posticipo del «picco», la curva del 2020 è analoga a quella degli anni precedenti. Grafico tratto – senza la freccia – dal «Rapporto della sorveglianza integrata dell’influenza», pubblicato sul portale Epicentro dell’ISS.”

      Non si suggerisce che qui siano inclusi i casi di COVID-19. C’è scritto che il lockdown avrebbe dovuto riflettersi *anche* sulle sindromi di tipo influenzale, e che questo effetto invece non lo si vede.

      Qualcuno ha suggerito un motivo per cui questo cambiamento non si veda – dicendo che in effetti è lecito attendersi che sia così (risposta quasi perse nel profluvio di commenti). Ma non mi pare si possa parlare né di conclusioni errate, né di un articolo scritto male – solo di un punto contestato agli autori. Cosa perfettamente normale -anzi auspicabile- nell’ottica di migliorare il loro lavoro: altri occhi possono aver trovato spiegazioni che a loro non erano apparenti.

      L’articolo è ragionato, ben argomentato, e propopone anche diversi spunti bibliografici di interesse: buttarlo via perché non si è d’accordo su un punto, per di più non centrale all’impianto, mi suona male.

      Anche dopo aver letto tutti i commenti, mi rimane la sgradevolissima sensazione che la critica verso la persona abbia prevalso su quella nel merito del pezzo in sé – che a mio avviso non meritava affatto questa forma di censura.

      • Nella versione completa della discussione, 316 commenti che però per qualche bug archive.org a volte non visualizza e stiamo cercando di capire come risolvere, c’è la spiegazione dettagliata, emersa dal confronto collettivo e da verifiche che anch’io ho fatto di persona, sul fatto che i dati raccolti sulle simil-influenze non giustificano in alcun modo quel che ne trae Mamone Capria nell’articolo e, soprattutto, nel denso pdf che veniva linkato come principale testo di referenza. Ci sono anche risposte a obiezioni simili alle vostre, all’osso: «Ma anche senza il grafico, il pezzo sta in piedi lo stesso, ci sono considerazioni politiche ecc.». Non funziona così. Anche perché, man mano che si procedeva nelle verifiche, la credibilità dell’approccio complessivo di uno dei due autori si è ridotta, a nostro parere, ai minimi termini, ed è esser generosi. Link a fonti di *pessima* qualità, inferenze radicalissime tratte da premesse incerte, flirt con interpretazioni complottiste sul virus… E questo senza contare l’estrema destra che ha più volte fatto capolino negli stessi link che ha postato nella discussione. Ce n’è d’avanzo per concludere che, volenti o nolenti, i due autori ci avevano piazzato qui dentro un cavallo di Troia. Per sventatezza nostra, certo, ma ci sono responsabilità anche *a monte* della nostra scelta di pubblicare. Nessuno ha obbligato la co-autrice a caricarsi a bordo il co-autore. Avrebbe potuto mandarci un pezzo di considerazioni politiche scevro da letture capziose dei dati, lo avremmo preso in considerazione e valutato. Come è stato detto più volte, non c’è bisogno di roba del genere per criticare la gestione dell’emergenza. E invece il pezzo lo ha scritto in tandem. Su questo, poi, quando l’abbiamo fatto notare, c’è stata reticenza pubblica e privata. Ripeto: per noi ce n’è d’avanzo. Abbiamo messo a disposizione l’intera discussione, ora risolveremo il problema tecnico che impedisce ad alcuni di leggerla, non vietiamo a nessuno di farne un sunto qui, e aggiungo una cosa: noi facciamo il possibile per chiarire la situazione, chiediamo scusa per il grave errore, mettiamo a disposizione tutti i materiali per chi vorrà prenderli in esame, siamo ancora qui a spiegare… Non so davvero cos’altro potremmo fare.

      • Ciao, rispetto al grafico Ili e alla sua interpretazione, segnalo una intervista, Corriere.it del 26 marzo 2020 (link in fondo), ad Antonino Bella, Responsabile Sistema sorveglianza influenza – Iflunet ( http://old.iss.it/flue/index.php?lang=1&a=info).
        Bella dice che “(…)le curve dell’influenza possono essere senza dubbio strumenti utili anche per monitorare la diffusione del coronavirus per gli ormai noti malati sommersi. Cioè pazienti con sintomi di una sindrome simil influenzale ma non sottoposti al tampone impossibile da fare su tutta la popolazione”. Ed inoltre : “Gli ultimi dati di Influnet dicono che l’influenza è in calo. Ma ci sono regioni come Lombardia, Marche e Piemonte che vedono un’incidenza ancora superiore al 5 per mille. In particolare la Lombardia è al 6,71 per mille, le Marche al 5,46 e il Piemonte al 5,40″. Alla domada ” cosa vuol dire?” (questo) risponde:
        “Le percentuali indicano quanti abitanti su mille nelle rispettive Regioni hanno sintomi da sindrome simil-influenzale. In un momento in cui nella maggior parte delle Regioni i casi influenzali sono in diminuzione, l’alta circolazione di virus in altre può segnalare in modo evidente la presenza di coronavirus. Ciò vale a maggior ragione per la Lombardia, ma non solo”.

        https://www.corriere.it/cronache/20_marzo_26/coronavirus-sintomi-influenza-48e0d7f0-6ed6-11ea-925b-a0c3cdbe1130.shtml?refresh_ce

        Andrea Cardinale

        • Questa è un’inferenza indiretta, con tutte le cautele del caso, e non è affatto la stessa che veniva fatta da MMC, né nei contenuti né nei toni. È molto diverso dal dire che quel grafico mostra il mancato effetto del lockdown (non può mostrarlo), e molto diverso dal giocare con le parole (nel pdf viene fatto più volte, e in maniera solo appena più sfumata nell’articolo) dando l’impressione che l’andamento delle ILI monitorate nel grafico comprenda il Covid-19. Noi possiamo anche abbassare la guardia, ma non appena la rialziamo e ritroviamo la concentrazione ce ne accorgiamo, quando qualcuno usa formulazioni ambigue e su quelle costruisce vari passaggi. È il nostro mestiere capire cosa fanno le parole.

          Chiedersi se il Covid-19 abbia o meno moltiplicato i casi di simil-influenza (la FAQ-chiave del pdf), e poi proporre quel grafico concludendo: «né il covid-19, né i provvedimenti restrittivi sui contatti tra persone (8a – 9a settimana, un mese dopo il picco) hanno determinato un’alterazione della frequenza di casi di similinfluenza – alterazione che l’entrata in circolazione di un nuovo virus similinfluenzale, che si afferma essere particolarmente contagioso, avrebbe dovuto verosimilmente provocare.» fa credere che quel grafico mostri anche il Covid-19 (non lo mostra) e dimostri che il Covid-19 non ha moltiplicato i casi di simil-influenza (e non lo dimostra), che il grafico sia significativo per valutare gli effetti del lockdown (e non lo è), che il “picco” sia anche il picco del Covid-19 (e non lo è) e dunque in quel punto l’epidemia fosse già in fase discendente (il che è falso), e via così.

          • In questa intervista il tipo dell’ ISS dà proprio torto agli autori del post rimosso.

            Infatti dice che in lombardia in marzo c’erano tante persone con sintomi influenzali, che però erano negative ai tamponi specifici, e se poi venivano testate risultavano positive al covid. Il tipo cioè sta dicendo che in marzo mentre l’influenza normale, in base ai tamponi, era ormai nella fase finale del suo decadimento, in alcune regioni c’era ancora una quantità anomala di persone *con sintomi*, che però poi risultava negativa ai tamponi per l’influenza. Il tipo suggerisce che questa anomalia sia un segnale della presenza del covid sul territorio.

            Io penso che gli autori del post rimosso abbiano fatto un uso scorretto e manipolatorio dei dati e trovo veramente imbarazzante che qualcuno cerchi ancora di sostenere la correttezza della loro analisi statistica.

            • Tuco, mi sembra che il responsabile Influnet non suggerisca. “Le percentuali indicano quanti abitanti su mille nelle rispettive Regioni hanno sintomi da sindrome simil-influenzale. In un momento in cui nella maggior parte delle Regioni i casi influenzali sono in diminuzione, l’alta circolazione di virus in altre può segnalare in modo evidente la presenza di coronavirus (evidenzio “in modo evidente” – tutte le parentesi da qui in avanti sono mie). Ciò vale a maggior ragione per la Lombardia, ma non solo (evidenzio “ma non solo”)». Il coronavirus, quanto ai casi sintomatici non rilevati con tampone, può essere segnalato (“in modo evidente”) da Influnet, perché compare (altrimenti come potrebbe essere segnalato?) in quanto è contenuto (altrimenti come potrebbe comparire?) nelle rilevazioni Influnet. continua

              • “Ai laboratori dell’Università Statale di Milano arrivano i tamponi laringo-faringei che ormai da anni i medici di famiglia della Lombardia, come quelli del resto d’Italia, eseguono a campione per la normale influenza. Sono altra cosa rispetto al test per il coronavirus.Il risultato nel 90% dei casi è negativo: i pazienti non hanno l’influenza.Da qualche settimana viene fatta, però, anche l’analisi incrociata sulla possibile presenza del Covid-19. Qui gli esami risultano positivi”. Il coronavirus, quanto ai casi sintomatici non rilevati con tampone, è contenuto nei dati ILI (cioè come similinfluenza), dato che il 90% dei casi ILI, sottoposti a test, che risultavano negativi all’influenza, risultavano poi positivi (non mi è chiaro se tutto quel 90%) al coronavirus.
                ” Cosa dice oggi la curva dell’influenza (presente nel grafico pubblicato nell’articolo in discussione)?” “Le Regioni a più alta circolazione di Covid-19 sulla base dei tamponi effettuati sono quasi sempre le stesse in cui Influnet rileva anche percentuali anomale di casi d’influenza. Ciò significa, con ogni probabilità (evidenzio “con ogni probabilità”), che non si tratta ( evidenzio “non si tratta” e faccio notare che non viene resa l’espressione con il condizionale “potrebbe non trattarsi”) più di sindromi influenzali ma di casi di coronavirus che non vengono rilevati dai test Covid-19 (…)”. Mi pare dunque che nella curva epidemiologica ILI del 2020 “si tratta” anche di coronavirus e ciò vale “a maggior ragione per la Lombardia, ma non solo”.
                Non ho intesto sostenere l’uso del grafico da parte dell’autore dell’articolo. Sto ragionando.
                Senza imbarazzo.
                Andrea Cardinale

                • Abbi pazienza, il tizio dice:

                  “Ciò significa, con ogni probabilità, che non si tratta più di sindromi influenzali ma di casi di coronavirus *che non vengono rilevati dai test Covid-19*”

                  Quindi: secondo il tizio potrebbe trattarsi di *ulteriori* casi di coronavirus in più rispetto a quelli rilevati dai test COVID. Quindi i positivi covid (di cui l’ 80% sono *sintomatici*) NON sono compresi in quel grafico. Il tizio dice che forse in quel grafico potrebbero esserci dei casi covid in più, sfuggiti alla rilevazione specifica per il COVID.

                  Come avevamo già detto nell’altro thread, nella sedicesima settimana (quella del 19 aprile) influnet dà 0,56 per mille di incidenza di ILI, cioè 33000. In quel momento c’erano 108mila positivi al covid. Spulciando sul sito del ISS, si vede che l’80% dei positivi covid sono sintomatici. Si tratta di almeno 80mila. Di questi, 27mila erano ospedalizzati.

                  Ricapitolando: potrà anche essere che nelle statistiche sulle ILI (che ricordiamolo, sono statistiche fatte a campione) sia finito qualche COVID paucisintomatico. Ma quegli 80000 positivi COVID sintomatici del 19 aprile non ci sono.

                  Faccio anche notare che la settimana dopo, il 26 aprile, viene ufficialmente dichiarato chiuso il ciclo stagionale delle ILI, e viene anche detto che già il 20 marzo le ILI erano sotto soglia. Nel contempo, nello stesso sito dell ISS, ci sono tutti i dati sul COVID, in cui si vedono i vari picchi (dell’inizio dei sintomi, della diagnosi, dell’ospedalizzazione, dei decessi) e sono tutti DOPO il 20 marzo.

                  Poi ou, se si vuole fare finta che i dati specifici sul COVID non esistano e se si vuole insistere a cercarli per inferenza nel grafico delle ILI, per convincersi che il COVID era già in fase calante al momento dell’inizio del locksìdown, come affermato da Mamone-Capria, ognuno faccia come gli pare.

                  • Ci rendiamo conto che stiamo discutendo di una congettura fatta da un medico il 25 marzo, quando tutto il sistema sanitario era nel marasma totale, le terapie intensive erano piene, non si riusciva a star dietro all’epidemia coi tamponi, e si cercava qualche metodo alternativo per riuscire a individuare in tempo i focolai? Io quell’intervista la leggo così: “vediamo statisticamente cosa succede col monitoraggio delle ILI, se in una data area i medici sentinella segnalano tot pazienti con sintomi da influenza, ma poi al tampone non risultano positivi ai virus dell’influenza, allora probabilmente lì c’è un focolaio di covid.”

                    Per favore, davvero, smettiamola di procedere con questo “metodo”, di andare a spulciare interviste, estrapolando frasi decontestualizzate, per costruirci sopra teorie prive di qualunque base statistica.

  25. Nel corso di una discussione finalizzata a gettare una luce nella fase inedita in cui siamo un errore ci può stare, in un’assemblea tra compagnx, in un collettivo e in questa comunità io non ho bisogno di scuse quando ci si confronta stando nel merito delle questioni, le comprendo però nel rispetto della comunità e come rafforzamento ulteriore di un metodo di confronto.
    Personalmente invece ad avermi urtato nella discussione sono stati certi toni e attacchi personali usati e vedrei nelle vostre scuse anche un esempio per altre persone perchè di questa comunità, e del prezioso patrimonio che rappresenta, dovremmo avere cura tuttx, respirare prima di scrivere di getto e/o nel caso accada prendere coscienza e scusarsi per una modalità tossica che inquina un confronto sereno.
    A proposito del punto incriminato come già detto da voi l’intelligenza collettiva ha dimostrato di avere gli anticorpi per coglierlo e scioglierlo e questi anticorpi li avete costruiti in anni di messa a disposizione generosa e difesa del metodo di discussione di questo spazio per cui vi ringrazio.
    Il casino sollevato anche fuori da qui da quel post, toni e modalità usate per criticarlo , che discussioni interminabili ha portato a tantx di noi con chi aveva vicino, non posso vederlo però proporzionato a quell’errore ma come atto di chi è da un po’ che non era d’accordo con voi e c’era l’attesa e la ricerca di un errore.
    Questa apparente dicotomia tra virus ed emergenza, e il concentrarsi su uno o l’altro nel senso descritto da Negante, probabilmente basta a giustificare l’entità di questi attacchi e queste separazioni ma mi sorprende davvero visto che proviene da persone che stimo e ritengo molto più che capaci di uno scatto nel ragionamento..

    • Io stessa che all’inizio del vostro lavoro su questa fase pensavo “Sì, ma ora dobbiamo restare concentrati sul virus” non ho mai pensato che il vostro ragionamento sminuisse la portata dell’epidemia. Sicuramente il momento è traumatico, l’esserci dentro fino al collo mina la lucidità di ognuno e ci sta mostrando davvero quanto siamo soli, senza soggetti collettivi di appoggio, anche per questo mi è oscuro perchè attaccare invece di approfittare di uno dei pochissimi, l’unico?, spazio in cui di ciò che sta accadendo si può parlare.
      Nella mie riflessioni di questi mesi sono arrivata alla conclusione che dobbiamo prendere atto di quelle che sono le nostre fragilità personali in questa fase, la mia nelle prime settimane è stata di paura perchè avendo una patologia respiratoria seria ho avuto, ed ho, vere difficoltà riguardo alla parte sanitaria, dopo alcune settimane però abbiamo anche il dovere di scuoterci dallo shock, cercare strade per affrontare insieme quelle che sono le nostre fragilità collettive e penso che il ragionamento portato avanti qui sopra possa essere la chiave di volta per “incidere” su tutte le difficoltà di questa fase che appunto sono e saranno sanitarie, economiche, sociali e psicologiche.
      Consapevoli del momento e per il rispetto delle relazioni e di quanto condiviso potremmo darci, ovunque, la regolina di aspettare a scazzarci in modo definitivo almeno fino a quando avremo ricominciato a vederci, giusto perchè io continuo ad avere davanti agli occhi monsieur le capital comodo in poltrona con i popcorn in mano a godersi lo spettacolo.
      Quei popcorn dobbiamo almeno almeno rovesciarglieli :-)
      Grazie ancora a tutti e tutte per i preziosi contributi.

      P.s.:scusatemi per lo sforamento di battute, è anche questa una forma di rispetto in effetti di cui terrò conto per i prossimi commenti :-)

  26. Scrivo un commento isolato, perché vale come risposta a diversi interventi.
    Ci tengo a chiarire, se non è già evidente da quel che abbiamo scritto qui sopra, che le mie scuse per la gestione della discussione sono rivolte anche a entrambi gli autori dell’articolo. Le frequentazioni di Marco Mamone Capria sono un’altra questione e non cambiano la natura del problema. I ritmi in cui ci siamo fatti trascinare, in un fine settimana frenetico ed estenuante, non hanno certo favorito la possibilità degli autori di controbattere. In particolare Sara Gandini ha lasciato commenti anche di notte, dimostrando di avere a cuore il confronto, ma di essere sicuramente in difficoltà per i suoi modi. Chi le ha attribuito frasi che non sono nell’articolo e posizioni presunte è stato sempre rintuzzato, ma questo di certo non ha creato un clima facile per lei. Credo non sia difficile mettersi nei suoi panni. Ripeto: a prescindere dai tanti passaggi dell’articolo che secondo me sono ancora condivisibili, a prescindere dall’identità di autore e autrice, quest’insegnamento di ecologia del dibattito dobbiamo tenercelo stretto e meditarlo bene, per non ricadere nello stesso errore, qui su Giap e negli altri luoghi, fisici e digitali, dove ci capiterà di incontrarci.

  27. Cari amici di Giap, vorrei fare una riflessione affinché il gesto nobile dei Wu Ming non sia frainteso come già ho visto in giro. Ad esempio ho visto chi dice che “finalmente i Wu Ming si sono scusati per le loro posizioni antiscientifiche, speriamo lo faccia anche Agamben”; “non c’è bisogno di assumere posizioni antiscientifiche per esercitare una critica politica alla gestione del lock-down” e altri simili. Si potrebbe dire: sono degli imbecilli, chi se ne frega. Però almeno fra di noi diciamolo ben chiaro: qui si è sbagliata una tabella statistica, l’impianto critico generale resta sano e forte. Anzi: al contrario di quello che si potrebbe pensare, la comunità di Giap, diciamo questa intelligenza collettiva che siamo tutti noi, ha svolto il suo lavoro egregiamente: quando in un post, che come tono generale sembrava in linea con le nostre posizioni, è stato rilevato un errore, ci sono stati subito membri del gruppo che lo hanno fatto notare, si è discusso a lungo e alla fine si è capito. L’errore, o meglio l’esperienza di commettere errore, è fondamentale in ogni ricerca: Nietzsche addirittura sostenne che la verità è la storia degli errori. Naturalmente è fondamentale quando poi lo si scopre, e ciò allora è la prova vivente che questa comunità “funziona”. Pertanto, almeno secondo me, il post in questione è stato l’occasione di mettere alla prova questa entità collettiva, e la prova è stata superata brillantemente. Forse per molti di voi è normale, ma vi garantisco che io in oltre mezzo secolo di vita non avevo mai visto una intelligenza collettiva funzionare, solitamente gli individualismi, i personalismi dominano. Qui no.

    • Grazie, Negante. Di sicuro in questa comunità, dove si incontrano anche moltissime persone con una formazione – e spesso una professione – nel campo della scienza e della ricerca in genere, posizioni «antiscientifiche» non sono mai state incoraggiate.
      Ancor più di sicuro, noi abbiamo chiesto scusa per un errore e per aver momentaneamente ceduto alla hybrs, non certo per tre mesi di incessante lavoro e confronto, men che meno per il lavoro fatto su Giap in questi anni, a cui teniamo moltissimo – è il fulcro della nostra attività – e che ci rivendichiamo alla grande.

      • Io invece vorrei provare a porre una questione sensibilmente diversa, in parziale controtendenza con quanto detto da Negante.
        Premetto che ho letto quasi tutto quello che è stato pubblicato dall’inizio dell’epidemia (anche da molto prima, a dire il vero) e che ho spesso condiviso letture, analisi e la critica alla gestione dell’emergenza nei suoi aspetti più deleteri, insensati, liberticidi. E vi assicuro che non è una forma di captatio benevolentiae per il ragionamento che sto per articolare. Dicevo: ho letto praticamente tutto (compresi ampie parti di discussione in calce ai post) e condiviso molto, ma rimaneva sempre una sensazione di fondo, un residuo. Quando avete ripreso la metafora di Negante sul principio di indeterminazione ho iniziato a chiarirmi la questione. Nell’enunciare il suo principio Heisenberg esprimeva un limite: l’impossibilità di determinare le due grandezze fisiche della posizione e della quantità di moto di una particella senza perturbare il sistema che si sta osservando. Ecco, mi sembra che nella vostra ripresa di quella suggestione sia venuta meno la questione del *limite*. Concentrarsi su un solo dei due corni della problema (epidemia e gestione dell’emergenza) porta in qualche modo a sottovalutare l’altro, perché se l’ingrandimento focale dell’uno sfoca necessariamente l’altro, gli fa perdere nitidezza e quindi pregnanza Proprio perché manca quell’approccio olistico che invece altrove è rivendicato. Mi sono sempre più fatto l’idea, invece, che non si può non parlare di tutto il pacchetto, onde evitare scivoloni in un senso o nell’altro. (continua)

        • Ecco, ho trovato il vostro approccio (rivendicato più volte nell’asserire che – cito a memoria – “di epidemia si parla già abbastanza altrove, qui si vuole parlare d’altro”, insufficiente proprio da questo punto di vista, e contenente in nuce la possibilità di un ruzzolone. Così facendo la questione della gestione dell’emergenza è stata opportunamente, approfonditamente e convincentemente sviscerata, *a scapito* però dell’altra, ridimensionata e più o meno inavvertitamente (ma qualcosa si intravedeva nelle prime puntate del Diario virale) sminuita. Questo per dire che sono tra quelli – insieme a Mauro Vanetti mi pare e a qualcun altro – che non ritengono che il post cancellato fosse sbagliato per il grafico e la lettura che ne veniva data, ma per l’impianto generale, per la cornice epistemologica e discorsiva – giocoforza politica – intorno all’epidemia in cui si inseriva. Ovvero: bene censurare l’utilizzo disinvolto delle fonti (questione di metodo), ma secondo me anche il costrutto narrativo e argomentativo generale (questione di merito) era sballato, e ho cercato di spiegare da quali premesse credo derivasse l’abbaglio.
          Questo non per pretendere, chiaramente, nuove e più estese scuse, ma per aggiungere un elemento di riflessione che mi pare mancasse nella discussione in calce a questo post. Sempre interessato al e convinto dell’utilità del confronto con la community che anima questo blog.

          • Sasha, il punto che poni è chiarrissimo. È una critica che dal Diario virale in poi ci è stata mossa a più riprese. Personalmente la accetto nella consapevolezza che cercare un approccio olistico, che tenga conto – per usare la metafora dell’altro post – di “lancia e scudo”, è impresa heisenbergianamente assai più difficile che sposare un approccio unilaterale.

            Il motivo per cui in questi tre mesi abbiamo dato più spazio alla critica ai modi e alle forme del lockdown che a incensare la sua necessità è che il coro a favore di *ogni* chiusura e clausura era pompato da una propaganda assordante. Credo che istintivamente noi altri abbiamo optato per una sorta di compensazione argomentativa, se capisci cosa intendo, perché ce n’era un gran bisogno. Ci sono cioè parsi chiari fin dall’inizio i limiti e soprattutto i rischi della linea “Ci sono i morti quindi vale tutto” (semplifico per capirci, eh). Ricordiamoci che siamo giunti al punto in cui domandare se la libertà fosse o no un bene primario è stato fatto passare per un vezzo liberale borghese da intellettuali che volevano andare a farsi l’apertivo e portare a spasso i loro figlioletti viziati. E per una volta nella storia non sono stati i fascisti a dipingerci così.

            La nostra posizione ci è costata accuse che vanno dalla mancanza di empatia con la tragedia umana dei decessi alla connivenza implicita con Confindustria, fino alla contiguità con BJ, Renzi e Adolf Hitler. Ok, era chiaro che una posizione come la nostra non sarebbe stata facile da tenere e ci sarebbe costata sputazzi e insulti. Nondimeno crediamo che fosse importante che qualcuno la tenesse.

            Dici che non siamo riusciti a tenerla in maniera impeccabile, cioè che anche noi abbiamo peccato di mancanza di olismo. Può darsi, appunto. Ma è altrettanto vero che la situazione era dura da reggere per chiunque, date le circostanze, e i nostri limiti di romanzieri ci sono arrivati addosso tutti in una volta in occasione del “ruzzolone”.

            Quindi ben vengano le critiche civili come la tua, perché noi stiamo provando a imparare qualcosa da quello che è capitato su e intorno a Giap. Fuori da Giap, sinceramente, per noi c’è soprattutto la strada. Dei social non ci interessa, perché ogni parola spesa lì, svanisce il giorno dopo. Qui tutto resta, e per noi è molto importante che sia così. Proprio per le riflessioni necessarie che si impongono.

            A conti fatti ciascuno si assume le proprie responsabilità e si becca le critiche che gli spettano. A noi di sicuro non le ha lesinate nessuno. Sugli errori comunicativi ci sarà tempo di riflettere. Per chi vorrà farlo, ovviamente. Questo è un luogo dove è possibile farlo, ad esempio (qualcuno lo ha definito una “torre d’avorio”, ma a tratti a me è sembrato piuttosto Fort Alamo o il Fosso di Helm). E, senza falsa modestia, lo abbiamo creato noi. Sull’importanza di questo siamo d’accordo, mi pare.

            • Figurati, le hitlerizzazioni le lascio ad altri: per formazione e per mestiere ho sempre dato più valore alla complessità che alle semplificazioni. Capisco la difficoltà a tenere dentro tutto, ma a mio avviso è l’unico modo per non cadere in una delle due trappole esplicitate in altra sede: “Quante volte bisognerà rimarcare la serietà dell’epidemia e del virus per poter parlare della sua emergenza? ecc. ecc.”. Anch’io, scrivendo il precedente posto, mi sono chiesto: “Quante premesse dovrò fare sulla condivisione della critica al lockdown all’italiana per poter muovere questa critica che a me sembra necessaria?”. Così non se ne esce, mi pare. Il modo per rimanere nei giusti binari, mi sembra, potrebbe essere non tanto parlare sempre di entrambi i corni del problema (le questioni vanno pur approfondite separatamente, per poterne cogliere le specificità), quanto tenerli sempre mentalmente presente entrambi. Per criticare il lockdown all’italiana non serve, a mio avviso, partire dal presupposto che la situazione era diversa da come ci è stata prospettata, che ha fatto danni peggiori della malattia, che guardando alla curva epidemica da un’altra prospettiva di può osservare che…, perché questo modo di argomentare – per non perturbare il campo di osservazione – lascia in ombra,”indeterminata”, una delle due variabili. In molti post in questi tre mesi ci siete riusciti (e mi sono trovato a difendere le posizioni espresse dall’attacco di amici e compagni che non vedevano altro che il virus), nell’ultimo – peraltro non vostro, ma ospitato sul vostro blog – no, con tutta la discussione che ne è seguita al di là dell’uso distorto di una fonte e disinvolto di altre di dubbia provenienza e matrice. My two cents, sempre civili e dialettici

              • Questi due centesimi sono assolutamente apprezzabili. C’è da meditarci su recependo la critica specifica sul pezzo, ma anche quella più generale, con quel po’ di distacco consentito da una tempistica meno convulsa. Quella che abbiamo deciso di adottare d’ora innanzi, nella “nostra” fase 2.

  28. Uno dei più grossi limiti della sinistra partitica (leggasi sempre “a sinistra del Pd”) in questi anni è stata senza dubbio la totale incapacità di autocritica anche di fronte a errori palesi. (Potrei fare decine di esempi da Ferrero a Vendola passando per i CPN che dopo la bastonata presa con Rivoluzione Civile davano la colpa al bipolarismo quando di forze politiche in parlamento ne erano entrate quattro). E questo spesso si è esteso anche ad associazioni e riviste più o meno collegate.
    Questo articolo dimostra che il gruppo di lavoro dei Wu Ming ha il pregio di saperla fare. Altro grande pregio, che li porta ad un livello ancora superiore, sa fare autocritica senza che si trasformi per forza in un autodafé.
    Da oggi sono ancora più wuminghiano politicamente parlando.

  29. Sottoscrivo. L’autocritica costruttiva è un caposaldo del progresso del pensiero. Per esercitarla non è necessaria l’umiltà (anzi, potrebbe rivelarsi controproducente), basta la “semplice” onestà intellettuale, pregio che, da un certo punto in poi, è venuto a mancare soprattutto a Mamone Capria (in questo senso mi trova d’accordo la precisazione di WM2; inoltre l’articolo non è da buttare in toto, come già sottolineato da alcuni).
    E autocritica non solo degli admin, che hanno scelto argomento, autori e articolo, ma anche di tutti noi partecipanti, che a volte sbagliamo toni, argomentazioni, interpretazioni. Ognuno di noi ha le sue idee e le sue convinzioni attraverso le quali guarda e rischia di deformare la realtà. Tuttavia quella intelligenza collettiva di cui molti hanno parlato alla fine trova il bandolo, rimette il tutto nella giusta prospettiva (o, se si preferisce, nella prospettiva condivisa e accettabile, non voglio innescare un confronto su cosa sia giusto o sbagliato). Pur se fra i frequentatori ci sono innegabilmente quelli che danno contributi più corposi (numericamente e qualitativamente) di altri, l’organismo nel suo complesso funziona grazie alle competenze, sensibilità e “culture” di ciascuno. E’una specie di formicaio và…
    La vicenda nel suo complesso ribadisce quello che si sapeva ma che ogni tanto è bene ricordare, ossia che questo è uno dei pochi spazi in rete nel quale si possa trovare rigore, serietà, consapevolezza, sia possibile e consentito fare dibattito, scannarsi civilmente e informarsi. Per rimanere in tema, la maschera dell’ossigeno per i malati di covid.

    • In un buon libro di statistica nell’introduzione c’e’ scritto “it is easy to lie with statistics, it is hard to tell the truth without it” . Ovvero la statistica (soprattutto quella descrittiva) e’ un modo di elaborare i dati, ma il risultato che se ne ottiene dipende da molti filtri che si mettono, da molti se e da molti ma. Per cui solo negli studi dei prossimi anni si capira’ (forse) cosa e’ successo davvero. Per me la questione di fondo, che rimane, e’ che le descrizioni “statistiche” date da ogni parte in questo momento sono parziali e in parte arbitrarie, e questo vale anche per quelle ufficiali. Quindi ogni “analisi” oggi va considerata e usata con cautela.
      Se il curriculum e le fonti di uno degli autori erano viziate di complottismo e’ senz’altro un errore pubblicarlo ma rettificarlo dopo e’ piu’ che sufficiente. Il punto che vorrei sottolineare pero’ e’ che la statistica NON e’ una branca della matematica e NON e’ una scienza. Ma questo ne rende la lettura ancora piu’ scivolosa, e sarebbe sbagliato pensare che ci sia un modo giusto e inattaccabile di analizzare i dati. L’ unica cosa che rende corretta una statistica e’ chiarire bene con quali criteri e’ realizzata. I risultati dipendono solo da quello. Le analisi prese per buone dalla stampa mainstream hanno gli stesdi problemi, ma non la stessa onesta’ nel riconoscerli.

      • Scusa, Talpa, ma in che senso la statistica non sarebbe una scienza? Ti riferisci all’inferenza, forse? Che è comunque scienza, anche se fallace, in quanto le previsioni dovrebbero corrispondere alla realtà futura, stante un certo errore (+ o – qualcosa) e le premesse costanti.
        Sul resto sono totalmente d’accordo, ma se avessimo i dati reali, concreti e *duri*, la statistica sarebbe l’unica scienza adatta all’analisi di questi dati, in quanto nient’altro che matematica, adatta all’analisi dei dati.
        Il problema, come scrivi tu, è che NON abbiamo i dati, e soprattutto non si è mai utilizzato un campione, né un campionamento valido. E non se ne capisce il perché… In sostanza, al posto di “tamponare” 60 milioni di persone, si possono creare dei campioni di individui, statisticamente corretti (ecco l’importanza della statistica!) che possono dirci con un buon grado di approssimazione cosa sta succedendo. Con costi infinitamente minori – visto che una delle motivazioni della mancanza delle tre T è il costo per il Paese.

  30. Lascio questo commento come spunto da riprendere.
    Ho letto l’efficace pezzo su The Nation postato da WM1 sotto al post del ruzzolone e per caso poco prima avevo sentito su un sito di movimento italiano affermare che le attuali proteste in nord America si giocherebbero nel conflitto tra le lotte che sono «a favore del lockdown» (sic) e per la salute del lavoratori, e le lotte dell’estrema destra che rivendicano le ragioni del capitale e richiedono a gran voce la riapertura.
    Il primo schieramento coinciderebbe con quello che ha sostenuto Sanders che, benché *di nuovo* sconfitto – capirai che sorpresa –, avrebbe comunque spinto il movimento per la sanità pubblica per tutti. L’altro, facendo propria la lettura liberal demolita dall’articolo di The Nation, sarebbe manovrato da repubblicani ed estrema destra che, speculando sulla crisi economica, mobiliterebbero il bacino elettorale di Trump che lo aveva già votato nel 2016 e soprattutto i ceti popolari dell’area deindustrializzata della Rust Belt. In questo modo la fandonia secondo la quale Trump sarebbe stato votato «dalla working class», smontata a suo tempo anche qui su Giap, ritorna prepotente per spiegare stavolta chi possa essere così folle, per usare le parole di Cuomo, da non capire che «non c’è nulla di peggio della morte».
    Ogni critica allo stato di eccezione è confusa in un tutto indistinto che rivendica una serie di «libertà negative» tipo «non puoi impedirmi di muovermi e decidere per me stesso, anche di ammalarmi (e rischiare di far ammalare gli altri)», e si baserebbe sul rifiuto del ruolo degli esperti, delle verità scientifiche e della specializzazione. In sostanza ci sarebbe un pezzo di società americana povera, «white trash» irrecuperabile, talmente allo sbando da bersi la varechina se Trump dice di farlo.
    La cosa che va denunciata di questa lettura «da sinistra» è che questi due schieramenti con i quali si pretende di leggere quel che accade negli USA, sarebbero identificabili paro paro qua in Italia. Va da sé da quale parte si collocherebbero, secondo costoro, le riflessioni fatte su questo blog negli ultimi due mesi…

    • A questo punto ripropongo qui il mio sunto dell’articolo.

      —-

      Segnalo un articolo uscito sulla rivista americana The Nation, a firma di Michael Massing, intitolato «The Virus, the Press, and the Comfortable Class». Lo sintetizzo, traducendo rapidamente alcuni passaggi. Comincia così:

      «Persino in tempi ordinari, il newyork-centrismo dei news media nazionali influenza e distorce l’informazione. Questo è ancora più vero durante l’attuale crisi. In una notevole e infelice confluenza, New York City – la capitale giornalistica del Paese – è anche l’epicentro della pandemia […] [Il numero di morti] ha instillato paura e angoscia in tutti gli abitanti della città, compresi i giornalisti.»

      Poi fa vedere come i media situati a New York raccontino poco il resto del Paese, dove in molti stati l’impatto del Sars-Cov-2 è stato molto minore, e fa notare che in California, che ha il doppio della popolazione dello stato di New York, i morti sono stati un decimo, con il caso clamoroso di San Francisco che ne ha avuti solo 40. A quel punto Massing osserva:

      «Persino nello stato di New York l’impatto è stato nettamente diseguale, visto che il 95% dei contagi e il 95% dei morti sono avvenuti a New York City e nella sua suburbia. All’incirca la metà delle 62 contee di New York ha registrato al massimo cinque morti. Regioni come la Mohawk Valley, gli Adirondacks e il North Country (al confine col Canada) sono più simili all’Iowa o all’Oklahoma che al Queens e a Long Island. Eppure l’ordinanza con cui il governatore Andrew Cuomo ordinava le chiusure è stata applicata uniformemente in tutto lo stato.»

      A questo punto spiega che nel nord dello stato ci sono state proteste per le condizioni di povertà in cui il permanere delle chiusure territorialmente indifferenziate ha precipitato la lower middle class e la working class, proteste di cui ovviamente approfitta la destra, e che sono state ignorate da Cuomo e dall’élite liberal e mal rappresentate dai media, che hanno appunto il culo a New York City. A quel punto, l’articolo parla dell’unica giornalista che, nelle conferenze stampa di Cuomo, abbia fatto domande sulle proteste e sulle difficoltà economiche dei più deboli.

      «Gran parte dei giornalisti che presenziano ai briefing di Cuomo rappresentano mezzi di informazione di New York City e – preoccupati dal contagio – raramente fanno domande sull’impatto del lockdown su negozianti e dentisti, lavasecco e operai del’edilizia. Le frasi di Cuomo sulle difficoltà economica spesso sono formalità, e la sua aggressiva risposta a McCloy – compreso il suggerimento che la gente vada in giro a cercarsi un lavoro essenziale – riflettono la relativa disattenzione che ha avuto per il disagio economico dei cittadini che rappresenta (fatta eccezione per i lavoratori dei settori essenziali, che incensa regolarmente)»

      Riguardo ai media, Massing scrive:

      «Gli editorialisti liberal, i conduttori televisivi e gli esperti spesso sminuiscono, minimizzano o ignorano del tutto la disperazione economica vissuta da così tante persone. Sembrano incapaci di identificarsi ed empatizzare con chi è stato licenziato, con chi non può pagare le bollette e ha problemi ad accedere ai servizi per disoccupati. Quando le proteste anti-lockdown sono esplose in giro per il paese, c’è stata la corsa a sminuirle e screditarle.» Qui fa numerosi esempi di titoli e cita stralci di editoriali dove le proteste venivano identificate tout court con la destra, i manifestanti erano descritti come eterodiretti, e le cause materiali delle rivolte erano rimosse. «In quasi nessuno di questi articoli», osserva Massing, «c’erano testimonianze dirette di manifestanti in carne e ossa».

      Citando un pezzo che faceva eccezione uscito su Slate, spiega che i manifestanti si dividevano, tagliando con l’accetta, in due categorie: quelli che protestavano perché impoveriti, licenziati, falliti, alla fame, e quelli – più militanti – che protestavano, in un’ottica di destra, per le violazioni della libertà individuale. I media nazionali hanno parlato solo di questi ultimi, senza dire che «quelli a cui interessavano i danni economici hanno espresso disagio per la presenza di voci più estreme che facevano disinformazione e promuovevano teorie del complotto.»

      Massing prosegue:

      «Nel dibattito su quando riaprire, è cruciale pesare sulla bilancia i rischi per la salute e il dolore economico […] Eppure molti politici e commentatori liberali sono riluttanti a riconoscerlo. In gran numero citano epidemiologi, esperti di malattie infettive, farmacologi e funzionari della sanità pubblica. E invocano incessantemente la “scienza”, termine che è diventato significante di intelligenza e integrità superiori.»

      Poi Massing fa alcun esempi di assunzioni sul virus e sul contagio che sono cambiate dall’inizio dell’epidemia, come sta rapidamente cambiando la situazione, e dice: «Cuomo ha riconosciuto che i dati sul virus continuano a cambiare, ma continua a citare “i fatti” come se fossero immutabili quanto le leggi della termodinamica e, basandosi su di essi, ha continuato a tenere l’intero stato in un rigido lockdown.»

      «Un’analoga indifferenza prevale sulla CNN e sulla MSNBC. È esasperante guardare [cita vari conduttori e opinionisti da talk-show] partecipare via webcam dai loro appartamenti confortevolmente arredati o dalle loro case in campagna e lanciare frecciate snob a tutte quelle anime ottenebrate che, di fronte alla bancarotta, ai risparmi che si stanno esaurendo, al cibo che tra poco non potranno più comprare, vogliono tornare al lavoro. Sembra che il Covid-19 stia allargando il divario tra professionisti benestanti e classe operaia già emerso durante la campagna presidenziale del 2016 e che resta una scoraggiante e autolesionistica caratteristica dell’establishment liberal.»

      Poi fa vedere che aver lasciato alla destra ogni discorso sull’impatto economico e social del lockdown ha avuto come conseguenza l’egemonia di un discorso che se ne fotte del virus:

      «Su Fox News, di contro, si fa incessantemente il tifo per la riapertura, senza alcun riguardo per i potenziali rischi […] Mentre i liberal sembrano ignorare le sofferenze dei lavoratori americani, i conservatori sembrano indifferenti alle terribili scelte che dovrà fare chi torna al lavoro. Su Fox si vedono pochi servizi sui lavoratori immigrati del confezionamento carni costretti a lavorare gomito a gomito al nastro trasportatore nonostante la furia del contagio intorno, sui camerieri e lavoratori dei ristoranti che hanno paura di tornare al lavoro ma sanno che se stanno a casa possono perdere l’assicurazione sull’impiego, sui lavoratori senza permesso di soggiorno che raccolgono la lattuga e i pomodori che noi mangiamo ma non possono avere un’assicurazone sanitaria, sui dipendenti di Amazon riluttanti a protestare per l’insicurezza negli stabilimenti per timore di essere licenziati […]»

      Tirando le somme:

      «In short, the comfortable class, both left and right, remains insulated from the concerns of the working class.»

  31. C’è qualcosa che non torna nell’articolo di G e M. Me lo sono detta alla prima frettolosa lettura. Mi ero ripromessa una seconda lettura e un controllo dei grafici ma poi il primo soccorso della comunità commentante lo ha fatto per tutti noi. Ma oltre alla metodologia c’era della fretta, consequenzialità tirate: fammi stare su quel pensiero un po’, ché si attivi il mio pensiero critico, ché il mio vaglio lo lasci passare. Non mi è stato dato quel tempo, sono stata spinta. Io odio essere spinta. Qui inizia e finisce la lamentela. A voi, WM, che mi immagino che quando andate dall’Editore a dirgli -il libro è pronto per la stampa- quello si chiede -carta ne abbiamo?-. Che a leggervi si vede che avete rivoltato la cosa sottosopra e di lato, quarta quinta e sesta dimensione, che le pulizie di primavera avete fatto. Ma per questa cosa strana che ci è successa in questi mesi meccanismi non ne avevamo, ne abbiamo dovuti creare di nuovi. I miei bambini hanno imparato a riconoscere le guardie in borghese, per dire.
    Resto convinta che quei dubbi -il nostro lockdown ci ha salvato veramente il culo? E altri punti interrogativi meritevoli di approfondimento- resteranno come appunti per futuri studi multidisciplinari sulla diffusione dell’epidemia. Futuri. Ora è ancora troppo presto. Il giudizio mio sulla gestione politica rimane severo. E rimango turbata se guardo alla gente intorno a me. Esseri umani spaventati, abbrutiti, sfiancati. Io non sono spaventata abbrutita o sfiancata. I miei bambini non hanno lo sguardo vitreo. Noi non abbiamo mai smesso di uscire. Nel limite (forse non sempre) del consentito; abbiamo fatto in strada un nostro 25 aprile, ed è stato bello anche così, anche se avremmo voluto andare ad Alba. Abbiamo conosciuto un sacco di gente del quartiere. Ma io lo so perché non ci siamo abbrutiti. Perché non guardiamo i tiggì, perché quella spazzatura dei quotidiani non entra più in casa da qualche anno. Abbiamo un paio di mensili e un settimanale che amiamo, e tanto ci basta. In questi due mesi ho speso (volentieri) almeno mezz’ora della mia giornata a fare debunking con genitori, amici, conoscenti. Ho sbottato a volte. Ma, accidenti, le zampe del cane a mollo nell’alcool no, ti prego! Questo, cari WM, per dire: quando lo facciamo ‘sto pezzo sul giornalismo criminale?

  32. Ho letto solo ora il putiferio che si è scatenato su Giap.
    Non ho nulla da aggiungere al dibattito se non una piccola riflessione sulla nostra freschezza mentale. Visto che in questo post ci si riferisce ai modi di discutere, mi viene da ribadire che in questo momento tocca avere una barriera tripla ogni volta che si parla di Covid, perché siamo tutt@ coi nervi a fior di pelle. Tocca avere una cura esasperante nei confronti d* altr* e al contempo attenzione costante nel ritoccare sempre la propria linea di pensiero.

    In questo clima, stupisce leggere un’autocritica e forse fa anche un po’ respirare. Certo, lo dico a discussione svolta, facile così…
    Però quanto successo nel post non è unicum: grazie alle politiche di chi governa e grazie alla voracità di Confindustria&CO., tutt@ ci stiamo affannando il doppio nel tentativo di raccapezzarci senza averne le competenze. Tutt@ ci infiliamo in discussioni la cui complessità e le cui implicazioni inevitabilmente ci sfuggono. Tutt@ strippiamo perché a volte non riconosciamo chi abbiamo attorno e chi pensavamo di conoscere.
    Il processo di condivisione di toni, modi e linee di pensiero tra persone che fino a pochi mesi fa ritenevano di avere una sensibilità simile è e sarà lunghissimo. Parlarsi tra tant*, cosa già difficile prima, è diventato ancora più complicato. Specialmente se ci mettiamo anche le limitazioni fisiche. Inciampi come quello del post sono inevitabili.
    Credo però che dirsi e dire pubblicamente anche pubblicamente di aver fatto “un ruzzolone” quando lo si è fatto, secondo me è un possibile buon inizio per una “nostra” fase 2.

  33. Una piccola provocazione, se volete. Mi scuso in anticipo per la prolissità.
    Le scuse sono ovviamente apprezzabili e sintomo di maturità e di buon senso, però sembrano anche un po’ uno “sborarse dosso”, come si direbbe dalle mie parti. Siamo bravi perché abbiamo creato uno spazio di dibattito e confronto sano, non come i social, siamo intelligenti perché sappiamo ammettere di aver sbagliato, e via dicendo. Sacrosanto, per carità. Ma serve a poco. Forse è più utile guardare al “frame”, come lo chiamereste voi.
    A me l’articolo “incriminato” pareva discutibile anche senza la lunga discussione che ne è scaturita, ma ovviamente è una mia opinione e vale quel che vale. Mi domando però cosa vi abbia spinti a pubblicarlo, e soprattutto cosa vi abbia spinti a difenderlo in lungo e in largo nei commenti fino alla decisione drastica di rimuoverlo.
    Provo a rispondermi.
    A me è sembrato che fondamentalmente la vostra operazione sia stata piuttosto simile a quella degli autori dell’articolo. Ovvero avete scelto di pubblicare un intervento apparentemente autorevole (un’epidemiologa di fama e un matematico) che sostanziava alcune vostre opinioni sull’epidemia e sul lockdown già ampiamente emerse dagli scritti precedentemente pubblicati. E avete proceduto a spron battuto ribattendo commento su commento per difendere quelle che si sono rivelate poco più che illazioni (nonostante questo sia almeno in premessa lo spazio della lentezza e della riflessività, al contrario del tambur battente della violenza social). Illazioni che prima di essere smentite dai numeri, erano in totale e aperta controtendenza con le centinaia, migliaia di microstorie che hanno testimoniato lunghe settimane di malattie e di morte. Mi è dispiaciuto davvero veder bollati i racconti di medici e infermieri come inaffidabili in quanto troppo calati nel contesto di reparti rivoluzionati e di situazioni mal gestite.
    [segue]

    • [2]
      Ma non mi sorprende. Sono appunto due mesi che ho la netta impressione che il virus, la malattia e la morte siano un rimosso da tutte le vostre “narrazioni”. Eppure moltissime persone, non solo anziani con un piede nella fossa, si sono ammalate, hanno sofferto e hanno temuto per la loro vita e per quella dei loro congiunti (per usare un termine in voga). Molti medici e infermieri si sono trovati in situazioni inenarrabili che lasceranno strascichi psicologici disastrosi. Gli anziani di paesi di provincia sono stati letteralmente decimati. Sono piccoli pezzi, ovviamente insufficienti a raccontare “tutta” la storia, ma non si possono sciacquare via con faciloneria.
      Certo, mettere in discussione il lockdown e tutte le altre misure attuate dal governo è necessario. Anzi, è doveroso. Ma le critiche devono essere sostanziate, non “trate là”, sempre come si direbbe dalle mie parti. La genealogia postmoderna è uno strumento poderoso, ma va applicato agli oggetti giusti, altrimenti diventa un maglio in grado di polverizzare qualsiasi tipo di obiettività, performatività e pragmatismo. Qualche anno fa Giorgio Agamben (sempre lui – già che ci siamo, le cose che ha scritto andrebbero lette e capite, e non soltanto citate a casaccio perché fa figo dire stato d’eccezione, biopolitica e il salcazzo) rifiutò di firmare un appello per lo Ius Soli mettendo in discussione il significato di tale dispositivo. Le sue considerazioni furono dal mio punto di vista impeccabili, da un punto di vista meramente teorico e accademico. Peccato che però riguardassero una questione di urgenza drammatica, e che di fatto non aggiungessero assolutamente nulla di concreto o pragmatico. Considerazioni preziosissime, ribadisco, ma che alla prova dei fatti mancavano drammaticamente di quel briciolo di leniniano “che fare” che purtroppo serve nella vita quotidiana che si svolge fuori dalle pagine dei libri.
      [segue]

      • [3]
        Nella fattispecie, è possibile che un’ampia maggioranza degli epidemiologi e dei virologi di tutto il mondo stia prendendo un granchio e questo virus sia poco più che un’influenza, ma non sta a nessuno di noi dirlo, e soprattutto non ora. È altresì possibile che il lockdown sia stato inutile a contenere il contagio e che le sue conseguenze finiranno per essere peggiori di ciò da cui ci ha protetti, ma ad oggi gli unici paesi che se la sono cavata tutto sommato bene, ci sono riusciti grazie a forme più o meno rigide di chiusura. Personalmente questa cosa mi mette in crisi, ma far finta che non sia così non mi aiuta certo a farci i conti.
        La stessa cosa vale per la questione dell’individualismo, della responsabilità e della disciplina, che sfioro soltanto giacché meriterebbero riflessioni ben più ampie e soprattutto fatte da persone più lucide e competenti di me. Si è fatto gran parlare dell’infamia dei vicini delatori contro i runner untori, fino a rendere i jogger delle specie di paladini della libertà. Eppure quasi ovunque le persone non hanno mai smesso di correre (almeno quelle che correvano anche prima dell’epidemia), e di vicini che insultavano dai balconi non se ne sono sentiti che in qualche sporadico caso. Qual’è allora la ratio di denunciare questi episodi e inquadrarli nella narrazione dello stare a casa? Non è la stessa identica cosa soltanto atta a mettere in campo una narrazione contrapposta fatta di ribellismo e di liberalismo individualista? L’operazione è uguale. Si prendono degli episodi isolati e ci si costruisce attorno la scatola. E nonostante tutto ciò nessuno è ancora riuscito a spiegare a chi e perché avrebbe giovato il lockdown senza tirare in ballo teorie tra lo strampalato e il delirante. A meno che qualcuno non sia veramente convinto che governanti e lobbies siano disponibili a sacrificare punti su punti di PIL e prospettive funeree di recessione per poter tracciare i nostri spostamenti o profilare il nostro stato di salute psicofisico. Per carità, può anche darsi eh, però non ho ancora trovato spiegazioni sensate a riguardo.
        [segue]

        • [4]
          Mi sforzo e mi sono sforzato molto, ma molte riflessioni continuano a sembrarmi poco più che capricci di europei bianchi e benestanti che mal digeriscono che gli si imponga di stare in casa due mesi. Una concezione di libertà e di diritti che a me, personalmente, più che il pensiero libertario ricorda di più il liberalismo estremo della bible belt, soltanto senza le armi. Un sacrificio in fin dei conti molto contenuto, tratteggiato come il peggior liberticidio dell’ultimo secolo.

          Per finire, due considerazioni a margine.
          Primo: nessuno ovviamente sospetta che i Wu Ming siano collusi con Confindustria, Bo-Jo o Trump, naturalmente. Però se spesso alcune cose lette su questo blog hanno risuonato preoccupantemente simili, forse è il caso di domandarsi se il problema oltre che nell’occhio di chi legge possa essere anche nella penna di chi scrive. È sempre vero il detto che anche l’orologio, un paio di volte al giorno, segna l’ora giusta, ma io se mai mi trovassi su posizioni anche vagamente simili a quelle di Renzi, mi farei non una ma mille domande. E una doccia.
          Secondo: la contiguità a complottismi e teorie deliranti non è addebitabile ad altri se non agli autori delle stesse. Tuttavia, generalmente, penso che dovrebbe imporre più di qualche dubbio e qualche riflessioni.

          Con amicizia.

          • A ogni passaggio introduci con formule caute come «a me sembra che nelle vostre narrazioni di questi mesi…» descrizioni delle nostre posizioni che non sono soltanto caricaturali, ma in larga parte estranee o addirittura opposte a quel che abbiamo elaborato, scritto e discusso in questi mesi.

            Io sono sfiancato e non ce la faccio a riassumere per la millecinquecentesima volta, non lo farò, ma davvero dobbiamo ancora sorbirci questa pietosa sfilza di clichés? La concezione individualistica delle libertà, il capriccio di non volere restare in casa, avete rimosso il fatto che le persone morivano, le posizioni «preoccupantemente simili a quelle di Confindustria»…?

            Sono posizioni «simili a quelle di Confindustria» quelle che abbiamo preso in quest’inchiesta, dove abbiamo dimostrato dati alla mano che le deroghe alle chiusure sono state fatte senza controlli e che in generale il governo ha concesso ai padroni tutto quel che volevano?

            È filo-confindustriale battezzare uno slargo di Bologna «Piazzetta Contagiati di Covid sul Lavoro (per colpa di Confindustria e delle deroghe prefettizie)»? E ribattezzare via del Lavoro «Via Contagiati sul lavoro (perché Confindustria non volle chiudere)»?

            Sono filo-confindustriali le posizioni espresse in questo post sulle lotte nel lavoro e la nuova centralità della working class durante l’emergenza coronavirus?

            È filo-confindustriale questo post di Mauro Vanetti sull’uso strumentale del virus da parte dei padroni per licenziare un attivista sindacale che chiedeva di chiudere uno hub di Amazon?

            Visto che moltissime altre persone hanno capito benissimo quel che abbiamo scritto contro Confindustria, contro i mezzucci grazie ai quali non si sono chiuse le fabbriche, contro la riapertura selvaggia, contro la creazione di capri espiatori per deviare l’attribuzione di responsabilità dal padronato (e dal governo, e dai governi regionali, e da chi ha indebolito la sanità pubblica), io non penso proprio che il problema sia nella «penna di chi scrive».

            Penso, invece, che tu ti sia fatto nella testa dei riassuntini di quel che abbiamo scritto desumendoli dai flame sui social. Qualcuno grida: «Riaperturisti!» «Stanno con Confindustria!», magari ci mette uno screenshot decontestualizzato di un pezzo di post o di un commento forse nemmeno nostro, e da lì a ritroso, magari leggiucchiando frettolosamente qualcosa su Giap, ci si fa un’idea completamente sballata di quel che abbiamo scritto.

            Ti hanno raccontato delle cazzate, e tu le hai prese per buone. Forse, chissà, desideravi prenderle per buone.

            Se non è andata così, e quelle cose che qui ho ri-segnalato le hai lette, e ne hai desunto che quelle posizioni erano «simili a quelle di Confindustria», allora il problema non è il tuo desiderio, ma il tuo comprendonio.

            La «genealogia postmoderna», Agamben…? Qui, testimoni migliaia di persone, nelle discussioni siamo stati rimproverati perché di Agamben, di come si è mosso in questa fase e di diverse cose che ha scritto abbiamo parlato «troppo male».

            «Vicini che insultavano dal balcone se ne sono sentiti solo in qualche sporadico caso», certo, certo, la campagna ossessionante contro i «furbetti» ce la siamo immaginata noi.

            Non proseguo per carità di blog.

            In quattro “puntate”, di fronte a un bel po’ di persone che possono riconoscerne subito la falsità, hai sciorinato tutte le affermazioni più detestate da chi le nostre cose le ha lette davvero, e magari può essere in disaccordo con alcuni accenti, con certe conclusioni, con certi giudizi, ma vede benissimo che la tua “ricapitolazione” è falsa e stupida. È un vero peccato, per chi ti ha riempito di cazzate e per te che hai fortissimamente voluto crederle vere, che le nostre vere posizioni siano lì, nero su bianco (in realtà su Giap il testo è blu scuro), verificabili da chiunque.

            • Non frequento i social quindi non saprei cosa si sia scritto del vostro blog da quelle parti. Ho letto quello che avete scritto e pubblicato e mi sono fatto un’idea. Può darsi che sia sbagliata, può darsi che io abbia frainteso, può darsi che io sia un coglione. Tutto può darsi.
              La tua reazione mi pare comunque un po’ troppo scomposta. Le cose che ho scritto non si riassumono certo in “siete come Confindustria” come si potrebbe desumere dal tuo commento. Quindi forse anche la tua di “ricapitolazione” è falsa e stupida, o forse difetti di comprendonio.

              O forse, più semplicemente, questi ultimi mesi sono stati più complicati di quello che tutti noi siamo in grado di capire, e forse sarebbe meglio continuare sommessamente a farsi domande in primis su noi stessi, piuttosto che tentare scompostamente di balzare di conclusione in conclusione purché ci diano la possibilità di distinguerci dal senso comune, dalla massa, da repubblica o da quel che è.

              Sani (e forti).

              • Sappi che il fatto che noi abbiamo riconosciuto un grave errore e chiesto scusa non è un salvacondotto per distorcere tutto quello che abbiamo scritto in questi mesi e svilire le questioni che noi e tante altre persone abbiamo posto e cercato di analizzare. Non abbiamo certo chiesto scusa per tutto il lavoro fatto, né abbiamo chiesto scusa a chi si comporta come te. Abbiamo chiesto scusa in primis alla comunità di persone che si confronta con serietà su questo blog.

                La nostra posizione, come quella di chiunque si sia interrogato criticamente su quanto andava succedendo, si è evoluta, rifinita, aggiornata nel corso di questi tre mesi. Abbiamo eliminato sbavature, alcune parti di testi scritti due mesi fa ovviamente scontano il tempo passato e il progredire della situazione… Ma se c’è una cosa, una che chi ha letto davvero i nostri testi e ha seguito con attenzione il nostro percorso e le discussioni qua sopra non ha mai fatto, è stato preoccuparsi perché le nostre posizioni suonavano «preoccupantemente simili» a quelle di Confindustria.

                Anzi, non solo a quelle: anche a quelle di Trump, Bo-Jo ecc.

                Già, perché questo hai scritto tu, dopo aver inanellato svariati altri clichés e svarioni:

                «Nessuno ovviamente sospetta che i Wu Ming siano collusi con Confindustria, Bo-Jo o Trump, naturalmente. Però […] spesso alcune cose lette su questo blog hanno risuonato preoccupantemente simili»

                A parte che l’ausiliare che si usa in questo caso è essere, non avere: «sono risuonate preoccupantemente simili»… A parte la lingua italiana, dicevo, non hai che da rallegrarti, ti sei preoccupato per niente. Se non ci credi, leggi i testi che ti ho linkato.

                Sani (e seri).

                • Una cosa è vera: siamo tutti un po’ stufi di qualcosa. Io di ripetere per l’ennesima volta che non è vera l’affermazione che “oggi gli unici paesi che se la sono cavata tutto sommato bene, ci sono riusciti grazie a forme più o meno rigide di chiusura”.
                  Per il resto puoi avere tutte le sensazione che vuoi, persino quella retoricamente pornografica che qui qualcuno rimuova la morte mentre tu ovviamente no, e con te tutti i lockdownisti di questo cavolo che belli belli e con un etica francamente rivedibile se ne sbattono le scatole di bambini, di gente che vive in 25mq, di persone che si porteranno dietro problemi per anni. Totalmente incapaci di comprendere che propagandare lo stare chiusi in casa significa tramortire tutte le categorie più deboli dalle vittime delle violenze domestiche a quelli con vari disagi psichici, per i quali, ma guarda un po’, passeggiare è vivere e stare chiusi è morire. Veramente basta, perché qui si fa autocritica e altrove aspetto ancora di leggere una cazzo di parola che faccia intravedere che lontanamente, tra un Better Call Saul e un Fleabag, tra un fumetto e un romanzo, il pensiero di tutti questi che non rimuovono la morte si sia soffermato per un cazzo di istante sugli altri aspetti. Perché hai voglia di criticare la dualità del pensiero, se poi questa si ha da una sola parte. Guarda caso, quella di chi qualche sforzo per guardare i numeri lo fa, e che il metodo scientifico lo prende tanto sul serio da restare inorridito dalle cretinate che stanno mettendo insieme gli “scienziati”.

                • Mettiamo che stiamo tutti insieme scalando questa montagna: ci sono i Wu Ming e con loro i giapster più allenati, ma ci sono anche degli sprovveduti in scarpe da ginnastica, ci provano anche loro: incerti, in affanno, ma ci provano, rallentando tutti gli altri. Le foto, poi: si capisce, verrebbero meglio dalla vetta o perlomeno da un po’ più in alto, e invece il cammino viene interrotto continuamente da gente che si ferma a scattare foto inutili. I Wu Ming lo hanno detto già tante volte, prima gentili, poi un po’ più sullo spazientito, che bisogna darsi una mossa. Wu Ming 1 lo ha detto anche a me, che sono senz’altro uno dei più lenti: mi sono un po’ vergognato, un po’ volevo fare la vittima, ma poi ho ricominciato a camminare.
                  Cose, ne sto capendo sempre di più. I fondamentali sono importanti. Stare lì a contrapporre la “vita umana da salvare” all’urgenza di riaprire è solo spreco di energia. Non bastassero tutti gli interventi postati da loro stessi, i Wu Ming ti mandano a leggere una cosa veramente interessante da The Nation. Buttare lì che gli Italiani sono poco dotati di senso civico: passo schifosamente falso, è pensiero reazionario, come avevo fatto a non accorgermene (cazzo). E poi, se parli da un posto dove il lockdown lo stai sfangando tutto sommato dignitosamente, sei libero di uscire, hai una casa e il giardino, non un appartamento di centro città, non ti permettere di fare la morale agli altri che il lockdown lo stanno subendo. Insomma, sto imparando, sono persino arrivato al punto che il cammino me lo godo e siamo già fuori dal bosco, si vede la cima ed è lì che voglio arrivare. E vedo anche che alcuni hanno deciso di andare per la loro strada, ma boh, fatti loro…
                  segue>

                  • Poi accade questa cosa, che i Wu Ming si fermano, paiono un po’ provati, si chiedono se forse non sia il caso di tornare indietro: avevano imboccato per qualche decina di metri un sentiero sbagliato, ma per fortuna alcuni dei loro giapster se ne sono accorti per loro. Insomma, nulla di male, ma adesso c’è un po’ di perplessità nell’aria, avremo le energie per proseguire sino in cima, si chiedono. Ma come, mi dico io, ma non è possibile, il sentiero di salita lo vedo io stesso, è chiaro, evidente. Sì, è vero, alcuni vorrebbero continuare sulla china più diretta, ma un po’ più impervia, nel tentativo di stabilire se scientificamente il lockdown “duro” sia la misura di contrasto più efficace: si pensa persino di provare la temutissima “via degli Svedesi”, e io dico tra me e me no, no, no, andiamo per la “normale”… Insomma, una breve battuta d’arresto, ma ricominceremo presto a camminare…
                    Intanto il soccorso alpino sta ricuperando tal ywb che si è fatto male mentre provava a salire dal versante Nepalese.

                  • Se non è «Alpinismo Molotov» questo…! :-D
                    Gran bel commento.

              • ywq, quando affermi “ è possibile che un’ampia maggioranza di virologi ed epidemiologi stia prendendo un granchio e che questo virus sia poco poco più che un’ influenza, ma non sta a nessuno di noi dirlo …” dimostri di non aver colto o voluto cogliere il filo che secondo me, al di là del “ruzzolone” ( che io continuo a non considerare assolutamente fatto grave di cui scusarsi), ha unito la narrazione dall’incipit ad oggi. Che il virus sia poco più che una influenza ( che poi non capisco questo sminuirla: l’influenza, quella vera, è una roba tosta) o che sia pari all’ ebola non è punto cruciale delle analisi che si sono susseguite e ridurle ad una lamentela da viziati incapaci di accettare qualche sacrificio è profondamente ingiusto. Nella tua sintesi mistifichi l’essenza stessa di ogni contribuito che i WM hanno scelto di ospitare in base ad un principio che personalmente ho trovato di rigorosa coerenza e delle discussioni che ne sono scaturite.

          • Rispondo anch’io alla “piccola provocazione”.
            Lasciami innanzi tutto contestare il fatto che chi sa ammettere di aver sbagliato sia “intelligente”. Può pure essere scemo, ma se ammette di aver sbagliato almeno è intellettualmente onesto, o quanto meno prova a esserlo. Prima di tutto con se stesso, a mio modo di vedere, ché tanto poi gli altri tirano comunque le loro conclusioni (come ad esempio fai tu) e va benissimo così.

            Circa l’articolo che abbiamo pubblicato, il motivo per cui l’abbiamo ritirato è noto, e non riguarda tutto ciò che in quell’articolo c’era scritto, bensì alcune cose che non ci eravamo presi la briga di verificare. Quindi sì, alcune delle cose che ci sono scritte risuonano con cose che abbiamo detto e dibattuto qui su Giap in questi mesi. Alcuni commentatori nel thread che ne è scaturito hanno ravvisato una certa ambiguità di discorso, che noi invece non avevamo riscontrato e per questo nel corso della discussione abbiamo difeso la nostra interpretazione del pezzo. Era sbagliata? Boh. Da quello che l’autrice ha poi scritto nel thread non ci è parso, ma mica siamo infallibili, potremmo anche avere preso un granchio. Ad ogni modo gli interventi del coautore invece hanno rivelato un bel po’ di problemi fino alla confutazione della lettura dei dati da parte della community di Giap. Questo ne ha fatto un pezzo “fallato”, ma non significa che a nostro avviso non contenesse riflessioni interessanti. Lo abbiamo detto anche nel post di scuse.

            Dici che il virus, la malattia e la morte sono stati un rimosso delle nostre narrazioni e parli di “migliaia di microstorie che hanno testimoniato lunghe settimane di malattie e di morte”.
            Noi raccontiamo dal nostro angolo di visuale, certamente, che è particolare come quello di chiunque altro. E non essendoci trovati nelle zone più colpite dai decessi, non abbiamo impattato con la morte in maniera massiccia. Quando un vecchio amico di famiglia, persona brillante, che vent’anni fa organizzò la prima presentazione di Q in quel di Ravenna, un mese fa è morto per il Covid19, e sua figlia non ha nemmeno potuto salutarlo, né vedere la salma, e ha dovuto violare le leggi per accompagnarlo almeno al cimitero, di getto avrei voluto scrivere di questa barbarie. Ma di fronte alla quantità di casi che venivano registrati nei comuni lombardi con le bare portate via sui camion, ho pensato che raccontare dell’unico caso a me prossimo sarebbe stato – questo sì – “sborrarsi addosso”, come diciamo da queste parti (“Visto? Anche noi abbiamo avuto una perdita!”). Ho soprasseduto e credo di aver fatto bene. Ognuno fa le proprie scelte narrative, diciamo.

            Chi ci conosce sa anche a quale generazione apparteniamo. Stiamo tra i 46 e i 50 anni. Significa che i nostri genitori rientrano perfettamente nel target che più facilmente è colpito a morte dal virus. Mia madre, tanto per dire, 75 anni, è ipertesa e ha pure un inizio di diabete. L’identikit perfetto della vittima del coronavirus.
            Ero preoccupato per lei? Certo che sì. Ero preoccupato che potesse ammalarsi e morire, ma ero altrettanto preoccupato che dopo mesi in casa da sola entrasse in una depressione che le avrebbe tolto anni di vita (e ci è andata ben vicino). Non c’è un modo solo di morire. Ed è una delle cose che abbiamo detto nella nostra narrazione della pandemia. Perché ne siamo convinti.

            Sul lockdown, non abbiamo mai sostenuto che fosse inutile tout court. Non abbiamo messo in discussione la necessità di tutelare i soggetti a rischio attraverso il distanziamento fisico, i DPI, la sanificazione, e la limitazione degli spostamenti. Abbiamo criticato le modalità in cui questo è stato fatto. E come sai ci siamo presi dei “darwinisti sociali” per questo. Ma è un fottuto non sequitur, frutto di una falsa dialettica alla quale noi ci siamo sottratti fin dall’inizio. Un esempio: libertà individuali borghesi vs interesse collettivo. Quella che ci riproponi tu. Mi spiace, ma non ci stiamo. Certo, se ti piace dire che in fondo si è trattato di stare in casa due mesi, e lamentarsene è un “capriccio” da “europei bianchi” o estremisti liberali, padronissimo. Io riscontro altre cose, invece.

            Anche in questo caso posso attingere all’esperienza diretta, giusto per essere molto concreto, quella di una mia cara amica, poco più vecchia di me, che vive con la sua famiglia in una casa popolare di 50 mq. Facendo lavoretti per arrotondare lo stipendio del marito operaio, è rimasta immediatamente disoccupata appena scattato il lockdown. Ha un figlio adolescente, con problemi di carattere niente male e il diabete, e una madre con l’Alzheimer che vive al piano di sotto ma, dopo che ha chiuso il centro diurno per anziani, ha avuto bisogno di essere accudita in casa. Il marito è stato messo in cassaintegrazione, con grossa incertezza sul fatto che l’azienda avrebbe riaperto o no, e si sono ritrovati tutti assieme appassionatamente chiusi in quell’appartamento all day (and night) long. Hanno rischiato letteralmente l’implosione. Ecco, vorrei che andassi a dirlo a lei che lamentarsi di questi due mesi di lockdown all’italiana è un capriccio liberale.

            Torno a dire: ci sono molti modi di morire. Nella mia regione, durante questi due mesi, le forze dell’ordine hanno registrato una media di 6 telefonate al giorno di donne che avevano subito violenze domestiche o le avevano viste infliggere ai figli. Fatteli due mesi chiuso in casa con un tizio che ti mena… poi riparliamo dell’individualismo liberale, se vuoi. Ma fossi in te farei pure due chiacchiere con quei pensionati che hanno visto quasi un mese di pensione volare via insieme a una multa perché erano troppo distanti da casa o si erano seduti sulla panchina di un parco a riposare le gambe. O con i senzatetto fatti sloggiare dalle FdO perché se non hai una casa, almeno…”Circolare, circolare”. Ma vorrei pure farti parlare con S., un cosiddetto intermittente della cultura, cioè fonico per concerti e teatri, padre single con figlio adolescente a carico seguito dai servizi sociali, che si è ritrovato dalla sera alla mattina a zero reddito murato in casa. Per avere i 600 pidocchiosi euro dell’Inps ha dovuto aspettare settimane… che ha trascorso praticamente alla fame.

            Ecco, di storie ce n’è tante. Ci sono quelle dei morti e quelle dei vivi e sono tutte importanti e terribili. Ecco perché noi abbiamo rifiutato la falsa dialettica lockdown sì/no, e il ricatto morale “Ma ci sono i morti…di cosa vuoi lamentarti?”. Ci siamo concentrati sul racconto del modo assurdo e sconsiderato in cui il lockdown è stato attuato.

            Ah, poi non so se sia da borghesi liberali… però en passant io ho notato il fatto che nel giro di 48 ore il parlamento ha dato pieni poteri al primo ministro, il quale ha governato per due mesi consultandosi esclusivamente con un comitato tecnico-scientifico, deliberando letteralmente su tutto ciò che voleva, senza dover rendere conto a nessuno (a tratti nemmeno alla logica), imponendo alla cittadinanza una certificazione per uscire di casa, mettendo le città e i paesi nelle mani delle forze dell’ordine, libere di fermare e di multare chiunque praticamente a proprio insindacabile giudizio. E il paese ha risposto cantando l’inno, appendendo tricolori alla finestra, diffondendo l’hashtag celeberrimo (per tacere degli appelli degli intellettuali di sinistra, di cui abbiamo già detto fin troppo…) e rispolverando il buon vecchio luogo comune ultrareazionario che gli italiani sono indisciplinati e hanno bisogno di essere controllati e conculcati altrimenti si “assembrano” come quei cazzari che sono.

            E sì, c’erano i delatori alle finestre. Mi ero sempre chiesto come facesse la Stasi ad avere così tanti informatori volontari e in questi mesi ho trovato la risposta in atto: serve il clima giusto, un clima di paura e patriottismo passivo. Fortunatamente da noi è durato solo due mesi – e all’insegna dell’improvvisazione – e non decenni – gestito da burocrati tedeschi -, ma se lo spettacolo che s’è visto non ti dà da pensare, al netto di qualunque pulsione liberale, non so proprio cosa dirti.

            A conti fatti, le cose che abbiamo detto qui su Giap sono potute suonare simili a quelle di Johnson, Trump o Renzi soltanto alle orecchie di chi è rimasto bloccato dentro la narrazione binaria di cui sopra. Hai mai sentito uno di quei tre tizi parlare dell’importanza dei controlli sanitari nelle fabbriche? O hai mai letto una sola riga in cui noi caldeggiassimo la loro riapertura? In quella narrazione binaria il fatto di avere usato qui l’espressione immunità collettiva ha fatto scattare subito l’associazione con il perfido Boris o i negazionisti, e giù una ridda di insulti e sputazzi. Senonché noi non abbiamo mai caldeggiato né un approccio fatalista né negazionista o complottista. Leggere per credere. Prendiamo su tutto, eh, insulti, sputazzi, annessi e connessi, ma sappiamo cosa abbiamo scritto e qual è il discorso che abbiamo cercato di fare in questo frangente storico, giusto o sbagliato che sia. Con il grosso vantaggio che ti faceva già notare il mio socio: sta tutto archiviato qua. Gli sputi passano, gli scritti restano. A uso di critici, storici e detrattori. Anche tra dieci anni potrai rinfacciarci quello che abbiamo scritto in questi due mesi.

            Buona vita.

          • hanno già replicato in tanti, ywq, ma veramente “capricci di europei bianchi e benestanti che mal digeriscono che gli si imponga di stare in casa due mesi”, scusa, ma è veramente irritante. Perché è esattamente un rovesciamento della realtà. Vuoi sapere com’è stato il lockdown dal punto di vista dei non bianchi né europei? brutto: la paura di riuscire a dar d mangiare ai figli; bambini e ragazzi scomparsi dai radar della scuola perché non hanno un pc (le scuole in teoria dovevano avere una dotazione per gli alunni sprovvisti, ma molte li hanno finiti o non sono ancora arrivati), che se hanno un cellulare scrauso è senza giga perché non viene ricaricato e non hanno la connessione in casa; famiglie che vivevano dignitosamente – senza capricci, ti assicuro, e che si sono ridotte a vivere dei pacchi alimentari elemosinati in giro; i buoni spesa erogati dal comune (a Bologna) esauriti la prima settimana (10 aprile) e non ancora rifinanziati; giovani che dormono nei parchi perché nei dormitori non c’è più un buco, che mangiano grazie all’elemosina; madri di famiglia che facevano le domestiche a ore senza contratto e quindi non possono chiedere i 600€ dell’inps. Mi sa che piuttosto gli europei bianchi capricciosi e benestanti è più probabile che siano chiusi in appartamenti confortevoli occupati a sentirsi moralmente superiori

        • “ma ad oggi gli unici paesi che se la sono cavata tutto sommato bene, ci sono riusciti grazie a forme più o meno rigide di chiusura”

          No.

          Gli unici paesi che devono TUTTO al lockdown, sono quelli che hanno fatto SOLO il lockdown. Il primo che mi viene in mente è l’Italia. Che non mi pare proprio tra quelli che se la sono cavata tutto sommato bene. Ce la siamo cavata meglio di come ce la saremmo cavata non facendo assolutamente nulla, certo. Ma qui ci sta bene anche un grazie al cazzo, oltre a un grazie al lockdown.

          Invece in Cina, ad esempio, i risultati sono stati ottenuti col lockdown e con il tracciamento, l’isolamento e tutto il resto. Le cose di cui agli italiani pare non freghi più nulla perché, signora mia, non c’è niente da fare, i rimedi di una volta sono sempre i migliori, e il lockdown è una garanzia da secoli.

          Ci sono poi paesi che se la sono cavata tutto sommato bene anche senza lockdown. Ma nessuno se l’è cavata tutto sommato bene senza le altre misure, che sono quelle fondamentali e che spesso hanno bisogno di un lockdown per rallentare il contagio. Perché il lockdown quello fa. Solo qui da noi si pensa faccia miracoli. Miracoli, letteralmente. Perché qui da noi non è lockdown, ma penitenza. Quindi ci penserà il Signore a salvarci, se dimostriamo di meritarcelo.

          Scusate, ma qualche paletto nel dibattito bisogna tornare a metterlo, altrimenti fra un po’ torna la monarchia, porca madosca.

  34. Mi sa che i runners inseguiti da elicotteri sulla spiaggia sono stati una allucinazione, che il runner picchiato e mandato in ospedale perché correva da solo col suo cane ce lo siamo sognato, che le farmaciste insultate perché tornavano in bici dal lavoro (mentre si sospettava fossero state ad una scampagnata) sono anche loro una visione… e poi non c’è argomento più solido che sostenere che può darsi che virologi ed epidemiologi in tutto il mondo stiano prendendo un granchio,ma non sta a noi dirlo… e soprattutto non ora. In ogni caso è sottinteso che ” la maggioranza ” ha sempre ragione. Nel frattempo possiamo anche rinunciare a mangiare e a respirare che pure quelli, a voler ben guardare, potrebbero essere interpretati come capricci. Non voglio parlare dei bambini e delle donne vittime di violenza perché ignorarne l’ esistenza è un crimine gravissimo. Solo un episodio: una mia amica istruttrice di nuoto riceve chiamate disperate dai suoi corsisti con problemi motori gravissimi e che avevano qualche speranza di rallentare la progressione della malattia solo in piscina. Qualcuno li ha condannati ad una rapidissima atrofizzazione dei muscoli per proteggerli dal virus. Per me è un pensiero insopportabile.

  35. stasera ho ripescato un cd con degli scritti del 2007. non ricordavo neanche più di averlo. e forse era meglio dimenticarsene. però ho trovato cose agghiaccianti che ho scritto ormai più di dieci anni fa. dovevo ancora capire che direzione dare al mio pensiero. nel senso che ancora mi stavo chiedendo le basi. alcune cose non riuscirei più a ripensarle, anche se potrei reinterpretarle. però mi ha colpito questa frase (che non riscriverei più così [ero troppo melodrammatica ai tempi] che mi è sembrata abbastanza attualizzabile):
    La lettura di questo libro genera sensazioni intense e positive: il candore dello spirito che vince sui turbamenti e sulla umana tendenza al conflitto; la collaborazione e la precisa distribuzione dei compiti e delle funzioni; l’importanza della natura e della scienza, e la costante marcia verso la Conoscenza; l’isolamento della solitudine, al fine di raggiungere l’unione sincera e costruttiva…
    Il sinergismo nel senso più elevato del termine.
    Ad ognuno il suo ruolo, in un clima di osservanza delle norme, che vengono rispettate non per timore delle possibili ripercussioni, ma per buon senso e bontà di anima.
    Come detto, l’opera è rimasta incompiuta.

    il libro è la nuova atlantide

    notte

  36. Per ywq. Le tue argomentazioni usano artifici apparentemente accattivanti, tuttavia permettimi qualche appunto. La parte quarta del tuo intervento dimostra o che hai letto poco e male giap in questi due mesi, o che hai capito poco e male quello che hai letto. Nella parte prima critichi critiche a medici e infermieri che, personalmente, non ho mai letto su questo spazio. Nessuno qui, né amministratori né commentatori, ha mai detto che infermieri e medici si inventavano tutto, nessuno ha mai detto di ritenerli dei presuntuosi che si dipingevano come martiri incompresi, nessuno se ne stava al calduccio nelle proprie case a discettare di pandemia senza vederne il dramma, nessuno ha rimosso la morte dalla “narrazione” . Ti invito a rivedere il TG1 di ieri per capire chi, davvero, ha passato gli ultimi mesi (e continua) a sparare scemenze, prima a descrivere un popolo e una nazione sull’orlo del baratro e oggi a magnificare i Navigli tornati a nuova vita come se la vita esistesse solo sui Navigli (tanto per distinguerci da Repubblica o da quel che è).
    Come si dovrebbe sostanziare la critica al lockdown? Qui la si è sostanziata dicendo che misure per le quali dovevi chiuderti in casa per non essere contagiato ma nello stesso tempo ti mandavano a lavorare senza alcun dispositivo di protezione erano discutibili (non che ti mandavano a lavorare, perché lavorare è necessario, ma che lo facevano senza proteggerti dopo che per settimane ti hanno detto che il virus non ti lascia scampo). Che lo stesso identico lockdown a Ustica o a Bergamo era discutibile, che usare l’elicottero per far sloggiare un tizio da una spiaggia era discutibile, che impedire all’anziano di sedersi, da solo, sulla panchina di un viale deserto era discutibile. Sono queste le teorie complottiste tra lo strampalato e il delirante? Il ”che fare” leniniano non è fare qualunque cosa purché si faccia. Tra l’altro, il fatto che Agamben, qualche anno fa, abbia rifiutato di firmare un appello per lo ius soli senza prospettare alternative significa che, da quel momento in poi, per avanzare critiche bisogna necessariamente proporre alternative?
    (segue)

  37. La “narrazione contrapposta” potrebbe anche essere fatta di ribellismo (cercherei comunque di non confondere l’attivismo con il ribellismo, l’esercizio critico con la contestazione fine a sé stessa), ma il liberalismo individualista? Qui si è criticato non il medico o l’infermiere (che sono stati più volte ringraziati) ma la retorica per la quale venivano continuamente definiti eroi che morivano sul campo per difendere la patria, chiudendo contemporaneamente gli occhi di fronte alle condizioni nelle quali erano costretti a lavorare, condizioni determinate non da un indefinito liberalismo individualista di chi avanzava dubbi, ma da anni di politiche, quelle si, liberaliste (o liberiste). Sempre per distinguersi da Repubblica o da quel che è, si è qui accuratamente evitato il facile esercizio di contrapporre gli angeli in corsia con il popolo di indisciplinati che, fuori, sabotava lo sforzo nazionale, anzi, qui si è criticato proprio quell’approccio che aveva monopolizzato la narrazione mainstream non perché qui si sappia solo criticare senza proporre alternative, ma semplicemente perché quel racconto era falso.
    Naturalmente non sto qui a difendere gli amministratori, sto a difendere (nel mio piccolo) una comunità della quale faccio sporadicamente parte, e dunque nel mio piccolo difendo me stesso da affermazioni che entrano a gamba tesa in una “narrazione” che va avanti da mesi, che si costruisce con fatica e impegno, che può sbagliare (ci mancherebbe), inciampare, prendere granchi, e ovviamente accettare critiche (a proposito, cosa si propone di alternativo? Che fare? Forse accettare acriticamente tutto senza porsi domande?) ma è onesta. Ho l’impressione che tu abbia scambiato questo luogo per un raduno di fricchettoni contestatari e basta.

  38. Se il lockdown non fosse stato trasformato in una religione sarebbe stato meglio per tutti.
    La fede assoluta nel lockdown è stata dannosa perchè ha rallentato l’implementazione di misure puntuali sui punti di diffusione dell’infezione, nell’illusione che il “distanziamento sociale” fosse l’unica azione possibile per rallentare l’epidemia:
    – ha condannato alla malattia (e quindi in alcuni casi alla morte) i familiari dei malati costretti alla quarantena in casa.
    – ha nascosto le inefficienze burocratiche che hanno rallentato di un mese l’arrivo di mascherine e DPI per tutto il personale sanitario.
    – ha impedito di vedere il ritardo con cui diverse regioni hanno attivato i laboratori per fare un numero di tamponi adeguato al contenimento delle infezioni.

    Secondo me ywq confonde molto semplicemente la critica al lockdown con la critica al culto del lockdown, che qui su Giap è stata totale e sempre sostanziata con fatti e riferimenti. Chiarito questo punto, si potrebbe poi parlare senza malintesi di come il lockdown si può implementare per bilanciare al meglio le esigenze di tutt*, il virus e l’emergenza, libertà e salute.

  39. Premessa necessaria: non sono uno “giapster”. Sento il bisogno di precisarlo non perché valuti negativamente il termine o per una goffa excusatio non pentita, ma per rispetto del lavoro certosino e della pazienza dei molti giapster che in questi mesi hanno contribuito ad un dibattito faticoso sia per temi che per strumenti (non mi ricordo chi aveva sottolineato che non è semplice gestire questo tipo di ragionamenti su un blog, ma questo è lo strumento che per ora abbiamo ed è prezioso). Sono intervenuto solo un paio di volte per proporre una testimonianza soggettiva e un ragionamento minimale di psicologia di comunità.
    Questa premessa per dire semplicemente che non mi sento particolarmente appartenente (un po’a malincuore perché un’appartenenza mi manca) eppure il flame che ho visto scatenarsi in questi giorni attorno a questo articolo, in parte qui ma soprattutto fuori di qui, mi sembra proporzionale alla necessità di tenere botta e portare avanti questo difficile piano della discussione. Prima era il negazionismo, poi Agamben, poi Confindustria o Trump…hanno cambiato il randello ma mi sembra che la voglia matta di essere “migliori” che molti covavano e lasciavano trapelare centellinata fin qui, sia esplosa senza freni e abbastanza scomposta.
    Non riesco a prevedere le ricadute che questo potrà avere sulla vita degli attivismi o dei movimenti futuri…ma qualcuna l’avrà e sarà meglio farci i conti. Personalmente mi è servita per osservare meglio, capire quanto la soggettività delle condizioni possa modificare il ragionamento politico anche e soprattutto quando questo poggia su una presunzione di (innocenza?)superiorità intellettuale coltivata in anni in cui i movimenti (per quanto forti) mi sembra abbiano travolto poco le intellighenzie.
    Deposito un ennesimo contributo soggettivo, lo so, ma credo che anche queste siano dimensioni imprescindibile per fare pulizia.

  40. Lode del dubbio (Brecht 1933)

    Sia lode al dubbio! Vi consiglio, salutate
    serenamente e con rispetto chi
    come moneta infida pesa la vostra parola!
    Vorrei che foste accorti, che non deste
    con troppa fiducia la vostra parola.

    Leggete la storia e guardate
    in fuga furiosa invincibili eserciti.
    In ogni luogo
    fortezze indistruttibili rovinano e
    anche se innumerabile era l’Armata salpando,
    le navi che tornarono
    le si potè contare.
    Fu così un giorno un uomo sulla inaccessibile vetta
    e giunse una nave alla fine
    dell’infinito mare.

    Oh bello lo scuoter del capo
    su verità incontestabili!
    Oh il coraggioso medico che cura
    l’ammalato senza speranza!

    Ma d’ogni dubbio il più bello
    è quando coloro che sono
    senza fede, senza forza, levano il capo e
    alla forza dei loro oppressori
    non credono più!

    Oh quanta fatica ci volle per conquistare il principio!
    Quante vittime costò!
    Com’era difficile accorgersi
    che fosse così e non diverso!
    Con un respiro di sollievo un giorno
    un uomo nel libro del sapere lo scrisse.

    Forse a lungo là dentro starà e più generazioni
    ne vivranno e in quello vedranno un’eterna sapienza
    e spezzeranno i sapienti chi non lo conosce.
    Ma può avvenire che spunti un sospetto, di nuove esperienze,
    che quella tesi scuotano. Il dubbio si desta.
    E un altro giorno un uomo dal libro del sapere
    gravemente cancella quella tesi.

    Intronato dagli ordini, passato alla visita
    d’idoneità da barbuti medici, ispezionato
    da esseri raggianti di fregi d’oro, edificato
    da solennissimi preti, che gli sbattono alle orecchie
    un libro redatto da Iddio in persona,
    erudito da impazienti pedagoghi, sta il povero e ode
    che questo mondo è il migliore dei mondi possibili e che il buco
    nel tetto della sua stanza è stato proprio previsto da Dio.
    Veramente gli è difficile
    dubitare di questo mondo.
    Madido di sudore si curva l’uomo
    che costruisce la casa dove non lui dovrà abitare.

    Ma sgobba madido di sudore anche l’uomo
    che la propria casa si costruisce.
    Sono coloro che non riflettono, a non
    dubitare mai. Splendida è la loro digestione,
    infallibile il loro giudizio.
    Non credono ai fatti, credono solo a se stessi.
    Se occorre, tanto peggio per i fatti.
    La pazienza che han con se stessi
    è sconfinata. Gli argomenti
    li odono con gli orecchi della spia.

    (continua) >>>

    • >>>

      Con coloro che non riflettono e mai dubitano
      si incontrano coloro che riflettono e mai agiscono.
      Non dubitano per giungere alla decisione, bensì
      per schivare la decisione. Le teste
      le usano solo per scuoterle. Con aria grave
      mettono in guardia dall’acqua i passeggeri dl navi che affondano.
      Sotto l’ascia dell’assassino
      si chiedono se anch’egli non sia un uomo.

      Dopo aver rilevato, mormorando,
      che la questione non è ancora sviscerata vanno a letto.
      La loro attività consiste nell’oscillare.
      Il loro motto preferito è: l’istruttoria continua.

      Certo, se il dubbio lodate
      non lodate però
      quel dubbio che è disperazione!
      Che giova poter dubitare, a colui
      che non riesce a decidersi!
      Può sbagliare ad agire
      chi di motivi troppo scarsi si contenta!
      Ma inattivo rimane nel pericolo
      chi di troppi ha bisogno.

      Tu, tu che sei una guida, non dimenticare
      che tale sei, perché hai dubitato
      delle guide! E dunque a chi è guidato
      permetti il dubbio!

  41. Io vorrei riportare l’attenzione sul fatto che questo e’ un blog, non un saggio sull’epidemiologia. Ovvero è un’area di dibattito, dove puo’ avvenire di dire cose imprecise o errate. Il dibattito aiuta a correggerle. Ovvio che se questo avvenisse ogni pie’ sospinto sarebbe un’area di cazzeggio, e non di dibattito, ma non mi pare questo il caso. Ho l’impressione non gradevole che in alcuni casi si voglia dire “visto che vi siente sbagliati? il lock down era buono e sacro”. Beh penso che questo non sia vero, e avere incluso un articolo molto discutibile non toglie affatto valore a tutti gli altri articoli, che viceversa hanno retto benissimo le non poche critiche che sono gli sono state fatte su questo blog. Stiamo parlando in tempo reale riguardo a una questione su cui ho letto e sentito sui media tutto e il suo contrario, e su cui l’unica cosa chiara è che nulla è chiaro. Non credo che si possa dire oggi che il lockdown era inutile o che sia stato utile, dato che di questo virus non si è ancora capito quasi niente. Quello che sicuramente non è stato utile è stata la creazione della logica dell’emergenza, come piu’ volte detto qui. Ancora ieri il sindaco di Bergamo, citta’ in cui è stata fatta una gestione dissennata del problema, che se la prendeva coi cittadini che erano usciti di casa. Come prova di questo la solita foto presa in prospettiva con un obiettivo a focale lunga. Con la solita sgridata: scriteriati, non vi bastano tutti i morti che ci sono stati.

  42. Un commento pigro: sottoscrivo ciò che dici. In particolare “ l’unica cosa chiara è che nulla è chiaro”. Chiusura a doppia mandata si o no, continuerò sempre a dire no, nella misura in cui significa limitazione arbitraria ed indiscriminata delle fondamentali libertà dell’individuo. Troppo riduttivo affermare che se manca la salute non si può esercitare alcun altro diritto e che pertanto questo è il principio supremo di fronte al quale il resto deve arretrare senza indugi. Ciò non equivale a negare le tragedie che si sono consumate e l’ecatombe nella RSA. Tutti immagino ne siamo rimasti addolorati e scossi.
    Approfitto per correggere un refuso in un commento che ho postato sopra. Ho sbagliato l’acronimo dei centri rimpatrio ( CPR) perché fino a due minuti prima cercavo senza molto successo di tradurre un articolo ove veniva citata più volte la proteina c reattiva…( magari non se ne è accorto nessuno, ma ci tenevo a precisarlo).

  43. Non se ne esce. E’ snervante. I mie amici su WhatsApp continuano a mandarmi le foto degli assembramenti con commenti del tipo “finirà malissimo” e “non ce la faremo mai”. Gli stessi commenti di due mesi fa. In almeno un caso, non sono sicuro al 100% perché le avevo cancellate, ma mi sembrano addirittura le stesse foto.

    E’ incredibile come questa Fase 2 riesca a essere identica alla Fase 1. Siamo entrati in loop. O forse sarebbe meglio dire che è tutta una gigantesca Fase 0. Come si possa difendere il modo in cui l’Italia, e non parlo solo di istituzioni, ha affrontato questa pandemia, non riesco davvero a capirlo. Capisco lo shock iniziale, ma sono passati tre mesi.

    Per dire, ci hanno fatto discutere per settimane dell’app Immuni. Dibattiti più o meno centrati, con faciloneria e derive complottistiche, ma comunque tutti sembravano percepirla come una questione fondamentale. Ho letto e sentito persone che si minacciavano reciprocamente in caso l’altro avesse/non avesse installato l’app. Un’app che nemmeno esisteva. E che adesso sembra non interessare più a nessuno. Io boh…

    • In compenso io sento i discorsi per strada, in coda, da un cortile all’altro, e sono tutti discorsi del tipo “che coioni con ‘ste mascherine del kuraz”, oppure “o i ne sta ciolendo pel cul desso, o i ne cioleva pel cul prima, o tute e due”, e “no rivo a abituarme a sta vita de merda”. Poi ci si adegua, una certa dose di precauzione è giusta, ma è appunto un adeguarsi a una situazione percepita come merdosa, non una sorta di ascesi finalizzata alla purificazione della propria anima. In real life difficilmente si incontrano i sacerdoti della mascheriana e della disinfezione che si incrociano nei social network, quelli che ti spiegano come indossare la mascherina come se si trattasse dei preparativi per dire messa. Sarà che qua siamo lontani dall’epicentro del contagio (anche se Trieste città è stata colpita abbastanza duramente, nelle case di riposo), ma l’incantesimo sembra rotto. Poi secondo me c’entra anche il fatto che questa è una città occupata e poi colonizzata, in cui lo stato è sempre stato di polizia da 100 anni, come del resto in Sardegna. Per cui tutte quelle camionette dell’esercito possono eccitare i fascisti, ma alla lunga hanno rotto i coglioni un po’ a tutti, anche alle vecchiette. Non è una cosa politica, è proprio un disgusto viscerale, anche in chi non ti aspetteresti. Mi ha stupito la scarsissima quantità di tricolori alle finestre nella “Trieste cara al cuore di tutti gli italiani”. E non ho mai sentito inni di Mameli dai famosi balconi. Un po’ di Neil Young, del buon Reggae, i Clash. Ma io vivo in periferia, Scoglietto rulez. Forse in altri rioni era diverso. Alla fine però l’impressione è che a rimanere prigionieri della retorica dell’unità nazionale e degli assembramenti maligni siano stati soprattutto un certo tipo di compagni.

      • Sì, assolutamente. Fuori in strada i discorsi sono sempre meno tossici, un po’ come per il virus, che al chiuso si concentra. Certo che il “chiuso” di una cosa chiamata social network è una bel traguardo nella storia della comunicazione.

        Comunque mi sembra ci siano e ci siano sempre state un po’ entrambe le tendenze, anche a livello individuale. Sento colleghi in fabbrica alternare lamentele per la mascherina a racconti di assembramenti nel tal luogo. Sui social invece le discussioni seguono sempre più o meno lo stesso schema. Uno magari ci prova pure a dire, nel modo più innocente, “che due maroni”. Ma poi arriva subito il censore che attacca il pippone sulla responsabilità, la libertà e via dicendo, e gli altri “cuorano”.

      • Il problema è che ben possibile che vada male (anche se forse il caldo e la bella stagione potrebbero dare una mano a limitare i danni), ma di certo non per la folla nelle strade. Per dire qua in Friuli Venezia Giulia, che pure è una regione che ha tra i più alti rapporti tra tamponi e contagiati e che è stata coltta dal lock down quando il virus era ancora poco in circolazione, i vecchi continuano ad ammalarsi nelle case di cura e non si sa ancora dove metterli in isolamento. Questo perché i pagliacci della giunta leghista vaneggiano su una nave da crociera da attraccare nel porto di Trieste da usare come lazzaretto, quando ci sono tutti gli alberghi vuoti e disponibili. Il problema è che la nave costerebbe milioni, ha oltre 30 anni ed è fatiscente, va riadattata, non ha le autorizzazioni necessarie. E in sua attesa gli infetti vengono tenuti insieme ai sani. Nel frattempo una mia amica che lavora con chi ha disabilità mentali ed è rimasta al lavoro durante tutta la quarantena ha ricevuto il primo tampone solo la scorsa settimana. Tempo per avere il risultato: una settimana. Chi le ha fatto il tampone non ne aveva mai ricevuto uno.

        Sembra un copione scritto dai Monty Python

        Te credo che potrebbe andar male. Le condizioni ci sono tutte

  44. Io sono fra quelli “nuovi” segnalati tra le stats di wordpress. Nel senso: ogni tanto, ogni tot mesi, un giro me lo son sempre fatto. Ma ultimamente ho frequentato un po’ di più Giap. Non sono un troll, e conosco WuMing da vent’anni. Ci siamo anche incrociati, soprattutto online, negli anni zero.
    La questione lockdown/emergenza mondiale è chiaramente di un interesse eccezionale. Una cosa che ho pensato e che non ho ancora detto o scritto a nessuno è che mi sono ritrovato a pensare a un sacco di vecchi amici, vecchie fidanzate, parenti che non vedo dal secolo scorso, e sono stato felice di immaginarli esattamente nelle mie stesse condizioni. Di solito quando si pensa a qualcuno che non si vede da tanto tempo ci si chiede che cosa stia facendo. In questo caso lo sapevo esattamente. Erano in casa, come me, come tutti voi. Cucinavano biscotti al burro o pane. Io non ci ho visto nulla di eversivo o di autoritario, nel chiuderci tutti in casa. Ho sempre odiato – profondamente – il Potere e me ne sono sempre tenuto lontano, così lontano da risultare, oggi, io, quasi invisibile. Conosco il Potere, l’ho incrociato, l’ho studiato, l’ho annusato. Sono certo che non avesse la necessità di chiuderci in casa. Lo Stato Sociale l’hanno smantellato e continuano a dargli colpi di machete lo stesso, senza alcun problema e con una piccolissima opposizione.
    Insomma: non mi trovo d’accordo con voi, cari WuMing, in questo caso specifico. Del resto negli anni è successo qualche altra volte.
    Però mi sento di dire che non avete – quasi – colpe, in questo caso specifico. Avete ospitato un intervento, l’articolo era “sballato”, ma non avevate gli strumenti *diagnostici* per poter capire che le conclusioni erano basate su dati immaginari. Ho scritto “quasi” perché sicuramente la verifica ex post facto della vostra community è un’ottima cosa, ma sarebbe necessario analizzare tutto quello che si è nelle condizioni di analizzare, prima della pubblicazione.
    Potrei sembrare ridicolo… Io che vi spiego metodi e metodologie, quando voi siete noti e riconosciuti anche o forse soprattutto per questo (dalla scrittura condivisa, alla verifica dei fatti, all’indirizzo delle discussioni ecc.), però forse mettere su una sorta di comitato editoriale con competenze di varia natura potrebbe essere un’idea.

    • Confesso di aver pensato anche io a persone che non vedevo da tanto, chissà forse è stato un fenomeno di massa questo volgersi del pensiero all’indietro. Probabilmente dovuto al fatto che per la prima volta ciò che vivevamo sembrava simile, insomma eravamo più o meno tutti e tutte a casa – o meglio in un luogo circoscritto.

      L’analogia si ferma lì, però. C’era chi stava in una casa comoda, coi soldi che facevano «din din» accumulandosi se ben investiti, e altri che erano in una casa umida, inadeguata, malsana, in una non-casa, in un «campo Rom», una cella… coi pochi soldi magari risparmiati che facevano «flush flush», proprio nel senso se se ne andavano, senza riprodursi, giù con lo sciacquone.

      Se il lockdown mi avesse colto nella situazione abitativa di pochi anni fa ne sarei uscito – non solo io, ma le persone con me – con delle ferite che non oso immaginare. Mi è andata bene. A quanti e quante no? Altro che biscotti al burro. Invito a non scordare questo aspetto, altrimenti si idealizza il lockdown, nel senso proprio che si crea un ideale di lockdown che non corrisponde con quanto realmente vissuto.

      Non hai visto nulla di autoritario ne «il Potere»? Beh, il potere si trova e si esercita soprattutto nel definire ciò che consideriamo reale. Nel farci credere per esempio che il lockdown sia una questione biscotti al burro (scusa non voglio fare l’antipatico, mi diverte solo l’immagine :); cioè, complessificando e più seriamente, nello spingerci a parlare di burro pur sapendo che c’è altro in gioco, come sono convinto che tu sappia benissimo.

      Che altro c’è in gioco? Per esempio l’ennesima resa dei conti interna al capitalismo, che vede da una parte alcuni attori vincenti (anche nel lockdown) e altri in affanno, settori ad altissimo valore aggiunto (AI, TLC) che spazzano via quelli più datati, più labour intensive eccetera (sono solo esempi, non elenchi esaustivi). Anche in queste alleanze tra stato e pezzi di capitale si esercita il potere.

      (continua)

      • (seconda parte)

        Altro ancora in gioco: la promessa dello stato (non qui un generico potere, ma «lo Stato») di proteggere i suoi cittadini, ma la realtà che è disposto a farlo solo contro le minacce che riconosce davvero come tali, ovvero il Covid sì ma la morte lenta e insistente per inquinamento no. Anche qui il potere è silente, ma definisce incessantemente il campo su cui si esercita con azioni positive e quello su cui invece dice «mbe? cazzi tuoi, io che ci posso fare?», esercitandosi con una non-azione.

        Capire cosa definisce minaccia e cosa no il potere è questione determinante per capire cosa sia il potere; da qui anche tante discussioni di questi giorni. Ma sempre senza perdere di vista un punto: non esiste «il Potere» ma un campo conflittuale di forze, esistono rapporti (altresì conflittuali) in cui siamo inseriti, e che innervano la nostra stessa esistenza, la strutturano, e da cui è però possibile in qualche misura emanciparsi, o almeno non perdere spirito critico. Ma poiché il potere è poi questo, infine, mi chiedo come tu possa immaginare di essergli «invisibile». Mi pare, come minimo, un po’illusorio.

        • Si può leggere in due modi diversi la notevole differenza nella reazione dello stato fra i morti covid e i morti inquinamento. Si può vedere una differenza fra quel minaccia il sistema e quel che alla fine, giocandosela bene, lo può perfino favorire (visto in cronaca rosa, l’aumento del Gradimento per Conte, a dire la più scema). Oppure guardare la frittata dal di sotto e tener conto che per le persone, morire a migliaia di botto per covid è un “disservizio misurabile” dello Stato, e può produrre rabbia, rancore e Sgradimento (addirittura, Insubordinazione). Mentre morire a milioni per malattie connesse all’inquinamento è un fenomeno vissuto in modo dis-aggregato nel tempo e nello spazio, non altrettanto facilmente riconducibile a cause e persone identificabili. Quindi, se si guarda la frittata dal di sotto, lo Stato si preoccupa di quel che fa preoccupare le persone fino al possibile punto di mobilitarle, indipendentemente dal fatto che siano fenomeni potenzialmente in grado di minacciare il sistema. Anche perchè, quando si analizza per bene, qualsiasi fenomeno, gratta gratta, quando arrivi al punto, devi scardinare il sistema per renderlo meno tossico. E’ solo questione di quale lente usi.

          • Caloges, non può davvero essere che la soluzione più semplice sia quella corretta? Ovviamente prendo spunto da Occam, o meglio OckHam, non mi invento nulla. Non può essere che dei governanti inetti si siano resi conto che – numeri alla mano – non avrebbero avuto il numero necessario di macchinari/posti/terapie nei reparti TI, nel caso in cui il contagio fosse proseguito nei termini quantitativi dell’inizio dell’infezione da Covid-19? Che un lockdown fosse la maniera più semplice per “fare qualcosa”, per non farsi accusare di non aver fatto, di non aver provveduto, governato? Le tre T dove sono? Evidente che questa *cosa* ci ha messi di fronte alla nostra (o meglio alla LORO) impreparazione. Io consiglio sempre di non dubitare mai della stupidità umana.

            • Scusate faccio una aggiunta. A sostegno della mia tesi (stupidità) vorrei ricordare la confusione e la casualità dei codici ATECO, i bar, le pasticcerie sì, il caffè a domicilio sì ma i pasticcini no, e cose così. Come anche il ritardo nel firmate questo decreto di maggio, il Decreto “Rilancio”, che doveva chiamarsi Decreto Aprile, tanto per dire, che stabilisce cose come i giorni di permesso 104 di maggio e che non è ancora stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale – se non sbaglio. Credetemi: l’errore peggiore è scambiare uno stupido per un genio.

        • Sì, ci mancherebbe… Volevo fare il simpatico, con la questione dei biscotti al burro e del pane, visto che sono diventati il passatempo nazionale. Chiaro che un borghese come me se la passa meglio di tanti altri che non avevano e non hanno una casa. Chiaro anche – spero – che con “Potere” volevo semplificare una questione molto più complessa. Per esempio, opinione mia, mai i governanti sono stati culturalmente e politicamente di così bassa levatura. Ora tu mi dirai: “eh allora ti piace Andreotti”, e no, non voglio dire quello, ma semplicemente che la questione “Potere” è complessa a tal punto che o la si è compresa appieno in anni e anni, oppure è impossibile esplicitarla in cinque righe di testo. Io sono “invisibile”, assolutamente, soprattutto perché non interesso al Potere, possedendo poco, incontrando quasi nulla, nessuna iniziativa economica. Sussurro fra me e me, fondamentalmente. Quindi non interesso, non sono visibile. Non ci sono sicuramente dei dossier su di me eheheh, né tanto meno risulto visibile in altri modi.

          • Perdonami, ma tu praticamente stai dicendo che siccome il lockdown all’italiana si spiega nel modo più semplice con l’inettitudine dei nostri governanti, allora qualunque considerazione riguardante il potere è fuori fuoco. Ora, la logica conclusione di questo ragionamento è che la banale inettitudine dei nostri governanti funzioni come una sorta di scudo che ci protegge dall’esposizione al campo di forze del potere, come lo descrive wolfbukowski, con le sue dinamiche che tu stesso definisci complessissime al limite dell’incomprensibilità. Il che potrebbe anche essere una spiegazione della scelta strategica di votare M5S da parte anche di alcuni intellettuali di sinistra, ma a me francamente non sembra stare molto in piedi.

    • Biscotti al burro io non ne ho cucinati. Pane sì, tanto, e non era divertente. Solo che il pane del supermercato faceva schifo e comunque finive subito. Io sono un privilegiato, perché in famiglia lavoriamo in due, entrambi con posto fisso. La casa è abbastanza piccola ma c’è un cortile condominiale e i vicini non sono infami. E però: due figli al gabbio a fare didattica a distanza, con la connessione che va e viene, lo scazzo, i porconi, l’aggressività che possono sviluppare adolescenti e preadolescenti privati improvvisamente di ogni socialità e della possibiltà persino di uscire cinque minuti per sgranchirsi le gambe. Mezzi blindati dell’esercito nelle strade, soldati armati di fucili da guerra, poliziotti fuori di testa che ti trattano come se fossi un sacco di merda infetta. La macchina della protezione civile che gira per le strade ripetendo meccanicamente all’infinito “restate a casa. restate a casa. restate a casa.” Elicotteri, droni, dobermann. Imparare a muoversi come un ninja nel rione, sfruttando la conoscenza del territorio. Vedere tuo figlio che impara da solo, a 12 anni, a nascondersi dietro i bidoni delle scovaze appena intuisce la presenza di una pattuglia da un riverbero bluastro dietro la curva. Tra compagni ci dicevamo che Fedriga faceva il gioco dell’OZAK. Adesso Fedriga è tra gli “aperturisti” più spinti. Si dice spesso che qua le cose si vedono in modo più netto. Ecco, stavolta la cosa che si vede in modo netto è che la teatralità dell’apparato repressivo messo in campo durante il lockdown e la repentina decisione di aprire tutto accettando ogni richiesta di confindustria e dei commercianti non sono in contraddizione, ma sono le due facce della stessa politica, indipendentemente dall’appartenenza dei decisori al PD o alla lega.

      • Mi spiace che – alla fine – siano stati notati solo i biscotti al burro. Io ne ho fatti, perché avevo tutto il tempo, visto che sono un borghese ma sono anche senza lavoro. Lo dico giusto per capirci. Non acquisto vestiti, ho un solo paio di scarpe per stagione, e giuro che quelle “estive” hanno la suola che si è staccata, ma avevo un po’ di mastice e più o meno regge. Il burro si trova, e si trovava. Costa meno farli, i biscotti.
        I figli, se li fai, te li devi anche piangere. Neonati, bambini, adolescenti ecc. Sta a te, hai fatto una scelta e ne paghi le conseguenze.
        Perdonatemi se rispondo piccato, ma – spesso accade nell’internet – ci si capisce poco, ci si fraintende. Sono sicuro che davanti a una bibita (sono anche astemio), ci troveremmo tutti più simili. Invece qua mi date del “leghista”, addirittura o del pdino o piddista non so come si dice.
        Fa nulla. Resto della mia idea che la stupidità dei governanti sia la causa principale di molte questioni, lockdown incluso. E che purtroppo la stupidità dei governanti è sempre correlabile alla stupidità del popolo.

        • Guarda che qui nessuno ti sta dando del «leghista» o del «piddino», no so davvero a cosa tu ti riferisca. Abbiamo tutti usato i biscotti come esempio, nessuno ti ci ha inchiodato. Diciamo che l’immagine che hai usato ha avuto successo, i tuoi biscotti sono andati a ruba… e ora te ne lamenti? :-)

          Con Tuco non concordo del tutto sul pane. Lo sbatto non è prepararlo, ma farlo uscire decente dal forno. Oggi ho bruciato l’ennesimo. A mia discolpa il fatto che il forno è a legna, e non ne possiedo uno elettico (scusate era solo per allungare il brodo)

          • Eh ma io sono un panificatore di lunga data :-) Ho imparato a fare il pane da mio padre, quando ero un ragazzino. Mio padre sapeva fare un sacco di cose e un po’ me ne ha insegnate.

          • WolfBukoski, apprezzo molto i tuoi interventi, ma so leggere fra le righe. Non è il lockdown che ha creato le classi sociali, le disparità. Chiaro che chi si arricchisce sa come governare certi strumenti e continua a farlo in ogni circostanza. Ma il piccolo commercio di quartiere è forse in crisi da due mesi? Il lavoratore in nero non mangia da soli due mesi? Forse non è chiaro in che posto viviamo, in che condizioni, e con quali prospettive. Impuntarsi sull’idea che la quarantena sia stata un esercizio di repressione o un esperimento per future eversioni significa non considerare lo status quo ante. Forse la mia prospettiva è diversa perché viviamo in luoghi diversi – potrebbe essere. Io non la sopravvaluterei, anzi. Ci sono stati anche aspetti positivi, ad esempio il lavoro da casa e una digitalizzazione che ci vedeva indietro di vent’anni (adesso siamo indietro di soli 10). Molti degli aspetti negativi, invece, sono stati solo enfatizzati dal lockdown e non diretta conseguenza. La lotta operaia non è stata negata causa chiusura del Paese, ma non esiste praticamente più. Sbaglio?

            • Guarda, NonSoCheNickUsare, non si tratta di gang-bang ma, temo a questo punto, di passività aggressiva. Altra prassi, insomma, probabilmente anche più diffusa.

              Hai detto cose che non condividevo, ti ho spiegato perché, e mi accusi di averti dato «tra le righe» del sempliciotto (per capirci), oppure dici che tutti avrebbero notato «solo i biscotti» all’interno del tuo discorso. Non è vera né l’una né l’altra cosa, e lo sai.

              Io cerco di mettere il lockdown in una prospettiva storica (ho provato a farlo anche in un articolo – quello dedicato a Max Headroom), la stessa prospettiva storica in cui si trova la crisi delle organizzazioni dei lavoratori, quella del piccolo commercio nei confronti della GDO eccetera; e ho anche motivato, in quell’articolo e nei commenti che ne sono seguiti, perché tutta l’enfasi sui «passi avanti della digitalizzazione» non mi trova entusiasta.

              Tu, da parte tua, dici quanto sopra (mi riferisco al commento delle 19:44). Non sto a riassumerlo perché non vorrei in qualsiasi modo tradire il tuo pensiero e far partire una discussione infinita. Mi pare chiaro il semplice e banale disaccordo. Nessun motivo per sentirsi fraintesi: ci siamo capiti e non siamo d’accordo.

  45. Perché invece scrivere che in Friuli vi hanno scagliato contro i dobermann? Dài, su… Voglio vederli questi dobermann. L’unica notizia che ho trovato è questa: “Una bambina di 2 anni è stata aggredita nel pomeriggio di ieri da un dobermann di proprietà della famiglia, in un paese della Bassa Friulana. Il cane l’ha morsa improvvisamente al volto causandole diverse lesioni. È stata immediatamente trasportata all’ospedale di Latisana, dove le sono state praticate tutte le cure necessarie. È stata comunque dimessa. Per fortuna le sue condizioni non sono gravi.

    Il cane è stato trasferito in canile dal personale veterinario fatto intervenire sul posto subito dopo l’aggressione.”

    • Perché le pattuglie a caccia di migranti lungo il confine hanno i cani, già da prima del covid.

      https://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2019/11/06/news/cani-anti-migranti-al-confine-la-nuova-richiesta-del-comune-1.37851722

      E quelle pattuglie durante il lockdown davano la caccia ai raccoglitori di asparagi, visto che la rotta balcanica si era quasi azzerata in quel mese.

      Adesso dirai che sono cani lupo e non dobermann. Dimostrando di aver capito tutto.

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      • Ma che ne so… Non sono abbonato al Piccolo, come immagino lo sia tu, e non posso leggere l’articolo. Capisco però che tu ti sia sentito alla stregua di un migrante, e bene così, almeno abbiamo un po’ più chiaro chi è veramente vessato in questo Paese. Comunque mi pare di capire che per te io sono un imbecille e quindi: ok. Hai ragione. In Friuli vi hanno scagliato contro i cani-lupo.
        Però, e poi chiudo (è stato bello, ma le gang-bang tutti contro uno mi piacciono solo su xvideos), se la soluzione – stupida, immaginata da gente altrettanto stupida – è il lockdown, come immaginavi che avrebbero imposto a tutti di stare a casa? Alla fine potevi fare come ho fatto io, ovvero dire che andavi a fare la spesa. E fine. Gli asparagi li potevi comprare al supermercato, per due mesi. Capisco che quelli selvatici siano più buoni, ma solo di benzina spendi di più Buona vita, Tuco, alla fine sei un simpaticone e ti voglio bene.

        • Non ho capito cosa vuoi da me, ma non importa.

          Comunque i raccoglitori di asparagi a cui i poliziotti davano la caccia coi cani e coi droni erano gente che vive in campagna sul carso. Gente che usciva di casa direttamente nei prati, gente che poteva contagiare al massimo gli scoiattoli. La caccia al raccoglitore di asparagi è stata teatro, gioco dell’OZAK. Nel mentre, nelle case di riposo i vecchi morivano di covid perché nessuno aveva pensato di fare i tamponi agli OSS.

  46. Tuco, io il pane l’ho fatto 4, 5 volte e niente… mi sono arreso. Provato di tutto, idrolisi, pieghe, 72 ore, cottura in pentola. Alla fine ho capito che non è per me, e ne faccio a meno. Un po’ meglio è andata coi biscotti.

  47. Nel 2002 a Roma ad una manifestazione nonricordoquale, anniversario di Genova forse, avevo vicino a me un bambino di 8 anni, ad una delle sue prime manifestazioni, che si è rintanato al volo dentro un bar che aveva tirato un po’ su le saracinesche per fare entrare la gente quando la polizia ha caricato: niente di grave ma c’erano i lacrimogeni e si è spaventato. Per tutto il giorno dopo ha chiesto, fino ad ogni infimo dettaglio: “ma tu da cosa avevi capito che stavano per caricare?” Era pieno di gente e per lui era piovuta al cielo, ma per alcuni adulti no, e voleva capire. Quindi che a 12 anni il figlio di Tuco colga con la coda dell’occhio la luce blu, è normale, è imparare dall’esperienza reale, alla fine è una bella cosa, mi hai regalato una bella immagine, forse mi rimarrà più questa di tante altre sul lockdown.
    Invece sono rimasta male che Bukowski brucia il pane, cavolo, dopo il libro sulle mozzarelle era il mio mito sul piano alimentare..

    • Dato che si parla di pane. Io curo il mio lievito madre con un bimbo. Ha un nome ed ogni settimana gli faccio un bagnetto che lo rinvigorisce. Ci tengo perché ha circa 70 anni e da quando me lo hanno spacciato mi sento in dovere di tenerlo in vita. Ho sempre incastrato la panificazione tra le 800 cose da fare in un giorno perché l’impasto vivo sotto le dita mi trasmette energia. Eppure in questi mesi non riuscivo a panificare. Ne avrei avuto modo senza i soliti affanni, ma sono entrata in corto circuito. Sentire gli elicotteri, affacciarmi e vedere guardie ovunque a presidiare il nulla ( bellissima l’immagine di Filo a piombo che li definisce “ sfaccendati in divisa”), leggere dei pestaggi in carcere ( direte voi che mica sono una novità), l’impotenza in generale urtavano contro queste immagini stereotipate di famigliole felici prontamente ficcate in ogni spot. Non vedo complotti in effetti nel senso proprio del termine ma i rigurgiti autoritari e fascisti questi si, ovunque.

    • Mi hai fatto tornare in mente un dialogo con Don Pasta di ormai un lustro fa, che iniziavo più o meno così:

      «Sono uno di quelli che Brillat Savarin – il *fondatore* della gastronomia – metterebbe all’inferno. Nel girone in cui si puniscono quelli che non si concentrano mentre mangiano.»

      Evidentemente non mi concentro neppure quando cucino, visti i risultati :-)

      (era una conversazione uscita su Repubblica Bari, ripubblicata qui: https://edizionialegre.it/recensioni/dialogo-tra-don-pasta-e-wolf-bukowski-a-partire-da-la-danza-delle-mozzarelle-di-don-pasta-da-repubblica-bari/ )

  48. Rientriamo solo per una mozione d’ordine: l’uso di sfilze di caratteri alfanumerici a caso per raggiungere il limite di battute rende inutile avere un limite di battute. Lo abbiamo messo proprio per evitare i botta-e-risposta fulminei e spesso cazzoni in stile social. Il limite minimo di battute serve a far pensare due volte prima di scrivere un commento di poche righe, consistente solo in una battutina, in uno “specchio riflesso”, in una reazione stizzita, in una roba poco significativa… e dopo averci pensato due volte rinunciare.

  49. Persiste, nello scambio subito qui sopra, la confusione – su cui abbiamo già scritto molte volte – tra «lockdown» e «stare in casa».

    «Lockdown» è un’espressione divenuta sempre più vaga, onnicomprensiva. Ormai è un termine-ombrello, soprattutto in Italia, dove viene usata mettendo insieme tutte le chiusure, restrizioni, limitazioni, proibizioni introdotte in questi tre mesi a livello nazionale, regionale e municipale. Mette insieme misure necessarie (ma spesso applicate nei tempi e modi sbagliati), altre magari non necessarie ma sensate e altre del tutto irrazionali. Fa credere che ci sia un’inesorabile progressione logica tra vietare gli assembramenti e starsene tappati in casa, tra la chiusura delle fabbriche (che da noi si è comunque risolta in una mezza farsa) e il portare la mascherina all’aria aperta anche se intorno non c’è nessuno ecc.

    Quindi rimarrei allo stare in casa. Che non è una conseguenza obbligata del distanziamento fisico né del lockdown. Abbiamo già detto che nella lingua italiana un conto è «stare a casa» dal lavoro, un conto è pensare si debba stare sempre in casa. Anche in inglese c’è una differenza tra stare «at home» e stare «indoors». Lo abbiamo mostrato, nei vari paesi che hanno affrontato la pandemia il principio del limitare gli spostamenti è stato declinato in modi anche molto diversi tra loro. E le curve del contagio sono molto simili in quasi tutti i paesi, che si sia chiusa la gente in casa o meno. In Italia, per vari motivi che non ho voglia di ripercorrere ancora, lo stare a casa è diventato ben presto stare in casa, e se ne è data un’interpretazione rigidissima, tetragona, che ha portato anche a derive penitenziali/sacrificali.

    In questi tre mesi è riemerso nella società italiana – non dappertutto, ovviamente – qualcosa di profondissimo, di cattolico “hard”, di controriformista e forse si può andare anche più indietro. In alcuni ambienti si è arrivati a una sorta di misticismo. Ho letto un diario della quarantena tutto al femminile dove si vedevano chiaramente in filigrana gli esercizi spirituali delle suore di clausura, e a un certo punto c’era la foto di una ragade venuta a furia di lavarsi ossessivamente le mani col disinfettante. L’ostensione delle stimmate. Santa Caterina da Siena. Ne sono rimasto molto turbato. Ma anche senza arrivare a questi estremi, mi sembra che l’emergenza coronavirus abbia scavato parecchio in profondità. Sono argomenti che fanno tremare le ginocchia, è difficile scriverne in modo equilibrato.

    Lo stare in casa è stato anche una narrazione classista. Per chi gode di un privilegio, quel privilegio è come l’acqua per il pesce (ancora DFW). Privilegio di classe, di genere, di “razza”, chi ce l’ha lo dà per naturale, scontato, e soprattutto universale, non se ne accorge che il suo punto di vista è *situato*, se non glielo fanno notare e non gli smontano la costruzione davanti agli occhi. Quindi è normale che chi aveva le condizioni per passarsi bene la clausura domestica sia portato a pensare che *tutti* se la siano passata bene, e che l’angolatura da cui guarda gli ultimi tre mesi valga per tutte e tutti. E nella sua cerchia, il più delle volte, avrà solo conferme, perché il bias è comune.

    A chi non ha figli, ad esempio, e sta in una balotta di amici anche loro senza figli, non può venire spontaneo pensare a quanto abbiano sofferto bambini e adolescenti. La mia compagna fa la maestra elementare in una delle scuole più multietniche, proletarie e anche sottoproletarie di Bologna, i suoi bambini sono al 95% figli di migranti, provenienti da ben 11 paesi. Le testimonianze sulle condizioni in cui quelle famiglie hanno vissuto il momento più plumbeo e fanatico dello stare in casa sono molto diverse da quelle di certi progressisti del ceto medio: costretti in appartamenti piccoli, scomodi e sovraffollati, spesso privi di reddito, con bambini che già pativano condizioni di esclusione e adesso i loro genitori si sentivano dire che dovevano tenerli sepolti vivi, perché per settimane è passato che se portavi tuo figlio a fare una passeggiata eri praticamente un delinquente, sbattevi il grugno contro muraglie di riprovazione o peggio, e figurati se eri un migrante… .

    Per fortuna, come abbiamo scritto altre volte, molte comunità migranti hanno tenute attive le loro reti di mutuo appoggio, e se la sono sfangata, ma è stata durissima e mica è finita. Ecco, quando parliamo di cos’è stata la fase 1, cerchiamo di non rimuovere il fatto che la «casa» della narrazione #iorestoacasa era la casa borghese.

    Ma soprattutto, noi ci teniamo a ribadire perché a nostro avviso lo #stareincasa ha avuto effetti nefasti sulla gestione stessa della pandemia. Per non star sempre a fare riassuntini ex novo, uso un testo già scritto ma inedito. Ieri abbiamo risposto per iscritto alle domande di una rivista della Repubblica Ceca, ne riporto un estratto.

    Fin da subito, mi sembra, sono emersi due approcci retorici dominanti, quello del “restare in casa” e quello di Milano, Bologna, Lombardia o qualsiasi altra entità territoriale “non si ferma”. Questi due approcci, che sembrano antitetici e venivano portati avanti da gruppi di potere diversi, si sono poi intrecciati in una narrazione dominante? E in generale, come si è sviluppata la narrazione sul coronavirus in Italia?

    I due approcci, che nella confusione della prima fase sembravano antitetici, con l’assestarsi dello stato di emergenza si sono rivelati complementari, o meglio: uno è servito a nascondere l’altro. C’è stata un’Italia che è restata a casa, e ce n’è stata un’altra che non si è mai fermata, e molte persone facevano parte dell’una e dell’altra simultaneamente.

    Per farlo capire bene, dobbiamo chiarire la nostra critica all’idea, impostasi molto in fretta, che per non ammalarsi bisognasse stare chiusi in casa. Il distanziamento fisico, la limitazione degli spostamenti, la chiusura delle attività produttive, i controlli all’ingresso delle strutture sanitarie, la tutela dei soggetti più a rischio… Tutto questo è in linea di principio giusto e sensato, la nostra critica ha riguardato i modi e i tempi in cui è stato messo in pratica. Al contrario, a non essere sensata, a essere totalmente irrazionale, è stata l’equivalenza – priva anche di fondamento scientifico – tra «all’aperto» = male, «in casa» = bene. Come se il virus non si trasmettesse per contatto diretto ma fosse una specie di nube di Chernobyl che calava sulle città.

    Un ruolo fondamentale lo ha avuto la campagna mediatica riassunta nell’hashtag #iorestoacasa. Si è imposto un feticismo delle pareti domestiche – tra l’altro molto classista e perbenista nelle sue connotazioni – e soprattutto si è imposta l’idea che se uscivi di casa a passeggiare, anche a distanza di sicurezza da chiunque, eri un criminale che diffondeva la peste. Questo avveniva anche in campagna, nei boschi, in luoghi scarsamente popolati. Si sono mandati elicotteri e droni della polizia a controllare i campi, le foreste, le montagne, le spiagge… In questo modo il governo e i capitalisti hanno rovesciato su comodi capri espiatori le loro responsabilità – rispettivamente per avere smantellato la sanità pubblica in anni di neoliberismo e austerity, e per essersi opposti alla chiusura delle fabbriche.

    In Italia, all’incirca metà dei lavoratori dipendenti regolari ha continuato ad andare al lavoro, con buone probabilità di contagiarsi, per tutto il tempo dell’emergenza. I focolai peggiori sono stati nelle case di riposo, nelle residenze per anziani, nelle strutture sanitarie, quindi al chiuso, e nella diffusione del virus ha pesato moltissimo il fatto che in molti settori il business non abbia chiuso nemmeno per un giorno. I lavoratori dovevano prendere mezzi di trasporto pubblico affollati, e stare per ore in situazioni di assembramento. Riassumendo, il problema era stare al chiuso, non certo stare all’aperto. Ma criminalizzare lo stare all’aperto, vietare le uscite di casa «senza motivo», chiudere i parchi, impedire ai genitori di portare i loro bambini a prendere un po’ d’aria, tutto questo è servito a distogliere l’attenzione dalle vere dinamiche del contagio. Bisognava chiudere le fabbriche e lasciare che la gente andasse nei parchi, nei boschi, in spiaggia, ma c’è stato quello che abbiamo chiamato «scambio spettacolare»: per non chiudere le fabbriche si sono chiusi i parchi e pattugliati i boschi e i litorali. Così siamo arrivati alla situazione paradossale per cui milioni di italiane e italiani andavano a lavorare in luoghi dove potevano contagiarsi, mentre nel loro tempo libero non potevano uscire di casa.

  50. La principale modalità di discussione di chi, diciamo così, fa prevalere il lato “salutista” si articola su due punti: il “cui prodest” e – derivato da – il “era così anche prima”.
    A chi è convenuto tenere in casa in questo modo schizofrenico la gente che, come disse una volta Tuco, “in fabbrica non si infetta perché è fatta di acciaio al titanio; diventa un sacco di merda infetta appena si attarda davanti all’uscio di casa a prendere una boccata d’aria”? Purtroppo i tre mesi non sono fatti per essere ordinati quindi non so se l’ho letto qui o altrove o se addirittura l’ho scritto io, qui o altrove. Sta di fatto che i soggetti a cui conveniva questa soluzione sono abbastanza facili da identificare: da una parte, forse lo diceva Bukoswki, tutta la filiera tecnologica, diciamo così: google, amazon, la telefonia, netflix; poi tutti quelle aziende per cui il passaggio da dal lavoro in ufficio al lavoro a casa si risolve in un notevole abbattimento di costi per uffici e – rapidamente – personale; a fare da sponda un presidente del consiglio tra i più ridicoli che si possa immaginare, che intravede la possibilità, attraverso “pronunciamenti”, di rafforzare la propria posizione; le classi dirigenti periferiche, che dietro l’aria macchiettistica, quella che fa credere a tanti che il problema è che ci sono cretini al governo (che poi va a sapere com’è che noi che siamo così intelligenti invece arriviamo a stento a fine mese ma vabbè) sanno perfettamente come capitalizzare in termini di consenso le occasioni; l’eterno fascismo delle forze dell’ordine, che manco nei loro sogni potevano immaginare una tale impunità, così da poter persino ammazzare gente in carcere senza che si smuovesse un plissè. Hanno agito di concerto? Chiaro che no, ma sembra chiaro che avessero (e hanno) interessi convergenti. –>

    • –> E hanno bisogno di una pandemia per fare un lavoro che stavano facendo così bene? la sinistra non era già devastata forse? Invece di farla lunga due citazioni. La prima di Mario Moretti, il famigerato brigatista che nel libro di Mosca e Rossanda racconta che una volta ebbe uno scambio con un agente dei servizi, mi pare, il quale gli diceva che sostanzialmente era finita, la lotta armata era stata sconfitta. Moretti, riferendosi alle sistematiche torture che hanno permesso la vittoria dello stato, gli chiede “ma allora perché ancora tutta questa violenza?” E l’agente, forse in romanesco: “così famo prima”
      La seconda è della Harendt, che ho trovato oggi in un articolo che parlava della Francia: “Quand tout le monde vous ment en permanence, le résultat n’est pas que vous croyez ces mensonges mais que plus personne ne croit plus rien. Un peuple qui ne peut plus rien croire ne peut pas se faire une opinion. Il est privé non seulement de sa capacité d’agir mais aussi de sa capacité de penser et de juger. Et, avec un tel peuple, vous pouvez faire ce que vous voulez”,

      • Grazie di questa citazione di Arendt, che mi ha fatto subito pensare a una cosa che mi è successa proprio ieri in una riunione via software (proprietario) di teleconferenza.

        Un interlocutore era collegato da un superattico, io ero infastidito un po’ da ciò che diceva, un po’ dal superattico. Poi mi è stato detto che era uno sfondo posticcio del software proprietario.

        Ora, al netto della mia ingenuità, penso: la questione del vero nel mondo digitale è sottoposta a due tensioni contrapposte.
        Da un lato quella «ufficiale», incarnata qui da noi soprattutto da Pd e La Repubblica, che si potrebbe sintetizzare con: «noi diciamo la verità scientifica e oggettiva, la destra racconta fake news». Su quanto sia falsa quella verità, e spesso totalmente antiscientifica (la parola è sfocata, lo so, ma famo a capirse) lo sappiamo, ma dobbiamo ritenere che quella postura (quell’«effetto di verità») funzioni presso una parte significativa dei nostri simili. Quella parte, peraltro, che si ritiene più «illuminata» e illuminista.

        Dall’altro lato ci sono i complottismi vari, che dicono: «c’è una verità, che è quella che ti diciamo noi e che tutti gli altri nascondono».

        Entrambe le retoriche circolano soprattutto nella dimensione digitale. Che però è la stessa che mi inganna su – lo dico fuori dai denti – sull’appartenenza di classe del mio interlocutore (superattico o umido tinello?)

        La questione della verità è certamente antica come il linguaggio, ma direi che c’è un salto di scala, se neppure ciò che i miei sensi percepiscono direttamente può illuminarmi; anzi, al contrario, mi precipita in una menzogna più sofisticata (quella di microsoft Teams e dei suoi fottuti sfondi). Ne deriverebbe, secondo quanto asserito da Arendt, una manipolabilità estrema dei soggetti.

        • Sono d’accordo.

          Se la verità (o la sua interpretazione) è in fondo da sempre più o meno soggetta a tensioni contrapposte in funzione dal punto di vista e dei “pregiudizi” e anche degli interessi consci o inconsci dell’osservatore (ovviamente, 2+2 = 4 è vero da ogni punto di vista, ma ci fermiamo qui…); se da sempre vi è stata più o meno una verità “ufficiale” che è stata utilizzata “come un’arma” per stanare dissidenti e oppositori politici, credo che sia la prima volta che ad aderire all’interpretazione ufficiale e mainstream sia “proprio” «Quella parte, peraltro, che si ritiene più «illuminata» e illuminista. »

          Questo per me è un problema politico.
          Perché se prima (permettetemi di semplificare al massimo) c’era una sinistra illuminata e “scientifica” contro una destra reazionaria, bigotta, per lo status quo del potere, ora ci troviamo con una (un’ulteriore?) frattura nello schieramento a sinistra.
          (segue)

          • Perché proprio sull’argomento pandemia, così duro ed estremo nelle sue conseguenze e nei suoi rischi, ecco che quella parte teoricamene illuminata e illuminista si mette al balcone a fare delazione dei “dissidenti”, dei “banditi” che vanno a prendere il sole sulla spiaggia o che vanno a raccogliere gli asparagi.

            Aggiungo che nella dimensione digitale da te citata non solo la verità diventa difficilmente oggettivizzabile, ma anche la stessa “realtà” diventa soggettiva, almeno se per realtà intendiamo quella che ci restituiscono i nostri sensi.

            Tornando all’esempio dell’attico, non solo quello sfondo posticcio ti ha confuso (il tizio abita in un superattico), ma anche sapendo che era posticcio tu continui a non sapere qual era la realtà “reale”: poteva essere un umido tinello, ma poteva essere anche una villa con vista sulla costa azzurra, oppure l’interno di una stazione spaziale orbitante.

          • “2 + 2 = 4 è vero da ogni punto di vista”. Non saprei… Ad esempio: 2 idee + 2 idee spesso producono 10 idee. E 2 persone + 2 persone = 5 persone (e altre volte 3), dal punto di vista della capacità di lavoro. Vabbe’, scherzo, ma fino a un certo punto. Quel pazzoide di Aleksandr Bogdanov, il protagonista del nostro romanzo Proletkult, diceva proprio questo: che 2 + 2 = 4 è un caso particolare di “congiunzione”, quello senza effetti collaterali e senza produzione di sistemi complessi, dove il tutto è maggiore della somma delle parti. L’aritmetica come “caso particolare” della tectologia, la scienza dei sistemi complessi. Era fuori di testa, ma invitava a riflettere su questioni interessanti.

            • Ma infatti, avevo anche scritto “ci fermiamo qui” per intendere (a grandi linee e più che altro “a sentimento”) proprio questo.

              I miei 2 commenti sopra erano anche per spiegare perché, “a me” nonostante tutto l’uso malvagio possibile del complottismo da destra, non riesce a stare antipatico un complottista. Quantomeno un complottista che arriva “da sinistra” che si chiede semplicemente se la minestra che gli stanno propinando è poi proprio buona.
              O meglio, non mi sta antipatico QUANTO mi sta antipatico un debunker superspocchia abbonato a Repubblica, con attico, ottima retribuzione e molto tempo libero per fare un certo tipo di debunking…

              :) Tra l’altro, ne approfitto per dire che mi è piaciuta moltissimo la tua risposta di qualche tempo fa forse proprio in questa discussione che diceva più o meno che chi non fa riaprire le scuole è un tuo nemico politico.

              Anche mio!!

              • Questa volta OT ci sono andato io, che dovrei vigilare proprio sulla pertinenza dei commenti. Ma il 2+2 = 4 è stata una tentazione troppo forte!

  51. Roberto, come non essere d’accordo con un discorso così chiaro e ben costruito? Il punto però è che io sul serio sono “arrivato da poco” su Giap e mi riferivo soprattutto all’articolo che avete cassato/spostato. Per me *lockdown* vuol dire *confinamento*, non conoscevo la dinamica sintattica che stavate costruendo. Adesso la conosco. Ma ribadisco che il mio uso del sostantivo lockdown non aveva altro fine se non quello della sintesi, intendendo l’insieme delle misure prese dal Governo, i vari DPCM.
    Veniamo al dunque: sì, sono d’accordo, la gestione della crisi è stata maldestra, molto. Punto 2, gli episodi di violenza delle guardie. Ecco questa è una cosa che mi meraviglia molto. Come fa uno che ha esperienza della strada e delle manifestazioni di piazza, della lotta, a non sapere che quando una guardia ti ferma devi sorridere? La guardia è guardia ed è addestrata ad alzare prima i toni e poi le mani al minimo accenno di proteste, è la Violenza dello Stato. Siete stati a Genova, per la miseria, e vi meravigliate che due vigili del paesello manganellino il cinquantenne che si mette a protestare? [continua]

    • [seconda parte] Io, insomma, capisco bene il vostro ragionamento, il filo logico – fra l’altro inappuntabile – ma siamo di fronte semplicemente a governanti farlocchi, a mio cugino che fa il ministro e mia zia che comanda su mezzo Paese, così per caso (ma non è un caso, è una deriva e prima o poi andrà analizzata per bene), che non sono riusciti a mettersi d’accordo nemmeno su misure basilari. Emergenza continua, ma semplicemente perché gli stupidi sono sempre in emergenza continua.
      Per il resto mi sembra che:
      – si parli spesso per sentito dire: i cani che fermano quelli che vanno a cogliere gli asparagi… ho cercato con tutte le chiavi di ricerca possibile, ma nulla. Il tizio fermato in spiaggia con i droni ecc. son tutte notizie che vengono dai peggiori organi di informazione del mondo occidentale, ovvero giornali (o meglio i siti) come Repubblica o il Corsera. Amplificate proprio nell’ottica filogovernativa di colpirne uno per educarne 10 milioni. Giornali che hanno dimostrato la loro morte in vita, proprio in questi tre mesi.
      – non credevo che la tv avesse ancora questo potere, eppure ha convinto intere fasce sociali (over 40 ma non solo), ha creato eroi, ha innescato una retorica che è arrivata fino a Banksy
      – tornando al sentito dire: forse sarebbe davvero il caso di andare nel personale. Le comunità di migranti che hanno la loro rete? I non borghesi che non hanno casa? Parliamone, parliamoci. Io ho visto un video di fanpage che era un chiaro fake, con due ragazzi che “vivevano in strada”, ma non ci vivevano e lo capirebbe chiunque c’ha dormito almeno una notte, per strada.
      – tempo di raccontare storie vere ed è proprio il vostro pane.

      • L’effetto di questo tuo doppio commento però, con tutta la tua buona volontà, è irritante: prima dici che sei arrivato da poco, che non sai cosa abbiamo scritto (e di fatto se non conoscevi la nostra critica di #iorestoacasa, non conoscevi una testata angolare di tutto il discorso costruito qui su Giap), poi ci inviti a fare una cosa che stiamo facendo incessantemente da tre mesi: raccogliere, raccontare, documentare, collegare. Prima di lasciare questa catena di catene di commenti e repliche piene di inferenze partendo dal tuo non aver letto Giap, non era meglio leggersi Giap? Non dico tutto, è un’impresa improba, sono tre mesi di inchieste e discussione fitta, però anche solo un «volo d’uccello»…

        Anche questo tuo ripetere continuamente che è “solo” cialtroneria, dunque non c’è stata volontà di implementare misure autoritarie, beh, ripropone uno schema che abbiamo rifiutato dall’inizio, dal momento che cialtroneria e autoritarismo non sono due monomi opposti, non si elidono a vicenda. I governatori-sceriffi e sindaci-sceriffi che abbiamo visto all’opera sono autoritari e cialtroni. Una classe dirigente selezionata al peggio in anni di tecnocrazia da un lato e populismo dall’altro, anche grazie a “riforme” come l’elezione diretta del sindaco, ha portato nei posti di potere una masnada di pagliacci che compensano la loro incompetenza col “pugno duro”, usando le loro pagine Facebook come tanti piccoli balconi di Palazzo Venezia. E questo si è rivelato perfettamente funzionale alla gestione capitalistica dell’emergenza, come si è rivelato funzionale il paternalismo autoritario di Conte (e della Protezione Civile).

        Nella gestione cialtronesca dell’emergenza, grazie soprattutto alla vaghezza delle formulazioni contenute in dpcm e ordinanze, si è data ancora più discrezionalità alle forze dell’ordine, la pattuglia che ti fermava diventa fonte immediata di diritto. Anche in questo c’è piena integrazione di cialtroneria e autoritarismo, e anche questo è stato pienamente funzionale a imporre le narrazioni incentrare su capri espiatori che hanno distolto l’attenzione dalle vere responsabilità. Non è stato “calcolato”, è la solita gestione opportunistica delle emergenze. Ne abbiamo scritto già dai primi di marzo, nel Diario virale:

        «Si stavano facendo ipotesi ed esperimenti. Caoticamente, alla carlona, scherzando con la catastrofe, ma intanto si insinuavano idee, scenari fino ad allora impensabili diventavano pensabili, e qualcosa sarebbe tornato utile.

        Toccava ribadirlo: la funzionalità dell’emergenza non era la messa in pratica di alcun complotto o Piano perfetto o bella pensata o Volontà del Signor Capitale, ma era una funzionalità sistemica, parte dell’operatività strutturale del capitalismo, ed era sempre l’esito di contraddizioni e conflitti.»

      • «Come fa uno che ha esperienza della strada e delle manifestazioni di piazza, della lotta, a non sapere che quando una guardia ti ferma devi sorridere»…
        Ti fosse sfuggito, su questo blog *non* scrivono solo i Wu Ming, e se farai lo sforzo di leggerti i post precedenti e relativi commentari ti renderai conto che è frequentato da una varietà di soggetti tale che arrivare qua, relazionarsi come sulla pagina FB di qualche realtà cosiddetta «antagonista», o nella Indymedia di venticinque anni fa, come mi pare tu stia facendo, davvero non ha senso. Analogo discorso riguardo alla confidenza e conoscenza personale che tu sembri avere con uno dei webmaster, e della quale non dubitiamo: ma perdonaci se, a noi che i commenti qua li seguiamo da mo’, e magari li arricchiamo con le *nostre* esperienze (e non con i «sentito dire»), non ce ne può fregar di meno dei vostri trascorsi militanti e relativo know-how.
        Questo blog, negli ultimi due mesi, è servito anche a dare il coraggio e lo spazio a molta «gente normale» per raccontare episodi di prevaricazione, abuso di potere, cattiveria gratuita se non di violenza vera e propria da parte di coloro che sono stati preposti a far rispettare le misure di tutti i cazzo di dpcm, ordinanze e relativi tiramenti di culo burocratici. La maggior parte delle persone che sono arrivate qua nemmeno si sognavano, fino a marzo scorso, che le FdO italiane fossero quella roba che, al suo interno, dà dimora a diversi psicopatici ammalati di potere, che intendono il corpo di cui fanno parte come una cosca vincente in una guerra di camorra. E legittimamente non aveva considerato le conseguenze di affidare a questa gente il rispetto di regole decise e scritte alla cazzo di cane, permettendogli totale discrezionalità, così come in tempi normali gli viene garantita totale impunità (salvo casi talmente rari, vedi Stefano Cucchi, da spiccare per eccezionalità). (continua)

        • Molto meno legittimo e parecchio preoccupante che un bel po’ di «compagn*», sui propri siti e pagine social, questo aspetto di affidare a ‘sta gente il rispetto dello #stareacasa nei confronti degli «irresponsabili» lo abbia piuttosto rimosso o derubricato a male minore, come del resto molt* hanno subito rimosso quei tredici disgraziati di cui ancora non sappiamo perché e come siano crepati nelle patrie galere.
          Tutto questo per dire che sei ovviamente libero di pensare che tutto ciò sia successo per la cialtroneria che imperversa al potere, e persino di ritenere farlocchi episodi emersi da testimonianze dirette senza che ti venga fornita evidenza dalla stampa mainstream, ma almeno tenta di articolare questo ragionamento, a mio avviso del tutto fuorviante, in una forma che non sembri che tu stai cercando un dialogo a due con «Roberto», e che possibilmente apporti qualche vantaggio anche per le altre persone che seguono queste pagine. Perché grazie al fatto che molt* hanno dismesso i panni di quello che la sa lunga, molte persone hanno imparato alla svelta che quando vieni fermato devi sorridere, ma anche che non è detto che sia sempre quella la cosa migliore da fare.

        • A me sembra così pacifico quanto esponi…non riesco proprio a cogliere le crepe che vengono da taluni additate. Non c’è stata nessuna inversione di rotta, nessuna isteria ha colto i proprietari del blog e la maggior parte degli utenti che è rimasta centrata su un focus non inquinato dall’obnubilamento collettivo. Si è iniziato dicendo che i droni che danno la caccia ai caricatori di asparagi ed ai runners NO e si è concluso che i droni che danno la caccia ai cercatori di asparagi e ai runners NO. Non li possiamo tollerare. Abbiamo assistito a troppe manifestazioni di potere ed autorità volte a distogliere l’attenzione dalle vere magagne del sistema e della sconsiderata gestione di tutta la cosa pubblica da parte della classe politica e dirigente. E per concludere, io non ho sorriso alle guardie quando mi hanno fermato ed infatti mi sono vista rivolgere uno sguardo torvo che non dimentico e ho perso in una occasione 20 minuti per discussione che avrei preferito intavolare con un polpo piuttosto che con un essere umano ottuso e prepotente. E ogni volta che sono uscita ho studiato a tavolino orari e percorsi tali da evitare di incappare in una delle decine di pattuglie a zonzo. Ciò vuol dire che sono capricciosa? Che non mi importa delle vittime? Che avrei lasciato ognuno al proprio destino per non vedermi preclusa la “ corsetta”? Davvero, chi riduce tutto a questo è abbagliato.

  52. Sul sito di Repubblica in questo momento. Foto a tutta pagine in bianco e nero di un prete che benedice una bara su un camion militare.

    *L’ora zero*

    La notte in cui il Covid si è preso l’Italia

    Inchiesta su come, quando e perché il virus sorprese un Paese disarmato. Sulle scelte e gli uomini che hanno cambiato il nostro destino. Nove firme svelano la storia inedita dei momenti che portarono al 9 marzo 2020, il giorno in cui cominciò la nostra traversata nel deserto. Il lockdown

    Ma cazzo, fra un po’ torna davvero la monarchia…

    • Ogni tanto faccio un giro per giornali e TG, e mi rendo conto che se prima li leggevo/guardavo con spirito critico, adesso comincio a mal sopportarli.
      L’autoreferenzialità di Repubblica che si incensa come giornale che ha svelato gli angoli bui della pandemia, fa il paio con i TG che dopo averci mostrato per mesi lo “strazio” di strade e piazze deserte, adesso rimpiangono il silenzio e la pace che in quelle stesse strade regnavano durante il lockdown (a proposito, su un recente articolo – https://www.carmillaonline.com/2020/05/15/corpi-remoti/ – Cesare Battisti spiega che questo termine, in USA, significa segregazione, e allora mi chiedo perché, ad un certo punto, abbiamo cominciato ad usare proprio questo invece di altri).
      Magari l’inchiesta di Repubblica è interessante, dirà cose giuste, farà qualche innocua rivelazione, ma ho la sensazione che si incastrerà perfettamente nel suo racconto di questi mesi pandemici, fatto di eroismi, spiriti di sacrificio, trasformazioni di crisi in opportunità, tunnel bui attraversati, tragedie personali e collettive, paure brillantemente esorcizzate, a fronte di qualche singolo delinquente, menefreghista, cinico, ladro. Nulla che coinvolga il sistema in sé e le sue inadeguatezze, la cui esplosione lascerà un gigantesco cratere che forse non verrà più riempito. Spero di avere l’opportunità di leggerla e di scoprire che mi sbaglio.

    • L’inchiesta di Repubblica non solo ha un’aura apocalittica da fine-del-mondo in bianco e nero, ma riesce anche a fare uno sfoggio di maschilismo che salta all’occhio immediatamente.
      Hanno messo insieme ben nove giornalisti *tutti uomini*, nemmeno una donna. Nove firme, tutte al maschile.
      Allora, viste le premesse, non possiamo certo sorprenderci del sottotitolo: “Sulle scelte e gli uomini che hanno cambiato il nostro destino”.
      Il virus viene chiamato “la Bestia”, i cronisti di Repubblica sono degli eroi, e via delirando.
      Immagino l’effetto di “inchieste” del genere sulla popolazione. Manicheismo, machismo, allarmismo, una pappa di sentimenti, un’iniezione oculare di terrore.

    • A proposito di giornali e telegiornali e del commento di Crib qua intorno, io mi sono proprio accorto che sto mooolto meglio a non leggerli né guardarli.

      Non che non mi informi, ma mi informo “su mia iniziativa”, che è diverso che lasciarsi irrorare di informazioni da un TG qualsiasi.

      E dire che prima della pandemia ero un grandissimo fruitore in “background” di vari canali di news h24 che giravano con l’audio spento per farmi leggere i sottotitoli delle notizie…

      L’effetto di induzione al panico e alla preoccupazione da parte dei media che ho riscontrato direttamente nei miei familiari è veramente esagerato, tanto che ho più volte consigliato a mia madre che è lontana e con cui ho ridotto i rapporti per “proteggerla” come da direttive, di smetterla di guardare la TV.

      Cosa abbastanza difficile per persone non più giovanissime e chiuse in casa.

      • Aggiungo un aneddoto: ieri cambiando canale mi sono imbattuto (credo rai 3 o rainews) su una trasmissione di approfondimento che parlava di come sarà l’estate.

        Bellissimo vedere, nel tentativo di convincerci che le vacanze “come prima” erano “brutte” (quelle che fino all’anno scorso erano spacciate come l’obbligo morale per chiunque e se non le facevi eri uno sfigato sociopatico), lo schifo trasparire dal volto di istituzionalissimi editorialisti mentre quasi sputavano le parole “calca”, “folla di persone sudaticce”, “ressa” che ci sarebbero abitualmente sulle spiagge.

        PS: una domanda agli amministratori. Capisco il limite minimo di battute, che funziona e che mi ha già dissuaso più volte dal postare cose meno meditate ancora di quanto non faccia abitualmente, ma il limite massimo è ancora utile?
        Trovo che molti per articolare i pensieri debbano suddividere le risposte in 2 o 3 post e mi chiedevo se non poteva essere eliminato o almeno aumentato a 2500 il numero massimo di battute.
        Scusate :)

  53. Visto che non si crede alla faccenda dei raccoglitori di asparagi mi tocca linkare l’orrido quotidiano di Trieste

    «Vado a raccogliere asparagi in Carso»: ecco le tante (e originali) giustificazioni dei triestini per dribblare le multe

    https://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2020/05/01/news/vado-a-raccogliere-asparagi-in-carso-le-tante-scuse-per-dribblare-le-multe-1.38793616

    Eh, ma il Piccolo dice che era una scusa!!11!

    Il piccolo diceva anche che il Narodni Dom era pieno di “armi slave”, quando i fascisti lo incendiarono nel 1920. Che le strade di Trieste erano in mano a gang balcaniche, quando Tuiach nel 2015 si lanciò in politica come esponente del civismo, col plauso dei liberal locali e nazionali. Eccetera eccetera.

  54. Giusto fare questa rettifica qualora si appuri che i dati da cui l’analisi parte siano fallaci (non ho le competenze per esprimermi per cui sospendo il giudizio), meno giusto se fosse esclusivamente per le critiche ricevute nei commenti (ma tenderei a escludere quest’ultima ipotesi vista la Vostra storia). Tuttavia l’articolo rimane degno di interesse, se non per il fatto che fa emergere l’inaffidabilità dei dati e la possibile manipolazione degli stessi sia in senso pro-lockdown che anti-lockdown. La domanda a mio avviso decisiva è: qual è la distanza tra realtà e rappresentazione, tra fatto (virus) e proiezione del fatto (emergenza)? Bisognerebbe capire il rapporto tra questi due elementi: io credo che il rapporto sia “x” per il primo e “x alla 100” per il secondo fattore. Chi tende a una lettura ufficiale dell’epidemia crede invece che i due valori siano simili, cioè ci sia proporzione tra azione del virus e reazione della collettività. Ma anche questo giudizio è inficiato non solo dall’azione manipolatoria verticistica (media e autorità), ma anche da stati esclusivamente soggettivi (carattere, livello di istruzione, convinzione politica, esperienza, scala personale delle priorità). Davanti a queste variabili, posto che non vi sono né dati né autorità attendibili, rimane solamente il criterio del buon senso e della verosimiglianza come coordinate per un giudizio il più possibile oggettivo. Oppure, wittgensteinamente, una sospensione di ogni giudizio. Tuttavia rimane un fatto ineludibile: la sospensione dello stato di diritto che porta alla mancanza di controllo sulle istituzioni politiche e sulle loro decisioni.

    • L’abbiamo scritto nella premessa, ma colgo l’occasione del tuo commento per ribadirlo: rispetto all’articolo, questo non parte da “dati fallaci” e molte affermazioni che sono lì contenute rimangono condivisibili e ben argomentate. Tuttavia, contiene un grafico – non una semplice illustrazione – a cui si fa dire quello che non dice e soprattutto, in un passaggio dove sostiene che il governo basa le sue decisioni su modelli non validati, linka come fonte e pezza d’appoggio un altro articolo, che contiene la stessa interpretazione sballata del grafico. La nostra rettifica nasce da queste due “scoperte”, ma anche da altre considerazioni: in particolare, ci siamo resi conto che non siamo in grado di gestire, qui su Giap, una discussione nel merito di questioni scientifiche complesse. Non solo perché non abbiamo le competenze – quelle possono anche averle altri – ma perché di quelle questioni è più corretto discutere con tempi più larghi e non pressati dal ritmo incalzante dei commenti in Rete e da quel bisogno di fornire/ricevere risposte immediate che abbiamo spesso criticato, ma che non siamo riusciti a evitare qui. La valutazione di un articolo come questo non dovrebbe comunque essere fatta in poche ore, con toni concitati, nell’ansia di arrivare a una conclusione e tirare una riga.

      • Sì, scusami per l’espressione “dati fallaci” che è una volgare ed erronea banalizzazione della questione. E in effetti, ribadisco la mia personale adesione a gran parte degli argomenti esposti in quell’articolo, per cui, in un certo senso, mi dispiace per questo “passo indietro”, ma è in fin dei conti una scelta giusta anche soltanto per una questione reputazionale del blog, vista l’errata interpretazione del grafico: la verità è che, guardando qua e là, soprattutto da parte di una certa sinistra filo-lockdown (quella dell’appello del Manifesto per intenderci), avete di fronte il fucile spianato di moltissimi, in quanto avete avuto il coraggio e la capacità di leggere le contraddittorietà emerse in seno alla nostra società in questi mesi completamente folli, mentre quasi tutti gli altri ripetevano stancamente #stateacasa e legittimavano le più grandi nefandezze costituzionali della storia della Repubblica. Per cui è assolutamente appropriato cercare di tutelarsi il più possibile, proprio per non perdere credibilità e far vincere i blastatori e quel tipo di insopportabile retorica pro-lockdown. Complimenti ancora!

  55. Ho cercato di farmi un’idea leggendo quasi tutti i commenti qui e l’autodifesa di Gandini su fb: francamente trovo incomprensibile la decisione di archiviare l’articolo nelle modalità in cui è stato fatto: facendo ammenda, chiedendo scusa, tirando in ballo le frequentazioni di un autore (siamo ancora a discutere se conta più l’opera o la biografia?): come se aveste oltraggiato qualcuno, infranto un principio, diffuso fake news. Mi sembra che alla fine l’unico problema sia un grafico. Non sono un esperto, ma l’interpretazione del grafico incriminato non mi sembra tanto sballata da poter far propendere per la “squalificazione” dell’articolo. Il grafico mostra che le ILI che non sarebbero calate durante il lockdown. Si allude implicitamente a una possibile similitudine con il Covid? Non so. E anche se fosse? Non è la stessa cosa che dice per esempio Tegnell, che con o senza lockdown non cambierebbe molto? Se aveste fatto un passo indietro decidendo a posteriori – per qualsiasi motivo – di non pubblicare determinate tipologie di articoli, non ci vedrei niente di strano. E sarebbe bastata una nota di aggiornamento metodologico generale, tecnico e sobrio, che non entrasse nel merito dell’articolo. Invece il post con cui avete rimosso l’articolo, con tanto di scuse fin dal titolo, come se aveste compiuto un “ruzzolone”, appunto, vale come una delegittimazione dell’articolo. Afferamate blandamente il contrario (cioè che non tutto l’articolo è da buttare), ma via: conoscete i meccanismi della comunicazione molto meglio di me e penso che siate coscienti del fatto che questa strana giravolta su Giap viene usata in questi giorni sui social e non solo per delegittimare in toto la critica al lockdown e alle politiche governative. Questo è il danno che mi allarma molto; non quello arrecato, secondo vostra dichiarazione, dall’articolo di Gandini-Mamone al vostro blog. Il “ruzzolone”, secondo me, è questo: il secondo atto della vicenda, non il primo. E spero che non ci sia nessun “cambio di passo” (con o senza tempesta di commenti critici): cioè che continuiate ad assumervi in pieno i rischi del fare (contro)informazione senza autocensure o scrupoli eccessivamente strani.

    • Non controbatto sulle critiche che rivolgi alla nostra decisione, perché sono legittime e abbiamo spiegato meglio che potevamo il senso del nostro gesto. Mi limito però a notare che la conseguenza che temi – “delegittimare in toto la critica al lockdown” – ci sarebbe stata in ogni caso, a prescindere dall’autocritica di Wu Ming per aver pubblicato il pezzo. Perché appunto, sapendo come funziona la comunicazione, per chi cercava un appiglio delegittimante bastava e avanzava quanto già emerso dalla discussione qui, e sono convinto che farla passare in cavalleria, o con una semplice noticina metodologica, avrebbe dato ancor più argomenti ai delegittimatori.

    • L’interpretazione del grafico da parte di Mamone Capria partiva da una premessa completamente campata in aria. E quell’interpretazione era centrale nel pdf di Mamone Capria che i due autori ponevano come principale testo di referenza e approfondimento a supporto della parte scientifica dell’articolo. Quel pdf, poi, ha molti altri problemi: è pieno di inferenze stiracchiate, usa molti dati in modo disinvolto, ha fonti di cattivissima qualità da più punti di vista.

      Ma restiamo al grafico. Che, ripeto, è alla base di un sacco di cose sostenute da Mamone Capria.

      Nel pdf MMC scrive a pag. 2, nella prima FAQ:

      «D’altra parte, poiché i casi di covid-19 vengono segnalati dai “medici sentinella” nel quadro della sorveglianza dell’ISS, o dei CDC (=Centers for Disease Control and Prevention) statunitensi, sulla base dei sintomi, è chiaro che anche i casi di covid-19 figurano nel bilancio delle similinfluenze, che quindi, come vedremo in dettaglio, risulta cruciale per seguirne l’andamento.”»

      L’assunzione in grassetto è falsa nel contenuto e quindi falsa tutto il resto. Sulla base di quest’assunzione falsa, alla FAQ n.4, MMC costruisce tutta un’interpretazione del grafico che poi si riverbera sul resto del documento, generando inferenze a cascata che finiscono anche nell’articolo che avevamo pubblicato.

      Che nel bilancio delle simil-influenze basato sull’attività dei medici-sentinella NON c’è il Covid diventa chiarissimo leggendo il Protocollo operativo del sistema nazionale di sorveglianza epidemiologica e virologica dell’influenza Influnet.

      Il Protocollo dice che il grafico mostra per suo stesso scopo solo i casi influenzali e simil-influenzali riconducibili ad alcuni virus tipizzati. Per la precisione, lo scopo del programma è monitorare «la circolazione dei diversi tipi (A e B), nonché dei sottotipi (A/H3N2 e A/H1N1) e dei due lineaggi B/Yamagata e B/Victoria di virus influenzali, incluso le varianti di delezione dei virus B/Victoria V1A-2Del e V1A-3Del»

      Il medico-sentinella esegue un prelievo «durante la fase acuta della malattia (rialzo febbrile)». Si raccomanda che ciò avvenga nella parte iniziale e nella parte finale della stagione influenzale, perché si possa valutare l’omologia, nel primo caso, e le differenze dovute a varianti tardive, nel secondo caso, tra i virus circolanti e quelli compresi nel vaccino antinfluenzale che viene somministrato, per tenerne conto in vista del vaccino dell’anno prossimo.

      Il campione va mandato al laboratorio di riferimento regionale, dove si rilevano presenza e caratteristiche dei suddetti virus influenzali, e «i risultati di laboratorio relativi ai campioni ricevuti saranno inseriti, dal laboratorio stesso, nel portale InfluNet dell’ISS» e ogni laboratorio manderà al NIC (Centro Nazionale Influenza dell’OMS) «un numero selezionato di ceppi isolati […], secondo modalità che verranno concordate direttamente con i singoli laboratori».

      Ergo, i dati elaborati da Influnet non riguardano tutte le ILI osservate dai medici-sentinella ma i risultati delle analisi sui campioni, analisi che hanno rilevato la presenza di determinati virus influenzali, con quest’aggiunta: «Il portale InfluNet è stato predisposto per consentire, oltre all’inserimento del risultato dei virus influenzali, anche di quello dei virus Respiratori Sinciziali (A e B)» Quindi c’è un’elaborazione di dati riguardanti virus influenzali e simil-influenzali, ma non di tutte le ILI.

      Il grafico che c’è sul portale Epicentro, desunto dal rapporto InfluNet, mostra l’andamento di alcune ILI causate da un ristretto insieme di ceppi virali trovati dai laboratori nei campioni spediti dai medici-sentinella.

      Tra questi non può, non poteva esserci il Sars-Cov-2, perché non rientrava negli scopi del programma, perché i laboratori di riferimento non avevano il compito né il modo di eseguire quei test, e in ogni caso in Italia l’epidemia è stata scoperta quando il programma era già avviato da un pezzo.

      Non bastasse, a riprova che l’andamento delle ILI monitorato e rappresentato nel grafico non riguarda il Covid-19 c’è il rapporto sulle influenze nella 17esima settimana del 2020 (dal 20 al 26 aprile), dove si dice che:

      – Nella diciassettesima settimana del 2020 il livello di incidenza è sotto la soglia basale, raggiunta nella 12° settimana.
      – L’attività dei virus influenzali è ai livelli di base.
      – Il numero di casi stimati in questa settimana è pari a circa 25.000, per un totale, dall’inizio della sorveglianza, di circa 7.595.000 casi.
      – In tutte le Regioni italiane il livello di incidenza è sotto la soglia basale.

      MMC sosteneva che secondo l’ISS intorno al 20 marzo (dodicesima settimana) in tutta Italia il Covid era sotto soglia basale, ovvero l’epidemia era finita. Non è possibile che l’ISS dica una cosa del genere. A riprova che i casi Covid non sono considerati in quel rapporto, cosa già ricavata incontrovertibilmente dal Protocollo.

      Per questo e anche per altri motivi emersi nella discussione, quel grafico non dice nulla di quanto gli fa dire Marco Mamone Capria. Il che rende il suo pdf inservibile come pezza d’appoggio per l’articolo, e rende la parte più prettamente scientifica dell’articolo campata in aria.

      • Commento probabilmente tardivo su una questione sepolta.
        Il protocollo operativo InfluNet di cui parli Wu Ming 1, fa capire diverse cose.
        1) I medici sentinella sono un numero sufficiente a monitorare almeno il 2% della popolazione, ovvio per avere un campione statisticamente significativo senza dover selezionare a mano per aggiustare le distribuzioni per fasce di età etc.
        2) Annotano tutte le ILI su base sintomatica. Le istruzioni molto sintetiche sono tutte qua:
        Qualsiasi soggetto che presenti improvviso e rapido insorgere di: almeno uno tra i seguenti sintomi generali:•febbre o febbricola;•malessere/spossatezza;•mal di testa;•dolori muscolari; e, almeno uno tra i seguenti sintomi respiratori:•tosse;•mal di gola;•respiro affannoso. In aggiunta solo una nota sull’importanza dell’anamnesi fornita dai genitori in caso di bambini.
        3) Raccolgono dati relativi ad altri fattori di rischio per il paziente, quale profilassi vaccinale ha fatto, quali antivirali ha assunto.
        4) Eseguono un tampone che spediscono al centro analisi regionale, il quale cerca i virus influenzali obiettivo del monitoraggio.

        Su epicentro InfluNet-Epi c’è il grafico, sul quale venne appoggiata una freccia, che rappresenta TUTTE le ILI, non solo quelle causate dai virus oggetto del monitoraggio.
        Sono d’accordo che sto grafico c’ha rotto il cazzo, ma l’inganno qui lo fa l’ISS, che lascia credere che si rilevino solo i virus monitorati, invece si rilevano tutte le sintomatologie. Solo nella fase di analisi di laboratorio dei campioni si pone l’attenzione in modo specifico sui virus A,B Bla bla..
        Solo a quel punto l’analisi dei dati si sposta nel sottinsieme.
        (segue)

        • C’è un altro grafico sempre su epicentro ma stavolta InfluNet-Vir che sovrappone la precedente curva con l’istogramma dei numeri dei campioni risultati positivi alle analisi. Qua l’inganno è più mascherato, perché curva e istogramma, per ovvi motivi, hanno lo stesso andamento generale e lascia credere che tutte le sindromi influenzali siano causate solo dai virus A, B, Bla… Sotto c’è anche un grafico a torta dove sono rappresentati solo A, B, Bla…
          Se inventare complotti fosse un piacere direi che l’ISS presenta dati ingannevoli, ma da una parte quel piacere non mi appartiene, dall’altra non è vero: perché è chiaro che sono aspetti diversi sintetizzati nello stesso grafico. TUTTE le ILI nella loro incidenza per mille abitanti accanto al numero assoluto dei campioni risultati positivi ai virus target.
          Che siano tutte lo leggo dalla didascalia al grafico:
          Durante la diciassettesima settimana del 2020, 558 medici sentinella hanno inviato dati circa la frequenza di sindromi simil-influenzali tra i propri assistiti. Il valore dell’incidenza totale è pari a 0,42 casi per mille assistiti.

          Negli istogrammi dei campioni positivi NON c’è Sars-Cov-2, ma cosa possiamo veramente dire della curva ILI? I medici sentinella compilano la scheda del protocollo di cui sopra per tutti i pazienti su cui riconoscono la sintomatologia, poi mandano i campioni.

          L’unico fatto che mi pare di una chiarezza lampante è che le due statistiche, ILI e virus target, interagiscono con quella covid. Si sovrappongono, i dati non sono aggregabili, e hanno precisione e significatività differenti.
          Come trovo altrettanto chiaro che il sistema di monitoraggio InfluNet , anche se non poteva riconvertirsi al covid, poteva almeno estrarre un sottoinsieme significativo per cercare anche covid.
          Hanno fatto decine di migliaia di tamponi a settimana senza pensare che si potesse trovare covid? Non sarebbe stato interessante cercarlo?
          Basta domande all’ISS, che alimentano solo rancori complottofori.
          (segue)

          • Scrivo, non tanto per darti torto, Wu Ming 1, e neanche per covare rancore verso l’ISS, ma perché, avendo letto diversi mesi fa i grafici, il protocollo e altri documenti ISS, sto vedendo in modo sempre più chiara la narrazione greggecentrica che asfissia la medicina. Il paradigma della medicina che si esplica come cura del gregge ha la massima espressione nel caso delle malattie infettive. Stigmatizzo semplificando: è un paradigma forte per la sua semplicità, il nemico esterno patogeno brutto e cattivo, che attacca e da cui dobbiamo difenderci. Da lui e tutti quelli della sua taglia, i microbi, schifosi.

            Quindi, egregio Wu Ming 1, a parte il grafico di cui mi importa sinceramente meno, e magari ti sei rotto i coglioni di ritornarci su,non ti sta stretto il paradigma del gregge? Perché avete coniato “immunità di gruppo” quando i medici dicono gregge? Lo trovo singolare per degli scrittori. Perché non “immunità collettiva” o “immunità comunitaria”, che risuonano anche meglio?

            La medicina è pervasa da questo paradigma, anche se non tiene sotto scacco tutto il pensiero medico; ma quando parlo con un medico e riconosco quella narrazione, mi inquieto, non sono più sereno. Ho sviluppato una idiosincrasia grave subacuta.

            Quindi sì, dottore, ho capito tutto, si quei dubbi no, no, non si preoccupi, erano paranoie, sì mi son chiarito, grazie, grazie della pazienza, e sì sì, prendo la ricetta, prenderò le medicine.
            Senta, per favore, mi aggiungerebbe un ansiolitico?

            • Non vedo nessuna fonte a supporto di quanto scrivi a proposito di quei grafici. Didascalia e frasi di accompagnamento al link di cui sopra non consentono di trarre quelle conclusioni. Per quanto ci riguarda, fa fede il Protocollo e non c’è ragione per negare che il grafico mostri qualcosa di diverso dall’andamento delle ILI esito del Protocollo, o che mostrando quel grafico l’ISS abbia messo in atto un «inganno» ecc.

              Per noi la questione specifica è chiusa e in questo thread non accetteremo tentativi di usarla come appiglio per introdurre o reintrodurre determinati temi che non sono oggetto del thread né del nostro lavoro di inchiesta.

              Per quanto riguarda la nostra critica, basata sulla linguistica cognitiva, all’espressione «immunità di gregge», o meglio, alla metafora zootecnica che ne sta alla base e agli effetti di frame che introduce, non penso di doverla ripetere, chi la vuole leggere se la cerca.

          • Io credo veramente che questo grafico sia diventato una specie di feticcio, come le carte di Giurastante per l’autonomia del Territorio Libero di Trieste, da cui non ci si vuole separare. Consiglio di guardare questo rapporto dettagliato sulla sorveglianza delle ILI nella settimana 30 marzo – 5 aprile, cioè quella peggiore nell’epidemia di COVID.

            http://www.salute.gov.it/portale/temi/documenti/epidemiologica/Influnet_2020_14.pdf

            cito:

            * Nella quattordicesima settimana del 2020, continua a scendere il numero di casi dopo aver raggiunto la soglia basale che determina la fine del periodo epidemico nella 12° settimana.

            *In Italia l’incidenza totale è pari a 1,2 casi per mille assistiti.

            * Il numero di casi stimati in questa settimana è pari a circa 70.000, per un totale, dall’inizio della sorveglianza, di circa 7.522.000 casi.

            *In tutte le Regioni è terminato il periodo epidemico.

            Vi sembra possibile che si potesse parlare (anche) di COVID in questi termini, in quella settimana?

            Dateci un’occhiata a quel rapporto, guardate tutti i grafici, e le tabelle (e magari confrontate coi dati sul covid che trovate in altre sezioni del sito dell’ISS). Arrivate fino in fondo, e – sorpresa! – leggerete questa frase:

            “Si sottolinea che l’incidenza [delle ILI] osservata in alcune regioni è fortemente influenzata dal ristretto numero di medici e pediatri che hanno inviato, al momento, i loro dati.”

            Secondo il protocollo anche i casi COVID dovrebbero rientrare nelle ILI? Può darsi, ma rendiamoci conto che se anche così fosse, sarebbe qualcosa di puramente teorico. I numeri *dicono altro*, visto che, come avevo fatto notare anche precedentemente, il numero di sintomatici ILI riportati a fine aprile è molto molto minore dei sintomatici COVID dello stesso periodo. Evidentemente l’emergenza covid ha fatto saltare il protocollo ILI, oltre ad aver fatto saltare *ogni* protocollo che non fosse legato al covid stesso. Ad esempio sono saltati tutti gli screaning per la prevenzione dei tumori, per dire.

            Per l’ennesima volta: basta con questo metodo di voler cercare informazioni sul COVID in dati raccolti per altri scopi. Esistono dati sul COVID raccolti appositamente per seguire l’evoluzione del COVID.

            • Premessa: non si possono utilizzare i rapporti pubblicati su influnet per ricavare informazioni epidemiologiche su covid, questo non viene messo in dubbio.
              Secondo il protocollo anche i casi COVID dovrebbero rientrare nelle ILI? Certamente, non scherziamo. Il protocollo è abbastanza chiaro a riguardo. Cito:

              “Ai medici che partecipano alla sorveglianza si richiede di identificare e annotare giornalmente, sul proprio registro cartaceo (Allegato 2), ogni nuovo paziente affetto da sindrome influenzale secondo la definizione clinica.”

              ed ecco poco più giù la definizione clinica:
              “Qualsiasi soggetto che presenti improvviso e rapido insorgere di:
              almeno uno tra i seguenti sintomi generali:
              febbre o febbricola; malessere/spossatezza; mal di testa; dolori muscolari;
              e, almeno uno tra i seguenti sintomi respiratori:
              tosse; mal di gola; respiro affannoso. “

              Dalle contraddizioni che si osservano tra i dati sull’epidemia covid e quelli forniti dal Sistema di Sorveglianza Sentinella dell’Influenza tuco deduce che l’attività di sorveglianza sulle similinfluenze si sia interrotta. Se fosse così lo si dovrebbe quantomeno segnalare nei vari report, ma questo non mi pare che avvenga – viene scritto che il numero di tamponi analizzati è diminuito a causa dell’emergenza covid, ma non ho trovato alcun riferimento a una presunta diminuzione nella rilevazione di casi clinici similinfluenzali. La frase riportata sopra da tuco che sembrerebbe indicare tale dimizione è presente in realtà sui nuovi rapporti (eg: http://www.salute.gov.it/portale/temi/documenti/epidemiologica/Influnet_2020_06.pdf)
              Si è già visto come i dati forniti da iss siano inaffidabili. Nel documento postato in un altro thread più su è presente un diagramma a torta in cui si legge che oltre l’1% dei contagi sarebbero avvenuti su una nave da crociera. Basta fare una ricerca rapida di notizie online per scoprire che sul rapporto tra covid e crociere si è scritto e congetturato tanto. Forse approfondire la questione sull’affidabilità e gli scopi degli istituti di statistica non sarebbe tanto infruttuoso, paranoie a parte.

              L’interpretazione del grafico fornita da petrus mi sembra corretta. Il grafico di cui parla – se ho inteso – si trova a pagina 6 di questo pdf: http://old.iss.it/binary/fluv/cont/Influnet_Virol_2020_17.pdf

              • Mi spiace, ma di quel Protocollo non è corretto citare solo ciò che torna comodo (la definizione clinica di ILI data all’inizio), costringendo ogni volta gli interlocutori a far notare che il testo poi prosegue e dice altro.

                I dati ottenuti, elaborati e pubblicati NON sono relativi a tutte le segnalazioni su base sintomatica da parte dei medici-sentinella, ma ai risultati delle analisi dei campioni clinici, analisi finalizzate a

                «monitorare la circolazione dei diversi tipi (A e B), nonché dei sottotipi (A/H3N2 e A/H1N1) e dei due lineaggi B/Yamagata e B/Victoria di virus influenzali, incluso le varianti di delezione dei virus B/Victoria V1A – 2Del e V1A – 3Del, nelle diverse aree geografiche e nei diversi periodi della stagione epidemica. Monitorare, inoltre, la circolazione del virus Respiratorio Sinciziale (A e B)».

                Che i dati pubblicati su InfluNet riguardino NON tutti i quadri sintomatici raccolti dai medici-sentinella ma i risultati delle analisi è detto a chiare lettere nel paragrafo 4, già più volte citato:

                «I risultati di laboratorio relativi ai campioni ricevuti saranno inseriti, dal laboratorio stesso, nel portale InfluNet dell’ISS, utilizzando il codice univoco presente nella scheda che accompagna il tampone».

                Risulta dunque falso il contenuto di quanto Mamone Capria pone a premessa della sua interpretazione del grafico:

                «D’altra parte, poiché i casi di covid-19 vengono segnalati dai “medici sentinella” nel quadro della sorveglianza dell’ISS, o dei CDC (=Centers for Disease Control and Prevention) statunitensi, sulla base dei sintomi, è chiaro che anche i casi di covid-19 figurano nel bilancio delle similinfluenze, che quindi, come vedremo in dettaglio, risulta cruciale per seguirne l’andamento.”»

                Queste cose sono già state dette e ribadite. Questa è l’ultima volta. Mettiamo in moderazione tutti i commenti a questo post.

              • Basta, pietà. Nessuno che risponda nel merito sui 33k sintomatici ILI a fine aprile vs i 108k positivi covid, di cui 70/80% sintomatici nello stesso periodo.

                Inoltre:

                Sul sito del network europeo per le ILI di cui fa parte influnet-italia c’è scritto:

                “The novel coronavirus disease 2019 (COVID-19) pandemic in the Region is affecting healthcare presentations and testing capacities in Member States, which has a negative impact on reporting of influenza epidemiologic and virologic data. Therefore, the data we present, notably in terms of seasonal patterns, must be interpreted with caution.”

                e più sotto

                “The influenza season for the Region as a whole peaked in week 05/2020, reaching a maximum positivity rate of 55%. The peak phase with positivity levels above 50% lasted for just two weeks, 05/2020 and 06/2020, but reporting in subsequent weeks has been adversely affected by Member State responses to the COVID-19 pandemic. In the previous influenza season, the influenza positivity rate exceeded 50% for six weeks.”

                http://flunewseurope.org/

                Ma dove vogliamo andare, dove.

                D’ora in avanti non commenterò più su questo grafico. Ci sono cose urgenti di cui occuparsi, come ad esempio la DAD. non si può passare il tempo a parlare all’infinito sempre delle stesse tre cose.

    • Stavo per rispondere anch’io entrando nel merito, ma WM1 mi ha anticipato. Aggiungo che, come ho già fatto notare in un altro commento, il sito epicentro.iss oltre alla sezione sulle ILI ha un’intera sezione dedicata al COVID19, piena di dati, che Mamone Capria non ha minimamente preso in considerazione. A me sembra veramente discutibile che volendo sottoporre a critica il modo in cui sono stati raccolti e divulgati i dati riguardanti l’epidemia COVID, non si parta dai dati riguardanti l’epidemia COVID, e addirittura se ne prescinda del tutto, e si basi l’analisi su dati che riguardano tutt’altro.

      I WM hanno fatto benissimo a ritirare l’articolo e a denunciarne l’inconsistenza scientifica, perché se non l’avessero fatto, allora sì che la critica della gestione dell’emergenza svolta su giap in questi mesi ne sarebbe uscita delegittimata in modo secondo me irreparabile.

      • Vero. Se la discussione fosse rimasta attiva la si sarebbe presa a pretesto proprio per smontare tutto il resto. A nulla sarebbero servite le centinaia di interventi che controbattevano, i pro e i contro, i dubbi avanzati, il lavoro di verifica. Il solo fatto di discutere su dati e tesi sbagliate in premessa, avrebbe consentito di dire che su Giap si discute di cavolate senza fondamento, dunque tutto il sito è una cavolata senza fondamento zeppa solo di masturbazioni mentali. La soluzione adottata consente di mantenere la trasparenza e nel contempo mostrare a tutti (frequentatori e non) che si è disposti a fare un passo indietro pur di mantenere rigore e serietà. Sappiamo tutti cosa e come è stato pubblicato in questi due mesi e mezzo nei vari media, e tuttavia a me non risulta nessuna smentita, correzione, scusa, presa di distanza, riconoscimento di errori.

    • Scusa, ma non è proprio possibile fingere che quel grafico avesse un’importanza relativa all’interno dell’articolo. Quel grafico veniva presentato – magari un po’ tra le righe lì, ma non nel lavoro originale – come la prova dell’inutilità del lockdown. E sarebbe stato già discutibile così, stante la pretesa di osservare gli effetti del lockdown decisamente troppo presto. Ma visto che in quel grafico i casi di Covid-19 non ci sono proprio, non si può più parlare di semplici interpretazioni. Come apparirebbe quella curva se ci fossero i casi di Covid-19? Possiamo solo immaginarlo, perché non lo sappiamo. L’unica cosa che sappiamo è che senza quel grafico la pretesa scientificità dell’articolo va a farsi benedire.

      Per il resto, i Wu Ming devono preoccuparsi di Giap, non di Facebook, Twitter e quell’altro coso curioso.

  56. Di nuovo Il Piccolo, al quale NON sono abbonato. Il DPCM permetteva di muoversi per motivi di “urgenza”, per esempio per fare la spesa. Un triestino, fermato, avrebbe detto “vado a cogliere gli asparagi” ed è stato multato. Questo il fatto ricostruito dai pochi righi che ho potuto leggere, non essendo appunto abbonato. In altre città hanno multato gente che ha dichiarato di andare a mangiare da parenti, quando questo era passibile di multa. Bastava dichiarare di *dover fare la spesa*.
    E questo per le multe.
    Hanno picchiato x persone. Bene. Sapete meglio di me che normalmente questi fatti accadono con una frequenza impressionante. E lo sapete. Anche il commentatore che parla di “gente normale” ecc., non può non immaginarlo. Le guardie si sfidano solo se c’è un motivo politico, e solo davanti a molti molti testimoni.
    Una commentatrice si lamentava dello sguardo torvo di una guardia, in seguito alle sue proteste.
    Ripeto: le guardie sono la Violenza istituzionalizzata, sono le uniche a poter detenere *legalmente* armi, le uniche autorizzate a usarle (cacciatori a parte). Se siete da soli c’è solo un modo per scamparla: sorridere.
    Comunque il clima qui lo trovo a tratti fortemente inquinato. Le risposte quasi sempre forzate, dietrologhe, rancorose. Wu Ming a parte, ovviamente, dei quali apprezzo lo sforzo di restare sugli argomenti della discussione. E di restarci bene.
    Apprezzo anche il cazziatone – non ricordo di quale Wu Ming – sul mio modo di commentare, confuso e saltalenante. Vero. Chiedo scusa. Mi spiace che non si sia capito quello che intendevo: sticazzi il cretino che è stato pestato dalla guardie perché voleva fare chissà cosa, le persone da indagare sono altre. WM1 parlava dei gruppi di stranieri che si son dati manforte: ecco questa cosa la leggerei, senz’altro, mi sembra più importante del tizio che viene fermato e si prende una multa perché doveva andare a fare gli asparagi sul Carso (Mah…).

    • Dici che accetti il cazziatone sul metodo con cui stai “discutendo”, eppure prosegui imperterrito con banalizzazioni inaccettabili delle questioni di fondo e con caricature degli argomenti dei tuoi interlocutori.

      • Io sto facendo uno sforzo notevole per non commentare con una sfilza di bestemmie. Il 5 maggio Fedriga nella sua ordinanza ha autorizzato esplicitamente la raccolta di asparagi. Infatti prima del 5 maggio era vietata. Io non so dove viva questo tizio, ma so che mostra di non sapere di cosa sta parlando. In campagna si raccolgono gli asparagi selvatici, sia per uso personale, sia per immetterli nella filiera della piccola distribuzione alimentare (in alcuni casi anche della grande). Raccogliere asparagi non causa contagio da COVID19.

        Questo tizio è da ieri che ci sta ripetendo un unico concetto: dovevate stare a casa e non rompere i coglioni. Dovevate uscire solo per fare la spesa e se le guardie vi fermavano dovevate sorridere.

        Bene, ora che ci ha spiegato la sua visione del mondo, ora che abbiamo capito la sua visione del mondo, direi di passare ad altro.

        • Trovo quest’astio davvero fuori luogo.
          WM1: la banalizzazione parte dal concetto stesso. Tuco dice che gli hanno scagliato contro i dobermann perché coglieva gli asparagi. Io NON gli credo.
          TUCO: questo tizio vive in una zona molto più degradata della tua, fidati. E ho detto ben altro, ovvero che potevi andare a cogliere gli asparagi dicendo che andavi a fare la spesa.
          “Questo tizio è da ieri che ci sta ripetendo un unico concetto: dovevate stare a casa e non rompere i coglioni”. Bene, evidentemente sono a digiuno di forum internet da troppo tempo, e non sono capace di far passare i concetti che vorrei. Io non penso affatto quello che hai scritto, e speravo di aver espresso un numero maggiore di concetti. Perdonatemi se mi meraviglio che persone avvezza al confronto con le guardie (no, Tuco, non tu che sei “gente normale”) si meravigli che cinque vigili bastonino il tizio che sta facendo footing e “fa brutto”. Ho spiegato diverse volte questo concetto, e – ripeto – evidentemente è colpa mia. Quanto meno nel sopravvalutare i miei interlocutori.
          Per chiudere: Tuco, sei entrato tu a gamba tesa, coi tuoi modi carsici, ma non spaventi nessuno, quindi se ti si risponde e ti si prende un po’ per il culo, stai sereno. Fa parte del contraddittorio. Se il confronto fosse avvenuto analogicamente magari le cose sarebbero andate diversamente. Forse non saresti entrato così a gamba tesa tu, forse non ti avrei perculato io. Chissà… Buoni asparagi selvatici(li ho colti anch’io, ottimi nella frittata).

          • Io non ho mai detto che mi hanno scagliato contro i dobermann mentre andavo a raccogliere asparagi selvatici. Infatti non sono mai andato a raccogliere asperagi selvatici, perché da casa mia potevo muovermi di soppiatto nel mio rione, ma non potevo uscire dalla città, a causa dei blindati piazzati sulla strada per Opcina. Io ho detto che Fedriga ha fatto il gioco dell’OZAK chiedendo al ministero della difesa di mandare l’esercito nelle strade, organizzando pattuglie e ronde coi droni e i cani per battere i boschoi a caccia di raccoglitori di asparagi, ecc. ecc..

            Per fortuna non ci incontreremo mai nel mondo analogico.

          • «Tuco dice che gli hanno scagliato contro i dobermann perché coglieva gli asparagi. Io NON gli credo.»

            Più che altro, non hai capito niente, o fingi di non aver capito niente. Basta, su.
            Questa è una mozione d’ordine.

    • Credo, almeno per quanto mi riguarda, che ci muoviamo su due sponde diverse del fiume.
      In merito al primo argomento il tuo punto di vista di può riassumere: “ vabbè, scemo il triestino che ha detto la verità, bastava che inventasse una scusa tra quelle ammesse”. Giusto? Ma il punto è un altro: limitare le uscite ai soli motivi di urgenza, impedendo de facto l’esercizio di attività totalmente innocue, è stata l’aberrazione. Ti è stato fatto notare che le FdO hanno assunto a tutti gli effetti un ruolo abnorme in relazione al grado di discrezionalità che la gestione in stile prefettizio ha loro concesso. Perché sarà pur vero che certe pulsioni covano sotto la cenere, ma in questi mesi la tentazione di sfogarle non è stata certo repressa, anzi a tratti veniva invocata ed auspicata come braccio operativo per attuare le misure teoriche dei salvifici DPCM. E capitava che ad un posto di blocco la tua giustificazione, per quanto reale e prevista poteva essere cassata seduta stante con sanzione ed inversione ad U. Infine, a raccontar balle bisognava stare attenti perché se ti veniva la brillante idea di dire che andavi a far la spesa mentre la tua meta era un boschetto, correvi il rischio di trovarti le guardie sotto casa e di dover mostrare loro la sporta e/o lo scontrino. E se venivi colto sprovvisto di entrambi, o se magari il sacchetto non conteneva beni giudicati di prima necessità, sanzione amministrativa nel secondo caso e denuncia all’A.G. per falsa attestazione nel secondo. Direi che mi é andata bene ad aver rimediare solo”uno sguardo torvo.

      • Ciao, ti rispondo visto che – mi pare – tu stia rispondendo a me.
        Sì, ti è andata bene ad aver rimediato solo uno sguardo torvo. E non perché è giusto che tu venga picchiata, ma perché le guardie sono queste, sono così, lo sono sempre state, e forse sempre lo saranno. Mi pare che anche in questi commenti si viva in piena retorica da lockdown.
        Andiamo a vedere quanti schiaffoni vengono dati tutti i giorni, a “colpevoli” e innocenti. Questa sarebbe una bella analisi, mi immagino i grafici.
        Poi, diverso è il discorso di Wu Ming, ovvero che tutto questo è doveroso di analisi, ma vi prego non venite a dirmi che non avete mai avuto problemi con le FFOO.

      • L’aspetto che più andrebbe approfondito è – a mio parere – proprio quello legale: l’emergenza sanitaria si è immediatamente trasformata in emergenza del diritto, con tutto quel che ne è derivato in termini di (mal)trattamento dei cittadini.
        Il Governo è andato avanti a colpi di DPCM.
        Le regioni hanno trasformato il quadro normativo in un Mondrian.
        I giudici amministrativi hanno lasciato passare praticamente tutto.
        In Campania, un giornalista è finito in isolamento domiciliare per 14 gg. per aver dichiarato di essersene andato in giro per Napoli senza un valido motivo (https://www.exibart.com/attualita/lex-direttore-del-madre-eduardo-cicelyn-in-quarantena-per-un-articolo/).
        Il tribunale amministrativo, chiamato a pronunciarsi sulla disposizione regionale in applicazione della quale è stata inflitta la misura restrittiva al giornalista, non ha ravvisato alcun profilo di illegittimità (https://www.giustizia-amministrativa.it/portale/pages/istituzionale/visualizza?nodeRef=&schema=tar_na&nrg=202001120&nomeFile=202000471_06.html&subDir=Provvedimenti).
        In questi giorni mi hanno confortato due sentenze (naturalmente non italiane).
        La prima, della Corte Suprema del Wisconsin (sullo stay-at-home order adottato a livello locale).
        Mi permetto di citare un passo da una delle concurring opinion: “the judiciary cannot dispense with constitutional principles, even in response to a dire emergency. …it is in the midst of emergencies that constraints on government power are most important. It is during such emergencies that our historical memory is of vital importance”.
        https://www.wpr.org/sites/default/files/wi_legislature_v._andrea_palm_-_decision.pdf

        La seconda, del Consiglio di Stato francese (sull’ignobile uso dei droni).
        https://www.laquadrature.net/wp-content/uploads/sites/8/2020/05/440442-440445-quadrature-du-net-et-ldh.pdf

  57. 2) errata corrige: denuncia all’A.G. nel primo.
    E approfitto per aggiungere che il fatto che “ siano state picchiate persone” non è esattamente un fatto nuovo, ma questo non rende meno forte l’indignazione anche perché, con la scusa dell’emergenza sanitaria, anche sulle botte ( pensiamo agli episodi nelle carceri) è stato velocemente spruzzato il disinfettante recante dicitura” non è il momento di approfondire, la macchina giudiziaria è ( quasi ferma) o si muove da remoto, non facciamo polemiche, nessun luogo è più sicuro del carcere…”. E via con i disgustosi richiami alla coesione sotto l’egida del tricolore. Nessun rancore. Solo, ci tengo a non confondermi con chi si sintonizza/ si é sintonizzat* sulle frequenze sparate a tutto volume da tv, giornali e balconi.

  58. Salve, vorrei intervenire su quella che mi sembra una porzione interessate del variegato dibattito che va avanti su Giap da un paio di mesi. Non sarà un’opinione maggioritaria, ma credo questo non conti poi molto, in queste pagine.
    A riassumerla, la questione è questa: mi sembra idea condivisa di chi è intervenuto in questi giorni che la cialtroneria non sia la causa che possa giustificare in tutto gli atti del Governo per fronteggiare la diffusione del virus. La cialtroneria c’è, mi sembra evidente, ma appunto non è a causa di essa che sono state prese certe decisioni; d’altra parte molti (WM1 su tutti) hanno chiarito fino allo sfinimento che neanche si può pensare a un piano segreto deciso a tavolino, a Soros e ai rettiliani.
    Ok, tutto condivisibile; quello che non è mai emersa è però una causa ulteriore che, veramente, nessuno ha mai valutato. Per lavoro, mi sono trovato spesso negli anni a lavorare alla stesura di norme nazionali (decreti ministeriali, legislativi o legge) frequentando uffici legislativi; inoltre, sempre per lo stesso motivo, sono stato altrettanto spesso seduto al tavolo con funzionari amministrativi e rappresentanti politici di regioni, grandi comuni, Stato. Insomma: credo di avere un campione che, seppure basato sull’esperienza personale, affastella ormai venticinque anni di queste rotture di balle.
    Sempre (sempre) ho notato che la decisione che uscivano da questi lavori (intendo: il testo materiale delle norme o degli atti amministrativi) riflettevano l’indole non comunitaria ma singola, personale, del principale decisore (di solito: un dirigente ministeriale, un funzionario regionale, ecc.). Ovvero: non solo non c’è un piano, ma neanche una strategia (che, invece, mi sembra voi presupponente: chiamiamola, grossolanamente, la strategia del capitale): insomma, direi io. (segue)

    • (segue) È incredibile quanto decisioni tanto impattanti nella vita di noi tutti (un DPCM per dire) nascano solo dall’opinione della vita che ha una persona che in quel momento, per via democratica, per cooptazione o altro, si trova a comandare. E sì: si potrebbe obiettare che l’indole personale non è una questione di natura, ma di classe sociale o circolo stretto. Intendo: un bianco americano degli anni ’50 avrebbe preso una certa decisione non perché era quella la sua propensione naturale ma quella era la sua cultura. Vero, in parte, ma vorrei buttare nel dibattito questo elemento che non ho mai visto discusso: a volte una grande decisione dipende da una piccola circostanza: uno e non un altro viene fatto ministro e quello decide – di solo cialtronesticamente – sulla base di quelli che sono i suoi umani pensieri.
      Seconda questione (spero più breve): spesso si è fatto riferimento in queste pagine al “governo di Confindustria”. Anche qui, sarebbe bene chiarire che intendete riferirvi al governo degli industriali, perché di per sé Confindustria non conta proprio più nulla. Anche qui solo esperienza personale, ma: quanto imbarazzo tutte le volte che i miei corrispondenti in Confindustria si trovano (per sperare che non tutte le imprese non rinnovino l’iscrizione) a questuare un emendamento da un relatore di maggioranza che, immancabilmente, lo promette tanto poi viene messo in coda a tutte le pressioni che le grandi imprese fanno direttamente ai deputati, ai ministri e così via. Ecco: vorrei che chiariste che l’industria continua indisturbata a “fare le leggi” mentre Confindustria declina nell’irrilevanza. Un saluto.

      • Andrea, se non capisco male tu hai studi giuridici e visto i 25 anni di carriera dovremmo essere quasi coetanei, quindi pure tu avrai alle spalle discussioni infinite sul punto. Pensa però che quando decisi di studiare scienza politica (o sociologia o quello che è) il punto di partenza fu più o meno quello che evidenzi tu ma al contrario: non è possibile che sia un caso. I protagonisti della storia, grandi e piccoli, contano ma non tanto da modificare l’essenza degli eventi. Possono scrivere una legge o un regolamento in modo bizzarro ma il volere dei più forti prevarrà sistematicamente. Capisco che messa così è una discussione da bar ma insomma se la pensassi diversamente forse avrei fatto altre cose. E sarei stato stalinista credo.
        (sono invece completamente d’accordo sulla distinzione tra “confindustria” e “industriali”, ma credo che qui lo siano tutti, dire “confindustria” è, mi pare di aver capito, una specie di convenzione. Del resto lo diciamo da un po’ che c’è chi vince e c’è chi perde all’interno della clase dominante no?)

        • Penso che abbiate ragione entrambi, ma che manca un pezzo. Penso come Robydoc che i singoli non possono modificare più di tanto “l’essenza degli eventi” (e se riescono, basta farli fuori), e che abbia ragione Andreas quando dice che i provvedimenti sono frutto più personale di quanto si pensi di chi li scrive. Il pezzo che manca sarebbe: sempre e soltanto chi è omogeneo per modo di pensare e per intenti al potere, arriva al ruolo di estensore di regolamenti, leggi, decreti. Lo stile è personale (salvo sviste ed errori…ma il sistema è ridondante, tutti i pezzi collaborano alla tenuta generale, casomai qualcuno facesse una cazzata troppo grossa), ma il fine generale è condiviso.

          • Sì, ovviamente sono d’accordo. In fondo ci ho pure scritto su ste cose, cioè sul fatto che per diventare “potente” devi essere in linea con lo spirito del tempo. Un buon esempio è quello di Brancaccio (l’economista) che quando gli offrirono di fare l’assessore al bilancio della Campania disse una cosa tipo “si vede che non mi sono spiegato bene, non è che arrivo io e le cose cambiano, più facile che cambi io”. Da questo punto di vista le figure sono abbastanza intercambiabili. Io credo di sapere abbastanza bene come vincere un’elezione e probabilmente anche come diventare “potente”. E non credo di essere l’unico, anzi. Solo che purtroppo portare il cervello all’ammasso non è gradevole.

            • Mi sembra che le vostre posizioni siano assolutamente conciliabili. Vorrei aggiungere: ma siete d’accordo che c’è stato uno svilimento progressivo della figura dei governanti? Considerando dalla Costituente in poi, ovvero dal suffragio universale. Non voglio passare per “nostalgico”, non ho mai amato la Prima Repubblica, ma la morte dei partiti e le liste bloccate hanno portato a ai governanti di oggi e di ieri e dell’altro ieri. Non sto a fare nomi, sono sicuro che avete ben presente. Ed è un argomento *delicato*, alla base del concetto di democrazia. Mi rappresenta di più lo scappato di casa che fa il ministro oggi, o la donna/l’uomo formato nelle scuole di partito, con una solida istruzione politica di qualche decennio fa? Altra questione da affrontare è la divisione ormai profonda fra Governanti e Potere, con i primi che sono sempre più precari e sostituibili, persino distanti dal Potere, paravento e parafulmine riciclabili del Potere.

              • Secondo me due elementi importanti che mancano in questo punto di vista sono la consapevolezza della società che sceglie i “potenti” e l’onestà dei mezzi di informazione che raccontano e interpretano i fatti. Colpa grave dei politici formati nelle scuole di partito e che governavano negli anni 80/90 è avere avviato un percorso in cui di fatto si correlano le possibilità economiche con il livello di istruzione. Seconda colpa grave è avere permesso la commistione totale tra informazione e intrattenimento.
                A che è servita la “solida istruzione politica” se alla fine non ha impedito (o addirittura promosso) i processi che permettono lo sfruttamento economico di istruzione e informazione, che sono le basi su cui si fonda la convivenza civile?

                • Concordo con voi circa la circostanza per cui chi decide sta lì perché omogeneo a un porzione dominante che, se proprio non lo ha messo lì, certamente ne ha favorito l’ascesa. Tutto si tiene: le considerazioni sull’idolatria del merito, sulla meritocrazia le ho letto solo in questo spazio e condivise al 95%. Quella porzione dominante è, però, secondo me, così varia e liquida da tracimare oltre ogni sua classificazione: e ciò aumenta sensibilmente il peso della indole del singolo. Questo, mi sembra, è il punto che mi discosta da molti dei partecipanti a questa discussione. Ripeto, per chiarezza: non penso che voi pensiate che questa porzione dominante sia una copula che decide i destini del mondo – ma che ne presupponiate una comunanza di interesse maggiore di quella che io penso ci sia. Non solo, come ho letto qui, il capitalismo se ne frega del destino del singolo capitalismo: anche il singolo, qualsiasi sia stata la strada che lo ha portato in un posto, se ne frega del capitalismo. Un saluto.

  59. Andrea, a me sembra di condividere buona parte del tuo pensiero. Il capitalismo è un insieme di singoli capitalisti, tutti voraci – in concorrenza più o meno sleale fra loro. Nemmeno io credo al concistoro di pezzi grossi, che si riunisce per decidere il destino del mondo. Piuttosto singoli interessi che spesso sono comuni. Il limite del “mercato” dovrebbe essere costituito proprio dai governanti, rappresentanti di differenti posizioni, differenti gruppi sociali, differenti idee del mondo. Questo sembra essere venuto meno: la rappresentanza.

  60. Chiedo scusa in anticipo se esagero ma devo dire che non mi piace molto la piega che ha preso questa discussione. C’è stato un errore in un articolo; quell’errore inficiava alcune conclusioni; altre erano slegate dall’errore anche se erano un po’ incaute. L’errore è stato corretto dalla comunità. I nostri ospiti si sono interrogati sul “come è potuto accadere” e hanno parzialmente concluso (la riflessione mi pare in itinere) che parte di colpa è dovuta al fatto che l’articolo “incontrava” le posizioni espresse in questi tre mesi. A me i fatti sembrano questi. C’è motivo per dirsi che si è stati attenti ad uno solo dei due scogli? Onestamente a me non pare. Per quanto possa apprezzare la distinzione analitica per me le due questioni rimangono incomparabili e lo scoglio tragedia economica/provadiforza è decisamente più grande dello scoglio salute. Quanto successo non capisco come debba far dimenticare che parliamo di un virus di cui manco conosciamo ancora la letalità reale, che ha fatto danni quasi sicuramente NON per la virulenza in sè ma per quante cazzate sono state fatte per contenerlo, che in Italia ha colpito per la clamorosa impreparazione di strutture sanitarie smantellate (quasi come in Svezia) negli ultimi 20 anni, che nonostante questo in larga parte del mondo non ha fatto danni ecc. Ora io lo so che se i Wu Ming dicono sta cosa succede l’inferno e se lo dice robydoc al massimo litiga sulla sua bacheca di fb, ma se anche qui si deve partire sempre dalla premessa che “il virus è reale” boh, allora poi faccio più fatica a criticare la “reductio a cretinum” di azioni che a me sembrano perfettamente razionali e a spiegare perché.
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      Stiamo assistendo ad una riapertura che ha del misterioso, perché non si capisce come mai il 4 maggio sì e il 27 aprile no, ad una lettura dei dati che continua ad essere strumentale (tipo il manifesto di oggi con i millemilionidimiliaridi in più trovati dall’INPS), a minacce manco tanto velate di comportarsi bene altrimenti ti richiudiamo in casa e noi diciamo che “abbiamo sbagliato perché non abbiamo messo in luce per bene la virulenza del virus”?
      E tutto questo in un panorama in cui quelli che si sono occupati dell’altro “scoglio” continuano a pubblicare articoli in cui il diritto alla salute, lo scivolone di chi critica il governo, e siccome sono anziana voi giocate sulla mia pelle.
      Mi pare tutto così sproporzionato che finisco col pensare che magari non ci sto capendo niente io. E forse le pressioni di cui parlate sin dall’inizio – quelle di compagni che si stanno bevendo qualsiasi cazzata sull’aumento dei contati e sulla sottovalutazione dei numeri e che dicono che vedrete che ora arriverà in Sicilia – alla fine un po’ hanno fatto il loro sporco lavoro.

      • Robydoc, se però pure tu ci costringi a rimettere i puntini sulle i, non se ne esce… Ho ammesso che la critica di Sasha andava accettata, intendendola come critica *agli aspetti comunicativi* qui su Giap, in linea con quello che abbiamo scritto nel post sul Mao Dun. Sul piano dei contenuti io la penso esattamente come prima, cioè come te. Penso che il fattore dell’errore umano e dell’orrore ambientale sia stato cruciale per determinare la mortalità del virus, del quale ancora si è capito davvero molto poco, ma è certo che troppe cose non tornano rispetto a come ci è stato descritto. E anch’io vorrei capire cosa dovremo concludere alla fine della fiera se il contagio non ripartirà nonostante la normalizzazione (e visto che l’espressione “immunità di ******” è impronunciabile, altrimenti sei un nazista). L’ultimo DPCM prevede che scattino degli automatismi di lockdown solo nel caso si ritorni a una situazione addirittura peggiore di marzo-aprile. Significa che gli stessi che hanno scritto quel documento non danno per probabile la necessità di ricorrere nuovamente a una chiusura del genere. Eppure ce l’avevano descritta come indispensabile per bloccare il contagio, ce lo ricordiamo bene. Ci hanno ripensato? Ecco, come dicevo, molti conti non tornano. E io non ho risposte, sia chiaro. Ma dubbi e scetticismo a carrettate.
        Ciò non toglie che possa concedermi di ripensare lo stile di alcune cose pubblicate su Giap in una forma troppo apodittica, forse, e che appunto avrebbe potuto essere più dubitativa, per evitare alcuni equivoci che si sono prodotti. Per me, accogliere la critica di Sasha significa questo. Ecco.

      • Noi stiamo ragionando su quanto scritto in Mao Dun. Sulla fatica di mantenere la discussione in equilibrio, mentre dappertutto si è sempre polarizzata. Sviscerare l’emergenza non ha mai significato negare la pericolosità della pandemia. E ci siamo. Di contro, riconoscere che c’è una pandemia da non prendere sottogamba non implica aderire a una narrazione terroristica della pandemia. Che il virus abbia fatto tutti quei morti in Lombardia soprattutto per via di un mix di situazioni pregresse, errori e negligenze criminali lo abbiamo sempre ipotizzato anche noi. Il problema, Rob, più che le “pressioni” che dici, è la grande stanchezza, e la noia che ormai causiamo a noi stessi nel continuare a ricapitolare cercando ancora di essere chiari. Il dibattito, secondo me, è pericolosamente vicino alle secche.

        • Per carità, mica è in discussione la vostra necessità o meno di riflettere sulle forme (ci mancherebbe pure, è già strano pensare di doverlo dire) però qualsiasi cosa vorrei che partisse, implicitamente o meno, dalla balorda constatazione che, sia come sia e valga quello che valga, sta di fatto che qui, in tre mesi errori sostanziali non ne me ne ricordo. E che un articolo, infelice, brutto, discutibile, furbetto, debba “coprire” il resto – abbiamo detto di sapere come funziona la comunicazione no? qui è tutto un “marcia indietro di Wu Ming” – un po’ immagino scocci non solo me. Nessuno si è sbattuto quanto voi, ma molti – e davvero non parlo di me, io mi sono divertito per quanto si possa usare questo termine in questa situazione – mi pare non si siano risparmiati. Avessimo sbagliato o preso cantonate o ci fossimo comportati da irresponsabili avrebbe senso, così preferirei che chi chiedesse un qualche conto e ragione prima presentasse lui/lei le scuse per le cazzate con cui ha ammorbato il dibattito di questi mesi.

          • Beh, «marcia indietro di Wu Ming» è al tempo stessa la cosa più lessicalmente “leggera” e al tempo stesso più platealmente stupida scritta dai nostri odiatori (vetero- e neo-) sui social. Però, come diceva il mio compadre poco sopra, noi quel che si scrive di noi sui social lo consideriamo il giusto, cioè poco, per motivi che non sto a ribadire. Ed è ovvio che *qualunque* considerazione di quel che si è fatto su Giap negli ultimi tre mesi non possa che basarsi sul riconoscimento dell’enorme impegno che ci hanno messo tante persone. Del resto, la community è ringraziata anche nel post qui sopra. Quanto al pretendere che altri chiedano scusa per il terrore, per «il virus è nell’aria!!!11!!», per la vena moralizzante, per le calunnie, beh, sai bene quanto me che non accadrà.

  61. Sottoscrivo il commento di Roberto e vorrei aggiungere che nel frattempo gli ingranaggi stritolanti della macchina economica hanno ripreso a lavorare a pieno regime macinando, in nome dell’ emergenza, centinaia di vittime. Ikea Firenze questa domenica organizza, finalmente!, uno sciopero. Ai lavoratori, al rientro al lavoro, sono stati imposti turni massacranti a fronte di incassi esorbitanti. Incassi che non avevano mai fatto prima dell’emergenza. Ma la scure della crisi e della recessione incombono come spauracchio per giustificare qualunque pretesa aziendale. In ospedale, i reparti sono stati riportati alla ” normalità”, ma i turni sono rimasti quelli previsti per l’emergenza. Turni strutturati sul massimo sfruttamento della forza lavoro. Non è stata effettuata ad oggi nessuna nuova assunzione, nessun ampliamento dell’ organico ( i lavoratori precari hanno subito le conseguenze di questa situazione, anche ammalandosi, e ora non sono più necessari) in barba alle criminose condizioni e ai tagli effettuati con i loro effetti sulla gestione della pandemia. Tutto questo a fronte, come sottolineava Roberto, di un virus di cui, ad oggi ancora, non sappiamo niente con esattezza. Mentre sappiamo e possiamo prevedere gli effetti nocivi e deleteri di questa gestione che ha preparato un terreno fertile per una politica di sfruttamento ancora più aggressiva. Tutto questo condito da una serie di misure che, in sede laboratoriale, sono state approntate, come la didattica a distanza. La focalizzazione su uno solo dei due scogli, nel caso del virus, ha condotto ad una rimozione di tutte le contraddizioni in essere. Come se non esistessero più. Consentendo al capitalismo di sfruttare al meglio la situazione per riorganizzarsi.

  62. Io leggo tanti buoni discorsi, tante buone parole, ma poi nel concreto vedo davvero poca sostanza nelle lotte. Tranne piccole sacche di resistenza (vedi ad es. i braccianti e logistica) non vedo grandi rivolte svolgersi in questi giorni. Forse è ancora presto e spero di essere smentito nelle prossime settimane, ma dagli ospedali poco si muove in termini di manifestazioni. Dalla scuola idem. Eppure sono settori ampiamente colpiti dalla situazione attuale. Perché niente si muove? Manca forse qualcuno che organizzi la rivolta? Oppure in molti si aspettano la manna calata dal cielo, e quei pochi che tiferebbero rivolta si ritrovano a fare i discorsi qua.

  63. Nel mondo della scuola poco si muove perchè poco (di ufficiale) si sa. C’è un gioco continuo a “si dimezzeranno le classi, metà in classe metà a casa, ma non è ufficiale eh, magari poi non si fa”; “si faranno mangiare i bambini in isolamento, servendo piatti scongelati monoporzione” (questa pare ufficiale, ma non è circolata molto); “in Francia hanno riaperto ora le scuole, ma ne hanno chiuse subito 70 per virus” (su 40mila, ma non te lo scrivo). Si gioca come sempre al fattore estate-con-sorpresa-a-settembre (si è parlato molto di più della distanza fra gli ombrelloni che fra i bambini a scuola). Questi sono i media corrotti e cattivoni. Se poi qualche responsabilità la si vuole dare anche alla distrazione di comodo di una quota non piccola dei genitori, interessati soprattutto alla riapertura “in qualunque condizione”, questo va a discrezione. A me personalmente pare che la scuola abbia tutte le intenzioni di prendere di colpo uno stile lager quasi fumettistico nel suo estremismo, senza che nessuno o quasi batta ciglio. Il tutto, come ha osservato sopra qualcuno acutamente, senza che vi sia alcuna seria probabilità che nei prossimi mesi si facciano ulteriori “lockdown” estesi: il lockdown riguarderebbe dunque solo i bambini (e magari carcerati ed altre elites).

  64. L’Iss ha pubblicato nuovi dati interessanti (https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Report-COVID-2019_21_maggio.pdf) – scusate se ne posto ancora, ma questi sono notevoli e forse noti a pochi.
    Dei 31 mila “deceduti e positivi” al COVID in tutt’Italia – quindi morti con, e non necessariamente per, il nuovo virus – sono 124 le persone che non avevano alcuna patologia nota (mentre 454 ne avevano solo una). Fra queste, solo 27 donne e 14 “under 40” d’ogni sesso (mentre di 11 loro coetanei/e non sono note informazioni cliniche).

    Anche un po’ per questi dati, ma soprattutto per i tantissimi messi in povertà o mandati a lavorare per interessi di privati (fabbricazione di sim per cellulari: ecco una delle tante “attività essenziali”!), ha ragione Giovenale: servono molte più proteste. Il rischio ovviamente è che il disagio sociale creato allarghi la base elettorale di certi soggetti. Anche per questo, oggi più che mai, è necessario protestare bene.

  65. No, mi spiace fare il pignolo, non sono 124 su 31mila ma su un campione di tremila e rotti, si legge nella didascalia. Immagino comunque che i numeri restino abbastanza impressionanti vedendo il grafico per fascia di età. Spicca quello zero vittime in età scolare post-elementare che mi spinge a dire spesso (litigando con tutti) che sulle scuole si poteva intervenire in modo molto diverso, invece di salvare solo le attività produttive, si poteva tornare in classe almeno a gruppi alterni con distanziamento e concludere l’anno in modo decente senza grossi rischi, opinione personale di un padre di tre teenager che litigano l’ampiezza di banda disponibile mentre io telelavoro. Grazie per il link, molto interessante. Saluti.

  66. La funzione del post qui sopra era spiegare la nostra decisione di archiviare l’articolo di Gandini e Mamone Capria, al tempo stesso scusandoci con la comunità per l’infortunio. Nei commenti abbiamo fornito ulteriori chiarimenti e approfondimenti, ma poi la discussione ha perso focus e si è fatta sempre più stanca e ripetitiva. Al fine di uscire da queste secche, abbiamo deciso di chiudere i commenti. Facciamo un passo oltre, la fase lo richiede.