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UNO

Dalla fine del New Italian Epic alla collana #Quintotipo

Copertina New Italian Epic

di Wu Ming 1

«Il New Italian Epic è morto. È morto perché recava in sé il suo epitaffio con tanto di date: 1993-2008; ed è giusto che sia così, in un paese in cui non sembra morire (né nascere) mai nulla, in cui il ciclo della vita è arrugginito, inceppato.»

Così scriveva Jadel Andreetto sei anni fa, nel gennaio 2009, e proseguiva:

«Il più grande pregio [del memorandum di Wu Ming 1] è stato quello di rimanere liquido, di individuare una nebulosa di opere; che si intrecciano, si sfiorano, si muovono su direttrici simili anche se lontane; senza congelarle irrimediabilmente in un genere o in una definizione. Il New Italian Epic è un punto di partenza non un punto di arrivo, la sua decomposizione rende il terreno fertile, le sue caratteristiche non sono regole ma ancoraggi provvisori per un banco di meduse in movimento nei flutti della letteratura italiana. E questo la critica ufficiale non sembra averlo colto.»

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Narrazioni digitali non identificate (L’archivio e l’istante)

Aby Warburg (1866 – 1929), de/taglio delle tavole di Mnemosyne, il grande “atlante della memoria” a cui lo storico della cultura, pioniere dell’ipertesto in epoca pre-elettronica, lavorò negli ultimi anni di vita. Clicca per allargare la visuale.

di Flavio Pintarelli (guest blogger)

Quando si cominciò a discutere di Oggetti Narrativi Non Identificati (UNO), nel 2008, in seguito alla pubblicazione del «memorandum sul New Italian Epic», il focus fu immediatamente rivolto verso la letteratura. Gomorra, Asce di Guerra, Sappiano le mie parole di sangue erano libri che ponevano alla riflessione e al dibattito letterario problemi importanti. Erano, in ottica NIE, lavori che mettevano alla prova soprattutto il rapporto tra l’autore e le sue fonti, problematizzando la questione dello sguardo e del punto di vista. Di fronte all’archivio in tutte le sue forme, come doveva porsi e come doveva procedere il narratore interessato a restituire uno sguardo sulla realtà che non si riducesse alla mera cronaca dei fatti ma rivendicasse la possibilità di intervenire sullo stato delle cose? Questa sembrava essere la domanda più pressante, il quesito ineludibile che quei libri ponevano a chi cercava di avvicinarli nonostante la riottosità di quei testi. Prosegui la lettura ›