Visto che abbiamo un blog molto visitato e seguito, e che nella giornata di oggi l’informazione e la controinformazione saranno faccende di vitale importanza e urgenza, mettiamo a disposizione questo spazio.
Chi ha seguito le discussioni su Giap delle settimane scorse, sa che abbiamo forti perplessità su come è stata organizzata questa scadenza, ma oggi qualunque perplessità va messa in secondo piano: alla massima libertà di discussione devono seguire la massima unità nell’azione e la solidarietà a chi manifesta.
Per cause di forza maggiore, purtroppo non siamo riusciti a scendere a Roma, dunque cerchiamo di renderci utili in altro modo, approntando e implementando strumenti per seguire l’evento. Ricordiamo a tutti che la “visione panoramica” di chi sta fuori è sovente utilissima a salvare il culo a chi sta dentro.
Abbiamo predisposto e aggregato alcuni servizi:
1) diretta audio – a scelta – dalle emittenti Radio Onda Rossa, Radio Città Aperta e Radio Popolare Roma. Se uno streaming va a singhiozzo o si blocca, si può scegliere uno degli altri due.
2) due box di aggiornamenti via Twitter: per il primo, abbiamo creato una lista apposita che raccoglie i messaggi di svariati mediattivisti e giornalisti in loco o comunque con le antenne puntate, mentre il secondo raccoglie i tweet che includono l’hashtag “#15ott” (il più specificamente italiano tra quelli usati in questi giorni). Ci saranno molti tweet comuni ai due box, ma in questo modo siamo certi di “catturare” gran parte del flusso proveniente da Roma.
Speriamo che Twitter regga una massa d’urto come quella di una mobilitazione che tocca 962 città in 85 paesi, e che a Roma la rete mobile non collassi.
3) un box di notizie via Google News. Abbiamo creato un feed che ci manda ogni notizia con le parole “manifestazione” e “Roma”.
Ci sarebbe piaciuto far aprire i link dei box in altre schede o finestre del browser, ma non abbiamo capito come fare. Si fosse trattato di normale html, un comando “_blank” avrebbe risolto il problema, ma i widget di Twitter e Google usano altri codici e sintassi. Per evitare interruzioni dello streaming, abbiamo fatto in modo che fossero i player delle radio ad aprirsi a parte. Ovviamente, chi volesse aprire un link in altra finestra, può cliccarci sopra col destro e scegliere l’opzione manualmente.
Ora incrociamo le dita, e buona lotta a tutt*.
N.B. Per chi sarà in piazza: se vi ferma la polizia, chiamate il numero 06491563, risponderà la “Casa dei diritti sociali ” che provvederà a contattare i legali presenti al corteo.
[WIDGET DISATTIVATI IL 17 OTTOBRE 2011 ALLE H. 19:10]
Ecco, cercavo di tenermi tranquilla e invece dopo aver letto questo post mi è rischizzata l’adrenalina in bocca, grazie eh? ;o) [just kidding.]
[…] Wu Ming Foundation. Oggi abbiamo deciso di starcene buonini per lasciare tutte le risorse alla loro diretta #15ott. È quindi probabile che oggi Die Enttäeuschung di tanto in tanto rallenti, ma va bene […]
[…] WUMING info utili per Roma – occupyITALY #15O […]
Un’altra risorsa importante per seguire il 15 ottobre italiano e globale è lo “storify” in tempo reale che sta facendo Claudia Vago aka @tigella.
fruisco e ringrazio!
diretta del corriere http://videochat.corriere.it/index_H2401.shtml
beninteso che il corriere…
[…] In radio, Radio Onda Rossa, Radio Città Aperta e Radio Popolare Roma seguiranno, naturalmente, gli eventi romani. I Wu Ming hanno messo a disposizione sul loro sito i tre streaming audio. […]
Peccato che ancora una volta ci siano stati questi incidenti, che ovviamente stanno occupando lo spazio di tutte le testate…a guardarlo da qui, sembra il solito refrain.
[“qui” intendendo le testate nazionali]
ho notato subito questa foto nella gallery di Repubblica.
Ora l’hanno messa in evidenza… testimone impassibile? secondo me, tra poco queste foto spariranno…
http://www.repubblica.it/politica/2011/10/15/foto/testimone_impassibile_davanti_all_assalto_alla_banca-23278111/1/
Io sto facendo screen dei vari quotidiani online. Le tecniche disinformative sono sempre le stesse. E’ da lì che bisogna far cominciare il cambiamento a mio parere.
Io sto faticando parecchio a capirci qualcosa. Anche dalla diretta qui del blog arrivano notizie un po’ troppo… “frammentate”!
Ad una prima lettura pare che alcuni giornali dicano che sono i black bloc ad aver diviso il corteo in due, mentre dai twitter sembra che sia stata la polizia. Oggi c’è anche una connessione orribilmente lenta, e non riesco a seguire le dirette tv.
Sulla front-page di repubblica.it, si legge: “Guerriglia black bloc”, “Blindato in fiamme”, “polizia carica…migliaia in fuga”, “battaglia a san giovanni”.
La manifestazione non esiste, non ce n’è traccia. E guardando il corriere e la stampa, stessa storia. Neanche il numero di manifestanti viene messo in primo piano.
Tutti gli amici che sono andati lì, hanno commentato su fb o twitter: grande amarezza e sconforto.
Non so quale narrazione nuova possa fare la controinformazione e se esista effettivamente un’altra narrazione, ma scacciare questo mood è operazione disperata.
ancora una volta una delle armi peggiori e’ stato il riflesso condizionato dell’uso del frame violenti/nonviolenti. ormai l’hanno infilato a forza nel cervello di una quantita’ spaventosa di persone. appena parte automaticamente il riflesso condizionato (#15ott su twitter e’ incardinato ormai solo su questo frame) si finisce in un vicolo cieco cognitivo, non c’e’ verso di elaborare quello che succede veramente. e per come stanno le cose eradicare questo frame sembra impossibile. keep on fighting
Per sradicare un *frame* bisogna sempre partire dal fatto che molta gente ha un cervello biconcettuale, cioè che alberga una cornice e il suo contrario. Molta gente che oggi si fa catturare dalla cornice “violenza/non violenza” è *la stessa* che ha applaudito le rivolte di Tunisi e Piazza Tahrir, senza nulla eccepire sul comportamento violento/non violento dei manifestanti. Forse facendo leva su questa contraddizione si potrebbe insinuare un cambiamento nella testa di qualcuno.
Certo è triste che il significato politico di una manifestazione contro i dictat della BCE, che ha portato in piazza, senza particolari sigle, centinaia di migliaia di persone, si riduca alla valutazione su “chi ha cominciato per primo” tra “violenti” e “forze dell’ordine”…
Sono appena tornato a casa da quell’inferno che è stato S.Giovanni.
NB: non sono un blechbloc, ero solo e ho semplicemente seguito il corteo.
Parto stamane alle 12.00 da San Lorenzo dove il corteo del Valleoccupato+Draghi Ribelli salpa colorato alla volta della Sapienza e poi Termini. Dalle casse del carro, musica Hip Hop e tanta allegria: siamo un fiume in piena. Termini e poi via Cavour sono un grande carnevale in festa, poi la telefonata: “stanno incendiando della auto”.
Mi stacco dal carro e avanzo per verificare. Provo a prendere una scorciatoia ma da via Cavour in poi, ogni traversa è bloccata da camionette della polizia che vietano il passaggio. Sono le 15 circa e vedo le prime auto carbonizzate alla fine della strada. A fargli compagnia bancomat sfasciati, vetrine frantumate e una serranda bruciata. In tutto conterò 5-6 auto carbonizzate e un paio di bancomat over.
Giriamo a sinistra x via labicana: la colonna di fumo nero all’orizzonte nn presagisce nulla di buono. Prima una, poi due auto in fiamme, grosse fiamme, a pochi metri dal corteo ancora composto da uomini e donne di tutte le età. A presidiare il falò un paio di pompieri mentre all’incrocio con via Merulana il solito blocco di camionette, pieno zeppo di polizziotti. La situazione è pericolosa, poi degenera. A un centinaio di metri vedo correre verso di me, poi una saetta di fumo bianco mi rimbarlza sotto i piedi: lacrimogeni.
Corriamo a centinaia con gli occhi semichiusi veros le fiamme e non ci capisco più un cazzo. Tento di aprire lo zaino dove c’è la bandana, del succo di limone e un paio di occhiali da piscina che rompo all’istante tentando di inforcarli. Dopo alcuni istanti ci fermiamo e realizziamo lo scampato pericolo. Il corteo riprende, e finalmente arrivano i pompieri. Ma la tenzione è ormai troppo alta.
Un gruppo di ragazzi bendati – come tutti quelli che come me avevano da poco subìto il lancio dei gas – lanciano oggetti vs la polizia e tentano di bruciare dei cassonetti. Altri manifestanti intervengono a fermarli, nascono numerose discussioni. Da un lato i più incazzati, che non ci stanno a subìre e ormai sono determinati a combattere, dall’altro chi rivendica la natura pacifica della lotta e nn vuole vedere la città bruciare. Sono momenti di totale confusione. Vedo ragazze imbruttire a 40enni col casco integrale e 50enni ringraziare l’operato degli antagonisti. Qualcuno grida “borghesi!”, altri “fascisti!” – “fascista io,mavaffanculo!” rispondono. Totale confusione.
Poi arrivo a San Giovanni: L’Apocalisse. Il corteo è fermo, compresso e – come detto – confuso. In basso alla piazza intravedo degli scontri che si fanno sempre più grandi. Sono circa le 5.30-6: la manifestazione è morta, inizia la guerra. Molti rimangono a guardare lungo il prato della balisica altri come me sono sulla sinistra e vedono bene ciò che accade. Centinaia di ragazzi,ragazze,uomini e donne lanciano pietre contro lo sbarramento in fondo. Si fa avanti e indietro, mentre gli antagonisti distruggono parte della pavimentazione x ricavare sassi. La polizia si fa strada con gli idranti e riesce a sfollare la piazza. Arrivano a speronare uno dei carri del corteo ma nel loro avanzare lasciano isolata una camionetta che viene presa di mira, aperta e data alle fiamme. Siamo circa alle 18.30 e dopo una breve euforia, gli antagonisti si sparpagliano e attaccando sul 3 lati la polizia riprende il controllo dell’area.
In quel momento mi trovo nei pressi del parcheggio con le bancarelle, al lato destro di S.Giovanni. Con me venditori, fotografi, manifestanti. La polizia ci accerchia per un attimo sembra che le prendermo a prescindere. Decido di fare una ripresa in caso di malmenamento e mi accorgo che la tasca del mio zaino è aperta: la telecamera è fottuta! Per questo non ho testimonianza video della mia storia ma nonostante l’incazzatura riesco a defilarmi e tornare a casa lunga vai dell’Ambaradam.
Una cosa così non l’avevo mai vista. Odio la violenza, non condivido la devastazione della città, nè la guerriglia ma oggi mi sono sentito attaccato. In mezzo a gente comune, mi sono sentito attaccato. “Eh ma che ci facevi là?” – mi ha già detto mia madre – “Documentavo” – ho risposto – “e manifestavo la mia indignazione nel tentativo di cambiare le cose.” Se se sarei dovuto “allontanarmi dalla testa del corteo” allora che senso aveva manifestare?
Per ora è tutto.
Peace.
Geniale anche come ora la parola “indignati” stia venendo massicciamente spostata verso i temibili black bloc , 300/400, lasciati liberi di organizzarsi ed agire come sempre.
Ritenevamo quanto accaduto oggi quasi inevitabile, insito nella cornice stessa scelta in Italia per aderire al 15 Ottobre planetario: il Grande Corteo Nazionale anziché l’essere ovunque (“Occupy Everything”) che i movimenti praticano nel mondo, e che hanno praticato anche oggi (“962 città in 85 paesi” significa una media di 11 città per paese, mentre da noi si è scelto di convergere quasi tutti in un solo punto, il solito, con tutte le implicazioni del caso). E’ una riflessione che abbiamo ripetuto molte volte, fino ad annoiare noi stessi e gli altri. Prima del “#15ott” c’è stato il “14dic”, e prima ancora il G8 etc.
Oggi quelle critiche abbiamo zero voglia di riproporle, perché quando c’è chi rischia la vita in strada la priorità è essere solidali. Il “ve l’avevo detto” è reazionario e anche un po’ infame. “Dire” non serve se non si convince. Oggi si può solo esprimere solidarietà a chi ha subito la repressione, e a chi ha subito la situazione. Anche nei tweet che da ore scorrono qui sopra, c’è troppa voglia di dar la colpa solo a qualcuno, di sentenziare chi è dentro e chi è fuori, di attribuire tutto ai provocatori, veri, finti o virgolettati. Non fa per noi, ci dispiace. E’ una questione di decenza, e di rispetto per chi era oggi in quelle vie, in Piazza S. Giovanni etc.
Tutto, ma proprio tutto, tranne il solito refrain dei black block, per favore…oggi non c’era nessun black block nel corteo, c’erano aree politiche più incazzate di altre, individualità più pronte di altre, modalità di espressione del conflitto più radicali di altre. Punto.
Come diceva bene Wu Ming 2, evitiamo il bipolarismo del rivolte si, ma solo all’estero, a Londra va bene, al Cairo hanno fatto la rivoluzione, ma quando succede qui ci incagliamo nel dibattito su violenza si/violenza no.
Speriamo sia solo l’inizio…que se vayan todos
xCollettivo Militant: scusa la domanda, ma come fai\fate a sapere che i black bloc non erano nel corteo?
Accogliamo con vera stima il “tono” non giudicante della discussione sui fatti di Roma, perchè siamo ancora a caldo e dentro l’evento. La manifestazione di rabbia di oggi a Roma ci scuote, ci riguarda, c’avevamo già pensato.
La domanda è : perchè, a 10 anni da Genova, oggi, abbiamo smesso di confrontarci sui modi di stare in piazza e pratiche del conflitto ? Che poi non è un discorso generale, perchè varie realtà discutono e attuano “modi di stare in piazza”, con o senza raccordo tra loro.
C’è un effetto destabilizzante però, esiste, è concreto, si manifesta. Qualcosa che rompe molte altre pratiche di piazza possibili, e noi questo lo sappiamo da 10 anni almeno.
Ci stiamo chiedendo, in questi minuti, se siano confrontabili le manifestazioni di oggi con le rivolte del mondo arabo. I due movimenti sono tangenti e si attraversano l’un l’altro, ma a livello di composizione sociale sembrano divergere.
E dunque, le violenze stesse sfuggono ad un paragone troppo semplificante.
C’è un desiderio, quello di poter narrare il conflitto in modo sereno (senza perdere la durezza).
Diego e Andrea.
@ Ekerot
il “black bloc”, come tattica di piazza, non esiste più da dieci anni. Ed era una tattica ben precisa, che evitava ogni scontro con le forze dell’ordine, colpiva certi obiettivi e non altri etc. A prescindere dai giudizi che ciascuno di noi può avere su quella tattica, è un dato di fatto che non viene più messa in campo da un decennio. Chiamare “Black Bloc” ogni generico “violento” è una distorsione giornalistica. Tra l’altro, si dice “il Black Bloc”, non “i Black Block”, espressione che esiste solo in Italia e non vuol dire assolutamente niente.
Mi Sun black blok, dalla Valsusa ad oggi è pratica di rifiuto della legalità ipocrita di un meccanismo che stritola. Discutiamo del suo impiego e dei suoi effetti, ma non nascondiamoci cos’è.
Sempre apprezzabile il contributo di lucidità anche quando lo stomaco stringe fitto.
Thks
@ Ekerot
Forse perchè dello spezzone principale e in testa al corteo ne facevamo parte, oppure forse perchè abbiamo passato settimane di riunioni in cui ci siamo confrontati con tutte le strutture e aree politiche che abbiamo rivisto oggi in piazza praticare le più differenti modalità del conflitto, tant’è che oggi di persone “sconosciute” non ce n’erano. Ognuno, da tutta Italia, sapeva dove stare e cosa fare. Non è una modalità molto blackblokkesca, se così si può dire. E lo dico anche nel rispetto di chi ha fatto cose con cui ci troviamo poco in accordo, sia chiaro. Ma un conto è la critica politica, un altro è la delegittimazione dei compagni.
Alessandro – Collettivo Militant
nessun frame, ma dei distinguo necessari: una manifestazione di pastori sardi, di operai, di studenti, che subisce un aggressione da parte dei cani da guardia del regime merita una reazione. Ma la giornata di oggi meritava di avere la ‘sua voce’, una voce collettiva, anche di quelli che a Roma non c’erano e non di essere privati della possibilità di occupare piazza s.giovanni per dare avvio ad una lotta di lunga durata. Il punto è che i movimenti organizzati (cobas, fiom, precari) hanno la necessità di rafforzare una vigilanza militante che abbia la forza di impedire il ‘blocco’, e consenire lo ‘sbocco’, ad un movimento di massa che possa percorrere un pezzo di strada senza che un gruppo, un gruppo, monopolizzi, imponendo una direzione, al resto del movimento.
@Wu Ming 2
Beh ma una bella differenza c’è: là gente che si dà fuoco per la disperazione e trova milioni di affamati che piuttosto di seguire quell’esempio fanno la Rivoluzione. Qua alcuni o molti incazzati che giustamente fanno casino e danno pretesto per la repressione (visto che tanto i borghesucci finchè non perdono fino all’ultimo pelo la rivoluzione non la faranno).
Allora che vogliamo fare? Come al solito prendiamo schiaffi e pure la beffa di essere noi i violenti? O ci prendiamo con gli schiaffi almeno le simpatie? Perchè senza quelle non andiamo avanti. Io mi son fatto l’opinione che 1 ci prendiamo gli uomini; 2 tutto il resto che serve; 3 facciamo le cose.
Allora io condanno la violenza perchè ora è controproducente. L’obiettivo era far capire che la democrazia è una farsa e che comanda goldman sachs? CAZZO ALLA FINE DELLA GIORNATA QUELLO SIMPATICO ERA MARIO DRAGHI! Si poteva fare meglio no???
@WM1: (ciao!) Premesso che concordo pienamente con la tua analisi, mi resta però un dubbio. Se uno si dovesse fermare alle immagini dei tg (e qui ci sarebbe da scrivere un libro sulle divergenze comunicative tra il web, la tv e la carta stampata) vedrebbe dei tipacci vestiti di nero che incendiano cose e spaccano vetrine. Il collegamento con il Black Bloc è immediato. L’impressione è che ci sia il desiderio di riportare alla mente quelle tattiche, quei tempi, quegli accadimenti e (ahimé) quel finale, e che il desiderio si manifesti da ambo le parti (chi compie le azioni e chi le racconta). Sbaglio? Mi piacerebbe sapere il tuo parere a proposito.
Comunque: brutti ricordi, grande amarezza.
Perdonami Alessandro, condivido i pensieri espressi ma non riesco a capire come tu possa aver conosciuto tutti e 300mila i manifestanti. Non voglio cadere nell’opposizione violento/non violento tralasciando tutto il resto, solo per chiarire alcuni miei dubbi. Non è un peccato aver offerto la ghiotta opportunità ai media di dimenticare tutte le motivazioni sociali-economico-politiche permettendogli di focalizzarsi su cinque macchine bruciate, un bancomat ammaccato e un paio di “bombe carta”? Avere permesso che la manifestazione venisse spezzata, caricata a casaccio dalla polizia e usurpata del diritto di parola?
Anch’io voglio evitare il contrasto “violento\non violento” (e ringrazio WM1 per la precisazione), ma resta il fatto che molti dei miei amici presenti alla manifestazione sono rientrati a casa dicendo “sano e salvo”. E sicuramente non erano partiti con questa idea in testa.
Resta poi il dubbio che se qualcuno si trova nel corteo con spranghe e bastoni, forse tanta voglia di “manifestazione pacifica” non l’aveva in testa.
Ed è ancor più grave, Alessandro, se conoscendo “tutt*”, si sia permesso a certe persone di entrare nel corteo. Tutto quello che ho visto in tv era preventivato? Era stato messo in conto?
Lasciami dire che la maggior parte delle persone oggi in corteo secondo me non ne aveva la minima consapevolezza.
Se si va in corteo, e ogni gruppo ha un’idea personale di cosa si debba fare e perché si stia lì, purtroppo non ne uscirà mai nulla di buono – o almeno in Italia nella storia recente non me ne vengono esempi da portare.
@Wu Ming 2: non credo sia solo una questione di frame (violento/nonviolento), ma anche un problema di scopo. Cambiare il mondo prendendo a martellate un bancomat o bruciando un’auto è un’attività sterile ai fini di una risoluzione del problema. Anche ammesso che esista un sistema così distorto da dover essere abbattuto, perché “picchiare” i suoi simboli una volta ogni tanto? In questo modo la violenza diventa un feticcio e alimenta essa stessa il frame…
A vostro giudizio, qual’è l’utilità che si pensa di ottenere “stando in piazza” nel modo in cui oggi lo sono stati quelle persone che ho letto definire, “più incazzate.
Mi spiego.
Ritengo che possa avere in linea teorica un senso logico usare la violenza fino in fondo, assaltare il “palazzo d’inverno”, prendere il “potere” usando la violenza, inserendola in un progetto concreto. Non condivisibile dal mio punto di vista, ma avrebbe un senso logico.
Ma spaccare una vetrina, cosa sposta? Veramente, sfasciare un bancomat che cambia? Oltre ad autorizzare, di fronte all’opinione pubblica, la polizia a fare “carne di porco” dei manifestanti usando i suoi consueti metodi; oltre a consentire a stormi di avvoltoi, politici o giornalisti, di sviare l’attenzione dal tema del manifestare, al “fatto” criminoso; oltre a convincere giovani e meno a restare a casa la prossima volta, cosa sposta?
E’ la libera espressione di un disagio politico? O semplicemente erano così incazzati e gli prudevano così tanto le mani da non potersi proprio proprio più tenere per dimostrare veramente il mondo com’è ingiusto e anzi magari spaccando un bel bancomat, renderlo un pò più giusto loro? Ridicolo direi.
Qual’è dunque la piattaforma su cui si possa stabilire un confronto con questi più o meno numerosi insofferenti, che non è che si siano difesi da un’ aggressione (“gonfiare” un fascio che ti minaccia o che ti colpisce alle spalle non solo lo capisco ma lo ritengo fisiologico) ma che si appropriano delle mobilitazioni di tutti (ragazzini,anziani, TUTTI) facendone cosa loro, esclusiva.
Dov’è il progetto politico che va rispettato in tutto questo?
Vi pregherei al di là del mio tono polemico, che deriva dal fatto che oggi per la prima volta a mia memoria queste persone hanno di fatto autorizzato la polizia ad intervenire violentemente in piazza S.Giovanni, luogo “inviolato” della sinistra civile italiana (e luogo intimamente e privatamente importante per la mia formazione politica e civile), di darmi una spiegazione il più possibile esaustiva su queste ragioni, qualora le conosceste.
@ Togg
Beh, è evidente che non conosco tutti e 300.000 i manifestanti. Però conosco più o meno direttamente tutte le aree politiche romane e tutte le aree politiche italiane che sono state in piazza oggi.
Il dibattito su cosa doveva e non doveva essere questo 15 ottobre, inoltre, era assolutamente pubblico e aperto.
Il movimento ha espresso in questa manifestazione notevoli diversità sia politiche sia di iniziativa di piazza. Ed è giusto che sia così.
Il problema è un altro, e mi sembra rimanga ancora ignorato.
E’ vero, c’era una parte del corteo assolutamente contraria alle violenze di piazza, alla conflittualità sociale, allo scontro politico, e si è resa subito manifesta. Nessuno lo nasconde.
Però quello che si fa fatica a notare sono le migliaia di persone che hanno partecipato, in differenti modalità, al conflitto sociale espresso oggi in piazza. Non erano 100, 200 o 1000 black block, anarchici o come li si voglia etichettare, che hanno preso in ostaggio il corteo per “fare casino”, ma migliaia e migliaia di persone che hanno deciso di praticare il conflitto sociale in maniera radicale, scontrandosi, cercando di raggiungere i palazzi del potere. Ad un certo punto era piena piazza San Giovanni (!) e piazzale Appio oltre le mura, di giovani che esprimevano il loro dissenso. Roba di 10.000 o 20.000 persone.
Saranno stati anche una minoranza, non lo so, ma una *notevole* minoranza, e in particolar modo quella medesima minoranza che in queste settimane ha organizzato il corteo.
Se le dirigenze del PD, di SEL, di Attak, dell’ARCI o dell’IDV si stanno risentendo in queste ore di come è andata la manifestazione, poco male. Non hanno capito che la violenza di piazza espressa oggi non era solo contro le guardie, ma contro quelle opzione politiche che loro rappresentano. La piazza schifava quei rappresentanti dell’alternanza politica PD-L, e che adesso siano offesi degli scontri non fa altro che aumentare la nostra goduria, detto fuori dai denti.
Insomma, assolutamente felice di essere condannato da quel blocco politico che è parte del problema, contro cui si scagliava oggi la rabbia precaria che si è espressa facendo sobbalzare dalla sedia i vari commentatori politici.
Forse non è abbastanza chiaro, ma il corteo di oggi rappresentava l’alternativa anticapitalista al sistema economico che oggi ci governa. Non era solo il corteo contro Berlusconi, contro il PDL o contro le banche. Era anche il corteo contro il PD e tutta l’opposizione parlamentare. Se qualcuno non lo ha capito ed è venuto in piazza lo stesso, peggio per lui.
E ripeto, non tutto ciò che è successo oggi mi/ci ha convinto, e non sappiamo neanche se sia possibile “capitalizzare” questa rabbia espressa oggi, trovandogli uno sbocco politico. Ma tant’è, la rabbia si è espressa, ragioniamo sul domani, su come rendere incanalabile questa rabbia verso un processo politico alternativo a questo sistema. No reiterando i soliti clichè fra i bravi manifestanti pacifici e i cattivi (o gli infiltrati) manifestanti col cappuccio in testa.
Alessandro – Collettivo Militant
E comunque parecchi, sopratutto nella prima parte del corteo (quelli delle 14,30 – 15) a me mi sembravano fasci del tipo casapound (tutti con le sneakers bianche , che non rientrano proprio nell’abbigliamento classico degli anarco-insurrezionalisti!!!) Comunque queste sono illazioni mie, anche se quando tutto un corteo grida “fascisti fascisti!” o “intrusi!” un certo odore si deve essere sentito!
I primi novanta secondi di questo video mi confermano l’impressione…
http://tv.repubblica.it/dossier/indignados-italiani-indignati/gli-indignati-respingono-i-black-block/78315/76705?pagefrom=1
xCollettivo:
Il tuo intervento, se mi chiarisce molti dubbi, me ne crea mille altri.
Cosa vuol dire: “il dibattito su cosa doveva essere questo 15 ottobre era ancora aperto”?
Voi siete scesi nelle strade per sfogare la rabbia? E pensi davvero che i commentatori politici siano sobbalzati sulle loro poltrone perché avete rotto qualche bancomat?
Se uno deve sfogare la rabbia, può benissimo trovare delle alternative che magari evitino a quei restanti 280mila manifestanti di tornare a casa sconvolto, amareggiato, depresso, e con la quasi certezza che ci penserà tre volte prima di tornarci.
Nel caso il vostro obiettivo fosse tenere lontane queste persone che avevano pensato di andare pacificamente in piazza da tutti i prossimi incontri, allora in questo caso è valsa la pena sfogare la rabbia.
Sei l’unico che ha goduto per la giornata di oggi tra le persone che ho sentito. Evidentemente non abbiamo lo stesso giro di amicizie…
@ Ekerot
Non ho scritto che il dibattito era “ancora aperto”, ma “assolutamente aperto e pubblico”. Questo vuol dire che all’interno del “coordinamento 15 Ottobre” che ha organizzato il corteo c’erano apertamente le posizioni di chi ha messo in pratica oggi il conflitto. Se c’era qualche problema era quella la sede, non altre. E in quella sede sono state organizzate le modalità di gestione del 15. Tutti erano assolutamente coscienti e consapevoli. Consapevoli anche dell’eccedenza che si è prodotta oggi in piazza, a tal punto da partecipare al conflitto anche quando nei giorni precedenti partivano da posizioni assolutamente contrarie. Proprio perchè ne hanno colto la diffusione e la consapevolezza..
Il tuo dubbio su come tenere dentro il resto dei manifestanti che non ha condiviso le pratiche di piazza odierne è lo stesso nostro, e infatti non usciamo “solo” felici e contenti di questa giornata. Però non significa tenere dentro tutto, significa scegliere. Tanti ce li possiamo tranquillamente perdere per strada, facendo un passo avanti.
Ah, piccola aggiunta e poi chiudo per non monopolizzare la discussione: chi parte dal presupposto che oggi non doveva succedere ciò che è successo spero sia coerente e critichi tutto ciò che succede da anni in Grecia, ciò che è successo a Londra e Totthenam in estate e ciò che è successo in primavera nei paesi arabi, per non dire di tutte le rivolte che scoppiano in giro per il mondo e che siamo sempre pronti ad applaudire quando accadono altrove. Oggi che invece siamo noi a ribellarci, non percepisco nei media o nella coscienza pubblica di queste ore quella stessa condivisione, quello stesso pathos, quel trasporto da novelli rivoluzionari che animava gli spiriti nei mesi precedenti. Sono tornati invece gli infiltrati, i blekkblokke, i fascisti addirittura…salù
Alessandro – Collettivo Militant
Sarà anche reazionario dire “ve l’avevo detto”, ma che questo esito non fosse ampiamente prevedibile, cari WM e cari tutti, vi sfido a negarlo. La logica dell’Evento Decisivo, del Momento Supremo, porta qui. E in Italia c’è un modus operandi del sistema di sicurezza che viene applicato da anni, se non decenni, secondo manuale, con ben poche varianti e nessuno sforzo di fantasia.
E va bene, dispiace per chi c’era e le ha prese (o peggio). Ma pretendere che così si possa ottenere qualcosa di politicamente utile mi pare a dir poco miope. Alla fine, come dice Rapa, chi ne esce splendidamente è uno come Mario Draghi, che a me quando lo vedo fa venire i sudori freddi dalla paura, una paura animale, profonda, ed ora eccolo lì ergersi dall’alto della sua aura di aristocratica magnanimità. Lui li appoggiava pure, i manifestanti, e quano gli hanno riferito degli scontri si è pure dispiaciuto, cuoricino. Che bastardi questi giovinastri scapestrati… Ecco qui: la frittata politica è bell’e fatta. Tutta colpa dei mass media servi del sistema? Mmh… Forse no, che dite?
Altro aspetto. A caldo mi viene da considerare che oggi è emerso uno dei limiti maggiori di questo movimento degli indignados o come diavolo vogliamo chiamarlo. La pretesa che basti la mobilitazione spontanea e “orizzontale”, non strutturata, senza un obiettivo politico, senza una strategia e senza una organizzazione a sostenerla, a far cambiare le cose, mi pare destituita di ogni fondamento. Non c’era manco uno straccio di servizio d’ordine degno di questo nome oggi a Roma. Non so dove si pensa di poter andare, in questo modo. Indignarsi non serve a una minchia, senza un progetto. È solo uno sfogo emotivo. E poi? Avere delle buone ragioni non basta.
Infine, lasciatemelo dire, la violenza è una cagata pazzesca. Vediamo di non uscircene con slogan da quattro soldi, tanto per fare i duri e puri. La violenza serve ad alimentare sé stessa e a far morire le istanze per cui pretende di esprimersi. Non siamo nel bel mezzo di una rivoluzione, non siamo a Parigi nel luglio 1789, a San Pietroburgo nel novembre del 1917 o sulla Sierra Maestra nel 1958; non ci sono truppe occupanti contro cui battersi e manca totalmente un quadro politico e strategico in cui inserire un’eventuale azione di forza. Chi va a spaccare vetrine o bancomat, bruciare macchine (di qualche precario o di qualche proletario, magari) o distruggere la pavimentazione di una piazza per lanciare sanpietrini alla ndocoiocoio è solo un misero strumento del sistema contro cui pensa di battersi. A parte i casi di gente (prezzolata per l’occasione o del mestiere) che lo fa scientemente per far fallire questo genere di manifestazioni (sappiamo che ci sono: non è che stiamo cadendo dal pero oggi).
Non voglio fare la paternale, sono solo amareggiato. Meravigliato o scandalizzato manco un po’, ma amareggiato sì. Spero solo che nel resto del mondo le cose siano andate diversamente e con maggior profitto politico (anche se ne dubito, del profitto dico).
EC: “che questo esito fosse ampiamente prevedibile, cari WM e cari tutti, vi sfido a negarlo”
@collettivo militant
Facendo un passo avanti, certo. Ma qui mi sembra se ne sia fatto uno indietro. Perchè persino attraverso i media di regime si stava diffondendo la consapevolezza che il vero nemico non sono pd-l e corollario, che non contano un cazzo, ma Bce e loro padroni. Questo, sebbene filtrato dai media, poteva diventare un sentire comune ( per es. grazie ai “draghi contro-draghi”) che mettendo in crisi le favole fondative di questa “democrazia dell’alternanza uguale” preparava un ottimo terreno per una rabbia generale non più sfogabile nel “berlusconi mi ha fottuto, voterò bersani”. Una rabbia che a crisi avanzata potrebbe travolgere non solo le marionette, ma anche chi le guida.
Questo il ragionamento strategico. Ecco perchè dal punto di vista tattico la violenza oggi andava evitata, compressa e tenuta in caldo. Perchè paradossalmente con le sue dichiarazioni di oggi un Draghi Mario “sono dalla parte dei giovani” poteva essere sbertucciato e delegittimato. Invece dopo gli scontri ha potuto dire “che peccato, io ci ho provato a dialogare…”. Ha guadagnato capitale politico. Che gli tornerà utile quando scriverà la prossima letterina come nuovo governatore della BCE. Un errore tattico, no?
Per sfogare la rabbia ci sono altre occasioni; TAV, trasferimenti di immigrati… tutte occasioni in cui la violenza serve eccome, in quanto ferma la ruspa o fa scappare i malcapitati. Oggi no.
@Militant Hanno già detto tutto gli altri. Comunque. Alcune volte mi sembra che tra le persone più informate, partecipi, conscie di quello di cui si sta parlando, per rispettare ogni forma di identità presente in campo, si compiano degli errori di analisi. Credi davvero che quello che è successo nel corteo di oggi rappresenti l’alternativa anticapitalista? Io conosco benissimo tutte le porcate del PD e precedenti, conosco anche i problemi di IDV e SEL. Per non parlare di PDL e affini, ovvio. Ma possibile che non si riesca mai a capire che i soldi veri non sono nello sportello del bancomat? Che c’è bisogno invece di una lotta rabbiosa sì, ma organizzata e capace di diffondersi, forte di tante contro-narrazioni. Capace di superare il blocco imposto dai media di regime. Così si fa l’esatto opposto, fornendo tanta legna da bruciare ai cronisti che vogliono fare solo un bel falò per scaldarsi le mani ed oscurare il resto. A me non frega nulla di stigmatizzare chi sfonda una vetrina (mi da più fastidio invece il tentato omicidio, ma non entriamo nel dettaglio), riesco a capire il perché della sua rabbia. Il fatto che comprenda però non mi esime dal muovere delle critiche al “progetto”. Mi piacerebbe che si arrivasse a qualcosa insomma, senza voler sembrare uno che guarda solo alla piccolezza di una giornata.
Ecco appunto, per fortuna Rapa e Omar hanno espresso quello che intendevo dire. A quest ora il sonno blocca la mia già scarsa capacità espressiva.
@ tutti
Ma guardate che le dinamiche dell’informazione mica le controlliamo. Sono loro che controllano noi e decidono come farci uscire mediaticamente e quindi come formare l’opinione pubblica. Non siamo mica noi con i nostri comportamenti a deciderle, altrimenti partiremmo da un piano di parità. Non è così. Chi controlla l’informazione decide in che modo narrare una manifestazione, una protesta, un qualsiasi altra cosa, noi ci possiamo fare ben poco, o quasi niente.
Secondo poi, ma davvero stiamo ragionando di come ne usciamo agli occhi di Draghi? Cioè, il discorso di come ne esce Draghi da tutto questo è davvero il punto centrale? O il punto è che ne esce fuori una contrapposizione radicale fra Draghi e amici da una parte e conflittualità sociale dall’altra?
Detto questo, continuo a ribadire che non sono un divensore a spada tratta di ciò che è successo oggi. Ci preme solo non delegittimare ciò che è accaduto. Chi si è incappucciato è lo stesso che poi interviene alle assemblee e con le quali siete poi d’accordo, gli stessi che intervengono all’Infedele o da Formigli, chi fa le lotte sociali nelle città e nei lughi di lavoro…siamo noi, non altri. Se qualcosa è andato storto, siamo tutti noi che dobbiamo crescere, non fare i distinguo noi buoni/gli inflitrati cattivi, se no non ne usciamo più.
alle volte penso che il 99% sia poco considerato da varie parti, forse la differenza tra roma e molte altre Piazze è tutta lì
@Omar Onnis e @LudovikoVan:
Aver parteggiato per la riuscita mondiale della manifestazione ha più senso che vederla confinata con la lente italiana. In questo momento rifletto sulla possibilità della violenza in piazza, come pratica di scontro. Se questa pratica prevede la fuga, l’abbandono, l’incertezza di migliaia di persone, è arretramento. Ti sei organizzato per manifestare il tuo conflitto in uno spazio e ne esci alla cieca, costretto dall’aria irrespirabile.
E’ già in quel punto che si interrompe il “frame” sui contenuti, e sulle pratiche di piazza. Per chi oggi ha subìto le condizioni di piazza e non ne ha visto uno sbocco, diventa problematico.
Altrove sto vedendo piazze più organizzate “strategicamente”, con l’aiuto di tanti, destinati a rimanervi a lungo, banalmente perchè si sono dati una quadra.
E’ tatticamente ingombrante l’evento romano, e stride con la necessità, per un movimento, di trovarsi e riconoscersi senza scivolare verso la frantumazione dello spazio in cui sta operando.
@Alessandro – Collettivo Militant,
provo a mettere in ordine qualche riga, anche se le domande vagano alquanto confusamente…
Se capisco bene, la rabbia esplosa oggi è stata messa in campo strategicamente (o tatticamente?). Vorrei capire meglio: l’obiettivo della rabbia è stato analizzato/progettato? Da quanto scrivi mi sembra di no, o meglio: nella fase di preparazione alla manifestazione di oggi non si è arrivati a una soluzione condivisa.
Si fa bruciare Roma il 15 ottobre, e poi?
Non credo possa bastare la soddisfazione di trovare oppositori sia a destra che a “sinistra”. Basta oggi, forse, ma stanotte si va a dormire senza sapere cosa fare domani… La si fa bruciare anche domani? e poi dopodomani? e poi ancora, fino a ottenere…cosa?
Come si può incanalare in qualche forma politica la rabbia di oggi se l’interpretazione/lettura/visione che se ne sta dando (sui media di massa) è legata a una realtà del tutto lontana, ormai finita, malcompresa (il BlackBloc, intendo)? Ti chiedo, cioè, visto che alle riunioni preparatorie non ho partecipato: di questo si è parlato?
Scatenare la rabbia e trasformarla in rivolta non è granché difficile, incanalarla forse è un po’ più complesso. Si è pensato a come porre già oggi le basi di interpretazione e quindi di azione rispetto alla rabbia repressa-esplosa?
Si è tenuto conto, scegliendo (strategicamente? tatticamente?) la rabbia, che la “vulgata” dei mass media sarebbe stata del tipo: isolare i violenti, una mela marcia rovina il canestro di mele, ecco la guerriglia, ecc.?
Secondo me prima di tutto dobbiamo smetterla di paragonare ogni sassaiola alla serie di eventi che hanno provocato la caduta di Mubarak. In Egitto quando c’erano le rivolte ed è caduto il regime contemporaneamente si verificavano scioperi generali che hanno paralizzato il paese. Non mi pare che stiamo allo stesso punto. Idem in Grecia.
Io non ero a Roma, ma molti miei amici sì. Tutti erano amareggiati, spaventati, delusi. E non è che tutti quanti siano dei non violenti sfegatati, tutt’altro. Alcuni mi hanno raccontato di essersi messi in mezzo per evitare risse tra manifestanti. Mi vengono solo due aggettivi: ridicolo e grottesco.
@Collettivo Militant
Chiaro che le dinamiche non le controlliamo; però devi ammettere due cose. Che se rinunciamo a informare almeno chi si interessa (che sperabilmente poi diventa l’opinion maker) abbiamo già perso per sempre, e che almeno su internet tg3 e giornali (che per ora informano il massimo numero di persone raggiungibili) nonostante i filtri stava LENTAMENTE passando un certo messaggio, cioè che:
1- Una democrazia in cui tutte le decisioni vengono prese sulla falsariga di letterine dei tecnocrati non funziona. Il che è ottimo per noi, perchè svela le contraddizioni della prima valvola di sfogo del capitalismo.
2- Che detti tecnocrati non sono santi benefattori, ma collusi con i responsabili della crisi che non siamo noi pigri debitori ma banche ecc.. E questo mess passava in tutta europa e persino negli USA.
Questi sarebbero stati i problemi additati da questa manifestazione. Perfetto. E ora?
Io non condanno la violenza in sè ma quando è controproducente. E diciamolo, lo è stata, perchè il messaggio che sarebbe passato con un bell’assembramento colorato, internazionale, con chiare parole d’ordine e degli avversari ben delineati, non è passato, anzi è passato quello contrario.
Perchè Draghi è importante? Perchè si rappresenta come il tecnocrate buono che pensa per te. INFINITAMENTE più pericoloso di B o B2 perchè ha e avrà parte del vero potere e riceveremo tante di letterine da lui o chi per lui. Allora fa MOLTA differenza qual’è l’immagine di chi le manda: la differenza che c’è tra un popolo che stringe la cinghia e dice “eh… che dobbiamo farci… è per il nostro bene” e un popolo che si rivolta in massa contro il servo di Goldman Sachs.
Voglio che sia chiaro che non me la prendo con chi si è sbattuto per organizzare tutto e nemmeno con chi è andato con la speranza di spaccare la testa a uno sbirro vendicando tanti torti! Anzi, le ragioni della rabbia ce le ho in corpo come tanti, e avendo la possibilità di stare lì avrei perso questo aplomb del cazzo che sembro avere, ti garantisco. Eppure, avrei dovuto avere vicino qualcuno che dicesse, compagno, tieni la rabbia dentro, la sfogheremo in un altra occasione (costruttiva! e ce ne sono a volontà). Ma la rabbia se non la usiamo bene e al momento giusto… abbiamo finito. Perchè mentre noi studiamo il nemico, il nemico studia noi, e prepara le mosse con ampio anticipo senza lasciare niente al caso (vedi le dichiarazioni di Draghi…) cosa che noi sembriamo non riuscire a fare.
non entro nel merito del discorso violenti/non violenti di oggi
vorrei solo sottolineare che tutte le situazioni citate nelle quali si è manifestato il conflitto violento (Tunisi, Cairo, Atene, Londra) hanno avuto contesti di origine, motivazioni, modalità ed esiti molto differenti, secondo me assolutamente imparagonabili
non credo sia tanto banale sottolinearlo
un esempio: il differente ruolo (e comunque determinante) delle forze armate in Tunisia ed Egitto
credo che vada tenuto presente quando si ragiona su come un conflitto può produrre realmente consenso
@ Omar
che vuol dire “vi sfido a negarlo”? Quel che dici sull’Evento Supremo (quella che noi chiamiamo “la Grande Scadenza Unica”) lo sosteniamo noi da anni, e lo abbiamo sostenuto anche in quest’occasione. Ma poiché come la pensiamo è cosa notoria, non avremmo granché voglia di menare ancora il torrone con un’analisi che abbiamo proposto ad nauseam. Essere troppo facili profeti è una rottura di coglioni. Ricordare agli altri di essere stati facili profeti è ancora peggio. Questo era il senso della riflessione sul “ve l’avevo detto”.
@ Tutti i delusi, gli spaventati, gli incazzati
a me sorprende, davvero, che fino a oggi pomeriggio qualcuno si aspettasse qualcosa di diverso, dopo il 14 dicembre 2010. E’ andata com’era ovvio che andasse.
Rendiamoci conto di una cosa: non ci sarà mai più una “manifestazione nazionale di movimento” che non includa quel che abbiamo visto oggi. Quando si sceglierà quel format, si acquisterà sempre il “pacchetto completo”. C’è una rabbia sociale talmente indurita che non la scalfisce un martello pneumatico, e due generazioni allo sbando completo, derubate di futuro e furibonde, tutte pars destruens, prive di fiducia nei confronti più o meno di chiunque.
La narrazione degli infiltrati, vera o falsa che sia, è consolatoria e diversiva. Anche se degli infiltrati ci fossero, avrebbero ben poco lavoro da fare. Migliaia di persone sono disposte allo scontro, è questo che non si vuole vedere. Io non sono d’accordo con la *valutazione* di Alessandro di Militant su com’è andata la giornata, che a mio avviso ha avuto un esito catastrofico. Ma la *descrizione* che fa Alessandro coglie nel segno, e io lo ringrazio perché viene qui a farla, mettendoci a disposizione un “sapere pratico”, il suo conoscere certe realtà.
Il format di cui sopra – coi suoi automatismi, la sua tempistica subalterna e i suoi percorsi finto-obbligati – è il più logoro, il più permeabile e quello che offre la maggiore “ribalta”. Se uno vuole fare uno “statement”, far sapere al mondo che è incazzato marcio, non c’è niente di meglio della Grande Scadenza. Se si vuole evitare che una vasta massa di persone venga “sovradeterminata”, bisogna evitare il Corteo Nazionale, e trovare pratiche che permettano un’espressione più molteplice. Il principio “Occupy Everything” che ricordavo sopra va in quella direzione, e oggi *tutto il mondo tranne l’Italia* è andato in quella direzione.
In un contesto come questo, Violenza / Non-violenza è il monarca dei falsi problemi, è IL falso problema, quello con la corona di diamanti tarocchi in testa. Il problema vero è: quali pratiche? Il Grande Corteo Nazionale, la convergenza di massa su Roma, ha abbondantemente rotto il cazzo, e impedisce di essere ovunque e di avere una libera molteplicità di pratiche.
Ecco, porco d…, ho di nuovo menato il torrone!
Una nota tecnica: qualche mese fa un tizio annunciò che se ne andava da Giap sbattendo la porta, e che qui non sarebbe mai più intervenuto. Non contento, in privato mi coprì di insulti (anche pertinenti, almeno secondo lui, alla mia sessualità). Adesso, incoerentemente, sta cercando di intervenire allo scopo di provocare un altro commentatore. Il suo commento rimane in coda di moderazione e allora ci prova con nick diversi. A questo povero idiota annuncio qui, una volta e per sempre, che intendo salvaguardare la sua coerenza e il suo rispetto per se stesso. Voglio che, guardandosi allo specchio, costui non veda il viso di uno che non mantiene gli impegni. Ragion per cui, come egli stesso aveva annunciato, qui su Giap non ci metterà mai più piede.
Premetto che non sono stato neppure io a Roma per impegni di lavoro.
Ora, si ripete continuamente la necessità di “cambiare frame”. Ma eccoci di nuovo qui a fare l’analisi di una sconfitta… ed eccoci di nuovo intrappolati come nel cliché binario della violenza/non-violenza. Pure qui su Giap, a quanto pare…
Perché, ad esempio, non cominciamo a parlare, anzichè di violenza/non-violenza, di organizzazione/disorganizzazione? Perché non prendiamo in considerazione delle risposte nuove alle domande sul perché manifestazioni e “movimenti” del genere (Genova, 14 dicembre, 15 ottobre ecc.) sfociano inevitabilmente in sconfitte così pesanti?
Persone che conosco che hanno preso parte al coordinamento per il 15O a Roma hanno riportato il solito quadro generale di scazzi, divisioni, divergenze, disorganizzazione. E da quello che sono riuscito a capire della giornata di oggi, è completamente mancato, tanto per dirne una, un servizio d’ordine interno fatto con un minimo di raziocinio.
Come ha già sottolineato Adrianaaaa, poi, c’è la questione della “sequenza” degli eventi. In Grecia, se non sbaglio, l’occupazione di Piazza Syntagma è arrivata dopo un anno segnato da lotte profonde e radicali, con la bellezza di 13 scioperi generali. In Egitto, Piazza Tahrir è stata lo sbocco di conflitti cominciati nelle fabbriche e nei posti di lavoro… qui in Italia, invece, si pretende sempre di fare il contrario.
Insomma: il “grande evento” secondo me non funziona non per il fatto di essere un “grande evento” (se davvero si vuole fare la rivoluzione momenti di sintesi di questo tipo sono necessari) ma perché si pretende sempre che sia il punto di partenza… e invece si dimostrano sempre, perennemente, dei vicoli ciechi. E sempre, a quanto pare, per le stesse ragioni.
In Val di Susa, le proteste sono violente. Il 3 luglio ero lì, e l’ho visto di persona. Ma in quel caso il frame violenti/non-violenti fa molta più fatica ad attecchire. Perchè? Io una mia risposta ce l’ho: perché in quel caso c’è un *soggetto politico* ben preciso: la gente comune di un’intera valle, che fa dell’anticapitalismo qualcosa in più di uno slogan da enunciare saccheggiando una città o dando l’assedio ai “palazzi del potere” (siano essi Montecitorio, Roma nel suo valore simbolico di “capitale”, o la zona rossa a Genova).
Oggi, invece, chi era il “soggetto politico”? Tutti si sono invariabilmente appropriati dell’etichetta *stupida* di “indignati”, nella convinzione che la sua provenienza estera certificata fungesse in qualche modo da collante… peccato che “indignati” si definiscano tanto i soggetti dell’antagonismo autonomo, quanto l’accozzaglia eterogenea e confusa di individui che staziona da qualche mese a Piazza San Giovanni fra mille ambiguità. Per non parlare di SEL, che mi sembra stia tentando abbastanza chiaramente di cavalcare l’onda delle proteste per far passare in modo omeopatico la sua linea: futura alleanza con il PD, alternativa di governo, tagli e dell’austerità “col sorriso sulle labbra”.
Ora, mi dite che specie di “movimento” sarebbe questo? Che rivoluzione si pretende di fare con questi presupposti? Quali esiti – che non sia l’ennesima batosta – ci si aspetta da manifestazioni come quella di oggi?
E qui, mi spiace, ma forse mi trovo in disaccordo con molte cose che vengono dette e ripetute in questo spazio. Ovviamente non ne faccio una colpa ai Wu Ming, che danno il loro sempre prezioso contributo in rapporto alla loro posizione, tutt’altro che comoda, di scrittori e intellettuali “col culo per strada”. Ma mi chiedo se seguire in modo troppo univoco certe strategie, non ci allontani sempre di più dalla percezione di cosa è davvero necessario oggi.
Perché è vero, la pluralità è bellissima e le contro-narrazioni sono fondamentali. Non solo: la lotta deve assolutamente essere policentrica e dispersa… ma il *soggetto* di questa lotta? Dov’è la *classe*, ossia soggetto rivoluzionario per eccellenza? A volte ho come l’impressione che molti dei compagni che scrivono qui coltivino la speranza che si materializzi per miracolo, bella compatta grazie alle proteste virali su internet o agli slogan degli universitari…
Senza un fattore soggettivo forte, senza una qualche “direzione politica”, i movimenti non faranno mai quel salto di qualità che permetta loro di diventare veri soggetti rivoluzionari. Se oggi in piazza ci fossero stati, anziché gli indignati “colorati” e gli antagonosti “brutti e cattivi”, lavoratori, perfettamente organizzati e – dico una cazzata che tanto cazzata non è – con il viso scoperto, magari anche le spranghe in mano, e alla guida di ruspe, gru, trattori… la violenza ci sarebbe stata in ogni caso, perché la repressione avrebbe agiro comunque; ma tutto questo avrebbe avuto forse tutto un altro significato.
Sto diventando un po’ “vetero” forse. Tra un po’ forse parlerò senza più troppe remore della necessità di un “partito rivoluzionario”. Ma sono sempre più convinto che senza una “forza” di questo tipo la rivoluzione rimarrà per sempre una chimera, contesa, in un eterno gioco delle parti, tra i fanatici dell’insurrezione e gli ipocriti della non-violenza.
So anche che mi pentirò amaramente di questo commento…
@ Don Cave
non so ancora con quante cose del tuo intervento sono o non sono d’accordo, né in che misura, ma su una cosa hai sacrosantissima ragione: la nostra posizione è scomoda. Siamo stranieri in ogni casa. Troppo scrittori per essere militanti politici in senso stretto, troppo politici per chi ci vorrebbe “solo” scrittori; troppo apocalittici per gli integrati, troppo integrati per gli apocalittici; troppo underground per il mainstream, troppo mainstream per l’underground; troppo critici con la rete, troppo fiduciosi nella rete; difensori della violenza agli occhi dei legalitari, visti come nemici da chi vuole solo spaccare tutto… Alla fine, prima o poi ci attaccano tutti. Oggi pomeriggio, su Twitter, c’è voluta più pazienza del solito… :-(
@ wu ming 1
Beh cosi` pero` e` una posizione complessa e matura. Mi sembra un gran bella cosa. Anche il fatto di non vedere quasi mai tutto bianco o nero puo` non piacere agli amanti delle guerre di religione ma e` importante: da profondita` al vostro punto di vista.
Io oggi ho partecipato alla manifestazione a new york ed sconvolgente come siano diverse le cose qui.
almeno 200.000 persone a Barcelona (pare quasi 300.000), ancora di più a Madrid e giù giù città per città fino ai 6.000 manifestanti di Almería (profondo sud, 190.000 ab.).
mi scuso subito per la superficialità del commento, ma anche da qui le cose che leggo sembrano provenire da un altro pianeta.
purtroppo Roma ha fornito ai media spagnoli quelle immagini che qui non sono riusciti a trovare.
Note sparse.
Non ero a Roma per ragioni lavoro-organizzative-vita
però all’incirca alle tre e mezzo quando sui twit iniziava a girare la notizia che il corteo era :“distante non solo fisicamente” mi sono immaginato la manifestazione spezzata in due. ho avvertito un dolore di pancia.
Cattivo presagio.Sciagura.
Io non amo il grande evento catalizzante. Anche ai tempi di Genova i compagni più esperti e grandi di me mi dicevano: “una manifestazione di due milioni di persone fa cadere qualsiasi governo”.
La loro esperienza era un’altra evidentemente. I loro tempi erano stati differenti.
Questi ultimi 12 anni sono stati un delirio, per i movimenti. Ciò che ho sempre visto, è stato dal 2001 in poi una graduale incapacità di comunicazione, soprattutto a livello nazionale fra le parti di un movimento disintegrato. E non che di cose nn ne siano successe. Ma spezzettate, con una difficoltà a parlarsi e confrontarsi sconcertante. Fra città e città, fra soggetti e realtà all’interno dello stesso territorio.
Non me la sento bene di commentare oltre la giornata di oggi. Voglio parlare con i compagni che erano là. Non riesco a costruirmi un quadro preciso solo dalle varie dirette radio o dai twitt.
Come diceva don cave, anche io ho avuto report dalle assemblee preparative di questa manifestazione, che riproponevano divisioni-scazzi. Non la capacità di costruire-inventare, una narrazione unitaria-alternativa degli eventi.
Ecco questo e basta vorrei dire: il fatto che il corteo si sia spezzato o sia stato spezzato, riflette la situazione a monte. Di disgregazione.
Nn so forse ho detto anche troppo.
@wuming1
è poco che ho riniziato ad usare la rete in maniera un attimo più attiva dal punto di vista “politico”.
dico che voi e il vostro giap mi siete di grande aiuto.
http://www.youtube.com/watch?v=Q7WvLwmgqn4
ci vorrebbero più ex ministri dell’interno come lui. non perchè fosse un uomo illuminato, ma perchè ogni tanto per via dell’età sbarellava e rivelava dei retroscena allucinanti, come questo.
è la solita storia, perpetrata per decenni. ora si chiamano black block. (posso sbagliarmi eh!)
@Don Cave: a prima botta mi verrebbe da rispondere che in Val di Susa non attecchisce quel frame perchè la violenza ha un obiettivo chiaro e immediamente praticabile: fermare il cantiere.
appena sceso dal pullman di ritorno…
scrivo per riportare la sensazione di estrema complessità che ho provato a roma…
anime diverse, disposte a condividere solo una parte di percorso, ma che provano a stare insieme…
la “grande scadenza” è negativa di per sè, inoltre ha regnato la confusione più totale in piazza, se la polizia avesse voluto sarebbe stato un macello…
vedo poca riflessione e una grande fretta, ma anche moltissima determinazione… un casino!
sbaglio o moltissimi di noi (almeno 2/3) non hanno visto gli scontri ma solo qualche segno?
quanto è stata cosciente la scelta (?) del corteo (o di una parte che a me è sembrata molto maggioritaria) di andare verso piramide allontanandosi da s.giovanni, e che sentimenti esprimeva?
risonanze valsusine
sul nostro pullman nessuno parlava di sconfitta, ma solo molti dubbi e un’allegra confusione
‘notte
a.
Buongiorno a tutti. In effetti è molto difficile prendere una posizione, anche per me. La penso abbastanza come i Wu Ming, e alla fine sono d’accordo con tutti e con nessuno. Però una domanda. Sarà ora che chi va in piazza a manifestare si organizzi anche per “rispondere”, o “fermare” gli infiltrati violenti? Armati come si deve. Ora, sono sicuro che ci sia stata una spinta rivoluzionaria radicale a contrapporsi alle forze dell’ordine da parte di un numero ben più elevato di persone che 100 del black block, ma questi cento, sfondando vetrine e dando fuoco alle macchine, inserendosi alla fine, al centro e alla testa del corte, il loro lavoro, così come appare sui media, lo fanno egregiamente. Se deve essere rivolta spontanea lo sia. Ma se il focolaio viene innescato ad arte, per “sgonfiare” l’effetto della protesta e focalizzare l’attenzione sugli atti vandalici gratuiti, bisgna far qualcosa. Non so. Ma essere preparati.
Brevi impressioni sconnesse. Ero in via Labicana, ero a San Giovanni, ero in viale Carlo Felice, ero in viale Castrense, ero a piazzale Appio. C’era gente molto diversa, io per esempio non ho tirato nemmeno un sasso, ma i lacrimogeni e gli idranti me li sono beccati lo stesso. Ma ora non mi va ancora di raccontare, e forse non avrei nemmeno molto da dire. Avete visto tutti il blindato incendiato no? Forse ho visto meno io che non chi era a casa. Non saprei nemmeno dire se quel blindato era lo stesso che ha travolto un ragazzo o quello che ha speronato un carro di manifestanti…
C’è solo una cosa che mi preme dire subito: la lotta non è un hobby. Non ci si ribella nel tempo libero. E’ un lavoro. Non è un pic-nic. Non lo deve essere per nessuno. Nessuno ha il diritto di non pensare e di non faticare. Non si improvvisa. La violenza e la non-violenza non c’entrano niente con questo. Questa è una critica che faccio prima di tutto a me stesso.
Mentre passavo davanti al Colosseo (prima dell’incendio in via Labicana e degli scontri a San Giovanni) un piccolo tafferuglio ha scatenato il panico per brevissimi istanti, e ho corso per alcuni secondi, come una preda, senza capire dove andavo. Ho telefonato a chi da casa seguiva per chiedere cosa stava succedendo, dopo pochi secondi è tutto finito, e mi sono sentito un idiota. Poi non l’ho più fatto, neppure a San Giovanni. In molti in via Labicana e in via Merulana hanno continuato a farlo, a correre, a rischiare di travolgersi per scappare. Qualcuno di loro si fermava se gli urlavi “Ma dove cazzo correte?”, e ti guardava con un’espressione vuota, lo sguardo di vetro.
Perdere la testa non serve a nulla, scendere in piazza senza i nervi saldi non serve a nulla. Si possono usare strategie diverse, si può gestire la forza in modi diversi. Ma in qualsiasi modo, per farlo bisogna essere pronti, farlo bene, saperlo fare, imparare a saperlo fare. E’ un lavoro. La prima cosa da capire secondo me è questa.
Non si può invocare la non-violenza solo perché non si vuole fare lo sforzo di pensare, lo sforzo -lungo- di prepararsi. Una manifestazione non-violenta è più che legittima, anzi forse in questa fase mi vedrebbe solidale e l’avrei preferita, ma non equivale a un pic-nic. La non-violenza vuol dire anche essere pronti a subire la violenza. La non-violenza vuol dire pensare la violenza e imparare a gestirla senza praticarla. Se non si fa lo sforzo di conoscere la violenza, non si è non-violenti, si è inutili nel migliore dei casi e prede nel peggiore. In ogni lotta il conflitto latente si manifesta: la violenza è già lì ad aspettarti prima che arrivi il primo pulman o treno di manifestanti. E’ nei manifesti di blocco studentesco o in quelli di Vendola. E’ nelle vetrine molto prima che siano rotte. E’ nelle auto ancora non bruciate. A Roma tutto dice: violenza. In ogni angolo della città. Essere non-violenti non può essere la scelta più facile, essere non-violenti non equivale ad essere ciechi. Se fingi che non sia così per me non hai capito niente, ed è meglio per tutti se rimani a casa.
O se volevate farvi una gita potevate andare a Fregene o ai Castelli Romani. Di piazze da un milione di cappuccini ne abbiamo avute già troppe.
Due o tre cose magari banali e confuse, non per polemica (vi prego) ma perché sto cercando di capire. Anche se forse scrivo duro.
C’è una parte dei manifestanti (“quella medesima minoranza che in queste settimane ha organizzato il corteo”, v. Collettivo Militant, e credo che sia vero) che non si pone a priori il problema della violenza, come non se lo pongono in Valsusa.
C’è poi la stragrande maggioranza di chi ieri è confluito a Roma che la violenza la ripudia in blocco, e sogna manifestazioni-carnevale dove le mamme possano sfilare spingendo il passeggino e le nonne col thermos offrire il tè ai poliziotti. Costoro magari non hanno mosso un dito né per fare né per capire, semplicemente “sono saltati sul carro”, hanno organizzato i torpedoni e sono andati in gita con i panini. Legittimati dal fatto che “noi siamo d’accordo con i giovani” o cose così.
A me sembra, anche in base a ciò che scrive Collettivo Militant, che dal punto di vista dei primi i secondi siano un problema, non una risorsa. Sono quello che divide San Giovanni da Tahrir: un ostacolo. Sfasciare i bancomat e le vetrine è uno sgarro a costoro prima che al sistema. Bruciare le auto è un modo per togliere al borghesuccio quel poco che ancora lo tiene lontano dalla lotta dura, oppure per fargliene comprare un’altra “più bella e più superba che pria” schierandosi, stavolta consapevolmente, dalla parte dei nemici. Creare alla polizia il pretesto per sfogarsi sulle ragazzine e sulle signore delle parrocchie è un modo per dire “o con noi o contro di noi, perché la via di mezzo è sbarrata da un pezzo”. Sono operazioni che forse hanno il senso di “portarsi avanti con il lavoro”: siete già nella merda ma non ve ne siete ancora accorti: vi aiutiamo a entrarci perché più tardi lo fate, più tardi e peggio ne usciremo.
Mi viene da supporre, chiacchierando di queste cose nei mesi scorsi con gente giovane, che ci sia anche una componente che vorrebbe radicalizzare la contrapposizione trentenni-contro-cinquantenni, o precari-contro-postofisso, oppure disoccupati-contro-pensionati. In nuce: giovani-contro-vecchi. Roba da spazzare via (secondo me “spazzare via” è sempre seme di disastri, ma posso sbagliarmi).
Sono fuori di brutto?
Mentre scrivevo, @uomoinpolvere diceva quasi le stesse cose meglio. Scusate il doppione :-)
Sinceramente, avendo girato parecchio per il corteo che era molto nutrito, ho visto ben poca rabbia spontanea nelle azioni che sono state fatte. In tutto il corteo che ho attraversato la reazione è stata nei migliori dei casi di estraneità e di fastidio. Non riesco davvero a capire dove alessandro abbia visto 10.000 o 20.000 persone che plaudivano agli scontri. Anche le persone che sono rimaste incastrate a san giovanni (nota di colore: c’è stato un autentico soccorso pretesco, le monache hanno aperto i cancelli della chiesa e fatto uscire sul retro un bel centinaio di persone, offrendo anche l’acqua!) sotto le cariche e i caroselli folli dei blindati sono state per la stragrande maggioranza ben lontane dall’unirsi agli scontri. Un gruppone è rimasto a guardare lo spettacolo a distanza di sicurezza. Ci sono stati anche tentativi di dialogo con la polizia. Curiosità da incidente automobilistico e un diffuso fastidio, nulla di più.
Nel corso del corteo ancora peggio: ho visto un gruppettino di ragazzi che avevano da poco sfasciato qualche vetrina e che si era un po’ attardato e isolato ritrovarsi coperto di insulti e lanci di roba. Sono stati letteralmente salvati da un embrione di sdo della fiom che li ha allontanati dal corteo salvandoli da parecchi schiaffoni.
Il racconto che offre qui alessandro credo sia interessante ma pecca di autoreferenzialità: che si sapesse che ci sarebbero state azioni nell’ambito del comitato organizzatore dà solo la misura della distanza di questi dal sentimento e dalle modalità di chi poi è sceso in piazza.
Non c’erano assolutamente migliaia di persone disposte allo scontro. Chiunque abbia girato il corteo e si sia guardato intorno lo potrà confermare. Da quello che ho visto gli scontri sono stati rappresentazioni di soggettività un po’ incancrenite con l’aggiunta di qualche ragazzetto (pochi per la verità) in cerca di emozioni.
non ho nessuna analisi da proporre. non ero a roma, e ho seguito la manifestazione su giap e su repubblica. alla fine l’ idea che mi sono fatto e’ quella di un copione gia’ visto. e la domanda che mi viene da fare e’: a cosa serve una giornata come quella di ieri?
(chiedo scusa per la banalita’ di queste quattro righe, ma in questo momento le mie meningi non sono in grado di produrre molto di piu’.)
@uomo in polvere, vecio Non capisco questo astio verso le nonne e le mamme :-) Avevano anche loro il diritto di stare lì no? Anche perché erano più che la stragrande maggioranza. Che ci crediate o meno. Si poteva splittare il corteo, il 15 le nonne del pic-nic e il 16 Tahrir versione Italiana…
Mi scuso per l’ironia, però…
Detto questo non posso che concordare con ogni riflessione che è stata fatta (anche precedentemente da quello che ho capito) sulla logica dell’evento unico eccetera. C’è bisogno di forme capillari, capaci di radicarsi, espandersi, produrre contro-informazione e posizionarsi come veri e propri “media” alternativi.
@Pedrilla Vediamo se la tua voce da NY può servirci a tornare coi piedi per terra. Com’è andata?
[…] Qui c’è un po di storia alternativa da leggere CondividiloTwitterFacebookEmailLike this:LikeBe the first to like this post. […]
Beh, lascio un contributo. In uno dei pochi luoghi in cui forse si può capire che cosa voglio dire.
http://nero.noblogs.org/post/2011/10/16/no-future-no-peace/
Siamo noi la generazione fuori dalla storia. Rabbiosa, disperata, accecata dalla furia. Siamo noi. Siamo la generazione vittima della storia dei propri genitori, ispirata da quella dei propri nonni partigiani, schiava del presente senza fine, senza passato, e senza futuro. Noi non vi capiamo e voi non ci capite. C’è chi di noi è scappato altrove, a cercare fortuna, ma molti non hanno alcun luogo e alcun tempo dove andare. Siamo qui, incastrati in una realtà di cui non possiamo fare parte. Non siamo i giovani, che riusciranno a raccogliere le briciole di una pletora di anziani coccolati da diritti acquisiti che a noi sono stati strappati di mano con il loro stesso silenzioso beneplacito. Non siamo i ragazzini che vanno avanti ancora con il welfare all’italiana fatto di pizza, mamma e mancetta, fino a quando verranno fatti sedere sulle sedie lasciate vacanti da chi si è abbuffato senza preoccuparsi di cosa succedeva dopo. Non siamo quelli che hanno già vissuto la propria storia, siamo quelli che continuano a viverla, senza alcuna speranza.
E allora che cosa abbiamo da perdere, che cosa dobbiamo chiedere, e chi sarebbero i nostri interlocutori? I vecchi sindacalisti che ci hanno fottuto la vita? O i politici che si riciclano un giorno sì e l’altro pure riempiendosi la pancia di cibo, le tasche di soldi e le case di servi? O i ragazzini che non ci capiscono, che non capiscono la nostra disperazione e reclamano un futuro a chi gliel’ha tolto? La verità è che noi siamo già oltre. Siamo oltre la sfera del bene e del male, furia cieca e rabbia nera. Non cerchiamo giustificazioni, è inutile parlare. E’ inutile discutere. Non cercate di capirci. Non potete. Perché avete un passato, o un presente e anche se non ci credete alcuni di voi hanno anche un futuro.
Perché non vogliamo avere ragione. Perché siamo fuori dalla storia. Nel bene e nel male. Ma non cercate di addossarci la responsabilità del nostro presente. Perché l’unica cosa che abbiamo è la nostra vita. E un posto per noi lo troveremo. Costi quello che costi.
No future, no peace.
E’ importante vedere coi propri occhi.
Controcarica *di massa* in P.zza San Giovanni (verso il minuto 2):
http://youtu.be/KT9LFuhr36M
Migliaia di persone, e tante altre che fanno il tifo apertamente.
La narrazione semplicistica dei “quattro gatti”, dei “pochi facinorosi” o anche degli “infiltrati” non regge di fronte a queste immagini. La scena è esattamente come l’hanno descritta i compagni di Militant, e altre persone che erano lì (inclusi amici nostri) di cui abbiamo raccolto la testimonianza.
La questione è politica. Le troppo facili teorie del complotto vanno a farsi friggere.
Io mi domando, dov’è il punto di rottura? Quando, cioè, la precarietà e il disagio economico e sociale che stiamo vivendo diverranno catastrofici a tal punto da poter prevedere forme di conflittualità politica che implichino l’uso della violenza? Secondo me, ci siamo già da un pezzo, non serviva certo la lettera della BCE.
Detto questo, a questo enorme problema sociale, non corrisponde un’organizzazione politica capace di dare sbocco a questa perenne richiesta di cambiamento, di alternativa, di conflitto. Ed ecco che si produce ciò che è accaduto ieri. Ieri la piazza ha scavalcato, e di molto, tutte le strutture politiche presenti, perchè nessuna struttura politica riesce ad interpretare le esigenze di quella piazza. Ed è per questo che si produce quel livello di violenza, che non è organizzata, “anarchica” in tutti i sensi. A volte (molte volte) la rabbia rimane repressa. A volte, come ieri, emerge.
Oltretutto, per chi ci conosce un pò, sa benissimo quanto critichiamo questo tipo di espressione del conflitto. Ma quando è teorizzato, non quando è assolutamente spontaneo, come ieri; e rimarrà spontaneo fino a quando non sorgeranno strutture e opzioni politiche capaci di interpretare e incanalare questa rabbia verso qualcosa di più politico.
Il compito della (nostra) politica, oggi, dovrebbe essere quello di dare voce e organizzare quel disagio, non oscillando fra la dissociazione degli eventi, fra proposte di nuove alleanza fra PD e Vendola, o fra chi teorizza i riot come unica forma di espressione politica.
Non abbiamo una valutazione univoca e certa della giornata di ieri, ma sappiamo benissimo che ciò che è avvenuto è accaduto perchè ci sono dei compagni (dei compagni cazzo, non gli anarco-insurrezionalisti di Repubblica) che non si riconoscono più in nessuna opzione fin qui visibile, e in piazza danno libero sfogo alla loro rabbia.
Vogliamo solamente condannarli, o peggio ancora liquidare il tutto nel dibattito infiltrati/provocatori, o qualcuno proverà a politicizzare ciò che rimane ancora nell’ambito del pre-politico, dell’incazzatura fine a se stessa? Mancando l’organizzazione (che ieri non c’era assolutamente, come si sarà reso conto chiunque fosse presente), la gente si esprime in questo modo. Ci è arrivato addirittura Il Manifesto, oggi. Anni di precarietà, di non politica, di sconfitte, e ancora ci fingiamo stupiti di fronte a qualche scontro? Ma quello successo ieri è il minimo, l’obiettivo è organizzare quella gente, non condannarla, o peggio fare finta di non vederla (o peggio ancora, esaltarla quando si scontra in Val di Susa o a Chiaiano e delegittimarla quando non serve ai propri scopi, non capendo che si tratta fisicamente delle medesime persone), e di non capire che quella gente fa parte dei nostri percorsi. Cioè, al netto degli ultras da stadio e dei rioters di professione, rimaneva in quella piazza un gran numero di compagni che si sono uniti a quel modo di esprimere la propria necessità di ribellione. Oggi noi possiamo non vederli, ma forse sarebbe più opportuno tentare l’organizzazione o lo sbocco politico.
Alessandro – Collettivo Militant
p.s. vogliamo anche dire che quella piazza, ieri, era funzionale ad un progetto politico di imbavagliamento di parte del movimento e almeno quello è stato rotto, ma non da altre strutture ma dall’insoddisfazione diffusa? Vendola facesse il Vendola, il movimento facesse il movimento, e chi ha orecchie per intendere intenda. Sovrapporre troppo le cose rischia di produrre ciò che è accaduto ieri.
@wm1 ma io sono convinto che non fossero 4 gatti.
ciò non toglie che abbia la sensazione che non sia l’inizio di un momento di massificazione della furia, ma qualcos’altro. Spero di averlo espresso bene nel mio post di cui sopra.
un abbraccio
@blicero
mi sono permesso di twittare il link al tuo post, spero che non ti dispiaccia.
Grazie a Wu Ming 1 per il video…era decisamente tutto un corteo di infiltrati…
Interessante punto di vista di Infoaut
http://www.infoaut.org/index.php/blog/editoriali/item/2890-doveva-finire-con-qualche-comizio
@togg
nessun astio, l’avevo premesso. Anzi: ho quasi mezzo secolo e sono un padre. Ma per favore non tirarmi in ballo la maggioranza. La mia bibliografia al riguardo va da “Canzone del maggio” a “Smisurata preghiera”. Io non sono mai stato maggioranza per scelta, e il dubbio di esserlo magari nelle statistiche mi fa pure un po’ schifo.
Ma senza astio, eh? :-)
@Wm1 Scusa ma che intendi con di massa? Non mi sembra che qui qualcuno abbia negato che ci fossero anche quelle masse. Si diceva solo che magari erano massine, o micro ammassi rispetto al resto della manifestazione. Non saranno stati quattro gatti ma di sicuro non superavano l’ 1%. Ma c’è bisogno delle foto dall’elicottero per capirlo? Interessante poi il progetto anticapitalista di quelli che vogliono staccare il segnale stradale al minuto 3.10 …
Da questo video si capiscono ancora meglio le “masse” in questione.
http://tv.repubblica.it/dossier/indignados-italiani-indignati/l-assalto-al-blindato-il-video-esclusivo/78340?video=&ref=HREA-1
Lo sai che questo è tentato omicidio vero? Sarà anche un tentato-omicidio-politico ma tant è. Ti sembra che la scritta ACAB sia carica di grandi questioni politiche?
Forse la mia è una narrazione semplicistica.
Per il resto è stato già detto tutto. Non vedo davvero cosa ci sia da aggiungere.
@veciobaeordo i post sono fatti per essere diffusi :)
@ togg
c’è da aggiungere, anche se non mi sembrava ce ne fosse il bisogno, che qui stiamo cercando di capire un problema politico di fondo, non stiamo facendo l’apologia di niente. La parola “massa”, nel mio vocabolario, non ha valore positivo di per sé, è puramente descrittiva. Oggi tutti tentano di deresponsabilizzarsi, dicono che “una manifestazione bellissima è stata rovinata da poche persone estranee al movimento” etc. Questa è un’idiozia con cui si cerca di assolversi, di espellere da noi quello che ci turba, che non ci piace. Quella manifestazione *non* poteva essere “bellissima”, le condizioni non erano quelle, per motivi che ho troppe volte ricapitolato, anche nei commenti sopra, e anche ben prima che i pullman partissero alla volta di Roma. O ci si interroga sul contesto che si è creato (generale e specifico), oppure si continua a descrivere quanto accaduto ieri in termini di cronaca nera (e tra poco di cronaca giudiziaria), “depoliticizzando” la questione, come sempre si fa in Italia.
@togg
un blindato che fende la folla come nel filmato non è tentato omicidio?
Sono nuovo di qui. Sono un lettore del sito ma non ho mai preso parola. Sono un di quei peones scesi dal centro nord per manifestare, senza alcuna organizzazione né preparazione, uno di quelli che secondo qualcuno che ha commentato qui sopra, <>. Sono tornato dalla manifestazione pieno di dubbi, con i miei amici ci dicevamo che capivamo la rabbia di chi aveva preso parte alla battaglia mettendo a rischio la propria vita. Arrivato a casa ho aperto qualche sito d’informazione e Giap e mi sono incazzato.
La prossima volta magari mi organizzo meglio, e magari mi porto anch’io un bastone un casco e un passamontagna, e le gomitiere, e il malox e gli occhialini antilacrimogeno. E però chissà con chi m’incazzo e a chi la spacco, la testa. Perché io ieri, se non fossi una mezzasega, un cacasotto e se non fossi stato disarmato, a quei tipi che mi minacciavano perché uno di noi li stava fotografando, e che per me avevano le facce di fascisti, gli avrei spaccato volentieri la testa. Gli sarei volentieri saltato addosso. Ieri dopo la manifestazione non ero tanto incazzato, perché avevo visto con questi occhi gruppi di fascisti armati e gruppi di ragazzini di 16 anni altrettanto armati. stamani invece mi sono svegliato con un odio profondo nei confronti di quei figli di puttana. Quali? Non la troika Bce-Ce-Fmi. Non le banche le assicurazioni e la dittatura finanzcapitalistica e i suoi governanti lacchè. Forse perché ieri non sono stato ad una manifestazione: sin dall’inizio, nell’aria si respirava un odore di battaglia che m’infastidiva; c’era qualcosa che mi disturbava e che mi faceva capire che la fine sarebbe stata quella. Altro che manifestazione colorata e gioiosa, Nexus. Se posso permettermi, io non sono un grande esperto di manifestazioni a Roma, ne avrò fatte 5, ma avevo fatto tutto il giro per capire chi c’era e qual era il clima e lo sentivo che sarebbe finita così. Quindi per me non c’è stata nessuna manifestazione, ma una processione verso un’eventuale macelleria. E però io oggi non sono incazzato con la sbirraglia, con i celerini che mi guardavano in cagnesco mentre andavo a prendere il caffè, con il digossino che si spacciava per manifestante <> che parlava al telefono con spiccato accento romano e con il suo collaboratore ragazzino, guardacaso suo conterraneo, insieme al quale volevano convincerci, chissà perché, a portarci in piazza S. Giovanni mentre infuriava la battaglia. No, perché stamani mi sono svegliato e ho letto pazientemente tutti i commenti su Giap e mi sono incazzato di brutto. Già, ma io sono una fichetta piccolo borghese. Beh, sappiate che senza i piccolo borghesi la rivoluzione non la farete mai. E magari, invece di bruciargli le macchine, sarebbe il caso di parlarci.
Io sono ancora a Roma e il pc al momento non posso usarlo, tornerò a casa domani. Questo per dire che non posso seguire la discussione. Ma voglio solo rispondere un attimo a chi ha scritto che ce l’ho con le nonne: io non sono per la radicalizzazione dello scontro, né per l’elitarizazzione delle lotte. Sono per la non-esclusione! Però sono per lo studio, la preparazione, la conoscenza e la consapevolezza, l’organizzazione, e sono contro l’improvvisazione e l’ingenuità, a prescindere dalle modalità di lotta. E le critiche le facevo a me stesso, non alle nonne!
Mi sembra di aver capito che siamo arrivati ad un punto di non ritorno per quanto riguarda le manifestazioni “non violente”.
Una cosa che non mi sono spiegato è perchè in quelle del popolo arancione – popolo viola – se non ora quando – invece, non ci sono stati scontri di questo tipo.
secondo voi perchè ieri invece si?
ciao.
@ ellepunto
non usare le virgolette caporali singole, sono alfabeto html, tutto quel che viene racchiuso dentro è interpretato come comando, non come testo, e non viene visualizzato da WordPress.
@Vecio Perdonami, mi sembra di aver capito il tuo discorso sulla maggioranza, ma non vedo sbocchi.
Ripeto, sembra quasi di essere impantanati in un loop grottesco. Io per uscirne posso solo consigliare di rileggere con attenzione i post di Omar e Rapa. Che sono piccolo e appena sento di non riuscire a spiegarmi come vorrei mi viene un blocco allo stomaco.
@collettivomilitant ma la storia degli infiltrati è veramente quanto di più noioso ci sia, è come al solito la cosa meno interessante del mondo.
E’ più interessante la gestione di piazza e i comunicati dei sindacati di polizia. I più disperati dopo di noi, sono loro. Vedi tu come siamo messi.
@togg: potrai pure non essere d’accordo con quel tipo di sentimento, ma negare che esista mi pare non porterà lontano.
@ togg
Quando si saranno poste le basi per discutere, e cioè quando avremo assunto che non c’erano inflitrati e quel livello di conflitto è stato portato avanti da (molti) compagni con cui condividiamo molte cose, allora possiamo iniziare a parlare di tutto ciò che è andato male ieri (cioè molto), di chi ne uscirà bene e di chi ne uscirà male, di chi ci speculerà, ecc…
La questione che almeno io pongo (e non mi sembro il solo, per fortuna), è quasi di metodo.
Ad esempio anche noi eravamo/siamo scettici nella concentrazione del grande grande evento, soprattutto quando ci sono 150 aree politiche differenti che non si mettono d’accordo neanche su dove sfilare in piazza, in una piazza che, sia detto per inciso, era stata lanciata da altri a livello internazionale e qui è stata monopolizzata dai soliti scazzi nostrani.
Alessandro
@Vecio Sì, è tentato omicidio. Non so se questo serva a bilanciare la questione però. Ma oramai sono scaduto nella cronaca giudiziaria, dimenticando tutte le implicazioni politiche. Ma tanto sono Italiano, vero Wm1?
@ Collettivo Militant
per me anche dire che *non* c’erano infiltrati ri-attiva la narrazione. La Digos o altri soggetti infilano sempre agenti in borghese nei punti caldi delle manifestazioni, ma io ho scritto come la penso: oggi questa è una questione ininfluente, marginalissima rispetto al problema politico e di immaginario. Un numero consistente di persone pratica lo scontro radicale *senza alcun bisogno di agenti provocatori*. Come dite anche voi, o si dà uno sbocco politico e fondativo a quella rabbia, o saranno tanti i “punti di non-ritorno” che oltrepasseremo nei prossimi mesi e anni.
Chiedo scusa. C’era scritto <>.
Ieri ho visto fuochi “inattesi” in via Cavour, tensioni prevedibili tra pezzi di corteo in via fori imperiali, un ritorno di fiamma scontato alle prime vetrine di via Labicana… non era scontata la tonnara di S.Giovanni ma c’è stata.
Io ho vissuto un “prima” ed un “dopo”: prima gli “episodi” dopo l’accavallarsi degli eventi dove il video riportato da @wm1 è il pezzo di un loop.
Tra “prima” e “dopo” c’è la differenza tra sasso e sassaiola, tra gruppo e massa, tra rabbia e furia, tra organizzazione e sopravvivenza.
Fraintenderlo non sarebbe utile a nessuno.
@ togg
se vuoi continuare a ragionare con l’incazzatura di viscere, liberissimo. Se vuoi risentirti e porti (narcisisticamente?) al centro di ogni critica e descrizione contenuta nei commenti altrui, anche. Ad ogni modo, appena ti calmi, rileggi la discussione.
finalmente un luogo dove si tentano di fare dei ragionamenti seri, vi amo.
Aderisco virgola per virgola all’analisi di wm1.
E per amor di verità sottolineo e confermo quanto scrive Alessandro del collettivo Militant sulla composizione e partecipazione del corteo. Non c’erano facce, sigle o realtà estranee al corteo. E tendenzialmente, da quel che so, direi che sì, le assemblee e la preparazione le han fatte anche e soprattutto quelli che ora si voglion descrivere come *altro* dal corteo.
Non prendiamoci in giro. E lo dice una che NON le ha fatte, che per casini anagricorganizzativi della vita non fa più niente (con sommo rammarico) e che non condivide molte delle cose successe ieri. Ma insomma, è chiaro che ieri non ho nemmeno pensato per un secondo di portarmi in piazza il pupetto di due anni. Su…
@ ellepunto,
le virgolette che non devi usare sono proprio queste: , tutto quello che scrivi lì in mezzo non si legge. Usa le virgolette “”…
@Militant, so che c’è gente incazzata. So che ha tutte le ragioni di essere incazzata. Non ho nessuna voglia di negare un qualsiasi sentimento, come giustamente mi invita a non fare Bicero, ma, come scrivevo rozzamente ieri:
“Il fatto che comprenda però non mi esime dal muovere delle critiche al “progetto”. Mi piacerebbe che si arrivasse a qualcosa insomma, senza voler sembrare uno che guarda solo alla piccolezza di una giornata.”
Ribadisco la sensazione di impantanamento, ma di sicuro sono io ad avere una visione limitata-banalizzante-riduttiva. Concedetemi il vittimismo.
@Wm1 Scusami.
[…] detto io, di chi infiltra cosa. Vi porgo due interventi, per pensare. Lucidamente, se è possibile. I commenti su Giap. Alessandro Leogrande. Tags: 15 […]
@ Wu Ming
1)”vedere coi propri occhi” sottoscrivo e aggiungerei “non attraverso l’occhio della telecamera di qualcun altro”.
2)Nel video che hai linkato io vedo (giuro) alcune decine di persone che caricano, tu ne vedi migliaia… io vedo tre – tre! – persone che esultano, tu ne vedi “tante altre”. Problemi prospettici o divergenze percettive?
3)Da quel che vedo, non mi sembravano tanto organizzati ‘sti rioters… se fossero stati organizzati avrebbero rovesciato il blindato della polizia al minuto 1 e 15 e allora sì che se ne sarebbero viste delle belle.
4)Condivido in pieno il tuo discorso sulla deresponsabilizzazione del giorno dopo, che mi pare essere l’unica analisi politica seria in mezzo a questa discussione.
@ protagonisti del video
È dai tempi dei casseurs – che era? il ’90? – che assisto a discussioni sull’uso della violenza nei cortei come strumento di lotta politico… è più o meno da quei tempi che reputo essere i cortei una forma di protesta politica vetusta e totalmente priva di senso sul piano dei risultati concreti.
Poi boh, se vi piglia bene continuare a fare le pedine del giochetto di Repubblica violenza sì/violenza no, fate pure.
Nel frattempo, come cantava una mente illuminata tanti anni fa
the real nazis run your schools
they’re coaches, businessmen and cops
in a real fourth reich you’ll be the first to go
@Wu Ming1
non lo dico per polemica, ma sui numeri potremmo interrogarci per ore, e quindi non capisco come si possa parlare di migliaia, di 10.000 0 20.000 (il doppio), e soprattutto sono molto scettico sull’euforia da piazza e su quello che urla “che bello! che bello!”
senza fare il complottista, dal video si vede che la gestione dell’ordine pubblio è stata chiaramente carente: a cosa servono 7/8 blindati lasciati lì?
ma la cosa che da un po’ fastidio è che viene evocata piazza tahrir, banalizzando credo un processo molto più complesso in cui c’è stata una sinergia tra più soggetti e la violenza è stata preceduta da assembramenti pacifici e scioperi
in sostanza volevo solo dire che non è con la strategia di ieri che avremo la “nostra tahrir” e che sono demoralizzato perché anche da queste discussioni percepisco le solite insanabili divergenze
@ Franzecke
chissà, forse dipende anche dall’esperienza di piazza che uno si è fatto negli anni, il saper valutare bene l’entità di una folla in movimento veloce, ripresa da lontano e con l’inquadratura tagliata. Per me, dopo il secondo minuto del video, quelle che vengono avanti e hanno un ruolo attivo non possono essere meno di mille persone, ai margini ce ne sono molte altre, e si capisce bene che fuori dall’inquadratura ce ne sono ancora molte altre. E se mille persone *praticano* la piazza in quel modo e altre intorno *tifano* apertamente, significa che l’area sociale che *accetta* quella logica è più vasta, e quella che si limita a *trovarla normale* è ancora più vasta. Pensandola in questo modo, il frame dei “pochi stronzi” comincia a vacillare…
@ellepunto
Sono anch’io una “fichetta piccolo borghese”: ho una famiglia, un lavoro e un’automobile non ancora bruciata. E non ho mai tirato un sasso o preso in mano un bastone.
Scrivi “senza i piccolo borghesi la rivoluzione non la farete mai”. Ma forse nemmeno con loro (noi). Le rivoluzioni le fa chi non ha più molto da perdere, e nelle retrovie chi ha molto da guadagnare. Tu e io evidentemente abbiamo ancora qualcosa da perdere: per esempio un’automobile…
Io penso che dovremmo almeno scomodarci per capire cose come quelle che dice @blicero, pensarci sopra a lungo, portarsele nella testa per un po’, raccogliere la sfida. Possono farci paura o farci capire qualcosa. Ma almeno provarci, anche se non andremo mai a bastonare niente e nessuno.
Scrivi “invece di bruciargli le macchine, sarebbe il caso di parlarci”. Ecco appunto, se lo facessero siamo sicuri che capiremmo? Oppure l’hanno già fatto e noi non abbiamo capito?
@ frasel
ma quel che si sta provando a dire è che ieri non c’è stata proprio nessuna “strategia” degna di questo nome. Da parte di nessuno. Non si è vista prima né durante. Aggiungo che secondo me Piazza Tahrir non era affatto tra i riferimenti di chi si è scontrato con la polizia in Piazza San Giovanni.
Non vi capisco, giuro. Colpa mia, ho un bagaglio limitato di strumenti atti all’analisi di quello che è successo ieri. Ma di una cosa sono certo senza timore di smentite: oggi altre piazze stanno pensando ai modi con cui proseguire la lotta (anche la lotta di quelli che a quanto pare qui sono percepiti come fighetti spagnoli, israeliani, newyorkesi). Oggi noi facciamo i conti invece con l’analisi di una sconfitta, e quasi non siamo nemmeno partiti. Si parla di masse pronte alla battaglia. Mi viene il dubbio che forse in quella piazza molti che parlano non ci sono neanche scesi. Se mi si vuole far passare la sacrosanta reazione ai caroselli dei blindati per una consapevolezza avanguardistica, mi pare proprio che mi si voglia prendere in giro. Perchè io, a causa della mia limitatezza, so soltanto che quelle pratiche non sono condivise dal 90% delle persone con le quali bisogna pur fare i conti. Ditemi secondo voi cosa è importante per un movimento che pensa di aver ragione nelle sue istanze se non l’espansione di quelle ragioni, la circolazione di quelle idee assolutamente sovversive. E ora ditemi se vedere un migliaio di persone reagire legittimamente ai caroselli dei blindati si possa annoverare tra le vittorie storiche. A mio parere no, non c’è stata alcuna vittoria, ma molto arretramento e il rischio concreto che da domani a menar le mani si andrà da soli in piazza. E questo tecnicamente non è come “perdersi qualcuno per strada facendo un passo avanti”, questo è non avere la minima idea su come massificare teorie e pure prassi. Se in un corteo di un milione di persone si lasciano indietro 999.000 persone mentre un migliaio sta troppo avanti per essere persino visto, quel migliaio che si crede avanguardia non ha capito bene il momento. E se si pensa che fosse tutto spontaneo, ancora una volta ho il dubbio che in quella piazza non ci si sia scesi. C’erano spezzoni di corteo infinitamente piccoli con giovani e giovanissimi intruppati e diretti da 50enni o più. C’era preparazione e volontà di attacco e ora non si può dire che la sconfitta (sconfitta) sia stata causata da atti spontanei. A proposito di deresponzabilizzazione che a quanto pare non alberga solo in rete. E’ inutile incazzarsi se la gente non accetta i frames, o è vittima di dicotomie fallaci, ecc… Rendetevi conto di una cosa: ieri in piazza c’era una minoranza (un milione, una bella minoranza), nell quale c’era un’altra minoranza che non è stata capace di incanalare politicamente la furia di una ancora più minoranza e noi oggi in questo blog che ne parliamo siamo la minoranza della minoranza della minoranza della minoranza. E parliamo di massificazione delle pratiche, ma che stiamo dicendo?
@ mimmo
scusa, ma chi ha parlato di “vittorie storiche”??? Stiamo facendo il contrario, stiamo *criticando* la nostra inadeguatezza. Nostra di tutti, non solo di qualcuno. A me commenti come il tuo fanno cadere le braccia, giuro. Sono davvero amareggiato.
mi dispiace entrare con i piedi in una discussione che ritengo essenziale ed interessante ma sento come un urgenza a dire le due cose che ho da dire sperando che nel confronto si sciolga il malessere.
penso che in questo momento andrebbe sciolto un nodo importante in Italia.
e per farlo bisogna bruciare, distruggere con un rituale profondo il metodo duale tanto caro.
violenza, non violenza…sai che cazzo me ne frega…
non è questo quello che della giornata romana del 15 ottobre rimarrà nella storia di chi vuol leggere i fatti in maniera rivoluzionaria.
che altro ci si poteva aspettare in un clima politico e sociale made in italy dove tutto è odio, malumore e liquida sporcizia che devasta anche i sogni più semplicemente umani.
diciamoci la verità:quante notizie o immagini televisive hanno fatto scattare il grilletto del vostro bazooka immaginario…altro che bankomat bruciati o vetrine sfasciate. una vera orgia di morte. pensata si solo immaginata. ma l’immaginario non dovrebbe nutrirsi di merda nel mondo che vorremmo…no?
e poi che altro ci si può aspettare se invece di dare spazio a liberi plenari di discussione sulla creazione di scenari futuri, ipotesi di convivenza e di economie future siamo ancora qui a organizzare il #grande evento e a decidere in quale parte della manifestazione svetterà la nostra fottuta bandiera?
young(?) boys on fighting e nonne con i passeggini…un’altra cazzuta dualità inutile.
al party della rivoluzione non vogliamo la lista di inviti all’ingresso o sbaglio?
ho letto cose oggi che mi fanno vomitare…e pensare che ho scelto scientemente di non leggere gli hypemedia ma solo la controinformazione.
sento candidati al ruolo di ‘true revolutionaries’ perchè senza soldi-lavoro-speranze, che sostengono lo sfogo incontrastato di una classe senza futuro…mmmmhhhh… ma come cazzo è che quelli delle periferie della mia città, quelli dei casermoni aler dove ogni giorno ci strappa le vesti per pagare anche solo una bolletta non c’erano.
forse non avevano i soldi per l’autogrill?
poi sento candidati della non violenza. punto.
e? e poi, oltre a questa scelta apprezzabile che altro mettiamo in campo? idee, forme? contenitori e forme comunicative nuove della nostra rabbia e della nostra forza di essere il mondo nuovo aspettano il momento di incontrarsi con la nostra voglia di movimento e di cambiamento.
la palude Italia è una forma culturale diffusa, ci sta inquinando tutt*
[e mr.B è solo un ologramma]
pace
xina
Cazzo, mi tocca essere parecchio d’accordo con xina (non su tutto, ma su molto). e se è la xina che dico io è un momento storico :)
Tu sei amareggiato? Bene allora siamo in due. E quella di ieri è stata una sconfitta di tutti, ma soprattutto è stata quella di chi ha legittimamente pensato a tempi maturi per lo sfascio. Una sconfitta politica ha bisogno che dietro ci sia una volontà, se hai avuto la volontà di andare avanti e ti sei trovato solo, la colpa della sconfitta non puoi accollarla a tutti. E’ un concetto poco solidale? Io direi che si avvicina alla realtà fattuale delle cose. Quello che doveva, nelle intenzioni di alcuni, essere un momento di massificazione di pratiche violente (niente morale in queste mie parole) è riuscito invece in una sconfitta dalla quale non si sa come uscire. E invece di riflettere a muso duro, confrontandosi duramente, si cerca come al solito di far finta che sia stato tutto spontaneo, che ci fosse partecipazione di massa, che la colpa è di tutti e dunque di nessuno. Prima capiremo che raccontarcela equivale ad ingannarci, prima usciremo fuori da questo cul de sac.
@ mimmo
davvero non ci capiamo, perché per noi il problema sta ben più a monte e, nello specifico, il cul de sac era implicito nelle premesse, *l’idea stessa di aderire in quel modo al 15 ottobre* era il cul de sac. Ma qui mi fermo, a forza di ripetere le stesse cose mi faccio schifo da solo. Mi sputerei in faccia.
@WuMing1
mi sono spiegato male… mi riferivo a chi ha detto (non ricordo di preciso e semplifico): “ipocriti coloro che hanno applaudito a ciò che è successo in Piazza Tahrir e adesso fanno i benpensanti”
volevo solo dire che chi ieri ha applaudito a piazza tahrir (tra l’altro con tutte le riserve del caso) e oggi biasima ciò che è successo a piazza San Giovanni lo fa non perché necessariamente ipocrita (almeno non tutti) ma perché prova a non omologare contesti così distanti (almeno io ci provo) … tutto qua.
@Veciobeardo
Sai, ho 25 anni e 6 anni di università alle spalle, qualcosa di quello che dice @blicero la capisco anch’io e molte di quelle cose le ho sentite centinaia di volte sulla bocca di compagni di università. Ma non mi hanno mai convinto. Sarà che io il conflitto lo introietto, come scriveva Christian Raimo in un post di qualche tempo fa, http://www.minimaetmoralia.it/?p=3118. Sarà anche che ho, per ora, ancora qualcosa da perdere. E sarà anche che a vivere nei piccoli paesi di provincia si ha una percezione diversa delle cose.
Come ho scritto ieri sera a caldo e tentato di ricostruire qui:
http://goo.gl/kq9l4
la situazione da dentro il corteo è diventata caotica. Dalla mia posso affermare:
1) Non c’era organizzazione fra antagonisti;
2) Il corteo tra via labicana/manzoni è stato spinto dalla polizia verso le fiamme;
3) Alcuni hanno protestato contro i teppisti e molti, in piazza, hanno incitato/applaudito a favore degli antagonisti.
Poi mi chiedo: di tutti quelli che condannano violenza e tafferugli, quanti nei giorni scorsi si erano riempiti la bocca di parole come “rise up”, “global revolution” o “gruppi di azione rivoluzionaria”?
Un esempio la pagina di Fb che giorni fà criticai per la violenza delle parole nel loro manifesto e che oggi, magicamente, recita nel corpo dell’evento:
“ingraziano tutti coloro che hanno permesso con il proprio impegno di contattare oltre 200.000 persone e in particolare tutti coloro che hanno manifestato pacificamente . La tv dello spettacolo di Stato ha mostrato solo gli incidenti e ha speso solo qualche rapido istante per mostrare l eimmagini diel 99% che manifestava pacificamente.”
Peccato che qualche giorno ci fosse scritto ben altro e trovate la mia analisi qui (che postai anche su Giap!):
http://nexusmoves.blogspot.com/2011/10/il-manifesto-del-world-revolution-e.html
[…] blog Giap del collettivo Wu Ming, ho trovato un commento che mi pare molto utile per capire quanto possa […]
[…] direi http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=5599&cpage=1#comment-8572 […]
@ Wu Ming 1
Sono d’accordo, evidentemente non riesco a spiegarmi bene. Il concetto di non-infiltrato è il medesimo che dici tu. Infatti ieri c’erano gli infiltrati, s’è per questo c’erano anche dei fascisti, visto che li abbiamo riconosciuti. Ma rimane il fatto evidente che quelle cose che sono successe sarebbero successe a prescindere dagli infiltrati, dagli ultras e dai fascisti vari presenti anch’essi nel corteo. Infatti dicevo, “al netto degli ultras e degli infiltrati” c’erano centinaia o migliaia di compagni che hanno iniziato a fare cose ben prima di aspettare l’infiltrato di turno.
Più in generale.
Premesse tutte le negatività di una giornata come ieri, che secondo me possono essere sintetizzate nella *mancanza dell’obiettivo* (qual’era l’obiettivo ieri se non lo scontro, fine a se stesso, con le guardie?), io intravedo evidente anche una possibile tendenza positiva.
E cioè, stiamo vedendo come mesi e mesi di mobilitazioni pacifiche non portano da nessuna parte. In Spagna gli unici risultati *oggettivi* prodotti dalle mobilitazioni sono stati la vittoria del Partito Popolare alle regionali, la caduta del governo Zapatero e la conseguente vittoria probabile di Rajoy alle politiche e il cambiamento della costituzione che non veniva toccata dal 1978. E non credo che nelle mobilitazioni di Wall Street verranno prodotti dei passi in avanti. Non parliamo poi dell’Italia.
Insomma, come se ne esce dall’angolo in cui noi manifestiamo pacificamente, tutti, ma proprio tutti, sono d’accordo con noi, e poi *oggettivamente* non produci un cazzo, se non una mobilitazione che è solo espressione *soggettiva* di chi partecipa? E che lascia sul campo solo sentieri di antipolitica e terreno fertile per le destre? Non certo con la presa di coscienza soggettiva di chi partecipa alle mobilitazioni. Bisogna anche intervenire sulla realtà, prima o poi.
La partecipazione prima o poi scemerà, e sul campo rimarrà solo un peggioramento delle condizioni materiali delle nostre vite (e delle nostre democrazie).
Insomma, il campo di quelli che ci danno ragione, ad oggi, è più o meno il 99% della società e della politica. Per uscire da questo stallo c’è bisogno di scremare, di escludere da questo novero chi non può salire sul carro delle protese. E giornate come quelle di ieri servono anche a questo. Se fosse stata anche organizzata, la rabbia di ieri, saremmo già a metà del guado. Per adesso accontentiamoci di notare che quella alterità rispetto alle opzioni politiche è stata espressa.
Alessandro
@wuming1 Anche io mi fermo qui, solo per dirti che la penso esattamente come te sulle due tipologie di piazze. Ma in fondo oggi la frittata è fatta e se certamente ha un senso che tu ripeta quella convinzione che ci accomuna, la piazza non come Evento (e spero che continuerai a farlo, una volta passata la nausea), dall’altra tocca ragionare su quello che è successo, sul modo in cui si è scelto di stare in piazza e sulle dinamiche che hanno portato alla sconfitta. E forse sarebbe il caso di toglere epos ad alcune narrazioni che misurano molto bene le intenzioni ma mai i risultati, se non superficialmente.
Vedo le stesse dinamiche centrifughe che, fatte le debite proporzioni, sbirciolarono l’Onda. Non sono d’accordo sulla rabbia non incanalata. Certo, sicuramente dello spontaneismo c’è stato. Ma come diceva Alessandro del Collettivo Militant, le varie realtà che avevano partecipato alla piattaforma non si aspettavano niente di diverso. C’è una differenza radicale tra chi scende in strada con caschi e scudi e chi con bastoni, non devo venire a dirlo qui.
Rivendico il diritto di critica nei confronti dei compagni che scelgono lo scontro diretto per farsi terra bruciata attorno. Non è ancora il momento della massa critica, e senza quello non stanno facendo la rivoluzione, stanno solo incendiando una macchina.
Il risultato, se va bene, è una spaccatura del fronte della lotta. Gli animi sono troppo esasperati, a tutti i livelli, perché funzioni la dinamica “non scendo in piazza, ci sono i Black Moloch, ho paura degli idranti”. Basta vedere il numero degli scontri *interni* tra manifestanti, cosa da non sottovalutare. Un conflitto del genere non serve a nessuno (oppure sì, divide et impera).
Come ne usciamo? Come unificare le lotte? Se non c’è narrazione, non c’è comunanza. Se non c’è comunanza, non fingiamo che ci sia, per favore. Non diciamo che non c’è sintesi tra i diversi movimenti, ma confluiamo tutti assieme e ci vogliamo bene lo stesso, anche se gli altri son “compagni che sbagliano”. Sono amareggiato, ma credo che l’unico modo per riossigenare le lotte sia uscire fuori dal frame violenza/nonviolenza e *contemporaneamente* porsi in una discontinuità netta nei confronti di un antagonismo frontale e suicida che è *troppo* strutturato per essere decostruito. Scegliere gli scudi, i corpi, le tattiche di guerriglia. Le spranghe lasciamole ai fascisti.
Militant, però ti devi decidere. Non puoi legittimamente rivendicare la scelta di determinati gruppi, strutture, organizzazioni di affrontare la giornata di ieri in questo modo e contemporaneamente nasconderti dietro “la rabbia sociale”.
Una condizione sociale difficile la viviamo tutti, eppure proprio alcuni gruppi hanno deciso di fare quello che è stato fatto. Non si è trattata di un’esplosione di rabbia, ma di una scelta politica, che o rinnegate o difendete. Nasconderla non è molto dignitoso.
La cosa più vera l’hai scritta nel tuo “ps”: l’importante era far saltare il coordinamento che ha organizzato la manifestazione. L’obiettivo di chi ha fatto gli scontri non sono mai stati “i palazzi”, ma solo il movimento, che si riteneva troppo moderato.
Legittimo, per carità. Ma pretendere ora solidarietà da chi si è scelto come obiettivo di conflitto mi pare un po’ troppo.
Tra l’altro l’opzione di chi ha fatto gli scontri mi sembra sia stata abbondantemente sconfitta: a differenza del 14 dicembre, la dinamica di scontro non ha mai coinvolto la stragrande maggioranza dei manifestanti, e si sono pure visti scontri tra manifestanti. Insomma, chi era minoritario torna a casa più minoritario di prima. E non sto parlando delle “organizzazioni moderate”: provate a seguire il dibattito del movimento No Tav. Chi ha scelto la rottura la subità. In bocca al lupo.
Non intervengo mai nelle discussioni ed è la prima volta che lo faccio; ma sulla manifestazione di ieri ho proprio voglia di parlare, dopo aver letto i giornali stamattina e tutti i vari commenti. Spero di riuscire a essere sintetica.
Due questioni: 1. Polizia in piazza San Giovanni. Nessun commentatore riflette sulla gestione dell’ordine pubblico di ieri: violenti o non violenti, reazione dovuta o no alle devastazioni, incendi ecc, chi ha deciso di “sgomberare” piazza San Giovanni e perchè il resto del corteo ha in qualche modo accettato di rinunciare alla piazza? Non mi sembra una questione di secondaria importanza. Nessuno dice che la prima camionetta con gli idranti è arrivata nella piazza che era già piena e assolutamente tranquilla. Sono arrivati gli idranti prima della testa del corteo e hanno cominciato a spruzzare anche la gente che stava ai banchetti (si: le persone sotto gli gli stand, bagnate e impaurite) e che non sapeva assolutamente niente di quello che era successo. Secondo me non si decide di dividere in due un corteo e di non farlo arrivare nella piazza concordata dove devono confluire migliaia persone così su due piedi (l’ho visto fare solo un’altra volta: a Genova). Si interviene e si fa una carica, due o tre (le sanno fare benissimo) e si fa deviare o sfilare il corteo (compattissimo fino a via Merulana), perchè si blocca il percorso e si taglia in due? Perchè si spingono le cariche proprio verso la piazza? Soprattutto perchè il resto del corteo accetta di lasciare la piazza. A san giovanni (situazione che conosco) c’era un sacco di gente sulle scale della chiesa e intorno che guardava gli scontri ma non voleva lasciare la piazza e che a un certo punto è stata pure chiusa dentro. A san Giovanni ho visto fare gli scontri anche a gente che era lì e non era organizzata a fare gli scontri e si è incazzata perchè la polizia ha cominciato a fare i caroselli con i blindati proprio per svuotare la piazza. Lo trovo scandaloso e trovo scandaloso che nessuno (neanche gli organizzatori) dicano niente su questo. Se scendo in piazza, vorrei che fosse difeso fino alla fine il mio diritto di starci.
2. Conflitto. A quanto pare la questione violenza/non violenza continua a entrare in tutte le discussioni. Cerchiamo di essere obiettivi: una manifestazione come quella di ieri, che (vivaddio) non è organizzata dall’alto (partiti, sindacati, ecc.) ha il suo punto di forza proprio nella molteplicità di realtà, di singoli o gruppi autorganizzati, che la compongono e che sono accomunati da una “indignazione” comune, da una critica profonda al sistema politico-economico che ci “fa violenza” (questo si) quotidianamente; in un corteo così composto è ovvio che c’è di tutto e che ci si ritrovino anche modalità diverse di viversi quella giornata di lotta. Dire che quei gruppi che hanno espresso la rabbia in quei modi diretti e violenti siano “estranei” al movimento è un errore: non sono infiltrati, non sono fascisti, non sono stranieri. Sono nel movimento e lottano con le sue stesse parole e contro lo stesso sistema che noi tutti vorremo cambiasse e non ritengo affatto utile, anche per il futuro, mettere i bollini sul manifestante d.o.c. , che sa manifestare come si deve e quello invece cattivo, che non è un vero manifestante. Se non ci si impegna in questo, non se ne esce.
Chiudo con due domande ai “due cortei” che spero siano spunto di riflessione. 1. agli indignati sui comportamenti violenti voglio chiedere: se scendiamo in piazza con parole molto forti contro le banche e il sistema finanziario che ci sta strozzando, contro la precarietà che ci toglie non solo il futuro ma anche il presente, contro un sistema politico e una democrazia che non ci rappresenta per niente e che si fa,invece, garante di un sistema di sfruttamento, perchè bisogna essere obbligati ad agire nelle regole che questo sistema impone, perchè se qualcuno s’incazza veramente ed esce da queste regole “democratiche” di questa democrazia deve essere stigmatizzato e non riconosciuto più come vicino a noi? Se ce l’ho con le banche e urlo che la loro crisi non la pago, perchè mi devo indignare tanto di una vetrina di banca spaccata o di un’agenzia interinale devastata. 2. Agli “incazzati veramente” , a coloro che credono che innescare un conflitto, vuol dire minare la “pace sociale” e creare anche un problema di ordine pubblico: in un corteo così variamente composto, in una giornata di lotta come quella di ieri, non un punto di arrivo di un percorso ma l’inizio di un percorso, senza giudicare se fosse giusto o sbagliato, chiedo era opportuno fare tutto quel casino? Lo ritenete veramente un passaggio utile per un movimento che spero diventi sempre più grande?
A TUTTI: se vogliamo un mondo diverso non arrocchiamoci, la sfida vera restare uniti o la repressione fotterà comunque tutti.
Sono riuscito a mettere le mani su un computer e ora racconto alcune cose che ho visto e quello che ho capito e pensato. Io sono soltanto uno, non ho visto tutto.
Ho visto che c’era almeno un milione di persone e che all’inizio della manifestazione, in v. Cavour, moltissimi sembravano stessero partecipando a una festa, e io mi metto tra quelli. Ho visto anche un gruppo uscire da Termini con un casco e una mazza da baseball a testa. Ho visto lo spezzone dell’acqua pubblica con i manifesti che invitavano a votare per il referendum del 12 giugno scorso, cantare Gaber e We Shall Overcome a rotazione per ore. Ho visto alcuni spezzoni molto compatti di manifestanti vestiti di nero e col viso coperto. Alcuni di loro hanno incendiato un paio di macchine già in v. Cavour, davanti allo striscione “Yes We Camp” (quindi no, we don’t camp). Ho visto, in fondo a v. Cavour, pezzi grossi della polizia che parlottavano tra loro. Ho visto carri dei cobas che dicevano “Non barattiamo la nostra lotta quotidiana con il protagonismo di un’ora” applauditi da migliaia di manifestanti. E ho visto carri che dicevano “Noi siamo per l’assalto al parlamento, lo diciamo a voce alta e col viso scoperto” e anche loro erano applauditi da migliaia di manifestanti. Ho visto decine di volte episodi di scazzi tra manifestanti sulle pratiche di lotta, piccoli e meno piccoli.
Gli scontri non sono stati molto gravi finché non ci siamo avvicinati a San Giovanni. In via Labicana sono stati incendiati degli edifici, c’era chi diceva da stronzi e/o fascisti e c’era chi diceva “questo fumo per noi è ossigeno” ed entrambi erano applauditi. Io non credo che fossero fascisti, in quel momento ho pensato di tenermi lontano, ma non perché non condivido, solo perché non ero preparato, ero inadeguato. In quel momento mi sono anche giustificato dicendo che era sbagliato farlo, che era “protagonismo di un’ora” come ha detto il carro Cobas, ma avevo solo paura, non la forza di capire se era davvero giusto o sbagliato. In quel momento ho solo pensato a uscire di lì e a cercare di non farmi travolgere da chi era in preda al panico, invitando la gente a non correre come pazzi. Quando sono arrivato alla parallela via Merulana, c’erano molti in preda al panico che non sapevano che fare. La polizia si è schierata all’altezza di v. Manzoni, San Giovanni era davanti a noi ma non ci facevano avvicinare, in molti hanno cominciato a scappare appena la polizia si è schierata, in preda al terrore puro.
Erano meno preparati di me, e io mi ritengo un absolute beginner riguardo a queste cose. In molti pensavano di poter arrivare tranquillamente a San Giovanni, e di riempirla con un milione di persone. In molti altri hanno fatto in modo che ciò non accadesse, per motivi molto diversi tra loro. La polizia certamente ha fatto moltissimo per impedire che accadesse. Ma sarebbe comunque stato utile, se anche fosse stato possibile? Non lo so. A che serve una piazza di un milione di persone che non si sono mai parlate prima, che la pensano in maniera opposta un po’ su tutto, che torneranno a casa con le loro idee senza averle confrontate? I confronti di idee più fruttuosi che ho visto avvenivano dopo qualche spintone o ceffone. Ma forse proprio per questo sarebbe servito.
Nel carnaio di San Giovanni c’erano anime molto diverse, almeno all’inizio, e per quanto mi riguarda anche dopo. Io non ero pronto né organizzato, però sono rimasto nelle vie di accesso alla piazza anche quando in piazza c’erano solo più blindati e cellerini. Nelle vie di accesso c’erano ancora diversi manifestanti che resistevano e mi sembrava di capire la loro rabbia. In viale Carlo Felice, in viale Castrense e su piazzale Appio in molti, a piazza ormai persa, fronteggiavano ancora la polizia. Su piazzale Appio i cellerini erano fattissimi, prendevano a calci i semafori, ci tiravano addosso le bottigliette di vetro. Al di là delle pratiche, delle strategie, dei modi, al di là anche dell’utilità o meno di essere lì, quella era la nostra piazza e ce l’hanno tolta. Chissà forse in quella piazza ci saremmo finalmente parlati, invece di continuare a sfilare un carro dopo l’altro, ognuno con la sua verità. Forse è questo che si voleva evitare. Per me è stata questa la sconfitta.
Forse quella piazza poteva diventare un punto reale. Penso che le manifestazioni di questo tipo non funzionano più perché non ci sono punti reali. Non è come in Val di Susa. Ognuno scende a Roma con la sua idea e se ne torna a casa dando la colpa a qualcun altro o magari facendo autocritica e cambiando la sua idea con un’altra, dando la colpa all’idea che aveva prima. Roma diventa uno spazio metafisico dove tutto è simbolo. Le auto bruciate, le vetrine rotte, le bombe carta e i palazzi incendiati sono tutti simboli, come le bande danzanti e gli striscioni. Tutti simboli per qualcuno e involucri vuoti per qualcun altro. Nessuna base per un confronto. Un vuoto pneumatico fatto di simboli in cui il suono non si propaga. Reperire dei punti reali mi sembra sempre più necessario.
@ Masaccio
Gli scontri non erano organizzati, ma molte strutture presenti erano consapevoli di farli o di augurarseli (ao, una volta per tutte, bastava andare a qualche riunione del coordinamento che ha organizzato la manifestazione). Tutto qua. E’ stata una pratica suicida? Può darsi, ma tant’è..
Secondo noi questa modalità di fare conflitto fa più male che bene (ma fino ad un certo punto), ma non è stata organizzata da nessuno, è avvenuto un fatto sociale e il minimo che possiamo fare e capirlo e provare a capitalizzare questa rabbia, cioè trovargli uno sbocco politico.
Senza sbocco politico, da qui in avanti tutte le manifestazioni saranno di questo tipo, stile nord-europeo, silenzio per 364 giorni l’anno ed eiaculazione conflittuale nella giornata evento.
Che facciamo, ci facciamo il callo o proviamo ad articolare la rabbia di corto respiro di chi si vede fregare il futuro da sotto le mani?
Rovinare il comizietto di piazza san Giovanni non era voluto, ma per fortuna è stato rovinato, a meno che non prevedi come orizzonte massimo del conflitto quello di confluire nella santa alleanza del PD-IDV-SEL-MOVIMENTI.
In tutto questo, cos’è, precisamente, che non ti è chiaro?
Alessandro
interessante il confronto delle due prime pagine de ilmanifesto e liberazione:
http://www.ilmanifesto.it/fileadmin/richiami/include/prima_p.gif
http://img.kiosko.net/2011/10/16/it/liberazione.750.jpg
poi che dire, da uno che non c’era, che scesa l’adrenalina inevitabile (neuroni a specchio?) per tutti, bisognerebbe avere la forza di questi tempi di guardare avanti, tralasciare il “cosa voglio” per il “cosa posso”, in sostanza, come diceva uomoinpolvere, “reperire dei punti reali” e lavorare su quelli con molteplicità di forme, con ogni mezzo necessario, ecc…
La dico così come mi passa per la testa in una grigia giornata londinese. La rivolta violenta rompe il patto sociale e chi si riconosce in un soggetto socialmente praticabile la teme e la condanna. Più è forte la sua forza sociale e politica più è deciso a sancirne la distanza. In inghilterra la politica e la stampa istituzionali hanno fatto passare i rivoltosi d’agosto come criminali comuni, in Libia i ribelli vengono bollati come ratti e drogati, in Italia come violenti da isolare e blocco nero da incarcerare ; si potrebbe continuare all’infinito.
Se si esce, però fuori dai confini nazionali, tutto si stempera e i rivoltosi, come per incanto, diventano un soggetto politico, una forza che si oppone a governi ingiusti, a pratiche repressive. “ L’inferno” romano di cui parlano i giornali italiani si trasforma in un neutro “clashes” sui giornali inglesi, i “ratti” libici diventano valorosi ribelli per i
giornali occidentali, e così via. In questo sono d’accordo con wu ming 1: la dicotomia violenza/non violenza è un falso problema e, aggiungo, chi lo considera lo fa in modo strumentale o funzionale e in buona parte reazionario.
@Collettivo Militant
Sicuri che sarebbe avvenuta la santa alleanza? Io ho sentito idee opposte anche tra chi agli scontri non ha partecipato. Io non sono così felice che quella piazza sia stata rovinata, ho molti dubbi a riguardo. La polizia sicuramente è stata molto contenta di rovinarla e ha fatto più di tutti perché ciò accadesse. Mi sarebbe piaciuto che quei carri si parlassero, in quella piazza. Che in quella piazza si fosse rimasti per giorni o mesi a parlare, magari non con il PD o SEL, ma almeno tra movimenti diversi e alcuni sindacati. Ma la mia opinione vale poco, non prendetela come una critica; non ho partecipato alle assemblee pre-manifestazione e la mia esperienza è quasi nulla.
@uomoinpolvere: grazie.
Vorrei ringraziare anche i padroni di casa, che stanno facendo un lavoro *immane* nel mantenere questo spazio aperto di confronto e analisi (anche nello spazio allargato di twitter).
OT: mi sembra che oltre a un digital divide, esista oggi anche un’ideological divide, sviluppatosi nel giro di pochi anni. La serie degli ultimi post (e spazi come Giap!) servono proprio a colmare pazientemente questo divario.
@collectivo militant
Dici “In Spagna gli unici risultati *oggettivi* prodotti dalle mobilitazioni sono stati la vittoria del Partito Popolare alle regionali, la caduta del governo Zapatero e la conseguente vittoria probabile di Rajoy alle politiche e il cambiamento della costituzione che non veniva toccata dal 1978.”
Io a Barcellona vedo risultati oggettivi ben diversi.
Le azioni di lotta sono molteplici e diffuse e si sono allontanate intelligentemente dai luoghi verso cui erano puntati tutti i riflettori (la plaça Catalunya, la puerta del Sol) per andare a conquistare obiettivi altrettanto importanti, spazi che vengono sottratti giorno dopo giorno alle comunità da un’economia spietata che tende a demolire e privatizzare tutto (come fanno i NO TAV in valle).
Dopo la manifestazione moltitudinaria di ieri una parte del corteo si é spostata nella cintura periferica di NouBarris dove é stata occupata una casa vuota e sono state ri-alloggiate famiglie sfrattate.
Nei giorni prima della manifestazione erano stati occupati un ospedale nella Vall d’Hebron, un liceo a Cornellá, la facoltà di Geografia nel barrio del Raval.
A Madrid stanotte hanno occupato un albergo vuoto in pieno centro.
Al giorno d’oggi a Barcellona ci sono 23 assemblee che offrono spazi di partecipazione, riflessione e dialogo aperti a tutti nelle piazze della città, a loro volta suddivise in commissioni e gruppi di lavoro che agiscono nei quartieri e si sostengono e coordinano in rete per azioni di lotta collettive.
Io sono ottimista sul lavoro fatto e penso che sí, Rajoy vincerá le elezioni, ma dovrá fare i conti con una popolazione che si sta preparando a resistere, ad essere solidale con chi sta perdendo o ha già perso tutto, a conquistare con coraggio spazi che non é piú disposta a cedere.
Magari sono accecata dall’entusiasmo e fra un po’ di mesi verseró lacrime e sangue, ma mi terrorizza assai di piú la “palude italiana”, come l’ha definita xina nel suo bellissimo commento che quoto al 100%.
Grazie ai Wu Ming per uno spazio in rete come Giap e per tutto quello che fanno.
Salve a tutti, è da un pò che volevo introdurmi in questo forum, ne approfitto in questa occasione per cercare di capire cosa è successo nella manifestazione del 15 ottobre a Roma.
So bene che tutto ciò che sto per dire è pieno di contraddizioni, ma è così che è andata ed è anche per questo che scrivo, per potermi confrontare con me stesso e con gli altri.
Io ero lì, a manifestare il mio dissenso e il mio malessere. Carico di rabbia, ero sceso in piazza ben sapendo cosa mi aspettava, ovvero scontri e violenza, e così è stato. Ero sceso in corteo di nero vestito, casco, occhialini per la piscina e spruzzino con succo di limone, tutta questa “attrezzatura per facinorosi” mi serviva solo per alleviare seppur in minima parte, l’effetto dei gas lacrimogeni e delle manganellate. Io non ho fatto nessun atto di vandalismo e alla fine non ho nemmeno partecipato agli scontri di questa manifestazione, anche perchè mi è sembrato che siamo stati noi (e per noi intendo chiunque fosse al corteo) e non la polizia ad iniziare con la violenza. Mi si può dire che ero un black block (marchio di comodo sia per “l’ordine pubblico” che per i manifestanti)? Io non credo, vedendo poi i video degli scontri tra polizia e “black block” non potevo non essere dalla parte di questi ultimi, e non me ne dispiace nemmeno un pò. Condanno il vandalismo inutile di bruciare le macchine, cassonetti e spaccare edifici, ma comprendo il meccanismo di chi ha voluto farlo, in fondo la sua rabbia non è molto dissimile dalla mia. Mi sento dilaniato da ciò che penso e scrivo, tutto è così estremo e contradditorio, non voglio che si spacchi tutto senza senso ma al contempo gioisco quando i poliziotti arretrano di fronte a tante persone che sono piene di rabbia. A cosa può portare tutto questo? Sembra che qualunque cosa si faccia finisca sempre in un buco nell’acqua, che si manifesti in maniera pacifica o violenta, che si faccia della politica attiva, tutto sembra portare al vuoto barometrico.
Scusate la lunghezza dell’intervento! :)
“Bisogna raccogliere tutte le informazioni possibili prima di decidere che un suono è rumore.” Tom Waits
(Appena twittato da @EinaudiEditore, che a volte sembra che parli d’altro ma poi si vede che sta commentando l’attualità, e in modo saliente. Chapeau.)
Io ieri ero in piazza a Roma, per cui vi racconto le cose che ho visto e lo faccio con lo sguardo del cane, ben piantato in terra, incapace di vedere l’insieme ma solo i dettagli.
Ho deciso di scendere solo venerdì, combattuto fino all’ultimo tra la voglia di essere acentrico e rimanere a Bolzano a manifestare e la voglia di essere a Roma per incontrare tutte quelle realtà con qui in questi mesi ho condiviso e abitato la Rete.
Ho scelto la seconda opzione.
Qualcuno l’ha già raccontato, ed è vero che fin dal concentramento si sapeva che qualcosa doveva succedere (Anzi lo sapevamo da prima ma forse non abbiamo voluto crederci). Una compagna di Napoli con una storia di militanza molto più lunga della mia mi ha detto: “state attenti quando arrivate in zona Colosseo, perché se succede qualcosa succederà lì”.
Poi la cose si sono fatte confuse, i roghi di via Cavour e via Labicana, i primi scoppi, l’isteria, i fuggi fuggi di cui parla anche uomoinpolvere (ci siamo rincorsi su twitter e grazie delle info).
Gli scontri di San Giovanni io li ho visti da lontano, dalle scale della basilica e in quella situazione surreale ho visto anche Polizia e manifestanti a stretto contatto nell’antipiazza (alla sommità di via Merulana) senza che ne gli uni ne gli altri facessero nulla (lo dico senza dietrologismi, ma con stupore, perché a poche centinaia di metri lo scontro infuriava e se è vero che ACAB allora non capisco come si potesse stare gli uni affianco agli altri in quel modo)
Sfortunatamente a me mancano certe immagini e anche cercando su internet stamattina non sono riuscito a trovarle: dove sono i manifestanti inermi e ignari colpiti dalla repressione? Non ci sono e nemmeno ne ho visti, non ho visto la repressione vista a Genova o in Val di Susa, quella che si trasforma in legittima rabbia di popolo.
Non ho visto neppure le cariche “allucinanti” (forse se le avessi viste parlerei diversamente) descrittemi dal compagno di Trento con cui ho diviso il pullman, incontrato anche lui con lo “sguardo di vetro” nei pressi della piazza.
Ho visto, invece, molta voglia di menare le mani a prescindere, ho visto l’eroismo stolido di cui parla Wu Ming 4 ne “L’eroe imperfetto”, ho visto una rissa di strada, uno scontro da stadio, noi contro loro a vedere chi ce l’ha più lungo e duro.
Non dico che non voglio giudicare, perché ogni sguardo è già giudizio, ma questo è quello che ho visto e pensato ieri.
Sui frame e le cornici: Wu Ming 2 dice che bisogna rifutare il frame violenti/non violenti, perché rende la narrazione tossica, però ieri questo frame si è incarnato nella piazza: da una parte il riot di San Giovanni, dall’altra parte un corteo che ha sfilato dal Colosseo al Circo Massimo e poi Piramide, via Magna Grecia e oltre. Tossico o no, questo è un fatto prima di essere una narrazione. E nessuno o quasi sta raccontando quel corteo.
Altra cosa, rifiuto la semplificazione per cui chi lamenta la violenza di Roma non può appoggiare o rallegrarsi per altre violenze.
San Giovanni non è stata Tharir, nel bene e nel male. Qui non c’è nessun tiranno da abbatere con la forza, perché lo abbiamo detto e ripetuto dieci, cento, mille volte che siamo già nel post Berlusconi, che Berlusconi non è il problema. Eppure se vi fate un giro su Facebook troverete dieci, cento, mille eroi da tastiera che sbraitano “se tutti avessimo avuti i caschi ora Berlusconi sarebbe caduto”, e così via. Fermo restando che questi vigliacchi l’unico casco che hanno mai avuto è costato 20 crediti a Call of Duty e non meritano nessun rispetto, sicuramente non quello che comunque devo a chi ieri ha deciso di rischiare il proprio corpo in uno scontro che pure ritengo stupido, inutile e controproducente.
# l’ora sbaracuclona
“*Cosa sono mai le violenze che tanto vi spaventano e che tanto orrore vi destano, di fronte alla somma di violenze che voi, tutto il giorno, tutto l’anno, perpetrate sulla pelle della povera gente, che uccidete o fate uccidere, o che depredate colle vostre leggi?*”
(“IL Lamone”, settimanale repubblicano, Faenza, 21 giugno 1914)
ieri #15o #15ott #15oct #ottobre sera, visti gli scontri a #Roma mi sono incazzato;
e’ un agire che rifuggo, per carattere ma anche per questioni di opportunismo, nel senso che penso possa essere piu’ che altro controproducente.
Ma, come al solito, pensavo che comunque e’ sempre necessario cercare di approfondire, specialmente indigestioni di questo tipo.
Intanto mi rivivevo la mia giornata estremamente pacifica per le strade di #Milano a #occupypiazzaffari un po’ e un po’ #occupypiazzaduomo. In quest’ultima parte della giornata, quando ancora di scontri romani in atto non sapevamo molto, ho incontrato un mio conoscente, quanto di piu’ lontano dal “blocco nero”, che, viste le mie origini, mi ha messo a conoscenza di un fatto del passato del quale non ero a conoscenza, “la settimana rossa” del 1914 ad Alfonsine, nella Bassa Romagna. Me ne parlava in chiave comica, simpatica. Stamattina mi sono sleggiucchiato le informazioni a riguardo che sono in rete e li ho trovato un bellissimo “strumento” di analisi dell’oggi.
“*Fra tutti i minori centri romagnoli Alfonsine e’ certo quello dove avvennero gli episodi di maggior violenza, dove gli insorti piu’ si scagliarono contro i simboli dell’oppressione, la pretura, la chiesa, il circolo monarchico, la stazione. Venne infatti devastato il Circolo Monarchico ed incendiata la stazione ferroviaria, divelti i binari, danneggiato il ponte sul Senio, assaltata ed incendiata la chiesa S. Maria delle Grazie, assaltata e incendiata la pretura, il fuoco poi si propaga a tutto il Municipio e brucia quasi completamente l’archivio comunale*”
per chi desidera approfondire rimando, per iniziare, a http://www.alfonsinemonamour.it/alfonsine/settimana_rossa_home.htm
Ora torno nuovamente da #occupypiazzaduomo, ero la, ad ascoltare il megafono, davanti alle testate giornalistiche sparse a terra dove traspare un’indignazione unanime nei confronti de La Violenza ed io c’ho in mente le immagini di lotta del ’14, una violenta insurrezione popolare;
come e’ cambiato il sentire, l’interpretazione della realta’ vissuta.
questa mia considerazione non e’ un’apologia della violenza e’ una riflessione su banalita’, superficialita’ e controllo mediatico del reale
Mi colpisce del commento di zodd: “io non ho fatto nessun atto di vandalismo e alla fine non ho nemmeno partecipato agli scontri di questa manifestazione, anche perchè mi è sembrato che siamo stati noi (e per noi intendo chiunque fosse al corteo) e non la polizia ad iniziare con la violenza”
Credo che qui ci sia molto di quello che è successo ieri e molte delle conseguenze politiche che ne deriveranno…
servono nuovi giocattoli, nuove pratiche, nuovi modi. ognuno si attrezzi come può: io gioco con le tecnologie e ieri mi sono fatto la mia manifestazione a casa
http://www.artisopensource.net/2011/10/16/versus-rome-october-15th-the-riots-on-social-networks/
ma serve chi giochi coi corpi, coi desideri e con usi differenti delle città
è odioso il manifestarsi delle meccaniche del potere, a macro e micro livello. in questi modelli non c’è futuro. occorrono modelli differenti e completamente disseminati
1-meter revolution
Sono azzoppato, a casa, non ero a Roma. Ma sono stato “altre volte, da altre parti”, tanto da conoscere un po’ di dinamica di piazza. E conosco la voglia di spaccare tutto, una volta tanto. Conosco anche “l’educazione” a questa lotta: nel 2008 in una sede occupata dell’Università di Pisa si proiettavano video anni settanta di cariche di studenti contro la polizia… E vai con la festa, gli schiamazzi, i “magari!”, “era ora!”. Ri-conosco la prevedibilità di ieri, e la prevedibilità dei commenti di oggi.
Allora quello che io butto in mezzo alla discussione: a parte i giudizi di metodo, la direzione qual è?
Il fatto è questo. Così come è inutile accusare le sole infiltrazioni fasciste, come fossimo nati ieri, o l’obiettore di coscienza svizzero che mena le mani, è altrettanto inutile sentirsi sollevati dalla fotografia della realtà che dice: anche i “nostri” caricavano la polizia. E un po’ giustificati. “Noi” crediamo dunque nella strategia della piccola avanguardia politicizzata? Pensiamo che la gente, che pure è stufa, guardando alla controcarica di 200-300-753 persone contro la polizia si senta ribollire il sangue e scenda in strada con la bottiglia rotta vomitando bestemmie? Pensiamo che la direzione giusta sia quella di innescare un conflitto diretto e improvviso tanto poi gli altri verranno dietro?
5 o 6 anni fa mi trovai ad assistere – non senza diletto – ad una riunione di Lotta Comunista. Poi il segretario della piccola sezione mi volle in disparte a fare due chiacchiere. Disse: “perchè vedi, se domani scoppia la rivoluzione, noi sappiamo già cosa fare”. Con assoluta serietà e senza ironia.
Stiamo quindi ad aspettare che domani scoppi la rivoluzione, nella sua immagine più stereotipata e guerraiola del termine? Vogliamo insomma una rivoluzione come la borghesia teme – o dobbiamo cominciare a crearne un’altra, imprevista?
Vogliamo gongolare in mille di come correvano indietro codardi i poliziotti, o parlare non a 300mila ma a milioni di persone?
Abbiamo un gruppo sociale di riferimento o vogliamo parlare al “popolo”? E soprattutto: vogliamo “dirigere” con la bacchetta (e dietro quale Verità?) o convincere la gente a muoversi con le sue gambe?
Si perde di vista il perchè e si litiga sul come. Ma mezzi e fini dovrebbero andare di pari passo, mi pare.
Peppe
ps: bella discussione però :)
Interveniamo per la prima volta su questo spazio che, come sempre, ospita una discussione di vitale importanza. Importante perchè dovrebbe segnare i nostri prossimi passi. E quando dico “nostri” non parlo di un movimento in senso astratto ma mi riferisco concretamente a tutte le Singolarità che in questo percorso ci sono pienamente, con le loro capacità creative (è proprio la creatività che, oggi più di ieri, assume una necessaria priorità) e organizzative. Parlo anche di noi che, pur partecipando pienamente agli Eventi, siamo ben lontani dalle realtà organizzate e dai vari coordinamenti organizzativi.
Condividiamo la necessità di uscire dalla retorica “violenza-non violenza” ma a nostro avviso un dispositivo, nel bene o nel male, è stato messo in campo: il dentro-fuori. La condivisione o meno di una forma di Vita. Quello che il 15 ottobre 2011 ci ha raccontato è il tentativo di egemonia di una parte sulla maggioranza. Perchè la pratica è stata questa. Portare tutto il corteo a San Giovanni per coinvolgere tutti in quella catastrofe. Questa è stata la più grande violenza. Quella suprema. Il risultato è stato evidente. Il corteo si è spaccato in due. Chi era dietro non ha semplicemente seguito la massa ma ha fatto una scelta. Una scelta che, il giorno dopo, salva almeno in parte quella Manifestazione che altrimenti sarebbe stata solo macchine bruciate, vetrine rotte e cariche della polizia.
L’ analisi della giornata di ieri è inevitabile farla sulle dinamiche che negli ultimi mesi hanno accompagnato la preparazione.
Due a mio avviso i principali problemi, ed entrambi dovuti alla deviazione subita dal movimento Indignato in Italia rispetto agli ideali originali.
In primis la nostra perseveranza nel voler ragionare in termini di alternanza partitica, arrivando a credere che il giusto modo di uscire dall’ ottica istituzionale sia quella di creare un nuovo movimento parlamentare creato “dal basso”. E’ inutile, non ce la facciamo proprio.
E conseguenza anche di ciò è la nostra incapacità di considerare la rabbia quale strumento di evoluzione delle lotte, continuando a restare intrappolati in quel binomio minzoliano di “violenza/non violenza”.
Paradossalmente, arriverei a dire che la responsabilità degli scontri di ieri è anche e soprattutto di chi ieri stava manifestando pacificamente, perchè ognuno in questa mobilitazione è stato responsabile di non aver saputo far confluire la rabbia comune in qualcosa di costruttivo e produttivo.
In una situazione tale dunque, era ovvio che i sentimenti più estremi avessero sfociato, purtroppo in modi che hanno limitato l’ espressione di tutto il movimento.
Quello che il 15 Ottobre ha insegnato a tutt* è che la discussione non è più tra violenza e non violenza.
La questione, oggi, è tra violenza costruttiva e violenza distruttiva.
@Liberarchia
Contravvenendo a quanto scritto prima e sottolineando così l’universo di incoerenze nel quale navigo, intervengo di nuovo per contestarti queste parole. Ieri la colpa era dei “pacifisti”? Paradosso non calzante. Come non calzante è la descrizione di tutto il resto dei manifestanti come “pacifisti”. L’intenzione del corteo era quella di occupare la piazza, magari restarci parlandosi, facendo circolare idee sul proseguimento della lotta, anche l’idea di violenza come momento ineludibile, questo è stato impedito. Non vedo proprio come possa essere descritta come una colpa. Queste letture sono disarmanti, violentano la logica.
@mimmo
Incanalare politicamente? ma dov’è lo spazio all’interno del canale politico se nemmeno si permette a chi manifesta di farlo nei luoghi simbolici del potere?
lo scontro fisico con la polizia non è me povero pezzente contro il celerino pezzente, è ciò che rappresento io in quel contesto contro ciò che rappresenta lui. Tenere una piazza per più di un’ora in quel modo non è opera di un gruppo di black block (la solita scatola vuota da riempire con tutto ciò che si vuole) ma come scriveva wm1 di una massa di persone. Saremo stronzi quindi ma certo non poche centinaia, certo non con un’anima omogenea, certo non con una piattaforma politica condivisa, certo non con una strategia. Ma vedere Bersani, Maroni e il resto che spendono la parola deliquenti per queste situazioni fa sorridere. Io penso che molti ieri in san giovanni erano lì perchè la democrazia liberale non concede più spazio, la democrazia reale che abbiamo qua adesso non c’entra proprio niente con LA democrazia. E’ altro, è tirannia del consumo e della macroeconomia, e dopo questa giornata penso che occorra chiedersi cosa significa indignazione per ciascuno e da lì partire e pensare dove andare e come andarci. Non si può parlare di modelli, si può parlare di composizione, ma essere in quella piazza, comunque, è un gesto politico
io vedo una violenza quotidiana che subiscono le persone nella quotidianita’ di oggi, governata dalle banche, che regolano le vite dei precari con lavori gestiti da agenzie interinali.. viviamo su un debito che paghiamo noi, pagheremo perche’ pare che sara’ sempre peggio, i tagli aumenteranno e al rabbia salira’ se non si cambieranno el cose. e un segnale di voglia di cambiamento bisogna darlo in qualche modo. ok le sfilate le grandi manifestazioni di piazza, ma sarebbe adnata a finire che nessun media avrebbe dato poi cosi’ rilevanza, soprattutto a quelli che sono i contenuti e i disagi, la mancanza di opportunita’ in questo paese:quando se ne sono fatti, l’esecutivo in corso non ha mai dato una risposta valida, anceh perche’ in materia economica e di tagli c’e’ poco da fare, la situazione e’ drammatica e non credo che un vendola potra’ cambiare le cose (le atre alternative non le nominaimo nemmeno).
una risposta di cambiamento determinata, concreta a questi organi che cotnrollano il sistema economico che ci stanno portando al collasso deve essere in qualche modo “comunicata”. poi si puo’ condannare se voelte, ma anceh ascoltare un disagio che forse non vivete ancora sulla pelle…. nelle violenze di ieri io vedo solo un po’ di ignoranza da parte di questi giovanissimi coinvolti: molti a volto scoperto che si lanciano pieni di odio (e non sono questo blackbloc organizzato mi sa), appena ventenni forse, nati sotto un berlusconismo che niente gli ha sapputo offrire se non scarsa cultura, poche speranze e violenza, violenza culturale. e cosa ti aspetti?
ma la componente piu’ orribile della piazza di ieri l’ho vista in quei “giornalisti” o aspiranti tali pieni di macchien fotografiche, telecamere, telefonini che riprendevano la distruzione senza condannare o dissentire. ma degli scontri riprendevano solo i manifestanti eprche’ sono quelle immagini che poi ai mainstream interessano, che pagano. forse perche’ sono anceh loro colpiti da questa crisi di valori culturali, dove i perche’ di una rabbia di tutti gli altri giorni e di una quotidianita’ fatta di tagli di servizi sociali o mancanza di popportunita’ sono contenuti che non interessano ai loro editori. sciacalli e un po’ servi.
condividono quello che sta succedendo stando li di persona ma poi mettono a rischio la vita delle persone riprendendo solo i manifestanti e non le violenze della polizia.
i peggiori in campo
@Federico86 Non so se ti racconto qualcosa di nuovo, ma ieri quella piazza ce l’hanno tolta. L’hanno tolta alle centinaia di migliaia di persone che volevano arrivarci. Per fare cosa? Per provare, provare, provare e ancora provare!
Certo, il tuo gesto politico è stato corresponsabile della perdita di quella piazza e se non mi sbaglio è la prima volta nella storia della Repubblica.
Alla fine siete rimasti voi e le guardie, avete lasciato indietro il 90% degli altri che componevano il corteo.
E’ un risultato? Era quello che volevate ottenere? Se si, mi permetto di dirti che è ben poco.
Quoto in toto Flavio Pintarelli e mi chiedo quando questa infinitesimale minoranza di MASCHI la smetterà di pensare di essere TUTTI. Perché io non ci vedo proprio niente di rivoluzionario in tutto questo. Anzi, ci vedo proprio il contrario. Io ho partecipato ad alcune assemblee in preparazione del 15, e quello che ho visto è proprio un blateramento identitario di maschi che non vedevano l’ora di menar le mani scandendo le loro parole d’ordine. In tutto questo non riesco proprio a non vederci qualcosa di molto molto reazionario.
Ora, secondo me ci sono due punti da scriversi dopo la giornata di ieri: 1) l’asticella al di sotto della quale si permette alla repressione poliziesca di fare più o meno ciò che vuole si è alzata notevolmente; 2) il meccanismo identitario di cui sopra ormai gira a pieno regime e bisognerà farci i conti.
Sommando i due punti e immaginando il loro risultato non riesco proprio a trovare niente che possa portarci a fare dei passi avanti in direzione di quelli che dovrebbero essere i nostri obiettivi: fine del capitalismo, uguaglianza.
E il punto non è proprio “le donne non lo avrebbero fatto”, come giustamente invitava a non dire Loredana Lipperini sul suo blog. Il punto è che tutto questo lo sappiamo dove porta, lo sappiamo che non ha niente a che fare con una società di uguali. Lo sappiamo di cosa è figlio tutto questo. E siamo ancora lì, aggrappati.
A FlavioPintarelli:
Quello che ho scritto è un mio pensiero, in base a quello che ho vissuto ieri. Chi invece si è trovato erso le 16:45 a piazza San Giovanni ha invece pensato l’opposto mio, difatti le forze dell’ordine hanno iniziato a caricare quella parte di corteo che era ignara di quello che era successo in via Labicana. Non dimentichiamoci che la manifestazione ha avuto una grandissima partecipazione e chi stava in testa del corteo non sapeva quello che stava succedendo al centro o alla coda.I punti salienti sono già stati esplicati da altre persone. Cè uno stato di malessere generale e generazionale molto ampio e profondo, e che non sapendo come incanalarlo succede tutto questo. Ma credo anche che se il 15 ottobre in Italia soltanto è finito in questa maniera lo si deve anche alle “figure” politiche che sfrontatamente parlano con toni molto peggiori dei miei o di qualsiasi altro manifestante, e non sto qui a fare il lungo elenco di questi “signori”. Quindi se di conseguenze politiche si deve parlare bisogna secondo me tenere presente di questo, che è da troppo tempo che qui in Italia la classe politica si rivolge in maniera violenta alle masse. Insomma per intenderci il loro atteggiamento è esemplarmente riassunto nella scena del marchese del Grillo: <> http://www.youtube.com/watch?v=7MDY-8DVqjs
Mi si dirà che sono troppo provinciale ed esterofilo, ma non mi sembra che nelle altre nazioni ci sia una classe politica (“democratica”) che parli e si comporti così.
Detto questo è forse possibile spiegare una rabbia folle e cieca del genere.
@mimmo
per provare a fare cosa scusami? io sono entrato in quella piazza che doveva dire basta e c’erano già stati gli scontri a via merulana, quando io sono arrivato lì il blindato con l’idrante speronava il camion di cgil che faceva manovra e sparava l’acqua su quello dei cobas. io non sono un violento, uno che gode della violenza e del suo esercizio. Ho visto e non ho pensato adesso torno indietro perchè questi violenti (chi poi?) hanno rovinato tutto, ho pensato teniamo la piazza perchè dietro di noi ci saranno duecentomila persone, e arriveranno. Gridare ai violenti che rovinano tutto è una barricata un po’inflazionata, io non sono qui a dare spiegazioni, vorrei problematizzarla un po’ rispetto al tuo intervento o a quello della compagna che parla di maschi, come fosse una questione di testosterone.
@Federico86 Io vorrei che la tua problematizzazione parta dalla consapevolezza del fallimento della tua pratica in quel dato momento e che non si filosofeggi con noncuranza sulle intenzioni e poi si mascherino i risultati. Tutto qui.
Quelle 200.000 persone che aspettavi non sono arrivate, ciò ti basti a fare un bagno di realtà, almeno a posteriori, perchè da qui si può ripartire. Esercitarsi invece a definire le guardie assassine perchè poi, a cose fatte, distrugge senza fare distinzioni, equivale a piagnucolare sul latte versato.
Ho provato a scrivere anch’io qualcosa sulla manifestazione di ieri, sull’onda della confusione ma anche della voglia di chiarire. Vi lascio il link. http://t.co/3MAM2jNF
@blicero , @wu_mings , @altri :
mi sfugge il senso di continuare, anche tra di noi, con ste “narrazioni” piene di poetica, di spontaneismo, di equidistanza, che con le robe di ieri non c’entrano assolutamente niente.
purtroppo è tutto tristemente, drammaticamente bieco, squallido e terra terra.
basta leggere i siti “di riferimento” di alcune parti del movimento eh.
sfortunatamente le chiavi di lettura necessarie sono troppo banali, e lo spazio per le elucubrazioni sociologiche tende a zero.
va male, amici.
@Adrianaaaaa
in piazza san giovanni non c’erano solo maschi, e ho visto compagne anche dopo, quando si era ormai in pochi, in viale carlo felice e piazzale appio. La piazza era il termine ufficiale della manifestazione, non tutti quelli che hanno provato a tenerla erano lì per menare. Io a menare non sono capace e non l’ho mai fatto.
scusate l’intelude ironico, però mi sono perso a leggere tutti i commenti in fila e mi sono sentito dentro bologna social enclave. E’ stato molto divertente.
@uomoinpolvere: ci saranno state dieci ragazze e tutti a dire “Guarda! Ci sono delle ragazze!”.
E comunque non è solo questione di numeri (anche se un po’ sì), ma di ciò che quel tipo di pratica sottende, della forma mentis che c’è sotto. Come ho già detto, io nell’avanguardia che va a spaccare tutto a prescindere, senza preoccuparsi di avere dietro le spalle gli altri (perché l’Italia non è a quel punto, c’è poco da fare), ci vedo robe molto retrograde che sono già state discusse abbondantemente anche qui su Giap.
@Adrianaaaa
detto questo condivido molto del tuo discorso, dove per tuo discorso non intendo solo i due commenti di oggi. Lo penso anch’io che ci voglia una dimensione diversa. Speravo potesse nascere ieri, sapevo che era molto improbabile ma è per quello che ho lottato e credo molti altri abbiano lottato per quello, e molti si sono incazzati *durante* la giornata, non erano partiti per sabotarla. Speravo finisse con un’acampada e penso che le acampadas meritino più tempo, che non sia giusto pretendere risultati a breve termine. Penso che dobbiamo darci più tempo, molto più tempo. Non mi piacciono i sabotatori e i disillusi in partenza, i tanto peggio tanto meglio, tanto quanto non mi piaccio io e la mia ingenuità e impreparazione. Ma anche chi vuole una dimensione diversa deve imparare a difenderla e a non farsela sabotare.
[…] giap e la discussione nei commenti […]
Compagni, forse non tutti “i mali” vengono per nuocere.
– Ora sarà molto più difficile sfruttare in chiave elettoralistica il movimento degli Indignati. E questo è un bene.
– La piazza, nel suo complesso, ha risposto con una certa determinazione alle cariche indiscriminate della celere. E questo è un bene.
– La questione violenza, uso della forza, servizi d’ordine, ecc. è un tema che qualunque movimento che vuole porsi su un terreno anti-capitalistico prima o poi deve affrontare. Adesso varrà anche per gli Indignati. E questo è un bene.
La stampa di regime (quella di destra e quella “di sinistra”) cercherà sempre di infamare chi si batte al di fuori e contro le istituzioni della borghesia. E questo lo sapevamo già.
Da domani, il vero problema sarà collegare la lotta di tutti i giorni sul lavoro, a scuola, in quartiere, con un movimento che cresce su scala mondiale e che difficilmente potrà essere fermato da qualche locale scaramuccia.
voglio solo ringraziare per questa discussione gestita con equilibrio e accortezza. Al netto delle analisi e delle ricostruzioni ex post e cercando di stare ai fatti, la situazione non mi sembra assolutamente paragonabile al 14 dicembre per composizione del corteo, per gli obiettivi (che in quella situazione erano molto chiari e ampiamente condivisi) e per partecipazione agli scontri. Non voglio dare alcun giudizio di valore e non penso che la spiegazione siano gli infiltrati
Premetto che sono di roma, ho superato i quaranta e qualche dinamica di piazza la conosco.
Ho visto anche il filmato postato da wm1 e mi conferma quello che vedevo io da un’altra angolazione: ristretto gruppo impegnato negli scontri, cerchio di curiosi ai margini e massa fuori campo che va altrove, portandosi dietro quella sconfitta di cui parla mimmo.
Non è vero che non c’è stata nessuna strategia: alcune realtà hanno deciso e organizzato delle azioni che hanno ricercato lo svilupparsi degli scontri. Non incendi un palazzo portandoti dietro bombe carta *spontaneamente*, le prime macchine incendiate lungo il corteo erano scelte con un evidente criterio (un suv, una mercedes un po’ costosa), poi si sono fatti prendere la mano e hanno dato fuoco gratuitamente anche a qualche utilitaria. Ripeto, gli scontri hanno coinvolto 200-300 persone a dire tanto. Mi sembra un po’ poco per far partire la spiegazione *giovani che non hanno niente da perdere*.
Non voglio criminalizzare: voglio dire che sono state scelte politiche dal mio punto di vista fuori contesto, incapaci di creare consenso, senza alcuna prospettiva se non quella di mostrare la propria purezza e che il resto della manifestazione le ha vissute come una tegola che ti cade in testa.
Quello su cui ci sarebbe da interrogarsi è sulla possibilità di gestire situazioni del genere.
Sicuramente quanto successo chiude delle possibilità di prosecuzione e non apre nessuna prospettiva. L’idea di accamparsi magari potrà non piacere, ma era qualcosa ed adesso è impraticabile. Affermare che si è dato un colpo ai partitini agonizzanti della sinistra o ad accordi col pd è ridicolo: è stato dato un colpo ad un movimento confuso e disorganizzato ma comunque ampio e partecipato.
mi scuso se sono intervenuto ancora e se sono stato un po’ ripetitivo.
una cosa non capisco: va bene dire “la gente è incazzata, frustrata e senza speranze per il futuro”, un’latra è giustificare degli IDIOTI che sfasciano vetrine auto e qualsiasi cosa gli passi davanti. è chiaro anche ad un bambino che fare tutto ciò non porterà alcun giovamento.
sono pienamente d’accordo sulle ragioni della manifestazione, e se non vivessi all’estero sarei probabilmente andato a roma, ma non tollero vedere 500 IDIOTI distruggere una città con la scusa che “le banche ci sfruttano e il governo ci toglie il futuro”. come si fa a cercar di giustificare queste persone?
Innanzitutto grazie a @wumingfundt per questo spazio. Nella sbornia da giorno dopo, fra valanghe di parole senza senso, mi sembra qui di trovare commenti almeno un po’ illuminati.
Fra questi in particolare mi ritrovo nel post di @uomoinpolvere. Anch’io, come lui, sono stata tutto il tempo a due passi dall’epicentro, senza entrarci perché non m’ero preparata e nella confusione preferivo stare un po’ in disparte.
La giornata di ieri mi sembra far emergere diversi punti di domanda, su cosa può esprimere oggi una piazza. Anch’io, come @uomoinpolvere, mi porto dietro comunque l’amarezza di vedere oggi letture tanto divergenti quanto quelle che avevano portato la gente in piazza.
Il primo problema è la totale mancanza di fantasia. In una giornata come quella di ieri, con 951 manifestazioni contemporanee in più di ottanta Paesi nel mondo, con un movimento che si riconosce in parole d’ordine più che in forme identitarie, la piazza di Roma ha dimostrato una grande banalità.
Sia la decisione di mettere in atto pratiche più radicali e violente, sia quella di sfilare in un corteo pacifico, si sono entrambe attuate seguendo vecchi stereotipi. Dal comizio previsto alla fine (comizi a nome di chi?) alla scelta di colpire le solite banche, i poveri cassonetti, una caserma abbandonata da anni.
Boh. In tutto questo vedo una grande ripetizione di gesti ormai quasi inconsci, in cui ognuno non fa che riproporre ciò che sa già funzionare: l’insurrezione vaga e spettacolarizzata, la manifestazione di piccola massa indecisa sui contenuti.
Il secondo problema è più concreto, riferito alla giornata. Il corteo si è spezzato praticamente subito, la prima volta a Piazza Cavour, la seconda al Colosseo, la terza appena entrati in piazza San Giovanni. A prescindere dalla scelta dello spezzone studentesco di non praticare San Giovanni ma di far confluire gli spezzoni al Circo Massimo, la verità è che nessuno, nessuno, si è voluto accollare la responsabilità di condurre il corteo tutto, e non un suo pezzetto, da una parte e dall’altra.
La gestione coordinata, fra azioni più o meno pacifiche, che nei piani del giorno prima sembrava così chiara, si è rivelata assolutamente zero. Muti e sordi in una lunga chiacchierata. In mezzo, gente che come sempre non c’entrava nulla e finiva per trovarsi dalla parte sbagliata (incappucciati al fianco della fiom presi a sputi – pacifisti dell’arci nello spezzone di testa che ha cercato la guerriglia).
Ultimo punto. Non penso sia utile a nessuno dividere la discussione oggi fra polizia di sinistra e l’immagine di una giornata campale di insurrezione. Ieri non è stato né l’uno né l’altro, per me. Era bellissimo vedere centinaia di migliaia di persone sfilare, in una giornata così internazionale, in un paese così provinciale come il nostro. Era una manifestazione di dissenso non contro un governo, una legge, un diritto, ma contro un modo di leggere il mondo (anche se forse non per tutti era così).
Ci stava che ognuno potesse portare avanti le pratiche che ritiene più adeguate ad esprimere la propria rabbia, la propria lotta e gli obiettivi. E’ finita che i ragazzi che volevano adottare il lato “detour” delle cose si sono fatti fischiare, in continuazione, da tutto il resto del corteo. L’ho visto e sentito in più momenti, non è una balla. Se la val di susa aveva accolto i più radicali con un boato di applausi e saluti e ieri, invece, fra sindacati e associazioni gli “incappucciati” non prendevano che fischi, si vede che c’è una differenza.
Sono tante, lo sappiamo tutti, ma in particolare secondo me ha giocato la vaghezza, l’idea che gli scontri che si stavano cercando fossero estetici, estatici, momenti di gioia per alcuni presi bene. Non, insomma, il percorrere in maniera più decisa un percorso comune di lotta. Era una sensazione diffusa, per chi non aveva avuto modo per capire la scelta di mettere in atto un certo tipo di pratiche. Che, ripeto, trovo assolutamente valide. Non così.
Prima di tutto ringrazio per questo spazio perchè io, che da metà di via Cavour ero nella parte di coda del corteo, mi sono fatto un’idea di cosa è successo davvero dai commenti qui sopra, l’idea che avevo ieri durante tutto il corteo, fino alle 9, era molto diversa.
Poi veniamo al punto. Magari ho capito malissimo io, e nel caso mi scuso, ma quando @Collettivo Militant dice che “Per uscire da questo stallo c’è bisogno di scremare, di escludere da questo novero chi non può salire sul carro delle proteste.” e il metodo per effettuare questa scrematura diventa vedere a chi sta bene un’attacco insensato a bancomat e/o automobili non riesco a capire. Ci ripetiamo da non so quanto che bisogna scardinare il frame violenza/non violenza e poi lo proponiamo come discriminante, solo ribaltato? Se ieri avesssero bruciato l’auto di Draghi sicuramente non serviva a niente ma avrebbe avuto una sua logica, bruciare l’auto di uno che manco sai chi è perchè quella di Draghi non la puoi raggiungere non mi sembra lo abbia.
Da quando, leggendo qui, mi sono convinto dell’ininfluenza di eventuali infiltrati, mi sono chiesto: ma se erano in buona fede, cosa volevano ottenere con un’azione di quel tipo? Certo, se l’obiettivo è togliersi dalle palle “chi non può salire sul carro delle proteste” tutto diventa più chiaro, e sicuramente a questo punto condivido quanto dice @WuMing1 sul fatto che manifestazioni oceaniche così, dati questi presupposti, bisogni ad ogni costo evitarle.
Poi un’altra cosa, dire che “bastava andare a qualche riunione del coordinamento che ha organizzato la manifestazione” non ha senso. Io sono di Torino, da Torino sarà venuto qualche migliaio di persone, come ce le metti ualche migliaio di persone in un coordinamento? Quanto deve durare perchè chi pensa di aver qualcosa da dire abbia la parola per 1 minuto? Io sono partito con l’ingenua convinzione che ci fosse un accordo per una manifestazione di un certo tipo, il motivo per cui ho odiato quelli che hanno spaccato i bancomat è che pensavo stessero facendo una stronzata (lo pensavo e lo penso, ma non è quello il punto), per quello che sapevo, stavano violando un accordo. Ora mi hai detto che questo accordo non esisteva e non ho motivi di dubitarne, ma sono sicuro che a sapere questo nel corteo era una percentuale molto piccola.
Chiedo scusa per il tono, in questo momento non riesco a dire queste cose tenendolo basso.
Penso che ieri c’erano troppe logiche in gioco, troppi avvoltoi pronti a mettere le mani sul movimento e troppi compagni preoccupati solo di prevenire questo, a qualunque costo, anzi spesso con l’intenzione precisa di far abortire subito ogni nuova dimensione di lotta sul nascere. Quello che dice Giacomo è vero: grossi sbagli possono diventare grandi lezioni. Ci sono certamente elementi di ambiguità nei movimenti #Occupy e nelle acampadas in giro per il mondo, questioni che devono essere rielaborate e maturate. In Italia più che altrove. Qui più che altrove è richiesta l’aderenza a punti reali, qui più che altrove c’è bisogno che si occupino anche le fabbriche e non solo le piazze e che si torni a proporre alternative radicali di società. Qui possiamo farlo, qui sappiamo -oggi è ancora più chiaro- che non rivogliamo indietro il sogno americano che non abbiamo mai avuto. Qui le acampadas potrebbero essere qualcosa di molto più forte. Lo spazio e soprattutto il tempo per farlo -per creare la novità- dobbiamo concedercelo.
Non sono riuscito a seguire interamente la discussione qui su Giap, quindi probabilmente ripeterò cose già dette. Abbiate pazienza.
Ero a Roma. Mi viene difficile fare una valutazione precisa della giornata di ieri, giornata molto complessa e piena di contraddizioni. Come tant* trovo sterile la contrapposizione violenti/non violenti e trovo indecente chi la sta evocando in questi giorni. Il problema però non è solo quello di disinnescare ancora una volta la narrazione che usa questa dicotomia. Il problema è capire cosa è successo ieri per provare a tracciare delle prospettive politiche. Mi pare che sia ieri che il 14 dicembre i riots non siano stati opera dei “soliti facinorosi” ma abbiano trovato un certo consenso. Probabilmente ci troviamo difronte ad una composizione sociale molto radicale le cui istanze le “strutture di movimento” non sono in grado di accogliere, nè di organizzzare politicamente verso obiettivi sensibili. Le “strutture di movimento” ieri sono, più o meno volontariamente a mio avviso, scomparse dietro la dimensione del riot senza però riuscire a ben qualificarla politicamente. Non sono state in grado di far emergere un percorso più lungo e aperto della giornata campale, proprio nel momento in cui un sondaggio sky dice che il 90% degli italiani non vuole pagare il debito. Accanto a questa separazione tra composizione e organizzazioni, c’è un’altra questione, quella della separazione tra questa composizione “radicale” (utilizzo questo termine senza però intendere esclusivamente la radicalità nei termini del riot) e il resto della gente scesa in piazza ieri, più vicina a forme di lotta che lo slogan occupy every thing può evocare. Forme di lotta cioè più aperte e aggreganti e forse anche di più lunga durata. La questione è: come si tiene insieme questa complessità? È necessario tenerla insieme oppure no? Io personalmente più che il riot, preferisco i percorsi lunghi, partecipati e aperti (che poi non è detto che escludano a priori il riot: si veda val susa). Però le forme di espressione del conflitto non sempre si scelgono e bisogna sporcarsi le mani con quello che c’è. E per adesso abbiamo il 14 dicembre insieme allo scorso autunno studentesco e il 15 ottobre. È chiaro che la scelta del corteo nazionale favorisce certe pratiche e non altre, ma è davvero solo questo il problema?
errore di battitura “il motivo per cui ho odiato quelli che hanno spaccato i bancomat NON è che pensavo stessero facendo una stronzata”
Si fa anche così, a complicare le cose:
http://gawker.com/5850054/
“la nostra posizione è scomoda. Siamo stranieri in ogni casa. Troppo scrittori per essere militanti politici in senso stretto, troppo politici per chi ci vorrebbe “solo” scrittori; troppo apocalittici per gli integrati, troppo integrati per gli apocalittici; troppo underground per il mainstream, troppo mainstream per l’underground; troppo critici con la rete, troppo fiduciosi nella rete; difensori della violenza agli occhi dei legalitari, visti come nemici da chi vuole solo spaccare tutto… Alla fine, prima o poi ci attaccano tutti. ”
so che vi faccio schifo, per il solo fatto di esistere.
sono un poliziotto.
vedo ciò che accade e mi sento spaccata: metà di qua, metà di là.
è vero, ho scelto un mestiere di merda.
è stata una scelta.
una volta, tanto tanto tempo fa, pensavo che ci volesse più coraggio a tentare di cambiare le cose dall’interno.
poi ho compreso che, se non facevo attenzione, sarebbero state le cose a cambiare me.
ma questi sono miei problemi.
quello che volevo dire è che così non va, non risolverete nulla, non cambierete nulla.
vi stanno aspettando, sanno già cosa accadrà e quando e come, prevedono ogni mossa, anzi l’anticipano.
bisogna inventarsi qualcosa di totalmente nuovo, imprevedibile, mai visto.
bisogna che convinciate i miei colleghi che è più conveniente per loro stare dalla vostra parte,
non è difficile, i tempi sono quasi maturi.
usate la fantasia, invece che le molotov.
un saluto e perdonate l’intrusione.
uno sbirro di merda
gioc
@gioc
“perdonata”, anzi, è interessante (vera o “letteraria” che sia) e altri la commenteranno… Ma che c’entra il virgolettato che riporti con quello che scrivi dopo?
Credo che gioc si senta anche lei straniera in ogni casa. Contemporaneamente mi ha portato alla memoria un post di Bifo di qualche giorno fa, letto su facebook che diceva: “Sono andato dal graduato che aveva l’aria molto giovale. Gli ho detto: si rende conto del fatto che quello che state facendo nonha senso?
Lui mi ha risposto: ha ragione, ho cercato di fermarli ma non rispondono ai miei comandi.
Gli ho chiesto a quali ordini rispondono?
e lui ha detto che no poteva dirmelo.
Gli ho detto: ma si rende conto del fatto che questo potrebbe essere l’inizio, che oggi sono poche centinaia domani potrebbero essere decine di migliaia? Lui ha risposto che se ne rende conto, e ha aggiunto: per il momento sono studenti, quello che mi preoccupa è quando ci saranno gli operai che stanno morendo di fame.
A quel punto l’ho salutato mi sono allontanato.
Credo che dobbiamo intensificare i contatti diretti con questi poveri miserabili.”
la nota, per chi è su fb è questa: Sono andato dal graduato che aveva l’aria molto giovale. Gli ho detto: si rende conto del fatto che quello che state facendo nonha senso?
Lui mi ha risposto: ha ragione, ho cercato di fermarli ma non rispondono ai miei comandi.
Gli ho chiesto a quali ordini rispondono?
e lui ha detto che no poteva dirmelo.
Gli ho detto: ma si rende conto del fatto che questo potrebbe essere l’inizio, che oggi sono poche centinaia domani potrebbero essere decine di migliaia? Lui ha risposto che se ne rende conto, e ha aggiunto: per il momento sono studenti, quello che mi preoccupa è quando ci saranno gli operai che stanno morendo di fame.
A quel punto l’ho salutato mi sono allontanato.
Credo che dobbiamo intensificare i contatti diretti con questi poveri miserabili.
@ Flaccidia
grazie, in effetti nel rileggere mi ero soffermato su altro, senza isolare quell’immagine.
@ Wu Ming
Non credo sia solo questione di esperienza di piazza (dove di sicuro sei più forte tu) o di tagli dell’inquadratura (dove forse ne so più io, dato che faccio il fotografo da vent’anni), quello che intendevo dire è che dalle immagini che fioccano in rete sugli scontri di ieri è pressoché impossibile farsi un’idea precisa di ciò che è accaduto, così come è impossibile a prescindere stabilire un criterio di verità quando non ci si può basare sull’esperienza diretta.
Riguardo al teorema dei “pochi stronzi”, io non mi permetto di dare dello stronzo a nessuno: ritengo soltanto che, tanti o pochi che fossero i rioters, demolire a casaccio il percorso di un corteo, da un punto di vista squisitamente politico, sia abbastanza inutile.
Se poi c’è gente che si diverte così – ripeto – per me facciano pure: alla fine sono loro che se la rischiano (delle mamme col passeggino e delle nonnette francamente non me ne può fregare di meno).
Anche io, come (credo) molti altri partecipanti a questa discussione, stimo essere “tentato omicidio” il costringere intere famiglie a campare con 800 euro al mese, ma è solo che non penso che episodi come quelli successi ieri possano aiutare a far sì che questo smetta di accadere.
Bella discussione, cmq, grazie.
Prima di lasciare il mio primo commento su questo spazio, con cui affino gli artigli del pensiero da ormai parecchio tempo, voglio incidere sullo schermo un *grazie* simbolico ai Wu Ming per la dura battaglia che quotidianamente combattano, nell’immaginario come in strada, nel conscio e dentro l’inconscio.
Quello che seguirà a questa ruffiana :) premessa, non sarà un’analisi soggettiva sul 15 Ottobre italiano, ma alcune considerazioni sparse (forse anche incomprensibili), di cui forse qualcuno non sente il bisogno.
L’eccezionalità della giornata nostrana stava nella moltitudine eterogenea (per usare un eufemismo) delle sigle che erano state centrifugate ieri a Roma.
Comunque la struttura che, a conti fatti, sembrava dovesse sovra-determinare il corteo, coincideva con quell’area politica che si riconosce nel progetto di Uniti per L’Alternativa, che include anche la FIOM.
Il mio non è un agito paranoico, non intendo proiettare colpe e dubbi sull’Altro, però penso che grande è la confusione sotto il cielo, quindi urge una riflessione.
Nessuno l’ha fatto notare, ma questo spezzone, già dopo i primi lenti e disordinati passi del corteo, si è subito frammentato, in un Uno indifferenziato privo di confini.
Poi come si possono lanciare anatemi contro gli incapuciados se non si riescono a gestire nemmeno i soldati delle proprie fila? E ancora: la FIOM si è guardata bene da entrare in piazza San Giovanni, mentre buona parte delle realtà dei centri sociali del Nord-Est si trovava sul luogo del delitto.
Per quanto tempo si vuole rimanere con la testa sotto la sabbia? Io qui vedo forma, senza forza.
Ma ho visto anche, tra i fantasmi “neri”, forza senza forma, quindi penso sia inderogabile, come ha già detto Alessandro, iniziare a pensare su quale oggetto dirigere questa aggressività latente oppure su come sublimarla.
@Wu Ming 1
da non militante e da frustrata sociale, perché è così che mi sento, sono anche io straniera in ogni casa.
Ieri per me è stata una giornata quasi surreale. Rientrare a calci in culo dentro le dinamiche di piazza è difficile. Io mi sono ritrovata impreparata a gestire lo stress e il panico e questa cosa mi manda fuori di testa, oggi. Non so se siano stati i ricordi dei 5 giorni di Genova che albergano infelicemente dentro di me, ma vedere questi efficaci plotoncini in felpa e casco mi ha completamente sconvolto.
Eppure oggi Roma è una città normale, rimangono solo 5 scheletri di auto bruciate per la strada, nessun segno di quello che è successo ieri. E questo rende ancora più difficile tornare sulla terraferma.
Detto ciò, siccome sento sempre più incombente il bisogno di fare e ripensare e non credo ci siano interlocutori validi nel mainstream politico italiano, credo che gli sforzi da fare siano molti e impellenti.
Lo sforzo di comprensione degli eventi di ieri, che a caldo mi avevano scaraventato in piena dicotomia violenza/non violenza, oggi sono riuscita a ridimensionarlo e ho cercato di condividerlo con altre persone come me, non ultima mia madre, sessantenne artigiana, che mi ha detto: “è che in italia non se pò arrivà ad un progetto comune perché tutti hanno la loro ricetta che je pare quella giusta e non se confronta con gli altri ma fanno solo cagnare, è stato sempre così lotta continua faceva cagnare con il manifesto potere operaio con tutti e due…”
A quel punto le ho dato il link di questa discussione, perché lei voleva capire meglio. Credo che qui si siano sviscerate molte problematiche, e vi ringrazio, senza di voi, sarei ancora incazzata nera e frustrata, oggi mi sento pronta per fare passi avanti.
[…] i nostri, i “noi stessi” che ammiriamo, parlare con parole che solo loro capiranno (Wu Ming, fateci capì!); o altri come noi, parte di noi, lanciare slogan dai camion mentre bevono e ballano […]
[…] la penso con alcune sfumature diverse forse, come c’è scritto in qualche passaggio nella discussione fatta dai Wu Ming: nella paglia secca basta una scintilla, consapevolezza che andrebbe sempre tenuta […]
grande discussione. ma forse c’è un equivoco. Intervengo come posso. E’ possibile che i soggetti che in questo momento stanno dibattendo non stiano dalla stessa parte? La questione della prassi, o “dei modi di come si sta nel movimento”, non è affatto secondaria. Se pensiamo di avere degli obiettivi comuni , un orizzonte comune, un’idealità condivisa e poi ci dividiamo sui mezzi, cioè sul come si ritiene di dovere raggiungere l’agognata meta, è questione non da poco. I mezzi, gli strumenti non sono mai neutri. L’uso della violenza condiziona chi la pratica. E’ una costante inesorabile. L’ho vissuto sopra e sotto la mia pelle. Ancora peggio se si ritrovano nella stessa piazza, corteo, etc. soggetti che condividono non orizzonti ma (forse) solo la kritic di ciò che è la realtà presente. Ho la sensazione, infatti, che una corrente non secondaria si agiti nel nostro presente: una forma di neonichilismo che non pensa affatto che sia possibile imprimere una qualche forma di trasformazione allo stato di cose presenti ma che l’unico modo di esserci, di stare nel conflitto, sia l’opportunità di esercitare forme distruttive. Non nego che l’aggressività sia assolutamente naturale e salutare – in talune occasioni – ma non ritengo di volere stare dalla parte di chi la persegue.
Nè mi convincerebbe, qualora persistesse, qualche ritorno al sostrato ideologico, anche quello nichilista, della RAF (non la Royal Air Force ma l’altra…) del “tanto peggio tanto meglio”: spingere lo stato borghese verso forme di repressione insostenibili per potere poi convogliare verso l’insurrezione, la più ampia parte possibile della popolazione.
In questo ragionamento, un pò rabberciato, ho tentato di porre qualche interrogativo e di fare qualche ipotesi. Sono totalmente fuori strada o è possibile che ieri in quel corteo c’era gente che non pensava affatto alle stesse cose?
@franzecke
pero se ci pensi bene quelli che vivono con 800 euro al mese sono proprio quelle mamme e nonnine di cui alla fine non ce ne frega un cazzo. Non tutte, mi auguro per loro. Io per esempio vivo, anzi viviamo in due, con 1300 precarie e 850 di affitto da pagare per un bilocale, e i figli non saprei proprio dove posizionarli. Penso di potermi permettere di essere incazzata visto che vivo sulle spalle dei miei (il famoso welfare familiare) quando non riesco a fatturare abbastanza, il che, anche per una mia scelta opinabile, accade quasi tutti i mesi.
Ma detto questo, (e mi scuso per la parentesi personale triste e inutile) la mia idea è cercare di ripartire da ieri, obbiettivi chiari e analisi degli eventi lucide, possibilità di inclusione anche per chi non si sente parte di avanguardie intellettuali o riottose che siano. Così come comprensione per chi invece ha scelto una strada più estrema.
Eppure oggi sono passata all’assemblea di italian revolution Roma e mi è venuta la solita malinconia della prima volta che sono andata da loro a giugno.
Dove sbaglio?
Che cosa deve accadere in questo paese per condividere almeno degli obiettivi o un “manifesto programmatico”? Perché in tanti ancora non riescono a emanciparsi dal problema silvio berlusconi? (e ieri troppi ce n’erano che ancora parlavano di berlusconi come unico problema…)
Come si passa al livello successivo?
Quali sono le valide alternative alla solita trita manifestazione fiume che non serve a niente?
Occupare case? Occupare palazzi vuoti e liberarli dalla speculazione? Difendere gli sfrattati? Perché ci sono 200mila persone a manifestare in piazza e ci sono 200 persone a difendere una casa occupata? Perché non si comincia a coagularsi intorno ai tanti temi come fossero lo stesso enorme problema da affrontare e cercare di risolvere? Fare una manifestazione, e poi pensare ad altro, a me sembra quasi inutile, oggi più di ieri. (non vale per tutti, ovviamente).
Partiamo dall’ex cinema palazzo, dal teatro valle occupato, ma facciamole diventare zone attive, insieme ad altre, e mettiamoci più in gioco. (lo dico a me prima di tutto).
Iniziamo a fare massa critica.
(Forse ho detto un sacco di banalità).
@ Flaccidia intendevo dire che non mi frega della categoria mamme&nonne all’interno delle dinamiche da corteo, lo so bene che poi sono loro quelle che spesso e volentieri non c’hanno una lira per davvero. Ciao.
Militant, non è vero, dai, e lo sappiamo entrambi.
Per favore, poi di certe cose è complicato scrivere in pubblico, ma l’Italia è piena di gruppi ben precisi che avevano annunciato esplicitamente quello che sarebbe successo, sono arrivati equipaggiati e ora rivendicano altrettanto esplicitamente. Su, non prendiamoci per il culo.
Il “comizietto Pd-idv-Sel” non ci sarebbe stato, e aver rappresentato così il Coordinamento a contribuire a costruire il terreno per ciò che è successo. Per la cronaca, il pezzo studentesco aveva parecchie ideuzze per dare un carattere conflittuale in maniera intelligente e di massa alla giornata, e ciò che è successo gli ha reso assolutamente impossibile farlo.
Paradossalmente, chi per settimane ha detto e scritto che non bisognava fare “la sfilata” da Repubblica a San Giovanni, ma mettere in campo qualcosa di politicamente rilevante, ha trasformato il corteo in una gigantesca sfilata, in cui nessuno aveva la possibilità di fare nulla, in cui le 500 mila persone arrivate da in giro per l’Italia non potevano che camminare guardandosi intorno e provare a portare il culo a casa. Congratulazioni.
Personalmente sono incazzato non perché c’è stato conflitto (ma quale conflitto? Che dato politico esprimeva, se non l’odio tra le diverse aree?), ma perché non è stato permesso a me di farlo, il conflitto.
Il punto è che già nel Coordinamento si era visto che, a parte le realtà studentesche e pochi altri, nessuno aveva interesse a investire realmente sul 15 ottobre come reale processo di partecipazione, ma tutti ne approfittavano per regolamenti di conti tra aree. Ed è questo giochino politicista che ha creato il terreno per quello che è successo in piazza.
Schifo chi fa giochino elettorali sul movimento. Ma chi ne fa di speculari, facendosi scudo di 500 mila persone, mi fa ancora più schifo.
@franzecke ti chiedo scusa ma spiegami meglio. Perché io credo che loro siano le prime a doverci andare, proprio in virtù del loro essere vittime tanto quanto il giovane nichilista arrabbiato col sistema. Però io sono un po’ tarda, davvero… Ciao a te. (non voglio aprire una polemica, giuro.)
Difficile dire aggiungere qualcosa di interessante in una discussione ormai così ampia. Provo ad inserire 2/3 riflessioni da un punto di vista mi rendo colto parziale, ma è ciò di cui cerco di occuparmi, la comunicazione.
1. Mi pare che la DICOTOMIA violenza/nonviolenza non sia l’unica “narrazione tossica” in circolazione. A me pare che quelle, certo’ piu’ sotterranea e “interne”, che dividono tra moderati e radicali, tra efficace e velleitario fino alla vecchia riformisti (borghesi?) e rivoluzionari non siano da meno. Saro’ un recente-nostalgico, ma sono ancora affezionato alle pagine di D&G che mettono in guardia dall'”uno che diventa due”, dall’albero che non fa rizoma… Ma forse le ho capite male. ;-)
2. Sono davvero grato ad Alessandro @militant che ci ha permesso di aggiungere pdv per comprendere meglio le questioni.
E’ gia’ stato detto da RobertoG e masaccio, ma la metto ancora più esplicita: quando arriverà il momento in cui ridiscutere le forme di coordinamento di chi organizza le mobilitazioni? quando si chiederà conto dei risultati e delle trasparenza nelle decisioni della parte organizzata/organizzativa dei movimenti? quando si comincerà a porre pubblicamente la questione di come si costruiscono le decisioni, di come si assicura una partecipazione vera, larga, inclusiva, orizzontale alla costruzione di mobilitazioni/decisioni/movimenti. Quando inizieremo ad abbandonare l’oscurita’ di assemblee e coordinamenti?
E’ affare “DI METODO” complesso e noiosissimo Forse non basta limitarlo ai lodevoli (quanto ripetuti) tirate wuminghiani, ne’ ai commenti di un blog. Era un percorso che mi pare fosse iniziato negli anni del popolo di Seattle e dei Social Forum, ma mi pare ormai perduto, come quella necessita’ di “reti di etereogenità” ormai forse limitato al panorama estetico delle piazze festose…
3. Tra l’altro non sono sicuro che tutto ciò funzionerebbe se il dibattito tra aree politiche sia arrivato a questi termini. Infatti mi pare intravedere DUE METAFORE (due frame se vi va) sul modo di intendere le piazze.
La manifestazione come rappresentazione: allora l’omogeneità (e la reputazione) della piazza deve essere mantenuta. Ogni “fuori coro” rischia di “mettere in ombra” le sue ragioni. E mi spiego (anche) cosi’ la veemenza con cui ieri ho visto urlare “fuori fuori” a signore cinquantenni con Tshirt Fiom quanto ragazzi con kefia contro quei pochi “incappucciati” che rasentavano/risalivano il corteo.
La manifestazione come arena: allora la piazza è uno spazio in cui si confrontano “modalità” e “modi” di starci. In questo campo si misura la visibilita’ delle forme, la forza politica delle scelte quanto la loro (apparente) efficacia. Stante che il predominio della “guerriglia urbana” non e’ dovuto quanto a fattori politici, almeno quanto al mercato delle notizie, alla convenienze della comunicazione politica.
Ma forse è troppo e troppo poco.
Premetto che ieri non ero alla manifestazione, un po’ a malincuore, ma non sono organizzato. La mia prima impressione è che lo spezzone di dietro, che ho seguito dai tweet del Valle Occupato, abbia fatto una bella manifestazione, bella come molti sognavano che sarebbe stata. A saperlo sarei andato con loro.
La mia seconda impressione, un po’ più focalizzata, è che il significato di questa manifestazione era paragonabile (anche se non uguale) a quello di una manifestazione contro la mafia. Sia chiaro che io odio la mafia: toglie il futuro ai giovani, crea disuguaglianze, servitù… non c’è limite alla violenza che troverei giustificabile nei confronti dei mafiosi, specialmente contro quelli che operano nella legalità. Però non troverei “appropriato” incendiare macchine nel contesto di una manifestazione contro la mafia. Lo troverei stonato, fuori luogo… anche se non saprei dire esattamente perché.
Forse il fatto che alla manifestazione si parlasse di debito e di politiche economiche rende certe azioni più appropriate (per chiarezza, non mi riferisco ad azioni in difesa del corteo o della piazza, che non hanno bisogno di giustificazione, ma ad azioni di carattere più gratuito, “non sollecitate”). Ma perché più appropriate? Forse perché questo sistema non è riformabile? Mah, secondo me la maggior parte dei manifestanti era dell’idea che una tassa sui redditi di qua, un servizio sociale di là, meno sprechi e meno corruzione sono obiettivi raggiungibili e che ci faranno stare meglio, e non credo che qualcuno abbia maturato idee diverse grazie agli scontri.
Ho l’impressione che a giustificare quei comportamenti sia soprattutto il frame nichilistico sui giovani che non hanno futuro, che ho letto anche in qualche commento qui. A me fa questo frame fa schifo, ma riconosco che alla fine torna buono anche per quelli meno giovani, come me, per starsene a casa.
Insomma non condanno nessun comportamento, anche se alcuni mi sembrano controproducenti. Ma ne ho piene le tasche delle giustificazioni basate sul nichilismo. La rabbia ce l’hanno tutti, solo un idiota non capisce che viviamo in un sistema che seleziona leader sociopatici, ma statisticamente un futuro ce l’hanno tutti, si tratta “solo” di determinare chi avrà il potere di decidere del futuro degli altri.
(e grazie ai WM per questo bello spazio!)
Mi sono sfasciato la testa tutta la notte e anche il giorno in forma zombie per cercare di portare un qualcosa di propositivo e nuovo in questa discussione: qualcosa che contribuisca a non ripetere gli errori. A fare passi avanti. Ecco l’ideuzza, forse già detta ma iuvant.
Dato: non abbiamo controllo sui media. Se sfruttassimo il frame reazionario a nostro vantaggio?
Parto da una considerazione, tenendo presente il punto di vista “uomo della strada” che ho avuto sotto gli occhi: le scene violente viste nei giorni precedenti il 15 NON avevano raccolto altro che simpatia. Attaccano la Borsa? Si è presa il mio lavoro. L’ufficio pignoramenti? Va da sé. Il ministero del Tesoro? dopo questa finanziaria… Goldman Sachs? Primo responsabile della crisi. Sapevi che Draghi ne faceva parte? e Prodi? e la BCE? Sguardi attoniti, cervelli al lavoro, glielo leggi negli occhi: “MI HANNO PRESO PER IL CULO”.
Io vedo un potenziale enorme di incazzatura. Potente perchè finalmente vede dentro il meccanismo della democazzìa. Ma oscurato dalle scene mostrate ieri… Vetrine (di chi? boh!) Macchine (la tivvì ha mostrato utilitarie bruciate, la mia 600 sarà in pericolo?) Blindati in fiamme (li ho pagati con le mie tasse!) Polizia attaccata (il cugino di zia esmeralda si è arruolato perchè non c’è fatìa, mica gli piace).
Arrivo alla proposta concreta. Usiamo la fantasia, l’arte, le tende, i flesh mob e tutto quello che fa notizia additando in modo chiaro e inoscurabile i bastardi colpevoli. E usiamo il mega evento, mostrando agli incazzati a casa in provincia che non sono soli, sono tanti e pesanti. E la violenza che abbiamo dentro, che rischia di uscire oscurando l’evento?
Usiamola intelligentemente.
C’è la manifestazione a Roma? Si temono disordini a Roma, città militarizzata? Zitti zitti quelli che vogliono menare vanno organizzati a Milano e sfasciano la Borsa. Si vengono a sapere entrambe le cose? Due ore prima si fa mordere il freno a Milano e Roma, calma compagni stasera in tivì ne vedrete delle belle. Duecento incazzati a sorpresa fanno a pezzi la Banca d’Italia filiale di Bologna. Un’agenzia delle entrate a Lecce. Una sede rai di Palermo.
A sera il frame va in onda. “Pacifiche manifestazioni a Roma e Milano contro il capitalismo e lo sfruttamento, la polizia carica chi cercava di forzare il blocco a volto scoperto”. Servizio da Bari: “alcuni violenti senza sigle attaccano il convegno dell’Adam Smith Institute, polizia disorganizzata, relatori dipinti di blu con penne di pavone ficcate nel culo”.
Simpatia dall’uomo comune che comincia a capire, consensi di gandhiani e violentissimi, idee trasmesse, polizia scornata, la prossima settimana saremo di più.
Che ne pensate?
mi trovo assolutamente d’accordo con il commento di @masaccio
nel frattempo si guarda con tristezza il tg di prima serata de la7, un altro pezzo di informazione che va a farsi fottere, che preferisce lo scandalo all’informazione
le persone faticano davvero ad accettare le realtà complesse.
due elementi: il primo, corteo nazionale inadeguato, meglio tante piccole azioni – violente o non violente – dislocate in tutte le città secondo modalità differenti; secondo, utilizzare il corteo di ieri per compiere azioni violente non è prendersi delle responsabilità, è farsi scudo della manifestazione ufficiale, è vigliacco. è fare il gioco di polizia e politica. il blocco nero non credo ragioni così, almeno a leggere la prassi teorica.
Linko il comunicato dei No-Tav (cioè di quanti le lotte le fanno) sulla giornata di ieri: http://www.notav.info/news/video-dello-spezzone-no-tav-a-roma-1510/
Noi lo condividiamo in pieno e crediamo che la sua diffusione sia molto importante: scardina pienamente la contrapposizione buoni vs. cattivi che è la stessa, del resto, di cui sono stati vittime.
Non entro nel merito delle questioni sopra perchè sono arrivata solo alla metà della seconda pagina nella lettura dei commenti. Mi sono fermata dopo il commento sessista (sì, sessista) secondo cui “le donne non lo avrebbero fatto”: non me ne vogliate, ma non me la sono sentita di andare avanti. Avevo letto, fin lì, commenti che, per quanto contrastanti, erano basati sulla realtà, non su posizioni ideologiche (proprio nel senso di “falsa coscienza”) prive di senso e soprattutto prive di appigli nella realtà, perchè le compagne – vivaddio – fanno le stesse identiche cose che fanno i compagni. Ergo, le compagne militanti nei gruppi che sono stati in un certo modo in piazza o che condividono certe idee sono state in piazza, accanto ai loro compagni uomini, come i loro compagni uomini. Come, del resto, fanno/facciamo in ogni occasione.
E, comunque, i compagni sono “uomini”, i “maschi” ce li hanno gli animali.
Ile – Collettivo Militant
@rapa
Idee. Idee nuove. Questo modo di ragionare. Innovazioni di frame. Sperimentazioni.
E questo che serve.
Il punto però è proprio quanto nuove idee possano farsi strade nelle attuali procedure di coordinamento. Fin quando riesco a sopportarle, le assemblee non sono spazio per far emergere proposte e suggestioni.
Questo tipo gestione creativa degli eventi appare normale in altri luoghi, qui rimane iniziativa di piccoli gruppi, non diventa mai discorso strategico.
Non credo sia una caso.
(e mi pare di rivivere un posto e un piccolo confronto con JacopoFo sul tema, ma temo che sia troppo old fashion per questo contesto)
http://t.co/6VdQt7S
Tornando un attimo sul frame violenti-non violenti;che cos’è la non violenza??come tutti sapranno questa pratica nasce in india in occasione della liberazione dal dominio inglese;sembra però sfuggire alla coscienza comune in che cosa consistesse questa pratica;la violenza non è affatto accantonata,come spesso avviene in modo infantile qua in italia con frasi pseudomoraliste “non ci dovrebbe essere nessuna violenza”ad es,dagli indiani guidati da gandhi ,al contrario partono dal presupposto che è parte della realtà che si trovano a vivere(di sicuro è più facile identificare la violenza con le bastonate degli inglesi che con lettere anonime provenienti da francoforte,ma la violenza è presente in tutti e due i contesti..);partendo dal presupposto della presenza della violenza nella loro realtà,la decisione di gandhi di non praticarla ma di subirla;i manifestanti andavano con le mani alzate a farsi picchiare dall’esercito britannico sperando di scatenare(semplifico di brutto)il disgusto e la nausea dei soldati verso se stessi;un “semplice”modo di manifestare che prevedeva comunque un’azione per quanto subita.
Questa pratica è distante anni luce dalla sua trasformazione e dal suo sviluppo recenti;mi chiedo,in altre parole se sia sufficiente in una situazione come quella attuale di violento attacco ai nostri diritti una sfilata colorata ed allegra..
per finire una piccola storia che ho sentito una volta..un giorno la papera di un signore impazzì e si mise ad uccidere altri paperotti;questo signore era un animalista convinto e ripugnava la sua coscienza uccidere l’anatra impazzita;un suo conoscente andato per caso a trovarlo gli fece notare che la sua inazione(mancata uccisione della papera) era colpevole quanto l’uccisione perchè così permetteva alla papera impazzita di continuare a uccidere i suoi simili.
Un’ultima piccola frase..cito a memoria dall’intervista di Emanuela audisio a Diego Armando Maradona(che a mio parere era 10.000 volte meglio di pelè);”diego cosa ne pensi della violenza nel calcio?”risposta:”guardati intorno è la vita ad essere violenta non il calcio”;
saluti a tutti
@Collettivo Militant
hai linkato il comunicato di un comitato notav . Probabilmente il più grosso, sicuramente uno di quelli con cui sono più spesso daccordo, ma non il movimento notav.
@marcello
Io ieri ho fatto gran parte del corteo con quelli del Valle, per cui sicuramente non ho nulla contro di loro, ma da quel punto di vista (inteso proprio come posizione fisica all’interno del corteo) si aveva una visione sicuramente diversa da quella di chi invece era davanti, come tanti hanno scritto qui. Ieri sera per esempio ho trovato molto bello che alla fine di un lungo giro si andasse con un corteo ancora numeroso a piazza S.Giovanni, dove era previsto che si andasse e non si era in un primo momento riusciti ad arrivare, e ancora di più che ci si arrivasse con gente che applaudiva e incitava dai balconi, onestamente in quei momenti mi sembrava che alla fine avessimo vinto. Dopo aver visto e letto di com’era andata in altri punti del corteo non la penso più così. Forse a quel punto continuare con quel corteo era comunque la cosa migliore, ma non mi sembra una vittoria
Intanto chiedo venia per la “sfida” lanciata ai WM e a tutt* circa l’aspettarsi o no che le cose sarebbero andate così. Era una sfida puramente retorica (della serie: lo so bene che lo sapete, che ve lo dico a fare?).
Precisato ciò, quel che resta setacciando commenti e reazioni – ma anche cronache più o meno di parte e notizie sparse – è la sensazione di una profonda inadeguatezza della risposta rispetto alla domanda. E anche il fastidioso sospetto di un grosso assist fatto agli assetti di potere che in questi stessi giorni in Italia stanno cercando di ritrovare un equilibrio (meglio cacciare Berlusconi o tenerlo ancora un po’? meglio far gestire le lacrime e il sangue a venire dai vari Bersani e compagnia di giro o mettere su qualcosa di diverso? default o non default: cosa ci garantisce meglio sul fatto che tutto cambi perché nulla cambi? e via elaborando). L’Italia è sempre un po’ un luogo di esperimenti politici, e a me interessa soprattutto per questo, non certo perché sia condizionato da uno sguardo patologicamente italocentrico (per questioni politiche e anche… geografiche, questo è un errore in cui non incorro facilmente).
La polpa delle discussioni si trova più nei dubbi e nelle domande inevase che nelle opinioni consolidate e già formalizzate, mi pare.
La questione di fondo è che manifestazioni come quelle di ieri, anche laddove siano “riuscite” (quindi, non in Italia), non sembrano avere in sé il potenziale per fondare un discorso alternativo a quello attualmente egemonico.
Le questioni di merito e di metodo, poi, sono tutte aperte.
Certo che il frame concettuale violenza/nonviolenza è del tutto tossico, in un contesto del genere. È chiaro. Ma anche i tentativi di giustificare la violenza lo sono. Mi piacciono certe cose che ha scritto Alessandro del Collettivo Militant, perché hanno il dono della limpidezza (cosa di cui lo ringrazio), ma non le trovo affatto convincenti. Almeno, non tutte, non quelle che si presentano come visione ad ampio raggio. Mi piacerebbe dunque un confronto su questo tema. Non sull’opposizione troppo comoda violenza/nonviolenza ma sulla questione generale della violenza come strumento di lotta politica. Sul suo significato, innanzi tutto. E poi sulla sua efficacia, anche come preteso momento di rottura che dovrebbe consentire di fondare un nuovo modello di società.
E mi piacerebbe anche che si entrasse di più nella questione pratica delle forme di organizzazione politica.
@collettivo militant e tiburzi
abbiamo capito che la distinzione è falsa e stupida e interessata ecc. ecc. come ha detto benissimo il saggio wu ming. Però i miei però tattici (non strategici) restano.
Detto ciò, ho provato subito sopra a utilizzare i concetti
-la violenza c’è, ci deve essere, non ci si può far nulla… e
-i frame informativi su cui non abbiamo il controllo riproporranno questa dicotomia sempre e comunque…
in un’idea un pò diversa. Ti prego di leggerla e dire che ne pensi perchè è proprio TE che voglio influenzare in primis ed è in primis la TUA opinione che mi interessa.
@mimmo
chi entrava nella piazza vedeva un blindato con l’idrante speronare il camion di cgil e sparare l’acqua sui cobas, vedeva compagne e compagni che scappavano dai caroselli. non credo che il gesto di difendere la piazza sia una sconfitta politica, è stato un modo di difendere tutte le anime che c’erano dentro, anche quelle di chi ha deciso di non starci alla violenza e tornarsene a casa. gesto, anch’esso, di valore politico.
confondere san giovanni coi fatti a margine del corteo è un errore d’analisi troppo grossolano, due ragazzi sono in coma, dopo una guerriglia del genere, dopo che sistematicamente le forze dell’ordine hanno lasciato fare ai gruppetti il loro comodo per poi ingaggiare battaglia col corteo, dopo che sono stati arrestati in dodici non c’è uno straccio di politico che abbia chiesto a Maroni le scuse per l’inettitudine (certamente intenzionale) e le dimissioni immediate. Questo modo manicheo di raccontare la rabbia è un favore molto più grosso della violenza di piazza che si fa al potere, anche solo accettandolo come modo di ragionare sugli eventi. Intendo che in san giovanni non c’erano migliaia di black block (che, ripeto, non vuol dire niente), c’erano persone come me e te.
Nel giorno dei puffi indignati c’e’ un altro Perdente
scusate se ho usato il termine puffi, ma mi diverte l’idea dei manifestanti pacifici allegri e creativi e l’ho messo li’ ruffianamente per richiamare l’attenzione
in realta’ grande rispetto…
seriamente, parlando con un paio di compagni oggi m’e’ uscito che chi esce con le ossa rotte dalla giornata di ieri e’ il Movimento. Non il movimento degli indignati che ha le caratteristiche tipiche di tutti i movimenti, nel bene e nel male, di essere molteplice, destrutturato, ingenuo e approssimato, raccoglitore di entita’ e identita’, cani sciolti e piccole organizzazioni etc etc
intendo quello che storicamente da 40 anni si autodefinisce Movimento e che c’e’ anche quando i movimenti veri rifluiscono e scompaiono. Per capirci quella che si puo definire l’area dell’autogestione, dei centri sociali, dei sindacati di base, dei collettivi, dell’estrema sinistra. La scena romana dopo la giornata di ieri ne uscira’ a pezzi con crepe (che gia’ c’erano) che diventeranno crepacci e con regolamenti di conti in sospeso che sbricioleranno le relazioni politiche e personali tra compagni di un territorio importantente come quello della capitale che forse aveva bisogno di tuttaltro… e questo avra’ ripercussioni certe anche sul Movimento anche a livello nazionale casa che rendera’ ovviamente sempre piu’ difficile elaborare strategie comuni, campagne su obiettivi condivisi, riflessioni collettive etc, etc…
Qualcuno potrebbe pensare anche che i vecchi arnesi dell’antagonismo autogestionario abbiano fatto il loro tempo e che sia ormai anche il momento che si ritirino nelle loro cittadelle autoreferenziali smettendola di fare danni tra i nuovi movimenti, e forse un po’ di senso c’e’ in queste considerazioni, dato il carico di conflittualita’ interna, di frazionismo, nei metodi, nei meriti e in tutto il resto, che son riusciti a dimostrare in questi otto lustri.
Poi pero’ va considerato che invece non si puo fare a meno di questi compagni, che a volte son rincoglioniti gia’ a vent’anni, che son militonti, che sembra che faccian piu danni che utile. Non si puo fare a meno di loro perche’ quando i movimenti rifluiscono poi restano loro a gestire gli spazi sociali, a seguire le vertenze sui posti di lavoro, a supportare i migranti e la gente nei quartieri che non saprebbe dove andare a sbattere. Ma anche a spiegare agli studenti, ai nuovi movimenti, che “ne rossi ne neri ma liberi pensieri” e’ una cazzata immane, che non e’ e non sara mai il caso di applaudire alla polizia, che del pd non c’e’ da fidarsi, che i computer vanno usati in un certo modo e non come diceva jobs, che nelle manifestazioni puo succedere che cerchino di gonfiarti di mazzate, e tutta una serie di cose legate alla memoria storica e all’esperienza.
L’ultima cazzata che leggo ora e’ “denunciamo i black block attraverso facebook”.
brividi lungo la schiena – orwell si rivolta nella tomba
Comunque nel bilancio di ieri va messo questo: il Movimento ne esce abbastanza a pezzi ed e’ un peccato, perche’ senza il Movimento, il movimento in italia oggi (e dieci anni fa a genova) non sarebbe stato il piu ampio al mondo, per numeri e partecipazione.
ps
avevo considerato anch’io come fosse molto “maschio”, testosteronico, lo scontro di ieri. Cosi come e’ sempre molto “marziale” la descrizione: cariche conquista respingimento contrattacco ritirata schieramento arsenale ,… poi le divise, come i colori delle bande; l’insieme in effetti pare molto piu’ appartenente all’immaginario maschile
e poi e’ stato alessandro @militant a scivere non a caso: …Senza sbocco politico, da qui in avanti tutte le manifestazioni saranno di questo tipo, stile nord-europeo, silenzio per 364 giorni l’anno ed EIACULAZIONE conflittuale nella giornata evento.
http://www.contropiano.org/it/archivio-news/item/4061-bolognamentre-roma-brucia-i-fascisti-si-prendono-la-piazza
@Ile di Militant: se quando riporti la frase “le donne non lo avrebbero fatto” ti riferisci al mio commento…guarda che io dicevo esattamente l’opposto
@federico86: scusa ma la notizia dei due ragazzi in coma da dove la ricavi? Io non ho letto ne sentito nulla a riguardo. Né sulla stampa mainstream né sugli organi di informazione di movimento. Se è una notizia confermata per favore metti a disposizione la fonte. Se no si generano voci che poi perdono il controllo
In ogni caso va registrata, tra le varie cose, la comprensione di Draghi verso le ragioni della rabbia: “se siamo arrabbiati noi” dice “figuratevi dei ventenni”.
Molto probabilmente userà il pretesto di questa rabbia per indorare le manovre “lacrime e sangue” che a molti sembreranno così una panacea tutto sommato accettabile di fronte al pericolo di una nuova stagione “di piombo”.
Se ieri poteva nascere un’area critica verso il capitalismo, lontana dai partiti e capace di dare vita a nuove radicalità, domani questa possibilità appare più distante.
Resta da vedere se sarà possibile consegnare questa rabbia al percorso politico che si auspica militant o se questa rabbia non verrà attratta dalle sirene del neofascismo e dalle sue comode semplificazioni. Il pericolo, già ampiamente riconosciuto, è proprio questo.
Sempre che di rabbia spontanea si tratti, cosa che mi pare vera solo fino ad un certo punto.
Saluti a tutt@
ringrazio i Wu Ming per il loro lavoro di scrittori e di intellettuali con il culo per strada, ultimo ma non ultimo, per la disponibilità di questo spazio. Non fatevi ingannare dal mio soprannome, conosco bene le realtà Italiane avendo vissuto tra Roma e Atene da quasi vent’anni, prima come studente e poi per lavoro e ancora per questioni familiari. Intervengo per la prima volta in questo spazio per fare due considerazioni:
1) sono d’accordo con quello che dice mimmo, inter alios; ieri quella piazza l’hanno tolta alle centinaia di migliaia di persone che volevano arrivarci. eccoci qua allora di nuovo ai nastri di partenza, atti a discutere per raccogliere i cocci dell’ennesima sconfitta… il parallelo sta largo, ma per ciò che riguarda la mia generazione ricordo che tutti i fermenti che sono maturati dalla pantera in poi, attraverso l’opposizione alla guerra in jugoslavia e altre battaglie di civiltà e sono sfociati a Genova 2001 si sono fermati di colpo con l’11 sett. e abbiamo dovuto ripartire da zero. Ma serve o no continuità per la costruzione di un nuovo ordine mondiale? di sicuro mille persone che tirano dalla giacchetta un corteo di trecentomila per farne carne da porco non serve a questo, serve solo alla polizia per giustificare la sua esistenza. Da ultimo, non vorrei ripetere quanto è stato detto sulla necessità di un servizio d’ordine, che sottoscrivo.
2) ci sono molte persone la fuori che, come me, pensano, per esempio, che le banche abbiano una loro funzione sociale nel periodo storico che stiamo vivendo e che a nulla serva spaccare il bancomat e la vetrina o darle fuoco (non voglio ricordare quello che è successo ad Atene) ma piuttosto bisogna pianificare, ragionare e decidere su come e con quali strumenti riformarle. Credo che sia più sensato perseguire questo obiettivo piuttosto che darle fuoco.
(ANSA) – ROMA, 16 OTT – Spranghe, maschere antigas e armi per la guerriglia urbana tra le mani di giovani sotto i 30 anni o addirittura liceali. A scatenare l’apocalisse ieri nella Capitale durante il corteo degli Indignati sono stati, soprattutto, donne e minorenni: i 12 arrestati sono tutti sotto i trenta anni; tra gli otto denunciati i minorenni sono sei. Tra loro anche quattro donne. Gli arrestati verranno interrogati entro mercoledì: per loro la Procura di Roma esclude l’aggravante terrorismo.
@orwell_undead
Esiste anche l’eiaculazione femminile, in gergo si chiama squirting ed è accomagnata da un orgasmo molto più potente di quello “tradizionale”.
Detto questo, una donna che dice che “le donne non lo avrebbero fatto” per me fa un’affermazione uguale e contraria a quella di quanti dicono “le donne non lo possono fare, andate dietro, fateci da crocerossine, cospargeteci di olio dopo la battaglia”. Visto che io non faccio politica in base a quello che ho tra le gambe, ma in base a quello che ritengo giusto o non giusto fare, dire che le donne non lo farebbero non ha senso: lo fanno, lo hanno sempre fatto. E, finalmente, oggi nessuno (o quasi) ci dice che non possiamo, che siamo il sesso debole, che ci facciamo male, che siamo di intralcio. Non ce lo dicono più gli uomini, mi fa imbestialire che lo dicano le donne.
Ile – Collettivo Militant
@Adrianaaaa
No, ma parlavi di deliri identitari di maschi e altre cose del genere. Che è proprio come dire – anche se lo neghi – che le donne sono diverse. Il che mi offende, come donna e come compagna. Visto che tra l’altro nessuno a me mi mette lì per poter dire “ci sono anche le donne”, nè sono un maschio in preda a deliri identitari (!!). E offendi anche i compagni, che sono uomini e non maschi, che non delirano (non tutti), che non sono reazionari, che non vedono l’ora di menar mani tanto per farlo (perchè, oltre a non essere maschi, non sono neanche dei matti scatenati).
L’ansa postata da wuming1 è esemplificativa… ;)
[…] Source of these comments here. […]
l’ansa di wuming conferma un vecchio assunto che sostiene che quando ne hanno l’occasione i celerini preferiscono picchiar le donne …
Ile, ma i “deliri identitari” noi maschi ce li abbiamo eccome :-) Al di là del tuo dissenso specifico con Adrianaaaa sulla lettura dei fatti di ieri, e a prescindere totalmente dai fatti di ieri (parlo in generale, insomma), i deliri maschili è importante riconoscerli e analizzarli, perché interagiscono con altre relazioni di potere e coi rapporti di classe, e questo interagire produce risultati concreti. Un certo delirio maschile è uno dei fondamenti della mentalità fascista. In calce alla recensione del libro di Gentili, qui su Giap, si sono fatte alcune considerazioni in questo senso, io ho citato – come al solito – Klaus Theweleit etc.
Questo – lo dico da maschio-di-merda – resta un terreno fondamentale su cui esercitare la critica radicale. Io, per dire, ho costante bisogno di donne che mi costringano a guardarmi da fuori, che arginino il mio delirio, che mi smuovano continuamente dall’alveolo in cui senza il loro aiuto tornerei ad adagiarmi, per pigrizia, per automatismo, per l’eredità di millenni di potere patriarcale. La mia compagna mi assesta ogni tanto formidabili calci all’ego, e io di questo la ringrazio. Senza questa “critica pratica”, sarei una stupida bestia. Chi mi conosceva quand’ero single e giovincello, sa che ero una stupida bestia.
ciao rapa
per prima cosa voglio dire che sono molto d’accordo con te sul punto della “democazzia”;in questi giorni anche persone normali(con coscienze politiche formate e influenzate dai media televisivi) hanno per la prima volta iniziato a masticare concetti che mettono in evidenza i limiti della democrazia;è anche evidente che la manifestazione di ieri costituisce un piccolo passo indietro da questo punto di vista.
la tua idea di differenziare le manifestazioni nelle varie città è buona e mette in pratica quello che i wu ming vanno dicendo da tempo sull’inutilità delle giornate campali(chiaramente i wu ming non hanno mai detto di incendiare banche ecc..).
però,c’è un però che mi ronza in testa,e riguarda il modo della sinistra di rapportarsi a queste esplosioni incontrollate di rabbia;emerge un certo moralismo stanco nell’indicare i modi in cui la gente deve stare in piazza;il punto è che la rabbia sociale continua a crescere e altre manifestazioni(con annesse esplosioni di violenza) si succederanno in futuro;se continuano le condanne,le esclusioni di chi aspetta una rivolta sociale pura, nei confronti di questa rabbia ,gli stessi giovani che erano in piazza ieri(mi riferisco in particolare alle facce senza barba di alcuni ragazzini con i caschi,più in generale quelli nati nel 30ennio della fine della politica,del nè di destra nè di sinistra)potrebbero iniziare a prestare ascolto ad altre “voci”;tra l’altro sono stati avvistati anche loro in piazza ieri da quanto leggo.
Serge Quadruppani e Sergio Bianchi (http://www.deriveapprodi.org/2011/10/1-e-99/):
«Inferno» (Corriere.it), «Terrore» (Repubblica.it), «Guerriglia» (vanno in loop sulle televisioni): il giornalismo si scava la fossa da solo a forza di forzare le parole. Non c’era neanche bisogno di esserci per le strade di Roma, bastava guardare le immagini e ascoltare qualche briciola di informazione presa da quella massa di affermazioni puramente ideologiche proferite dai commentatori: qualche auto bruciata, un furgone dei carabinieri e dei locali in disuso del ministero della Difesa incendiati, vetrine di banche scassate, una madonnina di Lourdes in gesso scagliata sul selciato… duemila persone (probabilmente meno) manifestano la loro rabbia contro questo mondo.
Quale che sia il giudizio politico espresso su queste pratiche, non si capisce perché l’importanza e il significato di una manifestazione di oltre duecentomila persone debbano essere intaccate dall’1% dei suoi partecipanti.
In realtà, il senso di questa manifestazione può essere rimesso in discussione solo in quelle menti soggiogate alle immagini dei media dominanti. I manifestanti possono stare tranquilli: è un giogo che tende a scomparire. E la prova sta proprio nella loro presenza nelle strade di Roma. Perché non siamo forse di fronte a quegli stessi media che hanno continuato a ripetere che non c’era altra strada da quella dei diktat dei mercati finanziari?
Apparentemente, è la coscienza della propria potenza a mancare di più al movimento in corso. Quando si deciderà a dire «ce ne freghiamo dei media dominanti, quello che conta sono i nostri strumenti di comunicazione, sviluppiamoli», piuttosto che continuare a preoccuparsi della propria «buona immagine mediatica»?
Quello che più di tutto ci sembra confondere il messaggio di cui la manifestazione era portatrice è il comportamento di un’altra minoranza, ben più nefasta ma fortunatamente infima, che avrebbe consegnato alle forze dell’ordine dei presunti casseurs.
Le litanie sullo statuto della manifestazione che sarebbe stato stravolto dalla violenza finiscono così col ricongiungersi alle pratiche di manifestanti che si trasformano in poliziotti ausiliari, in una stupefacente complicità con due istituzioni – i media dominanti e la polizia – che sono i due principali pilastri di un sistema che permette all’1% di governare sul restante 99%.
@ Ile – Collettivo Militant
Da quando in qua l’Ansa è diventata una fonte attendibile negli ambienti dell’Autonomia?
Come nota orwell-undead, il motivo per cui fra i 12 arrestati ci sono 4 donne è, con tutta probabilità, che i reparti mobili hanno “nel sangue” una notoria misoginia di stampo fascista, e appena possono se la prendono con una ferocia animale con donne e ragazze di sinistra… e a questo proposito si potrebbero citare decine di episodi.
Il motivo per cui sono così tanti minorenni, invece, secondo me è chiaro; e va detto, anche se con questo forse mi tirerò dietro antipatie su antipatie. Mi interessa poco; quello che ho visto *di persona* riguardo a questo fatto preciso, per quanto circoscritto e limitato nei modi e nei tempi, mi basta.
Il fatto in questione è semplice: non poche delle realtà che lavorano per costruire dinamiche di questo genere sono animate da quaranta-cinquantenni che reclutano “manovalanza” fra i ragazzi giovanissimi, plasmandoli come tanti piccoli ultras della rivoluzione, anziché offrendo loro una seria formazione politica, o un sostegno pragmatico alle loro lotte concrete nei luoghi di studio.
Un po’ di autocritica su quest’ultimo punto – che probabilmente sarà trattato da molti come una specie di tabù – magari potrebbe essere salutare.
@ WM1
Neppure io so con cosa sono d’accordo di quello che dico. In questo senso “so che mi pentirò amaramente di quel post”.
Credersi “libertari” e scoprirsi praticamente “bolscevichi” (meglio: vivere nel paraddosso totale di sentirsi al contempo “libertari” nei fini e “bolscevichi” nei mezzi) non è una cosa con cui sia tanto facile fare i conti… anche se forse pure questo è solo un segno dei tempi.
Ma mi sembra che molte delle mie perplessità siano condivise da altri. Anche altri, prima o dopo di me, hanno parlato della mancanza di un soggetto politico in grado di dare unità alla lotta (a fronte dell’attuale polverizzazione autolesionista) e altri hanno stigmatizzato l’assenza di organizzazione.
Quindi la questione è: se vogliamo che la lotta sia efficace, non è vitale, in un momento come questo, porre di nuovo con forza certe *necessità*?
@ [scusate ma non ricordo esattamente chi, troppi i commenti interessanti da leggere e troppi gli autori]
Sì. La responsabilità di quello che è successo ieri è stata anche di quelle aree del movimento che hanno fin da subito marcato la loro “differenza specifica” nei termini della non-violenza. Ponendosi come i giusti e puri, feticizzando le loro dinamiche “dal basso” e pescando nel torbido del polpettone qualunquista rigurgitato da stampa e senso comune, si sono chiusi nelle loro dinamiche anziché tentare di *costruire* e organizzare, in sinergia con altre realtà, un soggetto politico capace di offrire un’alternativa forte.
In questo modo, hanno servito su un piatto d’argento l’occasione alla loro “nemesi violenta” l’occasione di distruggere (e senza neppure troppa fatica) la loro tanto attesa “giornata mondiale”.
Interessantissimo dibattito e sottoscrivo in toto l’analisi di WuMing1 sulla inutilità dell’eventone finale. Premetto che sono un semplice spettatore, anzi una “fichetta borghese”, ma vorrei ribattere tre cose in totale incoscienza a chi straparla di frame, mass media e inevitabilità della violenza.
1) Prima ancora di narrazione e contronarrazione bisognerebbe interrogarsi sugli strumenti della narrazione di questo movimento. Un movimento, o presunto tale, che si racconta e si incontra principalmente su Youtube, Twitter, WordPress e persino Facebook in un paese come l’Italia, dove la libertà di riunione non è seriamente messa in discussione, finisce per fare la figura del Bimbominkia Rivoluzionario. Altro che nonne che danno il tè ai poliziotti. La cosa più ridicola in assoluto sono i maoisti di ritorno che twittano sul cellulare costruito dagli schiavi cinesi la propria indignazione per la precarietà dei giovani italiani.
2) Chissà perché in queste presunte rivoluzioni di piazza mancano – o sono estremamente minoritari – quelli che in questo paese si fanno veramente il culo e sono venuti per lavorare, e cioè gli extracomunitari, gli immigrati e simili.
3) Le forze dell’ordine non sono mica tutti fascisti e guardie incazzose. La maggior parte sono poveri diavoli che lavorano, veri proletari, altro che. Gente con bambini e famiglie che subisce la crisi quanto e più di chi era in piazza a incendiare camionette. Senza un percorso di comprensione delle ragioni di chi sta dall’altra parte non si può che radicalizzare lo scontro in maniera insensata e partire sconfitti in partenza sul piano militare.
Purtroppo mi rendo conto che è sempre la stessa storia: sulla sconfitta di tutto il movimento capi e capetti della sinistra antagonista italiana hanno da sempre costruito le proprie vittorie personali. Ci si rivede fra 20 o 30 anni, sono sicuro di trovarvi sistemati in Rai o in qualche ministero, magari di una repubblica rivoluzionaria.
Riforme ci vogliono, altro che la rivoluzione.
Alzo il ditino, ho bisogno di capire, le mie sono domande, non affermazioni, non spreco i punti interrogativi a fini retorici.
Ma prima vi ringrazio per queste pagine, di cui avevo bisogno dopo due giorni trascorsi in compagnia di una sensazione di disagio, perché qualcosa non mi quadra, ma non so cos’é – e non lo so ancora.
Passata una certa misura ci si fa proprio schifo ad aver ragione, a ripetere, quasi sembrassero intuizioni, cose prevedibili, prevedibilissime, cose già accadute un secondo prima di accadere. Non é lungimiranza.
Ci si fa schifo soprattutto se, come me, sei solo un thursday’s child, fuori luogo anche dentro i tuoi pensieri.
Ci si fa schifo perché non si vorrebbe aver ragione, questa ragione che non ha né valenza analitica, né impatto politico.
Questa stupida premessa per sottolineare che le mie sono davvero domande, domande che girano attorno a me come mosche attorno alla merda (e sono domande a voi, non contro di voi, non sottintendono atteggiamenti, anzi).
Non é che la chiamata alle armi all’Evento si trascina come inevitabile conseguenza la discussione sulla Violenza e che bisognerebbe vedere le minuscole anche solo per tornare a percepire la complessità?
Non é che, a furia di banalizzare, in un’ottica di lotta di classe l’unica azione efficace diventa l’inazione, che il nemico tra un po’ passa e nel caso sia agonizzante tu sei riposato e c’hai tutta la forza che ti serve per dargli il colpo finale? E come la mettiamo con la perdita di tono muscolare?
Non é che a furia di banalizzare, accade il contrario? E come la mettiamo con la distrazione?
Non é che a volte si confondono le contro-narrazioni con le meta-narrazioni e si riproducono schemi invece di generare pensiero?
Non c’é niente di chiaro, mi scuso, ho la vista appannata e le dita rigide.
P.S. La gara a chi c’é la più lungo può decidere di giocarla anche una portatrice sana di vagina, e questo mi interroga, è una questione culturale profonda ed io ho parlato già troppo. Dico solo – unendo con un filo la critica culturale di Lonzi e quella dei generi di Butler – é non riconoscendoci in una cultura di dominio che le togliamo l’illusione dell’universalità.
Rettifica al precedente messaggio: “anziché offrire loro una seria formazione politica, o un sostegno pragmatico alle loro lotte concrete nei luoghi di studio… e per alcuni, meglio ricordarlo, anche nei luoghi di lavoro”.
Provo ad ipotizzare una risposta per quelli che si domandano che senso e che scopo hanno le devastazioni di ieri.
E’chiaro a tutti che le distruzioni lungo il corteo, e la portentosa sommossa di s.giovanni sono il frutto dell’agire di innumerevoli persone ognuna delle quali aveva la propria idea sul senso di quell’agire. Ragionare su “a quale strategia si conformano quelle azioni” è quindi inutile. Non c’è strategia.
Ma effetti che emergono dall’insieme peró ce ne sono, e permettono di comprendere meglio le motivazioni che potrebbero essere alla base di quell’agire.
La devastazione diretta, decerebrata mi verrebbe da dire, che abbiamo visto ieri trasforma nell’immediato il disagio che subiamo ogni giorno in un concreto costo sociale. E per quanto questo meccanismo possa stare sul cazzo a qualcuno, me compreso, bisogna ammettere che comunque è più incisivo ed ha più senso della solita passeggiatina coi palloncini magari ad uso preelettorale per questo o quel gruppo.
Il discorso “se voi mi fate vivere nella merda io vi spacco tutto” è il grado zero della rivolta, ma la potenza che questo semplice processo ha scatenato ieri è comunque qualcosa di ragguardevole, e fa strame di tutte quelle pratiche più comunicative che incisive, quelle pratiche cioè in cui l’enunciato e la sua penetrazione mediatica è il fine dell’operazione.
Molti di voi suggeriscono che gli scontri sembrano fatti a misura e per i mezzi di comunicazione, ma vi invito a riflettere sul fatto che il corteo stesso, i flash mob e simili sono fatti a misura e per i mezzi di comunicazione; e non è un caso che il grosso dell’indignazione mainstream dei manifestanti è basato sul “quattro stronzi hanno rubato la scena al grosso del corteo”.
Gli scontri e le devastazioni attirano lo sguardo morboso dei media perché sono accadimenti, cambiano cioè lo stato dell’esistente in maniera tumultuosa e spettacolare, mentre dall’altra parte ci sarebbe da riprendere la variopinta e festosa transumanza che non cambia proprio un bel cazzo di nulla ormai da decenni.
“I bhlak blokc” fanno qualcosa che produce conseguenze dirette, è per questo motivo che vengono ripresi; di mezzo c’è sangue vero, non meri universi simbolici
Quindi secondo me il movimento avrà futuro nella misura in cui incanalerà la rabbia delle persone in accadimenti conflittuali sensati e comunicativi, ma che producano esiti concreti e tangibili già nel qui ed ora.
@ Don Cave
per te è un’esperienza nuova, un dilemma nuovo, capisco bene. Per molti di noi è un problema da sempre e di sempre. Ronza sempre in testa, anche quando si pensa ad altro.
L’organizzazione ci vuole, senza non si combina niente. Fin qui sono tutti d’accordo, a parte pochi mattoidi. Però ci si divide su tutto il resto: quest’organizzazione come deve essere? Sono ancora proponibili modelli come il partito di stampo leninista o il partito “bottom-up” di stampo luxemburghiano? Oppure non deve essere affatto un partito ma qualcosa di completamente diverso? [qui di solito parte tutta una “retorica reticolare”] Può andare bene uno dei partiti rivoluzionari già esistenti (c’è un’ampia scelta, basti dire che esistono cinque o sei “Quarte Internazionali”) oppure ne serve uno completamente nuovo… che poi sarebbe l’ennesimo? E chi lo fonda? Con quali presupposti? E quale deve essere il rapporto tra organizzazioni e movimenti? A quali esperienze in giro per il mondo ha più senso guardare? Fino a dieci anni fa si guardava molto all’esperienza zapatista, ma si è visto che certi “scimmiottamenti” nostrani nascondevano una povertà assoluta di proposte organizzative che non fossero quelle *tribali*.
Tra i commentatori abituali di Giap diverse persone militano in realtà organizzate, e anche in partiti rivoluzionari. Giacomo, ad esempio, è un quadro del Partito Comunista Internazionalista. Mauro Vanetti, se non ho capito male, milita presso i miei… vecchi amici della Tendenza Marxista Internazionale (ne feci parte anch’io, nel 1985-86, benché all’epoca non si chiamasse così). Loro hanno fatto una scelta. Noi WM, come dicevo sopra, siamo “stranieri in ogni casa”. E forse è proprio quella la nostra funzione: andare in giro come cantastorie. Se militassimo in una tendenza precisa, in un gruppo preciso, saremmo un’altra cosa.
Comunque, pensa al dilemma, ma ti consiglio di non angustiarti. Esiste un modo nevrotico di porsi il problema dell’organizzazione. Ed esiste un modo volontarista e ansioso. Per fare un esempio – e dando per inteso il massimo rispetto per compagni che stanno in strada e si sbattono – io sono uscito molto perplesso dalla lettura del documento della RASH Roma intitolato “Il petardo dell’adunata”:
http://www.inventati.org/rash-roma/sito/?p=10030
Non voglio far partire un OT, ci sono altre esigenze e urgenze, però invito a leggere quelle pagine, magari sono io che non ho capito bene certe cose. Mi sembra che i rilievi critici di WM5 al libro Bastardi senza storia ne escano ancora più pertinenti e appuntiti…
Dopo aver faticosamente cercato di raccogliere bit di informazioni su internet aspettavo con ansia questo spazio per leggere finalmente del 15ott e sfogarmi un po. Scrivo sempre da molto lontano e ormai mi e’ anche chiaro di non aver alcuna conoscenza dei movimenti italiani. Pensando a questo evento nazionale mi sembrava evidente che la marcia sarebbe finita cosi’; lo spettacolo mediatico di rivolta popolare da emarginare la naturale conseguenza. Speravo pero’ in una maggiore comprensione di questa marginalita’ da parte delle tante voci che marciavano a Roma, o almeno un tentativo serio di comprenderla. A parte alcune eccezioni che stimo molto e non da ieri, ho letto invece una corsa a dissociarsi dai fatti e la svelta definizione di buoni e cattivi. Praticamente ci siamo dati in pasto a chi stiamo combattendo svuotando di significato gli slogan globali con cui si era costruito il 15O, a partire dal “democrazia reale ora” o “che se ne vadano tutti”. Abbiamo avuto paura e non siamo stati xpronti a pensare il cambiamento. Purtroppo i nostri neuroni sono ancora dentro questo Stato ampiamente saccheggiato e violentato da 20 anni di dittatura mediatica. Una falsa idea di istituzionalita’ e di cittadinanza che non ci appartengono piu’ da anni sono radicate in noi fino a non permetterci di vedere l’abisso in cui stiamo sprofondando. Stiamo negando la realta’ sperando ancora in non so cosa. L’Italia affonda e la gente sta accettando l’inaccettabile dalla sua classe politica e ancora si sente ‘bella’ o ‘migliore’ di quelli che hanno rotto qualche vetrina. La sconfitta per quanto mi riguarda e’ totale. E questa sconfitta non e’ colpa dei cosiddetti “violenti”, ma, come ha scritto @doncave, nasce nell’assenza, quasi spaventosa in questo contesto, di un serio tentativo di costruzione di un soggetto politico che sia in grado di rivendicare la complessita’ della marcia, iniziando dalla sommossa popolare, mostrata a Roma solo nella sua spettacolarita’. (Rivendicare non significa giustificare, significa assumere responsabilita’. ). Ma cq, in Italia sappiamo resistere, non fare rivoluzioni, e’ sempre stato cosi’.
Scusate lo sfogo,
Un saluto a tutti!
@ WM1
Diciamo che ho iniziato a pormi seriamente il problema nel momento in cui ho cominciato a confrontarmi con persone attive all’interno di movimenti organizzati esistenti (dei quali, in ogni caso, non penso di condividere integralmente il pensiero).
I problemi che poni, inutile dirlo, sono fondamentali… secondo te è insensato sperare che sigle e fazioni che spesso, per anni, si sono guardate in cagnesco diano inizio ad una nuova fase?
Wu Ming 1 ex-IMT… questo sì che è uno “scoop”! :-D
Aaaaaaaaaaaaargh! Avevo scritto un’altra frase e ho tagliato a c. di c., naturalmente era “la gara a chi CE L’HA più lungo” (potevo trattenermi dal correggere, ma non potevo)
Ciao a tutti primo intervento su Giap dopo secoli che lo leggo!
Appena staccato il cervello dall’occupazione a Londra che sta procedendo come previsto. Domattina vediamo con i primi giaccacravattati che succede :-)
Comunque pur essendo molto stanco-soddisfatto ho voluto vedere cosa era successo a Roma, perche’ appunto anche a Londra la notizia ieri era arrivata. Ovviamente i miei pareri sono di parte e voglio espressamente consciamente fare un parallelo Londra-Roma che spero possa comunque tirare fuori dei spunti da generalizzare.
Perche’ a Londra e’ andato tutto secondo programma e a Roma no?
A Londra solo 2 mesi fa ci sono state sommosse che hanno tra l’altro causato morti e feriti, eppure ieri e’ stato tutto molto tranquillo, anche se in alcuni il timore degli “infiltrati” permaneva.
E non c’erano solo persone da Londra ma molte persone da citta’ e paesi attorno a Londra, solo per dire, il discorso della causa “la manifestazione in una sede sola”, e’ avvenuta anche altrove. Quindi perche’ (a quanto so – correggetemi se sbaglio) solo a Roma e’ andato proprio tutto storto?
Domande che faccio a me stesso e a voi.
Forse le cause sono altre, non solo nell’organizzazione tecnica dell’evento. Sapevano tutti quelli che andavano a Roma qual’era il significato dell’occupazione? E se fosse mancata la comunicazione, il volersi informare davvero? O se invece la gente e’ scesa in piazza solo per urlare quanto rabbia aveva in corpo, o meglio senza desiderare di aver coscienza di cosa andava davvero a fare in piazza? Come un animale inferocito.
Mi chiedo infatti quanto abbia influito la frustrazione e il desiderio di massacro in quello che e’ successo a Roma. Non sembra forse che in Italia visto i presupposti, mancanza di speranza, futuro incerto, eccetera, quello che e’ successo ieri sia semplicemente la conseguenza piu’ probabile?
Si e’ vero ma perche’ e’ scoppiata proprio ieri? In Spagna i livelli di disoccupazione sono elevati quanto in Italia ma ieri non sono esplosi in folle urlanti: “assassini”, anzi.
Io penso che plausibilmente le cause devono ricercarsi non solo nella politica, nella società, ma anche analizzando i tempi delle emozioni. Un concatenarsi di eventi che sfociano in un eccesso distruttivo, poteva essere predetto dalle emozioni forti degli ultimi giorni. A Londra ad Agosto, fu ucciso un ragazzo, per 4 giorni la città e’ bruciata, ma i toni dell’ultima settimana erano pacati. In Spagna da quello che so appunto non e’ successo nulla nei giorni precedenti la manifestazione. In Italia invece solo per citarne uno, a Bologna qualche giorno fa una ragazza era stata malmenata. L’atmosfera, il livello emotivo della comunicazione, era diverso in Italia rispetto a Spagna o UK ( gli unici due casi che ho seguito). Era piu’ acceso, piu’ cattivo, piu’ vendicativo. Non sottovalutare quanto in queste situazioni, scintille tali infiammino gli animi.
Solo alcuni spunti di riflessione prima di un altro giorno campale. See you tomorrow
Premetto che, essendo la discussione lunga e articolata, non ho avuto il tempo di seguirla tutta e di conseguenza rischio di ripetere un mucchio di cose già dette.
Ieri ero a Roma e ho scritto oggi questi pensieri sparsi, che saranno il mio contributo su Giap:
Questione violenza-nonviolenza. Il voler a tutti i costi dividere nettamente il corteo di ieri in due cortei, uno violento e uno pacifico, non solo non aiuta a capire le dinamiche di ieri ma rispecchia poco la realtà dei fatti, come qualsiasi altro tentativo di categorizzare le anime molteplici di un movimento, attribuendo loro nomi e nomignoli stupidi e contrapponendoli (es. indignados, black bloc > indignados VS black bloc). È troppo semplicistico ragionare in codice binario, funziona solo per il benpensante che guarda passivo le immagini dello schermo televisivo passargli sotto gli occhi.
Che è necessario abbandonare questo frame è stato già detto mille volte ma non fa male ripeterlo. Bisogna prendere atto che in piazza San Giovanni c’erano tante persone diverse, non tutte col casco e armate di spranghe, mazze e molotov, che comunque erano disposte allo scontro: uno scontro non per forza premeditato, uno scontro che può essere stato causato dagli idranti sugli stand che attendevano l’arrivo del grosso del corteo o dai lacrimogeni lanciati in mezzo alla folla su un corteo autorizzato. Non sto parlando degli incappucciati, sto parlando dei tanti altri che sono rimasti coinvolti negli scontri: tra loro immagino ci siano tanti che sono equilibrati in situazioni normali ma che possono, come tutti, perdere il controllo in condizioni anormali e nel mezzo della folla.
Personalmente trovo strumentali e del tutto fuorvianti i richiami alla Genova del 2001 in riferimento alla presenza di possibili infiltrati, perchè gli infiltrati ci sono in tutte le manifestazioni, anche le più pacifiche, e poi allora si trattava di un movimento e di circostanze completamente diverse: chi, come La Repubblica, scrive «violenze come a Genova» ha dimenticato quanto diverse fossero allora le strategie messe in campo dal black bloc (sì, al singolare) rispetto allo scontro fisico che c’è stato ieri e devia l’attenzione, attraverso analogie e meccanismi di associazione tra concetti, dal fatto (scontri) alla sua interpretazione (black bloc).
Il discorso sui possibili infiltrati lo lascio ai complottisti e ai politicanti, perché neanche questo aiuta a comprendere l’accaduto: quelle persone in piazza San Giovanni si sono difese dai lacrimogeni e dai manganelli, e lo avrebbero fatto comunque, con o senza infiltrati. Perciò secondo me la verifica di eventuali infiltrazioni è solo una questione “giuridica”, ma dal punto di vista dell’analisi politica dell’accaduto è irrilevante.
Mancanza di sintesi. Come scrivequalcuno, il germe della violenza è insito nella natura stessa di protesta e se a volte rimane potenziale ed altre si fa atto ciò è dovuto alle circostanze; questa volta, per settimane o mesi, fin dall’inizio si è affermata l’intenzione di andare oltre il corteo rituale e la sfilata per il centro di Roma. Su questo si era tutti d’accordo. Però, come conseguenza del campanilismo dei movimenti italiani (che, da quello che mi pare di capire, si è puntualmente manifestato nelle varie assemblee di organizzazione della mobilitazione del 15 ottobre), non ci si era accordati sulle strategie da adottare per superare la tradizionale estetica del conflitto: chi voleva assediare i palazzi governativi, chi occupare il Colosseo e altri monumenti, chi restare nelle strade e nelle piazze a oltranza e, sì, anche chi auspicava una insurrezione popolare. C’è stata una così profonda mancanza di sintesi che, per le differenti strategie, non si è stati capaci neanche di accordarsi sul percorso del corteo, per dirne una, o di organizzare un servizio d’ordine unitario, per dirne un’altra. In particolare, ritengo che quest’ultimo fatto sia stata una delle cause principali dei problemi che la massa ha dovuto fronteggiare. Questa frammentazione era percepibile, bastava farsi un giretto tra i diversi spezzoni del corteo.
Comportamento della polizia. Quando vedo scene come questa, posso non condividere ma di certo capisco la reazione della piazza.
Aggiungo un fatto curioso (ma non troppo) sul comportamento delle forze dell’ordine. Il percorso concordato partiva da piazza Repubblica, con destinazione piazza San Giovanni: quest’ultima era la piazza in cui si sarebbero dovute svolgere assemblee parallele e l’eventuale acampada con l’organizzazione di vari stand (poi buttati giù dagli idranti della polizia), che si trovavano là già prima che arrivasse la testa del corteo. Piazza San Giovanni era quindi legalmente riservata ai manifestanti che, secondo me, avrebbero dovuto mantenere il pieno diritto legale di entrarci; dopo l’inizio degli scontri, la polizia ha privato i manifestanti di questo diritto da essa stessa concesso, anzi ha trattato da criminali tutti coloro volessero accedere alla piazza da via Merulana, e giù lacrimogeni e manganelli, quando l’unica colpa che avevano era di seguire il percorso concordato di un corteo autorizzato dalla questura di Roma. Quindi contraddittoria non solo nella sostanza, ma anche nella forma.
Opinione personale. Personalmente la violenza degli incappucciati non la condivido, ma non condanno la violenza dei manifestanti che si sono difesi da cariche e da lacrimogeni che li cacciavano da una piazza che doveva essere loro.
La violenza degli incappucciati, io non la condivido per una questione politica e strategica: semplicemente hanno fatto male al movimento. Poteva essere un’esperienza politica lunga mesi, con piazze occupate e tutto quello che ciò comporta e che in Spagna sono stati capaci di mettere in pratica, invece si è risolto tutto in poche ore fumo nero perchè alcuni hanno preferito lo scontro fisico a breve termine piuttosto che una grande mobilitazione a lungo termine. Tutti i possibili contenuti del movimento saranno oscurati dalla condanna delle frange estremiste, dalle accuse di infiltrazioni, dalla necessità di dissociarsi dall’uso della violenza e di dimostrare che i “veri indignati” sono quelli pacifici, dalla denuncia di incapacità di gestione dell’ordine pubblico e da tutti quei discorsi che implicano l’accettazione del frame violenza-nonviolenza e, ove possibile, del frame casta-anticasta che tanto piace a La Repubblica. Nessuno parlerà di speculazione finanziaria, di predominio della finanza sulla politica, di banche armate, di sovranità monetaria, di privatizzazioni, di annullamento del debito pubblico, di tagli alla formazione e alla sanità, di beni comuni e di lavoro.
In pratica, ora che si è manifestata la violenza del fiume in piena nessuno noterà quella degli argini che lo costringono.
x2: Aaaaaaaaaargh, porca paletta! “CE L’HA”
We all want to change the world
But when you talk about destruction
Don’t you know that you can count me out
Revolution
La cornice “violenza/non violenza” diventa tossica quando non si capisce chi, come, quando e con quale fine pratica la violenza stessa. Ma soprattutto va compreso, come premessa, chi ne è vittima.
è importante sottolineare questo fatto, perché se ruotiamo il nostro punto di vista da chi ha agito la violenza verso coloro che l’hanno subita, la storia (anche quella con la S maiuscola) assume tutto un altro colore.
Anch’io, essendo un precario, subisco diverse forme di violenza, soggettive e oggettive; lo riconosco e cerco di lottare contro di esse. Ma lo faccio con i mezzi che io stesso, consapevolmente e liberamente, decido di mettere in pratica. Quando invece le pratiche sono di massa, vanno comunemente accordate, con il dialogo (faticoso) l’ascolto e con tutte le contraddizioni che le decisioni democratiche comportano.
N.B. Lascerò fuori da questa discussione l’ improbabile analisi di un profilo di chi siano (sociologicamente parlando) i protagonisti delle violenza di ieri. Mi limiterò ad un’analisi del problema violenza nella giornata del 15, per come essa ha preso corpo e si è sviluppata, chi sono gli attori e chi le vittime di questa violenza.
CHI
1) Era violenza di massa quella del 15 Ottobre? No, non lo era, c’erano solo dei gruppi organizzati che, devastando luoghi “simbolici”, hanno pro-vocato (nel senso che hanno proprio chiamato) l’intervento della polizia sin dall’inizio del corteo. A questi si sono aggiunti altri manifestanti investiti dalle cariche una volta che la polizia ha raggiunto S. Giovanni. (v. cronaca sotto per chi è interessato a sapere cosa è successo ieri)
PERCHE’
2) C’era un qualche intento politico in queste violenze? No, anzi come scrive Marco Rovelli “In che cosa oggi siamo più vicini alla demolizione del sistema? In nulla […] Ben miope è la mistica degli scontri di piazza. Che non si inseriscono in alcuna strategia politica, che non producono alcun effetto positivo, che contribuiscono a distruggere un movimento e non a costruirlo.
COME
3) La violenza del 15-O ha avuto differenti manifestazioni:
a. contro i “simboli”: stato, agenzie lavoro interinale, banche, macchine costose
b. contro la polizia
c. contro i manifestanti e tutto il corteo
La violenza contro i manifestanti si è dispiegata all’interno di singoli episodi lungo il tragitto (in una scala di intensità che va dal malmenare e minacciare chi li fotografava sino al ferimento grave di un ragazzo che ha perso tre dita a causa di una bomba carta), ma soprattutto (ed è questa la cosa più disgustosa ed eticamente inaccettabile) usando i manifestanti come scudi umani, provocando la polizia perché caricasse il corteo pacifico in più punti (v. cronaca sotto). I violenti, infatti, non hanno mai abbandonato il corteo, piuttosto entravano ed uscivano seguendo una strategia precisa: provocare cariche della polizia contro il corteo. Le devastazioni, i cassonetti incendiati in mezzo alla strada servivano, una volta bloccato il corteo, a fornire “punti di riferimento” per i poliziotti per effettuare le cariche. Riprendo le parole di Rovelli: “La violenza di quei caschi neri si è esercitata anzitutto nei confronti di un movimento nel suo insieme. Un movimento che poteva iniziare da oggi, prendendosi le piazze”.
I nostri corpi sono stati messi a repentaglio direttamente e indirettamente da costoro, che lo hanno fatto intenzionalmente e con l’obiettivo di veder scorrere il sangue (il nostro s’intende). Questa è stata la forma di violenza più brutale che si è manifestata il 15-O. Non la violenza di un contropotere, non la rabbia contro un sistema ingiusto, una ribellione generale al disfacimento di un paese, non la risposta giusta e giustificabile contro l’abuso della polizia. No, la violenza più intensa, crudele e codarda è stata usata contro di noi, deliberatamente (e poi anche contro gli uomini delle forse dell’ordine).
Ci hanno rubato la piazza, l’aria da respirare, la possibilità di muoverci, di pensare, la libertà del non aver paura per la propria incolumità.
Volevate (mi riferisco a Militant, plus Militant, Aktasuna etc etc) marciare contro i palazzi del potere, in aperta critica contro il corteo pacifico, perché “che era l’unica cosa incisiva in una giornata del genere” come leggo in uno dei siti “antagonisti”? Chi ve l’ha impedito? Immagino solo la vostra codardia. Molto più semplice prendere in ostaggio noi “allocchi-pacifisti”.
VIOLENZA e PAURA
Il filosofo tedesco Peter Sloterdijk dice che “tutti gli imperi sono fondati sul potere della paura”. La violenza chiama la paura, perché evoca la morte. Esorcizzare questa paura, interamente umana, inestirpabile alla nostra esistenza, è stato ed è, la missione fondamentale delle religioni e di tutti regimi. Mi riferisco qui al ben noto problema della sicurezza. La necessità di assicurare la prosecuzione della vita, la tutela del corpo e della sua incolumità ci si pone immediatamente davanti quando abbiamo paura. Generare questo sentimento permette un facile controllo dei corpi e delle anime. Infatti, se abbiamo bisogno di qualcuno che ci protegga dalla paura, quindi dalla violenza e dalla morte, che ci possono sopraffare in qualsiasi momento (in fondo siamo umani e morire è tremendamente facile) avremo anche bisogno di un padrone, che ci protegga. La paura rende schiavi. Schiavi di un Altro. Chi, tra i manifestanti pacifici è stato costretto a confrontarsi con la violenza e l’eventuale possibilità di morire, ha semplicemente preso un’altra strada. Perché any life is better then no life.
L’ordine di scelte, l’orizzonte immaginativo e il territorio di discussione a cui potevamo pensare di ambire da ieri sarebbe stata diversa senza quelle violenze. Invece di domandarci “violenza o non violenza?” “infiltrati o compagni che sbagliano?”, ci saremmo potuti chiedere, tutti insieme, all’interno di un processo costituente, orizzontale, aperto anche a chi non era in piazza ma sosteneva chi lo era, vogliamo capitalismo o democrazia, il profitto o diritti, è davvero questo il migliore dei mondi possibili?
La violenza, invece, ha autoritariamente imposto un unico argomento per chi era in piazza: difendersi da essa. Alla voce fascista nel dizionario leggo: “estens. che si comporta in modo autoritario, reazionario e antidemocratico, o impone le proprie convinzioni con violenza brutale”.
P.S. I violenti del 15-O sono dei nevrotici. Necessitano, ontologicamente, di ricevere da un’autenticazione d’esistenza dall’Altro. E per questo lo molestano, lo pro-vocano. I violenti chiedono al padrone – o come lo chiamava Lacan, al Grande Altro (sotto le vesti della polizia, dei media, dei politicanti etc etc): “noi esistiamo?” E il padrone ha ovviamente risposto di sì. Perché il padrone non aspettava altro che essere invocato per poter riportare pace e ordine. Potevamo incominciare da ieri ad essere liberi da questo Grande Altro, dalla polizia, dal potere e da tutte le sue oppressioni.
@pastrocchio,
io vedo una differenza tra: 1) scene di auto bruciate e distruzioni varie, 2) scene di difesa della piazza, che significa difesa delle ragioni per cui si era in piazza e dell’incolumità dei presenti. Sono certo anche se non c’ero che i protagonisti sono almeno in parte sovrapposti, quindi non faccio questione di buoni e cattivi. Il problema è che azioni del primo tipo sono o condannate o considerate sfoghi e manifestazioni di rabbia, “giustificate” senza essere “rivendicate”. Così però al dibattito manca qualcosa, perché non ha senso condannare le espressioni di rabbia, ma anche giustificare la spontaneità rabbiosa significa concederle di non avere bisogno di argomenti, che le basta “mandare segnali” come dicono alcuni. Ho l’impressione che certi comportamenti siano criticati meno di quanto meriterebbero perché vanno a rompere le uova nel paniere degli altri (in questo caso gli organizzatori).
@flaviopintarelli
la notizia era riferita, e nemmeno io ho trovato traccia, si accenna solo a tre feriti gravi.
Però vorrei che la si raccontasse per come è stata.
Le azioni lungo il corteo: c’è grande differenza limitatamente al significato, tra distruggere una banca o un’agenzia interinale e irrompere in un corteo, due bombe carta su un ristorante e una in mezzo alla gente per levarsi di dosso il servizio d’ordine della fiom che era sopraggiunto. E ad assistere a quest’ultima, be’ non pareva proprio un’azione di compagni ma di squadristi. Insieme alla polizia che con due elicotteri e blindati ad ogni traversa di cavour e labicana ha lasciato i vari gruppi incendiare e distruggere, salvo poi caricare a manzoni e san giovanni la testa del corteo.
San Giovanni: vedere il corteo attaccato ha scatenato la reazione di migliaia di persone che volevano quella piazza perchè potesse diventare il punto da cui far partire le idee per cambiare davvero il modello.
In questo senso chi è dentro i movimenti e butta lì che “hanno” sciupato tutto la dà vinta a chi ha voluto quella guerriglia. Ricordo che lo schema degli eventi ha interessanti punti di contatto con Genova (blitz vandalici indisturbati, attacco a un corteo determinato ma pacifico, chi resiste è un delinquente). Io non sono un black block, penso però che se in san giovanni anzichè qualche migliaio ci fossimo stati in cinquanta o centomila forse non sarei a questo computer ma ancora là.
@mimmo
E’ una sconfitta, perchè non si è riusciti a fare ciò che si voleva (sempre tenendo ben presente qull’eterogeneità indecifrabile), ma, perdonami, non lo è certo a causa di chi ha voluto resistere.
QUEL CHE HO VISTO E UDITO A ROMA
Premessa
Sul sito di InfoAut vedo riportata con condiscendenza le parole di Valentino Parlato: “A Roma ci sono stati anche scontri con la polizia e manifestazioni di violenza. Meglio se non ci fossero state, ma nell’attuale contesto, con gli indici di disoccupazione giovanile ai vertici storici, era inevitabile che ci fossero. Aggiungerei: è bene, istruttivo che ci siano stati. Sono segni dell’urgenza di uscire da un presente che è la continuazione di un passato non ripetibile”. Valentino ovviamente non era alla manifestazione e non ha dovuto temere che il corpo potesse sanguinare.
Leggo anche in un pezzo firmato plus militant che a Roma ci sarebbero state “ore di resistenza”. Resistenza a cosa? Alla PS che si è fatto di tutto perché caricasse il corteo?
Infatti, nonostante la polizia si fosse ben nascosta, e stesse a presidiare i palazzi del potere lontani dal corteo, costoro: http://www.youtube.com/watch?v=1EkIEZ5bDsY&feature=share hanno prima terrorizzato molte persone del corteo, causato la perdita di tre dita ad un ragazzo, picchiato chi li fotografava, e dopo hanno provveduto alla devastazione organizzata e al collasso del corteo.
La strategia era studiata. Ed ha avuto quasi del tutto successo. Si voleva smembrare il corteo, mettergli dei “tappi” per poterlo rendere intercettabile alle cariche e infine far arrivare la polizia in piazza S. Giovanni e aspettare che il peggio avvenisse. Ma questa minoranza violenta (e sottolineo, minoranza) non si è accorta che la gente non aveva intenzione di tenere la piazza né tanto meno di seguire la loro strada, infatti ne hanno preso un’altra – letteralmente: sono andati verso Piramide e Circo Massimo.
CON il CORPO degli ALTRI
Quando una piccola parte delle persone (nell’ordine delle migliaia) era già arrivata in piazza S. Giovanni e tutto si svolgeva nella massima tranquillità, in via Labicana (500 metri più dietro lungo il percorso autorizzato della manifestazione) la strada è stata occupata da cassonetti che poi sono stati bruciati, è stata devastata la sede di ManPower al civico n 88 e poi stato appiccato il fuoco alla CASERMA “G. CARRECA” della GdF numero 9, in modo da creare un tappo al corteo.
Il corteo si è quindi spaccato in due: coloro che precedevano i violenti hanno potuto raggiungere piazza S. Giovanni attraverso il percorso prestabilito, senza alcun problema. Tutti coloro che invece erano dietro i violenti (la maggior parte) si è trovata nel mezzo, impossibilitata a muoversi (pensate che c’erano anche dei camion, gruppi organizzati che si muovevano insieme).
Dubito che la scelta di bloccare il corteo in questo punto sia stato casuale. Via Labicana infatti è una strada piuttosto stretta – almeno per contenere l’alto numero di persone che sfilavano. Inoltre, dettaglio non insignificante, le vie d’uscita laterali sono poche e strette. Per certi versi potremmo fare un parallelo con Via Tommaseo a Genova, per dare idea di come si presenti via Labicana, nel pezzo che congiunge Colosseo all’incrocio con Via Merulana.
Anche da un punto di vista strategico ci sono delle consonanze tra ciò che è avvenuto a Genova e ciò che si voleva avvenisse a Roma. Infatti, ad un certo punto il corteo non poteva andare né avanti (per via del fumo, dei cassoni, delle fiamme e della polizia che intanto aveva iniziato le cariche di alleggerimento) né indietro (per l’alto numero di persone che affollavano la strada). Era il punto ideale per una carica. Mappa Anche la posizione di questi incappucciati era stata evidentemente pensata: erano giusto davanti ai COBAS e ai gruppi più “caldi”, ovvero coloro che sollecitati dalla polizia rispondono.
Quando i primi battaglioni di polizia scendono dal Laterano si trovano davanti (ovvero all’incrocio tra Via Labicana e Via Merulana) la testa del corteo che è stata spezzata dai violenti. La gente urla, fischia, perché teme che la carica si diretta verso gli incolpevoli e pacifici manifestanti. Io con altri manifestanti (risaliti da via S. Giovanni in Laterano, verso la piazza) vediamo passare accanto a noi poliziotti armati di scudi e manganelli.
Temiamo seriamente che il loro obiettivo fosse proprio il corteo e che quindi la polizia volesse abboccare all’esca fornitagli dai violenti. Mappa
Per fortuna la PS gira a destra per via Aleardo Aleardi e poi di nuovo a sinistra per via Matteo Boiardo fino a Viale Manzoni dove carica i violenti. Di seguito verranno giù anche due camionette della PS.
La polizia “libera” Viale Manzoni e si ferma proprio all’incrocio tra Via Labicana e Via Merulana, consentendo ad una parte del corteo di proseguire. I violenti sono scappati in diverse direzioni, la maggior parte verso via E. Filiberto dove vengono inseguiti dalla PS.
Intanto sono fermo all’incrocio tra Via Merluana e Via Labicana, vicino ai poliziotti. Vedo Bernocchi (COBAS) che si avvicina ai funzionari della PS in borghese, si parlano per un po’, dopodiché Bernocchi si re-immette nel sul pezzo di corteo e risale per Via Merulana con i suoi. Mentre passa il corteo c’è tensione: via Labicana è devastata, si respira aria di lacrimogeni i poliziotti hanno gli scudi alzati. Il peggio sembra essere passato comunque, almeno a questo punto.
Il corteo sembra poter continuare verso S. Giovanni. Intanto accanto a me alcuni poliziotti in borghese fumano, altri si mettono in posizione di riposo, uno tra quelli che ha solo il casco e il manganello viene avvicinato da un signore con in braccio quella che presumibilmente è sua figlia e le dice “guarda, non sono cattivi”. Il poliziotto sorride alla bambina e le fa segno di no con il dito.
Risalgono su via Merulana alcuni manifestanti sotto le insegne delle tre frecce rosse. Fischi, parte un uovo contro la PS, che non reagisce. Il resto dei manifestanti intanto è fermo, in fondo a via Labicana. Tra me e loro ci sono i bidoni incendiati che occupano la strada, i pompieri che spengono l’incendio della caserma e il loro camion. Mi avvio su via Labicana superando l’incrocio con via Merulana dietro ad un gruppo di PS in borghese.
Mentre sono su Via Labicana vengo sfiorato da un bottiglia di plastica piena di acqua e pietre, diretta verso la PS. Altra gragnolata di oggetti contro la PS. È chiara l’intenzione dei violenti di chiamare i poliziotti contro il corteo che sale su via Merulana e non ha vie di fuga.
Intanto devo scappare su via Labicana. Mi proteggo dietro un muro vicino ai pompieri. Vedo tre auto bruciate, la scala dei pompieri all’altezza del tetto della Caserma della GdF: spengono le ultime fiamme. Ci sono vetri divelti, vetrine rotte e cassonetti incendiati in mezzo alla strada. Sembra proprio Genova 2001.
Il corteo è fermo, alcuni manifestanti aggirano i cassoni, un giovane al megafono cerca di instradarli sul lato sinistro della carreggiata, molti si rifugiano nelle vie laterali. Il pezzo più arretrato della manifestazione vira verso via di S. Gregorio direzione Piramide. Mappa
Risalgo per via di S. Giovanni in Laterano perché voglio raggiungere la piazza. Ci arrivo che è già gremita. Da Via E. Filiberto si vedono salire nuvole di fumo e polvere. È incominciata la “battaglia finale”. Circoscrivo il perimetro degli scontri e mi ritrovo in via Umberto Biancamano, una strada trasversale all’incrocio tra via E. Filiberto e piazza S. Giovanni Mappa
Qui capisco che il piano dei violenti ha avuto successo. Come a piazza Manin a Genova 2001 la polizia ha inseguito gli incappucciati, è entrata nella piazza gremita di gente assolutamente ignara di quello che era successo pochi metri più in là. Così si spiegano questa testimonianza e anche questa. Ovviamente chi si è sentito attaccato ha reagito e si è difeso. E ne ho avuta diretta testimonianza quando, mentre tornavo a casa, ho incontrato, su via Carlo Alberto, un uomo di Teramo – militante di Sinsitra Critica – che aveva perso il cellulare nei tafferugli. Lui non sapeva niente di ciò che era successo a via Labicana e reputava l’intervento della polizia assolutamente ingiusto e ingiustificabile.
Su ciò che è successo a piazza S. Giovanni si trovano video dappertutto, fate voi. Ad ogni modo il numero di chi ha accettato lo scontro non superava le 500 persone. Quindi l’1% ha ingaggiato battaglia con la PS, mentre il 99% era da un’altra parte di Roma, probabilmente seduti sul ciglio di un marciapiede a raccogliere i cocci della giornata, o a piangere per l’ennesimo scippo di democrazia subita.
Insomma il disegno di chi voleva vedere scorrere il sangue è riuscito a metà. La PS, nonostante le provocazioni degli incappucciati, non ha caricato il corteo nel momento e nel luogo più cruciale (via Labicana). Se fosse successo, probabilmente oggi piangeremmo il morto. Invece l’obiettivo di “invitare” la PS in piazza S. Giovanni è riuscito magistralmente, ma per fortuna i più sono riusciti a mettersi in salvo.
vero, è molto triste essere facili profeti. Lo è stato Giovedì scorso quando qualcuno sperava che Berlusconi non ottenesse la fiducia in parlamento, lo sono stati WM dall’inizio. Nella borghesissima Parma hanno presidiato, in 10, 15 persone anche, ogni sera per mesi e alla fine (non per merito esclusivo dei manifestanti, certo) il sindaco si è dimesso. In Val Susa si raggiungono risultati. Il grande Eventone porta sempre sconfitte laceranti. A mio avviso bisogna pensare la rivoluzione in forma di rete in cui ogni nodo ha pari peso: ne spezzi uno, gli altri continuano il lavoro
Da poco sono un local a Roma, per motivi di studio e lavoro.
Questa volta posso dare una elaborazione da manifestante semplice, senza un ruolo organizzativo.
Però mi stupisce la semplicità con cui un gruppetto devastava. La piazza pur non ritenendo di avere il compito di fermare chi devastava, ha comunque reagito. Del “buffoni” i signori se lo sono preso, e occhio che questo non è secondario. Che ci fossero i fascisti con il casco e le mazze era evidente a molti, almeno spero. Che al netto sarebbe successo comunque qualcosa io, a dirla tutta, non lo so. Una mia impressione operativa è che l’assenza di sicurezza interna e di cordoni (non sto invocando il katanga, tranquilli) sia uno dei difetti più grandi delle manifestazioni del nostro tempo. Su questo si dovrebbe riflettere. Stare in piazza è difficile, e non tutti lo sanno fare. Se teniamo ai compagni, un impegno forte su questo fronte andrebbe preso.
Infine: sono molto d’accordo sull’osservazione (non chiedetemi di chi) secondo cui l’eventone è da evitare sempre. A casa tua conosci il tuo popolo: se sono rincoglioniti li becchi il giorno dopo in giro e fai loro il culo, se sono infiltrati sai che non sono tuoi e in una piazza di local hanno vita difficile. In piazze come quella di sabato questo è un discorso impossibile. Ah, ho già sentito parlare di “provvedimenti legislativi”. Un tempismo che fa pensare.
Ah, e poi butto il sasso:
http://www.repubblica.it/politica/2011/10/17/news/black_bloc_piani-23345453/index.html?ref=HRER3-1
Ma questa a voi che sembra?
@Giorgio1983
mi sembra il solito piccolo, meschino tentativo di Repubblica di usare pro domo sua i fatti di sabato, in funzione della manifestazione di domenica in Valsusa.
Insomma, una cosa schifosa ma (credo) solo la ricerca di un piccolo tornaconto immediato e non un pezzo di un paino di grosso respiro.
@ Giorgio1983
alcune notazioni rapide, a botta calda e prendendo il tutto con le dovute pinze:
1) l’intervistato dice che si preparavano “da un anno”. Ma la scadenza mondiale del 15 ottobre è stata indetta a fine maggio, cinque mesi fa. Se “un anno” non è soltanto un’iperbole, a *cosa* si preparavano da un anno le falangi ispirate al movimento greco? E’ evidente che si preparavano ad agire *alla prima Grande Scadenza Unica Spettacolare disponibile*. Una valeva l’altra. Perché è quello il format più adatto ad agire in quel modo, per i tanti motivi sviscerati in questo dibattito, non ultimo quello che dicevi tu stesso.
Questo secondo me rafforza il “vaticinio” che facevo l’altra sera: non ci saranno più manifestazioni nazionali e convergenze su Roma senza che accada qualcosa del genere. Ci si metta l’anima in pace, e se si vuole evitare che questa particolare tattica venga imposta a tutte le altre, si deve cambiare format.
2) L’intervistato, quando dice che nel movimento li conoscono, che non sono degli estranei, conferma quello che ha scritto qui Alessandro di Militant, il cui commento ho visto ripreso e variamente sbertucciato in giro per la rete da gente che non sa un cazzo, che non conosce quelle realtà ma caca sentenze.
3) I numeri forniti dall’intervistato (che parla di 800 persone organizzate) sono compatibili con la mia analisi del video della controcarica in Piazza S. Giovanni: avevo parlato di “non meno di 1000 persone con un ruolo attivo” più tante altre che tifavano apertamente e molte altre che accettano questa pratica di piazza. Ognuno la pensi come vuole, ma questi non sono “quattro gatti” (e non sono infiltrati). E’ una questione politica.
4) Faccio notare che l’espressione “Black Bloc” è solo nel titolo, l’intervistato non la usa mai. Infatti, la tattica che descrive ha senz’altro tratti in comune con quella del Black Bloc storico, ma se ne discosta in molti punti significativi. Infatti il modello è la Grecia, che è un’altra storia, con le sue peculiarità.
Io il Black Bloc storico l’ho visto in azione molto da vicino, sono stato spalla a spalla con il Black Bloc a Québec nella primavera 2001, pochi mesi prima di Genova. Quella volta, questa controversa tattica di piazza fu usata in modo impeccabile, in piena compatibilità con l’obiettivo comune di tutte le anime del corteo: tirare giù “le mur de la honte”, il muro della vergogna, ossia il grande recinto che delimitava la zona rossa del vertice ALCA.
Il Black Bloc storico cercava di evitare a ogni costo lo scontro diretto coi celerini, e metteva in campo diversi accorgimenti per evitarlo; quando la celere caricava, il BB si disperdeva e si raggruppava da un’altra parte grazie a un compagno che suonava un tamburo e segnalava qual era il punto più sicuro dove trovarsi. Non solo: il Black Bloc storico si assegnava anche compiti di assistenza e aiuto agli altri manifestanti: tirava su chi cadeva, distribuiva fazzoletti bagnati per limitare l’effetto dei lacrimogeni etc. In quello stesso periodo, durante una manifestazione a Buffalo, il Black Bloc fece scalpore perché, a colpi di ramazza, ripulì la via dai resti della sua stessa devastazione e gettò tutto nei cassonetti.
Il Black Bloc storico faceva violenza alle cose ma mai alle persone. Inoltre, le “cose” erano obiettivi selezionatissimi, c’era un regolamento non scritto in base al quale si potevano colpire le banche ma non i piccoli negozi etc.
A prescindere da quello che ciascuno di noi può pensare dell’effettiva utilità di questa tattica di piazza (io, come molti altri, giunsi a trovare sommamente inutile e dannosa la sua riproposizione compulsiva e noncurante dei diversi contesti), non si può negare che oggi vi siano discontinuità.
A questo punto, giunge inevitabile la domanda: e il Black Bloc che si vide a Genova?
Sabato 21 luglio 2001, al grande corteo, io parlai a lungo con Sander Donkers, un giornalista olandese che già conoscevo. Mi raccontò un aneddoto: il giorno prima, in un ostello, aveva intervistato dei ragazzi, in maggioranza tedeschi e con tutta evidenza militanti anarchici, mentre facevano i bagagli per tornare a casa prima del previsto. Costoro dichiararono di aver partecipato al Black Bloc internazionale, e si dissero delusi perché troppe persone vestite di nero, a loro sconosciute, avevano agito senza rispettare la filosofia del BB, colpendo anche obiettivi inutili, mettendo a repentaglio le piazze tematiche altrui etc.
Che a Genova ci fossero anche i fascisti, e non solo italiani, lo sappiamo tutti e già nell’immediato erano venute fuori testimonianze. Che alle devastazioni abbiano partecipato dogs and pigs, è altrettanto risaputo e nessuno venga a raccontarmi fregnacce.
Il risultato è che risalgono a Genova la confusione su cosa sia (stato) il Black Bloc e l’abuso giornalistico dell’etichetta con refuso “Black Block”.
@WM1
OT: quoto a lettere d’oro su lapide di marmo l’ultimo paragrafo del tuo post di ieri sera 11.39. Grazie di quore, davvero :-)
P.S. Ci tengo a sottolineare, grassettare e segnare con l’evidenziatore il disclaimer all’inizio del mio precedente commento: quell’intervista va presa con le dovute pinze.
Io penso, in completo accordo con @wuming1, che quell’intervista sia giusto una mossa azzeccata di repubblica per farsi riprendere e lanciare ancora una volta “l’allarme val susa”.
Quel ragazzo parla in modo delirante, e a parte tutto, non vedo in quale strategia insurrezionale sia previsto di andare a dire a un giornalista qualunque che sei organizzato in falangi e che le armi le nascondi nei furgoncini in piazza. Giusto per giocare all’arte della guerra con i lettori instupiditi di un quotidiano? Sperando di suscitare quale fascino?
Penso che comunque tra i commenti sono emerse molte linee guide non banali, che sarebbe bello poter sintetizzare e riproporre anche in ambiti più “concreti” e reali come le assemblee.
Penso all’idea di individuare forme necessariamente nuove di lotta, di evitare i grandi evneti dove nessuno travalica i propri limiti, di esplicitare il discorso anti-sistema in forme comunicativamente più efficaci etcetera etcetera.
Abbiamo ancora moltissima voglia di lottare (almeno io ce l’ho), ma non più di raccontarcela.
è da ieri mattina che seguo il flusso dei commenti anche qui su giap. Io sabato c’ero e devo dire che non sono un esperto di queste realtà militanti a roma. Non mi interessa cacare sentenze o pontificare ma sono rimasto perplesso su una cosa.
Se posso capire la componente di lotta negli scontri con la polizia e per abbattere i “confini imposti” di una manifestazione, io proprio non riesco a capire che valore politico ha l’incendio di qualche macchina di normali cittadini, devastare un supermercato, lanciare molotov e fumogeni dentro case di alcune persone.
Io sono contento che su GIAP! si parli di come fare meglio la prossima volta evitando il format del grande evento, ma su alcuni blog ho letto delle contronarrazioni volte esplicitamente a rimuovere sia gli scontri con la polizia che gli atti di puro vandalismo. Superiamo la narrazione dei violenti/nonviolenti ma rimuovere coscientemente i vergognosi atti vandalici insensati non mi sembra sano per il dibattito.
@ cicciput86
vabbe’, però così sfondiamo le porte aperte, nel senso che nessuno degli intervenuti qui ha rivendicato il valore politico degli atti che dici. Secondo me la questione sarebbe meglio porla in un altro modo: c’è un’area *non irrilevante* di persone (in gran parte molto giovani) che considera parte dello scontro sociale (e della lotta di classe) incendiare auto, spaccare una vetrina, schiacciare madonnine a favore di telecamere. Di chi è la colpa se si sono assestati in un simile “riduzionismo”? Quali sono le *nostre* mancanze? Perché non abbiamo saputo trovare sbocchi più politici a quella collera? Perché noi intellettuali e narratori e teorici e fratelli maggiori e compagni di strada critici etc. non abbiamo saputo diffondere una visione più articolata e strategica dello scontro sociale?
@ sirfr
giusto per la precisione: mi sa che hai attribuito a me il commento di RobertoG :-)
“[i]Il mio problema non sono i violenti. Sig. Tremonti potrebbe restituirmi i 50 euro che mi ha tolto dal mio lauto salario, con il blocco degli avanzamenti, prima di scendere per strada a farmi delapidare? Grazie :-)))[/i]”
da qui
http://www.poliziotti.it/public/polsmf/index.php?topic=15822.150
interessanti consonanze, c.v.d
scusate la nuova intromissione, ma stanotte ho fatto un sogno e lo voglio condividere.
ho sognato Luther Blisset, si perchè, all’epoca, mi ero perdutamente innamorata di Luther, era meraviglioso, geniale, straordinario.
stanotte nel sogno mi ha detto: “che scemi, non imparano mai! è questione di logica, non di morale. io gliel’avevo scritto come si fa. non si spaccano i bancomat e le vetrine delle banche, quelli ci ridono sopra e li riparano.
tanto tempo fa si usavano le lettere di credito, ora sono soltanto byte.
noi ci provammo, tanto tempo fa, avevamo già individuato il punto debole, sapevamo come farli piangere, dopo tanta violenza non volevamo più neppure torcere un capello.
allora ci andò male.
adesso è ancora più facile, sono soltanto byte.”
minx che sogno stupendo!
P.S. @Wuming1, vera, del tutto vera, ma pure un poco letteraria, come tutti.
@Wu Ming 1 Aggiungendo uno sguardo personale (e parziale) dalla piazza di sabato vissuta dalla testa del corteo.
La sensazione che ogni “situazione” avesse assunto il motto “ognuno per se dio per tutti” era fortissima sin dalle 12.30 e non è stato solo un fatto tecnico ma principalmente politico. Questo ha portato ad una piazza senza elementi comuni, non portava un messaggio, una visione, un orizzonte (chiamatole come vi pare) comune se pur articolato.
Come si può pensare che uno spazio lasciato così vuoto non venga riempito da chi ha un ragionamento facile, immediato e di rappresentazione della rottura? Come si può immaginare che in assenza di altro “l’odio” e la sua manifestazione immediata non abbia il sopravvento? Stolto è pensare che sabato potesse finire diversamente e, devo dire, che il tutto poteva essere ancora più cruento.
Se non ci avesse pensato la polizia a spazzare P.zza San Giovanni e catalizzare su di se la reazione di molti e tanti piccoli – una ragazza che mi è passata di fianco era così piccola che faceva fatica a tenere il sanpietrino che aveva in mano – la giornata si sarebbe ridotta alla “banalità” delle macchine bruciate.
Se pezzi di movimento 700-800 riescono ad avere la testa fisica e mediatica del corteo, non è per merito loro ma per demerito di tutti gli altri. Loro hanno quei numeri perché noi altri non siamo in grado di mettere in campo un pensiero politico, culturale egemone.
L’antipolitica/allusioni di riots non crescono per capacità intrinseca ma per mancanze altrui – mi permetto di dire, le nostre
@Wu Ming 1: le domande che poni sono pertinenti, ma a mio parere dovremmo anche domandarci se questa area che concepisce lo scontro sociale e la lotta di classe solo nei termini riduttivi del ribellismo da strada abbia voglia di trovare degli sbocchi politici alla sua collera. Non lo darei per scontato e lo dico sottoscrivendo la necessità di un lavoro in tal senso.
Quando hai scritto New Italian Epic il dato più rilevante dal punto di vista di una prassi politica del lavoro culturale (noi intellettuali, narratori, teorici, compagni di strada) era, a mio parere, l’invito a restare nel popolare, a creare prodotti che sapessero parlare al più ampio numero di persone possibile senza dimenticare la natura intrinsecamente politica della narrazione (le asce di guerra da dissotterrare).
Non pensi che qui si corra il rischio di cadere nell’atteggiamento opposto, nella logica dell’avanguardia rivoluzionaria che ad un certo punto si volta indietro e non vede più nessuno, perché è andata troppo avanti?
Come facciamo a tenere insieme le due cose? Soprattutto è possibile?
Su questi argomenti non ho risposte, almeno non le ho adesso, ma solo dei dubbi.
@ flavio
“Non pensi che qui si corra il rischio di cadere nell’atteggiamento opposto, nella logica dell’avanguardia rivoluzionaria che ad un certo punto si volta indietro e non vede più nessuno, perché è andata troppo avanti?”
Lo penso eccome. Infatti sono molto, molto preoccupato.
Salto dentro perchè sabato a Roma c’ero e sono 2 giorni che cerco di farmi un’opinione, dopo aver vissuto, letto e visto di tutto credo di essermela finalmente fatta: Deluso da tanto dilettantismo.
Ho smesso con le manfestazioni da qualche anno ma ho ricominciato sabato semplicemente perchè ero incazzato e volevo un modo per sfogare questa rabbia. Violento-non violento? Non prendiamoci in giro: tanta gente come me portava i volantini in una tasca e gli occhiali da nuoto nell’altra, gli scontri erano nell’aria, il vero dubbio per tanti era se partecipare oppure no.
La prima delusione è stata l’organizzazione del corteo: gestito veramente male: concentrazioni altalenanti, buchi, ordine di marcia controverso, pochi camion. L’idea che dava era quella di una placida rassegnazione alla “vada come vada”. Inoltre la notizia che serpeggiava era quella di sfondare ai fori imperiali per invadere P.zza Venezia. Evidentemente la notizia era arrivata anche alle forze dell’ordine visto il dispiegamento di mezzi e un secondo assembramento a P.zza Venezia (Curiosi? Turisti? Rinforzi?). Fatto sta che all’incrocio non è successo niente e sembrava che, paradossalmente, sarebbe stata una manifestazione pacifica.
Il vero inizio secondo me è stato l’incendio in via Labicana, lì la polizia ha mosso i blindati attraverso via Capo D’africa (presumibilmente per far arrivare i Vigili del Fuoco) ma, arrivati sul posto, hanno dimostrato di capirne meno dei manifestanti: lacrimogeni a casaccio, una squadra schierata a fermare la via, un’altra che invece fa passare dal lato sinistro, code di blindati bloccati manco fossero al casello di Roma Nord. Se si cercava lo scontro serio qui potevano succedere davvero cose inimmaginabili ed invece la scena che mi porterò a casa sarà quella di un poliziotto che prende a sberle sul casco un collega strillandogli “Ma che cazzo state facendo?”.
La cosa poi è proseguita come tutti ben sappiamo.
Tante discussioni secondo me sono fuori luogo: non c’è organizzazione o regia, ma semmai la dimostrazione della mancanza di queste. La vera anomalia italiana è tutta qui.
Io ho letto l’intervista con le dovute pinze, e non sapevo che impressioni avere. A dirla tutta mi ha perturbato: perché ho pensato a Chiomonte, ai compagni a casa (tanti amici), sapendo che l’onda lunga sarà: allora è vero, sono dei bordellari professionisti, quindi è giusto gasarli, pestarli duro. Perché era intervista funzionale alla celebrazione della violenza e da militante mi sembra davvero assurda.
Se non è un pezzo alla Numa (e me lo sono chiesto). Sui mille in piazza, tendo ad avere idee contrastanti:
scusate, io certe cose le vidi con i miei occhi. Vidi una scena simile a questa, e anche se non avevo la telecamera, me la ricordo per bene.
http://www.youtube.com/watch?v=wzWdYsgo_yM&feature=related
La valle è altra storia, altre cose. Là gli occupanti sono vestiti di blu. Io tifo per Gargamella.
@ giangi
Ecco, sottoscrivo in pieno questo: “Se pezzi di movimento 700-800 riescono ad avere la testa fisica e mediatica del corteo, non è per merito loro ma per demerito di tutti gli altri. Loro hanno quei numeri perché noi altri non siamo in grado di mettere in campo un pensiero politico, culturale egemone. L’antipolitica/allusioni di riots non crescono per capacità intrinseca ma per mancanze altrui – mi permetto di dire, le nostre”.
@ Giorgio
che la valle sia “altra cosa, altre storie”, non ho il minimo dubbio. Può darsi che a luglio siano venuti anche “bordellari professionisti”, per carità. Ma la forza di quella cornice mi sembra dimostrata da un fatto: la mobilitazione dura da anni, e non si è ancora registrata la situazione da cui metteva in guardia Flavio poco fa, ovvero non c’è un’avanguardia fuggita tanto in avanti da non avere più dietro nessuno. Le scelte e le pratiche vengono il più possibile condivise. Avrei preferito mille volte che il movimento nazionale apprendesse anche solo un 10% di quella lezione, anziché lanciarsi nel solito percorso obbligato della manifestazione nazionale, ma tant’è… Non si piange sul latte versato.
Soprattutto, non si piange sul latte versato mentre in tutta Italia sono in corso perquisizioni e fermi, e la rete viene usata come gigantesco strumento di delazione. Tempi durissimi ci attendono. Ulteriormente durissimi.
secondo me al netto dell’uprising mondiale, che ne esce intatto, a Roma e’ andato in scena un vecchio spettacolo reincorniciato in un palcoscenico diverso.Le dinamiche che ho potuto seguire erano identiche a quelle da stadio e non mi stupirei se i partecipanti fossero anche gli stessi, sicuramente le forze dell’ordine erano le stesse, mi sembra che gli scontri fossero predefiniti e seguissero un veccchio schema che va avanti dagli anni 80/90, cosa cambia questa volta ? Cambia il frame (odio chi abusa di questa parola sorry) non piu’ i derby, che nel vuoto pneumatico degli scorsi 20 anni erano gli eventi catalizzatori, ma la protesta politica evento catalizzante odierno, i manifestanti hanno lo stesso ruolo dei tifosi pacifici ,forniscono la cornice dello scontro. Per finire penso che a roma 2 eventi si siano uniti: un italian calling reale e crescente che sta’ prendendo forma ed il classico stantio scontro tra forze del disordine e hooligans nostrani. L’uprising Italiano e’ la novita’ e non ne conosciamo il futuro , gli scontri con modalita’ predefinite sono il passato e TUTTI li conoscono benissimo.
@opellulo
Sottoscrivo “tanta gente come me portava i volantini in una tasca e gli occhiali da nuoto nell’altra, gli scontri erano nell’aria, il vero dubbio per tanti era se partecipare oppure no”
Lascio anche io il mio contributo linkandovi questo testo di un sito “vetero” per alcuni ed attualissimo per altri. Interessante il superamento o almeno il tentativo di valicare la contraddizione violenza/non violenza facendo dei doverosissimi distinguo.
http://www.webalice.it/mario.gangarossa/sottolebandieredelmarxismo_politica/2011_10_mario-gangarossa_doveva-essere-un-giorno-di-festa.htm
Quali sono le *nostre* mancanze? Perché non abbiamo saputo trovare sbocchi più politici a quella collera?
Le domande di @wuming1 (scusa per l’attribuzione sbagliata di prima) mi sembrano tutte valide per due motivi.
Primo: non siamo come la grecia. Se fossimo come l’Atene che dall’omicidio di Alexis non ha fatto che aumentare in piazza il proprio uso della forza, se fossimo a quel livello di esasperazione, gli scontri di ieri sarebbero stati veramente generalizzati.
La situazione di sabato invece mi sembra sottoscrivere quello che dicono @gianpi e @opellulo “tanta gente come me portava i volantini in una tasca e gli occhiali da nuoto nell’altra, gli scontri erano nell’aria, il vero dubbio per tanti era se partecipare oppure no”. Se era così per gente come noi, immagino cosa dovesse essere per persone ancora più lontane, come prospettiva politica, all’uso della violenza.
Insomma, non raccontiamocela, non era rabbia generalizzata quella di sabato, erano professionisti presi bene. Che poi in piazza San Giovanni l’adesione si sia allargata spontaneamente a causa della reazione della polizia, questo è vero, ed è un segno di salute nella testa della gente.
Il fatto che non siamo come la grecia, non in questo momento, significa che adottare quelle pratiche ora, qui, significa farlo con coscienza politica dei modi e degli obiettivi. Un lavoro che dobbiamo fare dall’inizio alla fine. E che non è stato portato in piazza sabato, o almeno, non si è avuto voglia di farlo.
Due, ma non voglio ripetere ciò che già abbiamo detto in molti. Quelli di sabato sono stati stereotipi, da entrambe le parti. E non è certo così che facciamo la rivoluzione.
Infine, nota brevissima. Anche se qui naturalmente non c’è chi sostiene l’intelligenza politica della distruzione di sedi bancarie, evidentemente il gesto genera ancora il vecchio fascino. Ma qui c’è un gap profondissimo da colmare, a mio avviso.
Come possono ragazzi della mia età ritenere ancora i bancomat i luoghi simbolici di attuazione del potere? Sono ben altri i simboli che dovremmo attaccare.
Le icone del nuovo sistema sono, credo, da cercarsi altrove. Non so, nelle agenzie di controllo di internet, nelle case e nei palazzi dove risiedono i nuovi massoni, nelle pubblicità che ci educano ancora ad amare la merce prossima come noi stessi, nei luoghi dove il lavoro è considerato un asset come un altro che si può anche non pagare. E sono solo alcuni casi, ce ne potrebbero essere molti altri.
@ Flaccidia
Mi riferivo a mamme&nonne come categoria di “vittime innocenti”, che quasi sempre vengono sbandierate dai media come esempio della crudeltà dei nichilisti violenti in momenti come questi: per come la vedo io, il passo successivo a questo atteggiamento è l’invito alla delazione – cosa che sta facendo Repubblica in questi giorni.
Per carità, tu hai ragione nel dire che proprio le mamme precarie e le nonne private della pensione dovrebbero essere le prime a scendere in piazza, però credo anche che in piazza bisognerebbe andarci sempre con la consapevolezza di ciò che può accadere: qui a Roma tutti sapevano che al corteo del 15 ottobre sarebbe scoppiato qualche casino e far finta di niente e dare la colpa agli anarchici brutti e cattivi è un’ipocrisia bella e buona.
Tra l’altro, di solito sono gli sbirri che si accaniscono spesso e volentieri contro la categoria in questione, dunque di che stiamo parlando?
Oggi Repubblica presenta una fotogallery con un tenero dialogo tra un celerino e una giovane manifestante al corteo dell’altroieri: si intitola “una carezza dopo il caos”.
Non so te, ma a me fa vomitare: ho visto troppe volte i celerini accanirsi nello spaccare la testa di ragazzine inermi in mezzo ai casini delle manifestazioni per bermi ‘ste cazzate.
Spero di essermi chiarito, e non preoccuparti di non voler alzare delle polemiche: alla fine siamo qui apposta :)
Un saluto.
@opelulo
anche io c’ero, ed anch’io era un po’ che mancavo. Ero a fianco di *questi* sin dalle prime macchine bruciate in via cavour e sono arrivato in san giovanni scappando come tutti dai caroselli di idranti e blindati dopo la carica in via labicana.
La tua lettura è davvero centrata, ma vorrei aggiungere una cosa, secondo me la cosa più interessante che esce dal 15ottobre è l’arretratezza, anzi no, la distanza tra il *Movimento* quello con la M maiuscola che si crede tale, ed il movimento fisico, quello di chi faceva avanti e indietro contro i blindati e gli idranti in piazza sabato. C’è una distanza siderale, non c’è nemmeno comprensione.
Sono anni che ci diciamo che anche i Centri Sociali sono ormai ceto politico e mai più di sabato mi è parso vero. Distanti (in larga parte anche fisicamente basta vedere la loro cronistoria in diretta degli eventi: http://bit.ly/pQIt9I ) anni luce da questa marea di ragazzini e ragazzine di piazza san giovanni che non se li filano nemmeno e secondo me in larga parte manco sanno chi siano Casarini e company…
Anche la lettura di infoaut (decisamente più sensata e almeno non al limite del delatorio come invece le denunce degli united for global change) fa capire che la folla di san giovanni non ha nessun legame diretto nemmeno con loro (a dispetto di quanto dicano repubblica e manganelli). Insomma, siccome sono d’accordo con WM1 quando risponde a @ cicciput86, mi sa che ci conviene iniziare a discutere di come fare a incrociare questa generazione.
@Wu Ming *, @Don Cave e tutti gli altri che stanno descrivendo la possibilità/necessità di altre forme e metodologie,
avevo lasciato un commento in precedenza, ma forse ero stato un po’ “brutale”, senza raccontare a sufficienza.
insieme ad un po’ di persone facciamo strategia tecnologica e l’articolo che avevo linkato più su mostrava uno dei tanti metodi che usiamo, insieme a forme più dirette come andare di persona nei posti e portare tecnologie e pratiche (per esempio a Really Free Schools a Londra, durante le occupazioni tedesche dell’anno scorso e di continuo in diversi posti in italia).
c’è consapevolezza della necessità (e opportunità) di inventare nuovi modelli. drasticamente nuovi.
tecnologie e tecniche non sono più un problema: abbiamo tutto quello che ci serve per organizzare manifestazioni differenti, che usino la città in modo diverso, emergente, dinamico e creativo, causando effetti visibili e tangibili, scompigli reali e capaci di far arrivare messaggi, usando mezzi di trasporto, presenze inaspettate e ricombinanti, reti digitali e gli infiniti “schermi” (nella definizione più ampia che si può dare a questo termine) che costituiscono la maggior parte delle superfici visibili delle nostre città e che sono presenti nelle tasche di ognuno di noi, nelle nostre case, negli uffici in cui lavoriamo e nei posti in cui tentiamo di rilassarci o di comprare un paio di calzini.
nuove scritture sul mondo, sulle città, sui corpi.
si può immaginare, progettare e attuare qualcosa di differente.
si può?
@opellulo @giangi,
Sì, ma il fatto che uno avesse degli occhialini non significa che si sia messo a bruciare automobili, almeno spero. Anche perché a livello politico e operativo serviva a poco o niente.
Che poi uno sia preparato al fatto che ci siano scontri con degli occhialini lo trovo abbastanza logico. Solo alcuni incredibili parrucconi possono scambiare un casco, degli occhialini e una maschera antigas per delle armi. Certo, faccio fatica a non dire che molotov e bombe carta non lo siano: mi sembra che la differenza stia tutta lì. Molti avevano i caschi e gli occhialini, magari una kefia e dei limoni. Certo le mazze le avevano meno persone.
E nessuno – nessuno – aveva un servizio d’ordine decente, altrimenti gli 800 di qui sopra non sarebbero riusciti a muoversi come mosche in uno sciame.
Siamo alla farsa! :-D Ecco il famoso “infiltrato” di sabato: http://www.iltempo.it/politica/2011/10/17/1293742-uomo_nero.shtml
@sirfr
Non trasformiamo l’intervista di Repubblica in un frame. “professionisti” in piazza ce n’erano pochi.
C’erano alcune centianaia di “neri” organizzati, e alcune migliaia di ragazzi scesi con la consapevolezza o la speranza che scoppiasse il casino per starci dentro.
Ero in p.zza San Giovanni quando sono arrivati gli idranti e ci sono rimasto un po’. La mia percezione è che tra i ragazzi che stavano lì, e un po’ tiravano un po’ guardavano, ci fossero ben pochi professionisti degli scontri di piazza.
Un professionista non piazza cassonetti a mo’ di barricata nella via di fuga principale e nemmeno mette le reti dei cantieri edili in mezzo ad una strada per fermare dei blindati (tutte robe invece che avrebbero ostacolato e fatto cadere chi ipoteticamente voleva scappare dalle cariche).
Difficile percepire una regia in quei minuti.
@WuMing1: un romanziere non avrebbe saputo inventare una storia così ridicola :-D
Un’analisi della conversazione sul 15 ottobre nei social media. Ci siamo anche noi:
http://www.segnalezero.com/globalchange-conversazione-social-media/
@simone78
Invece i “professionisti” che conosco io molte volte fanno cretinate del genere.
A volte per bruta incapacità, altre purtroppo perché forzano alla propria pratica di azione (stare li a menarsi, oppure subire le cariche e prendere le botte per rivenderle sui giornali) pure i presenti, per bearsi poi del fatto che allo scontro hanno partecipato “le masse”.
Aggiungici l’uso strumentale dell’assemblea (se decide quel che vogliono loro è l’unico strumento democratico riconosciuto, se no semplicemente se ne fottono e fanno quel che gli pare) e completi il quadro.
Aggiungici che hanno una sigla identificabile, vendibile e venduta ma attaccano sempre gli altri gruppi con la storia che “vogliono eterodirigere il movimento”.
Ecco, credo che i soggetti in questione si individuino abbastanza in fretta.
Dopodiché è *ovvio* e pacifico che allo scontro, anche se parte dai “professionisti”, si partecipa in massa: per autodifesa, per imbecillità, per rabbia che trova il canale di sfogo, ma negare che lo scontro fosse premeditato e diretto è irrealistico.
Altrettanto pacifico è quello che diceva all’inizio WM1: ormai il format del grande evento ha lo scontro come parte del “pacchetto”, stupirsene a posteriori è tanto ingenuo quanto credere alla “rabbia spontanea”,si sapeva da giorni e non s’è riusciti a evitare (perchè? io la risposta non ce l’ho, se non quella, banale, che non mi verrebbe da far servizio d’ordine con l’dea che se uno si mette a far casino lo meno io per fermarlo).
Fa riflettere, e mi ha molto impressionato, la notizia che “scorreva” questa mattina su Rainews. I manifestanti buoni stanno inviando alla digos i filmati che hanno girato durante la manifestazione.
una cosa da brividi
“Strano paese il nostro nel quale siamo tutti iper garantisti, ma appena la lesione viene fatta al nostro patrimonio o a un nostro caro vorremmo dei super poliziotti, dei Robocop con le maniere forti per tutelare i nostri beni o i nostri affetti. Sì insomma siamo poi quelli che parcheggiamo in doppia fila per i nostri comodi e inveiamo contro il Vigile che ci multa e poi appena un tipo occupa 15 cm del nostro passo carraio invochiamo l’intervento immediato della polizia per la rimozione del veicolo che ostacola il nostro diritto di passaggio.
Siamo quelli che vorremmo che la polizia allo stadio menasse sempre i tifosi dell’altra squadra e in piazza i sostenitori dell’altro partito.
No i conti non tornano. Qualcosa non funziona anche nel rapporto cittadini e forze di polizia”.
http://www.asaps.it/34760-Quando_la_polizia_si_sente_isolata_e_non_%C3%A8_solo_questione_di%C2%A0_Black_blok%E2%80%9CSbirro%E2%80%9D,_%C2%A0modello_impiegato,_con_scarsi_mezzi_e_garantista%C2%A0%28ma_ti_voglio_come%C2%A0Robo…html
sembra che in questa discussione [tanks to one & all] si arrivi a sfiorare dei nodi nevralgici per poi immediatamente reimmergersi nell’ oblio dei fatti ‘come sono andati’.
in questa chiave penso che si possa parlare anche secoli senza nulla cambiare. perchè quello che è chiaro e che a Roma ognuno è andato con il suo capitale antagonista, chi con il casco chi con l’ombrellino parasole, e fra questi qualcuno con l’occhialino da piscina del nonsisamai.
a mio parere dovremmo ragionare sul fatto che:
* nell’immaginario globale questa giornata aveva un’altro taglio (e magari una volta tanto provare a sbrigliarsi dalle forme solite poteva solo far bene al Mov.It.)
* una percentuale altissima che si è mossa per Roma pensava a tutt’altra cosa.
Qua ho letto: ‘chi voleva fare o sapere di + poteva venire alle riunioni organizzative’. Quali, quelle dei Cs o dei partiti? Ma chi l’ha detto che questa data apparteneva a qualcuno? Non è saltata a nessuno in mente l’idea di andare ad un appuntamento per cercare di interagire con la gente, quella mista fatta di tante anime e lì, in quel frangente far nascere dal confronto le alleanze e le scintille per il cambiamento?
il 15O poteva essere a mio parere anche un occasione per superare la stasi in cui il movimento si trova, creare sinergie e dare fiato alle rivolte di domani.
è questo che mi da il nervo oggi e sembra che la storia del nostro movimento non ci insegni nulla. Dobbiamo ancora analizzare genova-le difficoltà delle pratiche nei CS- le carenze progettuali sulle economie alternative eppure…riteniamo ancora valide pratiche di autoreferenzialità scontate come la merda.
http://www.radio24.ilsole24ore.com/radio24_audio/2011/111017-melog.mp3
A melog (Radio 24) ne hanno parlato. al minuto 25 un partecipante agli scontri parla di rabbia sociale non necessariamente del tutto organizzata.
@xina.
Una cosa non capisco del tuo intervento: “Non è saltata a nessuno in mente l’idea di andare ad un appuntamento per cercare di interagire con la gente, quella mista fatta di tante anime e lì, in quel frangente far nascere dal confronto le alleanze e le scintille per il cambiamento?”
Chiedo venia ma, se non si riesce ad interagire con la “poca” gente che frequenta CS e sedi di partito, come sarebbe mai possibile farlo in una adunata oceanica come quella di san giovanni?
Non è una domanda retorica…è che so proprio ignorante io.
Piesse: Grazie WuMing per lo spazio dato ad una discussione tanto articolata quanto sensata. Ma ‘ndo state tutti quando ce stanno assemblee e riunioni? :)
@ rockit
Non ho detto che non era premeditato, anzi probabilmente lo era anche da quella massa di migliaia di persone che individualmente ci si sono messi in mezzo.
Il mio intervento era solo per ribadire che non si è trattato di un giochetto di pochi brutti, cattivi e molto ben organizzati, che la realtà è più complessa, ed a volte anche buffa. Vedere un ragazzino che a mani nude raccoglie un lacrimogeno per scacciarlo e si ustiona (scoprendo così che il fuoco brucia), fa anche un po’ sorridere.
Per il resto condivido la valutazione di WM sul Grande Evento Unico Finale, è il frame che spiega meglio quel che è accaduto, accade o potrà nuovamente accadere se perseguiremo nella coazione a ripetere.
Da un punto di vista politico, per il futuro, mi preoccupa più che altro lo speaker del camion di sanprecario che entrando in piazza san giovanni afferma che è merito ed un orgoglio entrare in piazza con la polizia alle spalle che spara lacrimogeni e spruzza con gli idranti, “che quello è il modo migliore di entrare in piazza, che loro stavano facendo conflitto sociale e non una passeggiata di testimonianza”.
A mio avviso quello spezzone, nero e in quel momento in fuga, aveva fatto testimonianza tanto quanto i “passeggiatori pacifisti”.
@canenero secondo me è proprio lì il punto, partire dalla lettura delle nostre forme interne di comunicazione, scambio e crescita. Analizzare le forme superate e mutarle, sturdiarne di nuove e non riproporle ad infinitum…
sorry non so se mi son spiegata :) e che in questa vita militante ho capito che la prima rivoluzione da agire nel qui ed ora in primis è dentro me stessa e poi in centri concentrici intorno a me [collettivo, famiglia,quartiere,***]
@simone78
D’accordo su tutta la linea. Solamente io lo speaker del san precario lo piazzavo appieno tra i professionisti, e quella forma di esaltazione del conflitto è esattamente quella che intendo come esaltazione e premeditazione accazzo dello scontro, con tutto quel che ci va dietro.
Purtroppo siamo sempre troppo buoni: con la storia dell’unità dei movimenti si nascondono nomi, scazzi e divergenze che prima o poi saltano fuori.
Io ho il massimo rispetto per i compagni che ancora convivono con sto sistema cercando di portare il tutto a casa, personalmente però ormai ne sto più lontano che posso.
Rimarco solamente che l’unico metodo depotenziante che vedo è la rinuncia al Grande Evento e la diffusione della lotta.
L’alternativa sarebbe un servizio d’ordine (invocatissimo in questi giorni) pronto a stoppare *fisicamente* (leggi: a sprangate) chi ricorre all’assalto fisico. Posto di averne le forze, sarebbe una pratica che a me ripugna.
@ rockit
Comunque faccio presente che quando una manifestazione è organizzata, si stabilisce prima qual è la cornice. Chi la accetta sta dentro, chi non l’accetta o rimane fuori o assume il rischio di essere cacciato via dal servizio d’ordine (del quale in certi casi non puoi fare a meno). Figurati che dieci anni fa le cornici erano talmente ampie e articolate che ad esempio a Praga (AD 2000) si stabilirono tre cortei distinti. Uno “pink” (musica, balli, tamburelli); uno “white” (tute bianche: disobbedienza civile protetta); uno “black” (oggetti contundenti, bottiglie, etc.). Prova a immaginare quale dei tre cortei riuscì a raggiungere il luogo del convegno della Banca Mondiale…
E’ vero che a Genova lo schema delle piazze tematiche saltò del tutto e anzi, la strategia delle forze dell’ordine fu quella di far collassare una piazza sull’altra per fare di ogni erba un fascio e seppellire il movimento. Però, appunto, si trattò di un piano premeditato e pianificato politicamente.
L’altro giorno a Roma era il caos da una parte e dall’altra. Un caos ampiamente preannunciato, al quale molti compagni sono andati incontro con rassegnazione. E sarà il caso di ricordare che a quella manifestazione aveva aderito un’organizzazione sindacale come la FIOM, non solo centri sociali e no tav. Tutti rassegnati a farsi mangiare in testa da qualche centinaio di ragazzini e ragazzoni che applicano la concezione più luddista e riduzionistica della “lotta di classe”: distruggere bancomat, incendiare auto, ingaggiare battaglia con le forze dell’ordine.
Insomma mi pare che qua in Italia si voglia fare tanto la voce grossa, ma alla prova dei fatti esca una specie di gridolino in falsetto e il ruggito di rabbia finisca per essere quello di qualcun altro. Non lo dico guardando le cose da fuori, sia chiaro, mi ci metto dentro, perché tutti ci siamo dentro. A me stesso in particolare dico che le narrazioni, per quanto indispensabili possano essere, non bastano. E forse manco la rete. E che il problema resta quello delle forme politiche, di una generazione che deve trovare da sola affermazione e sintesi, senza interlocutori di sorta.
E però, che cazzo dobbiamo fare? Per rispondere a canenero che chiede dove siamo quando ci sono le assemblee, ecco, stiamo qua, dove ci trovi, a discutere e soprattutto a tenere aperto uno spazio in cui sia possibile farlo (ché non in tutte le assemblee si riesce). Perfino a presidiarlo con il servizio d’ordine e a buttare fuori qualcuno, quando serve. E mica fa piacere.
questa discussione mette in luce tutta una serie di questioni che credo siano illuminanti e che difficilmente portano ad una soluzione unica e definitiva. ho letto con estremo interesse tutto questo trovandomi spesso in accordo su questioni tra loro discordanti e ho tentato di darmi delle motivazioni.
un indignato non violento non è una figura semplice e piatta. credo che in ogni persona che si indegna ci sia una forma di violenza o almeno il bisogno di indirizzare la propria indignazione verso qualcosa (o qualcuno).
sento la necessità di distinguere la violenza deliberata di chi distrugge una banca, un’icona religiosa, una macchina. dalla violenza a mio avviso giustificabile di chi si scaraventa contro un blindato (o cinque blindati cosa da non sottovalutare) che ringhia tentando un’improbabile gestione della folla (di cui fatico a vedere la funzionalità).
vedo una violenza necessaria e una violenza cieca. e mi sento di condividere quella necessaria. fatico a comprendere un’indignazione totalmente mite (non sto parlando di pacifismo ma di mitezza) perché non mi è propria. parlerei al massimo di indignazione autocontrollata. non violenta perché tarpata.
vedo anche una strategia perdente in entrambi i casi (violenza di reazione al blindato e violenza distruttiva) ma questo è un altro discorso. vedo una disfatta a roma. e sento la necessità di nuovi modi perché la rabbia che io stessa sento non ha nulla di pacifico e forse cambiando i modi ritornerei a riflettere sulle alternative.
Sono almeno 10 anni che non partecipo più ad una manifestazione perché non mi sento più rappresentato dallo strumento della manifestazione. Ho seri problemi a comprendere come una manifestazione che molti vedono come “bella”, “con canti e balli”, “molto colorata”, etc etc, possa rappresentare la mia incazzatura, la mia indignazione.
Ormai da tempo penso che le manifestazioni vengano organizzate più per motivi catartici che per altro, ci si ritrova ci si diverte un po’, si spera di cambiare il mondo, ci si sente meno soli.
Anziché abbandonarmi a dietrologie su infiltrati vari (la notizia che Di Chio fosse il “palo della banca” circolava già da ieri nei commenti stessi delle foto su Facebook, ma che il popolo ha bellamente ignorato), non posso fare a meno di chiedermi il perché di una manifestazione nazionale. Perché mentre altrove si organizzava eventi a decine per ogni nazione (951 città in 82 paesi) solo da noi si è deciso la *Grande Scadenza Unica Spettacolare*? Perché mentre altrove si sceglieva una *occupazione* da noi si optava per la *sfilata*?
Ho provato a cercare in rete le motivazioni di queste scelte, ma con scarso successo. Magari, visto che qui c’è molta delle gente che ha partecipato davvero attivamente può darmi una risposta convincente. Perché io non riesco a togliermi dalla testa che se fosse vero che c’è qualcuno che si stava preparando addestrandosi per una possibile rivolta, non possa essersi dato anche da fare per prepararsi il campo.
cito da altro canale
@a …creare consapevolezza che questo sistema di cose, prima ti ingrassa e poi ti strangola. Non è che all’inizio degli annio 60 ci fosse un mondo in piazza. Ma culturalmente hanno inciso molto più del decennio sucessivo. La crisi del capitalismo è crisi per ingordigia non per modello. E si deve schiacciare il tasto della ingordigia di pochi su tanti.
@o si certo… quello e’ anche facile da trasmettere ma poi? non esiste una classe politica in grado di recepire , il Movimento (intendo quello storico) e’ inadeguato anche quando non fa i disastri di sabato
nuove forme organizzative non ne vedo
e poi ho paura che ci sia una contraddizione di fondo
vada come vada la prospettiva e’ quella di un cambiamento verso il basso del nostro stile di vita e di consumo
e son convinto che di questo non ci sia una reale piena consapevolezza
il capitale sta riorganizzando la distribuzione del potere d’acquisto da noi occidentali verso i paesi emergenti
si prospetta un adeguamento verso il basso sui livelli dell’est europa o del magreb
a vantaggio di consumatori cinesi, indopakistani, brasiliani e sudafricani
anche purgando le caste il processo non cambiera’ se non marginalmente
non c’e’ una soluzione reale a questo se non quella di rimettere in discussione il nostro stile di vita, la nostra abitudine ai consumi e questa e’ la parte piu’ difficile di cui la piazza non riesce a dare risposte organizzative.
nel locale si stanno formando esperienze e anche aggregazioni ( tipo reti di contadini e produttori, gruppi di acquisto critici ) ma servono soluzioni poltiche piu ampie strutturanti, serve produrre un pensiero e una pratica
in questo momento penso sia meglio fare dei meeting che dei cortei e pensare ad azioni versus i grossi centri commerciali (mica sfasciarli e nemmeno autoriduzioni quanto piuttosto dei blocchi )…
Vi ringrazio per questo post, proprio perché avevo voglia di capire stasera ho letto tutta la discussione. Fatica.
Dopodiché iniziai a scrivere un commento, che per la lunghezza diventò un post sul mio blog.
Purtroppo non ero a Roma Sabato scorso ma mi trovavo in Argentina 10 anni fa, quando scoppiò il cacerolazo. E vorrei riportarvi una testimonianza, se pur a quell’età avevo all’incirca 14 anni, di come ho vissuto quella situazione e quella manifestazione alla quale si ispirano molti indignados.
Trovo che possa essere utile perché me l’avete fatta venire in mente voi, specialmente WM1 quando parla di manifestazione dispersa e non confluita verso un unico punto.
Da: Plata Quemada – #15ott
riporto i passi che spero vi possano interessare:
“Tutti parlano del senso di questa manifestazione. Io ancora non l’ho capito, non in pieno. C’è chi si ispira al cacerolazo successo in Argentina. Lo ritengo sbagliato, per i motivi che elencherò e perché in quell’ocasione si protestava a causa di un fattore scatenante ben preciso. Come ho scritto sabato (Cogito ergo #15ott) io sono del parere che questa manifestazione vada contro tutto il sistema capitalista, ed è per questo motivo che l’appoggio. Tuttavia il sistema in cui viviamo comprende i partiti che ne fanno parte, cosa che pochi hanno capito, meglio così, perché siamo in Europa e non appena lo capiranno non verranno a manifestare.
Argomenti a favore del #15ott citando l’Argentina ce ne sono a bizzeffe, ma si scordano che America Latina è un continente del terzo mondo. Non si può pretendere di manifestare contro il sistema capitalista mentre con una mano alzi la tua bandiera rossa e con l’altra twitti dal tuo iPhone, 500 euro, Apple Store. No. Non puoi. Neanche con il tuo HTC, Cristo.
[…]
Nel 2001 mi trovavo in Argentina quando è partito il corralito, banche bloccano i conti, cacerolazo, ministro di economia e presidente fuggono in elicottero. Vittoria? Dipende.
Quel giorno me lo ricordo benissimo, nonostante avessi all’incirca 14 anni. Stavamo finendo la cena, la TV era accesa e all’improvviso il ministro Domingo Cavallo – a cui avevano concesso più poteri del solito, lo chiamavano il ministro dei “superpoteri” – compare in tv nazionale, il che significa che interrompeva qualunque trasmissione (anche quelle della rete privata) per annunciare che da quel giorno in poi non potevi togliere i tuoi soldi dalle banche.
Certo, a me della situazione economica del paese non mi fregava niente, a quell’età figuriamoci, ma quando all’improvviso inizi a sentire dei rumori strani per strada, che vengono dalle case, a quel punto inizi a preoccuparti.
Vorrei porre molta attenzione su qualche fattore fondamentale:
1 – hanno toccato le tasche della – se pur in minoranza – classe media del paese (e anche della piccola aristocrazia). La classe operaia, povera, era già messa come il porco da tanto tempo.
2 – la reazione è stata totalmente espontanea.
3 – è successo ovunque.
Il terzo punto è importante perché il fatto che sia successo in qualunque città del conurbano bonaerense, e non soltanto in “Capital Federal” (la nostra Roma) ha permesso a persone come me, ragazzi di 14 anni, di recarsi al centro e vedere cosa succedeva. Quando Wu Ming 1 fa enfasi sul “occupy everything” ha ragione sì, poiché così facendo la violenza non scoppia subito. Infatti, le sommosse in Argentina sono successi i giorni dopo, c’è stato un climax, nonostante la tempestiva “Provocazione Culturale” successa nella stessa sera. Mi spiego subito.
[…] l’azione si propaga per tutto il paese. Cosa fa il governo, in particolare il Presidente? (che da noi è premier e presidente insieme, ha pieni poteri esecutivi)
Il genio di De La Rua dichiara “Estado de sitio“, una legge che vieta alle persone di circolare in gruppi per strada, […] questa legge non veniva messa in atto dai tempi dei militari. Ecco, perché la chiamo “Provocazione Culturale“, perché cercare di calmare le acque usando un richiamo ad un periodo ancora sensibile, ancora tabù, non era una gran strategia. Quello è stato come soffiare sul fuoco, e se lo scopo era aizzare la folla potete starne certi che ci è riuscito in pieno.
Chi era rimasto in casa si è unito, una pentola in mano e dritti al centro, della propria città. È così che è iniziato, ma è finito in modi che nessuno si aspettava. Dopo un anno hanno sospeso il pagamento del debito verso il FMI, la Banca Mondiale, certo, ma perché le conseguenze sarebbero state pressapoco uguali se lo si faceva, perché il paese in base agli interessi l’aveva già pagato più di una volta. In Italia è diverso, questo è un paese – ancora – “ricco“.
Qui la gente pensa che il cacerolazo è stata una manifestazione pacifica, ma non sa che lo è stata finché i bambini e la gente pacifica era rimasta per strada. Perché il bambino ad un certo punto si stanca, lo porti a letto e il giorno dopo alle medie. Il giorno dopo, la manifestazione ha iniziato a confluire verso un’unico punto: La Casa Rosada (il nostro Montecitorio).
Ecco, il giorno dopo è stato un macello, saccheggi, morti, rivolte, polizia che reprimeva senza motivo seguendo ordini dall’alto, si alternarono 7 presidenti in pochi mesi. Un paese rimasto devastato, che il mese succesivo continuava a mettere i soldi nelle banche, che continua ancora oggi a votare partiti populisti, i Peronisti, ora in vesti di sinistra (piena di demagogia). Dopo quel casino segui l’inevitabile, la svaluta monetaria, la crisi che colpi talmente forte da lasciare per strada tante persone. Tra cui mio padre, ed ecco il motivo per cui sono in Italia.
Ora, tornando ai giorni nostri. Mi resta ancora un interrogativo, ci vuole la fame per mobilitare il popolo? (link: Italia non ha fame) Sembra di sì perché da quel che vedo l’indignazione è la risposta occidentale alla famelica voglia di rovesciare tutto che il terzo mondo ha messo in atto.
Non dico che non ci sia bisogno di “indignazione borghese” per fare la rivoluzione, anzi c’è bisogno di tutti, delle mamme e dei bambini che occupino Wall Street, perché i tempi, per rivoltare tutto, non sono ancora arrivati. Non fraintendetemi, condivido in pieno l’acampada e le manifestazioni di occupy everything, ma lo faccio poiché le vedo come un mero inizio, come l’inizio di qualcosa di più grande, che deve ancora arrivare.”
—————–
Personalmente mi trovo d’accordo con la posizione di Collettivo Militant, non in pieno ma capisco e condivido perfettamente quando si dice che qui si sta manifestando contro tutto il sistema. La cosa però non è ben chiara.
@xenia
è che sono già sposato, altrimenti ti sposerei: la rivoluzione va fatta dentro le nostre teste e poi in quello che le circonda.
Ottimo e abbondante.
@Wu Ming
Io ho sposate te invece, o meglio le tue tesi in questo caso, ma resta un problema di fondo. Io non sono così convinto che ci fosse tutta ‘sta rassegnazione ne*compagn* che sono andati alla manifestazione. Io non ci sono andato rassegnato. Ero ancora sul treno quando arrivavano le notizie della macchine bruciate a v. cavour, ma ancora non si capiva se erano avvisaglie o il gesto di qualche cane sciolto. Riprendendo il discorso di xenia, che mi pare vincolante per qualsiasi sviluppo si voglia dare a quello che è successo, perchè non prendersi la briga di rivedere VERAMENTE tutto? Perchè non eliminare una volta per tutte i blocchi e le limitazioni di un discorso che assume come improponibili certi assets, certi modi di organizzare (fosse anche solo il manifestare)? Perchè respingere a priori qualsiasi ipotesi nella ricerca di questi sbocchi? Servizi d’ordine? Partito? Movimento?…
e chi l’ha detto che non si possa ripartire da li?
Ma chi l’ha detto che ogni volta bisogna sempre ripartiure da zero. Ma sarà possibile, per una volta, cercare di ripartire da 1 e mezzo?
Sarà una questione anagrafica, ma io a ricominciare tutto da capo proprio non ce la faccio. Non ce la faccio a considerare vecchio e stantio tutto quello che ho fatto e che ho condiviso in ..anta anni di politica e di attivismo.
Poi mi assumo le mie responsabilità, come sento (e la cosa mi fa un piacere assurdo) stanno facendo molti che intervengono qui: non ho cambiato un cazzo e forse (forse) ho anche peggiorato le cose.
aripiesse: vabbeh…e allora vorrà dire che frequenterò più spesso le vostre pagine!
(grazie ancora e complimenti vivissimi!)
partendo da xina…
d’accordo sulla necessità di far nascere altre linee di comunicazione e di pensiero.
D’accordo sulla perplessità di far nascere una cosa nel genere in un CS o una sede di partito dove, prima di far nascere nuove forme di comunicazione, c’è da fare un lungo lavoro sulle vecchie pratiche, solide, con-solidate dure a essere scardinate, con la paura (mia) che non restino abbastanza energie da investire nella pars costruens. (quando leggo o sento il “con” di “consolidato” nei contesti di partito, non so perché ma mi scatta in mente di numero più che di qualità… la forza d’una pratica come somma di monadi che interagiscono tra loro solo per apposizione e non quella di parti che s’uniscono e fondono e interagiscono le une alle altre)
in disaccordo sull’andare ad un grande evento un po’ così… senza piani ma ricettivi e comunicativi all’ascolto e allo scambio di idee su cui fondare nuovi discorsi… mi sa tanto di quella buonafede di chi vuole accarezzare un leone…
Concordo in larga parte con WM4 ( e l’esempio di Praga mi torna in testa da ieri sera).
Sul perchè questo avvenga e come evitarlo mi rimangono due problemi:
A. L’assemblea
Per quello che continuo a vedere lo strumento assemblea (o almeno cosi’ come e’ utilizzato) non mi pare adatto a costruire questo tipo di sapienza collettiva.
B. Gli scazzi
Mi pare che il tasso di “conflittualità interna”, forse accentuato nel panorama romano ma non so, blocchi larga parte dei processi di riflessione e dialogo necessari (e @MyBrainIsThere credo accentui questo aspetto).
Sul primo scoglio, qualche idea ce l’avrei, sul secondo sono a corto di soluzioni (o almeno idee)… :-(
Non so perchè si continui a parlare di disfatta, chi aveva deciso che quella di sabato dovesse essere la battaglia campale? Perchè era una scadenza mondiale? mi sembra assodato che in nessun’altra parte del mondo era vissuta come La Scadenza e che i movimenti continueranno a proseguire nei propri percorsi. forse il problema è che abbiamo sotto gli occhi il fatto che non c’è il Movimento Unico Italiano, e che sabato è c’è stata la dolorosa presa d’atto di percorsi diversi e separati che non hanno trovato un collante (e non è detto che lo trovino, e non è detto che questo sia un male). poi se il problema è che non abbiamo l’appoggio dei mezzi di comunicazione
@wm4
Io sono perfettamente d’accordo, figurati.
Il primo punto di tutto, e mi scuso se con gli interventi precedenti l’ho un po’ tagliato fuori, è che ci sono dentro pienamente pure io, con le mie mancanze, incapacità e pigrizie a condizionare.
Diciamo che provo a fare quel che posso, mi metto (ora meno, in passato di più) a disposizione, però a un certo momento mi trovo in difficoltà.
Il problema che io sento di più è quello che si trova nell’intervento di masaccio, ed è ovvio che sia così visto che abbiamo la stessa militanza politica, abbiamo girato negli stessi posti, siamo pure omonimi, fa tu, anche se lui è molto più paziente: certe pratiche diventano per forza escludenti. Se metti a ferro e fuoco una città chi vuole, anche radicalmente, fare altro si trova la celere nel mezzo, fine.
Le discussioni, riunioni, assemblee mi spiace dirlo ma servono fino a un certo punto: alla fine proprio i campioni dell’assemblearismo se ne fottono del concordato e vanno dritti per la propria strada.
Ora “cacciarli dal corteo”, senza che ci prendiamo per i fondelli, vuol dire fare a botte di brutto. Cosa che a me già spaventa di suo, ma in questo caso disgusterebbe: perché poi sono le stesse persone che finita la manifestazione trovo a casa, e fuori dalla manifestazione motivi di fare a botte non ne ho; perché massacrare la gente di legnate per farla star ferma è roba da celerino, e non da me; perché porcaputtana mi piacerebbe pure stare in un posto civile in cui il celerino di cui sopra mantiene l’ordine pubblico, cioè certi soggetti li ferma lui, senza lasciarli indisturbati e senza cercare d’ammazzarli di botte, e se proprio devo decretare la morte delle istituzioni preferisco evitare di farlo legnando altri manifestanti, per quanto mi stia sul gozzo quello che fanno.
Mi pare qualcosa oltre il “servizio d’ordine”.
Ecco io a forza di andare avanti così mi stacco, guardo da fuori, alla fine finisce che a parte discutere qualche volta vado e vengo dall’attività diretta, e ogni volta che mi ributto in mezzo mi passa la voglia in rapidità.
Finisce che discuto anche di una manifestazione a cui, anche per questi motivi, non sono andato, cosa che mi piace poco ma ormai ci son dentro.
Sono contraddittorio, lo so, ma la vedo dura essere sicuri al cento per cento in situazioni del genere.
non so se può servire … http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/10/16/roma-il-racconto-di-un-autonomo-niente-comizi-la-piazza-si-conquista/164274/
Segnalo che già vengono invocate leggi speciali:
http://www.repubblica.it/politica/2011/10/17/news/reazioni_corteo-23358219/?ref=HRER3-1
PS: preziosissimo giap, come sempre
Io sono piuttosto d’accordo con quanto hanno scritto Quadruppani & Bianchi, nel loro intervento riportato da @girolamo.
Premetto che è fondamentale:
1) Interrogarsi su manifestazioni alternative alla Grande Scadenza Unica. E mi pare che ci stiamo provando, gli esempi non mancano, le idee neppure.
2) Comprendere quale proposta culturale offrire a chi va in piazza per manifestare il grado zero della rabbia ( A questo ci serve evitare l’alternativa secca violenti/non violenti, teppisti, professionisti, infiltrati….)
3) Praticare il dissenso (ovvero: organizzare la lotta quotidiana) e non limitarsi a manifestarlo, nei prossimi giorni e mesi, in maniera incisiva.
Detto questo, io comincio a pensare che la manifestazione di Roma non sia stata un insuccesso, se appunto la piantiamo di specchiarci nei media ufficiali per vedere quanto siamo “simpatici”.
Una manifestazione si fa appunto per “manifestare”: è un momento della lotta e certo non il più importante. Serve a mandare un messaggio e a mio parere quel messaggio è arrivato.
Bologna sarà pure una città particolare, ma io ho passato la domenica in giro e anche stamattina ho fatto qualche sondaggio per strada, al bar: tanta gente usa proprio il frame che noi rigettiamo (violenti/non violenti) per dire che “quei ragazzi hanno ragione”. Il che, lo sottolineo mille volte, non significa che quel frame “va bene così”, o addirittura “ci è utile”. Quel frame porta Di Pietro a invocare una seconda Legge Reale e alcuni manifestanti a denunciare i violenti con i filmati. E sono queste le conseguenze più gravi e negative del 15 ottobre.
Ma quanto al messaggio della manifestazione, quello secondo me è arrivato forte e chiaro, tanto che molte persone “non-violente” fanno salti mortali logici per dare ragione ai manifestanti AL DI LA’ della guerriglia strillata dai giornali.
Il risultato di questi salti mortali non è affatto positivo, non ci piace, dobbiamo comunque sparigliarlo. Ma quei salti mortali, secondo me, sono il segno di qualcosa.
La marea non è stata oscurata e ora deve stare bene attenta a non ritirarsi.
@santiago
…ma no per favore. Basta co sta storia dell’iphone e dell’htc o del cazzabubbolo del cellulare! Ma chi l’ha detto che devo e posso manifestare solo se ho un nokia o non ho affatto un cellulare.
Ma poi scusa…ma il tuo blog lo scrivi con una olivetti?
Il tuo discorso comporta un errore di fondo, a mio modestissimo parere: io non mi faccio portavoce delle necessità e delle disgrazie di chi è povero o di chi non ha il cellulare. Io non mi faccio portavoce di niente e di nessuno. Io non cerco una battaglia da portare avanti. Io cerco persone con cui condividere un progetto che possa mettere d’accordo chi ha un iphone e chi non ce l’ha.
Possibilmente nel reciproco rispetto.
@canenero
Me ne rendo perfettamente conto che il mio nokia non ha lo stesso prezzo ma vale quanto l’iphone o il htc di chi protesta. Se ho scritto quello è stato mezzo provocatorio, ne sono cosciente.
Il messaggio che volevo dare era propedeutico all’idea di fondo: io sono convinto che Italia è ancora un paese ricco, perché ho vissuto altrove, in un posto dove non c’è tutta questa agevolazione materiale. Credo che c’entri. Come si discuteva a pagina due, se non sbaglio era uomoinpolvere, sosteneva che qui la gente ha ancora qualcosa da perdere, ma ciò non toglie che si possa, debba, trovare un motivo in comune per manifestare e protestare. Io sto dicendo che se volevano spaccare tutto per me bisognava aspettare. Ed ovviamente non puoi fare questo discorso in una manifestazione, per cui il problema sta nel capire “come” si manifesta. La modalità di cui parla Wu Ming 1, farlo in diverse città e non confluire tutti sullo stesso punto, è una chiave di lettura vincente, secondo me.
Ma se il problema è che critico chi va a manifestare con un iPhone in mano allora non hai capito il messaggio che volevo dare. Probabilmente è colpa mia, insomma mi hanno sempre insegnato che “se non ti capiscono la colpa è tua”
@canenero,
sul fatto di ricominciare da zero… sì, ti capisco… e questo è uno dei punti su cui mi sto arrovellando di più…
Abbiamo detto, il 14dic, che lasciavamo agli universitari il diritto sacrosanto di decidere le forme della *loro* lotta, che prendevamo atto che quel giorno fosse stato *necessario* fare così, ecc. Giusto, giustissimo. Facciamo un passo indietro. Diciamogli: ehi, noi siamo stati a Genova, se vi va vi diciamo com’è andata, magari il nostro racconto può servire…
In fondo, anche noi ce lo siamo sentito dire (io, almeno, sì, e fin dalla metà degli anni 80, appena all’inizio delle superiori), ma non so, devo scavare molto nella mia memoria per ricordarmi cosa avevamo risposto, a quei “fratelli maggiori”.
Ogni generazione di “piazza” deve avere il suo Evento Campale? quello che decide *chi sta fuori e chi sta dentro*? mi sembra che così mettiamo in scena ogni volta un nuovo inizio, e avanti non riusciamo proprio ad andare. Sì, come si è già detto, sa tutto, troppo, di “estetica dello scontro”, e poco di pratica utile.
Si dovrebbe (ri)cominciare a ragionare come persone che portano avanti un discorso antico, già parlato da molti, usando parole già dette, pensieri già pensati, collettivi; e insieme come persone che inventano un discorso nuovo, che usano strumenti nuovi, parole non ancora dette, capaci di leggere/interpretare/intervenire su un contesto che muta nelle sue forme (mentre il contenuto fondante permane nell’iddentico)…
“qualcuno con l’occhialino da piscina del nonsisamai.”
@Xina
Ecco la definizione mi calzava a pennello venerdì: ho sempre proseguito in una strada di analisi, comprensione e nonviolenza, una strada faticosa e sempre in conflitto con quel piccolo fascista interno che alberga nella parte più antica delle nostre teste.
Il fatto è che, dopo tutti questi anni, la frustrazione è cresciuta a livelli difficilmente controllabili: venerdì avrei sì rischiato di sacrificare salute e fedina penale ma per un gesto che ne fosse valsa la pena. Non mi interessa un “tafferuglio da stadio” con le forze dell’ordine, se invece si fosse trattato di un’occupazione dei simboli del potere beh, avrei alzato il cappuccio, estratto la sciarpa e mi sarei buttato sotto…
E non credo sarei stato il solo.
Il problema, e ritorno al mio primo post, è che azioni del genere richiedono un livello di organizzazione alieno alle molteplici e conflittuali anime dei movimenti nostrani; così si finisce sempre con la “Manifestazione Unica”, che è comoda perchè dà visibilità con uno sforzo minimo (talmente minimo che venerdì sventolavano bandiere per referendum avvenuti 4 mesi fa).
Spaghetti Riots – da uno che ci è andato con i pupi
Quest’anno ricorre il mio personale ventennale dai primi scontri in piazza. Era il febbraio 1991, vigilia dell’ultimatum di Bush senior a Saddam. Prima guerra del golfo. In piazza un corteo nazionale con tutte le sigle possibili e almeno 200,000 persone. Non ricordo se ci fossero gli scout, ma di sicuro noi studentelli senza partito con i nostri striscioni di istituto sfilavamo compatti e ingenui. All’epoca si parlava dell’Autonomia. Della loro pratica di “alzare il livello dello scontro”, insomma di aizzare la polizia e cercare di coinvolgere la piazza nel conflitto violento con le FFOO. In occasione dei grandi eventi si ritrovavano da tutta Italia a Roma. Il tutto si risolveva in fuggi fuggi, cariche, botte. Gli antagonisti erano loro, ma non erano molto apprezzati, vista la reiterazione di una pratica imposta a tutti i manifestanti. Erano considerati residuati degli anni ’70, ma in effetti avevano una loro base sociale e sindacale. Ecco, ricordo che quel giorno, negli stessi luoghi del 15 Ottobre, successero cose molto simili.
Negli anni 90 l’ondata di occupazioni di CSOA fece spazio a quella generazione di pischelli cresciuti durante e dopo la Pantera, che vedeva nella piazza un luogo di libera espressione e di autorappresentazione. Si occupano le strade i carri con i sound system, che gli eredi dell’autonomia valutarono come una deriva piccolo-borghese. Il Forte e molti altri CSOA erano presi da mille problemi e dalla quotidiana militanza, per pensare che ai cortei si doveva pure fare a botte con la polizia o con i servizi d’ordine delle altre strutture organizzate. Inizia l’epoca della allegra disorganizzazione di piazza.
Poi Genova, che segue a Praga, Seattle…ovvero il tentativo di mettere assieme, attorno ai palazzi dei meeting bersagli dei movimenti, le diverse pratiche di lotta, conflitto, festa, sberleffo, violenza.
A Genova sapevamo tutti che ci sarebbero stati i BB, solo che nessuno sapeva dove sarebbero andati. Pochi mesi prima l’area della Conferenza di Banca Mondiale e FMI fu divisa in quattro spicchi. Ogni pratica aveva il suo spazio. A Genova, oltre alla follia delle FFOO, abbiamo visto una “nuova” pratica del BB: brucio, spacco e scompaio. Scompaio dentro la pancia del corteo. Mi traviso, mi cambio i vestiti. E se affronto i plotoni, mi serve farlo vicino ad altri pezzi di manifestazione, come copertura e per coinvolgere altri nella guerriglia. Un BB all’italiana, insomma.
In questi ultimi dieci anni le cose, in Italia, non sono cambiate. Al BB, ai duri dell’area dura del movimento, piacciono tanti i riots stile UK 2011, in Piazza del Sol non avrebbero avuto niente da dire. Sono 500/1000 in tutta Italia, al massimo della loro organizzazione, come il 15 Ottobre scorso. Se scendessero a fare riot nei nei loro quartieri, come in UK, non avrebbero nessuna forza da impiegare. Non si tratta di riotters senza nulla da perdere. Non si tratta, insomma, di rabbia sociale. Ma di pratica politica, che trova nell’iconografia Black l’unica innovazione rispetto a 20/30 anni fa….
Sentire i portavoce del movimento che non sanno/possono/vogliono risolvere queste dinamiche che sono sempre subite e che annichiliscono il loro modo stare in piazza – oh 300.000 autoconvocati sono un capitale incredibile per l’opposizione sociale- sentirli balbettare in tv solo perché alcuni ackune decine di bravi compagni, una volta caricati dai blindati all’inseguimento dell BB, giustamente resistono, mi pare rappresenti il problema da risolvere.
Proposta, la prossima manifestazione nazionale facciamola fare solo al BB, vediamo cosa ne esce….
Se si continuano a cercare simpatie all’interno del panorama giornalistico/televisivo italiano credo si sia completamente fuoristrada.
Chi ha il culo per strada sa benissimo che il frame violenza/non violenza non esiste, i momenti di contraddizione oggi si argomentano sul terreno della violenza produttiva/distruttiva in ogni sua forma, sul partito di classe/politica di movimento più libertario.
Chi non vede che gli scontri di Roma hanno acuito le contraddizioni parlamentari di gruppi quali SEL, PD, Grillismi, Pdci, IDV ecc. e che quindi sono da considerarsi come espressione di una vasta area MAI rappresentata negli ultimi anni da blocchi di partiti filo-confindustriali/gandhiani è cieco o fa finta di non vedere.
Se non è una vittoria questa.
Non solo, perchè il movimento avanzi in ottica rivoluzionaria , e per rivoluzionaria non intendo di certo la pratica ONE DAY SHOT o il terrorismo bensì la tendenza ad acuire in ogni modo le contraddizioni di classe per la lotta al capitalismo, è necessario che si delimiti, questo comporterà perdere per strada qualcuno, manna dal cielo!
Perchè anche io sono convinto che le manifestazioni di massa debbano essere contaminate da parole d’ordine quali lotta di classe, consigli di fabbrica ecc. ma se all’interno della manifestazione, un grillino al quale dai un volantino da leggere firmato con una falce ed un martello, te lo restituisce tirandotelo in faccia accartocciato, bè qui c’è qualcosa a monte che non torna.
scusate lo sfogo.
Il problema principale in questo momento è il fatto che ci troviamo arroccati sulla difensiva e sotto l’attacco degli elementi moderati ed elettoralistici.
certo scopro l’acqua calda, ma l’unica strada possibile è quella della autodeterminazione e autorganizzazione del/dei movimenti
e comunque questo video la dice lunga sull’intervento delle forze dell’ordine in Italia, e su quanto sia mancato poco perché i risultati fossero quelli di Genova 2001:
http://www.polisblog.it/post/11973/video-scontri-roma-15-ottobre-il-blindato-in-mezzo-alla-folla
@santiago
e poi con le tecnologie ci si possono fare tanti giochetti, e non serve nemmeno avercelo per sè. ci sono addirittura operatori telefonici che studiano gli “smartphone da villaggio” per quei posti dove le tecnologie servono ma le persone non hanno soldi o voglia o cultura di averne; o addirittura gli “operatori in motocicletta” in Cambogia.
per esempio se immagini uno “smartphone di gruppo” puoi immaginarlo come uno strumento di azione e coordinamento assai potente.
e immagina anche quando lo combini con i protocolli wireless che molti dispositivi usano per scambiarsi informazioni
eccetera
le possibilità son tante, le manifestazioni possono cambiare, ci sono tanti strumenti, ma tocca mettersi daccordo e usarli insieme
4 gatti… 10 imbecilli… 30 noglobal… 50 devastatori… 100 teppisti… 200 comunisti ortodossi… 500 black bloc…
800 barbari… 1000 estremisti anarchico insurrezionali…
Tutte le risposte alle domande che ci poniamo stanno lì… in quella piccola/enorme massa, minoranza delle minoranze, ma che forse a ben vedere rappresenta un microcosmo assai variegato. Chi erano?
Probabilmente, in questo luogo, non è molto importante sapere chi e come ha organizzato il tutto: Strategie, bombe, assalti, incendi. Non è molto importante sapere chi comandava, chi guidava, chi aveva pianificato e pensato tutto da un anno o più o chi e perchè sfondava una vetrina… Ci pensaranno, si spera, la polizia e gli organi inquirenti.
Il dato oggettivamente significativo è che la frangia violenta e organizzata, la minoranza delle minoranze, era piuttosto copiosa.
Mi sembra interessante analizzare cosa avesse questa massa nera, o almeno parte di questa, nella sua massa grigia… chi sono?
Ho una visione e un incubo continuo da sabato sera…
Aiutatemi a capire se sbaglio…anzi vi prego ditemi che mi sbaglio…
ho visto troppi giovanissimi… ho visto troppi volti di giovani appena risvegliati da uno stato comatoso.
Anime che si ritrovano proiettate di colpo in una realtà che non conoscono perchè la realtà stessa li ha reietti, mentre
loro hanno accuratamente evitato con indifferenza di vederla questa realtà… tanto era inutile (e ne avevano tutte le ragioni!)
Ragazzi che d’un tratto hanno capito che qualcuno li stava fottendo in una maniera nuova… e questa volta era davvero troppo.
Si sono svegliati per la rabbia e hanno pensato bene di seguire i primi che gli dicessero:
“Andiamo a fare la global revolution! ma mica con i fischietti e gli striscioni come i vostri inutili padri, che al massimo tiravano due cazzotti e prendevano 10 manganellate, No! non così! Noi andiamo con le molotov e le spranghe! a far la Rivoluzione!”
E così sono andati a fare la loro rivoluzione… nell’unico modo che conoscono… quello che hanno imparato guardando la TV!
Così hanno fottuto loro stessi e soprattutto i loro coetanei, quelli che erano lì, ma due impalcature mentali strutturate erano riusciti a tirarle su e pensavano, magari ingenuamente, di cambiare il mondo piantando una tenda in una piazza romana… ma soprattutto hanno fottuto tutti gli altri coetanei, quelli che non erano lì,
quelli che stanno ancora dormendo e che davanti a loro avranno come esemplificazione mediatica solo una via. Quella sbagliata. Accessibile in rete.
Ditemi vi prego che non è vero e il mio è solo un incubo…
@xdxdVSxdxd
Sì mi sono anche scordato di dire che non metto in discussione l’uso della tecnologia, anzi va benissimo che si utilizzi per coordinare, la mia era una provocazione diretta verso chi è confuso, verso chi non sa di cosa si protesta. Certo non era diretto a chi sta discutendo qui in questa sede. È finito qui perché ho incollato paragrafi del mio post (ho aggiornato il blog con questo chiarimento adesso ;) )
Riguardo le tecnologie c’è anche da prendere in considerazione la rete libera che hanno creato al Burning Man festival. È totalmente sostenibile e open source.
Parlo da persona che sabato si è trovata accanto decine di incappucciati armati di mazze. Da persona che è stata fermata da incendi e bombe carta. Da persona che ha aspettato con angoscia accanto ad un amico che non trovava la figlia in via Labicana. Da persona che si è sentita dire che quella di S. Giovanni è stata una prova di resistenza.
Io sarò ingenua, stupida, tutto quello che volete. Ma qualcuno mi sa spiegare il significato politico di quanto è stato fatto? Io non riesco a capirlo. Non vedo il senso di bruciare la macchina di qualcuno che ne sta ancora pagando le rate.Forse vedo maggiormente il senso di impedire che migliaia di persone arrivassero pacificamente in piazza, ma questa è una mia idea.
Se qualcuno può spiegarmelo ve ne sono grata.
Micha.
Sono tornato a casa e ho finalmente letto tutti i commenti. Grazie al cielo esiste ancora uno spazio come questo. Chissà se avrò il tempo nei prossimi giorni di provare a fare un discorso più lucido dei commenti che ho lasciato a caldo, mi piacerebbe ma sto per iniziare un lavoro e le incombenze opprimono. Per ora sono costretto a fare ancora un altro commento sconnesso, più sconnesso dei precedenti. Ogni ora che passa mi sento sempre più confuso e meno lucido, scusatemi.
Si è parlato spesso di avanguardia che è rimasta troppo avanti, un po’ meno (ma qualcuno lo ha fatto) di retroguardia che è rimasta troppo indietro. Come quelli che confondono la non-violenza con un pic-nic. O quelli che vanno in panico di fronte ai cellerini fermi a 50 o 100 metri di distanza. O quelli che ancora pensano che ci lasceranno cambiare le cose in Italia senza menarci duro in un modo o nell’altro. (Io mi considero un pezzo di retroguardia che s’è trovato davanti quasi “per sbaglio”.)
Riguardo a quello che ho visto e sentito mi ritrovo abbastanza nel resoconto di Oltracant: http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=5599&cpage=3#comment-8738. Ho vissuto le cose più o meno dalla stessa prospettiva.
Allego questo, che lessi il giorno prima di partire da casa, mercoledì scorso: http://italy.indymedia.org/node/864 Allora pensai che fosse una boiata o il prodotto di un’infiltrazione; ora lo penso ancora ma non posso fare a meno di notare che in molti, evidentemente, hanno contribuito alla realizzazione di questa boiata, e che quasi tutti (mi ci metto dentro anch’io buon primo) abbiano delle responsabilità per quanto accaduto. Sì, penso che le abbiano anche gli impreparati e inesperti come me, e non minori, ma forse tra le più gravi.
Qualcosa di simile al “governo popolare provvisorio” del pezzo delirante su indy forse poteva nascere davvero, in un altro modo. Poteva essere l’inizio di una costituente del movimento. O meglio: non poteva, perché nessun modo tra quelli previsti e auspicati lo voleva veramente. Questo lo abbiamo capito. Non poteva scoppiare la Rivoluzione d’Ottobre come non poteva nascere un’acampada sotto un comizio di Vendola. Non è potuto succedere perché entrambe le opzioni erano merdose: questo ammettiamolo. Non abbiamo vinto perché ci meritavamo di perdere, più o meno tutti. (E la polizia ha fatto il solito, direi che non c’è niente di nuovo su questo piano.) Perché oggi ancora parliamo di come escluderci a vicenda, tra servizi d’ordine e scremature.
Ma potevamo vincere ancora prima del 15, ora è molto più difficile che accada. Forse non impossibile. Penso che il 15 abbiano sfilato le nostre alienazioni. Se lo ammettiamo forse possiamo iniziare a provare a superarle?
C’è una acampada a Torino e ce n’è pure una minuscola a Roma davanti a Santa Croce, a due passi da San Giovanni. Alienazioni anche quelle, molto probabilmente. Ma perché i compagni con più esperienza non vanno a parlarci? Non avete proprio niente da dirci a noi sprovveduti? Dobbiamo venire alle vostre assemblee, muovere il culo, uscire dal grigio?
Sì, questo è vero, infatti come ho detto mi ci metto buon primo io e la mia impreparazione ed “esternità” al movimento nel “gruppo dei responsabili” di quanto è successo. Ma se provassimo a leggere le acampadas italiane come delle richieste d’aiuto e non delle risposte diverse? Come degli spazi e dei tempi che ci concediamo? Se facessimo uno sforzo tutti? Se non dovesse per forza finire a merda ancora? Perché è così che mi sembra stia finendo. Apro Repubblica e ogni volta riduco la stima dei giorni che ci separano dai prossimi anni di piombo. Chissà magari a qualcuno a sto punto inizia a far piacere. Pure io, mentre tornavo annichilito, avevo solo più pensieri neri in testa. E non si rischiarano molto a leggere quello che dice Di Pietro. Ma non penso che debba per forza finire così. Potreste venire nelle acampadas e spiegare che non basta una tenda quechua per fare la rivoluzione, potreste raccontarci la differenza tra occupare un’aiuola e occupare una fabbrica.
Non so se ci vuole un’organizzazione o un partito. Secondo me, più che altro, non ci possono essere oggi. Ci può essere uno spazio di contaminazione fruttuosa? Ci può essere un’altra giornata in cui quelli che il 15 hanno usato la forza per preparare lo scontro di piazza la usino per difendere quelli che montano le tende per restarci qualche mese, in piazza? Qualche mese a discutere dell’inevitabilità della lotta di classe, magari. O della necessità di recuperare un certo discorso radicale sul capitalismo. O siamo tutti perduti?
Io da parte mia faccio buon proposito di cercare di imparare di più. Ci avete insegnato la nostra distanza dalle stelle, ok, cercate di insegnarci anche qualcos’altro, tipo, come raggiungerle insieme.
Mi piacerebbe davvero, se certi CS e certi collettivi andassero loro a provare a contaminare le acampadas, invece di farle abortire per impedire che lo faccia Vendola.
Ma forse sbaglio tutto. Mi rileggo e penso che il senso di quello che ho detto è: “e se mio nonno avesse le ruote?” Però penso che bisogna trovare un baricentro da qualche parte e iniziare da lì. Perché non in un’acampada? Io ne so poco, se qualcuno ne sa di più e mi spiega perché le acampadas non possono funzionare “come domanda e non come risposta” gliene sarei grato.
@unbeinger
se l’unico immaginario possibile è quello televisivo/mediatico e gli unici esempi possono arrivare solo da lì, bhe allora leviamo le tende.
@uomoinpolvere
i miei pensieri si sono sovrapposti con i tuoi.
Io credo che vada fatto uno sforzo nei confronti dei 50 ragazzi che stanno a santa croce in gerusalemme. Insomma nella loro ingenuità e giovinezza (non che io sia molto meglio di loro) io credo rappresentino comunque un punto di inizio. Differente. ieri sono passata poco prima della loro assemblea, erano pochi, giovani, e secondo me pieni di energia. probabilmente manca loro l’innesto, su un ramo forte e vigoroso. sono gli stessi draghi ribelli che stavano al palazzo delle esposizioni (almeno così ho capito), se per dire si unissero, quelli del valle, alcuni del valle, sarebbe già un buon inizio.
A due passi c’è il centro sociale/casa occupata che si chiama sans papier, ad altri due passi c’è il quartiere pigneto, c’è san lorenzo, c’è l’università. I ragazzi dell’acampada secondo me hanno bisogno di una flebo di esperienza. perché non ci si prova?
Intervengo tardi, solo dopo aver ascoltato e letto le voci di tanti e tante, per farmi un’idea complessiva di com’è andata e per cercare di ricostruire le tensioni tra le forze in campo e la loro interazione.
Probabilmente, ripeterò in qualche passaggio cose dette da altri. Me ne scuso e allo stesso tempo, senza piaggeria, sottolineo la maturità di questa discussione. Non è facile parlare di queste cose a caldo e non scadere nel turpiloquio o nella retorica da curve contrapposte.
Dobbiamo distinguere tra i diversi momenti di “conflitto” nel corso della giornata del 15 ottobre. Col rischio di tagliare le cose coll’accetta, bisogna tenere separati fenomeni che sono distinti e che hanno origini diverse. Ciò è utile anche per non cadere nella facile retorica della *rabbia sacrosanta* che si sarebbe riversata contro i tatticismi del movimento nelle sue componenti organizzate. Retorica che a me ricorda molto da vicino l’antipolitica di Grillo e affini, tanto che in rete vedo molte persone pronte a condividere sia il qualunquismo grillino che la facile retorica insurrezionalista.
Le cose stanno diversamente. Le prime “azioni” (quelle compiute lungo il corteo fino a via Labicana) rispondevano a una logica politica (direi anche politicista), erano frutto di una tattica ben precisa: da parte di alcune componenti si voleva impedire che il corteo si svolgesse normalmente e che si arrivasse a San Giovanni. Altro che rabbia spontanea: si è trattato di machiavellismi che hanno coinvolto – loro malgrado – giovani incazzati (e ingenui) che senza saperlo rispondevano a piccole logiche di rivalità tra gruppi e di egemonia di movimento. Una volta chiarito questo passaggio, allora diventa facile comprendere come queste scelte debbano essere oggetto di critica e discussione, come avviene per tutte le scelte politiche, legittime ma opinabili. Altrimenti sarebbe troppo facile: siccome la polizia ti ha caricato sono costretto ad essere d’accordo con te perché altrimenti divento *oggettivamente* colluso con la *repressione*.
Altra cosa sono gli scontri di piazza San Giovanni. Lì è accaduto veramente quanto descrive WuMing1 e con lui altri. Centinaia di persone si sono mostrate disponibili al conflitto duro con la polizia. Spesso si tratta di giovanissimi. In alcuni casi – solo in alcuni – di gente che ha poca cultura politica ma tanta rabbia in corpo. Ora – a meno che non siamo diventati tutti anarco-insurrezionalisti e non ce ne siamo accorti – è evidente che quel fenomeno pone un problema invece che suggerire una soluzione. Ci interroga tutti sulla composizione sociale di quella piazza e sulla natura profonda della crisi e della rabbia che essa diffonde. Contro ogni tentazione avanguardista o anti-politica. Sono due facce della stessa medaglia.
lettera del blocco nero con dei distinguo. affidabile? certo parrebbe avere una logica ben definita e più sensata rispetto al caos che viene definito – erroneamente – black block.
http://letteraviola.it/2011/10/lettera-aperta-dei-black-bloc-a-voi-pacifisti-dedichiamo-un-vaffanculo-testo/
Scrivo per la prima volta, ma seguo questo spazio da tempo.
Vorrei spostare radicalmente il problema di fondo sotteso alla giornata del 15:
mancanza di obiettivi, nulla di più. Se non riesci a mettere d’accordo un’assemblea sugli obiettivi di una manifestazione (che oltretutto dovrebbe essere il momento aggregativo di un lavoro politico ampio e duraturo), nemmeno ha senso farla alla maniera delle “sfilate”. Indignarsi oggigiorno è facile, più difficile è arrivare al nocciolo della questione: l’obiettivo. Ecco, non voglio esagerare, ma un po’ vorrei provocare: A Sestri Ponente gli operai della Fincantieri stanno occupando il cantiere che gli stanno chiudendo sotto il naso; forse avrebbe avuto più senso andare tutti là e se proprio bisognava sfasciare qualcosa si poteva farlo lì, distruggendo un po’ di quel capitale che si sta spostando altrove affamando gli operai.
Almeno avresti centrato un obiettivo…
Tommaso
Volevo ringraziare la “sbirra” lineadombre per aver dato il suo punto di vista altro (per chi non li avesse letti, i suoi commenti sono a pagina due e tre di questo thread): l’ho trovato l’intervento di gran lunga più interessante dell’intera discussione, e non sono affatto stupito del fatto che –tolto l’apprezzamento di WM1– sia passato del tutto inosservato. Direi che le sue parole dovrebbero essere materia di riflessione, se non fossi estremamente pessimista sull’intelligenza collettiva di questo paese, e sulla sua stessa capacità di immaginare, prim’ancora che produrre, una qualsiasi alternativa praticabile. Credo ci aspettino tempi molto bui, e che ce li siamo meritati.
Buona repressione a tutt*
La reazione è iniziata. Due giorni di condanne levate all’unanimità dalla classe dirigente ipocrita e da mass media patetici e servili. Due giorni di notizie fuorvianti ed incomplete, analisi affrettate, e la volontà di isolare quelli che per loro sono “pochi” violenti. Li chiamano Black Bloc, nazifascisti, sbirri infiltrati. Però battono la pista anarchica, e arrestano ragazzi che scoprono incensurati e non militanti. Una tremenda ma voluta confusione-barra-contrapposizione. Proprio come la manifestazione stessa.
Cosa era, in fondo, questa manifestazione? Uno spettacolare evento mediatico globale, con slogan e simboli comuni, e regia unica, neanche tanto occulta: il dominio del sito 15october.net, coordinatore delle manifestazioni in tutto il mondo, è registrato a nome di Paulina Arcos, moglie di un funzionario dell’Onu, presso un edificio delle Nazioni Unite, 866 United Nations Plaza, New York City. Molto strano, vero?
L’obiettivo della protesta, ovunque nel mondo, era la crisi finanziaria, ovvero i suoi responsabili, al fine di richiamare l’attenzione per chiedere un cambiamento del sistema economico attuale. Già nei giorni scorsi, in alcune città italiane e in molte altre nel mondo, specie negli Stati Uniti, i simboli di questo sistema erano stati presi di mira. Tutto ciò ha avuto seguito nei tumulti di sabato, anche se poi i danneggiamenti sono degenerati in devastazioni a cazzo di cane, ma questo era prevedibile.
In Italia, poiché esiste un problema nel problema, la manifestazione aveva come altra finalità la protesta contro il governo e la classe politica in generale. Quindi, cosa ci facevano in piazza i partiti di opposizione? Erano lì per accattivarsi consensi al fine di prendere il posto del governo in carica e continuare a perpetrare lo status quo (o forse peggio), ma da attori protagonisti di un film la cui regia e sceneggiatura spetta ad altri, ben più potenti di loro. Vedi, appunto, i manovratori dell’evento di indignazione mondiale.
Non a caso, infatti, due illustri rappresentanti dell’establishment economico, Montezemolo e soprattutto Mario Draghi, avevano esternato solidarietà ai manifestanti in rivolta contro di loro. Un vero e proprio paradosso, certo non casuale, che ha contribuito ad aumentare la confusione e la dispersione del fine della protesta.
Volevano un corteo pacifico e festante, continue sono state le allusioni a passeggini e palloncini colorati, nastrini arancioni, famiglie in festa e tanti sorrisi. E invece hanno “scoperto” che molti, sottolineo molti, di noi sono stati indignati per molto tempo, io personalmente credo dal 1988, dalla prima elementare. Ora siamo incazzati. C’è una bella differenza tra i due stati d’animo. Ci stanno scavando la fossa, e pretendono carezze? La patetica esaltazione del perbenismo borghese, poi, altro non fa che irrobustire l’incazzatura.
D’altra parte, io credo che oggi manifestazioni di questo tipo, come strumento di protesta, non siano granché utili: se pacifiche, vengono celebrate e, subito dopo, sistematicamente ignorate; se violente, vengono criminalizzate per fini strumentali. Di conseguenza, nel migliore dei casi si ottiene niente, nel peggiore si può permettere ad un politico di dire “Si deve tornare alla Legge Reale. Anzi bisogna fare la ‘legge Reale 2′, alias Di Pietro, contro atti criminali come quelli di Roma. Si devono prevedere arresti e fermi obbligatori e riti direttissimi con pene esemplari. Non è tempo di rimpalli ma di un’assunzione di responsabilità da parte di tutte le forze politiche per creare una legislazione speciale e specifica che introduca specifiche figure di reato, aggravamento dei reati e delle pene oggi previste, allargamento del fermo e dell’arresto, riti direttissimi che permettano in pochi giorni di arrivare a sentenza di primo grado”
Cose che neanche Kossiga.
Se c’è una cosa che emerge dai resoconti della giornata di sabato è che, mai come altre volte, i piani di lettura sono molteplici e sovrapposti.
jimmyjazz qui sopra mette ben in chiaro due di questi piani: ci sono state azioni di sabotaggio volte ad ottenere un determinato effetto, come ha raccontato efficacemente oltracant. E ci sono state delle reazioni spontanee che di quelle azioni sono state l’effetto cercato.
uomoinpolvere, invece, evidenzia altri due piani dell’evento: il rabbioso slancio in avanti e la’isterica fuga all’indietro.
Anche qui è necessario distinguere, perché se è vero che parte di quella rabbia spontanea vista sabato non ha alcun progetto politico se non l’assalto ai simboli di un Potere che si è delocalizzato, dall’altra parte è altrettanto vero che non si può pensare che chi è fuggito di fronte a questa fuga in avanti abbia una coscienza politica più sviluppata o pienamente sviluppata.
Se non si tiene conto di questi aspetti si finisce per giustificare la rabbia spontanea in nome di una supposta coscienza politica collettiva che nei fatti ancora non c’è (il discorso, per me insostenibile, di chi dice “avete applaudito Tharir, perché non applaudite San Giovanni” ovvero siete dei rivoltosi NIMBY).
Quella coscienza poteva a doveva nascere sabato.
A dispetto di tutto l’Italia non è ancora la Tunisia e nemmeno la Grecia, una coscienza condivisa che il sistema capitalista è sbagliato non è ancora nata, non c’è ancora un contesto adatto perché la rabbia e l’indignazione di alcuni siano la rabbia e l’indignazione di tutti (fatevi un giro su Facebook e vedrete quanti eroi da tastiera e tigri di carta inneggiano allo scontro duro ma sabato erano comodi comodi in poltrona o al massimo hanno fatto un salto nelle varie piazza limitandosi ad arricciare il nasino).
Altri due piani da dipanare: in molti rivendicano che l’azione di piazza di sabato ha avuto come effetto quello di tracciare una chiara linea di demarcazione tra il movimento e i vari partiti pronti a sfruttarlo in chiave elettorale. Abbiamo evitato la strumentalizzazione, riassumendo, è il fulcro del discorso.
Eppure mi pare che si parli ancora troppo poco di quello che per me è un dato fondamentale. Sarò ripetitivo, ma a nessuno è venuto in mente di riflettere sul fatto che Mario Draghi abbia dichiarato di capire le ragioni della rabbia?
Sono il solo a cui questa cosa suona sinistra? Perché se capisco bene sarà usando questa rabbia come grimaldello che Draghi, agitando lo spauracchio di nuovi “anni di piombo” indorerà la pillola e ci farà ingoiare dalla parte del culo di tutto e di più.
Insomma a me pare che per evitare una strumentalizzazione (cosa su cui in linea generale sono d’accordo) si è finiti in una strumentalizzazione ancora più pericolosa, perché questa è l’anicamera di una nuova repressione che colpirà tutto e tutti (Di Pietro ha già cominciato ad invocare le legislazioni speciali, lui che si auspicava che ci scappasse il morto).
@flaviopintarelli
sui rivoltosi NIMBY. Un conto è dire “Avete appaludito Tahrir, perché non applaudite San Giovanni?”. Domanda che a me non è nemmeno passata per la testa. Ma un altro è dire: “Com’è che ai tempi di Tahrir, l’argomento violenza/non violenza non l’ha fatta da padrone?” Le risposte possono essere molteplici, e i distinguo tra la situazione egiziana e quella italiana sono senz’altro giusti. Tuttavia, quando sento fare il discorso che al Cairo c’era un dittatore, che al Cairo hanno fame, ecc. sono certo che per alcuni quel discorso prosegue con “Al Cairo è Terzo Mondo, sono un po’ più selvaggi, qui nella civile & democratica Europa certe cose non si fanno…”. Più che i rivoltosi NIMBY, insomma, temo gli spettatori culturalisti, quelli che la rivolta esotica è per forza violenta, mentre quella di casa no.
Qui c’è un’altra “versione” della dinamica degli scontri… non so quanto realistica…
http://www.letteraviola.it/2011/10/lettera-aperta-dei-black-bloc-a-voi-pacifisti-dedichiamo-un-vaffanculo-testo/
@Wu Ming 2: come la dici tu è una cosa sensata che condivido. L’orientalizzazione delle rivolte l’abbiamo vista più di una volta. Ma se ci si fa un giro in rete e si leggono certi commenti il tono non è “occhio, state orientalizzando le rivolte e cadete in una trappola culturalista così facendo”, ma è proprio quello che ho scritto.
In più a me pare che la dicotomia violenza/non violenza non si sia posta, nel caso di Tharir, perché li era più evidente il carattere “difensivo” e “reattivo” dello scontro (magari sbaglio o sono vittima di resoconti poco veritieri), mentre sabato questo aspetto era molto meno evidente. Io non l’ho avvertito e con me molti altri, anche fra quelli (non tutti) che erano in piazza San Giovanni (cito un tweet postato da un amico che stava in San Giovanni che diceva: “nessuna/poca brutalità poliziesca. Piuttosto brutalità contro una polizia spaventata e disorganizzata”. Visione parziale, ma pur sempre testimonianza)
A parte i contenuti, che per ora ho scorso di fretta, la firma “Quello che chiamate Blocco Nero” (corsivo mio) è il… “tocco di classe” che mi fa pensare non sia scritta da millantatori. Il titolo, invece, è chiaramente di Lettera Viola.
si il titolo non vale neanche la pena commentarlo. effettivamente la spiegazione ha senso, anche se alla fine verrebbe fuori tristemente che delle intenzioni ben precise – “provare ad arrivare al parlamento” – son saltate per i 15enni “teppisti amanti della violenza per la violenza”
Sulla ricostruzione non posso che sospendere il giudizio, perché non c’ero e non ho abbastanza elementi per valutarla.
Ad ogni modo, ancora per chissà quanti giorni – anzi, per chissà quante settimane – si sentirà ogni sorta di campana. E temo che tutto verrà complicato dal “reducismo a presa rapida”, dall’insorgere della False Memory Syndrome, dalle distorsioni più o meno interessate e, last but not least, dalle “soffiate” telematiche di queste ore, dalle perquise, dalle denunce, dagli arresti, che inevitabilmente polarizzeranno le posizioni.
Io le bandiere antifasciste le ho viste in mano a molti “incappucciati”. La lettera può essere anche falsa, ma non credo valga per tutte le bandiere e gli antifascisti incappucciati che c’erano.
Inutile dire che vorrei pure loro a un’ipotetica acampada.
“L’ipotetica acampada”. Io credo, @uomoinpolvere, credo che ci sia molto, molto di buono nel fatto che *tantissime* voci si siano sentite in obbligo di farsi sentire ex-post (dalla poliziotta al ragazzo in nero, dal giovane alla ragazza e ad ogni altr* soggetto), e che la sfida sia quella di saperle tenere assieme, con le proprie diversita’, certo, ma assieme attorno al modo in cui rendere efficace la rabbia, l’indignazione, la non-rassegnazione, o quale che sia la ragione del proprio malessere di fronte allo status quo. Bisogna difendere e far esprimere questa energia con creativita’ e intelligenza.
@vito66
non mi aspetto certo che gli antifascisti militanti piazzino tendine in piazza, né lo auspico. Come ho già scritto nel commento precedente, mi piacerebbe anzi *sogno* che vadano, insieme ad altri, a parlare a quei ragazzi che lo stanno facendo, certo “ingenuamente” e con tutti i limiti del caso, ma che forse nel farlo pongono domande e non pretendono di dare risposte.
@uomoinpolvere
nemmeno io. Infatti pensavo ad una cosa in scala ampissima, ma non concentrata, intelligente ma non inefficace, più simile alla configurazione del sistema che ha originato l’attuale stato di cose. Sennò non so come si possa indebolirlo.
@daxseven: confermo che le intenzioni di molte sigle erano quelle di provare ad entrare in parlamento, chi in modo più simbolico chi meno.
@flaviopintarelli: sull’argomento strumentalizzazione. La discriminante è capire dove andranno a confluire coloro che verranno inondati dai prossimi tagli dettati da BCE. Perchè tra coloro che sono già quasi alla frutta, vedasi Fincantieri Sestri P, i concetti basilari sono già molto chiari, dopo gli scontri di Roma dubito di certo confluiranno su partiti moderati di vario genere, anzi…
Quando Draghi parla di rabbia condivisibile, non parla al lavoratore o al disoccupato della manifestazione, sta dicendo” capisco quelle forze parlamentari che si fanno portavoce di un fenomeno di disagio comune a molti lavoratori e giovani di tutto il mondo. Faremo il possibile per salvaguardare al massimo il welfare state (?????)italiano. Tuttavia le politiche di rigore economico si rendono necessarie per salvaguardare proprio quei lavoratori che stanno a cuore a tutti noi.”
Che sono le stesse identiche parole che avrebbe pronunciato qualora la manifestazione di Roma si fosse rivelata una roba da morti viventi ammaestrati.
E sulle leggi speciali: il via a tali forme di repressione si sono già viste e sperimentate negli stadi italiani, funzionano e hanno anche seguito tra molti tifosi. Solo una piccola percentuale di essi già manifestò contro la tessera del tifoso proprio perchè ritenuta specchio di futura estensione delle forme di repressione su più importanti scenari. E tra loro ci sono, in molte circostanze, gli stessi che lottano per il lavoro davanti alle fabbriche e non solo…
sulla lettera e se può servire alla discussione.
non voglio fare il delatore sia chiaro.
i ragazzini, probabilmente dalle periferie romane, c’erano e creavano bordello (e se ne vantavano in metro).
anche io se avessi potuto non sarei stato molto clemente con loro.
d’altro canto definirli semplicemente amanti della violenza potrebbe essere riduttivo e pertanto essere necessaria una problematizzazione della questione. (per carità potrebbe anche essere vero e in tal caso essere semplicemente dei disturbati).
Anche io credo che l’autore della lettera non sia un millantatore.
Però l’autore sa fare male di conto, visto che pensa 5000 persone su 500.000 sia un numero considerevole. a me pare invece che sia un numero esiguo.
Giudico l’autore un miope così come i tanti come lui che pensano che dopo il 14 dicembre siamo prossimi alla rivoluzione e/o non perdono occasione di paragonare l’Italia, all’Egitto o alla Tunisia.
@vito66
non mi sogno di proporre nulla, non ne so niente. Quello che immaginavo è uno spazio o meglio un tempo (un’acampada se funziona dura molto tempo) in cui appunto soggetti più preparati di me possano confrontarsi e tirare fuori delle idee. In questo senso intendo l’acampada.
E va bene, intervengo. :-) Non ci sono riuscito per due giorni, con mia somma vergogna sono intervenuto prima su RaiTre (dove ho fatto un po’ di caciara con Sallusti e Mughini, scandalizzati che “in televisione si dovesse sentire” che la colpa prima di tutto è di Maroni e della sua polizia) che qua sopra o in altri ambiti di compagni. Ho letto distrattamente, mi sono perso nei video, perché sabato c’ero, ma non basta esserci per capirci qualcosa; ho fatto mente locale e ho cercato di non reagire a pelle. Eppure, già oggi c’è stato chi mi ha dato della spia (?!) perché francamente di tutto quel che è successo sabato quello che mi dà speranza su questo ciclo di lotte è stato quando gli “spezzoni con le bandiere rosse” hanno preso a male parole e a calci in culo i casseur. Potrà sembrare rudamente plebeo, ma in quello non vedo il riformismo della burocrazia sindacale che reprime la ribellione giovanile, vedo in tutta sincerità un’espressione di una sana concretezza proletaria che non vuole che un movimento di massa sia dirottato dal ribellismo lumpen-piccoloborghese.
Piazza S. Giovanni mi sembra un caso diverso e molto complesso. Da un lato, i medesimi casseur (che la stessa lettera del “vero Blocco Nero”, che a me pare credibile, denuncia come “vandali decerebrati”) hanno dato sia in via Cavour sia nella stessa piazza un bel pretesto alla polizia. Se però confondiamo il pretesto con la causa, finiremo per coltivare illusioni sullo Stato, sulla polizia e sulla legge. *Avrebbero attaccato comunque*. Genova insegna: la polizia li usa come pretesto, ma poi *attacca chiunque*. Oggi in TV Giulietto Chiesa mi ha cazziato perché diceva che Roma non è stata come Genova, ma io tutte queste differenze non le vedo: se non ci fossero stati i vandali, li avrebbero inventati e piazza S. Giovanni sarebbe stata sgomberata lo stesso.
Una volta che lo sgombero della piazza finale era iniziato, provo simpatia per chi ha cercato di resistere e credo sia vero che erano di un ordine di grandezza superiori ai semplici teppisti/casinisti; ho anche notato nei video magliette più colorate, copricapo più variegati ecc. Era una resistenza minoritaria – e disconnessa dal grosso del corteo – alle cariche e ai caroselli, ma quella è gente che vorrei vedere incazzata nera sfilare accanto agli operai e alle operaie della FIOM, dell’USB e dell’USI e magari aiutare a costituirne il servizio d’ordine; quella è la gente che in Val Susa si prende gli applausi della popolazione; i vandali mi sembrano invece irrecuperabili e anche molto meno coraggiosi.
Hanno ragione WM quando dicono che uno dei temi è anche quello dell’organizzazione. Il “servizio d’ordine” che viene agitato come una panacea non lo è, ma sicuramente è un passo nella direzione giusta (bisogna poi vedere come viene realizzato e da chi); il fatto che in occasioni come queste la gente normale sia attirata magneticamente verso gli spezzoni della sinistra organizzata a me sembra un fatto positivo e non una vergogna. Confermo di essere della Tendenza Marxista Internazionale e quindi di FalceMartello e quindi di Rifondazione Comunista, e di pensare che se questo ciclo di lotte fa affluire militanti combattivi e indisponibili a compromessi all’interno di quel partito e della FIOM, può essere la volta buona che facciamo saltare il banco. Dopodiché, rispetto altre opzioni e discutiamone, come accetto il fatto che sul modello di partito/organizzazione/Internazionale possiamo scornarci per lustri, ma sull’illusione di restare cani sciolti a vita (i “cantastorie” OK, ma gli altri?) io credo che sia necessaria una riflessione. W i cani sciolti che entrano in un movimento nuovo e gli danno ossigeno, ma non è un fatto positivo se i cani sciolti entrano, con anche tutto il loro entusiasmo e il loro portato di sano scetticismo verso le direttive dei capi e delle burocrazie, nelle organizzazioni esistenti e cercano di trasformarle? Fine dello spot. :-)
Infine, il comunicato di Infoaut che si vanta di aver “rovinato la festa” a chi voleva chiudere tutto con un bel comizio. Mi sembra un comunicato infantile. Innanzi tutto, schiaccia tutto il corteo in una contrapposizione muscolare “Vendola vs quelli con le palle”. Ovvio che c’era un’ala moderata che cercava di cavalcare il movimento in funzione elettorale (primarie ecc.), un’ala che ha un nome e un cognome e si chiama Uniti per l’Alternativa (Rinaldini-Casarini); però dire che l’unico modo per far saltare questo giochetto era buttarla in caciara significa dire che il resto del movimento in sostanza è politicamente debolissimo e può solo dilazionare l’egemonia vendoliana usando un po’ di testosterone. Io non ci credo; io credo che si possa fare un’acampada in cui con la forza degli argomenti e dell’organizzazione l’ala moderata sia messa in minoranza non sulle forme di lotta ma sui contenuti. Tra l’altro segnalo che se nell’ala moderata c’è Luca Casarini (ed è così: http://www.esserecomunisti.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=36362 ), le forme di lotta non sono evidentemente il terreno migliore su cui far emergere le differenze; esiste una tradizione ben nota di moderazione politica combinata con modalità apparentemente molto radicali. Il risultato alla fine della giornata è che chi credeva di averle suonate a SEL si ritrova suonato, le chiacchiere pacifiste-nonviolente che sembravano essere state messe da parte tornano in auge, le rivendicazioni più radicali e incompatibili con un programma di governo neoulivista (prima tra tutte, il ripudio del debito) vengono messe in sordina… Cosa c’è da festeggiare?
Sono quindi pessimista? Direi di no. Il risultato è stato enorme, oggettivamente superiore alle previsioni; credo che molta gente nuova affluirà al movimento e nonostante tutto lo organizzerà localmente (con una giusta diffidenza verso le grandi adunate simboliche); la repressione colpirà più duramente di quanto avrebbe potuto altrimenti, ma come sempre non basterà a fiaccarci: le sbandate pro-delazione mi sembrano più che altro un’invenzione giornalistica e dell’ala presunta dura che vuole infamare tutti gli altri – ma per sicurezza battiamo la grancassa sul fatto che non bisogna avere alcuna fiducia verso lo Stato.
La vera battaglia comincia adesso, ed è una battaglia di idee. Diamoci dentro.
Specifico meglio: non credo all’acampada come modalità di lotta in sé nel contesto italiano. Ipotizzavo la sua utilità come strumento di “formazione collettiva” per tutti quei giovani che si stanno svegliando politicamente e che non si sono fatti mangiare da grillo o dai violacei, e magari come spazio di confronto tra settori diversi dei movimenti.
Proseguo e preciso qui quanto detto altrove (https://plus.google.com/u/0/111969052126928118088/posts/DpKUM6g8LQa):
Trovo, seriamente, fastidioso anche pensare che la colpa di quanto successo sia anche di chi non ha previsto un servizio d’ordine stile MS 1975. È vero, è così. Però non ha senso.
Non ha senso, per me, pensare che alla prossima occasione (che visto come vanno le cose potrebbe essere anche un canonico 25 Aprile) dovrò incanalarmi dietro allo striscione di un gruppo (sia esso PRC, SEL o il Leonkavallo poco importa), dentro un cordone.
Non ha senso, per me, pensare che questi gruppi – autoproclamata avanguardia – abbiano il potere di doverci irregimentare tutti dietro bandiere e striscioni organizzati, pena l’essere alla mercè loro e della polizia.
Perchè questa è la conseguenza. Vogliamo un servizio d’ordine? Bene, ma allora ogni spezzone deve avere il suo e ogni manifestante deve sapere perfettamente in quale spezzone infilarsi in caso di necessità.
E, sinceramente, conoscendo il nostro paese, dall’irregimentamento in gruppi stagni alla lotta (anche fisica) tra i vari gruppi il passo è breve. Non a caso negli anni ’70 gli stalinisti del MS milanese finivano spesso a fare a mazzate con gli anarchici, o coi Trozkjisti.
È quello che vogliamo? Benissimo, basta dirlo.
basta dire che una volta di più non ce ne fotte un cazzo di raggiungere un obiettivo, quale che sia, ma ci interessa solamente dimostrare a noi stessi e ai nostri quattro accoliti che siamo i più duri, puri, ortodossi. Che perderemo, si, ma perderemo meglio degli altri.
Basta dirlo. Che io vado a cercare qualcuno che, invece, sappia guardare un pochino oltre. La punta delle mie scarpe la conosco benissimo.
T.
consiglierei di chiudere la finestra con i tweet dato che si sta riempiendo di inviti alla delazione, raccolta di foto, rallegramenti per arresti ecc…
@ ronin
lo stavo facendo *in questo preciso istante*! Facciamo “flic e floc”? :-D
Tra l’altro, le dirette erano finite, quindi era inutile tenere i widget attivati.
Bisognerebbe far capire ai violenti che distruggere la vetrina di una banca non è un atto rivoluzionario.
Rivoluzionario è CHIUDERE IL CONTO IN BANCA!
E se vogliono il confronto con la polizia e gli arresti, no problem… è tutto compreso: http://youtu.be/WCxg2IDtLgo
Seminario permanente :)
Advice # 1: put your money in local banks: they help the community more than the “too-big-to-fail” banks.
http://www.huffingtonpost.com/arianna-huffington/move-your-money-a-new-yea_b_406022.html
@ ioleoso
il servizio d’ordine ci vuole ma non dev’essere affatto “gruppettaro”, altrimenti siamo punto e daccapo.
Una volta trovato un terreno comune sul piano politico, è possibile trovarlo anche sul piano organizzativo.
Se il terreno comune è quello di classe (e io me lo auguro) la vetrina di un’agenzia interinale che salta ci può stare, ma dare fuoco alla prima macchina che capita a tiro no.
Tirando giù una vetrina non fai certo la rivoluzione, ma neanche facendo un corteo grande e festoso, se è per questo. Oltre a essere momenti utili per incontrarsi e per contarsi, i cortei hanno anche un valore simbolico, per cui il problema non è “fare casino/ non fare casino”, ma dare un senso politico ai conflitti di piazza che inevitabilmente incontreremo, se il movimento – o una parte consistente del movimento – dovesse finalmente marciare su un terreno anti-capitalistico.
@ ioleoso
ho letto con attenzione il tuo testo che hai linkato, ma non sono riuscito a capire, anche sforzandomi, cosa c’entri la posizione che contesti con la mia frase virgolettata con cui affermi di non essere d’accordo. La mia posizione (la riassumo) è: non è stato un manipolo di “pochi provocatori” a rovinare la manifestazione, questa è una spiegazione consolatoria. La manifestazione era “fallata” in partenza, era “pre-rovinata”, per motivi – specifici e generali – che ho e abbiamo cercato di spiegare *prima* e *dopo*. Il vandalismo non è la malattia, ma il sintomo, sintomo della debolezza dei movimenti italiani, dello sbando della sinistra nostrana, del fatto che si fa politica “col pilota automatico”, percorrendo sempre le stesse rotte. E’ come se una nave mercantile avesse continuato a circumnavigare tutta l’Africa per arrivare nell’Oceano Indiano *anche dopo l’apertura del Canale di Suez*! In tutto il mondo scelgono di essere dappertutto, di occupare il maggior numero di luoghi possibile, di essere molteplici e policentrici, noi invece facciamo ancora le “marce su Roma”, annunciandole con retorica da Circo Medrano (“Venghino siori e siore!”), poi ci lamentiamo se al Grande Spettacolo Gratuito In Piazza Al Quale Non Si Può Mancare Per Nessuna Ragione Al Mondo si presentano anche soggetti rissosi e fanno prendere alla giornata una piega che la grande maggioranza dei convenuti non desiderava ma che 1) era del tutto prevedibile, e 2) quasi nessuno ha fatto nulla per impedire (per capirci: impedire cambiando la cornice, non certo con la delazione in tempo reale). Sarebbe meglio dis-inserirlo, ‘sto pilota automatico. Io ho scritto, a nome anche del collettivo, che per il momento alle lagne sulla “manifestazione bellissima rovinata dagli alieni” preferivo la solidarietà a chi in quel frangente era in strada senza sapere che fare, o addirittura stava subendo la repressione. Tu linki quell’intervento, e linki anche la discussione, dove la nostra posizione è stata spiegata e approfondita, e dici di non essere d’accordo, ma poi la posizione che contesti sembra essere tutt’altra, cioè quella di un ipotetico apologeta (o comunque oggettivamente complice) delle devastazioni. Se secondo te il nostro discorso – che al fondo è una *chiamata di correo* per tutti noi e una denuncia delle nostre mancanze – significa giustificare chi ha fatto le devastazioni, a me cadono le braccia. Ma del resto, in queste ore mi cadono ogni dieci minuti o giù di lì. Le riattacco con lo sputo.
Sabato scorso sono tornato a Roma, 4 anni dopo la manifestazione del “20 ottobre”. Chi se la ricorda? Un successo, ci si accontentò quel giorno. Dopodiché dal giorno dopo non cambiò niente né dentro le forze di governo, né tantomeno nelle forze sociali e il precipitare degli eventi portò quello che restava della Sinistra fuori dal Parlamento. Oggi siamo qui a commentare quello che è senza dubbio una manifestazione abortita, un momento sprecato.
Dobbiamo però fare tesoro di questa esperienza, nonostante tanta parte della discussione, anche dentro i movimenti che hanno promosso il 15 ottobre gira attorno alla tossica e perversa dicotomia violenza/non violenza, buoni/cattivi. Mi piacerebbe invece, e ringrazio questa benemerita discussione, provare a discutere di organizzazione/disorganizzazione, centro/periferia, movimento d’opinione/movimento di occupazione del territorio. All’inizio del 2011 questo post http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=2444
ci metteva in guardia sul ritrovarci di nuovo tutt* a Roma.
Per quanto mi riguarda, ci metto la parola fine almeno finché non avrò trovato un modo per esercitare un messaggio politico chiaro, radicale e non fraintendibile nella mia città, Firenze (e ci saranno presto delle occasioni). Le scorciatoie non devono più esistere. A Roma fin da Piazza Esedra ho visto un corteo lacerato, sfilacciato, a cominciare dai suoi settori “pacifici”. Cani sciolti, gente spallata, frustrati irriducibili da anni di sconfitte. Fossimo stati così “auto-dispersi” 10 anni fa a Genova ci avrebbero fatti fuori ancora di più…
Fatemi però tirare un sospiro di sollievo. Che bello, anche nei momenti di più tetra depressione, aver mantenuto cuore e cervello e non aver votato per l’impresentabile Di Pietro!
[…] επίσης μια διηνεκής συζήτηση στο μπλογκ των Wu Ming (ιταλικά), με πολύ ενδιαφέρον. Μερικά απ’ τα σχόλια […]
Tornato da Roma ora. Telegrafico: ciò che è avvenuto si è potuto verificare grazie ad una serie di condizioni materiali; la più incisiva delle quali è stata la mancanza di un coordinamento reale ed esistente, capace di resistere al riot tramite l’utilizzo di cornici differenti.
Le varie posizioni dei vari “pezzi” all’indomani del 15oct dimostrano che il problema è proprio la mancanza di una prospettiva dei movimenti italiani.
InfoAut e Notav.info (non sono molto sicuro che il comunicato postato precedentemente da C.Militant sia ascrivibile alla totalità o anche solo alla maggioranza dei No Tav), due portali “schierati” con una precisa area di movimento, rivendicano la giornata nel suo aspetto di “svacco” più irresponsabile; sostanzialmente affermano che – almeno per *loro* – la giornata ha avuto successo perchè è riuscita a rompere le balle a “gli altri pezzi” presenti in piazza, più che alla polizia (sinceramente, citare SeL, Vendola ed altri protofantasiosi “rischi da istituzionalizzazione” nel quadro della giornata del 15 mi sembra fuori luogo. Non è così che si evitano questo tipo di rischi – presenti o meno che siano).
La cosa allucinante sono i silenzi degli altri portali o dei vari gruppi di movimento: a parte GlobalProject, tutti tacciono (UniCommon, RetedellaConoscenza, San Precario, etc.). Questo silenzio è disarmante. Praticamente il 75% delle realtà che hanno organizzato il #15O non hanno ancora emesso una valutazione della giornata. C’è caos in giro… bel casino!
PS: poi non so; io ho esperienza delle dinamiche di movimento; detto ciò mi piacerebbe poter parlare “senza veli” delle varie aree analizzando le varie composizioni; so anche che questo tipo di ottica è foriera di scazzi assai prevedibili e dunque rimando un’eventuale decisione in merito ai WM (il blog, dopo tutto, è loro!).
dopo aver recuperato fiato, studiato ore di filmati e letto i comunicati affidabili, proviamo a dire qualcosa.
di sicuro il corteo di sabato ha disorientato molti della nostra generazione. pur essendo consapevoli che non sarebbe stata una tranquilla passeggiata, non eravamo attrezzati ad un livello di presenza in piazza come quello che c’è stato. secondo me, per due ordini di ragioni: a) non riconoscevamo nel blocco organizzato delle azioni di via cavour, i/le compagn*di sempre b) a piazza san giovanni l’aria è stata resa irrespirabile e quindi poco praticabile dagli immancabili CS delle FDO.
detto ciò, il disorientamento lungo il percorso di grossi spezzoni di corteo, che nonostante tutto hanno proseguito fino a pzza san giovanni (nulla a che vedere con la deviazione volontaria degli spezzoni di coda come il PRC…quelli si lontani da noi) ,ha comunque ricompattato una enorme presenza a pzza sangiovanni, che direttamente e indirettamente ha sostenuto fisicamente il fronteggiamento in piazzale appio. la volontà di non lasciare quella piazza e di assistere agli scontri, ha dopo poco convinto le guardie che senza sgomberare l’intera piazza con lacrimogeni e idranti, non avrebbero avuto il controllo degli scontri. così è stato infatti, ma dopo lo sgombero della piazza, il corteo ha circondato il blindato dei CC, che è andato a fuoco, panico tra le guardie, esultanza nel corteo.
le guardie erano poche e in visibile difficoltà: sono finiti i tempi di Genova2001 quando sfoggiavano tutti i loro mezzi e la loro potenza.
conconcordo con le letture di questo thread, con Militant, Blicero, wuming1 e altri, sono convinto che una nuova generazione di esclusi, abbia dimostrato che Playstation o centri sociali non sono ricette digeribili per tutt*, c’è una rabbia che non può essere rappresentata, anche s’è bonini ha cercato di fare lo scoop stamattina, da nessuno. la piazza di sabato 15ott non era la piazza studentesca del 14dic, non aveva finalità specifiche come in valsusa, c’era qualcosa in più, ha mandato un messaggio planetario raggiungendo chi doveva raggiungere, (pure quei poverini costretti a manifestare sul marciapiede a newyork..). l’appuntamento con un tale livello di visibilità non poteva essere mancato: al momento stanno occupando la cattedrale di s.paul a londra. stiamo a vedere.
@ maxmagnus
non è solo un problema “spaziale” (cioè relativo a questa sede, al fatto che il blog è nostro), ma anche *temporale*. Sono in corso delazioni di massa, si chiedono leggi speciali, imperversa la dicotomia violenti/non-violenti, c’è in giro un’isteria densissima, accompagnata da paranoie varie. Direi che è meglio se non ci lanciamo in un’analisi delle varie correnti che sia foriera di ulteriori scazzi.
@wm
no problem.
Scusate l’arroganza, ma vorrei provare ad aprire una parentesi. Ritirandomi a casa dopo il “corteo” e leccandomi le ferite (fortunatamente solo psicologiche), ho sentito dire da alcuni amici che quella del 15 ottobre è stata una manifestazione che ha segnato la fine di un modo di fare e di intendere le manifestazioni da 10 anni a questa parte. Ma alla luce di quanto è successo è possibile pensare che le manifestazioni che seguiranno quella del 15 ott saranno realmente diverse? E’ possibile pensare che in futuro i “cortei pacifici” saranno realmente privi dei cosiddetti “black bloc”? Ragioniamo un po’ su quello che si sta dicendo del 15 ottobre romano.
1) I media ci stanno facendo entrare nel cervello che la “nostra” manifestazione sia stata la peggiore a livello internazionale. Perché? Perché i una minoranza violenta ha distrutto la città, delegittimando l’intero movimento “pacifico”. Ma è stato realmente così? A sentire alcuni amici e inquilini anarchici, quella di Roma è stata la migliore manifestazione a livello internazionale e, a giudicare dalle espressioni compiaciute mentre guardano i video su youtube, sembrano pensarlo seriamente. Adesso si aprono una serie di domande che snocciolerò a poco a poco.
2) Le violenze dei manifestanti sono state premeditate o sono la risposta a provocazioni lanciate dalla polizia fascista o da fascistelli infiltrati? A sentire sempre i soliti anarchici, lo sapevano tutti quello che “si andava a fare” a Roma: cioè distruggere la città. Già qualche giorno prima del 15 circolavano su internet (e in pizzeria tra amici) voci sull’attacco ai palazzi del potere e sulla deviazione che ci sarebbe stata al Colosseo, direzione Montecitorio. Quindi mettiamo da parte ogni argomento complottistico e guardiamo in faccia la realtà. Le analisi e i titoloni dei giornali che accentuano “la minoranza violenta” e mettono su un altro piano “la maggior parte delle persone, pacifiche e ignare di tutto” sono da cestinare in pieno. La realtà dei fatti è che in molti, moltissimi, la maggioranza sapeva quello che sarebbe accaduto e si è comportata di conseguenza: A) non si è lamentata perchè ormai il tutto era già stato organizzato (male come giustamente annotava WM1); B) non si è lamentata perchè, sicura di non prendere parte agli scontri, se ne è fottuta allegramente di tutto; C) ha cercato di arginare i violenti (come diceva Britti 1 su 1 milione); D) ha preso parte attivamente agli scontri (minoranza); E) ha subito sulla propria pelle le manganellate della pula (altra minoranza); F) si è dileguata al Colosseo/Fori imperiali (ennesima minoranza). Questo semplicemente per dire che la realtà della piazza e così complessa e seria da lasciarcela spiegare da Minzolini e Mimun.
3) Piccola parentesi su ciò che diceva WM2 sul biconcettuale. E’ vero, è da scemi inneggiare al coraggio dei greci o dei londinesi e condannare a piè pari la violenza nostrana. Ma sul tema “violenza ” bisogna andarci cauti. Esiste violenza e violenza, a seconda dei modi in cui la si applica e a seconda dei fini. Non è vero che il fine “giustifica” i mezzi, ma a volte li “necessita”. Se analizziamo in questo modo la violenza, forse ci capiremo. Le violenze greco-londinesi sono davvero la stessa cosa di quelle del 15 ott o del 14 dic? Chi approva le prime deve per forza approvare le seconde? A mio avviso credo di no. Perchè siamo di fronte a due modalità diverse di intendere e di applicare la violenza. A Londra o ad Atene chi è sceso in piazza lo ha fatto senza “nascondersi” dentro una manifestazione, ma è scesa in piazza per più giorni, e sottolineo per più giorni, a prendere d’assalto strade e luoghi simbolo del potere, in attesa di risposte dal governo (sapevano bene che non sarebbero mai arrivate, ma almeno hanno dato segnali di vita). In Italia questo non è accaduto. Mentre altrove si scende in piazza a “lottare” per più giorni di seguito e per mandare segnali ai parlamentari, qui da noi tra uno scontro di piazza e l’altro passano 10 mesi (14 dic-15 ott). Forse è meglio approfittare di queste manifestazioni organizzate a livello internazionale per ricordarsi che esiste anche una lotta armata? Non sarebbe meglio, per chi decide che la lotta violenta sia l’unica soluzione, organizzarsi in maniera continuativa e non sporadica? Ma soprattutto (e qui tutto il limite italiano di chi preferisce la violenza) non sarebbe meglio assaltare Montecitorio quando non è già blindato in partenza? La violenza a volte paga, a patto che non sia masochista e approssimativa.
Detto questo, e ritorniamo al punto di partenza, voi credete che in futuro le manifestazioni saranno realmente diverse? Che i violenti non approfitteranno di queste occasioni per i loro atti dimostrativi? Ma soprattutto, che bastino semplici atti dimostrativi, uno ogni 10 mesi, per dare un segnale di vita a chi lucra sulle nostre vite? Intanto i pastori sardi hanno le bacche sull’uscio, gli allevatori di tutt’Italia devono pagare multe per le migliaia di mucche che non posseggono, ecc, ecc, ecc…
(scusate la prolissità ma come disse qualcuno “se avessi avuto un po’ più di tempo avrei scritto di meno”)
Il giorno di solito comincia sporco…
Incubo numero Ott
Intro – L’Affresco (Fraterna condivisione, sett/ott.2011)
Militant-Ale (mi pare, nei primi post), (anch’io mi unisco a Wuming nel ringraziarlo per avercene voluto parlare qui) ha descritto sinteticamente e direi fedelmente l’atmosfera vissuta nelle riunioni preparatorie del comitato organizzatore della “Grande Giornata Evento” del 15Ott.
L’affresco che ne ha fatto mi sembra fedele. La scena mi pare posse essere satiricamente e semplicisticamente rappresentata (chiedo scusa data la situazione ma tanto per bilanciare l’incipit lolliano) dal più classico “Dialogo fra sordi”, tipo: “Tu sei un passeggiatore zombie irrilevante, ruota di scorta del sistema, ti facciamo vedere noi come si fa!” vs “Tu sei uno psicopatico tutto slogan e videogiochi, pazzo incosciente ci fai finire tutti al macello!”…
1) Si, vengo anch’io…!
Di conseguenza, come riportato qui in alcuni post, tutti quelli che avevano respirato, direttamente o indirettamente, quella simpatica e fraterna.atmosfera di condivisione preparatoria, avevano deciso di partecipare andando “a testa bassa” (chi con rassegnazione facendo gli scongiuri, chi col casco ed un bello zainetto pieno di buoni propositi) verso l’Inevitabile. Ognuno, sperando che il significato prevalente da imprimare alla “Giornata della rabbia” fosse quello stabilito insieme e cioè il proprio.
2) …No, Tu no!
Da queste incaute premesse credo si possa cogliere meglio il senso di ciò che è avvenuto, al di la dei tentativi di ricostruzione di tipo “reverse engineering” a cui si giunge rimontando a mosaico l’enorme mole di info-foto-video-testimonianze sparpagliat* on line circa la dinamica degli “scontri”, che pure sono e restano degli importanti punti di riferimento.
L’altro elemento che può contribuire a cogliere meglio il senso di ciò che è accaduto credo siano proprio i commenti postati on-line sui vari siti di riferimento (tipo Indymedia, dove a ridosso della giornata “Evento”si poteva leggere il post-manifesto in cui i “Black Boys” annunciavano la propria “buona novella” e che avrebbe poi messo a dura prova la policy del sito… Un’inezia rispetto a quello che sarebbe accaduto dopo!).
3) La posta in gioco
Ma quale era la posta in gioco di tanto generoso attivismo e di tanta fraterna condivisione? Direi la solita di sempre: i “cuori e le teste” dei rispettivi possibili interlocutori che avrebbero potuto aderire all’una o all’altra “verità rivelata” decretando ed accreditando la “giusta pratica”.
4) Il giorno di solito comincia sporco…
E qui veniamo a noi tutti. Cosa possiamo scegliere, ed in base a cosa, nel self-service della pratica/politica, preconfezionata da cuochi tanto premurosi?
E soprattutto possiamo scegliere o piuttosto _dobbiamo_ scegliere, del tipo o bere o affogare? E quanto tempo abbiamo a disposizione? Possiamo pensarci su? Possiamo parlarne?
No troppo, cari compagni(?) troppo comodo, il tempo stringe! “E noi – dicono i cuochi- che ci stiamo a fare, altrimenti? Ti mettiamo davanti ad un bel fatto compiuto, dopo di che o sei con me o sei contro di me!”
Che meraviglia, che bella situazione il migliore dei mondi possibili!
E’ chiaro come il sole che in una situazione del genere, gli spazi di manovra si riducono drasticamente, le “ambiguità” e le “incertezze” si dissolvono, o meglio si _devono_ dissolvere. Gli spazi di manovra (di “libertà”), già non propriamente delle praterie, si restringono e non perchè aumenta la chiarezza e la convinzione ma perchè aumentano i vincoli esterni in cui agire.
Si tratta, mi sembra, di un vero incubo. Ma per altri invece è il terreno ideale.
Si tratta mi sembra di una logica di potere bella e buona, di puro esercizio del potere, cioè della capacità di influenzare, condizionare, determinare la volontà e quindi il comportamento degli altri. E’ il contrario di una pratica che mira ad ampliare e sviluppare le possibilità, i punti di divergenza, la molteplicità, le traiettorie per sperimentare le vie di uscita da questo stato di cose.
4) ”Una beata minchia!” (Cetto La Qualunque)
E’ chiaro che posizionati in un Frame (qui si che ci vuole…) del genere le posizioni dialoganti e non riducibili a queste semplicistiche e ridicole (se non fossero anche drammatiche) logiche da “guerra a tavolino”, sono assai diffcili da sotenere perchè vengono prese in mezzo alla divaricazione che si vuole artificiosamente e deliberatamente creare. E qui faccio esplicito riferimento al la sensazione vissuta da Wu Ming in rete di essere “attaccato da entrambi i fronti”. Posizioni che nella logica pseudo-soggettivista (chiedo perdono…) prodotta dal “tanto ti metto davanti al fatto compiuto” vengono ovviamente stritolate.
Vedi un corteo attaccato? Ti auguri una risposta in massa. O forse sarebbe meglio disertare questa guerra, per ora da videogame, in cui non ci sarà il pulsante “Play again?”
5) Doppio incastro
Si voleva, dicono i ragazzi in nero, fare terra bruciata intorno a qualsiasi ruffianeria politico/elettoralistica dei leadirini di turno (dal basso). Come se la stragrande maggioranza dei partecipanti al “grande evento”, ma anche dei non partecipanti se è per questo, ascoltando il “comizio finale” potesse ricredersi circa lo stato comatoso del sistema politico/istituzionale/elettorale attraverso cui fanno finta di governare l’Italia e potesse abboccare in massa all’ennesimo giro di giostra. Tanta fiducia nelle ridotte capacità mentali degli altri si tiene insieme al metodo manipolativo che hanno scelto.
Di fatto il ministero dell’Interno del Governo (se mi permettete l’esagerazione!) ha fatto la medesima riflessione, non limitandosi a caricare i super-eroi in nero ma facendo terra bruciata a Piazza S.Giovanni, vietando così, ogni “comizio finale”, evitando ogni possibile sviluppo del movimento e possibili ruffianerie/politico elettoralistiche (dall’alto) nel campo avversario.
Questo meccanismo ha dato visibilità internazionale alla “Grande Giornata Evento” d’Italia interpretata così bene dai nostri giovani rivoluzionari in nero, e a tutti gli altri il rischio che agire politicamente, oltre che manifestare, diventi da domani molto più difficile e probabilmente molto meno efficace.
6) Incubo numero 15Ott
Certamente ai nostri giovanotti piace la simpatica sarabanda messa in scena, ma se le prossime volte dovessero come ci assicurano concedere tanti bis, il pubblico diverrà assai meno numeroso del 15Ott. La tendenza mi sembra chiara, visto che chi non era ancora intrappolato in piazza S.Giovanni, e cioè la stragrande maggioranza del corteo, ha voltato loro le spalle e ha declinato l’invito al ballo in maschera e ha preferito continuare altrove la giornata, da soli o in compagnia. Come dargli torto?
Senza contare che la musica presto o tardi cambierà e i discoletti si ritroveranno davanti un’intera orchestra con cui provare ciò che credono di aver imparato Non sarà un bello spettacolo.
Per tutti gli altri una bella lucidata agli arnesi legislativi lasciati ad ammuffire in cantina (tipo fermo di Polizia, legge Reale) che potranno fare di nuovo il paio con i provvedimenti,(che con eufemismo possiamo chiamare di “austerity”), che il prossimo governo (quale che sia) sarà chiamato a servirci.
Tanto vale ricordare, così per finire, che abbiamo già da tempo (diciamo da un paio di annetti) militari ed autoblindo posizionati in bella mostra davanti le stazioni della metro in periferia o in altri punti delle nostre città.
Epilogo
Non sarebbe meglio, forse, staccare la spina al videogame ed uscire dal frame prima di restarne intrappolati e darsi più possiblità, invece che meno?
Che ne pensate?
(Chiedo veramente scusa per la lunghezza ma spero di non avervi annoiato)
Ps. Ho scritto il post verso le 17. ed alle 21 sembra tutto in grande accelerazione verso l’incubo… Azz…
Un abbraccio a tutti e, soprattutto, buona fortuna.
un momento… un momento… c’era un blocco nero che voleva prendere il Parlamento!? e perchè non lo hanno fatto? perchè non ci hanno nemmeno provato? perchè non hanno sfruttato il diversivo di centinaia di lanzichenecchi adolescenti cresciuti per sbaglio in una perifieria romana per fare quello per cui erano scesi in piazza realmente? Meglio di così cosa si cercava? Polizia concentrata in Piazza S.Giovanni e palazzi meno presidiati…Mmmmm!Non so, c’è qualcosa che non mi torna… Questo benedetto blocco nero era sceso in piazza per fare la vera rivoluzione, ma dei quindicenni decerebrati li hanno fatti desistere?
Comincia un delirio allucinante, una spirale delatrice che mette i brividi.
http://www.repubblica.it/politica/2011/10/17/foto/_operazione_smascheriamo_i_violenti_i_blogger_denunciano-23365188/1/?ref=HREA-1 c
@ pino valente
è quello che ho cercato di dire qualche post fa, parlando della rete come ricettacolo non solo di pratiche di liberazione, ma anche di *pratiche di assoggettamento*. L’uso dei social network per segnalare la gente alle forze dell’ordine è certamente una pratica di assoggettamento. La rete non è “buona e bella”. Altro che Nobel per la Pace, porca madosca…
Ed è anche quello che ho cercato di spiegare in varie discussioni ai più entusiastici compagni negriani: la Moltitudine e il Comune non hanno l’unico segno della positività, della potenza creativa, della gioia spinoziana… La rimozione del “negativo”, cioè il vedere sempre e solo la parte piena del bicchiere, impedisce di rendersi conto che esistono moltitudini cattive, ed esiste un comune cattivo. Questa che si scatena in “soffiate”, incursioni da tecno-vigilantes, lavoro gratuito di videosorveglianza e “profiling”, è certamente una moltitudine cattiva, e la sua dimensione è un comune cattivo. Va bene, guardiamo alla parte piena del bicchiere, ma poi stiamo attenti prima di portarlo alle labbra, perché potrebbe non essere acqua né vino. Potrebbe essere piscio.
è da ieri sera che voglio postare un mio commento ma dopo essere tornato da roma nella notte di domenica, ho voluto lasciare che quanto accaduto sedimentasse per poi emergere più o meno spontaneamente in superficie.
Ebbene, condivido e sottoscrivo a due mani la posizione di wu ming e mi permetto di aggiungere in ordine sparso
alcune considerazioni che oggi hanno cominciato a popolare i miei pensieri.
Da anni non partecipavo ad un grande evento nazionale, per l’esattezza proprio da quel luglio 2001, a Genova;
guardandomi l’ombelico osservo che:
1. a genova mi ero sentito un bersaglio delle forze dell’ordine, sabato non mi sono sentito tale; sabato mi sono solo sentito lo scudo di chi cercava riparo dopo aver colpito. Morale: da Genova, avendo scelto di essere dietro agli scudi del corteo dei disobbedienti, ero tornato con la sindrome del reduce; da Roma torno con la sindrome dell’ingenuo *cazzone*… a parte questa tragicomica nota personale, sono tornato a casa con la convinzione che l’esito della giornata di sabato sia l’effetto di una causa precisa: la totale disintegrazione dell’offerta politica italiana (o quello che ne rimane).
2. Non sono un esperto di piazze, ma mi sono trovato a muovermi nel corteo tra spezzoni molto diversi e posso dire di aver notato con una certa approssimazione che alcuni pezzi di corteo hanno fatto davvero molto poco per mascherare le proprie intenzioni; quindi, mi hanno molto sorpreso le anime belle che hanno evocato gli spettri di infiltrati/fasci… come dice wm1, certo che c’erano i fasci,
ma chi se ne fotte, non è quello il punto. Per dirvela tutta, io me ne sono andato proprio quando ho avuto l’impressione
che i gruppi *ready to action* nostrani erano piuttosto ben nutriti (non 20-30 persone… direi un bel pò di più).
3. la narrazione violenza/non violenza è si tossica ma, ancorandomi al dato umano, rimango sconcertato dalla superficialità della prassi della *guerriglia urbana* riproposta con senile puerilità se non con autismo, soprattutto dai più giovani. Mi spiego meglio: visto che i bulloni, le mazze e le molotov non bastano per conquistare il palazzo d’inverno, come spiegare quegli incidenti? Qui prodest? Lo sfogo della rabbia senza una progettualità (simile in questo a quella di Londra ma ben diversa da quella di Atene o di Piazza Tahrir) mi ricorda
mio figlio di due anni che pesta i piedi quando vuole andare al parco… mi sbaglierò, ma se si vogliono attaccare i simboli del potere mi sembra importante innanzitutto identificare nitidamente quali sono questi simboli e poi trovare azioni e modalità altrettanto SIMBOLICHE per colpirli; e magari dopo averli “sputtanati” nell’immaginario collettivo sarebbe magari anche consigliabile sostituirli con nuovi e più forti significati.
4. Concludo la mia logorrea dicendo che spesso ho l’impressione (e l’ho avuta anche leggendo molti post) che si ragioni di violenza senza comprenderne il reale portato umano (che non va confuso con il piano simbolico); mi sembra se ne parli come di un’opzione quasi
astratta, spersonalizzata. Per dirla estrapolando le parole di Genna mi sembra che *sfugga il nucleo umano* di quell’opzione, non credete?
p.s. cari Wu ming, vi sono autenticamente grato per l’impegno, l’energia e l’intelligenza che mettete in moto attraverso Giap. Bravi, davvero.
@wm1
in questa baraonda non ricordo quando e dove, qui su Giap, qualcuno accennava a Foucault (almeno credo, bestia che sono) che parlava dell’antifascismo anche come lotta al fascista che c’è in ognuno di noi. Sono troppo ignorante per Foucault ma questa cosa la penso da molto. Gaber allo stesso modo distingueva il “Berlusconi in sè” dal “Berlusconi in me”.
Mi chiedo se vedere i delatori di queste ore come “cattivi” (che implica che da qualche parte ci siano i buoni) sia più utile che vederli come incontinenti. Gente che non sa controllarsi e si caga addosso e sporca se stessa e chi sta intorno, e quello è il modo in cui fa danno. Chissà quante volte in contesti diversi l’avrò fatto anch’io, magari senza nemmeno accorgermene o troppo tardi. Chissà se questi se ne accorgono. Magari se qualcuno spiegasse loro la banalità del Male…
Che fottuta tristezza.
Dimenticavo. Sono impressionato dalla velocità alla quale lavorano cervello cuore e pancia frequentando Giap. So che è banale, ma: grazie!
@ VecioBaeordo
in effetti “cattivo” può far pensare a un dato ontologico, a una malvagità insita nell’animo di quella gente. Allora proviamo così: esiste una moltitudine di cattiva qualità. Che non vuol dire per forza che ciascuna di quelle persone sia materiale umano scarso, ma che stanno facendo moltitudine in malo modo. Ma proprio malo :-)
Mazzetta sulla delazione in rete:
http://mazzetta.splinder.com/post/25671934/ci-mancava-solo-il-linciaggio-digitale
Giovanni Boccia Artieri sulla delazione in rete:
http://mediamondo.wordpress.com/2011/10/17/denuncia-anche-tu-un-black-bloc/
Aut Aut Pisa sulla delazione in rete e non solo:
http://www.autautpisa.it/modules/news/article.php?storyid=1181
La fiera degli orrori facebookiani riportata da Mazzetta è davvero significativa. Mi ha colpito soprattutto una cosa: quella folla sbavante scambia per odiati “Blecche Blocche” tutti quelli che avevano il casco. L’avevo già notata su Twitter il giorno stesso, questa insulsa, delirante demonizzazione del casco, come se in corteo se lo portassero dietro solo i teppisti, e non (per esempio) anche i servizi d’ordine degli spezzoni, o semplicemente chiunque non voglia correre il rischio – come minimo – di un trauma cranico da manganello. L’altro giorno ho provato a dire questo su Twitter e sono stato aggredito da benpensanti di ogni risma. Adesso Mazzetta segnala e illustra il divertente paradosso per cui gli stessi che invocano i servizi d’ordine per massacrare i Blecche Blocche… scambiano per Blecche Blocche i servizi d’ordine (servizi d’ordine molto basic, probabilmente improvvisati, ma pur sempre servizi d’ordine) e li infamano. Incordonarsi con un casco per proteggere il proprio spezzone è diventato un crimine, agli occhi di gente che molto evidentemente non ha alcuna pratica di piazza alle spalle ma giudica alla boia vigliacca e commina sentenze istantanee (by the way, “tira” molto la pena di morte).
E, come dice Mazzetta, questi sono “quelli di sinistra”! Figurarsi i fascisti.
Consiglio anche la lettura dei commenti alla notizia che “l’infiltrato” non è tale.
http://www.iltempo.it/politica/2011/10/17/1293742-uomo_nero.shtml?refresh_ce
Specialmente quello delle 9.54.
Com’era la storia delle braccia riattaccate con lo sputo? No perché con me non funziona più nemmeno quello.
E’ difficilissimo stare dietro a questa imponente (e bellissima) discussione. Oltretutto, se ne è sviluppata un’altra sul nostro blog, che ovviamente fa molte meno visite di Giap! Scusateci, quindi, se non siamo potuti stare dietro a tutti i commenti, anche perchè è già lunedì e dunque si ritorna a lavoro, e quindi si ha meno tempo.
Oltretutto, mica è facile contenere la follia mediatica che pervade anche molti compagni, e siccome ci stiamo dentro fino al collo, lo stress diventa eccessivo.
E’ però un segno da tenere presente, questa esplosione di coscienza e di voglia di confrontarsi: noi non la vedevamo da anni…bene così, qualcosa di positivo ne è uscito da sabato, proviamo a farne tesoro.
Detto questo, cerchiamo di uscirne tutti assieme da questo cumulo di merda che ci pioverà addosso, fra il terrorismo mediatico di Repubblica e la repressione di Stato verso i compagni. Anzi, cerchiamo soprattutto di non favorire involontariamente la repressione, ripetendo lo schema buoni/cattivi che fa terreno bruciato intorno ai compagni che in questi giorni rischiano il culo (e di questo ne avremmo evidente necessità anche noi, sia detto per inciso, che ovviamente eravamo coi Cobas a cacciare i fascisti dal corteo…eh)
E cerchiamo anche di ragionare su come ripartire. Venerdi c’è lo sciopero generale della FIOM, c’è una manifestazione a Roma, c’è da dare continuità a certi percorsi, domenica c’è una manfiestazione in Valle. Daje cazzo.
Alessandro – Collettivo Militant
Ciao vorrei raccontare le storie vere di due protagonisti di sabato, in omaggio al consiglio wuminghiano di moltiplicare le angolature:
A: 20 anni passati, ha smesso di studiare perchè deve tenersi un lavoro nero con cui aiutare la famiglia e se avanza far due canne per respirare. Al 14 dicembre ci andò, perlomeno per tirare un sasso agli sbirri dopo… dopo tutto quanto.
Lo incontro venerdì: Che fai sabato, andiamo? No, non stavolta. Se vado lì lo so che succede casino, e io ci andrò in mezzo sono fatto così, non posso proprio e alla minima cosa va tutto definitivamente a puttane… e più di me la mia famiglia…
B: 20 anni passati, studia fuorisede a Roma. Figlio di papà villamunito e comunista, ultras per hobby. Scopro che in tutto l’ambaradan l’hanno arrestato. Ora non so effettivamente cosa stesse facendo. Per semplificare, e conoscendolo, supporrò stesse facendo casino senza tanti problemi. Mi dispiace, è dalla parte giusta e le palle non gli mancano.
Ma chi è che mi sussurra all’orecchio “TOH, IL RICCO HA RUBATO AL POVERO ANCHE L’UNICA CHANCE DI PROTESTARE”.
Non lo so, chiedo aiuto, cosa ne devo pensare? Ho tanto l’impressione che ad A, B abbia sottratto la possibilità di andare a manifestare senza rischiare tutto (non tutto-una manganellata. tutto-la casa dei suoi, la scuola dei suoi fratelli, insomma un biglietto nella povertà nera a suon di parcelle). Un diritto cazzo. B, lo so già, non rischia tanto. Alcune sue attenuanti campeggiano sui media persino. Un buon avvocato ce l’ha, il futuro non glielo ruba nessuno tranquilli, perchè no, forse in politica: ha appoggi, tradizione familiare, da oggi anche questa medaglietta. Mi rode il culo.
La cosa della delazione via internet è gravissima e ci deve far riflettere ancora una volta sulla cultura politica che si è sviluppata in questi anni di antiberlusconismo. Mi riferisco a quel legalitarismo un po’ cialtrone in stile forcaiolo violaceo-grillesco. Evidentemente (non c’ero a Roma e non posso/voglio dire altro) ha permeato vasti strati anche dei “movimenti” che poi sfilano accanto a noi ed ai blecblocs. E’ un bel casino, non c’è che dire, forse occorre ripartire dall’abc a fare militanza garantista, non saprei, WM1 mi pare citasse il vecchio Nemici dello Stato di LB…magari in queste ore è importante che facciamo anche noi delle riflessioni come quelle di Mazzetta.
Ed ecco che si dimostra che ‘sta bella gente ha imparato ben bene le lezioni impartite da quelli che dice di contestare: la delazione, LA DELAZIONE.
Una delazione versione 3.0, tagliata su misura per i nostri tempi, ossia un’apparenza ricca d’ignoranza (che manco si vergognano), quella che più che altro “è un venticello… s’introduce destramente, e le teste ed i cervelli, fa stordire fa gonfiar. Dalla bocca fuori uscendo, lo schiamazzo va crescendo, prende forza a poco a poco, scorre già di loco in loco… e ti fa d’orror gelar”.
Ho veramente l’amaro in bocca, vado a lavarmi i denti, poi vomito e poi mi rilavo i denti.
Vabé le narrazioni, i frame, e compagnia bella, però o partiamo dal presupposto che c’è un pezzo di movimento che sabato ha praticato l’obiettivo di far fallire una manifestazione facendola sfociare in scontri gratuiti e usando la gente come scudo, oppure non andiamo lontano.
Sabato sono successe cose allucinanti e inaudite, e c’è chi oggi se le rivendica apertamente.
E tanto per ribadire, se ce ne fosse bisogno, la capacità di analisi di questi geni, oggi invece di trovarci in mezzo ad un’insurrezione di massa (come si aspettava qualcuno), ci troviamo costretti a riformulare l’agenda politica dei prossimi mesi per difenderci dalla delazione e dalla repressione e per rivendicare il diritto di manifestare il dissenso. anni 90 here we come.
altro che rabbia spontanea di una generazione.
svegliatevi tutti, siamo in italia.
@rapa Ho 52 anni e ho fatto il 77-78 (sembra un campionato).
Sabato ero a Roma. Il mio stato d’animo è: rabbia ed emozione. Rabbia perchè credo fermamente in quello che hai raccontato. Ho imparato negli anni e dalla storia che democrazia e libertà si possono conquistare-cambiare ma ci vuole tempo. Il discorso è culturale. Per fare un esempio, io a quel ragazzetto “viallamunito” gli farei fare non la galera ma 2 anni di servizio civile ad accudire anziani e ragazzi down (che sono eccezionali). Emozione perchè eravamo veramente tanti e allegri con tante stupidaggini da gridare ma anche tante belle cose argute ed intelligenti (specialmente da parte dei giovani). Che fare: secondo me bisogna cambiare il metodo e adottare la tecnica spagnola del vedersi in piazza direttamente e organizzarsi in assemblee. Lo scambio di idee è fondamentale (internet è una gran cosa) e soprattutto da lì partire con un’informazione verso tutti quelli che non partecipano. Se si riesce a portare in piazza 2-3 cento mila persone solo attraverso il web …
Un amico mi ha linkato questo pezzo, mi sembra non sia stato riportato qui in discussione (se me lo sono perso chiedo scusa):
http://letteraviola.it/2011/10/lettera-aperta-dei-black-bloc-a-voi-pacifisti-dedichiamo-un-vaffanculo-testo/
si tratterebbe di una lettera aperta del “blocco nero” (loro non usano alcuna definizione) che ripropone la teoria del fallito sdoppiamento del corteo in via dei Fori Imperiali per un assalto al Parlamento.
Prendete questo commento come un intevallo.
Un time out di questa straordinaria discussione-elaborazione collettiva, per la quale non si può che ringraziare ciascuno.
Non ho seguito la manifestazione di sabato.
Venerdì 14, verso mezzogiorno, ho avuto un infarto.
“Infarto miocardico acuto st-elevato a sede infero-posteriore
trattato con angioplastica primaria e stent non medicati multipli della coronaria destra.”
E’ una roba che dura di più di quanto uno immagina, almeno io, per nulla istantanea. Tanto da farmi supporre, ora, di averne avuti degli altri. E le indagini cliniche, lo confermerebbero pure.
Alle tre mi stavano infilando in corpo qualsiasi cosa, sembravo un puntaspilli, ero sveglio, e il dottore mi parlava e lavorava di sonde millimetriche e palloncini infinitesimi dentro arterie e cazzi vari. Mi faceva un po’ la radiocronaca del match, e alla fine ho pure visto gli highlighits con le azioni più belle. Bravo dottore, m’ha salvato il cuore e il culo, il resto si vedrà. Da venerdì, è ufficiale, sono un anziano. L’età non conta.
Veniamo a noi.
E’ fascista l’infarto? No, meglio, è nichilista l’infarto?
Cazzo, mi voleva uccidere! Bastardo.
Si trattava con ogni evidenza di una minoranza di stronzi che ha occupato le mie arterie mentre tutto il resto del sangue manifestava e scorreva gioioso e pacifico nel mio organismo. Ecco un primo punto. Gli organismi fanno fatica a tollerare, a gestire, ad assorbire, i conflitti.
Le società, gli aggregati umani, le collettività, NON sono organismi. Sono entità altrettanto complesse, che però potrebbero, se allenate, gestirli meglio, addirittura fare dei conflitti uno tra i principali fattori di sviluppo.
Ma poi, torniamo a quei fottuti bastardi: da dove sono spuntati, chi cazzo li ha chiamati. Cosa ci facevano a casa mia? Per di più con intenzioni omicide verso il sottoscritto.
Merde. Sterminiamoli tutti. Fotografiamoli e facciamoli arrestare.
Ecco, io invece direi che è il caso di ragionarci su. Perchè c’è una storia. Ci sono cause che vengono da lontano, e altre che interagiscono sulla contingenza immediata. Perchè i tempi sono lunghi, a differenza di ciò che ci fanno credere, e spesso i conti si pagano in differita. Ma si pagano sempre.
E noi, come è sacrosanto, la crisi non la vorremmo pagare.
Anche se sappiamo che non sarà così. Che non è così.
E allora? Solita domanda: cosa rimane?
Accenno la mia inutilissima e parzialissima ipotesi.
Non ci sono bicchieri.
Nè vuoti, nè pieni, nè mezzi.
Le cose si muovono, e continueranno a farlo. In nessun caso le governeremo.
Però si può fare la propria parte senza rassegnarsi che tutto vada alla cazzo di cane. E lavorare per questo significa accettare i tempi lunghi, molto lunghi.
L’ho già scritto altre volte qui. La catastrofe c’è già stata. E prima che politica ed economica, essa è stata culturale.
Chi ha davvero a cuore (bah) le cose deve moltiplicare i luoghi come questo, che sono preziosi non tanto per gli ottimi contenuti, quanto per la modalità, l’attitudine, la pedagogia che sembra una brutta parola, con cui invita al confronto, alla discussione, alla crescita e alla condivisione.
E al conflitto, cazzo. Anche il nostro, soprattutto il nostro.
E non solo dentro la rete. Anzi, servono soprattutto fuori.
Sono ancora troppo pochi.
Però le cose si muovono. Il 15 ottobre è già passato.
Serve una nuova alfabetizzazione. Emotiva e politica.
Non basterà una generazione a svolgere il compito.
Ma si potrebbe essere fieri di cominciare.
Occupy everything.
State bene,
L.
@ luca
Soprattutto cerca di star bene tu, compadre. Adesso il mondo sa in che stato d’animo abbiamo passato il week-end… Si tratta proprio di (ri)cominciare.
@luca
Guarda la coincidenza. Venerdì pomeriggio, un’ora dopo aver saputo quel che t’era successo, ho partecipato a un convegno sull’intelligenza collettiva intitolato “Organismi”. Dovevo parlare della nostra esperienza di narratori e come prima cosa ho detto che WM non è un organismo, proprio perché in un organismo ogni conflitto tra le parti si chiama malattia, mentre noi, quel conflitto, lo chiamiamo creatività.
Come dicono i cartelloni dell’ASL di fronte all’ospedale: il miglior antibiotico è stare in movimento.
@luca
vecchio sti cazzi, non accampare scuse…
Aggiungendo un tassello, penso che l’unica cura per questo vecchio paese – questo si – è una cura a lungo termine, una cura di cui noi non vedremo che i frutti iniziali: la cura è un nuovo Piano Marshall dell’alfabetizzazione collettiva.
Ora è troppo analfabeta per potere anche solo immaginarsi in modo diverso.
@luca
Ecco io credo che il tuo contributo sia completamente politico. Perché collega il conflitto dentro di sé con quello fuori di sé.
Avevo già incontrato il tuo punto di vista quando hai parlato della tua esperienza con il gioco d’azzardo. E’ un’esperienza che conosco da vicino: mio padre è stato a un soffio dal burrone suo e di quelli che gli stavano vicini lo stesso motivo. E, coincidenza, ha avuto anche lui i suoi ictus plurimi. Ora è un simpatico vecchietto che le ha davvero viste tutte: dentro e fuori di sè.
Ecco io, da figlio, penso che il gioco d’azzardo sia una metafora in cui la società di oggi si trova a dover fare i conti. E penso che hai ragione: ci vogliono più luoghi come questi, ci vogliono luoghi ove non temere il conflitto. Ci vogliono sistemi per riconoscere le qualità del conflitto. Che non è tutto uguale. Che non è tutto evolutivo.
La chiave di volta – perché non ci sono più bicchieri – è quella di partire da sè. Non ne conosco altre. Come hai fatto tu quando hai parlato del gioco e, oggi, quando parli del conflitto che ti percorre il corpo.
Ecco. Io penso che ognuno di noi ha dentro di sè “i fascisti” da combattere. E iniziare a riconoscere i propri è un gran bel modo per cacciare quelli di fuori.
Stai bene Luca. Che una chiacchierata prima o poi mi piacerebbe farla con te.
Mauro
@luca,
:-)
(mi eri mancato, in questi giorni di confronto, ma, al solito, eri in lotta anche tu, e grazie per avercelo *narrato*…)
per la manifestazione della FIOM di sabato a Roma, avrete letto che il grande sindaco pacifista e non-violento, visto che “mo’ s’è stufato”, ha vietato il corteo. Concesso solo il sit-in.
@WuMing 1
Non mi sono spiegato. Mi succede spesso quando non riesco ad essere neutrale su una questione.
Sono perfettamente d’accordo sulla prevedibilità di quanto successo. Ancora più d’accordo, da molti anni, sulla critica al modello di corteo unico nazionale a Roma.
L’unica cosa su cui sono in disaccordo è il dire che in questo stabilire chi è dentro e chi è fuori non sarebbe prioritario, perchè questo è il momento di esprimere solidarietà a chi ha subito la repressione.
Non sono d’accordo per il semplice motivo che per me esprimere piena solidarietà ai compagni che si sono trovati – loro malgrado – in condizione di doversi difendere e rispondere agli attacchi delle FDO non può prescindere dall’individuare chiaramente chi li ha messi in condizione di doverlo fare.
La disorganizzazione del corteo? Sicuramente, ma non solo.
La gestione dissennata e criminale dell ordine pubblico? Anche, ma non solo.
Non so come chiamarli: incappucciati, provocatori, semplicemente stronzi?
Non importa: i principali responsabili di quello che è accaduto sabato sono loro. Due o trecento persone che hanno preso in ostaggio un corteo, imponendo una pratica di piazza non solo non condivisa dal resto dei manifestanti, ma nemmeno meditata da loro stessi. Spaccare tutto per spaccare tutto sbattendosene delle conseguenze.
Chiamare l’attacco delle FDO, attirarlo sul corteo. Mettere a repentaglio – ribadisco – la vita altrui.
Questi per me sono fuori e sono contro. E definirlo è fondamentale per esprimere la mia solidarietà a quelli che erano dentro. A quelli che erano pronti al peggio, che erano incazzati neri, ma che non hanno fatto nulla per andarsi a cercare lo scontro, ma si sono limitati a rischiare l’incolumità fisica e l’arresto per reagire ad un attacco.
Non con la delazione, sia chiaro, semplicemente con una presa di posizione politica forte.
Mi rendo conto che serve a poco, ma lo ripeto una volta di più: (secondo me) se spacchi una vetrina e poi scappi a nasconderti nel corteo non sei un eroe, non sei un pezzo dell’avanguardia della rivoluzione, sei un codardo ed un idiota incapace di calcolare le conseguenze politiche e pratiche dei propri gesti.
@Giacomo:
Bella idea il servizio d’ordine unitario. Solo non vedo come possa funzionare.
Un servizio d’ordine, in una situazione come quella di sabato, ha come responsabilità principale quella di garantire l’incolumità dei manifestanti.
Sabato, come giustamente diceva Cremaschi intervistato ieri, un eventuale servizio d’ordine avrebbe dovuto confrontarsi fisicamente con gli “spaccatutto” in via Labicana.
Questo non è compatibile con un coordinamento “leggero”.
Nella mia esperienza i gruppi che hanno la consistenza numerica e la cultura politica per gestire un servizio d’ordine del genere sono pochi, e spesso si parlano a malapena.
E questa è un’altra cosa che mi sta sul cazzo. Per 500 “fenomeni” che hanno voluto giocare alla guerra adesso ci andiamo di mezzo tutti ANCHE in questo modo. Anche nel nostro diritto di essere in piazza come persone e non come membri di questo o quel gruppo.
T.
@mimmo
un consiglio: non ti avvolgere sull’idea di minoranza-avanguardia, non ti aiuta.
sabato in piazza c’eravano, tra quella “minoranza” radicale a cui fai riferimento, c’erano almeno 5 anime differenti, che al momento non si stanno smerdando una contro l’altra, l’unico ricatto al quale stanno cedendo purtroppo in molti è, la condanna della vilenza, e non mi sembra sia questo il tuo problema.
Iannone di casapound ha appena dichiarato che i suoi non erano in piazza, in mezza italia stanno facendo buchi nell’acqua con le perquisizioni (a napoli hanno perquisito un compagno che come alibi aveva la foto del matrimonio di suo cugino, del 15 ottobre!!), anche dai giornali nostri arriva un barlume di sostegno….a piazza santa croce, gl’indignati pacifici e candidi, hanno montato una tendopoli e chiamano la città, dal blog poliziotti.it traborda la frustrazione di chi oggi va solto al viminale a protestare per i tagli, sono al minimo storico, Landini, per l’autorizzazione al corteo di venerdì sta muovendo il mondo.
insomma, nonostante la paura di molti per il corteo di sabato, a mente livemente più fredda, la gente si sta riorganizzando velocemente, con le mille forme differenti di sempre ed è questo che noialtri dovremmo sostenere. non è, secondo me, una questione di vittoria storica in piazza o di grande risultato politico, immagina solo quale sarebbe il clima in italia, se sabato avessimo portato a casa una sonora batosta repressiva.
non confondiamo la nostra frustrazione con il nostro posizionamento.
auguri a Luca, dai napoletani!
scusate era per @ioleoso
Segnalo, per onore di cronaca questo triste link
http://bit.ly/oCuye0
di dagospia. Si potrebbe riflettere molto, soprattutto considerando come lavora sta gente, lassù che manovra.
@mimmo, @tutti
scusami se ti rispondo solo ora ma a questo punto la mia è una risposta ad ognuno.
Poco fa avevo detto come a mio avviso la “responsabilità” (in senso di causa dell effetto) degli scontri fosse da cercare anche tra chi stava manifestando pacificamente, e lo ribadisco. mi spiego.
L’ eterogeneità dei componenti del 15 otttobre ha messo in evidenza nei mesi precedenti differenze di vera e propria ottica politica, perchè se ognuno era contro la crisi, il debito pubblico e contro l’ Impero mi dispiace ancora constatare di quanti abbiano visto la soluzione di ciò tra le bandiere di Vendola.
C era un messaggio originale che partiva da quella plaza catalogna del 15 maggio, sia negli scopi che nei contenuti, che era un idea di conflitto consensuale nei confronti delle istituzioni che era a mio avviso la vera novità del movimento.
Che c entra tutto ciò? C’ entra.
Perchè l assenza di questa concezione, a noi ancora estranea, di violenza costruttiva ha fatto si che la maggior parte del corteo, ovvero in primis chi aspettava di mettere sulla poltrona il proprio principe illuminato e dall altra i movimenti per la bicicletta, non assumesse posizioni di conflitto organizzato, perchè da alcuni ripudiato a priori perchè avvenisse solo una bella sfilata carnevalesca.
E nel clima attuale, di una rabbia che all estero ha prodotto tante risposte collettive, era ovvio che non “soddisfando” in parte questa rabbia la sua parte più repressa avesse sfociato in azioni dannose per tutto il corteo.
Con questo 15 ottobre si torna indietro, di almeno 10 anni.
@Luca: ti conosco solo ora ma ti auguro di procedere a testa alta nella lotta tua e quella di tutti.
Solo una puntualizzazione (spero non troppo OT), visto che, molti commenti fa, era stata riportata la posizione di un comitato notav come quella del movimento, il comunicato a firma del movimento è qui
http://www.notavtorino.org/documenti-02/11-10-17-roma-chiomonte.html
Per chi, allo sguardo del cane, preferisse quello del falco segnalo qui una mappa interattiva che ricostruisce gli scontri di sabato http://maps.google.it/maps/ms?msid=209370923484374348729.0004af6f96f522c9c1a20&msa=0&ll=41.88795%2C12.505156&spn=0.001643%2C0.004128
@Liberarchia
Epperò cazzo, se uno vede la soluzione di tutto nelle bandiere di Vendola e nella sfilata carnevalesca, e no, io non sono né sono mai stato tra questi, con che cazzo di diritto ci si permette di strappargli di mano il suo modo di manifestare? Rivendicando di avergli rovinato la manifestazione, con la bella vigliacchieria d’essersi fatto scudo dei loro corpi (e non sono l’unico a farlo notare qua).
Perché se no alla prossima io potrei dire che mi metto a prendere a sprangate chiunque esca dal *mio* schema di manifestazione finché non rinuncia all’idea di spaccare le vetrine, per mantenere l’ordine, e non sarebbe più finita.
Se queste son le modalità per andare avanti, siamo messi bene.
Perché se era ovvio, preventivato, e pure in parte pianificcato nella gestione da quel che so, che ci sarebbero state azioni di un certo tipo non è per nulla ovvio che la “rabbia” si sfoghi *contro* il corteo, danneggiandolo *direttamente* con la gente che si prende le mazzate solo perché non sta al gioco di chi vuol sfasciare tutto.
Ciao a Roma non ci sono stata, mi stavo preparando un bel post dove cercavo di analizzare la situazione, almeno quello che io avevo capito, eppure mi sembra che la situazione sia precipitata drammaticamente, quindi vado di corsa.
Le prime immagini le ho viste da RaiNews 24 (!), perchè era l’unica cosa che si vedeva dove ci trovavamo, ma ad un certo punto abbiamo tolto l’audio, perchè era davvero troppo! quindi ho letto le 4 pagine di commenti e relativi link (spero di non essermi persa qualche pezzo), condivido molte delle opinioni che alcuni hanno espresso qui, (WuMing, uomoinpolvere, rapa, e davvero molti altri), tuttavia la narrazione tossica violenti/non violenti è l’unica che è passata, sui media mainstream, sostenuta anche da una certa parte dei manifestanti… inoltre ognuno ha aggiunto con più o meno fantasia delle parti quantomeno “notevoli”, riprese dagli altri media Mainstream, come ad esempio i famosi campi di addestramento in Val di Susa, millantati accordi per vendere il corteo, ecc… qui siamo al giornalismo del “per sentito dire” o di chi non solo non ha approfondito, ma a malapena ha guardato le figure…. e la reazione adesso sono inneggiare alle leggi speciali, e la caccia al black block, che paura… e che casino…
Credo che adesso, nell’immediato, la cosa che sia più a rischio sia il movimento Notav, perchè si sta tentando da più fronti una delegittimazione della loro lotta, proprio a ridosso del 23O…
http://informarexresistere.fr/2011/10/17/no-tav-23-ottobre-a-mani-nude-a-volto-scoperto-a-testa-alta/#axzz1b7pY2Nrw
e per il resto è comunque caos…
@ioleoso
continuare a credere che le leggi speciali siano una reazione ai quei 500 “fenomeni”, come li chiami tu, è dannoso, fuorviante ed oggettivamente sbagliato.
Qui una dimostrazione
http://www.notavtorino.org/index.htm
Le leggi speciali, continuo a ribadirlo, sono un’estensione di quelle normative sperimentate negli stadi col Daspo.
Quei 500 li si può chiamare ingenui, strumentalizzati dai soliti ecc ecc. ma da lì a farne i capri espiatori di tutte le pratiche capitaliste classiste borghesi dei governi e dei suoi sacerdoti ce ne passa.
Subito, già al sabato sera, avevo postato un commento a questa discussione, a caldissimo, perché sentivo un violento bisogno di reagire sia agli umori della piazza sia alle prime emozioni che risuonavano qui.
Sarò irresponsabile, sarò un bastian contrario a tutti i costi, ma non riuscivo a sopportare lo sconforto, il “bracciacadutismo”, la paura. Anche se lo comprendevo benissimo, qualcosa in me spingeva fortissimo ad avere una reazione positiva, a volerne vedere degli aspetti positivi.
Non era per rivendicare lo spirito della giornata, non avevo bisogno di esultare, intendiamoci. E chiariamoci, so perfettamente che nessuno qui, sin dalle prime battute, ha preso le distanze. La lucidità e il coraggio di non mollare chi stava col culo in piazza erano e sono evidenti. E chiarisco ancora di più: sabato mi sono ritrovato molto lontano da tutti i punti caldi, non ho quindi materialmente preso una posizione sul fare, nel momento in cui la pratica lo imponeva. E davvero non posso giurare che avrei fatto una cosa piuttosto che la sua opposta.
Il mio istinto però, già sabato in piazza, mi portava a non arretrare, a non scandalizzarmi.
Molto probabilmente perché non avevo visto le scene in cui manifestanti *comuni* e operatori dell’informazione venivano presi a pugni dagli infoiati del tafferuglio.
Il mio stato d’animo nei loro confronti, a caldo, sarebbe stato con molta probabilità diverso. Ma continuo a pensare che si sarebbe trattato di una sfumatura, perché la sostanza del sentimento mi rimane invariata, ancora oggi che molto ho potuto leggere e riflettere, anche e soprattutto grazie a questo spazio, realmente incredibile e rivoluzionario per la libertà del confronto, per il coraggio ed il rispetto delle posizioni, delle esperienze e delle speranze.
Oggi ritorno qui a proporre le mie emozioni ed i miei istinti, forse più che le mie analisi, sempre per rispondere al bisogno mio di non lasciar cadere, di non sottrarmi, per rispetto di tutti i contributi che sono stati forniti qui, per non mancare alla costruzione. Perché non è più tempo di stare a guardare da fuori.
E perdonate se in qualche modo può suonare superbo il credersi utili.
Pur trovando utilissima la riflessione sui modi, ed anzi imprescindibile, di praticare il dissenso, pur avendo trovato la capacità di comprendere, in tutta la mole di commenti, i sentimenti e le posizioni più varie ed articolate (il cui effetto è complessità e non qualunquismo, magia di questo sito), sento ancora mancare qualcosa.
Di nuovo, perdonatemi se è solo una mia impressione o frenesia.
Trovo che quel che manca sia già stato in qualche modo indicato da WuMing1 quando parla del timore di riscoprirsi avanguardia che girandosi non vede nessuno più al seguito, e che questo vuoto sia esattamente l’alfabetizzazione emotiva di cui ha parlato Luca.
Ma i primi a dover scoprire l’alfabeto siamo noi (mi ci metto pure io, certo), perché in questo momento è evidente che non riusciamo a capire la lingua dei disperati con la fotta del *spaccotuttoio*. Probabilmente non la capiamo perché non si articola che in versi e grugniti, probabilmente è anche giusto che qualcosa dentro di noi ci spinga a non voler comprendere quella non-lingua, ché non è abbassandoci tutti che riusciremo ad elevarci.
Nota: io per primo sono convinto non si tratti di disperati *concretamente*, quante storie conosciamo di appelli all’armiamoci e partite, di veri figli di papà che giocano a fare la rivoluzione con la fedina penale di altri…ma credo esista una concreta, per quanto legata a suggestioni personali, disperazione della logica, del raziocinio e del cuore.
Ed allora trovo inquietante che si arrivi fino alla lettera del *così chiamato* black bloc (per me credibilissima), dove, al di là dei sacrosanti fanculi, si scarica il barile sulla rabbia adolescenziale dei quindicenni.
Questo sì mi spaventa, più di ogni altra cosa, perché mi dà la misura di quanto distante rimanga quella forza, irrazionale e controproducente fino a qui, dalla possibilità di venire invece impiegata, canalizzata.
Non credo si debba cominciare dal dire, da fratelli maggiori, guarda fai così, fai cosà. Mi basterebbe cominciassimo a non dire di non far così perché mi rubi lo spazio! Dopotutto, io sono profondamente convinto che questo, prima ancora del Grande Evento Unico Spettacolarizzato, sia stato l’errore di partenza del #15ott italiano. Aver cercato di disinnescare il conflitto dal basso ce l’ha fatto esplodere in mano. Perché ha nascosto il problema reale ed ha rimosso un possibile obiettivo intelligente per tutti.
E davvero mi fa ridere (triste e amaro è il riso isterico da iena) leggere di Casarini blaterare smarrito che “quelli sono i nostri nemici!”
Quanta differenza vedo rispetto alle giornate di Genova, quanto mi suona ridicolo che Casarini non lo veda…proprio lui che, devo ammettere con mio grande stupore, mi era sembrato tra i più lucidi dei disobbedienti negli ultimi tempi. (una su tutte, ad Uniti Contro la Crisi della scorsa primavera nel gruppo di lavoro sul lavoro ancora si perdevano ore a dire che le partite iva non sono più i nemici della lotta di un tempo….)
Ed allora, se è pur vero che facendo così i nichilisti hanno rubato lo spazio, forse è proprio la definizione di quello spazio ad essere sbagliata.
Già, io sabato non sentivo una distanza abissale tra me che camminavo lieto tra l’intelligenza del Valle Occupato e chi invece metteva a ferro e fuoco la Legalità del Sopruso.
La distanza la sentivo invece con quelli che passato il Colosseo viravano il percorso, si disperdevano, abbandonando il campo, rinunciando a dire con il proprio linguaggio, con il proprio modo, che anche noi ci siamo rotti i coglioni, che non abbiamo intenzione di fare i Pantaleone, recitando a braccio la nostra odiosa parte senza scostarci dal ruolo assegnato.
Bene, capisco la paura per l’incolumità, la comprendo e non pretendo che nessuno vesta i panni del kamikaze. Ma si poteva, si doveva fermarsi, stare lì, presenziare con i propri corpi il campo, devastato dal conflitto, della realtà che viviamo. E non scadere in un infimo gioco dello scarica barile, che poi non vedo quanto sia diverso dalla delazione o dal consegnare ragazzi alla polizia (quanto è dentro di noi il fascismo culturale, aiuto!).
E neppure a distanza di giorni riesco a sentire questa distanza, non la voglio sentire, perché se è giusto e necessario riflettere sui modi di praticare la lotta è altrettanto giusto non rimuovere la rabbia, la frustrazione, la pazzia disperata che ci attraversa.
Se non vogliamo che ci si ritorca contro…nemmeno in termini di frustrazione e braccia seminate lungo il percorso!
Questo articolo dà ulteriore espressione compiuta a questo mio groviglio di sentimenti…
http://riccardo.cefala.net/2011/10/io-amo-i-black-bloc/
[…] alla facoltà di Sociologia di Urbino e quello del collettivo Wu Ming sulla manifestazione del 15 ottobre. // Article source: […]
thread eccezionale e complesso.
solo due osservazioni molto banali:
– non sono un manifestante “pro” e sarei curioso di capire come funziona oggi un servizio d’ordine, un cordone di protezione, capire come le tute bianche avevano inventato nuove forme di stare in piazza, come si difendevano nei Reclaim The Streets nel 99-00, etc. Esiste una riflessione su queste cose?
Credo che spiegare apertamente queste tattiche sarebbe utile per perdere un po’ il misticismo dello scontro (e lo dice uno a cui l’adrenalina piace, inutile negarlo), oltre che per evitare cazzabubbole e cacce all’uomo paranoidi etc.
– Quando a madrid è stata occupata Sol il servizio “d’ordine” (non polizia, occhio, proprio ordine della vita comune nella cittadella occupata) non aveva altro nome e identificazione che un adesivo che diceva “Rispetto”. sarà anche buonista, sí, ma funzionava come gli specchi nei cessi maschili: vedendosi riflesso nessuno piscia fuori.
Sembra che qualcuno cominci ad interrogarsi sul frame violenti/non-violenti.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/10/18/buoni-o-cattivi-non-e-cosi-semplice/
Roma non sara’ mai la citta’ dell’ordine, delle simmetrie, del nitido svolgersi dei fatti secondo un disegno, l’esito coerente di un progetto. Se la storia degli uomini non e’ che violenza e frastuono, Roma e’ stata nei secoli lo specchio di questa storia, capace di riflettere con dolorosa fedelta’ ogni dettaglio, compresi quelli dai quali si distoglierebbe volentieri lo sguardo.
Corrado Augias
Intervento di Michele Filippini, Flc-CGIL Bologna:
«[…] La domanda non è “con chi stai”? Questa è una domanda facile, assolutoria, passiva, in parte narcisista. La domanda è “cosa fai”? Cioè, come lavori politicamente dentro questo scenario per far sì che la frustrazione sociale non si esprima con i riot ma con potenza politica che cambia le cose?
Ieri, come il 14 dicembre, bisognava essere a Roma, tenere le antenne alzate… e la domanda da porsi in mezzo al bordello non avrebbe dovuto essere “come mi rapporto io a questo evento” (come mi salvo l’anima?), ma “e adesso come si fa”? (cosa questo evento mi dice rispetto a come ci dobbiamo comportare in futuro?).
Poco importa se queste migliaia di persone le consideriamo teppisti, “compagni che sbagliano”, black blok o giovani guerrieri. Ci sono, punto. E l’innalzamento del livello dello scontro di questo pezzo (minoritario ma consistente) è come la punta dell’iceberg, è quello che si vede, ma sotto tutto l’iceberg è salito di un gradino.
Non bisogna credere alle fandonie su una generazione intera che diventa nichilista e si dà alla violenza. Ma non bisogna nemmeno sottovalutare che chi oggi ha 20 anni, vede davanti a sé questo modo concreto di esprimere conflitto. Sa che negli ultimi 10 anni di piazze se ne sono riempite come non mai (milioni addirittura) e che questo semplice fatto non ha cambiato assolutamente nulla.
Il Corriere di oggi (molto buono, a segnare il fatto che i padroni non hanno il problema di accreditarsi e possono analizzare lucidamente i problemi) fa una mappa dei violenti, tra gli altri: Napoletani di Terzigno, militanti della Val di Susa, frange di San precario, ultrà dello stadio, ecc. Certo, dividere così in modo netto è una semplificazione, ma cosa hanno in comune i pezzi citati? Sono tutti figli di sconfitte politiche: la lotta contro una discarica che ha continuato a funzionare, la lotta contro una galleria che si farà, la lotta contro la precarietà (non ne parliamo), la lotta contro la tessera del tifoso[…]»
L’integrale qui
Io condivido solo alcuni punti della lettera di Alessandro, per il resto invece credo che si confondano pesantemente i termini e il loro significato.
è vero innanzitutto che chi ha deciso di praticare la violenza (perché rompere vetrine, incendiare auto e furgonette, lanciare sassi, non può a mio parere essere chiamato semplicemente “conflittualità sociale”!!) sono stati forse una minoranza di manifestanti ma una notevole minoranza (senza contare chi li ha giustificati e appoggiati). è vero che in gran parte (io direi gran parte dell’intero corteo) erano non solo contro il governo, ma anche contro le rappresentanze PD e contro molti altri gruppi politici che spesso si trovano a gestire la piazza e i cui metodi non convincono più. Dopodiché Alessandro dimentica (usando spesso il termine “piazza” solo per indicare questi manifestanti), che il resto dei partecipanti, forse la maggioranza, semplicemente non hanno avuto la possibilità di esprimere la loro concezione di “conflittualità sociale”, anzi in molti non hanno avuto modo nemmeno di partecipare alla manifestazione perché ostaggi tra le cariche della polizia e i gruppi che cercavano lo scontro.
E non voglio nemmeno parlare del fatto che gli altri manifetsanti sono stati messi in pericolo e che probabilmente a tratti si è rischiato il peggio (e devo dire che questo mi fa cmq molta rabbia).
Il suo modo di riflettere su questo punto mi sembra piuttosto autoreferenziale perché non tiene conto del fatto che in “piazza” c’erano altre e diverse istanze a cui é stato prepotentemente strappato il diritto di esprimersi.
Quando poi dice : “migliaia e migliaia di persone hanno deciso di praticare il conflitto sociale in maniera radicale, scontrandosi, cercando di raggiungere i palazzi del potere” mi dà un senso di estrema ingenuità o di un pensiero politico semplicistico e piuttosto immaturo anche perché io penso che “il conflitto sociale radicale” ha molte forme, e può essere benissimo non violento (anzi per me quello radicale e davvero rivoluzionario é il conflitto non violento!!).
Credo che in questo caso Alessandro testimonia del vuoto di pensiero politico che sta alla base delle violenze di ieri. Chiama “rabbia” uno sfogo di violenza fine a se stessa che non é una matura pratica politica! Quella de 15 é stata violenza da stadio.
Poi dice che si debba “incanalare politicamente questa rabbia”, per fortuna. Peccato che la manifestazione del 15 si pensava potesse servire proprio a questo, perchè forse molti manifestanti avrebbero voluto già discutere di nuove pratiche e del modo di incanalare la rabbia. Comunque, contenti di essersi sfogati su persone e cose (e nient’affatto sui palazzi de potere che invece ringraziano e già colgono la palla al balzo per preparare un ulteriore giro di vite repressivo) spero che da domani cominceranno a utilizzare le teste invece delle spranghe per trovarle e proporle queste nuove pratiche!
Penso tuttavia che progetti e discorsi su nuove e valide pratiche politiche difficilmente vengano fuori da un clima del genere e da un modo di pensare carico di vecchi stereotipi come quelli della forza e della violenza.
Per Wu Ming 2 aggiungo : Nulla ha a che vedere tutto questo con Piazza Tahrir, la Tunisia, il Marocco aggiunegrei, dove durante le manifestazioni mai si usa questo genere di violenza becera e dove anzi le manifestazioni sono cominciate in modo pacifico e con l’occupazione di una piazza (e che sono poi cambiate per tutt’altri motivi e a causa dell’intervento violento dell’esercito) . Quella gente manifesta con rabbia ma con una dignità che qui abbiamo da tempo perso!
Una, ehm, “mozione d’ordine”: ci rendiamo conto benissimo che oramai, superati abbondantemente i 300 commenti e con la prospettiva di giungere ai 400 entro stasera, non si può pretendere che vengano letti tutti. Ci vogliono tempo e attenzione, e la gente lavora, studia, vive, fa altro. D’altro canto, rispondere *oggi* ai primi commenti di *tre giorni fa* – commenti che adesso sono quattro schermate addietro e nel frattempo sono stati discussi, integrati, arricchiti – non può che costringere l’interlocutore (e altri) a ripetere cose già dette e ridette, a chiarire di nuovo equivoci già chiariti. Siamo ormai sulla “soglia critica” oltre la quale un thread inizia a dissiparsi in un quieto disordine. Alla quinta schermata, che verrà inaugurata nel giro di poche ore, a eventuali nuovi arrivati sarà quasi impossibile intervenire in modo pertinente. Tra un po’, sarà forse il caso di spostare focus e sede.
aspè aspè…dico l’ultima e poi sposti…
;)
@miche
Le leggi speciali (solo evocate, per il momento, dal questurino molisano) non saranno una conseguenza diretta dei disordini di sabato, ma certamente trovano terreno fertile per la loro giustificazione mediatica.
È chiaro a tutti che il movimento, nonostante i suoi sforzi, non riesce ad incidere minimamente a livello massmediatico, al contrario di quanto succede in questi stessi giorni in altri contesti (Spagna, USA, Inghilterra…) e qusto sicuramente per le peculiarità del sistema dell’informazione italiana. Qui però si è riusciti con grande maestria a darsi una autentica bottigliata sui coglioni!
Anche io, come altri, sono molto preoccupato per quello ce succederà in Val di Susa, ma solo per dirne uno tra i tanti appuntamenti che aspettano il movimento e in generale le realtà antagoniste nel prossimo futuro. Mi auguro di essere smentito dai fatti e che tutto finisca a tarallucci e vino e che alla fine si lasci decantare tutto questo, coprendolo magari con la prossima stronzata berlusconiana o con un video porno del cardinal bagnasco (la speranza è sempre l’ultima a morire!) che scalza quello di belen dalle clasifiche. È il mio augurio, chiaro, ma che succede se veramente si restringeranno ulteriormente gli spazi per l’azione e l’agibilità politica? Che si fa se da domani non si riuscirà a fare un iniziativa senza dover prima premettere che non ci sarà “violenza”, pena il ritrovarsi i soliti 4 gatti e le solite 5 opinioni diverse?
Ripeto, non credo si possano indirizzare i media e la comunicazione main stream, ma un minimo di sforzo per non porgergli su un piatto d’argento la possibilità di gridare all’untore…io credo la si possa tentare.
@Samira
Di sicuro il mio commento su Piazza Tahrir si prestava agli equivoci, perché sei già la quarta persona che lo interpreta in un senso molto diverso da quello che avevo in testa io.
Come ho già detto, equiparare piazza Tahrir e il 15ott, l’Italia e l’Egitto è una stronzata.
Tuttavia, sono abbastanza sicuro che nei cervelli di molta gente funzioni una cornice culturalista, nella quale la “violenza esotica” è molto più accettabile della “violenza_qui_da_noi”, in un paese civile e democratico.
Tant’è che, come per magia, si finisce col dire che in Egitto la violenza era *tutta e solo* difensiva, mentre in Italia era *tutta e solo* becera, distruttiva, roba da stadio.
certi commenti che fanno un po’ amarezza.
http://img265.imageshack.us/img265/6545/bahhhh.png
@collettivo mensa: brividi
@manuko
Quoto al 100% il link che hai postato. Magari non dice tutto, magari domani ci ripenso. Ma adesso è così.
SPOILER: quello che segue è un pippone degno dei libroni del romito di Brancaleone alle Crociate. Tant’è. È buttato giù col fegato in mano, con la vergogna che si prova davanti al post di Luca. E dunque non pesate le parti e non contate le righe, l’ultima cosa a cui tenevo è proporzionare i cerchi e le botti.
Provo a buttar giù uno sputo d’analisi, barcamenandomi tra quello che non si può dire perché non si sa, e quello che si sa ma non si può dire per ovvie ragioni. Salvo sottolineare la condizione di autocensura, per solidarietà o per ignavia, o come riflesso delle altrui ipocrisie, cui siamo costretti: un dispositivo di assoggettamento di cui non si sentiva il bisogno, e che pesa tanto quanto la “delazione partecipata”, e forse più.
Prima annotazione: condivido, e non so quand’è successo l’ultima volta, non solo la prima pagina del manifesto del 16/10 – titolo: “Lettera alla Bce” –, ma anche e soprattutto l’editoriale di Valentino Parlato. In particolare: «A Roma ci sono stati anche scontri con la polizia e manifestazioni di violenza. Meglio se non ci fossero state, ma nell’attuale contesto, con gli indici di disoccupazione giovanile ai vertici storici, era inevitabile che ci fossero. Aggiungerei: è bene, istruttivo che ci siano stati. Sono segni dell’urgenza di uscire da un presente che è la continuazione di un passato non ripetibile». Perché dice, senza infingimenti, che questo è, generalizzato, lo scenario che ci aspetta se la Lettera della Bce dovesse trovare ascolto in Italia. Nell’autunno 2008 il governo italiano fu dissuaso dalla Commissione Europea dal fare in quattro e quattr’otto la riforma della scuola (e i governi europei dall’intraprendere riforme che andassero a toccare i settori giovanili), per il rischio di una generalizzazione di quello che stava succedendo in Grecia. Oggi questo rischio è messo nel conto.
Seconda annotazione: Roma 15/10 ci dice due cose sullo stato di cose presente. Due, non una: perché, come ha detto benissimo @Rosalinda in un post che ho sottoscritto in toto (qualcuno che mi sopporta da tempo mi ha chiesto se non fosse il mio nickname), ci sono due questioni. Il corteo, e gli scontri di piazza san Giovanni.
Terza annotazione sull’organizzazione del corteo, le sue dinamiche, il coordinamento leggero e l’assenza di servizio d’ordine (e qui mi mordo la lingua, quello che manca lo capirà chi vuole capirlo): quello che si è spacciato per il movimento dell’indignazione italiana era, in realtà, un movimento italiano di indignazione. Cioè, al di là dei tanti accorsi spontaneamente, un intergruppi che qualcuno – è stato già detto su questo blog: il cartello Uniti per l’Alternativa – ha cercato di sovradeterminare senza averne la capacità organizzativa e programmatica. Sembra persino banale: se ti poni in una certa posizione, è ovvio che ti arrivano contro le mosse avverse. Ma questo accade quando l’egemonia (non quella gramsciana) è esercitata sommando e sdoppiano le sigle, reali e fittizie. L’egemonia, quella vera – quella gramsciana – è un progetto politico che assorbe e incanala le potenzialità plurali (e se questo accade, il servizio d’ordine è un correlato, non un elemento-chiave). A fronte della radicalità della crisi, quali risposte, quali parole d’ordine erano proposte? L’indignazione di massa? L’ha evocata l’altra sera a Matrix Paolo Bonolis. La dittatura della finanza che uccide i diritti? L’ha denunciata al TG3 serale Cirino Pomicino. No alla Bce, a Draghi, a Trichet? Lo stanno dicendo i duri e puri del liberismo governativo, da Martino a Straquadanio (nel caso sia sfuggito a qualcuno). Sono parole, e le parole stanno a zero davanti all’assenza percepita di futuro. Non basta dire NO alla Bce, se non si dice come. Due sere prima del 15/10 ero a un’assemblea con gli indignati di una città dell’Emilia, dove si discuteva di come, in concreto, un comune può praticare il diritto all’insolvenza per non tagliare i servizi sociali: in quell’assemblea c’era più concretezza di quanta ce ne fosse nelle megafonate alla testa del corteo. Scrive il blogger @Binaghi su Lipperatura: «Se c’è qualcuno che crede di combattere lo strapotere della finanza tirando sassi ai vetri della Goldman Sachs di Roma, c’è un problema di dispercezione prima che di ordine pubblico» – giustissimo. Ma se si evocano le banche, e poi non si pratica una proposta concreta di contrasto alle grandi banche (come il diritto al default), non ti restano che le vetrine. Non si evocano i simboli invano, e non si trasformano le cose in simboli, perché i simboli hanno il malvezzo di prender vita autonoma – e dovrebbe saperlo soprattutto chi fa ricerca filosofica (non parlo del blogger, sia chiaro). Hic Rodhus, hic salta.
Quarta annotazione sugli scontri. Non potendone fare un’analisi dettagliata (e di nuovo la mordacchia!), cerco di chiedermi: a cosa fanno segno questi scontri? È dal 14 dicembre scorso che ci diciamo della novità rappresentata dal pischello riottoso, soggetto del tutto nuovo, sfuggente, ininquadrabile. Rieccolo, sotto altre forme. Qualunque forma organizzativa abbia assunto, questo pischello parla di una rabbia, di una violenza, di una criticità (nel senso letterale del termine: del punto prossimo di deflagrazione) diffusa, che è destinata ad aumentare. Si manifesta in forme politiche di mera reattività, resistenziali? È passibile di “delirio soggettivistico” (ah, la memoria che brutti scherzi…)? È un nevrotico che pro-voca il Grande Altro, come ha scritto @olracant (che cito senza la minima ironia)? Tutto vero. Ma tant’è: questo è il dato, com’è noto con la testa più dura delle teorie. Decidere che il problema non esiste perché, con piglio carabinieresco, i duri e puri di ieri si trasformano in gendarmi dell’oggi decretando espulsioni e cassazioni, decretandone un’estraneità o una fascistità (che sono forse un residuo da stadio dello specchio nel quale si forma l’identità, per rimanere a Lacan) è facile. Che sia anche utile, è tutto da dimostrare.
Quinta annotazione. Scrive qui WM1: “Quali sono le *nostre* mancanze? Perché non abbiamo saputo trovare sbocchi più politici a quella collera? Perché noi intellettuali e narratori e teorici e fratelli maggiori e compagni di strada critici etc. non abbiamo saputo diffondere una visione più articolata e strategica dello scontro sociale?” Abbozzo risposte. Primo: non tutti. Non risolve il problema, ma è bene ricordare che una parte di questi pischelli conoscono altre pratiche. Che magari potevano diffondersi nel territorio, invece di essere schiacciate tra le opposte strategie del “partito degli assessori” (e dei neo-deputati) e i Men in Black. E, secondo spu(n)to: ci sono dei precedenti nell’identificazione della lotta col solo scontro. La peggiore storia dei movimenti degli anni Settanta ha conosciuto forme di “turismo rivoluzionario”, magari esemplari da raccontare (ad es. irruzioni armate nelle fabbrichette di quartiere in cui si praticava il lavoro nero), ma senza radicamento sul territorio, senza azione di massa nel quartiere, ecc. E nella storia quello che ritorna è sempre il peggio: cioè il rimosso non risolto.
Ma non ci giro intorno: per una parte di questi (ed è una generazione 14-30, a occhio e croce) la lotta è solo conflitto. E il conflitto è vissuto con modalità ultras: quindi scontro fisico, tattica, armamenti, velocità, mordi-e-fuggi. Hai portato a casa la pelle, hai vinto: fine della storia. Anche se non arrivo a valorizzare il conflitto divertito, credo che le cose che ha scritto Valerio Marchi sul mondo ultras siano imprescindibili, e con esse dobbiamo fare i conti. Non è un problema di narrazioni, lo è più di generazioni: o meglio, di un filo tra generazioni che si è interrotto, e ha interrotto la trasmissione dei saperi parziali, di classe: delle pratiche di lotta, in una parola. Non basterà il lavoro di una generazione, ha ragione da vendere @Luca.
Ultima annotazione (che se siete arrivati fin qui avrete i genitali gonfi come prostate). Cosa dovrebbe succedere? Che si cominciasse – ma da quanto tempo su questo sito lo si dice? Da quanto tempo (me) lo dico anch’io? – a farla finita con i Grandi Eventi. Con le Sfilate Epocali. Col parlamento e i “palazzi del potere” come obiettivo finale (ma che cazzo di idea del potere hanno questi cultori del Grande Centro?). E, aggiungo: che si cominciasse a deromanizzare i movimenti: non solo in senso topografico, ma mentale. A farla finire con le diatribe, le fisse mentali, le pratiche, le modalità romane, dove – è storia vecchia – non si riesce a garantire un servizio di protezione decente non da ieri, ma da anni. E dove ogni intesa è una mediazione al ribasso, piena di non detti, sottintesi, ammiccamenti, furbate alla Rugantino. Bisognerebbe che l’autocritica fosse davvero radicale, da parte di tutti: che, di conseguenza, le organizzazioni politiche (quelle organizzate per organigrammi, linee ferree, ecc.) decidessero di mettersi al servizio – proprio nei termini di agenzie di servizio e di elaborazione progettuale – dei movimenti, delle piazze davvero plurali nei tempi, nei luoghi e nei modi. Che la malmasticata nozione di egemonia non fosse più declinata in termini di sovradeterminazione delle pratiche altrui. Bisognerebbe agire all’interno degli spazi politici vasti come praterie – cito un amico più esperto e lapidario di me – che si aprono tra la testa del corteo e piazza san Giovanni, prima che – aggiungo io – queste praterie si trasformino in deserti.
Bisognerebbe.
Come andrà a finire? In questo momento, la vedo nera. Temo che le prossime mosse, da parte di chi è in condizione di peggiorare le cose, saranno in direzione del peggio. Temo che il deserto crescerà, e a poco servirà maledire chi favorisce i deserti. Avrei voglia di consigliare a tutti la visione di “Game of Thrones”, che adesso arriva in italiano: di studiare le dinamiche che portano i soggetti della saga di G.R.R. Martin alla catastrofe senza rendersene conto. Come dicono laggiù, a Winterfell: Winter in coming.
Sono certo, invece, che una generazione di lavoro sarà appena sufficiente ad impostare il compito che ci si squaderna davanti. E quindi: su le maniche, e sugo di gomiti.
PS: il romito coi libroni citato nell’intro è qui.
@canenero
condivido i tuoi auspici e le tue paure soprattutto quando esponi che gli scontri saranno potenziale terreno fertile per repressione sociale speciale.
Permettimi un’estensione del tuo commento. Non vorrei però che ciò detrminasse in futuro un atteggiamento difensivo verso il ricatto potenziale che i governanti metteranno in piedi per annientarci.
Come scrive Luca (in bocca al lupo!) è doveroso essere ovunque, ancora più determinati perchè il conflitto che ora possiamo combattere è quello culturale. Se l’egemonia culturale borghese annienta ogni velleità rivoluzionaria, noi come movimento e/o partito dobbiamo muovere il culo ed uscire dalle quattro mura per intercettare quei giovani che oggi non siamo nemmeno in grado di capire. Perchè quella rabbia, checchè se ne dica, è la rabbia potenziale di ognuno di noi. Tendiamogli la mano invece di crocifiggerli.
Chiedo scusa: nella foga, sembra che io nel commento si sopra abbia detto che in piazza a Roma c’erano solo i componenti del Coordinamento/Intergruppi. Ovvio che non era così: tra i tanti “accorsi spontaneamente” c’erano tante realtà che sono state messe in ombra (San Precario, per dirne una). Tanto in ombra che mi restano tra dita e tasti.
Ecco la polizia che attacca migliaia di persone ferme in P.zza S. Giovanni:
http://youtu.be/wklpmLMqZZw
Avete sentito Maroni?
Propone leggi draconiane, tra cui il fatto che solo chi può garantire economicamente i risarcimenti in casi di danni potrebbe ricevere il permesso di organizzare un corteo.
Un incentivo diretto alle manifestazioni non autorizzate. Della serie: come soffiare sul fuoco.
Che schifo il giornalismo italiano in questi giorni, comunque. In confronto la polizia è un’inquirente “gentile”.
[…] la discussione nei commenti su […]
@wu ming: a me le immagini paiono dare sostanza al resoconto di olracant. La polizia, “portata” in piazza, carica la folla. Ma quelli che non sono preparati a difendersi si ritirano senza grossi problemi e con una relativa calma, almeno in apparenza (sono in ufficio e non posso sentire l’audio del video, però mi pare significativo anche il testo che lo accompagna).
@tutti: io non ho grande esperienza di piazza ma, lo chiedo a voi e a chi è più esperto, non vi pare che la gestione dell’ordine pubblico sia stata in qualche modo anomala? In nessuna delle immagini di sabato ho visto decise cariche a piedi della celere come in altre occasioni (14/12), e neppure scontri all’arma bianca. Vuol dire qualcosa? La reazione di piazza è stata così decisa da intimorire i celerini?
Oppure, ma forse è un mio “viaggio”, si è voluto dare l’impressione di un potere che arretra (in piazza sabato correva la voce che la PS fosse stata messa in fuga) per creare esaltazione e colpire duro in un’altra occasione?
@ flavio
non hanno caricato molto a piedi, ma fendevano la folla con gli automezzi e sparavano col cannone ad acqua, mentre (come al solito, e come si è visto in altri video girati in quel frangente) dai margini sparavano candelotti ad altezza facce.
Cellulari + idranti. Sono scene che si vedono spesso negli scontri fuori dagli stadi, con la differenza che qui la folla che rischia di essere travolta non è composta solo da ultras, ma da persone di ogni genere ed età.
[Per inciso: a Genova, in via Tolemaide, iniziarono la carica a piedi, ma quando il corteo fece resistenza, si misero a fendere la folla coi mezzi, a tutta velocità. Insomma, quando viene ingaggiato uno scontro meno “asimmetrico”, la polizia italiana tende a non affrontarlo pedibus calcantibus.]
In questo video, forse per come è girato (tu ti intendi molto più di me di linguaggio video, inquadrature etc.), non si vedono manifestanti che “portano” la polizia in piazza, però una cosa si vede benissimo: l’intenzione – forse per la prima volta nella storia delle manifestazioni a Roma – di disperdere la folla concentratasi in Piazza S. Giovanni, luogo dove tradizionalmente terminano i cortei. Non sono il primo, anzi, sono buon ultimo nel far notare che il tentativo di sgomberare quella piazza segna un qualche passaggio di fase.
@Wu Ming 2
Non é un’opinione di un pensiero “culturalista” ed esotico, ma un dato di fatto. Io non so se tu sei mai stato a una di quelle manifestazioni ma io si (anche se le differenze sono palesi anche guaradando un semplice video) e ti assicuro che di “pratiche” (se tu non vuoi chiamare violenza da stadio una macchina bruciata o un tabacchino assaltato) come quelle del 15 a Roma non se ne sono mai viste. In Tunisia come in Egitto ti ricordo inoltre che manifestanti ed esercito fraternizzavano (la repressione é stata infatti portata avanti dalla polizia governamentale).
In quei paesi scoprono il diritto (e la gioia) di manifestare! Mentre da noi ce l’abbiamo e non la sappiamo utilizzare per colpa di un tragico vuoto di pensiero politico.
Dimenticavo: il commento di chi ha postato quel video va in una precisa direzione, mentre alcuni di quelli lasciati sotto da altre persone raccontano un’altra storia.
@ Samira
io ribadisco il consiglio che abbiamo dato come collettivo al completo: per favore, se possibile, leggi la discussione, perché da come argomenti e dal tono, sembra che ci accusi di giustificare quello che è successo, mentre la nostra posizione è completamente diversa.
La polizia e i carabinieri impegnati in piazza san giovanni erano pochi, impegnati per giunta su tre fronti di scontro. L’esiguità del numero spiega anche perché gli scontri sono durati così a lungo.
Il mio commento non si porta dietro immagini perché nel momento ripreso dal video ero schiacciato nell’angolo di piazza san giovanni dove si trovava il camion dei cobas. L’impressione avuta è la medesima descritta da WM1, portarci fuori da lì, disperdere la piazza, anche a costo di investire qualcuno… forse perché a giudicare anche da cosa si vede nel video eravamo veramente tanti, di più di quanti mi sembrava fossimo in quel momento….
A scanso di equivoci, ero in Piazza, ma non attore degli scontri, e la rabbia vera mi è uscita solo in quel momento (credo proprio per tutte le ragioni emerse nella discussione che si è articolata qui in questi giorni) quando davvero ho rivisto una microscena genovese…
@Samira
Ripeto: se vuoi vedere solo i tabacchini assaltati e le macchine bruciate – che per me non sono affatto “pratiche”, non l’ho mai detto – sei libera di farlo. Ma ho l’impressione che così non si vada molto lontano.
In Tunisia non ci sono stato, ma l’immagine di questi popoli ingenui che “scoprono” la gioia di manifestare, non so, mi lascia parecchio perplesso. Cmq sul punto non ribatto più, si rischia di andare OT e ormai ho detto e ridetto come la penso.
@Wu Ming 2
Se tu hai visto altro alla manifestazione mi piacerebbe che me lo descrivessi. Soprattutto però travisi le mie parole perché non ho assolutamente detto che sono “popoli ingenui” (queste sono parole tue). Sei libero di non ribattere più, se preferisci questo al dialogo.
@ Samira
allora devo pensare che sei venuta qui solo per attaccar briga? Non abbiamo aspettato te per cercare di capire e descrivere cos’è successo a Roma sabato: lo stiamo facendo, dialogando con moltissime persone, da tre giorni. Sei pregata di cambiare tono e atteggiamento, perché questo modo di porsi è inaccettabile. Grazie.
@ flaviopintarelli
se ti riferisci all Valsusa anche io ho lo stesso presentimento
@miche @flavio non so se c’erano intenzioni a priori, però i più colpiti dalle strumentalizzazioni adesso effettivamente sono i Notav…
@Wu Ming 1
Non ho nessun tono, solo é impossibile leggere 300 commenti.
Ho invitato Wu Ming 2 a parlare di un argomento più specifico che é stato lanciato sull’accostamento tra le manifestazioni (o alle opinioni sulle manifestzioni) in Maghreb e quelle a Roma. I precedenti post trovati su questo argomento sono molto brevi (almeno quelli che ho potuto leggere tra oltre 300) e non mi sono molto piaciuti. Ma se non c’è più spazio per discutere va bene così.
Io davvero non li posso sopportare, quelli che usano uno spazio messo a disposizione delle loro parole… per dire che non li si vuole far parlare. Anche perché, nel mentre, tutti gli altri stanno parlando.
@ flaviopintarelli
Io ho una pessima impressione. Sento dire “abbiamo evitato il morto”, vedo i blindati usati per spazzare la piazza e gli idranti sparati a un metro per stordire, e capisco che a quel “abbiamo evitato il morto” si sottintende: “questa volta”. E i blindati usati in quel modo sembrano avvertire: la prossima volta sarà come con Giannino Zibecchi.
@Samira
Tu scrivi: “Se tu hai visto altro alla manifestazione mi piacerebbe che me lo descrivessi”. Questo non è affatto “un argomento più specifico”: la percezione di quel che è successo a Roma attraversa più o meno tutti i nostri commenti degli ultimi tre giorni. Per questo ti invitiamo a rileggerli. Perché se c’è una cosa che emerge chiara da tanti contributi è che tra quel che è successo in Piazza San Giovanni e i “tabacchini assaltati” c’è una certa differenza (per numeri, composizione, partecipazione, atteggiamento.) Il che non significa che giustifico questo o quello, significa solo ciò che ho scritto: secondo me c’è una differenza.
Quanto all’aggettivo “ingenui”, hai ragione, l’ho aggiunto io. Ed era una forma stringata per dire questo: “Sostenere che i popoli dell’Egitto e della Tunisia hanno “scoperto” la gioia di manifestare , a mio parere, è come dire che sono ingenui. O quantomeno: questo rischio c’è, e c’è sempre stato fin dai tempi di Lawrence d’Arabia”.
Detto questo: io voglio solo evitare di ripetermi e di annoiare chi s’è già letto le mie motivazioni. Ben venga il dialogo, ma solo se avrò qualcosa di nuovo e di diverso da dire. Altrimenti più che dialogo, diventano due monologhi.
premesso che facebook é fatto di mode e che quindi non mi stupisco quindi che anche nella delazione ci siano tanti esaltati: io mi trovo qui a rabbrividire per la mia ignoranza e i miei pensieri da fascista, e non riesco a spiegarmi questo evento e una possibile soluzione ‘giusta’: noi con i nostri bei pc e i nostri smartphone possiamo pure continuare a commentare informarci e discutere ma nella pratica servono soluzioni rapide e misure da prendere qui e ora, quindi chi ha sbagliato deve pagare oppure lo lasciamo andare perché lui rappresenta solo un sintomo e noi dobbiamo curare la causa?
@ Samira
I distinguo di cui parla WM2 a proposito delle manifestazioni nostrane vanno fatti anche per le rivoluzioni arabe. Laggiù quest’anno si sarà pure riscoperta la voglia di manifestare e di occupare lo spazio pubblico con i propri corpi, ma non si sono cacciati i rais solo con quella. A Suez, nel gennaio scorso sono stati incendiati diversi edifici pubblici e blindati della polizia. E il 28 gennaio al Cairo è stata data alle fiamme la sede del partito di governo… Solo per citare due episodi che non sembrano esprimere proprio “fraternizzazione” e “gioia di manifestare”, ma direi piuttosto grossa incazzatura e voglia di reagire alla repressione. E ovviamente stiamo parlando dei due paesi (Egitto e Tunisia) dove la cacciata è stata possibile, dato che altrove stanno ancora combattendo e versando sangue.
E’ del resto evidente che quella di sabato scorso non era un’insurrezione, e certo non è incendiando un paio di auto parcheggiate e sfasciando un bankomat che si può pensare di intraprenderne una. Ma queste cose, davvero sono state dette in decine di interventi qua sopra. Va bene portare pazienza, ma non possiamo continuare a ripeterci.
Tra i liberale americani, qualcuno comincia a collegare Occupy Wall Street con il “secondo” Martin Luther King, quello che aveva capito che il suo sogno era ormai stato stravolto da chi aveva più da perderci nel caso si fosse avverato.
http://www.nationofchange.org/movement-too-big-fail-1318944790
Magari si può provare a ripartire da queste considerazioni.
@wu ming 1: non si vedono gli scontri (prima ho detto manifestanti, ma penso sia meglio dire scontri) che hanno “portato” la polizia in piazza, però verso il minuto 3.00, dopo che i camion con l’idrante sono entrati in piazza alle loro spalle si vedono un certo numero di persone correre da quella che se non sbaglio è via Emanuele Filiberto. Se quelle persone fossero (la distanza è troppa per poter distinguere chiaramente) quelle che hanno dato inizio agli scontri su via Labicana, allora la ricostruzione proposta parrebbe attendibile.
In questo canale youtube (http://www.youtube.com/user/WENDY6CAT) ci sono quattro video che fanno vedere la dinamica da una posizione più vicina a via E. Filiberto.
Vedeteli in ordine e occhio agli orari (li trovate nel testo sotto il video). I primi due video (16.26 3 16.30) mostrano gli scontri lungo via Filiberto e i caroselli (assurdi e allucinanti), ma fino a quel momento sembra che i presenti siano tutti equipaggiati. Il terzo video (16.34) che si apre col manifestante che grida “non violenza” al megafono dovrebbe corrispondere ad un momento di calma che precede l’arrivo degli idranti in piazza. Il quarto video (16.53) mostra la controcarica della piazza, probabilmente già interessata dalla carica degli idranti, che si vede verso la fine del video che hai postato tu e che quindi inserirei cronologicamente tra le 16.34 e le 16.53 (se riesco domani provo a fare uno storify con questi video, magari è più chiaro).
Senza dubbio il momento del corteo in cui la Polizia entra in piazza segna il passaggio ad una nuova fase degli eventi. E senza dubbio lì la polizia ha intenzione di disperdere la gente che sta in piazza a prescindere dal coinvolgimento di questa negli scontri.
Magari sbaglio ma la mia idea è che le FDO abbiano avuto una reazione isterica in cui hanno pesato dei riflessi pavloviani: “sgombriamo tutti e bona lè” solo che hanno incontrato più resistenza del previsto.
In ogni caso, sotto ogni punto di vista, la gestione dell’ordine pubblico è stata allucinante e assurda.
@miche @lab_013: non so se sarà la Val Susa (spero proprio che non lo sia) ma quando ho visto l’immagine della controcarica mi sono venute in mente le parole dell’intervista a un brigatista nel documentario “Fuori fuoco” di Federico Greco e Mazzino Montinari. Quest’uomo ad un certo punto dice “quando vedi il Potere che scappa, allora pensi è così che funziona, è questo il gioco, magari possiamo anche vincere”.
L’ho detto prima, sicuramente è un mio viaggio, ma immagini come quelle possono far pensare a tanta gente che “è così che funziona, che è questo il gioco”, vedere il Potere che arretra da forza, ma cosa succederà quando il Potere deciderà di reagire in maniera più decisa? Se la gestione dell’ordine pubblico fosse stata volutamente isterica e disorganizzata per dare l’idea che veramente si può vincere il Potere militarmente? Se alla prossima manifestazione, quando ad essere organizzati per lo scontro non saranno più 1000 persone ma 10.000, come reagirà il Potere, con quale violenza? E quali le conseguenze? Lo so e lo ripeto è un mio viaggio mentale, un mio film, una mia allucinazione, però ci penso…
Un testo di Bifo, da cui estraggo un passaggio interessante (come anche il resto, che è qui):
«Leggo che alcuni si lamentano perché gli arrabbiati hanno impedito al movimento di raggiungere piazza San Giovanni con i suoi carri colorati. Ma il movimento non è una rappresentazione teatrale in cui si deve seguire la sceneggiatura. La sceneggiatura cambia continuamente, e il movimento non è un prete né un giudice. Il movimento è un medico. Il medico non giudica la malattia, la cura.
Chi è disposto a scendere in strada solo se le cose sono ordinate e non c’è pericolo di marciare insieme a dei violenti, nei prossimi dieci anni farà meglio a restarsene a casa. Ma non speri di stare meglio, rimanendo a casa, perché lo verranno a prendere. Non i poliziotti né i fascisti. Ma la miseria, la disoccupazione e la depressione. E magari anche gli ufficiali giudiziari.
Dunque è meglio prepararsi all’imprevedibile. E’ meglio sapere che la violenza infinita del capitalismo finanziario nella sua fase agonica produce psicopatia, e anche razzismo, fascismo, autolesionismo e suicidio. Non vi piace lo spettacolo? Peccato, perché non si può cambiare canale.»
@flaviopintarelli.
premetto (inutilmente ai fini di questo mio scritto) che non ho visto quasi alcun video (banda stretta rulez)
io però non credo che in val di susa si pensi di poter “vincere il potere militarmente” e credo che nemmeno interessi;
se anche, e dico SE ANCHE, qualcuno ci avesse pensato è del tutto evidente che c’è una differenza sostanziale:
il potere ha al suo comando numeri enormi di pedine da muovere e, eliminate queste (magari anche solo per infortuni del calibro di lussazione ad un dito o “bollo” al ginocchio causa inciampo in erba secca), avranno al loro seguito altre migliaia di pedine affamate (a tal proposito: nessuno parla mai delle fdo che per essersi rifiutate di andare a chiomonte stanno patendo pesanti “ritorsioni”)
i notav invece sono persone senza capi e dunque senza nessuno che li voglia trattare come carne da macello e senza alcuna vocazione verso il martirio (l’unico che, davanti ad un bicchiere di vino e quando ancora non sapeva di essere malato, qualche anno fa ho sentito offrirsi per questa posizione è morto per cause “naturali”)
inoltre, battuta militarmente ogni “forza” della nazione, ci manderebbero magari la eurogendfor come han fatto in grecia (fonte linkiesta.it), i caschi blu? che altro? boh non sono esperta!
no, l’avversario della valsusa (e della nazione) và battuto politicamente, con quella politica forse giudicata “piccola piccola” che porta la gente a non delegare ed a riappropriarsi del proprio territorio e del proprio potere di cittadino.
questo fanno i notav e questo stanno facendo nelle altre piazze del mondo (quelle piazze che parlano di “anomalia italiana” prima di tutto per questo, poi anche per la gestione militare da parte delle ffoo della vicenda di sabato).
@flavio credo che la scelta dei Notav di manifestare a volto scoperto vada in questa direzione, tuttavia chissà cosa succederà il 23…
lineadombre (l’agente delle forze dell’ordine) diceva “usate la fantasia anzichè le molotov” i WuMing parlavano di (vado a memoria) delocalizzare le azioni…
vedo a ruota libera e un po’ a casaccio.. se non si può essere in Val di susa si potrà fare qualcosa di creativo magari un flash mob, uno strumento che ha del potenziale ma che viene utilizzato solamente a scopi promozionali? è importante essere in Val di Susa e tagliare la rete, certo, e quella è e resta l’azione principale ma come potrebbe essere una “distrazione” e un “diversivo” interessante se in altre 10, 20, 30 città italiane ci fossero delle manifestazioni “atipiche” e a “sorpresa” sempre a tema diamoci un taglio?
intendiamoci, il flash mob è una cosa più che altro coreografica, ben diversa dall’occupazione del cantiere, ma se a questa affianchiamo anche quella…
d’altre parte se Maroni dice che adesso per organizzare manifestazioni bisogna dare delle garanzie sui danni… si potrebbe aggirare il problema formalmente non organizzandole…
il video postato da WM1 alle 4:47 pm, in effetti, ricorda molto da vicino le tecniche adottate contro gli ultras.
La gestione dell’ordine pubblico, dicevi @flavio… Non dobbiamo dimenticare che a Roma, la sera dopo, si giocava il derby (che negli ultimi anni non è stato mai tranquillo). Credo che qualche “conto doppio” se lo siano fatto (forse lo spiegamento di mezzi così esiguo era dovuto al fatto che hanno preferito presidiare il quadrilatero via del corso – via del plebiscito – corso rinascimento – montecitorio? ma lì davvero era presidiato? O forse era dovuto anche al fatto di dover garantire una presenza di una certa consistenza la sera seguente, e se mandi uomini in strada il sabato, non puoi rimandare gli stessi il giorno dopo).
E a proposito di derby, e di Roma, devo dire che sì, @girolamo, noi romani per primi tocca che cominciamo ad analizzare seriamente il nostro modo di stare in piazza, di “romanizzare” la piazza, e la lotta, e il conflitto…
ascoltando le parole di Maroni e di tutto il coro parlamentare penso sempre di più che siamo caoticamente, stupidamente caduti nella rete…è vero che la rabbia diffusa è tanta e che negli scontri ci si può far coinvolgere come dice “er pelliccia”…
ma partire a freddo è completamente un’altra cosa. in via cavour i caschi neri opachi dietro lo striscione aranciano non chiediamo il futuro ci prendiamo il presente hanno cominciato alle 14.50 a rompere la vetrina di “compro oro” e a dare fuoco a 2 macchine parcheggiate lì davanti. due ore dopo erano ancora nel corteo!!!! a fare le stesse cose. Possibile che l’elicottero della polizia non ha comunicato a nessuno quello che stava succedendo? oggi polizia carabienieri guardie forestali e vigili del fuoco davanti al parlamento con le taniche di benzina… per protestare contro i tagli!! ma in che paese sono stata catapultata? \_’_-_’/
C’entra e non c’entra, però: qual’è la vera notizia che meriterebbe la prima pagina domani?
Che hanno preso “il giovane con l’estintore” oppure che Alessandro Profumo, ex amministratore delegato di Unicredit, è indagato dalla Procura di Milano per frode fiscale, con sequestro del profitto del reato pari a 245 milioni di euro?
Ho partecipato a Roma come ho partecipato a tutte le grandi, e ad altre più ridotte, manifestazioni dal 2002 ad oggi. In tutte queste grandi passeggiate di massa ho trovato solo una cosa: la progressiva costruzione di un dissenso controllato e controllabile, facilmente arginato e ignorato dal potere. Ogni volta si mette in scena uno spettacolo nel quale a mio avviso i soggetti non sono protagonisti attivi ma non-agenti spettatori di se stessi. Voglio usare parole di altri(seppur estrapolate dal loro contesto originale) per esplicitare le condizioni nelle quali ci troviamo ad operare: ” l ‘ organizzazione spettacolare di difesa dell’ ordine esistente, il regno sociale delle apparenze in cui nessuna questione centrale può più essere posta apertamente ed onestamente”.
Gennaro Carotenuto sulla delazione/linciaggio in rete:
http://www.gennarocarotenuto.it/16782-caccia-alluomo-cambia-l-italia-denuncia-un-black-bloc/
finisco qui perché dovrei sprecare i votri e i miei commenti per spiegare la serie di ecquivoci che si sono generati, causa il mio inserimento tardivo…
1) Wu Ming 1 : quando ho detto ” se non c’è più spazio per discutere” mi sono espressa male ma intendevo quello che tu avevi detto già nel post precedente, ovvero “cambiare focus o sede” perché, ti ho spiegato, penso sia difficile leggere 400 commenti. Tuttavia credo che il mio primo commento non esula molto dagli ultimi che sto leggendo (nonostante sia la risposta a un post più vecchio ma anche uno dei pochi che sta girando sul net – mi riferisco a quello di Alessandro di Militant, e non accusava nessuno di voi anzi mi sembrava vicino a uno dei tuoi commenti di questi giorni – il vuoto politico come causa della violenza e la necessità di trovare nuove pratiche…
Wu Ming 2 : “Descrivi quello che hai visto se c’è altro ” é vero é generale (e non avevo visto alcuni tuoi post) ma rispondeva anche al tuo ridurre il mio commento solo a “assaltare i tabacchini”. Lungi da me non fare dei distinguo nella manifestazione, anzi é proprio il contrario. è solo sul punto “Primavera araba” che ti ho riposto nel mio primo commento, per affermare che la violenza del 15 non centra con quella nei paesi arabi (dove tra l’altro é stata per lo più assente dalle grandi manifestazioni).
Wu Ming 4 : Ti ringrazio per la tua precisa risposta. In Maghreb non si é “scoperta” la voglia di manifestare o di fare politica (che c’era anche prima e che c’é sempre stata), ma semplicemente prima non si lo si poteva fare per via dei regimi dittatoriali. E non sono io a dirlo ma le decine di persone che finalmente dicono di poter esprimere la loro opinone in pubblico senza avere paura. Per questo la situazione é molto diversa. L’assalto agli edifici del potere ha un’altro senso (anzi ha un senso) e gli episodi di violenza hanno altre cause. Ma quello che mi premeva sottolineare é che i modi di manifestare erano (e sono ancora, dal Marocco alla Siria) “pacifici”e nessuno assalta banche, macchine, negozi o quant’altro. E ne parlavo proprio l’altra sera con un amico marocchino del movimento del 20 febbraio…che spiegava gli episodi di Roma dicendo : “Forse é perché voi vivevate bene e state perdendo tutto quello che avevate”.
Ultimo @concordo in aprte con FlavioPintarelli : anch’io a Piazza S.Giovanni ho avuto un pò la stessa impressione.
Ecco mi dispiace andare OT ma dovevo pur rispondere ai vostri post. Grazie per la discussione.
A mio modo di vedere si può sensatamente criticare la modalità “manifestazione nazionale” scelta per il 15 ottobre, però dire che è stata solo una passeggiata di massa e che l’effetto sia solo “la progressiva costruzione di un dissenso controllato e controllabile, facilmente arginato e ignorato dal potere” mi pare riduttivo.
Il fatto che ci fossero in piazza 200mila persone significa che questo paese non è del tutto normalizzato e – al di là di com’è andata – questo è un buon segno.
Animal Hause: Giovani Leoni, Vecchi Pecoroni, Qualche Avvoltoio
I Giovani Leoni
Si dice che dal settembre dell’anno scorso qualcosa è cambiato e che le “Grandi manifestazioni evento” del “movimento antagonista” non potranno fare a meno delle espressioni/esplosioni in stile “riot” delle componenti “black”. Si tratta (si dice) di comportamenti espressi da soggetti nati e cresciuti in un contesto costituito da precarietà economico-esistenziale e da una cornice politico/istituzionale tanto insignificante quanto chiusa e distante, anche in termini generazionali.
Questi Giovani Leoni, o almeno un parte di essi, esprime il “riot” perchè è l’unico strumento alla loro portata.
E fin qui posso essere d’accordo (con la descrizione di quanto è accaduto recentemente)
Il POTERE (maiuscolo)
Il sistema politico/istituzionale “Mainstream”, dal canto suo, mi sembra si basi su un “mercato delle vacche” in salsa “machiavellica”. Ogni soggetto/protagonista politico crede di ritagliarsi un ruolo nel sistema offrendo in cambio l’egemonia/rappresentanza sul proprio gregge, perchè così in fondo è sempre stato…
E’ questo il percorso seguito dalla chiesa cattolica, dai vertici del vecchio pci, dai grandi sindacati, dai gruppi editoriali, da confindustria, dalle varie corporazioni, fin giù, giù alla più infima associazione che sgomita in visibilità millantando seguito per ottenere qualche briciola
Esitono altre logiche di Potere? E’ un percorso antropologicamente segnato per la razza umana? E un percorso etnicamente connaturato alla nostra italianità da “buon bastore col suo gregge” di stampo cattolico?
Cosa fanno gli aspiranti “rivoluzionari” in questo contesto? Sarebbe lecito aspettarsi qualcosa di profondamente diverso.
Vediamoli al lavoro
La preparazione della giornata del 15Ott ci fornisce uno “spaccato” (scusate l’involontaria ironia) assai significativo.
Le riunioni preparatorie (come ho accennato nel post precedente), secondo chi le ha seguite, (vedi Militant) si sono caratterizzate dal più classico “Dialogo fra sordi”, tipo: “Tu sei un passeggiatore zombie irrilevante, ruota di scorta del sistema, ti facciamo vedere noi come si fa!” vs “Tu sei uno psicopatico tutto slogan e mortaretti, pazzo incosciente ci fai finire tutti al macello!”…
Di fronte ad una situazione del genere, di simpatica e fraterna condivisione, ognuno ha deciso di partecipare ostinatamente a proprio modo alla medesima iniziativa dando luogo ad un ignobile ed ottuso braccio di ferro fatto sulla pelle dei partecipanti.
La posta in gioco,
guarda un po’ era, “l’egemonia” sul corteo ed i suoi comportamenti e su quella fetta di cittadini disgustati dall’offerta politica “mainstream” che, grazie a dio o alle condizioni materiali di vita o al lavoro politico di alcuni, si affaccia ciclicamente in cerca di qualcos’altro.
QUELLO CHE VERAMENTE MI DISGUSTA è che qui, secondo me, si ritrovano LOGICHE MOLTO SIMILI. La testimonianza la danno gli stessi protagonisti. Una parte flirta ruffianamente con la futura “Sponda Vendoliana” facendo credere di poter portare in dote schiere di “elettori indignati” su un ennesimo giro di giostra istituzionale pronti a fidarsi ciecamente di loro. Probabilmente l’esito di questa manovra, visti i precedenti (vedi Rif Com) avrebbe incantato pochi, sarebbe stato facilmente smascherabile e poco dopo si sarebbe ritorto contro gli stessi protagonisti.
Dall’altra parte, (gli adoratori del capodanno in vestito nero) contrari a questi “sporchi giochi” sulla pelle del “movimento antagonista” si organizza una simpatica festa di capodanno con tanto di ballo in maschera e fuochi d’atificio che ha come scopo quello di FAR FALLIRE il “comizio finale” (vedi Infoaut) e ROMPERE IL GIOCATTTOLO, CIOE’ IL CORTEO. Corteo in cui non si riconoscevano più visto che “i Vecchi Pecoroni” non li hanno voluti seguire verso i “Palazzi del Potere”. E NESSUNO, almeno in questa giornata, ha deciso di seguire il loro esempio altrove. Solo una minoranza, fra quelli che si sono ritrovati fra l’incudine ed il martello a S. Giovanni, li hanno seguiti nel loro ostinato e rischiosissimo Rave-party.
Conclusioni (ahhhh, la sto facendo… ecco la sentenza!)
Gli addetti ai lavori, almeno in questa occasione hanno avuto pratiche da Avvoltoi, facendosi una bella partita a Risiko (per essere buoni), ognuno con i suoi strumenti (chi con le entrature istituzionali, chi con i petardi), sulla pelle dei partecipanti.
Non è stato, mi sembra, un caso di successo del “movimento antagonista”.
Per chi ha bisogno di un’alternativa si tratta di un’occasione persa
(Tiro l’acqua, sperando di lasciare il bagno pulito…!)
Grazie
Sto seguendo da un paio di anni Giap. Per vari motivi non avevo mai scritto prima ma in questa occasione non mi sono trattenuta.
Le imagini di Roma erano facili da imaginare anche prima del 15/10. Quando poi si ‘e deciso di convertire tutto a una manifestazione Unica alla capitale non so come sarebbe potuto andare diversamente.
La situazione in Grecia e’ molto lontano, per ora, da quella italiana. In ogni caso la problematica non e’ poi cosi’ diversa. A questo punto vorrei raccontarvi l’esperienza degli miei ultimi 5 mesi passati per lo piu’ in piazza.
Qui si e’ fatta la scelta di scendere in piazza senza nessuna bandiera ne di partiti ne di commitati, organizazzioni, gruppi vari.. La gente si e’ alzata dal divano ed e’ andata in piazza a protestare, a manifestare. Contro la misure che il governo nostro stava mettendo in atto e altre che preparava. Contro la troika e gli interessi internazionali che speculavano sul Paese. Movimentazioni assolutamente Pacifiche. Ci siamo organizzati in gruppi, ogni sera c’era l’assemblea (bema) aperta e tutti potevano parlare apertamente. Tanti l’hanno chiamato “terapia di gruppo” e in un certo senso lo e’ stata. Dalla depressione solitaria alla ricerca di una via d’uscita collettiva. Ma l’illusione sara’ durata 1 mese forse. Dopo di che’ iniziava a dare segni di framentazione. C’era chi proponeva azioni radicali, chi soluzioni utopiche, chi cercava di trovare i colpevoli e linciarli, metaforicamente parlando. Piano piano ci siamo conosciuti ed era molto facile indentificare la parte politica-sociale la quale rapresentava ogni interlocutore. Le parole trasudavano vecchiaia. marciume, ruggine. Anche senza bandiere i muri da abbattere erano belli alti. Iniziavo a deludermi ma non ho mollato. Continuavo ad andare. Ogni giorno, ogni notte. Cercavo di capire alla fine chi siamo “noi” in piazza.
La gente diminuiva. Quasi tutti volevano sentirsi dare una risposta, una via di uscita dal disaggio nel quale emergevamo. Ma ben pocchi erano disposti a proporre piani, a sentire gli altri ma sopratutto ad assumersi responsabilita’ delle azioni passate e quelle future necessarie ad un cambiamento.
Rimanevamo sempre meno e in gruppi sempre piu’ chiari e distinti. La rabbia ovviamente aumentava. Un po’ per la stanchezza, un po’ perche’ nuove misure toglievano il fiatto, un po’ perche’ la delusione e la disperazione aumentava. Ci sono stati dei scontri violentissimi ad Atene. Per un momento la spudorata violazione dei diritti dei cittadini dalla parte delle forze dell’ordine sembrava riunire la gente di nuovo. Non potevi non sentirti solidale davanti a quel che accadeva. Per un momento il Governo sembrava aver paura delle piazze. Poi il teatro a ripreso come prima con un nuovo ministro che prometteva, rassicurava, rimmeteva in ordine. Grande stupore: Molta gente ci crede!
e va al Mare! Rabbia da parte mia a questo punto.
Ho smesso di andare in piazza con tanta frequenza. Seguo le cose sopratutto da internet e discuttendo con amici.
La mia conclusione (premesso che non vorrei mai arrivare ad una conclusione definitiva) e’ questa: Come la rete cosi’ le piazze e le strade devono essere (rubo e storpio da Luca/gia’ WM3) luoghi dove promuovere il confronto, la discussione, la crescita e la condivisione ma sopratutto il conflitto. Da questi conflitti, da questi confronti si possono individuare le persone con le qualli in seguito ognuno aggira’. Non aspettare dalla folla anonima il cambiamento. Non nascondersi dientro una bandiera o uno striscione.
Aggire in modo concretto e farlo consapevolmente nel piccolo o nel grande che ognuno puo’. Essere uniti e solidali ‘e necessario in momenti come questi ma ‘e come minimo ingenuo senno’ addirittura pericolosamente stupido aspettare che tanta gente (parliamo di miglioni) sia d’accordo non solo alle idee , gia’ questo impossibile, ma anche al modo nel quale esse verebbero realizzate e i mezzi usati. L’importante e’ continuare ad ascoltare uno l’altro, anche se la pensa in modo diverso o se reagisce diversamente. Violenti o non violenti sono pur sempre dei manifestanti e se hanno qualcosa per manifestare in commune e’ quello di cui dobbiamo occuparci. Ma ribbadisco: Sono le piccole azioni di gruppi e le tante piccole “piazze” che potranno, semmai, cambiare qualcosa.
“Occupy Everything” in effetti e’ un grande slogan per iniziare!
-Ringrazio per lo spazio concesso
-Scusate per la lunghezza dell’intervento. Mi sono lasciata trasportare (nuova cosa per me i blog) ma
-Scusate sopratutto il mio Italiano zoppo.
NB – La mia sbrodolata (qui sopra) forse è meno astratta di quanto sembra. Il “dialogo fra sordi” e l’ottuso “braccio di ferro” sui comportamenti da imporre al corteo, agito nel cotesto politico/istituzionale in cui ci troviamo, sta portando in dono una precoce stretta repressiva nei confronti del “movimento antagonista” in termini legislativi e di comportamenti delle FDO che probabilmente lascerà il segno.
Forse è vero che non possiamo cambiare canale (vedi Bifo), ma probabilmente possiamo contribuire a cambiare i comportamenti da Avvoltoi.
Ho dimenticato di precisare che sono Greca. Ecco perche’ l’emotivita’. Ecco perche’ l’italiano zoppo.
Però siamo sicuri che tra sfilata con noioso comizio finale ed esercizio ginnico di strada non ci fosse una terza possibilità? L’idea dell’accampada forse voleva essere un’alternativa ad entrambi i rituali.
Battaglia Comunista sui fatti di Roma: http://www.leftcom.org/it/articles/2011-10-18/sugli-scontri-di-piazza-del-15-ottobre-violenza-non-violenza-lotta-di-classe
Sera. Sono appena tornata a casa da Roma. Domenica mattina ho letto un po’ di tweet e un po’ di commenti da qui da un internet point, mi sono presa un po’ di tempo per riflettere su sabato, ieri sono stata all’assemblea a Santa Croce In Gerusalemme e adesso provo (sottolineo il provo) a analizzare qui tutto il caos che ho in testa a riguardo, dividendo per punti.
1. Manifestazione: Premetto: il commento di uomoinpolvere (il primo) l’ho trovato così tanto bello e azzeccato anche al mio punto di vista da suggerirne la lettura anche a un po’ di compagni.
Per il resto, mi sono trovata in mezzo ai macelli e non avevo caschi o spranghe, non ho tirato niente, non ho spaccato niente e nemmeno i compagni che erano con me (a parte un lacrimogeno che ci avevano tirato contro e che un’amica ha cercato di rilanciare lontano ustionandosi pure tre dita nell’atto, ma ça va) e però le cariche, la repressione, i lacrimogeni e gli idranti con una roba che (credo!) fosse CS in soluzione ce li siamo beccati tutti (pure i genitori e la zia ultracinquantenni di una mia amica che erano sul pullman con noi). Un gruppo di compagni, addirittura, s’era riparato dietro la crocerossa e s’è beccato i lacrimogeni contro pure là. Hanno sparato pure sulla crocerossa. Ma noi lo sapevamo da giorni, considerato quello che è successo giovedì a Bologna, il giorno prima alla Biblioteca Nazionale e soprattutto l’anno scorso, a dicembre e ce lo dicevamo scherzando per sdrammatizzare “Uagliù, prendiamo le mazzate, lo sapete no?” “Io, se mi becco una manganellata, gli porgo il naso, così ho l’occasione per rifarmelo che fa schifo” (notare come i facinorosi violenti dei centri sociali parlavano solo e sempre di prenderle e mai di darle). Nonostante questo, nonostante la consapevolezza, nonostante non ci fossimo portati mezzo casco (io onestamente me lo sarei portato perchè sono paranoica e m’avrebbe fatto stare più sicura, ma non avevo spazio nello zaino), a Roma ci siamo andati lo stesso perchè a Roma BISOGNAVA esserci, perchè avevamo tentato di costruirlo sul territorio (e in rete, per quelli di noi che stanno in rete), perchè ci eravamo smazzati per farlo e perchè un po’ tutt* vedevamo questa manifestazione se non come un nuovo inizio di qualcosa, come una tappa importante da affrontare come movimento.
2. Violenti, non violenti ecc. ecc: Tralascio le ipotesi infiltrati, le ipotesi “Black Block” assoldati da Maroni eccetera eccetera perchè non sono che l’ennesimo modo per distogliere l’attenzione dal nocciolo della questione: non dobbiamo chiederci “chi sono questi qua che hanno sfasciato tutto!”. Non ce ne deve fregare un cazzo se si tratta di Black Block, di Puffi Armati, di Gormiti ribelli, di stranieri, di superninja addestrati dai No-Tav, di mutanti creati nei laboratori genetici segreti che di solito si trovano sotto ai centri sociali e via discorrendo, ma del perchè l’hanno fatto, del che cosa spinge tot persone (di età, estrazione e provenienza diversissima, quindi risparmiarsi stronzate del tipo “sono tutti figli di papà col culo parato”, please) a sfogare la rabbia in quel modo rischiando le botte e/o l’arresto che -insomma- credo nessuno (o quantomeno, solo una minimissima parte) si vada a cercare da solo, per divertimento. E’ che non c’è assolutamente più niente da perdere.
Due note a margine:
-proprio perchè non me ne frega NIENTE di chi sono, non li sto giustificando, non sto giustificando quelli che ormai vengono denominati a gran voce “facinorosi e violenti”. Sto solo dicendo che secondo me in questo momento tutt* dovremmo interrogarci sul PERCHE’ è successo quel che è successo, accantonando i pipponi sul chi, anche perchè il chi è impossibile da determinare, considerando che almeno da quel che ho visto io, c’erano ultras da stadio, anarcoinsurrezionalisti veramente convinti dell’idea della guerriglia urbana come unica pratica di lotta, e gente di questa o quell’area semplicemente rabbiosa e senza più alcuna prospettiva, si trattava di una sorta di calderone impossibile da decostruire.
-quando vedi quattro signori teoricamente non violenti senza casco, aggredire un adolescente solo perchè s’era messo il casco, sei davvero sicuro, nel fare le dicotomie, di sapere dove sta la violenza e dove non c’è?
3. Piazza Santa Croce in Gerusalemme, ieri. C’erano trenta tende, ragazzi per lo più tra i venti e i trenta ma anche qualche adulto. Domenica sono passata per lì perchè avevo altro da fare in zona e ho sentito che ieri alle sei ci sarebbe stata un’assemblea per tirare fuori un appello. Ho deciso di andare a vedere di cosa si parlava per curiosità e ieri alle sei e mezza ero là, ho intercettato una discussione con una giornalista di la7 che preparava la diretta con L’Infedele e poi mi sono seduta a questa specie di assemblea. Ecco, mi sono cascate le braccia, sembrava di stare a un’assemblea di boyscout, a un certo punto hanno addirittura suggerito di “Coinvolgere gli oratori…” e applaudivano pure come i PapaBoys, erano a metà tra apolitia pseudoqualunquista e utopia adolescenziale da “salviamo il mondo, che bello, che bello e la marmotta confeziona la cioccolata, non avevano alcuna base e consapevolezza politica reale e mi hanno fatto venire in mente un vecchio post di DonCave su socialismo vs ecologismo rad chic: ai media e alla politica (addirittura ad Alemanno!) piacciono perchè sono il perfetto specchietto delle allodole e il perfetto discriminante antinonviolenti (Vedete, noi non siamo repressivi? Se volete stare sul pratino a parlare di niente e ad applaudire come i boyscout ve lo facciamo fare!).
Per il resto, il 15 ottobre per quello che mi riguarda non è stato un fallimento ma può essere un inizio, controverso sicuramente, ma utile per tagliare fuori dal movimento i disgreganti, che non sono i presunti violenti quanto le frange dei cosiddetti non violenti estremiste/giustizialiste/legate ai partiti (in piazza c’era pure qualche dipietrino, aka, i fan di quello che invoca la Legge Reale) e per riflettere su come andare avanti e come ricostruirci e trovare FINALMENTE la cazzo di via per la collettivizzazione e per la risonanza.
Chiudo esprimendo solidarietà sia ai compagni arrestati, che al popolo No-TAV che come al solito viene utilizzato come capro espiatorio, che ai compagni di tutti i centri sociali che al momento si trovano sotto accusa mediatica (anche perchè ci siamo simpaticamente pure noi:http://www.ilquaderno.it/capezzone-lauro-pdl–verifiche-sulle-convenzioni-asilo-31-depistaggio-64362.html ) o sotto indagini preventive (tipo Insurgencia, per restare da me in Campania: http://www.insurgencia.info/newsite/?p=391)
Il punto di vista è quello della mia compagna, avendo due figli piccoli è lei che è andata a Roma. Appena scesa dal treno subito è stata avvertita da amici che ci sarebbero stati possibili scontri. Ha raggiunto il corteo da cane sciolto ed ha visto gente vestita di nero superare ai lati e poco dopo, resasi conto del livello di scontro che si stava mettendo in atto, è venuta via. Il pensiero di essere coinvolta, dei figli e del posto di lavoro hanno avuto la meglio. Inoltre, parole sue: se devo fare da spettatrice e da scudo umano a certe ‘avanguardie’ preferisco fare altro. Era lì non per sfilare con i palloncini ma perché credeva nella possibilità che si potesse creare una situazione in cui esercitare democrazia diretta, la famosa acampada. Questo per parlare del problema dell’avanguardia che si volta e non trova più nessuno.
Per quanto riguarda quello che succede su internet e sui social network riguardo a delazione o a come stanno venendo trattati i compagni arrestati senza sapere un cazzo di loro credo sia un segno bello netto delle barbarie del nuovo millennio, ma d’altra parte anche in questo caso è difficile ‘cambiare canale’ come dice Bifo. Bisognerà inventarsi anche un modo di difendersi dai tanti bravi cittadini presenti sui social impedendo sia di farli fare opinione e delazione sia di ghettizzarci tra di noi.
Sento parlare da più parti della necessità dei servizi d’ordine che si dovrebbero confrontare, immagino, con gente che tira bombe carta per avere agibilità. Mi sembra una maniera novecentesca di impostare il problema che presuppone il partito leninista di cui non si sente sinceramente il bisogno.
Spero infine, e poi mi fermo, che qualcuno stia pensando alla difesa dei compagni arrestati, non vorrei che in mezzo a mille litigi si lasciassero da soli di fronte a 13 anni di condanna, sappiamo tutti che sono dei facili capri espiatori.
Comunque dato che mi pare manchino alla riflessione alcune prese di posizione ‘ufficiali’ dall’arcipelago anarchico: http://www.informa-azione.info/niente_da_chiedere_tutto_da_rovesciare_sul_15_ottobre
http://www.informa-azione.info/riflessioni_e_comunicati_sul_15_ottobre_aggiornato
PS: Spero non si chiuda questo spazio, anche leggere le 4 paginate mi pare sia molto istruttivo e costruttivo
Mi odierete se vi sottopongo un piccolo comunicato stampa (a mio parere molto importante) del movimento notav?
(per la cronaca avrei potuto cercare di arrampicarmi sugli specchi per infilarlo nel discorso in maniera organica, ma perchè usare trucchetti? )
Comunicato stampa su di un caso (dimostrabile) di manipolazione mediatica dei notav
http://www.notav.eu/article5707.html
Ciao a tuttx, sabato ero al corteo ho visto e “respirato” gli umori, sentivo rabbia ed ero contento.
Non voglio pero’ parlare dei fatti ma di alcune assemblee preparatorie a cui ho assistito.
Vorrei analizzare i contenuti ed il linguaggio di molti interventi.
si perché la così tanto sbandierata “partecipazione dal basso” spesso finisce in una sterile autorappresentazione.
Si dice il collettivo a cui si appartiene, si racconta un po di storia della propria lotta, quanto siamo incazzati e che la crisi non la paghiamo.
A questo punto sono passati quasi 5 minuti e non e’ stato detto ancora nulla che non si sia già sentito, magari proprio dalle stesse persone in altre occasioni.
Si e’ parlato poi di pratiche condivise da mettere in campo con azioni che precedevano il 15, ognuno le avrebbe esercitate nei luoghi e nei modi che avrebbe ritenuto piu opportune. Bene anche questo, dopo altri 5 minuti ancora il nulla.
Slogan di chiusura indovinate un po
@ flaviopintarelli
piccola comunicazione di servizio: WENDY6CAT È Federico Greco: pensa tu i casi della vita!
..continuo. Dopo un paio di incontri sul tema del 15 e molti molti altri in varie realtà occupate, avvenuti in precedenza e per altre cause mi sono fatto un po un’ idea.
Molte volte c’è un desiderio forte di omologazione, da sicurezza come negarlo. Si “fiuta” nell’aria e con qualche chiacchierata tra compagni, che ci sta tutta, magari x una birra.
Insomma per farla breve, bisogna fare rete, orizzontale che rispetti le lotte di tutti e che nessuno ci metta il cappello sopra.
Mai un’ analisi al di fuori del proprio collettivo di chi “siamo” in che lotte possiamo ritrovarci senza disperderci in mille rivoli e sigle (loghi si proprio quelli).
Come darsi forma che non sia la solita rete di cui sopra.
Come fare un’ opera di clustering/raggruppamento per inquadrare le istanze maggiormente sentite e come elaborare da queste un meta linguaggio semplice diretto. Ci sara’ pure una differenza tra “proletari di tutti i paesi unitevi” e “noi la crisi non la paghiamo”. Proletari e’ molto chiaro, NOI mica tanto.
E’ forse anche per questo che ancora per un bel po di tempo saranno in 497.000 a fuggire e 3000 avanguardie a mostrarci la strada.
Besos
Intervengo probabilmente non aggiungendo nulla di nuovo ad una discussione con 404 interventi ma sentivo il bisogno di farlo. Mi scuso (e chi mi conosce lo sa) ma in questo momento il tempo libero è scarsino e quindi ho letto solo pochi degli interventi precedenti. Anzi devo essere sintetico anche adesso e così vi elenco (così come mi vengono in mente) alcune mie opinioni/riflessioni sul 15 ottobre in maniera piuttosto rude ma come sempre sincera.
– manifestazioni oceaniche come quella di Roma non hanno più senso (lo pensavo anche nel 2001) molto meglio agire sul/nel proprio territorio
– i “neri” (gli chiamo così per comodità sapendo che non sono nessuna delle etichette che la stampa cucisce loro addosso) penso non siano altro che un’emergenza sociale e che la loro coscienza politica sia pressochè nulla.
– Se sono vere le dichiarazioni fatte e riportate su repubblica uno che parla di scontri di piazza in termini di guerra (e non guerriglia) di falange e altre amenità simili e uno che passa i week-end a spararsi nei boschi vestito con una mimetica e non ha il poster del Che in stanza.
– Se è vero che il ragazzo dell’estintore ha detto che voleva spegnare un incendio, questo è sintomatico che non si senta parte di un movimento che lotta ma piuttosto uno a cui piaccia far casino quando se ne presenta l’occasione
– Sono convinto, ma è palese dalle immagini, che queste persone non siano quattro gatti. Sicuramente in mezzo a loro ci saranno stati fascisti e infiltrati ma questo lo trovo,purtroppo, di secondaria importanza. Quello che mi preoccupa è che ci sia così tanta gente che trasvesta il vandalismo su auto, bancomat, market, statue di madonne come una forma di lotta.
– Una scritta nera su un muro di Roma recita “oggi abbiamo vissuto” e ribadisce il concetto che questa gente per sentirsi viva ha bisogno di combattere il proprio senso di frustazione nelle maniera che abbiamo visto. La grande manifestazione politico-sociale diventa sempre più simile alla partita di calcio, dove non conta più quello che accade in campo, ma è solo il manifestarsi dell’evento che basta a giustificare gli incidenti, rendendo quindi sempre più simili i “neri” agli ultrà da stadio.
– Serve poco criminalizzare o continuare a dire che una minoranza ha rovinato la festa alla maggioranza. Non serve la contrapposizione manifestante pacifico – manifestante violento. Serve capire come e perchè si sia creato un così grande vuoto e si sia riempito di contenuti talmente confusi da risultare drammaticamente pericolosi.
– Quello che resta immutato è il comportamento del potere che da sempre ha saputo con abilità sfruttare queste occasioni, lasciando agire indisturbato il “mostro” per poi poter demonizzare la massa.
con amarezza
beppe
La butto li’.
Ho partecipato alla manifestazione di sabato per rispondere ad una domanda che mi girava in testa: ‘A che serve ? Mi faccio 4 chiacchere per Roma, sento l’aria che tira, il sentimento che predomina e ci penso su’. Prima dei botti cominciavo a rendermi conto che ognuno aveva personalissime visioni, spesso completamente diverse dall’amico lasciato 2 minuti prima. Scopi, finalità’, ragioni, azioni, nemici totalmente diversi a seconda del lato del marciapiede o del colore del palloncino, e già’ mi balenava una prima risposta alla mia domanda: ‘Non serve a niente. Domani si saranno dimenticati di noi, forse già stasera’. Ho continuato a camminare fino a sentire i primi botti, i primi caschi: ‘Non serve a niente. Fra cinque minuti cominceranno a rigirarsi le cose come meglio fa comodo urlando dai mainstream. Domani si dimenticheranno di tutti noi’. Dopo un po’ ho cominciato a captare i primi tweet di auto in fiamme, bombe carta, plotoni, fino ai primi scontri a San Giovanni: ‘Non serve a niente, anzi peggio. Violenti contro non violenti e viceversa, giovani contro anziani e viceversa, occupati contro disoccupati e viceversa, x contro y, poliziotti contro tutti, teatrini, caccia alle streghe’. Oggi, 2 giorni dopo qualche decina di TG, qualche decina di blog, qualche migliaio di tweet, amici, colleghi, mi piace, +1 sono ancora confuso. Le manifestazioni oceaniche non servono a niente. Le manifestazioni violente non servono a niente e non sarà forse più possibile farle. Le manifestazioni di bandiere di qualsiasi colore, trombette, palloncini, striscioni, organizzate o meno, non servono più a niente. Non mi sembra che qualcuno abbia paura di noi, come singolo o come massa.
E’ tempo che mi domando che cosa posso fare per cambiare qualcosa, per generare una reazione all’immobilità che mi circonda, per vedere un futuro migliore. Cosa posso fare come singolo, o come parte di comunità ristrette o tecnologicamente allargate e ne ho sentite e pensate di mille colori, ma nulla mi ha ancora realmente convinto. Voglio continuare a cercare di capire e non mi va di arrendermi.
Ho visto pero’ qualche ora fa, mentre leggevo i commenti su Giap, il video linkato da un amico che documentava l’arresto di pacifici individui americani che hanno semplicemente tentato di chiudere i propri conti presso una filiale della loro banca, e mi sembra di aver intravisto una scintilla di paura. Dall’apparente ‘violenza’ con la quale tale azione e’ stata repressa mi pare sufficientemente chiaro che può far male, e può far male a più livelli. Mi pare una azione che può avvicinarsi ad una rivoluzione. Lo possono fare tutti, giovani, middleclass e pensionati, da soli o in gruppo. Puo’ e dovrebbe essere annunciata, utilizzando qualsiasi forma sociale disponibile, tecnologica o di contatto. Puo’ partire disorganizzata e a macchia di leopardo, per poi migliorare la forma organizzativa. Potrebbe generare minicamp/sit-in, apparentemente l’unica forma di ‘manifestazione’ possibile nel prossimo futuro, davanti alla propria filiale o nel giardinetto appena limitrofo. Non dovrebbe essere in grado di attrarre infiltrazioni di violenza ‘cattiva’ o ‘buona’ che sia. Puo’ anche essere solo fake o parzialmente fake: vado, chiudo il conto, e lo riapro in altra banca magari locale o non appartenente a grosse concentrazioni bancarie, farlo su un conto secondario, o addirittura non farlo proprio. Mi sembra di capire che in America stanno cominciando a farlo con Citibank, Chase e Bank of America, ma vista la concentrazione italiana credo che una valga l’altra.
Non so esattamente a cosa serve o a cosa può portare, e che farà sorridere perché molto distante dalle forme tradizionali di protesta civile che fino ad oggi abbiamo maturato nei movimenti, nelle fabbriche, nelle università e nelle piazze. Ma e’ di denaro che si parla, di crisi finanziarie, di banche e di governi, di corrotti e di corruttori, di lobbies e di partiti, del sistema. Forse i nostri soldi, per pochi che siano, possono essere una delle armi che ancora abbiamo in mano.
#chiudoilconto
@giuseppe vergara @altri
“molto meglio agire sul/nel proprio territorio”
“Serve capire come e perchè si sia creato un così grande vuoto e si sia riempito di contenuti talmente confusi da risultare drammaticamente pericolosi.”
mi sa che uno dei motivi per cui si e’ creato questo vuoto e’ proprio l’ abbandono del “territorio”.
(pero’ qui bisognerebbe fare una bella digressione su cosa si debba intendere per “territorio”. come molte altre parole che si usano nell’ italia di oggi, anche questa si presta ad operazioni ambigue e andrebbe ripulita e risemantizzata. beppe, tu che sei di trieste come me mi capisci, vero?).
@tuco
>>mi sa che uno dei motivi per cui si e’ creato questo vuoto e’ proprio l’abbandono del “territorio”.
Perfettamente concorde con te e d’accordo anche sul fatto che “territorio” è un concetto che si può prestare a diverse interpretazioni.
In brevissimo…
quando l’ho scritto avevo in testa due cose:
semplicemente, che a mio parere, valgono di più 100 mila persone divise in 100 città e magari piccoli paesi che la folla immensa a Roma. Il resto d’Italia vivrà il tutto sempre in maniera più fredda rispetto alla gente che sfila sotto le finestre di casa.
E secondariamente ho pensato alla carenza di adeguati spazi di aggregazione giovanile, causa delle politiche ottuse delle amministrazioni comunali ma causa anche di una sinistra che, se anche con pochi mezzi, avrebbe potuto creare qualcosa di alternativo.
Ovviamente non è possibile generalizzare e il mio è un concetto di massima, in ogni caso leggere oggi sui quotidiani che uno dei post su facebook del ragazzo arrestato, che ha lanciato l’estintore, recita: “sono in guerra ma non bene contro chi” non fa altro che confermarmi che una grande confusione ha riempito il vuoto, di cui siamo tutti responsabili.
ordinanza del ministero dell’interno: istituita la tessera del
manifestante per tutti coloro che vogliono partecipare a cortei,
manifestazioni e simili. a piazza san giovanni saranno montati dei
tornelli per l’accesso in occasione delle manifestazioni, gli uffici
postali metteranno in vendita degli abbonamenti per partecipare ai
cortei con carnet da 5, 10 o 20 non sono in vendita singoli eventi.
Sara’ garantita la copertura televisiva con diretta sky e
commentatori in studio, previsto anche un collegamento pre corteo,
moviola x le azioni piu’ spettacolari e in occasione dell’ incendio di
blindato( garantito) intervista a caldo ai protagonisti, sara’ montata
telecamera sui blindati per seguire dal posto di comando i giri della morte
a 100 km all’ora all’interno della piazza (stile cile di pinochet).
Il lunedi’ riesumato biscardi per processo al corteo con 1 popolo
viola, 1 grillino,1 dragoribelle,1 o 2 black blocs,1 piskello
incazzato, 1 agente della digos 2 infiltrati e 2 celerini, 1 ministro
e di pietro, comunque sara’ sempre garantita la par condicio tra anime
belle e violenti.
sia ben chiaro con questo non voglio mancare di rispetto ne’ a chi manifesta ne’ a chi dovrebbe mantenere l’ordine pubblico ma solo a chi vuole rendere tutto questo uno spettacolo e al ministro… becouse the revolution will not be televised
http://www.youtube.com/watch?v=rGaRtqrlGy8&feature=related
Cerco di mettere in ordine i pensieri dopo la giornata di sabato ma, a quattro giorni di distanza ancora non ci riesco. Sarà che essere caricati alle spalle con le volanti sulla Labicana mentre il nostro spezzone ascoltava Militant A (e quindi non si stava facendo nulla di criminale) e rischiare di essere travolto dalle suddette volanti ha oscurato i pensieri. Sarà che girandomi mi sono visto la celere schierata avanzare e il primo pensiero è andato, non so perché, ma a Genova. Sarà il CS respirato lì e in piazza che ancora annebbia la mente. Sarà anche la montagna di chiacchiere che giornalisti, politici, lenoni, opinionisti da bar sport e, purtroppo, anche compagni hanno imbastito ad avermi frastornato. Sta di fatto che ancora non ci capisco niente.
So solo alcune cose:
1) Solo un’anima bella poteva aspettarsi che sabato le cose andassero pacificamente. Il modo in cui ci si è avvicinati alla manifestazione è lo stesso modo in cui ci si avvicinerebbe all’Apocalisse, ci si aspettava chissà cosa mentre, per un anno intero (dal 14 dicembre 2010), NULLA è stato fatto per costruire una vera alternativa. La manifestazione diceva una serie di NO ma poco o nulla di costruttivo. Era inevitabile che, aspettando l’Apocalisse (ma a questo punto forse ci si aspettava la discesa di qualcuno dall’Alto) le cose prendessero un certo andamento. Aggiungo a questo il fatto che per mesi/anni abbiamo passato il nostro tempo ad esaltare greci, nord-africani, londinesi e a dire “a quando in Italia”?
2) Il corteo era impostato come peggio non si potrebbe. Ognuno faceva quello che voleva, non c’era accordo sulle pratiche da seguire (gli studenti, se avessero potuto, si sarebbero fermati ben prima di piazza San Giovanni). Questo ha fatto sì che chi era più organizzato, più determinato e più violento abbia potuto tranquillamente determinare l’andamento del tutto.
Questo ha fatto sì soprattutto che la questura di Roma decidesse come, quando e perché intervenire determinando anch’essa (più dei famosi incappucciati) come dovessero andare le cose.
3) I gruppi che dicevo sopra (non mi va di mettere loro etichette alla Repubblica maniera) hanno palesemente scambiato un mezzo (la violenza) per il fine. Sono convinto che sarebbe stato più difficile per tutti esecrare le violenze se si fossero rivolte verso i palazzi più che verso automobili, vetrine e la polizia in sé (anche se lì andrebbe fatto comunque un discorso diverso). Insomma secondo me c’è stata molta estetica e molto machismo. Va anche detto che la violenza ha una valenza nel momento in cui è di massa e condivisa (vedi 14 dicembre, vedi la Val di Susa), se si pretende di sovradeterminare un corteo dicendo che la propria pratica è l’unica valida succede quello che si è visto.
Detto questo dico anche che è da FASCISTI (con tutto il disprezzo possibile) lanciare bombe carta in mezzo al corteo perché contestati, picchiare altri manifestanti e quant’altro. E, invece di lagnarsi sul fatto che la gente contestasse, ci si deve chiedere PERCHE’; invece di additare come violento chi ha cacciato Pannella ci si deve chiedere se non si sono sbagliati obiettivi.
4) Resta la fastidiosa sensazione di un regolamento di conti tra le varie anime del movimento. Leggendo le accuse incrociate tra Info Aut e Global Project se ne ha la sensazione, parlando con amici più addentro di me la quasi certezza. Questa cosa mi delude e mi addolora e, forse, è il problema che più mi ha letteralmente abbattuto nel dopo manifestazione. Significa che non c’è alcuna maturità politica, significa che in realtà non si è capita la gravità della situazione in cui viviamo. Mi auguro che siano sensazioni e che le cose prendano un’altra piega. La storia ci insegna fin troppo bene dove portano le gare a chi è più puro o chi è l’interprete della volontà della gente (mentre in piazza San Giovanni c’erano tanti ragazzi i cui sentimenti e le cui aspettative non sono interpretate da nessuno).
4) Il battage post manifestazione fa vomitare. Leggevo la proposta di boicottare repubblica, concordo. Inventarsi interviste a presunti black bloc è qualcosa di incredibile (oggi addirittura ce n’è una video). La classe dirigente ha calato la maschera proponendo cose incredibili (DASPO e garanzie patrimoniali) che, in ogni caso, non saranno mai discusse in parlamento perché, violenza di sabato o meno, i problemi sono ancora tutti lì sul tappeto.
5) Ultima cosa: chi non ha vinto sicuramente sabato è la classe politica. Questi ormai non sono più riabilitabili in alcun modo.
Per il momento credo sia tutto, ribadisco che sono idee in divenire, in evoluzione. In realtà, come ho scritto all’inizio, la confusione e tanta e solo con il tempo credo che le idee si schiariranno.
C’è una sola strada, continuare a minare le fondamenta di questo regime, il più schifoso che ricordi, nonostante i miei quasi 54. La strada è reclutare sempre più gente nella protesta, disarmata ma durissima, e costruire l’alternativa prima che il regime crolli, lasciando tutti noi nelle mani di un nuovo padrone, quello dotato del miglior tempismo e opportunismo.
Credo che ciò che dovremmo sapere molto bene a questo punto è che tutta la “rappresentanza” politica, da un estremo all’altro, è coalizzata nel blindare il proprio potere. Sottilizzare e cercare angeli custodi in questa o quella fazione del regime è folle, stupido e irresponsabile.
La via d’uscita dal crollo inevitabile di questo regime ladro, ricattatore, estorsore, accentratore, bancarottiere, inetto e tiranno è la SOVRANITÀ POPOLARE. La rappresentanza integrale ha fallito in tutto il mondo, e si è puntellata in tutto il mondo con nazionalismi e autoritarismi, più o meno mascherati.
La democrazia diretta non può essere l’unica forma di governo, ma ai delegati va conferita TEMPORANEAMENTE solo LA PARTE MINORE della nostra sovranità, lasciando a noi cittadini la prerogativa di modificarne unilateralmente le regole, fino alla revoca del mandato.
In pratica i cittadini dovranno essere in grado di intervenire in corso d’opera, durante il mandato politico, per promulgare, modificare o revocare leggi e delibere tramite i referendum d’iniziativa e revisione senza quorum, il cui risultato dovrà essere tradotto in legge o delibera locale senza mediazioni politiche. Qualunque compromesso su questi principi renderebbe vano tutto il nostro duro lavoro di antagonismo pacifico al regime.
Qualunque governo, se lasciato a briglie sciolte, conosce una sola deriva: quella verso l’accrescimento del potere dei delegati e la spoliazione delle risorse dei cittadini, fino al collasso del sistema. Su questo occorre una totale, nitida chiarezza.
Anch’io e il mio amico christo ieri ragionavamo sull’impellente necessità della tessera del corteista, mentre stavamo tutti intenti a guardarci napoli-bayern da un delirante streaming a singhiozzo.
Alla perfetta proposta di raffaele mi sentirei di aggiungere un dettaglio: seguendo l’esempio di quei grandi coreografi che hanno disegnato il pubblico su enormi cartoni per coprire gli stadi vuoti e fatiscenti, si potrebbero indire oceaniche manifestazioni virtuali. Ci si iscrive su facciabuco e poi si viene srotolati insieme agli altri sulle più grandi arterie del centro della capitale su striscioni di varia metratura, a seconda del numero di adesioni, però sopraelevati per non intralciare troppo e ripresi da vedute aeree. Così si risparmiano anche le fidejussioni.
Sull’idea, neanche nuova ma non è certo un demerito, di mastri110 ci sarebbe molto da ragionare, perchè è vero che se iniziasse ad assumere proporzioni anche simboliche epperò visibili, documentate, e certo che si cagherebbero addosso.
L.
mentre sleggiucchio caoticamente qua e la, la cosa che mi vien da notare e’ che, successo il fattaccio, nessun c’ha piu’ nulla da fare se non rivendicare ricriminare delazionare…
e intanto si vaneggia di chiudere le piazze far pagare il manifestare…
mi vien da pensare che e’ troppo da parte di tutti noi essere cosi paralizzati in questo annichilente ritornello
non c’avevamo tutte quelle belle robe in testa?
lasciamo che una rissa faccia sfumare tutto?
tutte quelle motivazioni che ci hanno spinto spinto a partecipare ognun a suo modo, specialmente in questo momento cosi difficile da digerire, devono essere rialimentate;
secondo me sarebbe decisamente piu’ opportuno rigettarsi il piu’ presto possibile nella mischia delle reinterpretazioni di questo reale troppo stretto che, nelle loro variegate differenze, ci hanno entusiasmato fino ad adesso.
chi voleva #occupyeverithing ed #everywhere sarebbe molto importante se ora #occupyqualcosa, che se no questo [parla|invei]rci (indubbiamente importante, ma solo se non esaurisce le forze interiori) ci fa sprofondare nel nulla dell’a[f|p]a[s|t]ia
magari e’ un po’ stupido e superficiale (mi sento la zia pina :) ) ma io consiglio di distoglierci un pochino dal frame dal racconto dal controracconto dalla meganarrazione della paranoia ed di iniziare a guardare velocemente alle nostre favole che se no ci ritroviamo al volo nel vecchio mondo #preoccupy :)
agire agire
eravamo disorganizzati prima? lo eravamo durante? siimolo pure adesso!
fossimo stat unit allora ci si portebbe continuare a spappolare continuando a chiedereci:
_ ma perche’ siamo cosi sfigat?…
ma unit non lo siamo!
il problema potremmo, quasi, far finta che neppure c’e’
:)
rialimentiamo istantaneamente in ognun di noi il carburante per proseguire nella sua strada (tutte quelle li, cosi +kaos)… magari un giorno si riuscira’ pure ad #occupyinsieme
dai,
torniamo in noi
e accelleriamo gli eventi…
se no la megamacchina non si inceppa mica
Domanda: ma siamo sicuri che la “delazione indignata” sia un fatto reale e non la solita invenzione giornalistica? Forse conosco degli indignati strani, ma in tutto il pullman con cui sono tornato da Roma – dove pure aleggiava una notevole incazzatura contro i casseur – non c’era neanche uno che si sognerebbe mai e poi mai di fare delazione.
Non vorrei che tutta questa rappresentazione degli indignati come se fossero dei qualunquisti apolitici, mentre a me sono semmai sembrati degli anticapitalisti con vari gradi di consapevolezza, facesse comodo proprio a chi vuole separare gli elementi più radicali e coscienti, come tanti frequentatori di Giap, dalla massa del movimento.
Basti vedere qual è stata finora la reazione alle proposte governative di stretta repressiva sulle manifestazione: se davvero ci fosse una sbirrofilia così forte, molti applaudirebbero alla sciagurata idea; invece, lo stesso Di Pietro, pungolato dalla minaccia De Magistris, è stato costretto a fare una ridicola retromarcia.