Cos’è stata la «Fase 1» dell’emergenza coronavirus? Uno storico getta un primo sguardo retrospettivo

di Piero Purich *

Cosa abbiamo vissuto dalla fine di febbraio ai primi di maggio del 2020?

In cosa è diverso il modo in cui si è gestita l’emergenza coronavirus dai modi in cui si affrontarono grandi epidemie nel passato?

Provo a gettare un primo sguardo retrospettivo, dal mio punto di vista, che è quello di uno storico. In sostanza, proverò a trovare analogie e differenze tra le politiche di contenimento del Covid-19 e le risposte ai contagi di massa verificatisi nella storia.

Premetto che purtroppo questo contributo ha due handicap di base:
1. la documentazione è limitata ai libri che ho in casa, alla mia memoria e a quello che ho potuto verificare su Internet, dal momento che le biblioteche sono ancora chiuse;
2. mi occupo principalmente di storia del Novecento, il periodo in cui, probabilmente, le epidemie hanno meno condizionato la vita dell’umanità – con la nota eccezione dell’influenza spagnola del 1918-20.

Questi gli handicap. D’altro canto, analizzare questo argomento da “novecentista” ha anche un vantaggio: il ventesimo secolo è il periodo in cui si sono sviluppate e raffinate tecniche che con questa pandemia hanno un legame strettissimo: le tecniche di propaganda e condizionamento sociale.

Le epidemie sono una costante nella storia dell’umanità. Bacilli e virus convivono con l’essere umano da sempre e periodicamente si verificano esplosioni di morbilità – peste, vaiolo, tifo, colera, influenze – che presentano alcune caratteristiche comuni: alta contagiosità, mortalità elevata, capacità di modificare profondamente il sistema sociale del periodo sia per l’alta percentuale di vittime, sia per il panico scatenato dall’epidemia nella popolazione stessa. Il Covid 19 per certi versi presenta analogie con le malattie del passato, ma ha scatenato una reazione molto peculiare, che sembra avere più somiglianze con le dinamiche di autodifesa dei regimi totalitari che coi provvedimenti sanitari adottati in precedenza.

Passiamo in rassegna le analogie e le differenze con i grandi contagi del passato.

1. Panico nella popolazione

È la reazione psicologicamente più ovvia. Quando le grandi pestilenze in passato cominciavano a mietere un numero di vittime anomalo, la paura del contagio e della morte si diffondeva tra la popolazione. I paesi si autoisolavano e rifiutavano gli scambi di beni e materie prime con altri paesi e con le città, nel timore che i mercanti o anche le merci stesse potessero portare il contagio. È una dinamica che abbiamo visto anche nel caso del Covid 19, quando – soprattutto in gennaio e febbraio – tutto ciò che proveniva dalla Cina era visto con sospetto – caso eclatante: le mascherine prodotte proprio a Wuhan.

L’autoisolamento non era solo praticato dai villaggi, ma anche dalle élites aristocratiche e borghesi. Il caso più noto è sicuramente quello dell’allegra brigata di giovani che si ritira nelle campagne fuori Firenze durante la pestilenza del 1348, situazione che fa da cornice al Decameron di Boccaccio. Il caso più simile è stato la fuga precipitosa di Berlusconi a Nizza all’inizio della pandemia.

Quanto queste misure di isolamento fossero efficaci non è dato sapere, dato che nel caso della peste il contagio era trasmesso non da un virus, ma da un bacillo di cui erano portatrici le pulci, dunque la probabilità che anche gli oggetti fossero infetti era più alta rispetto a un contagio virale. Probabilmente un villaggio autosufficiente si trovava in una situazione relativamente più sicura di un gruppo di aristocratici isolati, che necessitavano di scambi con l’esterno per ricevere derrate alimentari e altri beni di sostentamento.

Clemente VI.

Interessante il caso di papa Clemente VI, che decise di non andarsene da Avignone – dove c’erano stati 1.800 morti nei soli primi tre giorni di contagio – temendo di contrarre la malattia durante il trasferimento, e preferì barricarsi nel palazzo dei papi, completamente isolato e circondato da enormi falò – il cui calore, forse, impedì alle pulci di raggiungere il pontefice.

Ciò che però colpisce dell’attuale sindrome da panico è l’entità della paura in relazione all’ordine di grandezza dei decessi: nelle pestilenze antiche il numero delle vittime fu enorme e visibile a tutti. Riferendosi alla peste di Atene del 430 a.C., Tucidide e più tardi Lucrezio sottolineano come, a fronte di una malattia che mieteva un numero impressionante di vittime tra la cittadinanza, molti ateniesi, convinti di essere già condannati a morte, iniziarono a violare palesemente le leggi senza tenere in alcun conto le eventuali sanzioni (che peraltro, vista l’alta mortalità anche tra i tutori dell’ordine, risultavano inapplicabili), o a spendere tutti i propri averi, tanto non ci sarebbe stato un futuro per il quale valesse la pena risparmiarli.

Abti neri a buon mercato. Montréal, 1919.

Le dimensioni delle epidemie “storiche” sono decisamente non paragonabili a quelle della pandemia di Covid-19. Si calcola che durante la peste nera del 1348-49 Venezia perse il 60% della popolazione (cfr. William Naphy, Andrew Spicer, La peste in Europa, Il Mulino, Bologna 2006). Durante la peste del 1630 in alcune città venete la mortalità stimata fu del 60% e addirittura del 75% a Milano. Nell’epidemia del 1665-1666 morì un quinto della popolazione londinese. Nel 1679 la sola Vienna registrò 76.000 vittime e nel 1681 Praga ne ebbe 83.000. Secondo le analisi storiche più recenti i morti di spagnola in tutto il pianeta furono almeno 50 milioni. Numeri che, sia in termini relativi che assoluti, vanno decisamente oltre la mortalità del coronavirus.

Per rendersi conto della sproporzione basta una semplice prova empirica: escludendo la Lombardia – dove il virus ha fatto vere e proprie scorribande per via di gravi errori e criminali negligenze da parte del potere politico ed economico – quanti morti per coronavirus conosce personalmente ognuno di noi? Nelle epidemie storiche il panico si diffondeva per esperienza diretta, perché si vedevano morire i propri familiari, i propri vicini, gli abitanti della propria città. In questo caso, il panico lo ha diffuso l’informazione.

2. Misure di isolamento

Durante le epidemie passate le misure di isolamento erano praticamente le uniche risposte al contagio. Dell’autoisolamento volontario abbiamo già parlato. Qui invece affronteremo il discorso relativo all’isolamento coatto di persone infette o potenziali portatori di contagio.

Pare sia stata la repubblica marinara di Ragusa-Dubrovnik a varare per prima regolamenti sulla segregazione forzata di persone infette o presunte tali. Il periodo in cui gli equipaggi di navi nelle quali era in corso un contagio dovevano stare alla fonda o su scogli isolati, con la sola possibilità di ricevere viveri ed acqua dalla terraferma, era detto trentino in quanto durava un mese.

Venezia, l’isola del Lazzaretto Vecchio.

La Repubblica di Venezia perfezionò il sistema allungandolo di dieci giorni. Gli stessi termini di quarantena quarantina in veneziano – e lazzaretto sarebbero nati a Venezia: la Serenissima fu il primo stato ad istituire ufficialmente un lazzaretto su un isola della laguna isolata fisicamente dal resto dei domini di San Marco, probabilmente per l’impossibilità di tenere in laguna troppe navi durante contagi particolarmente diffusi (cfr. Gaetano Cozzi, Storia della Repubblica di Venezia, Torino, UTET, 1986). Non è chiaro se l’isola del Lazzaretto Vecchio abbia preso il nome dall’istituto dell’isolamento o viceversa.

I lazzaretti, cioè luoghi isolati in cui erano relegati ammalati ritenuti pericolosi, sono storicamente attestati anche molto prima (basti pensare ai lebbrosari citati nella Bibbia), ma fu Venezia la prima ad istituirli per legge. Il Lazzaretto Vecchio – a cui poi subentrò il Lazzaretto Nuovo – era provvisto, oltre che di un ospedale (che fungeva più che altro da ospizio-dormitorio per i malati), di un nutrito posto di guardia, poi trasformato in caserma, a garanzia che i contagiati non tentassero la fuga. A dimostrazione di come le misure di isolamento siano sempre state accompagnate dalla costrizione imposta con la forza.

Quarantena e lazzaretti furono poi variamente utilizzati nel corso delle epidemie di epoca moderna e contemporanea: quasi tutte le città, in primis i porti, istituirono luoghi di quarantena isolati in cui venivano sistemati gli equipaggi delle navi che approdavano sventolando la bandiera gialla (poi sostituita da una a scacchi gialli e neri), che segnalava la presenza a bordo di infettivi.

Ciò che rende anomala l’attuale epidemia è però il principio inverso rispetto a quelle storiche: mentre in passato l’isolamento coatto era riservato ai sicuramente infetti o ai presunti portatori di contagio, nel caso del coronavirus l’obbligo di isolamento è stato esteso ai sani, che sono stati rinchiusi contemporaneamente ai contagiati o addirittura assieme ad essi. Stante l’alta percentuale di positivi asintomatici o leggermente sintomatici, non era dato sapere chi fosse positivo e chi no, e anziché investire sulle analisi – i celebri «tamponi» – le si è fatte col contagocce, solo quando le condizioni dei singoli si aggravavano.

La parsimonia nel fare i tamponi è stata giustificata col fatto che «i tamponi costano». Ma il lockdown, i provvedimenti economici emergenziali, il dispiegamento massiccio di forze dell’ordine, l’impiego di elicotteri per sorvegliare e intimorire i cittadini, sono forse costati di meno?

Interessante risulta anche il paragone con la più grave catastrofe ecologica del XX secolo, l’esplosione di uno dei reattori di Chernobyl, in cui la popolazione residente in prossimità della centrale venne completamente evacuata, ma non venne imposto alcun divieto di uscita di casa per chi abitava nelle zone al di là della cosiddetta «zona di alienazione».

3. Untori

Nella Storia della Colonna infame Manzoni narra la tragica sorte di Guglielmo Piazza, indagato come untore dall’Inquisizione. A seguito dell’aumento dei casi di peste a Milano, Piazza venne arrestato, torturato e processato. È interessante vedere come la vicenda si sviluppi in un crescendo di ferocia, da un gesto naturale (Piazza si stava riparando dalla pioggia, ma il gesto venne interpretato come diffusione del contagio dalla solita delatrice), alla denuncia, all’arresto, alla paura e all’angoscia suscitati dalla completa mancanza di informazioni sul perché dell’arresto, al panico di fronte alla tortura, all’estorsione di nomi di complici (Piazza inguaiò un altro innocente, Gian Giacomo Mora, nel tentativo di sfuggire alle torture), alla condanna dei due, all’esecuzione e addirittura alla distruzione delle loro case.

Manzoni, rendendo merito al nonno Cesare Beccaria, spiega che la tragedia dei presunti untori ebbe successo soprattutto grazie all’ignoranza popolare riguardo le cause di trasmissioni della peste.

La figura dell’untore è il tipico capro espiatorio di un’epidemia: in un contesto in cui il singolo individuo non è in grado di capire ciò che sta succedendo, è disponibile a fare la spia rispetto a qualsiasi comportamento sospetto. E così gli ebrei, il “diverso” per eccellenza del mondo medievale, divennero gli untori della peste nera, portando ai feroci massacri di Strasburgo e Colonia.

Quella dell’untore è una figura ricorrente anche nella narrazione sul Covid19: il runner, il vecchio che si faceva una passeggiata, la coppia convivente che camminava mano nella mano senza mascherina sono stati considerati i potenziali diffusori del contagio, anche quando la loro distanza dagli altri era maggiore a quella tenuta al supermercato o a quella che i poliziotti mantenevano tra loro in auto o durante i controlli.

Come nella Storia della colonna infame, il delatore, il carabiniere o il politico di turno – si pensi alla richiesta da parte dei consiglieri regionali del M5S Ilaria Dal Zovo e Cristian Sergo di impiegare i forestali per pattugliare boschi e montagne del Friuli Venezia Giulia e scovare chi non rispettava le ordinanze – rivela la propria ignoranza riguardo ai meccanismi di trasmissione del virus, e colpisce il deviante in quanto tale, non perché stia mettendo a repentaglio la propria ed altrui salute.

Ilaria Dal Zovo e Cristian Sergo, consiglieri regionali M5S in Friuli-Venezia Giulia. «Sono molte le segnalazioni che ci pervengono di mancato rispetto delle ordinanze e soprattutto di mancati controlli nei nostri boschi e nelle nostre montagne.»

4. La (scomparsa della) religione

Nelle epidemie antiche le cause del contagio venivano fatte risalire all’intervento divino, all’ira di questa o quella divinità, al fatto che gli dei si schierassero con una o con un’altra fazione. L’Iliade si apre con il campo degli Achei sconvolto da una pestilenza provocata da Apollo per l’ostinato rifiuto di Agamennone di restituire la prigioniera Criseide al padre Crise, sacerdote del dio.

Tucidide e Lucrezio, entrambi troppo “razionalisti” per credere che la malattia sia espressione divina – Lucrezio peraltro è il primo autore del mondo antico che possa essere definito, in pratica, ateo – descrivono la percezione dell’ateniese medio, sconvolto dal disastro che vede attorno a sé: chi si è comportato in modo pio non capisce per quale motivo egli venga colpito allo stesso modo di chi è stato empio e blasfemo, si insinua il dubbio di essersi votato al dio sbagliato, altri pensano che gli dei abbiano abbandonato Atene o che il destino sia la distruzione della città (nel mondo greco il destino, Ananke, è una forza alla quale nemmeno gli dei possono opporsi), altri ancora immaginano che gli dei stiano favorendo Sparta, contro cui la città greca era in lotta nella Guerra del Peloponneso.

Anche nel mondo ebraico l’epidemia è un’espressione della divinità: tra le dieci piaghe d’Egitto narrate nel libro dell’Esodo almeno tre delle sventure piombate sul popolo del faraone perché impediva agli ebrei di tornare in Palestina possono essere interpretate come contagi virulenti: la morìa di bestiame, il diffondersi di pustole e ulcere nella popolazione, la strana morte di tutti i primogeniti maschi egiziani.

Con l’affermarsi del cristianesimo, più volte le pestilenze vengono considerate una punizione divina, di fronte alle quali l’unica difesa è adottare uno stile di vita più cristiano, fare penitenza e ammenda dei propri peccati. E così, sia in nelle epidemie medievali sia in quelle moderne, la risposta è la nascita di movimenti penitenziali, di flagellanti, di sette che praticano l’automortificazione, le quali attraversano l’Europa in realtà diffondendo ancor di più il contagio.

E analogamente anche le soluzione della pestilenze viene affidata a Dio (meglio: a divinità più vicina alla religiosità popolare, come la Madonna o i santi), affinché interceda presso il Padre per far finire il morbo. E per ringraziare della fine del morbo vengono edificate chiese, basiliche e santuari in onore della Madonna della Salute, a San Rocco, San Sebastiano, ecc.

La superstizione diventa addirittura letteratura quando l’ex illuminista e volterriano Manzoni, ormai fervente cattolico, riesce a trovare nella peste milanese del 1630 un imperscrutabile segno della provvidenza divina che alla fin fine appiana le traversie di Renzo e Lucia nel trionfo della giustizia e nell’eliminazione o conversione dei cattivi.

Gli ultimi rigurgiti religiosi (almeno per quanto riguarda l’Italia) di fronte a epidemie sono riscontrabili nel caso del colera a Napoli del 1973 (che peraltro fece non più di una ventina di vittime), preannunciato dal mancato scioglimento del sangue di San Gennaro.

La religione invece è la grande assente dal panorama creato dall’attuale pandemia: non più processioni, non più ira divina, non più preghiere, grazie, ex voto, e le gerarchie ecclesiastiche in linea di massima ossequiosamente prone ai dettami della politica. Solamente un papa che celebra quasi da solo i riti della pasqua, mandati in mondovisione.

5. La «scienza» come religione

La religione va svanendo e viene sostituita dalla scienza. Ma è una scienza con forti elementi di religiosità. Epidemiologi, medici, virologi, scienziati, ricercatori, statistici vengono considerati i depositari della verità e presentano analogie con i teologi di epoca medievale. Si esprimono in un linguaggio tecnico generalmente incomprensibile al volgo (come lo era il latino per il plebeo medievale), il quale crede a tutto ciò che essi dicono. Il popolo, non avendo le competenze tecniche per capire ciò di cui si sta parlando, crede agli scienziati con un atto di fede: «L’ha detto un virologo in tivù»; «L’ha detto un epidemiologo da Floris»; «L’ho letto su internet».

Le cose addirittura peggiorano quando, basandosi sui cosiddetti «esperti», politici e tecnici prendono decisioni totalmente illogiche e irrazionali con la giustificazione che «ce lo dicono gli scienziati» Peccato che gli scienziati siano molto spesso in disaccordo tra loro: mascherina sì, mascherina no; attività all’aperto sì, attività all’aperto no; lockdown completo, lockdown leggero, ecc. E che quando il disaccordo con la comunità scientifica mainstream è totale scattino forme di ostracismo nei confronti degli eretici, di censura mediatica e di screditamento personale con una dinamica che – a parte il rogo e, per il momento, la galera – è analoga al trattamento subito da Giordano Bruno, Jan Hus o Galileo Galilei da parte dell’inquisizione.

Scene dall’influenza spagnola. Cent’anni di giant steps nelle misure di prevenzione.

Eppure questa scienza, a parte l’utilizzo dei respiratori, in questo frangente non ha saputo trovare rimedi diversi da quelli che erano in uso già nel 1300: isolamento, quarantena, lazzaretti, medici con le tute di plastica al posto della palandrana lunga utilizzata durante la peste nera e le mascherine al posto della maschera a becco colma di erbe e spezie per fare da filtro.

6. Provvedimenti irrazionali

In nome della lotta al coronavirus, attività normali come passeggiare, fare jogging, tenersi mano nella mano con il proprio convivente sono improvvisamente diventate reati. I cittadini non sono stati considerati individui soggetti di diritto, bensì potenziali criminali. Nei loro confronti, da parte delle forze dell’ordine, si è applicata la presunzione di colpevolezza. Nel diritto si è creata una totale schizofrenia: l’autocertificazione – che nell’ordinamento giuridico era nata come strumento per semplificare la vita del cittadino – è stata utilizzata nella maniera più restrittiva possibile. È scattato una sorta di coprifuoco continuo, che era possibile violare solo per gravi e documentate motivazioni.

Provvedimenti che hanno rivelato una scarsa considerazione per l’intelligenza e l’istinto di sopravvivenza delle persone. Il cittadino è stato trattato come un minus habens, un individuo incapace di valutare il pericolo per sé e per gli altri, al quale deve badare lo stato. Ma questa è la dinamica tipica delle dittature, dei paesi totalitari: in questi la vita dell’individuo è regolata da obblighi, da imposizioni e dev’essere diretto e pilotato dallo Stato. Il cittadino di un paese libero, viceversa, dovrebbe essere un soggetto che sceglie, decide cosa fare della propria esistenza, stabilisce in base alla propria etica e alla propria morale.

Savona, domenica di Pasqua 2020, elicottero della Guardia di Finanza allontana un cittadino che passeggia da solo sulla spiaggia deserta. Una sola ora di volo di un elicottero delle forze dell’ordine, stando a quest’articolo del 2013, costerebbe ai contribuenti 6000 euro. Di contro, un “tampone” costa poco più di 50 euro, spese di prelievo e analisi incluse. Un test sierologico costa poco più di 6 euro iva inclusa. Se questi dati sono corretti, coi soldi spesi per una sola ora di volo di un singolo elicottero delle fdo si sarebbero potuti fare 120 tamponi o un migliaio di test sierologici. Moltiplichiamo per centinaia di elicotteri impegnati – in pattugliamenti di utilità molto dubbia – per settimane in tutta Italia e avremo le dimensioni di quello che è solo uno dei tanti sperperi verificatisi durante la «Fase 1». [WM]

Il controllo sociale si è avvalso dell’onnipresente polizia in strada, del monitoraggio attraverso il tracciamento elettronico, dell’uso di droni ed elicotteri e – quel che è peggio, perché mina completamente il concetto di solidarietà tra le persone – della delazione. Tecnologia e spie: le stesse tecniche utilizzate dal regime fascista, dal Terzo Reich, da Stalin, dalla Stasi.

7. La forma della guerra

La propaganda mediatica dispiegata in occasione della pandemia ha sdoganato una retorica patriottarda che – sebbene in nuce già da diversi decenni – si è svelata con tutto il suo pacchiano armamentario nazional-popolare. Bandiere ai balconi, inni cantati e suonati dalle finestre, palazzi illuminati con il tricolore, martellamento continuo e propagandistico in tivù, inflazione del termine «eroe» e di metafore belliche.

Da dove nasce quest’utilizzo della guerra come linguaggio per spiegare la realtà emergenziale?

Direi che tutto discende dal crollo delle Torri gemelle, quando il giornalista Tom Brokaw della NBC se ne uscì con la dichiarazione «There has been a declaration of war by terrorists on the United States». L’espressione risultò particolarmente efficace: l’amministrazione Bush – anche per giustificare il successivo attacco contro un Iraq del tutto estraneo agli attentati – utilizzò continuamente il termine «guerra», e la frase «Siamo in guerra con il terrorismo» fu poi variamente utilizzata da Blair, da Valls, da Macron, fino a Grillo e Casaleggio che nel 2011 scrissero a due mani un libro dal titolo Siamo in guerra. Il giornalismo italiano adottò il termine applicandolo a vari altri campi: «Siamo in guerra con il clima», «Questa è una guerra» (riferito al terremoto del 2016 in centro Italia), «Combattere contro il dissesto idrogeologico è una guerra lunga e logorante»… Titoli come questi hanno sdoganato l’uso improprio del termine guerra, che in tempi di lockdown è stato usato per aumentare la sensazione di insicurezza e per creare un senso di unità nazionale, di sforzo collettivo contro un nemico comune. Insopportabile è stata la citazione dell’Inno di Mameli «Stringiamci a coorte», ma il senso è questo: siamo una nazione, troviamo l’orgoglio di essere italiani e combattiamo. Come? Rispettando le restrizioni.

Rispettare un regolamento non significa nemmeno lontanamente essere in guerra. Un ragionamento del genere sarebbe addirittura comico, se non sottendesse un risvolto tragico: chi non rispetta le regole è un nemico, dato che siamo in guerra. Dunque, in realtà, il nemico non è il virus, ma il deviante. E si ritorna alla vecchia figura dell’untore.

L’ultimo caso allarmante di epidemia verificatosi in Europa fu quella di vaiolo che nel 1972 in Kosovo contagiò poco meno di 200 persone causando 35 vittime, al quale la Jugoslavia rispose con l’imposizione di cordoni sanitari attorno a villaggi, blocchi stradali, divieto di riunioni pubbliche, possibilità di spostamento dalle zone infette solo con uno speciale lasciapassare e con un distintivo in vista, divieto di tutte le attività non essenziali, requisizione di alberghi per sistemarvi i malati, vaccinazione a tappeto dei 18 milioni di cittadini jugoslavi. La quarantena coinvolse circa 20.000 persone: è la situazione che più si avvicina a quanto stiamo vivendo oggi, ma la Provincia autonoma del Kosovo e le autorità di Belgrado si limitarono ad emettere una serie di provvedimenti d’emergenza sanitaria cercando di allarmare il meno possibile i propri cittadini (Cfr. Bogdan Vučković, Epidemija variole vere u Jugoslaviji 1972: između vlasti i javnosti, Univerzitet u Beogradu, Filozofski fakultet, Odeljenje za istoriju, 2018 – L’epidemia di variola vera in Jugoslavia 1972: tra autorità e pubblico, Università di Belgrado, Facoltà di lettere e filosofia, Dipartimento di storia, 2018). Tito non si sognò mai di accostare l’epidemia a una guerra ed in quel periodo non apparve mai in televisione per trattare la questione dell’epidemia, lasciando la parola agli esperti medici.

In realtà proclamare una guerra senza formalizzarla è una scelta molto comoda: permette di mantenere la forma, modificando la sostanza. L’arbitrio delle forze dell’ordine è assoluto senza che esse debbano prendersi le relative responsabilità. Solo per fare un esempio: in una situazione bellica per spostarsi da un posto all’altro è necessario un lasciapassare, documento che fornisce al cittadino la certezza di poter viaggiare, dopo aver spiegato i motivi del suo spostamento. L’autocertificazione imposta durante l’emergenza coronavirus è molto meno sicura: nessuna autorità può rilasciare un documento di passaggio che sia considerato sicuramente valido da qualsiasi posto di blocco si incontri, in compenso le forze dell’ordine, a proprio arbitrio, possono considerare non validi i motivi addotti nella certificazione e comminare salatissime multe o addirittura l’arresto. Non c’è dunque la certezza giuridica dietro qualunque atto, bensì la sola discrezionalità.

Se la pandemia del Covid-19 sembra dunque avere limitate analogie con le grandi epidemie del passato per quanto riguarda l’eziologia e l’estensione del contagio, le strategie per contenerla sono simili a quelle adottate durante le pestilenze di epoca antica, medievale e moderna (sia pure con l’anomalia, già fatta notare, del mettere in quarantena i sani insieme agli ammalati). Del tutto nuovo, invece, e molto più in linea con l’apparato propagandistico degli apparati bellici e degli stati totalitari, il dispiegamento di forze messo in campo per attuare un condizionamento sociale e ottenere un consenso da parte della popolazione sulla limitazione delle libertà.

* Piero Purich, storico, è nato a Trieste nel 1968. Nel 2017 ha ripreso il cognome di famiglia, che era stato italianizzato in «Purini» durante il fascismo. Ha conseguito il dottorato all’università di Klagenfurt in Austria. Il suo lavoro più importante è Metamorfosi etniche. I cambiamenti di popolazione a Trieste, Gorizia, Fiume e in Istria. 1914-1975 (KappaVu, 2014). Nella doppia veste di storico e musicista ha realizzato lo spettacolo teatrale Rifiuto la guerra. Pacifisti, renitenti, disertori, ammutinati. La grande guerra dalla parte di chi cercò di evitarla. Scrive su Giap e su Internazionale.

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91 commenti su “Cos’è stata la «Fase 1» dell’emergenza coronavirus? Uno storico getta un primo sguardo retrospettivo

  1. Grazie davvero. Spesso mi sono interrogata su cosa sarebbe venuto fuori da un confronto tra la gestione attuale dell’epidemia e quelle del passato. Intuitivamente, ipotizzavo le stesse conclusioni. Trovo estremamente difficile esprimere un dubbio assillante, su cui vorrei confrontarmi ma vi rinuncio, a causa della sua portata cinica e irrispettosa... → [Continua a leggere]
    • Secondo me il tuo dubbio non è né cinico, né irrispettoso, ma assolutamente legittimo. Qual è l’effettiva portata di questa crisi? Le misure repressive messe in campo (tramite DPCM e …FAQ) rispondono a un criterio di proporzionalità? Prima o poi qualcuno dovrà rispondere a queste domande, anche perché – in... → [Continua a leggere]
  2. il mio sospetto è che la scomparsa della religione sia anche tra le cause del panico maggiore rispetto a precedenti epidemie. Gli anziani del 1918, ma pure quelli che si presero l’Asiatica negli anni 50, credevano in qualche misura in una religione che ha tra i suoi pilastri l’accettazione della... → [Continua a leggere]
    • Nel nostro romanzo Proletkult il protagonista. Aleksandr Bogdanov, va incontro alla morte in maniera serena, perché è convinto di aver dato un contributo importante all’umanità futura e pensa che l’individuo possa accettare la morte proprio attraverso la partecipazione a un’impresa collettiva, il socialismo. Il suo atteggiamento non ha alcun bisogno... → [Continua a leggere]
      • Come recita il testo dell’Internazionale scritto da Franco Fortini, “Chi ha compagni non morirà.”. Tanto più vasta è la comunità di cui mi sento parte e che so mi sopravviverà, tanto più sarò sereno di fronte alla morte. Tanto più sono convinto che “non c’è società, solo individui”, tanto più... → [Continua a leggere]
        • È che anche la sconfitta della religione è figlia dell’individualismo e dell’eterno presente della merce del mondo capitalista. Bogdanov e i socialisti del XX secolo credevano in una prospettiva sì tutta terrena (anche se non necessariamente tutta terrestre), ma che inserirva il singolo in un flusso storico collettivo, in un... → [Continua a leggere]
          • Grazie delle risposte molto belle (e già che ci siamo grazie anche di aver scritto Proletkult, libro che ho amato molto). La mia personale visione della morte è analoga a quella che presentate – per farla breve quando mi sono trovato a spiegare cosa ne pensavo della vita dopo la... → [Continua a leggere]
            • Forse è ot, ma riguardo alla morte questo è il pensiero più bello che abbia mai letto. Vorrei avere la serenità di questo personaggio, mentre ne sono ben lungi. Ma come si dice, bisogna pur partire da qualcosa… “When I die, I can breathe back the breath that made me... → [Continua a leggere]
        • Spinoza lo dice in modo appena diverso: l’uomo saggio a nulla meno che alla morte pensa, perché il suo pensiero è meditazione sulla vita, non sulla morte. Per il filosofo significa in primo luogo che larga parte della nostra mente è eterna, e di questo noi possiamo anche avere esperienza:... → [Continua a leggere]
          • Al di là del fatto che la filosofia non è mai troppa (semmai abbiamo il problema che la filosofia sia considerata troppo poco) volevo dire soltanto che Spinoza mi è empatico. Sembra abbia pubblicato testi senza il suo nome per evitare di farsi incenerire. Tempi difficili oggi come ieri. Decise... → [Continua a leggere]
    • Conservo da tempo i ritagli di La Repubblica sul «Vivere fino a 120 anni», «La città futura per gli over100», «La scoperta del [qualcosa: gene, elisir, dieta…] della longevità»…L’interesse del quotidiano inizialmente era motivato molto banalmente: giustificare il grande impegno dei governi «amici» (quelli col Pd) nell’innalzare il limite dell’età... → [Continua a leggere]
      • perdonatemi se abbasso drasticamente il livello del dibattito, ma a volte i cortocircuiti tra livelli e generi sono stimolanti. E’ dall’inizio dell’ossessione per il contagio, accompagnata dall’ossessivo imperativo di *proteggersi* (parola che ormai mi fa venire i brufoli) che mi gira in testa un refrain, ma solo un paio di... → [Continua a leggere]
  3. Forse è scomparsa la religione, ma di sicuro non è scomparsa l’attitudine alla penitenza. Sono convinto che molte misure assurde dal punto di vista della profilassi sanitaria siano state, forse inconsapevolmente, concepite come forma di penitenza collettiva. Penso al divieto di produzione e vendita di pizze margherite (le focacce bianche... → [Continua a leggere]
    • Non è una reazione tipica di chi è stat* ed è abusat*, quella di caricarsi di sensi di colpa, di trovare giustificazioni agli abusi subiti e perfino di aiutare i propri aguzzini? E questo ultimo incredibile abuso collettivo che stiamo tutti subendo apparentemente quasi senza fiatare andrà a caricarci –... → [Continua a leggere]
  4. Sull’uso di sensi di colpa, ricatti morali & affini nella gestione della pandemia, perlomeno in Italia, c’è materiale per diversi tomi. Alla luce di questo splendido articolo, mi chiedo se l’aspetto propriamente paternalistico e ricattatorio di molta comunicazione governativa verso i cittadini rappresenti un unicum ed un precedente o se... → [Continua a leggere]
    • Il potere ha fatto e sta facendo anche più e peggio che un ricatto morale. Sta creando una serie di veri e propri doppi legami (double bind), cioè di ricatti in cui però qualunque cosa tu faccia ti fotti. Ad esempio: “ti diamo il permesso di uscire, ma tu non... → [Continua a leggere]
      • Già, e spesso il doppio legame non è nemmeno esplicito, così da lasciare una zona grigia in cui l’arbitrio (delle forze dell’ordine) prospera, generando uno stato d’ansia più o meno costante. A costo di sembrare complottista, credo ci sia davvero da chiedersi se tutto ciò sia causato ‘solo’ da totale... → [Continua a leggere]
      • (1/2) @tuco @upuaut Qualche tempo fa mi sono imbattuto in una pagina di wikipedia (en) che parlava di “double bind” e ricordo di aver letto l’esempio di un genitore che parla amorevolmente al figlio e quando il figlio tenta un abbraccio il genitore si tira indietro. Veniva spiegato che questa... → [Continua a leggere]
      • (2/2) Come fa una popolazione a ribattere prontamente, quando le dichiarazioni del governo sono così palesemente grottesche (e la situazione da esse creata è grottesca)? Si rimane spiazzati (abbraccio rifiutato), non si sa come ribattere, Le leggi di lockdown sono “barbarie politica” allo stato puro. Incutono terrore, perchè con una... → [Continua a leggere]
        • La tua descrizione degli effetti del «doppio legame», dell’esito paralizzante della comunicazione contraddittoria, contiene molti spunti. Il problema è che non c’è alcun nesso logico tra questo e ipotizzare che il M5S sia controllato da Bannon e sia parte di un complotto insieme alla Lega per portare avanti un piano... → [Continua a leggere]
        • Sarebbe in qualche modo consolante se il “doppio legame” della comunicazione governativa fosse stato studiato a tavolino. Invece basta andare in un parco la domenica pomeriggio o a una festa di compleanno di bimbi delle elementari per accorgersi che il “doppio legame” è la cifra dei rapporti genitori- figli e... → [Continua a leggere]
          • Per antigogna. Il tuo ragionamento potrebbe essere interessante se avessimo a che fare con menti sottili impregnate di cultura alta, abituate a ragionare, riflettere, pianificare, a fare Politica. Una delle menti più sottili del M5S è Luigi di Maio, e ho detto tutto, come diceva Peppino de Filippo. Le dichiarazioni... → [Continua a leggere]
            • @Marcello07 Concordo sul “disco rotto”. Tutti all’unisono esprimono lo stesso script. Noto inoltre che, come nello scorso governo, ci sono 2 partiti al potere e parla solo uno (prima, Lega-M5s, parlava solo Salvini(lega), ora M5S-PD e parla quasi solo Conte(m5s)). Spesso qui si è parlato del ruolo filogovernativo di Repubblica.... → [Continua a leggere]
          • L’acuirsi del doppio legame nella comunicazione governativa di quest’emergenza si spiega quindi con l’acuirsi del paternalismo di scienziati e ministri. Presidente del Consiglio & Co. sono, in questa fase, più genitori che mai perché più che mai il potere si giustifica trattando i cittadini da adolescenti, per scaricare su questi... → [Continua a leggere]
            • La creazione di un doppio legame è anche una delle tecniche utilizzate con maggior efficacia dai poliziotti (il famoso gioco del poliziotto buono e del poliziotto cattivo, a volte interpretati dallo stesso poliziotto). C’è un monologo di Gian Maria Volontè nell’ “Indagine su un cittadino…”, in cui lui spiega a... → [Continua a leggere]
              • Non è detto che non li riconoscano, anzi, probabilmente li colgono anche loro questi dispositivi. Ma non ci danno peso, o comunque li considerano elementi meno rilevanti rispetto all’oscura immensità della morte (per citare un titolo di Carlotto). Davanti ai morti ogni rilievo passa in secondo piano. Conseguentemente dare a... → [Continua a leggere]
  5. La peste nera fu terribile, le epidemie elencate nell’articolo falcidiarono intere città. I numeri, come sottolineato anche dall’autore dell’articolo, non sono nemmeno lontanamente paragonabili. Allora perché oggi tutto questo terrore? Provo a fare qualche ipotesi, magari semplicistica. Secoli fa un sessantenne era vecchio, metteva in conto di essere vicino alla... → [Continua a leggere]
  6. Grazie, innanzitutto. L’isolamento sarebbe totale se non potessi trovare rifugio nella lucidità di pensiero di quesra comunità. Mi ha molto impressionato il confronto tra i costi degli spettacolari voli d’elicottero con tamponi e test sierologici. E che si possa impunemente portare avanti azioni tanto insensate. Io non ho effettuato l’associazione,... → [Continua a leggere]
  7. Alcune osservazioni su un articolo di piacevole lettura e, soprattutto, di notevole impegno critico nel decostruire una poli-narrazione intossicante più del virus. Ottima la trattazione della “Scienza” come religione.“Lucrezia è il primo autore del mondo antico che possa essere definito, in pratica, ateo”. Sarebbe stato meglio aggiungere al mondo antico... → [Continua a leggere]
    • Da antropologo indianista mi sento di dover intervenire su questo punto. Per prima cosa, Mahavira è un personaggio storico, vissuto nel 6 sec. a.C., e probabilmente, secondo alcune fonti, il Buddha stesso, nella sua ricerca del sentiero verso la verità, lo ha “frequentato’. Egli è il sistematizzatore del pensiero jainista,... → [Continua a leggere]
      • Scusa, mi accorgo ora di aver letto il tuo B.P. come B.C. quindi parlavi decisamente di Mahavira… e quindi sì, alcuni nuclei concettuali del jainismo sono sicuramente molto più antichi. Per il resto il mio punto rimane lo stesso. Sorry. Visto che devo raggiungere i caratteri, ne approfitto per aggiungere... → [Continua a leggere]
        • Gentile Tommaso, grazie per le tue precisazioni. Mi fa piacere leggerle qui sia perché anche io navigo oggi nel sapere antropologico (o ci provo) sia perché ho dedicato la prima parte della mia vita alla buddhologia, sicché molte delle tue notazioni mi paiono familiari oltre che utili. Mi rammarico solo... → [Continua a leggere]
          • Però il post qui sopra non sostiene castronerie generiche come «la società è orfana di pietas e religiosità»… Quelle sono al massimo robe da editoriale del tardo Alberoni sul Corsera. Nemmeno nel dibattito si è banalizzato in quel modo. Invece si sono dette cose specifiche su società capitalistica, tanatofobia, esperienza... → [Continua a leggere]
            • Credo che tu abbia male interpretato un linguaggio volutamente ironico, ma non malizioso, che non intendeva derubricare quei ragionamenti ma mettere in campo (mea culpa per l’allusività) altri temi possibili, non obbligatori. La definizione stessa di religione è estremamente problematica, come credo tu sappia, e da quella dipendono un sacco... → [Continua a leggere]
              • Stavolta ammetto serenamente di non aver capito quasi niente.

                E temo non abbia capito quasi niente nessun altro/a che sta leggendo.

                • Fai benissimo a dirlo, e mi dispiace. Non capisco invece la necessità di stabilire che nessuno possa capirci un cazzo, se non con quell’andazzo che mi ricorda certe flamewar da usenet. Mi spiace oltretutto che a te sia concesso rispondere con lapidarie apodissi mentre io, purtroppo, sono obbligato ad aggiungere... → [Continua a leggere]
                  • Scusa, ma da una richiesta, per quanto implicita, di non esagerare coi gergalismi accademici e sforzarti di essere più chiaro… tu trai tutto questo, in un crescendo di vittimismo? Dài che non ce n’è bisogno. Basta che ti spieghi meglio, senza «curse of knowledge», senza dare per scontato il... → [Continua a leggere]
        • Ti ringrazio per le osservazioni. Per lo meno posso rettificare un refuso clamoroso, quello di “Lucrezia”, che chiaramente è Lucrezio..Ho scritto “sarebbe vissuto circa 2600 B.P”, è rimasto nella tastiera un “nel” 2600 oppure 2600 “anni”. Questa sciatteria linguistica non aiuta certo i lettori. Sorry. Visto che ci siamo “Jasper”... → [Continua a leggere]
          • Mi scuso con tutte le lettrici di questo Blog per un refuso mentale veramente grave, per un lapsus calami che rivela il maschilismo dello scrivente. Parlando di credenze jainiste, ho scritto: “Gli esseri celestiali, divini, devono incarnarsi in uomini per raggiungere la liberazione”. Ecco, con “uomini” intendevo esseri umani, maschi... → [Continua a leggere]
  8. OT Pare che le strade di downtown Indianapolis si stiano riempiendo di afroamericani incazzati per l’ennesimo omicidio di un ragazzo da parte della polizia. Credo sia una notizia importante, perché anche negli USA, come in Italia, finora era passata la bislacca idea che scendere in piazza durante la pandemia sia... → [Continua a leggere]
    • Grazie Tuco, per la segnalazione di questa notizia. Noi abbiamo tutto da imparare da alcuni movimenti nati, inizialmente, come movimenti di protesta su base etnica. Quello che hanno fatto alcune comunità per difendersi è stato costruire rapporti di solidarietà e mutuo soccorso e contemporaneamente dare espressione alla legittima rabbia contro... → [Continua a leggere]
  9. Grazie per questo bel resoconto di analogie e differenze. In effetti in questi mesi la storia della peste è stata troppo spesso usata in senso decorativo: una retorica un po’ vuota che non tiene conto di uno dei compiti principali degli storici, cioè quello di individuare le differenze e di... → [Continua a leggere]
  10. Le autorità (nazionali, regionali e persino locali) hanno trasformato la gestione della crisi in un gigantesco trattamento sanitario obbligatorio a carico, non solo dei contagiati, ma anche dei sani (l’anomalia è assai opportunamente messa in luce dall’autore dell’articolo). Uno degli aspetti a mio parere più preoccupanti è che, a fronte... → [Continua a leggere]
  11. Variante/estensione del punto 6, in Fase 2. Durante la fase 1 ho potuto evitare code e complicazioni e affollamento di supermercati e mercati, grazie a un sistema di ordini diretti on-line produttori, che utilizzavo già prima: scelta e pagamento dei prodotti tramite un sito, ritiro della spesa ad un’ora e... → [Continua a leggere]
  12. Salve, frequento da un mese questo blog perché – pur non avendo (ancora) letto alcun libro dei suoi fondatori – ne apprezzo l’approccio critico, demitizzante (per il quale vi ringrazio), verso le narrazioni che legittimano gerarchie arbitrarie. Scrivo ora per la prima volta perché, da laureando in storia, sto lavorando... → [Continua a leggere]
    • Tuttavia, i «lockdown» ante litteram di cui hanno scritto Foucault e Cipolla erano ancora cordoni sanitari intorno a luoghi circoscritti dove si erano avuti focolai: rioni cittadini, villaggi, contee… È quel che è successo col vaiolo in Kosovo nel 1972, come ricorda Purich nel suo articolo, o nello Hubei durante... → [Continua a leggere]
      • Ogni volta che leggo un pezzo qui su Giap non posso fare a meno di essere grata a chi permette tutto questo e a coloro che, in base alle proprie conoscenze, apportano contributi così preziosi. Ho apprezzato tantissimo Il modo in cui l’autore descrive in modo semplice il raffronto tra... → [Continua a leggere]
      • Be’, in verità non è proprio così. Cito Cipolla testualmente: “Quando la pestilenza dava segni di regressione, era abituale[qui, forse, esagera]che le autorità sanitarie decretassero una ‘quarantena generale’, [per la quale] quante più persone possibile dovevano rimanere chiuse nelle proprie casa per quaranta giorni, riducendo così al minimo qualunque contatto... → [Continua a leggere]
        • Appunto: Cipolla parla di Firenze e Foucault di Vincennes. Firenze, non tutto il Granducato di Toscana. Vincennes, non l’intero Regno di Francia. Erano quarantene limitate a centri urbani, agglomerati circoscritti, territori specifici dove c’erano focolai.In passato si era arrivati al massimo ai cordoni sanitari intorno a contee o regioni. Oggi... → [Continua a leggere]
  13. Segnalo un importante articolo: https://www.e-flux.com/architecture/at-the-border/329404/staying-at-home/ di Andrea Bagnato, architetto (cha ha partecipato, tra l’altro, al progetto Italian limes: https://www.wumingfoundation.com/giap/2019/03/italian-limes/).Oltre a essere utile per far conoscere a lettori anglofoni il modo (poliziesco, “decoroso” e zeppo di fake news top-down) con cui l’Italia ha fronteggiato la pandemia, evidenzia il rapporto genealogico tra... → [Continua a leggere]
    • Ringrazio molto Wolf per la menzione, e colgo l’occasione per approfondire una questione che non è entrata nell’articolo. In un’inchiesta recente del New York Times, si sostiene senza mezzi termini che la scelta di tenere le persone in casa – malati e sani indistintamente – è stata deliberata. “Il paese”,... → [Continua a leggere]
      • A livello storico, vale la pena di sottolineare la singolarità di un’epidemia che, in Italia, è esplosa nel Nord produttivo. Come scrive anche Purich, storicamente si sono sempre ricercati non solo untori individuali ma intere categorie a cui attribuire la responsabilità del contagio. Questo processo, ovviamente, rispecchia sempre gli squilibri... → [Continua a leggere]
        • Infatti. Se i primi focolai fossero stati in Basilicata, avrebbero chiuso solo la Basilicata. O il Molise, o [zona “poco importante” a scelta]. Poiché invece sono stati in Lombardia, hanno finito per chiudere in casa, e soprattutto colpevolizzare, tutta la popolazione italiana isole comprese… al tempo stesso lasciando aperta la... → [Continua a leggere]
          • Probabilmente andava applicato alla lettera il concetto di cordone sanitario. Mantenere isolate le regioni del nord, punto. E lì adottare i provvedimenti di contenimento. È stato fatto passare il concetto che chiudere il nord avrebbe ucciso l’intero paese, perché l’Italia viene “mantenuta” dal nord, allora tanto vale chiudere tutto il... → [Continua a leggere]
  14. http://archive.is/yInzA Scusate, mi sono chiesta quale fosse la discussione più pertinente sotto cui inserire il resoconto della ennesima vicenda inquietante occorsa ad una persona in questo periodo. Forse non è questo il topic più adeguato, in tal caso vogliano gli amministratori del blog riportarlo ove più appropriato. Il mio intento... → [Continua a leggere]
    • Questo è un episodio gravissimo che spero si concluda bene. È il culmine di una escalation autoritaria che non sembra essere percepita da tutti, ed il Codacons addirittura propone il tso per chi rifiuti di sottoporsi ad un tampone che, francamente, risulta essere una affermazione demenziale. Per quale... → [Continua a leggere]
    • La vicenda ha contorni poco chiari ed è, se ciò che viene scritto corrisponde al vero, un soppruso gravissimo. Sulla violenza delle forze dell’ordine penso ci intendiamo subito tutti. Il dubbio che ciò che sia scritto sia del tutto in linea coi fatti è che la fonte è discutibile (per... → [Continua a leggere]
      • Hai assolutamente ragione circa la fonte, tant’è che la notizia è riportata da altre anche peggiori. Però confesso che ormai la mia diffidenza verso i canali di informazione sta crescendo al punto che sono arrivata a pensare che ci si stia spingendo oltre il confine della manipolazione e che sia... → [Continua a leggere]
        • Per favore, cerchiamo di stare attentissim* ai link che mettiamo su Giap, le fonti vanno sempre selezionate e verificate. Qui non possiamo accettare che vengano accreditati, nemmeno implicitamente, siti del genere. Al momento questa storia sembra essere riportata solo ed esclusivamente da siti complottisti e di destra, si va da... → [Continua a leggere]
          • Scusate. Lungi da me voler accreditare certe fonti. Il link ( nella fretta ho pure dimenticato di “filtrarlo”) mi era stato girato da una amica avvocata appartenente allo stesso foro del legale citato. Le ho difatti chiesto, avendo notato che la notizia era riportata solo da siti su cui non... → [Continua a leggere]
            • Il caso è stato affrontato anche da Radio Radicale in un’intervista. Riporto il link all’intervista e la presentazione della stessa presente su radioradicale.it.https://www.radioradicale.it/scheda/605344/intervista-allavv-lillo-massimiliano-musso-sulla-vicenda-del-trattamento-sanitario“Intervista all’avv. Lillo Massimiliano Musso sulla vicenda del Trattamento Sanitario Obbligatorio subìto dal fratello Dario, sedato sull’asfalto del Comune di Ravanusa (Ag); sulla impossibilità di entrare nel reparto... → [Continua a leggere]
              • (spoiler: 1)tentativo di “palco” per Qanon in Italia 2)ragazzo libero, stando a commento su YT) Ho perso 1 ora ascoltando video dell’articolo (telefonate). Avvocato-fratello: “mi chiamano i giornalisti (quali?) ci sarà interrogazione parlamentare (?) ne ha parlato Sgarbi” (rings a bell!) Mi ha lasciato perplesso Sgarbi in questi tempi. Sembra... → [Continua a leggere]
                • Più che altro Fini lasciò Berlusconi, fu fatto a pezzi dai media di Berlusconi (la storia dell’appartamento a Montecarlo ecc.) e, puff!, scomparve. Da allora non si è più visto. Non andò a segno alcuna operazione per farlo passare come “oppositore”, e di sicuro non era quello l’intento del cdx... → [Continua a leggere]
  15. Mi scuso in anticipo per la digressione. Io ho trovato la stessa notizia pubblicata perfino su siti anarchici, purtroppo è vero che anche loro non hanno verificato le fonti e la notizia risulta essere presa direttamente da alcuni siti. Da molti dei miei conoscenti e amici, della cui posizione politica... → [Continua a leggere]
    • E’ chiaro che c’è un problema grosso su questo, anche questo preesistente al virus. La vera e propria chiamata alle armi «contro le fake-news», zeppa di desideri di censura e di bava algoritmica dei social, unita al linciaggio morale di Agamben (che non era una critica giusta ad Agamben e... → [Continua a leggere]
    • In ultimo, rispondo su questo tema: «Ma questo è un problema politico enorme la cui diffusione sta diventando capillare e che contribuisce a consolidare l’ idea che la controinformazione sia una prerogativa di alcuni ambienti. E grazie a questo paravento riescono a veicolare idee pericolosissime. »Ecco, sottoscrivo in pieno e... → [Continua a leggere]
  16. Arrivo solo adesso per commentare questo bellissimo articolo di cui ho sentito l’esigenza fin da subito, perché nella mia ignoranza avevo bisogno di qualcuno competente che a livello di numeri mettesse sul tavolo le epidemie storiche.Volevo commentare anch’io sul ruolo della religione e sono d’accordo con neuro e con WN4... → [Continua a leggere]
  17. Anche lo scientismo può destare sensi di colpa se non indossi la mascherina all’aperto o se in cuor tuo ti chiedi il senso di certi provvedimenti.La propensione al conformismo e al senso di colpa secondo me sono innate nelle persone e si prestano ad essere usate dal potere. Indipendentemente dalla... → [Continua a leggere]
    • Caro Cugino_di_Alf, vorrei fare una considerazione a proposito dell’errore macroscopico che riguarda questo tuo periodo :*La propensione al conformismo e al senso di colpa secondo me sono innate nelle persone e si prestano ad essere usate dal potere. Indipendentemente dalla religione.*Ecco: com’è noto, di “innato” nelle “persone” ci sono solo... → [Continua a leggere]
      • Sì, hai ragione: ho tirato via e, senza cercare scuse, ho proprio cannato il concetto.E’ vero che di innato c’è poco e che gran parte della (delle) personalità che sviluppiamo e delle risposte più o meno automatiche agli stimoli sociali vengono costruite dai condizionamenti prima familiari e poi sociali, quale... → [Continua a leggere]
        • Caro Cugino_di_Alf, mi fa piacere che tu condivida le mie osservazioni.La vita personale, le relazioni sociali, il soggettivo “sentirsi” nel mondo ecc. sono frutti del contesto nel quale ci si trova a vivere, nello spazio fisico e nel tempo storico.Lo svarione concettuale che hai fatto nel commento -e che mi... → [Continua a leggere]
          • Non vorri andare OT, ma vorrei solo precisare che non è che prima “ritenevo” innati dei comportamente e poi ho capito che non lo sono.Mi sono da subito espresso male e in un eccesso di semplificazione e di pressapochismo ho definito innati i comportamenti intendendo innata la generica predisposizione a... → [Continua a leggere]
  18. Grazie mille per quello che pubblicate. Siete una boccata d’aria fresca.Mi permetto una critica al punto 7La medicina occidentale basata sulla biologia (biomedicina) ha sempre usato metafore belliche. Non è un caso che venga definita medicina allopatica, ovvero di contrasto (armato dalla chimica) all’entità maligna designata come “malattia”. Per intendersi:... → [Continua a leggere]
    • Ho molto apprezzato la lettura di questo commento, soprattutto per la sua natura ‘esperienziale’. Spesso si ragiona in astratto, prendendo posizione anche, e soprattutto, per difendere o attaccare idee, le nostre e quelle degli altri. Io stesso ci casco, in questo malvezzo. Quando invece, come in questo caso, si sa... → [Continua a leggere]
  19. Per rintracciare le origini di queste metafore belliche è interessante un saggio del 1941 dello stesso W.B. Cannon citato nello scorso articolo: The body physiologic and the body politic. Science, 93,1–10. Senza entrare troppo in dettaglio in questa sede, basti dire che l’autorevolissimo autore delinea un parallelo fra corpo umano... → [Continua a leggere]
  20. L’articolo, curiosamente, omette di citare l’arma principe (con la televisione, ovviamente) utilizzata dal potere per mettere in piedi il sistema carcerario all’interno del quale ancora soffriamo, in buona parte. Forse l’autore lo dava per scontato, oppure – saggiamente – voleva evitare la produzione di un testo troppo lungo, di difficile... → [Continua a leggere]
  21. Le iniziative del governo sono state ridicole e pericolose, vero, ma non per questo dobbiamo (scusate la frase fatta) gettare il bambino con l’acqua sporca: l’imposizione militare del lockdown è stata una porcata e soprattutto un errore, un provvedimento deresponsabilizzante (se è consentito dai DPCM, allora è “giusto”…). Ma, nei... → [Continua a leggere]
    • Dimenticavo, su tamponi e l’isolamento domiciliare: almeno nella mia esperienza, non ho mai “imposto” (lavoro in un pronto soccorso) a qualcuno di stare a casa “per sicurezza”. Ho mandato a casa dei pazienti in isolamento fiduciario senza sapere se erano effettivamente positivi, certo: ma erano pazienti che non avevano bisogno... → [Continua a leggere]
      • Secondo me nei tuoi commenti fai due critiche che l’articolo di Purich non merita:1) rimettere quest’epidemia in prospettiva, staccandola dalle narrazioni perniciose che l’hanno avvolta e dal terrorismo mediatico che ha “giustificato” questa gestione politica dell’emergenza, non equivale a “sminuire” la pericolosità del virus, come denunciare l’irrazionalità di certi provvedimenti... → [Continua a leggere]
      • Be’, Gaber_Ricci, forse se fosse stato fatto con tempismo un vero lockdown in una parte della Lombardia, dove invece la gente non ha mai smesso di andare al lavoro, avremmo evitato di imporlo a tutto il paese. E forse se avessimo concentrato e concentrassimo le attenzioni delle FdO sulle centinaia... → [Continua a leggere]
  22. sul fronte antropologico, in merito alla costruzione e evoluzione delle metafore belliche, segnalo ai curiosi anche: flexible bodies, e. martin. questo discorso ha nell’elaborazione nordamericana forse il suo modello più standardizzato e oggi pervasivo. spero di starci dentro con le battute, è solo un consiglio di lettura… ringrazio comunque purich... → [Continua a leggere]
  23. Non so se avete già letto la Lezione del virus di Paul B. Preciado, è stata pubblicata oggi da Internazionale. La segnalo perché entra in risonanza con tutto ciò che è stato scritto e analizzato su Giap nelle ultime settimane. Mi ha molto colpito. Parte dalla lezione di Foucault (Sorvegliare... → [Continua a leggere]
    • Però quest’articolo – a differenza di quello, ben più lucido, postato sopra da Wolfbukowski – non è accurato. Pur salvando il monito e l’appello finale contro un’acritica accettazione delle invasive tecnologie odierne, e a favore di forme di resistenza collettiva, è da notare che l’autore (con un linguaggio molto astratto,... → [Continua a leggere]
      • Possibile che sia poco accurato come segnali tu, grazie per gli appunti. Dopodiché essendo un articolo divulgativo posso anche passare su alcune sviste che – almeno per me – non ne depotenziano il discorso. Se poi volessi andare ad approfondire il discorso di Foucault sulla biopolitica – sì, certo –... → [Continua a leggere]
  24. Frattanto la gestione assurda della crisi comincia a dare i suoi melmosi frutti. Oggi a Trieste, in una piazza nominalmente apartitica, ma chiamata da Forza Nuova e dagli ambienti dell’estrema destra triestina, nazionalista e indipendentista, c’erano 800 persone a manifestare per una riapertura selvaggia(1000 secondo il Piccolo, il giornale presuntamente... → [Continua a leggere]
  25. Da questo bel confronto emerge pertanto che parlare di progresso è una pia illusione senza un equivalente avanzamento della società civile (avanzamento in senso di diritti e di differente approccio nel rapporto tra Stato e cittadinanza). Anzi, dal punto di vista sociale vi è un evidente regresso nei diritti rispetto,... → [Continua a leggere]
  26. Buonasera Piero e grazie per questo articolo. Il mio commento è un po’ a margine del tema centrale, ma su un aspetto che mi sembra interessante. Dici che Manzoni nei Promessi Sposi riesce a vedere nella peste “un imperscrutabile segno della provvidenza divina che alla fin fine appiana le traversie... → [Continua a leggere]
  27. Eppure chiudere tardi la Lombardia o altre nazioni ha causato maggiori perdite. All’inizio non si sapeva nulla ed è normale che la scienza non dia risposte certe, che si formano per Consensus su lunghe dimostrazioni di migliaia di lavori. Per questo processo occorre tempo e non ne abbiamo. Siamo stati... → [Continua a leggere]
    • Grazie a te, però faccio notare che «chiudere la Lombardia» e «chiudere [altre] nazioni» non sono la stessa cosa e soprattutto sono espressioni troppo vaghe. Andava sicuramente chiusa subito la val Seriana, lo abbiamo detto più volte. Nelle zone dove c’erano focolai andavano chiuse per tempo le fabbriche, limitati gli... → [Continua a leggere]
    • In estrema sintesi, le epidemie moderne hanno legittimato un controllo sempre più invasivo della società. (Leggi ad esempio: “La peste non fu controllata, ma la società sì; la sanità divenne un alibi dell’ordine”, Naphy&Spicer, p.66). Soprattutto ai danni di poveri, vagabondi, prostitute, etc., scacciati o internati perché potevano contagiare tutti... → [Continua a leggere]
  28. […] Piero Purich (Trieste, 1968), storico e musicista, ha conseguito il dottorato in storia contemporanea presso l’Università di Klagenfurt. È autore di diversi saggi, tra i quali Metamorfosi etniche. I cambiamenti di popolazione a Trieste, Gorizia, Fiume e in Istria. 1914-1975 (KappaVu, Udine 2014). Nel 2017 ha ripreso il cognome... → [Continua a leggere]