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La traduzione della Rivoluzione. Un articolo e un’intervista su L’Armata dei sonnambuli in castigliano.

La maschera di Scaramouche, dalla copertina dell’Armata dei sonnambuli ai muri di Lavapiés, Madrid. Con storpiatura linguistica e rivoluzionaria del tradizionale motto ¡Viva España! (Foto di Andrea Bresadola, 2019)

[Quasi due anni fa, nel dicembre 2019, l’Università di Macerata ha organizzato il convegno “Il traduttore nel testo”, durante il quale Andrea Bresadola ha intervistato Wu Ming 2 a proposito delle “lingue” utilizzate per scrivere L’Armata dei sonnambuli, proponendo poi un’analisi minuziosa delle soluzioni adottate dal traduttore del romanzo in castigliano, Juan Manuel Salmerón Arjona. Con i soliti ritardi dovuti alla pandemia, gli atti del convegno sono stati pubblicati quest’estate, in un libro omonimo. La terza e ultima parte del volume (“In dialogo con l’autore”) è tutta dedicata alla suddetta intervista (“Dal foborgo al palco di Madama Ghigliottina:la lingua della Rivoluzione nell’Armata dei sonnambuli”) e all’articolo di Bresadola: “La traduzione della Rivoluzione: appunti su El Ejército de los Sonámbulos”. Quest’ultimo, in particolare, ci sembra interessante anche per chi non legge lo spagnolo e non si occupa di traduzioni letterarie, perché attraverso il confronto tra le due versioni del testo, mette sotto la lente d’ingrandimento l’impasto linguistico presente nel romanzo. Da un totale di oltre 75 pagine, vi proponiamo qui due estratti: dall’intervista a Wu Ming 2, abbiamo tolto la parte che riguarda la lingua dell’Armata, in parte perché ritorna poi nell’articolo e in parte perché si tratta di considerazioni che qui su Giap abbiamo già proposto a suo tempo; dall’articolo di Andrea Bresadola, prendiamo invece la terza parte (“La voce del popolo”) che riguarda il gergo popolare dei parigini, e in particolare del foborgo di Sant’Antonio, tralasciando quelle sulle altre varietà linguistiche individuate nel romanzo (il bolognese di Léo Modonesi, l’alverniate inventato, la pa’lata del Muschiatini e quella RivoluzionaRia di ScaRamouche). In appendice al post, sempre a proposito di lingua castigliana, il grande scrittore messicano Paco Ignacio Taibo II recensisce Stella del mattino di Wu Ming 4, che presto uscirà in Messico con il titolo Estrella del alba. WM]

A.B.: […] passiamo alla questione delle traduzioni dell’Armata dei Sonnambuli e, più in generale, della vostra opera.

WM2: Sul rapporto coi traduttori, direi che io sono abbastanza stupito del fatto che, soprattutto in tempi più recenti (all’inizio accadeva un po’ di più), difficilmente i traduttori si mettono in contatto con noi. Io non sono un traduttore, quindi non so proprio come si faccia, ma può darsi che ci sia un aspetto del lavoro di traduzione che si è affermato: non farsi influenzare dall’autore. L’unico con cui abbiamo avuto degli scambi regolari anche durante la traduzione è Serge Quadruppani, che ha tradotto diversi nostri romanzi in francese. Ma lui perché è un amico: lo conosciamo da prima che diventasse il nostro traduttore. Anzi, è diventato il nostro traduttore perché ci siamo conosciuti e si è interessato ai nostri lavori. Con gli altri non succede. Mi dico che io, se fossi un traduttore, e mi trovassi davanti all’Armata dei Sonnambuli, due o tre cose all’autore, potendo, le chiederei. E, invece, non è successo con le traduzioni tedesche, che ci dicono essere molto buone, e non è successo, se non all’inizio, con le traduzioni in inglese, che hanno anche vinto dei premi.  Prosegui la lettura ›

A proposito delle tante somiglianze tra L’Uomo Calamita e Freaks Out.

A sinistra, locandina de L’Uomo Calamita, realizzata con un disegno di Marie Cécile per il kamishibai del 2016, a destra un character poster di Mario, il “nano magnetico” di Freaks Out

Da qualche giorno, con cadenza regolare, riceviamo telefonate, messaggi e missive che riguardano Freaks Out, il nuovo film di Gabriele Mainetti.
Al netto di fronzoli e dettagli, queste comunicazioni sono di due specie:

1. Gente che ci domanda se per caso siamo co-autori del soggetto;
2. Gente che vuol sapere come mai ci sono tante somiglianze tra il film e lo spettacolo L’Uomo Calamita, scritto da Giacomo Costantini e Wu Ming 2.

A queste due categorie se ne potrebbe aggiungere presto una terza, ovvero:

3. Gente che ci chiederà se L’Uomo Calamita non sia un adattamento di Freaks Out. Prosegui la lettura ›

Dal Corno alle Scale al Monte Carzolano: iniziative resistenti e scarpinate letterarie sull’Appennino.

Nel primo fine settimana d’autunno sono in programma, sull’Appennino, due iniziative che ci stanno molto a cuore e alle quali siamo felici di invitarvi.

Partiamo dalla seconda, in ordine di tempo. Ufficialmente si tratta di un presidio, al Lago Scaffaiolo, sotto le vette del Corno alle Scale.

Come sapete, ormai da qualche anno, insieme a un numero sempre più vasto di persone e di associazioni, stiamo cercando di bloccare la costruzione di un nuovo impianto di risalita, che raggiungerebbe il rifugio Duca degli Abruzzi, violentando un versante fragile, protetto e ancora indenne. Ne abbiamo parlato in due articoli, qui e qui.

Dopo che il TAR dell’Emilia-Romagna aveva dato ragione ai proponenti dell’opera, abbiamo presentato un ricorso al Consiglio di Stato, che invece ha accolto il nostro appello e ha sollecitato il TAR a fissare un’udienza di merito, per approfondire le nostre osservazioni. In particolare, i magistrati della quarta sezione hanno richiamato un precedente simile al nostro, nel comune di Livigno (SO), dove la ditta Mottolino Spa intendeva smantellare e “adeguare” una seggiovia, di fatto però ampliandola, in un’area soggetta a tutela paesaggistica e di conservazione ambientale. Contro quel progetto si erano espressi il TAR della Lombardia, il Consiglio di Stato e infine le Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Prosegui la lettura ›

Come rapportarsi alle grandi mobilitazioni contro «green pass» et similia. Nei movimenti francesi se ne discute, e qui?

Proponiamo una rapida rassegna di articoli apparsi su media “di movimento” francesi, tentativi di leggere le attuali mobilitazioni di massa contro i pass sanitari e altri provvedimenti nominalmente «anti-Covid».

Li riteniamo contributi importanti, perché nel rifiutare ogni demonizzazione mainstream e ogni riflesso pavloviano da “sinistra” perbene, schivano polarizzazioni tossiche come «vaccinismo vs. antivaccinismo» e rintracciano i nuclei di verità – i grossi nuclei di verità – che queste mobilitazioni contengono.

Li contengono anche – diremmo specialmente – in Italia, dove però chi cerca di farlo notare è ancora (almeno a sinistra) vox clamantis in deserto. È senz’altro più facile intrupparsi con Repubblica e gridare ai «no vax» con la bava alla bocca fino all’immancabile rilascio di endorfine  – «Ohhhh, bene, anche oggi ho detto la mia» –  rimuovendo ogni contraddizione scomoda. Riguardo a questo, continuiamo a rimandare ai capitoli su «ratiosuprematismo», burionismo e virocentrismo contenuti ne La Q di Qomplotto.

Come abbiamo scritto più volte già nel corso del 2020, se le piazze che contestano la narrazione virocentrica e la gestione diversiva dell’emergenza pandemica sono egemonizzate – o almeno molto influenzate – da fascisteria e cospirazionisti in stile QAnon, la colpa non è di fasci e QAnon, che in un certo senso «fanno il loro lavoro». La colpa è di chi il proprio lavoro non lo ha fatto, di chi ha lasciato vuoto lo spazio della critica, di chi questa gestione ha rinunciato a contestarla, anzi, si è unito subito al coro mainstream, cercando pure di mettersi in mostra, di spiccare tra i cantori più zelanti e appassionati.

Oggi quella rinuncia alla critica non solo è un grande rimosso, tanto più evidente quanto più si cerca di parlar d’altro, ma impedisce di comprendere cosa stia accadendo e lungo quali linee di frattura, qui da noi come a Cuba e altrove.

Non stupisce che i contributi che segnaliamo siano apparsi Oltralpe: non solo a introdurre per primo l’idea del pass sanitario è stato Macron, ma in settori importanti dei movimenti francesi è maturata una prospettiva che potremmo definire «post-Gilets Jaunes», che consiste nel sapersi rapportare anche a mobilitazioni popolari “impure”, senza esaurire il proprio approccio in una richiesta di passaporti politici o patentini.

Il problema è che qui in Italia la stessa mobilitazione dei Gilet Gialli è stata oggetto di letture univoche, asfittiche, pregiudiziali. Da noi si crede ancora che sia stato tout court un movimento di destra. È falso. Per una ricostruzione seria di quei mesi di lotte consigliamo il “quaderno” n.4 della rivista di movimento «Lundi Matin»: Gilets Jaunes : un assaut contre la société (2019).

Non siamo in grado di tradurre integralmente questi pezzi, ne proponiamo stralci tradotti al volo e linkiamo gli originali. Buona lettura, buone problematizzazioni. WM. Prosegui la lettura ›

Sulla gestione dell’emergenza pandemica e le rivolte a Cuba

Segnaliamo una testimonianza di prima mano sulle rivolte cubane. Offre un punto di vista diverso da quelli prevalenti nei media occidentali e negli ambienti della sinistra “radicale”, e collega quanto sta accadendo alla gestione dell’emergenza pandemica sull’isola.

L’autore è Giancarlo Guglielmi, italiano residente a Cuba da decenni, nostro antico collaboratore ed editore (e, per la cronaca, padre di Wu Ming 4). Il pezzo è stato pubblicato sul blog di cultura caraibica Mi Caribe e si può leggere qui.

Ci scusiamo se non attiviamo l’usuale spazio commenti di Giap, ma in questo momento siamo tutti e tre troppo impegnati a risolvere questioni inerenti il prossimo romanzo collettivo e non riusciremmo a moderare il thread, né tanto meno a intervenirci. Confidiamo nella comprensione di tutte quanti.

Il sentiero delle case ribelli. Sulle tracce della 36ª Brigata Garibaldi.

Nella primavera di tre anni fa si concludeva con successo la raccolta fondi per Grüne Linie, il progetto fotonarrativo di Giancarlo Barzagli e Wu Ming 2 dedicato alla “Repubblica del Carzolano”, una piccola valle dell’Appennino Tosco-Romagnolo, liberata dall’occupazione nazifascista nell’estate del ’44. Il libro pubblicato grazie a quel crowdfunding contiene un racconto (“Basta chiederlo ai faggi”) scritto da Wu Ming 2 dopo aver percorso il cammino che da Imola portava ragazzi e ragazze, medicine, armi, lettere e informazioni fino alle basi della 36ª Brigata Garibaldi, nel cuore della Linea Gotica. Quest’anno, ai primi d’ottobre, sarà possibile seguire lo stesso tragitto, in compagnia di Wu Ming 2 e in collaborazione con Viaggi&Miraggi, cooperativa sociale che dai primi anni Novanta propone viaggi alternativi al turismo di massa.

“Il sentiero delle case ribelli” si snoda per quattro giorni, più uno di arrivo a Imola, conoscenza reciproca e scoperta dei luoghi della città legati alla Resistenza e all’antifascismo (nonché al nostro Asce di guerra). Il programma completo, tappa per tappa, si può consultare qui, insieme alle informazioni su costi, date e prenotazioni. Sia il punto di partenza del percorso (Imola) che quello di arrivo (Crespino del Lamone) sono serviti dalla ferrovia e non è quindi necessario raggiungerli in automobile.

Il nome che abbiamo scelto per questo cammino fa riferimento alle 12 case sparse, nella Valle del torrente Rovigo, che ospitarono le compagnie della Trentaseiesima, quando la brigata contava più di 1500 uomini e donne. Di questi antichi edifici in sasso, otto sono ormai diroccati, uno è un bivacco incustodito, e i restanti tre sono piccole strutture ricettive (in una delle quali è previsto il pernottamento all’ultima tappa, sicuramente allietato da schiere di fantasmi). Prosegui la lettura ›

Dalla pandemia virale a quella di Opere Dannose & Inutili. Un monito dal Corno alle Scale.

Il lago Scaffaiolo e il Rifugio Duca degli Abruzzi.

Il cosiddetto “sviluppo sostenibile”, in Italia, ha da sempre un andamento altalenante: quando il piatto piange, le tasche sono vuote e bisogna accontentarsi del poco che c’è, allora la necessità può diventare virtù, e qualche progetto benemerito vedere la luce; non appena però si profilano all’orizzonte fondi sostanziosi, finanziamenti europei e soldi a pioggia, subito la sostenibilità torna ad essere soltanto una foglia di fico, un paravento retorico, dietro al quale innalzare opere inutili e dannose. Prendete ad esempio il settore del turismo: in tempi di vacche magre, un sindaco di montagna potrà anche convincersi a investire sulla rete dei sentieri, l’ospitalità diffusa, le produzioni locali, i cammini storici, il paesaggio. E pure questo non senza contraddizioni, con il pacchetto vacanze nell’antico borgo venduto come se fosse un soggiorno all-inclusive al Club Med, col vino rosso al posto del mojito e le faggete invece della barriera corallina. Ma lasciate che quel sindaco annusi l’odore della grana, di un bando che si sblocca o di un imprenditore che mette mano al portafogli, ed ecco che torneranno in pista gli impianti di risalita, le grandi strutture ricettive, i bob a rotaia e tutto l’immancabile luna park d’alta quota, ad uso e consumo di chi sta in città e ha denaro da spendere. Eppure, nonostante  l’inversione di marcia, si continuerà a sbandierare un grande impegno “per rispettare l’ambiente”, fingendo che non ci sia contraddizione tra il piano B per quando si era poveracci e quello adatto alla nuova, insperata liquidità. Anzi: i risultati ottenuti col primo verrano esibiti come un lasciapassare verde per il secondo. Prosegui la lettura ›