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Maurizio Pagliassotti

#Olimpiadi2026 a #Torino? Come si sta muovendo la nuova «Grosse Koalition» del massacro sociale (e perché)

di Maurizio Pagliassotti *

«Ci sono momenti in cui è necessario gettare il cuore oltre l’ostacolo. Come diceva XYZ, e pensando anche quelle parole lontane, ma oggi così vicine, noi diciamo sì. Lo facciamo non a cuor leggero, consapevoli degli errori che sono stati commessi nel passato. Ma è proprio per dimostrare che si può fare bene ciò che è stato fatto male in passato che noi diciamo sì. Perché vogliamo dimostrare che la sostenibilità ambientale ed economica è qualcosa che si può fare. A coloro che dicono “no”, legittimamente, noi rispondiamo: stiamo lavorando anche per voi, per far ritornare la fiducia anche in coloro che l’avevano persa. Daremo tutta la nostra passione e il nostro coraggio per costruire insieme un evento bello, forte, sostenibile, ecologico. Noi trasformeremo gli errori del passato in lavoro, crescita, sviluppo. Quindi Torino [ma forse ci sarà anche Milano, N.d.R.] dice “Sì” alla candidatura per le Olimpiadi di Torino 2026.»

Probabile la deriva «noi ci mettiamo la faccia». Applausi, pagine sul giornale di famiglia, il «coraggio del pragmatismo», «il senso di responsabilità e la visione di futuro», oppure «Torino rilancia la sfida», «ripartenza». Campagna mediatica già ampiamente in corso.

Con ogni probabilità tutto questo, tra pochi giorni, verrà pronunciato dal centro del cratere olimpico di Torino. Città che elegge ogni cinque anni un commissario fallimentare, figura indispensabile per ripianare il maxidebito lasciato dalle Olimpiadi, quelle del 2006.

Dall’uno vale uno, all’uno vale l’altro. Prosegui la lettura ›

Colpi di martello sui chiodi della bara: la lunga (non-)morte del TAV #Torino – Lione | #notav

Giustizia poetica. L’abbacinante linearità delle allucinazioni “sviluppiste”, la frastagliata smentita da parte della realtà. Clicca per ingrandire.

di Wu Ming 1

Chi segue le vicende della lotta No Tav in Val di Susa non si è affatto sorpreso nell’apprendere gli ultimi sviluppi. Sviluppi che i grandi giornali, i media mainstream, si sono ben guardati dal riportare. Per fortuna ne ha scritto su Il manifesto il “nostro” Maurizio Pagliassotti, e da lì la notizia ha preso a circolare sui social, ripresa poi da molte testate indipendenti.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri, in un documento ufficiale [PDF qui], riconosce il dato di realtà che economisti dei trasporti, esperti di logistica, ingegneri delle infrastrutture, fisici e altri tecnici e scienziati vanno spiegando da anni: il progetto della nuova linea Torino – Lione è basato su stime sbagliate e previsioni infondate.

In parole povere: la linea è completamente inutile.

Ripeto: chi segue la vicenda non si è affatto sorpreso. Benché farlo notare sia ritenuto poco fine, tutte le parti in causa sanno da tempo che quella linea non esisterà maiProsegui la lettura ›

Dieci anni dopo le Olimpiadi del 2006, #Torino festeggia la voragine

Le priorità del 2006. Siamo sicuri che siano cambiate?

Le priorità del 2006. Siamo sicuri che siano cambiate?

di Maurizio Pagliassotti (*)

Per raccontare questa storia è necessario partire dalle parole di un giornalista vero, forse il migliore che Torino abbia avuto, pubblicate sul settimanale “D di Repubblica”, nel lontano 2003.
Troverete Luca Rastello anche nelle prossime righe, perché era un maestro e andare oltre le sue parole definitive è impossibile. Luca scrisse:

«La notte è quasi una novità a Torino, prima non c’era. Una sera di anni fa, l’italianista Stefano Jacomuzzi, ospite di Gianni Agnelli, notò dalla collina le grandi chiazze di buio che si allargavano sotto il suo sguardo: «Sono le nove e la città sembra già addormentata», osservò. “Lascia che riposino”, rispose paterno l’avvocato.
Ora riposa anche lui.
Erano suoi quei grandi viali paralleli alle linee di montaggio, quelle traiettorie rettilinee di vite operaie o impiegatizie, definite una volta per tutte dal primo giorno allo stabilimento e dal regalo dell’orologio che ti qualificava Anziano Fiat, un titolo che tanti ancora si portano sul necrologio su La Stampa.»

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