Vittorie ad alta felicità, attacchi psichici, UFO, magia No Tav e il «vero» monte Quarzerone

Bologna, 18 luglio 2025, giardino San Leonardo. Attacco psichico contro il progetto di «riqualificazione» dell’area da parte della dirimpettaia Johns Hopkins University, e contro le collusioni di quest’ultima con l’industria bellica e il genocidio palestinese. Saperi mesmerici di lungo corso passano a una nuova generazione.

Quando si vince bisogna cantarlo ai quattro venti, e negli ultimi giorni è giunta notizia di ben due importanti vittorie.

Hanno vinto una cruciale causa contro ENI alcune associazioni – ReCommon e Greenpeace Italia – e private cittadine. La sentenza della Cassazione inchioda – o quantomeno graffetta – alle sue responsabilità il gigante del gas e del petrolio, per i danni presenti e futuri causati dalla crisi climatica, al cui aggravarsi contribuisce da decenni.

In simultanea, hanno vinto le attiviste e attivisti di Vicenza che dal maggio 2024 occupano il bosco Lanerossi, minacciato dal cantiere del secondo lotto TAV Verona-Padova. Il cantiere sarà spostato, il bosco è salvo e diventerà un’area pubblica. La resistenza continua nell’altro bosco, quello di Ca’ Alte.

Nelle città e nei territori è in corso una forsennata, dissennata guerra al verde e al vivente.

Una guerra che estende il suo fronte a furia di vaste cementificazioni, sovente avviate con la sola SCIA (Segnalazione certificata di inizio attività). Non c’è solo Milano: funziona così in molte città, a cominciare da quella in cui viviamo.

Una guerra fatta di «grandi opere», infrastrutture sempre date per «strategiche» anche quando platealmente insensate, e soprattutto progettate alla cieca, tirando righe su mappe, con totale noncuranza e spregio di ciò che ruspe e bulldozer troveranno sul loro cammino.

Una guerra portata avanti anche con retoriche «green», e si sa che il green dei rendering è il peggior nemico del verde realmente esistente.

Ogni buona novella all’insegna dell’ogni-tanto-si-vince rinfocola le energie degli innumerevoli comitati, coordinamenti, collettivi e gruppi di affinità che in tutta Italia si oppongono allo scempio.

La nona edizione del Festival Alta Felicità, che si terrà a Venaus dal 25 al 27 luglio, prende il volo con le ali di due buone novelle.

Altre ne giungeranno, e presto. Sono in corso attacchi psichici la cui potenza è inarginabile. Il più recente è stato sferrato al giardino San Leonardo di Bologna, dove si resiste a questo progetto qui, ma non solo.

Bologna, un’altra immagine dell’attacco psichico del 18 luglio scorso. Foto di Gianni Tugnoli, tratta dal suo articolo «Natura e cultura risorse locali, nazionali e globali, perché parlare d’altro?»

Alta felicità

Wu Ming non sarà al festival in carne e ossa, ma the spirit of the thing aleggerà tra i boschi, grazie a sodali e solidali che porteranno in scena parole, visioni e immaginari condivisi.

Tra gli appuntamenti da non perdere, la presentazione di Contro la politica delle briciole. La mostruositrans e altre mitologie femministe (Tamu 2025) con l’autrice Filo Sottile, e quella del Manuale di magia No TAV! (Eris 2025), firmato da Mariano Tomatis insieme all’artista e muralista Spokkio. Alla presentazione parteciperà anche il fumettista Adriano Donato La Vitola.

Quest’ultimo libro, in forma di graphic novel, raccoglie e illustra una serie di pratiche illusionistiche nate a partire dal 2014, durante la lunga stagione del Révolution touR.

Allora Mariano accompagnava le presentazioni de L’armata dei sonnambuli (Einaudi 2014) con giochi di prestigio resistenti, ispirati ai risvolti politici del mesmerismo e della suggestione. Con lui avevamo dato vita a presentazioni/spettacolo come il Laboratorio di Magnetismo Rivoluzionario e il Laboratoire Marie Nozière, portati in scena a Torino, Carpi e Mantova.

Memorabile, in particolare, la tappa valsusina ospitata da Rita Cevrero presso il Mulino di Bussoleno, dove Mariano mise in scena il primo effetto magico della storia ispirato a un provvedimento di custodia cautelare. Era il 12 luglio 2014, vigilia della nascita del collettivo Alpinismo Molotov.

Nei dieci anni successivi l’illusionista torinese ha continuato a elaborare nuovi giochi di prestigio ispirati alla resistenza No TAV, intrecciando la magia con i linguaggi della lotta.
L’incontro con Spokkio, nel 2024, ha segnato una svolta: da quel sodalizio è nato il Manuale di magia No TAV!, uno spiazzante oggetto narrativo che fonde illusionismo, fumetto e reportage dalla Valsusa.

Tra le sue pagine si incrociano figure reali e fantastiche. Ci sono Nina e Dana, duramente colpite dalla repressione per il loro impegno nella lotta. Accanto a loro compaiono personaggi immaginari come il folletto Giacu e la sibilla Clarea.

A costei è affidato il compito di trasmettere le tecniche per replicare gli effetti magici e metterli in scena. Le sue performance non mirano solo a stupire, ma a nutrire la resistenza con gesti di meraviglia e sabotaggio. Perché anche la lotta, come ogni numero di prestigiazione, si regge sulla capacità di deviare lo sguardo, ribaltare l’ovvio e scardinare la realtà imposta.

Una guida al «vero» Quarzerone

In questi stessi giorni esce anche un altro libro di Mariano: la Guida ufologica al monte Musinè (Le Lettere Scarlatte 2025), nuova edizione ampliata della Camminata spirituale sul monte Musinè (2014), l’altura avvolta di misteri a cui ci siamo ispirati per il Quarzerone di Ufo 78. A suo tempo, avevamo definita la guida:

«inaudita ed eversiva, diversa sia da quelle escursionistiche sia da quelle paranormal-mysteriche da giacobbini (con due b!)».

Anticipiamo qui la prima parte di un capitolo finora inedito.

Intorno al monte Musinè

Tutto ha inizio con un infortunio. Il 13 luglio 2014, mentre sta salendo sul Rocciamelone, lo scrittore Wu Ming 1 è costretto a fermarsi perché il ginocchio gli cede. Il problema lo costringe ad annullare svariati impegni, tra cui un’escursione letteraria sul monte Musinè in programma per il 21 settembre. L’iniziativa è organizzata dal Circolo dei Lettori nell’ambito della manifestazione Torino Spiritualità.

Quando si fa il mio nome come possibile sostituto, accetto con un filo di preoccupazione. A impensierirmi è il contesto della passeggiata: come si concilia un’escursione spirituale con il mio agnosticismo? Si possono intrecciare le storie ufologiche e misteriose del Musinè con la spiritualità, senza scadere nel ciarpame New Age? Faccio questa premessa per chiarire che il mio contributo allo studio del monte valsusino non è esclusivamente scientifico; non lo è perché vengo coinvolto nelle sue spire nell’ambito di un festival a cavallo tra la filosofia, la religione e la letteratura.

Un approccio potenzialmente fertile me lo suggerisce la presentazione dell’evento che Wu Ming 1 ha diffuso prima di infortunarsi. Richiamandosi ad alcune considerazioni di Mario Tronti, l’autore scrive che

«in un mondo dove tutto è incessantemente sminuzzato in serie numeriche, incasellato in statistiche e percentuali, spiritualità è ciò che non viene addomesticato dal numerico, che non diventa codice, che permane e persiste prima e oltre le leggi».

Si prospetta una sfida non banale, perché – lavorando come matematico – addomesticare la realtà con i numeri è quello che faccio tutti i giorni; statistiche e database sono il linguaggio diurno con cui ho più dimestichezza. Se questo è spiritualità, scrive ancora Wu Ming 1,

«in Val di Susa se ne trovano molte espressioni. Quando penso alla Val di Susa, penso […] al Monte Musinè, dove l’immaginazione umana ha trovato e continua a trovare apoteosi. Come tanti monti grandi e meno grandi, famosi o famigerati, il Musinè è una meta-montagna, ovvero è il racconto di una montagna. Ma si cercherebbe invano, in giro per il mondo, un racconto altrettanto complesso e strano».

Se l’obiettivo è di ricostruire il «complesso e strano» racconto del Musinè, mi rassicura poter accedere agli archivi del Cisu (Centro Italiano Stufi Ufologici): so che non esiste punto di partenza migliore; da quasi mezzo secolo il Cisu raccoglie ogni sorta di materiale sui dischi volanti, testimonianze di avvistamenti, articoli su incontri ravvicinati e dossier sugli UFO del passato.

Ad affascinarmi, nelle attività del Centro, è lo sforzo sistematico di definire tassonomie e classificazioni per dare una qualche forma al vastissimo corpus che ne compone gli archivi: un insieme di testi e immagini che parlano un linguaggio notturno tutt’altro che rigoroso e razionalizzabile. Uno sforzo caratterizzato da due elementi con cui mi sento in totale sintonia: la consapevolezza che si tratta di un lavoro non esaustivo, prezioso ma limitato, incapace di esaurire la complessità del fenomeno; il rifiuto dell’ironia quale modalità privilegiata di divulgazione, tipica di un certo scetticismo canzonatorio.

Ben prima di accostarmi ai dossier dedicati al Musinè, so che mi troverò ad aprire un vaso di Pandora: la doppia sfida consiste nel fissare dei confini a un lavoro di indagine potenzialmente illimitato e nel proporre letture che trascendano numeri ed etichette. Concordo con Wu Ming 1 quando scrive

«il Musinè non è i dati oggettivi (geografici, altimetrici, geologici ecc.) che si possono raccogliere sul suo conto. Il Musinè è il vortice di storie, leggende, panzane, ossessioni, visioni, suggestioni e sogni a occhi aperti che lo circondano».

Nell’agosto 2014, dopo una prima visita alla sede torinese del Cisu, Paolo Fiorino mi apre le porte dei suoi archivi. Ne riemergo stordito, con un’impressionante collezione di ritagli, dattiloscritti e fotocopie da cui sintetizzo dieci storie. Il mio piccolo reportage narrativo diventa il libretto Camminata spirituale sul monte Musinè (2014).

21 settembre 2014, Mariano Tomatis guida la «camminata spirituale» sul monte Musinè.

Il 21 settembre conduco l’escursione letteraria in compagnia della guida alpina Valentina Salerno e dello storico dell’alpinismo Enrico Camanni. Leggo i dieci interventi in occasione di altrettante tappe lungo il percorso, unendo alla dimensione divulgativa una serie di riflessioni che prendono spunto dalla mia attività di illusionista. Voglio che la passeggiata diventi un’occasione per allenare la «credulità distaccata», quell’attitudine che consente di godere dei risvolti emotivi di un racconto anche sapendo che contiene elementi di finzione – come quando ci commuoviamo davanti al Titanic che si inabissa, senza dimenticare che Leonardo Di Caprio annaspa nella vasca di un più rassicurante set cinematografico. Nelle mie intenzioni, la camminata spirituale vuole essere un laboratorio itinerante sulle orme della meraviglia, per affinare l’arte di stupire e di stupirsi.

Il risultato è un reportage narrativo più vicino a Il mattino dei maghi che al Viaggio nel mondo del paranormale di Piero Angela. […]

Beto sul Musinè di fronte al… Quarzerone?! Valsusa, mattina del 13 novembre 2022, camminata a tema di Alpinismo Molotov. Foto di Mariano Tomatis.

A proposito di UFO…

■ Poiché supra si menziona il grande Paolo Fiorino, ricordiamo che il 29 giugno 2023 Wu Ming 1 presentò Ufo 78 a Rivalta (TO), nello spazio «Libri tra i fiori». Un appuntamento della rassegna «Serre d’estate». A introdurre fu proprio Fiorino, che già aveva scritto del libro, e a dialogare con l’autore fu, guarda un po’, Filo Sottile.

Ufo a Rivalta, 1973.

Fu una delle migliori presentazioni di quel tour. La discussione fu ricca di spunti letterari, musicali, storici, sociologici, ufologici. Si parlò di eroina, riflusso, anni Settanta e Ottanta, concerti, negozi di dischi. Ci si domandò: cos’hanno in comune gli avvistamenti di UFO e il formarsi di gruppi punk in luoghi “improbabili” della provincia italiana? Si citarono diverse canzoni, tra cui Pordenone UFO Attack dei Gaznevada e Non puo sopprimere il mio conflitto [sic] dei giapponesi Isterismo.

Buon ascolto.

Ufo 78 a Rivalta. Durata: 1h 55′. Ascolta o scarica.
Ufo 78 a Rivalta

Come sempre, anche su Internet Archive, su Apple Podcasts e, tramite il nostro feed, potenzialmente su ogni piattaforma o applicazione per podcast.

Continuiamo ad aggiornarvi sulle reazioni all’uscita di Ufo 78 in terra iberica.

Che effetto fa, su lettrici e lettori hispanohablantes, il mondo musicale continuamente evocato nel romanzo, tra Krautrock e cantautorato, band neofasciste e Zecchino d’oro, brani da classifica, albori di punk e sogni in kobaiano?

Beh, su Manuel Cova Tenard l’effetto è stato squassante, come testimonia il pezzone che ha scritto, anzi, febbrilmente assemblato sul sito della rivista Dirty Rock. Titolo: «Ovni 78. La astronave de Spielberg encuentra la fase Brigadas Rojas: la banda sonora de la ultima novela de Wu Ming». Trattasi di una playlist aumentata, impazzita e pazzamente commentata. Leggete l’incipit…

«Un tiempo de carabineros y política extrema que se mezcla con un disco de la banda krautrock Guru Guru en cuya portada se observa el esplendor rojo de un objeto volador no identificado recortado sobre un cielo amarillo que es observado por el Dylan italiano: Francesco de Gregori».

…e leggerete, e ascolterete, anche il resto.

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5 commenti su “Vittorie ad alta felicità, attacchi psichici, UFO, magia No Tav e il «vero» monte Quarzerone

  1. Primi effetti dell’attacco psichico.

    Passi indietro della JHU
    • Non è già una vittoria, solo i primi sussulti della controparte. Oggi l’assessore Laudani – certamente irritato per la presenza del suo nome in uno dei volantini dell’attacco psichico – ha attaccato il comitato del San Leonardo parlando di «fake news» (come Trump), chiamando gli oppositori «hippies fuori tempo massimo» (bisogna capirlo, le sue categorie son quelle) e tornando a dare per scontato l’abbattimento dei tre allori, tanto sono «non tutelati». Questa la gente che amministra la città oggi. Ma la forza telecinetica collettiva lavora, lavora, lavora…

  2. Mo figa per cosa tutto sto casinò ? Per 3 allori ? Va bene tutto ma se dobbiamo inalberarci(mai termine fu più esatto in questo caso) per così poco vi volevo davanti al pino tagliato a villa mazzacurati. Poi uno spazio che sarà accessibile a tutti a spese del privato non si capisce quale perdita sarà per comunità. I soliti 4 che fanno tanto ideologia sul nulla hanno vinto, teniamoci sto giardino tenuto così come e’ tanto continuerà a rimane nell’anonimato fino alla prossima battaglia. Tutte le volte le stesse persone a combattere e quasi mai i residenti ( due domande bisognerebbe farsele).

    • A parte che con noi – ma in realtà con nessuno di quanti da anni criticano in modo approfondito la ristrutturazione neoliberista, la cementificazione e la gentrification di Bologna – il «non dovevate essere lì, vi volevo vedere là» non funziona… A parte questo, è difficile spiegare lo specifico di questa lotta appena vinta meglio di come l’ha fatto Hansy Lumen, e allora tanto vale citare le sue parole:

      «Il caso del Giardino San Leonardo non è una storia di cittadini “ideologici” che bloccano il progresso. È, piuttosto, la storia di un’operazione di scambio opaca tra amministrazione comunale e Johns Hopkins University, naufragata per ragioni che il Comune ha cercato in tutti i modi di occultare, costruendo una narrazione a proprio vantaggio e scaricando le colpe sul comitato.

      Il cuore dell’accordo non era il decoro, ma la caffetteria, fin dall’inizio, la vera contropartita non era la cura del giardino, ma la concessione di spazi commerciali nell’area pubblica. La caffetteria dell’ateneo, fino ad allora interna e riservata, sarebbe diventata accessibile al pubblico, con tavolini nel giardino. Un’operazione apparentemente innocua, ma che avrebbe garantito a Johns Hopkins non solo prestigio, ma anche una posizione strategica di presidio in un’area centrale, con un punto di incontro simbolico tra “università globale” e città. L’amministrazione, presentando questa opzione come “valorizzazione del verde” e “cura del decoro”, ha occultato il dato reale: un pezzo di spazio pubblico stava per essere concesso a un privato.

      Quando la protesta esplode, la narrativa ufficiale la riduce a “eco-attivisti contro tre allori” e, successivamente, a un rifiuto ideologico legato a “vicinanze geopolitiche scomode” (Israele). In realtà, il comitato ha colpito nel segno fin dall’inizio, evidenziando la pericolosità di un precedente: un giardino pubblico ridotto a pertinenza di un’università d’élite.

      Ma c’è un punto che il Comune non ammette: le mobilitazioni hanno reso inattivabile la concessione commerciale, trasformando la caffetteria in un obiettivo sensibile. Un luogo di presidio e contestazione permanente, esposto a danneggiamenti, tensioni e rischi per la sicurezza. Per un ateneo come Johns Hopkins, che basa la sua immagine su prestigio e stabilità, questo era un rischio insostenibile. È qui che il progetto crolla. Non per i tre allori, non per il “no a Israele”, ma perché la condizione essenziale dell’accordo non era più praticabile.

      Di fronte a questo scenario, l’assessore Raffaele Laudani convoca un’assemblea con il comitato e i cittadini. Un incontro presentato come un atto di dialogo, con tanto di promessa di salvare gli allori e “ripensare il progetto”. Ma è probabile che il Comune sapesse già che senza la caffetteria aperta al pubblico l’operazione era morta.

      L’incontro, dunque, non era finalizzato a trovare una soluzione, ma a costruire la narrazione dell’occasione persa per colpa del comitato. La frase di Laudani – «Vi prendete la responsabilità che tutto resti così» – non era una constatazione, ma un dispositivo retorico per addossare il fallimento a chi aveva denunciato l’operazione. Quella riunione è stata un teatro politico: mentre si parlava di tavoli tecnici e mediazione, il Comune stava già preparando la versione ufficiale, pronta a circolare sui giornali.

      Le fake news istituzionali

      L’articolo uscito [su Repubblica Bologna] è il prodotto di questa strategia. Contiene tre elementi chiave di disinformazione:

      1. Il problema ridotto agli allori e al decoro – Il nodo vero (la concessione commerciale) scompare, sostituito dalla caricatura di attivisti che difendono tre alberi.

      2. Il rifiuto ideologico come colpa – Si introduce il frame del “no a Johns Hopkins perché vicino a Israele”, per dipingere la protesta come settaria e irrazionale.

      3. Il Comune come mediatore ragionevole – Si accredita l’immagine di un’amministrazione aperta e dialogante, che “ci ha provato”, quando in realtà ha agito sapendo che l’accordo era già saltato.

      Questo storytelling non è casuale: serve a proteggere il Comune da una verità politicamente imbarazzante, cioè aver lavorato a uno scambio non dichiarato con un soggetto privato, senza trasparenza, e averlo perso per sottovalutazione del conflitto sociale.

      Conclusione: il fallimento è politico

      Il ritiro di Johns Hopkins non è il frutto di un “integralismo ambientalista”. È il risultato di una trattativa opaca che è esplosa alla luce del sole. Un’operazione di scambio mascherata da filantropia, condotta senza un vero dibattito pubblico, e gestita con una strategia comunicativa che ha preferito mentire anziché ammettere l’errore.

      Il nodo politico: investire risorse pubbliche

      Se c’è una lezione da trarre da questa vicenda, è che la cura degli spazi pubblici non può dipendere da concessioni opache a soggetti privati. Il Giardino San Leonardo è patrimonio collettivo e come tale deve essere gestito.

      L’argomento del Comune – “non ci sono risorse” – è poco credibile se pensiamo che la cifra necessaria per la riqualificazione del giardino non è molto distante da quanto già speso per iniziative discutibili, come i cento alberi in vaso posizionati nelle piazze cittadine, operazione dal forte sapore di greenwashing.

      Se Bologna può investire centinaia di migliaia di euro in un allestimento temporaneo di alberi trasportati su camion, può destinare una cifra simile alla rigenerazione vera di un giardino storico, senza cedere pezzi di spazio pubblico a logiche di scambio.

      La domanda, dunque, non è “chi pagherà?”, ma “quali sono le priorità?”. Il Comune ha l’occasione di dimostrare che la cura della città non è un’operazione di marketing, ma un impegno concreto verso i cittadini.»

      • Qualche parola nostra invece sulla pseudo-obiezione – guardacaso tutte queste pseudo-obiezioni erano nell’intervista e nelle precedenti intemerate dell’assessore Laudani – secondo cui sul giardino avrebbero “titolarità” – diritto di esprimersi ecc. – solo i residenti.

        Un parco pubblico è di tutti, non «dei residenti» di una sola via. Il giardino San Leonardo è frequentato principalmente da studenti universitari, il cui numero è di gran lunga superiore a quello dei residenti, e non si capisce perché mai chi vive quel luogo tutti i giorni non dovesse avere ogni diritto di difenderlo contro un progetto giudicato sbagliato. Detto questo, a criticare apertamente il progetto sono stati anche svariati residenti, intervenuti nelle assemblee e nelle altre iniziative pubbliche.

        Riguardo al «sempre le stesse persone a combattere», sono gli spettri che appaiono a Laudani a essere sempre gli stessi, non le persone che lottano. La città è piena di comitati, è attraversata in lungo e in largo da vertenze ambientali, è così almeno dalla grande manifestazione contro il raddoppio di tangenziale e autostrada del 22 ottobre 2022, e un ulteriore salto c’è stato dopo le alluvioni del maggio 2023, che hanno mostrato in maniera plastica gli esiti ultimi del consumo di suolo. Abbiamo scritto più volte di tutto questo, in tempi non sospetti. Non si capisce perché sia scoccata, insieme a mille altre, anche una scintilla al giardino San Leonardo se non si ha chiaro questo contesto. Ma non lo si ha certo chiaro se si dà retta a Laudani.

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