Sul terrore a mezzo stampa, 2 | Le foto delle vie piene di untori

Genova, Sestri Ponente, 2 aprile 2020, via Sestri. Clicca per leggere l’analisi del fotografo Andrea Facco.*

La nuova passione dei giornali italiani a reti unificate e dei governatori sceriffi sono le fotografie di «assembramenti». Funziona così: prendi una via lunga tipo seicento metri, con qualche bancarella di ortofrutta, una farmacia e un piccolo supermercato. Sabato mattina, possibilmente. Ti piazzi a un estremo e scatti col teleobiettivo a 200 o 300 mm, o con lo zoom digitale, in modo che la prospettiva risulti schiacciata: il palazzo là in fondo è come se ce l’avessi davanti alla faccia, e le trenta persone che ci sono – e in seicento metri stanno alla giusta distanza – le schiacci e comprimi in una scatola di acciughe, con un effetto ottico che te le fa sembrare una folla.

Se usassero la stessa tecnica nella corsia di un supermercato, anche lì rileverebbero un assembramento da paura, e per di più al chiuso. Ma non lo fanno, perché non possono mettersi a far la morale sui supermercati, dove la gente fa la fila fuori e sa com’è la situazione, mentre magari la viuzza la conosce solo chi ci abita, chi la frequenta, e si può creare un piccolo caso sulla ressa di via Sestri a Genova, gli indisciplinati di Spaccanapoli, gli irresponsabili del Quadrilatero di Bulåggna…

Bologna, 2 aprile 2020. Il «Quadrilatero», centralissimo rione della città storicamente dedicato a mercati e bancarelle.

E poco importa se nelle foto o nelle riprese col teleobiettivo si vede anche un’auto dei vigili, o due poliziotti che camminano – a testimoniare che quella scena, dal vivo, non è la bolgia infernale che stanno denunciando.

Poco importa che, ad esempio, le foto del Quadrilatero di Bologna mostrino persone con la mascherina (tutte) e i guanti (quasi tutte), e che all’aria aperta, con guanti e mascherina e stando a un metro e passa gli uni dagli altri, infettarsi sia praticamente impossibile.

Poco importa, specie se sei un giornale che ha deciso la linea da tenere, costi quel che costi. O, come nel caso di Genova, sei un governatore della coalizione X che vuole polemizzare col presidente di quartiere della coalizione Y.

A parte le questioni di tecnica fotografica, nessuno che s’interroghi sul perché certe strade siano più frequentate di altre. Le famose strade commerciali, i fiori all’occhiello delle nostre città turistiche. Nessuno che dica: oi, forse se consentissimo alla gente di farsi due passi tranquilla, non ci sarebbe bisogno di andare in farmacia tutti i giorni, per guadagnarsi il lasciapassare di una camminata. No: si punta il dito sul mostruoso consumismo delle persone, gente che non può stare un giorno senza comprare qualcosa, quando l’unica attività consentita fuori di casa è lavorare e comprare.

Inoltre, come ha scritto l’utente JoJo in un commento al post precedente, sono significative

«le caratteristiche dei luoghi scelti per operare questa mistificazione della realtà e responsabolizzazione verso il basso dei contagi. Se prendiamo in esame un video girato a Napoli vorrei far notare che su una delle vie (intendo proprio strada/via oltre che quartiere) convergono: uno dei nosocomi più affollati della città, un fittissimo susseguirsi di negozi di generi alimentari, pescherie e ortofrutticoli, poco distanti le stazione delle due linee metropolitane, la stazione della ferrovia cumana che collega la zona dei campi flegrei al centro cittadino, il capolinea di una delle funicolari collinari, la zona ha una densità abitativa tra le più alte della città.

Chi come me conosce bene quella realtà e sa benissimo quanto sia affollata e caotica in tempi normali, si è reso conto al contrario di quanto gli abitanti di quel luogo abbiano osservato per quanto possibile le varie ordinanze. Quasi tutti, nonostante non sia obbligatorio, indossano le mascherine e si muovono, non si vedono assembramenti ma persone che camminano oppure in fila osservando le distanze di sicurezza, camminano senza grossi sbattimenti anche i due agenti della polizia municipale. Insomma una tranquilla cartolina di vita quotidiana in tempi di coronavirus.

Tanto è bastato per rilanciare il video sui social e sbandierarlo dai giornalisti come atto di insubordinazione pericoloso per la salute pubblica. A cosa serve tutto questo se non ad alimentare l’odio sociale e dirigere la rabbia verso un capro espiatorio?»

Dal sito del Corriere del Mezzogiorno (Corriere della Sera), 3 aprile 2020.

L’impressione forte è, per dirla con Tuco in un altro commento, quella di

«un gioco delle parti coordinato tra giornali e potere esecutivo. Venerdì, con simultaneo freddo scatto i quotidiani nazionali e locali hanno riempito le loro prime pagine di foto false di assembramenti, scattate con teleobiettivi da 800mm, da Genova a Trieste, da Napoli a Milano passando per Bologna. A stretto giro sono arrivate le ordinanze di Fedriga e Fontana [sull’obbligo di mascherina, NdR], sono state varate nuove misure restrittive della libertà di movimento (per chi ancora ce l’aveva), è stato annunciato il rinvio a tempo indeterminato della riapertura delle città alla vita, ma in compenso oggi Repubblica titola sulla formazione di un “gabinetto di guerra” per riaprire le fabbriche il 13 aprile.»

Che il gioco sia coordinato o meno, l’esito è quello di deviare sul singolo cittadino «indisciplinato» la responsabilità dei disastri fatti dalla classe dirigente.

Classe dirigente che prima ha aziendalizzato e tagliato la sanità pubblica, poi ha ignorato per due mesi l’epidemia, infine ha reagito scompostamente alla scoperta dei primi focolai, imponendo misure incoerenti e “a singhiozzo”, man mano implementandole con divieti – de iure e de facto – alla libertà di movimento, alcuni dei quali non hanno quasi corrispettivo nel resto d’Europa. Divieti dalla funzione spettacolare, utili ad additare continuamente capri espiatori: il podista, chi passeggia, l’anziano che va troppe volte al supermercato, chi chiede almeno una boccata d’aria per bambine e bambini… E vai con denunce e multe, peraltro di dubbia costituzionalità.

Intanto, mentre non si faceva nulla per impedire che RSA e case di riposo diventassero bombe virali, alcuni comparti dell’economia venivano chiusi a doppia mandata mentre ad altri, non necessariamente «essenziali», si concedeva ogni favore, facendo sì che milioni di italiane e italiani continuassero a lavorare in ambienti fortemente a rischio.

Eh già, perché la «furbizia» e l’«irresponsabilità» vengono tirate fuori solo in maniera strumentale. Piuttosto, perché non facciamo un elenco delle 12mila aziende lombarde che in 24 ore, dopo la chiusura delle produzioni non «essenziali», si sono precipitate a chiedere una deroga ai prefetti, pur di restare aperte? Non soggetti generici: non «i furbetti», non «la gente», non «gli italiani»… No, un elenco di nomi, azienda per azienda, tipo di produzione per tipo di produzione, giusto per farsi un’idea. Dodicimila anche in Veneto. Per non parlare di quelle che sottobanco hanno modificato il proprio codice Ateco pur di rientrare nella categoria delle essenziali.

Dopo la revisione dell’elenco delle attività indispensabili, i lavoratori potenzialmente attivi in Lombardia sono scesi da 1,61 milioni a 1,58 milioni. In pratica, il Dpcm del 22 marzo ha messo a casa solo trentamila persone, tutte le altre hanno continuato a lavorare, e in molti casi a contagiarsi.

Questi sarebbero numeri significativi, e rivelatori. Invece ogni giorno se ne sparano di altalenanti e dalla dubbia affidabilità, si delira sulla curva, sul «picco», ma nessuno vede una prospettiva e si continua a rinviare l’avvio di una nuova fase. È per sviare l’attenzione da questo che si colpevolizza la gente.

A scanso di equivoci: non c’è stato nessun Piano congegnato in anticipo da potenti tanto malvagi quanto geniali e in grado di prevedere tutto. L’attuale strategia incentrata sul lockdown si è imposta a tentoni e non senza conflitti: basti ricordare come le classi dirigenti hanno reagito nelle prime settimane di epidemia, con fortissime tensioni tra governo centrale e regioni, tra segmenti di classe politica a loro volta rappresentanti di interessi diversi, spezzoni di capitalismo che si sono giocati la partita tra #chiuderetutto e l’#Italianonsiferma. Si sono scontrate diverse narrazioni, con un’altalena tra terrore e rassicurazione, e anche adesso ci sono tensioni tra chi vorrebbe stringere ulteriormente e chi invece vorrebbe allentare. Le misure, poi, sono state prese in modo incongruo, con continui rattoppi sui buchi fatti in precedenza.

È chiaro che adesso i fautori del divieto di uscire di casa devono «tenere botta», tenere la parte che si sono ritrovati a interpretare nel dramma generale. Ed è chiaro che mentre tengono la parte fanno esperimenti, ne avevamo già scritto nel Diario virale 3: quest’emergenza «torna utile» a molti, a livello globale e italiano.

Qui da noi, per fare solo alcuni esempi, c’è Fedriga che chiede «tasse zero per le imprese» (così si indebolirebbe ulteriormente il welfare, compreso il sistema sanitario nazionale), c’è Salvini che chiede di trasformare Milano in «zona economica speciale» con agevolazioni per il padronato e limitazioni dei diritti sindacali, c’è la sanità privata che (solo in apparenza paradossalmente) trae ulteriore vantaggio dalla situazione, ci sono le richieste di deroghe a importanti tutele ambientali, ci sono settori di forze dell’ordine e forze armate che hanno l’acquolina in bocca per la centralità che avranno in qualunque nuovo scenario (si tratti di pax pandemica o di rivolta sociale), ecc.

Da oltre un mese, per giustificare questo stato di cose i media italiani (soprattutto quelli governisti), unici al mondo, parlano di un «modello Italia», dicono che nel mondo tutti ci imitano, mentre sotto l’aspetto sanitario siamo quelli a cui la situazione è più scappata di mano, sui media esteri l’Italia è presa come il top dell’esempio negativo – del cosa non fare – e cominciano a uscire e avere visibilità inchieste sulla risposta «prevalentemente poliziesca» che l’Italia ha dato alla pandemia.

Gestione poliziesca che si alimenta anche con foto come quelle che abbiamo preso in esame. L’inaffidabilità del «popolo bue» è da sempre l’argomento apripista per qualunque stretta autoritaria. La gente è irresponsabile, quindi serve un uomo forte, regole inflessibili, l’esercito per strada… E il governo della nazione si presenta e rappresenta come genitore autoritario di bambinetti e adolescenti immaturi.

Fine del riassunto delle puntate precedenti.

Altre letture consigliate

Reagire al panico da infodemia, considerazioni intermedie su media e Covid-19
Un importante testo di Osservamedia Sardegna sulla narrazione mediatica dell’emergenza Covid-19.

* Su Giap abbiamo la policy di non linkare Facebook, si tratta dunque di una copia archiviata.

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95 commenti su “Sul terrore a mezzo stampa, 2 | Le foto delle vie piene di untori

  1. Il caso di Sestri Ponente è emblematico. Un municipio minuscolo in cui vivono quasi 45000 persone e in cui tutto si concentra in Via Sestri: 41 esercizi commerciali aperti senza contare gli studi medici. Non a caso dall’inizio dell’emergenza è stata disposta la presenza di un presidio delle forze dell’ordine per evitare gli assembramenti, cosa più o meno impossibile visto che la via è comunque stretta e a Sestri tutto è concentrato lì e nelle vie limitrofe. Il livello più basso è stato raggiunto dal Corriere che ha pubblicato un video in cui compare solo via sestri titolando “A Genova LE STRADE sono piene di gente”. Neanche i 14enni su youtube sono così bravi con i titoli clickbait.

    • Ricordiamo a tutte e tutti chi è il padrone del Corriere della Sera e per cosa si è distinto nei giorni scorsi.

      «Sto telefonando a un numero di clienti incredibile e quasi tutti mi dicono di sì alle proposte che gli facciamo. […] Tutte aziende che hanno prodotti in vendita nei supermercati e in farmacia. Ho sentito Conad e mi hanno detto che stanno crescendo in vendite nei loro supermercati del 20%: vanno alla grande!! Segafredo anche lui molto interessato a investire in questo momento. Beretta Salumi, il gruppo farmaceutico Dompè, Enel, Banca Intesa, Unicredit, Ubi Banca, Niccolò Branca, Orogel… Oggi ho aumentato del 300% il numero di contatti!»

      Urbano Cairo, testualmente citato da Giulio Calella nel suo articolo I benedetti dall’epidemia, su Jacobin Italia.

  2. Questo tipo di informazione, con intento di colpevolizzare e indurre alla delazione, produce effetti concreti: oggi la farmacista mi ha detto che le persone non rispettano i divieti e che “non tutti siamo responsabili “… e che le foto dello shopping nel Quadrilatero lo dimostrano. E poi, ieri, qualcuno nella mia strada ha chiamato la polizia per un presunto assembramento di anziani… ma oltre al danno si aggiunge anche la beffa di un padrone che ostenta con arroganza e, a suon di schiaffoni, la sua ricca euforia. Quanto grande e quanto potente dovrebbe essere una operazione di debunking per portare alla luce tutto questo?

    • Si fa quel che si può. Non avremo mai nemmeno un centesimo della potenza di fuoco di questi seminatori d’odio e terrore. Loro sparano con mille cannoni, noi abbiamo giusto qualche fionda. Si prova comunque. Si fa la guerriglia. Qualcosa resterà.

      • Comunque grazie. Da quando vi seguo regolarmente sono uscito dalla corrente travolgente della narrazione emergenziale e riesco nuovamente a leggere dietro ai titoli dei giornali.

        Poi ho raccolto una libreria di ragionamenti utili per dare forza a familiari ed amici rimasti paralizzati di fronte alla colonna delle bare. Fondamentale l’analisi dell’attuale impasse tecnica che spiega la strategia dei falsi bersagli che rimbalzano tra giornali e social network. Utilissima la lettura del post di raccolta delle restrizioni in atto nel mondo e dei molti articoli consigliati dagli utenti.

  3. La mascherina come difesa dalla gogna.
    Si sta discutendo giustamente sull’utilità o meno della mascherina in termini di protezione dal contagio, quando si cammina da soli in strada, si sta in fila all’aperto per entrare nei negozi, ovvero quando si sta in macchina, ecc.
    La mascherina però può rappresentare un utile difesa dalla gogna aizzata dai media e dai social.
    Consideriamo le fotografie di questi giorni riportate anche su questo post, consideriamo anche un commento recente di Mandragola01
    …“immagini, come foto segnaletiche, stanno girando di chat in chat con tanto di cerchi e freccia per evidenziare il soggetto. La didascalia è: “ i contagiati”…
    Le persone che portano la mascherina, immortalate in queste foto, non credo potranno essere individuate dagli odiatori di professione e additati. (senza considerare che comunque si può fare denuncia per diffamazione e gli si toglie casa a chi fa queste accuse assurde).
    Ben venga la mascherina allora che ha fatto decadere il divieto di travisamento, io ci aggiungerei anche gli occhiali da sole e un bel cappello o la bandana (non sia mai che il virus si attacchi ai capelli).

    • «Le persone che portano la mascherina, immortalate in queste foto, non credo potranno essere individuate dagli odiatori di professione e additati»

      Sono stati appena additati, in blocco. È per questo che abbiamo fatto il post.

      Se pensiamo che basti adattarsi a portare la mascherina ovunque per bloccare il rotolone lungo il piano inclinato, non abbiamo capito che siamo già oltre, e quando tutti avranno la mascherina ci si inventerà altro. Ci si sta già inventando altro, continuamente.

      Un mese fa si pensava: se mentre passeggio o corro rimangono a distanza da chiunque, non potranno rompermi le balle; se vado nei boschi, non potranno rompermi le balle ecc.

      • A proposito di mascherine, di strategie di comunicazione e di scaricabarile. Il principale quotidiano della mia provincia – dove da oggi è obbligatorio entrare nei negozi con la mascherina o, in assenza di essa, almeno con uno “scaldacollo” (sic) –, che da settimane pubblica articoli indignati contro i “furbetti della passeggiata”, oggi, dopo giorni di confusione e notizie contraddittorie sull’efficacia delle mascherine, ci spiega che la differenza tra le varie tipologie è sostanzialmente di tipo morale. Cito testualmente: ci sono le mascherine “altruiste” – che non proteggono ma difendono gli altri se chi le indossa è contagiato – e quelle “egoiste” – con la valvola, che proteggono te che le indossi ma non gli altri da te. Quindi sì, ci si sta già inventando altro.

    • Immaginando che prima o poi l’obbligo di mascherina arrivi anche qui, mi sono portata avanti: mentre tornavo dalla spese ho notato una farmacia con cartello “mascherine chirurgiche di nuovo disponibili” e zero coda, sono entrata e ne ho comprate un paio. Il farmacista stesso, che chiacchierava con un infermiere che lavora in ospedale, hanno detto che per camminare in giro sono inutili – basta assicurarsi di mantenere le distanze. Come forma di rispetto e sicurezza verso gli altri (visto che non possiamo essere certi di essere portatori asintomatici del virus), va indossata con mani pulite prima di entrare in negozi/supermercati/mercati. Poi a casa, tolta con mani pulite e appesa, occasionalmente disinfettata (c’è qualche video on line che spiega come) e se usata così parsimoniosamente si può riciclare per un po’ senza che perda efficacia.
      Sciarpe e foulard e bandane, mascherine in testa o sotto il mento, con naso scoperto e alzate ed abbassate continuamente non hanno senso!

      • Se non sbaglio vivi a Torino. Bene, qui anche oggi, come domenica scorsa, in giro c’è il deserto, almeno intorno a casa mia, che si trova in un quartiere, come si dice, semi-centrale. Sono appena rientrato dalla mia ora d’aria intorno al fiume, visto forse 7, 8 persone in un raggio abbastanza ampio. Non tutti avevano un cane, e forse metà la mascherina. A proposito della quale, il farmacista conferma, ovviamente, che indossarla per una passeggiata, soprattutto in questo contesto, è inutile, se non addirittura potenzialmente dannoso, usandola male. Il problema, secondo me, è che ora, da un mese e mezzo circa, persone assolutamente prive di autorevolezza e di qualità politiche (nel senso alto del termine), che normalmente nessuno considera e vengono ignorate, ora si sentono investite di un potere che purtroppo, ahinoi, hanno veramente, pur abusandone. Quindi ora chi vive in Piemonte, ad esempio, deve temere che il governatore (personaggio che a me pare veramente di bassissimo profilo)si svegli un attimo e decida, non soltanto di obbligare tutti ad usare le mascherine, ma anche di stare sempre in casa, altro che 200 metri dal domicilio! Lo stesso che pretende di avere visto ‘troppa gente in giro”, si incazza e decreta. Se fossi un avvocato, e potessi quindi risparmiare le spese di assistenza legale, denuncerei costui per diffusione di notizie false e tendenziose e procurato allarme. Il tempo per preparare la denuncia non mi mancherebbe.

  4. Ad ogni modo, è positivo che le foto di cui parliamo abbiano fatto incazzare cittadine e cittadini – e anche alcuni amministratori, da Bianchi a De Magistris – dei centri urbani e dei quartieri messi alla gogna. Ci sono stati debunking dal basso, le pagine social di giornali e sceriffi sono state inondate di protesta.

    Proprio perché sentono che da qualche giorno il mood è cambiato cercano di seminare più paura e senso di colpa, ma così non fanno che alimentare il circolo vizioso, perchè se esagerano suscitano reazioni e contraccolpi.

  5. Oggi una ascoltatrice a radio tre ha detto che più corretto sarebbe parlare di “distanziamento fisico” invece che di “distanziamento sociale” e un vecchio signore veneto ha chiesto per quale motivo, nella sua regione, sia vietata anche la sana abitudine di andare nel proprio orto, da soli. Adeguarsi passivamente alla narrazione dominante, assorbendola a piccole dosi, non ci aiuta a conservare i nostri anticorpi democratici. Continuare a resistere, criticando l’ imposizione di un vocabolario di ” emergenza ” che, sull’ onda emotiva, scavalca la logica, continuare a resistere coltivando i propri innocui interessi, gli impedisce di espropriare la nostra vita. Continuare ad uscire e camminare, rispettando le distanze fisiche, non è solo un atto di individuale tutela. Chi esce, indirettamente, difende la libertà di ognuno di noi di uscire. Mettersi la mascherina, quando non serve, ci appiattira’ su posizioni omologate.

    • È un sollievo leggere queste considerazioni, è l’unico appiglio in un momento in cui sembra che la massa abbia perso completamente il senno, appiattita ed uniformata su posizioni fondate sul “ hai visto le strade come sono piene di gente? Ci sono le foto sui giornali, non siamo responsabili, quindi è giusto andare avanti così” oppure “ il virus è nell’aria, é ovvio, altrimenti non si spiega”, “ bisogna mettere la mascherina anche a casa, lo ha detto un dottore che hanno intervistato” o ancora sul sempreverde “ ho letto che uno è andato e correre in campagna, è fatto male, ed è dovuto andare al Pronto Soccorso, non ha rispetto per i medici…”. Il punto è, per dirla con Jefferson, che un un popolo non può aspettarsi di essere libero restando ignorante.

      • Se il virus fosse nell’aria, saremmo già tutti morti! È una tale boiata! Si troverebbero anziani stecchiti in ogni angolo di strada ed in quelle che ormai sono le nostre catacombe. E invece, guarda caso, il maggior numero di contagiati e morti rimane elevato in quelle zone in cui i focolai ospedalieri non sono stati riconosciuti e contenuti immediatamente. La migliore pratica politica, in ogni caso, rimane quella che si fa negli ambienti non militanti. L’ ignoranza è un fattore relativo,quando si riesce ad affermare l’esistenza di altri modelli nella pratica quotidiana, soprattutto sul lavoro, nel volontariato ed in qualunque luogo essere coerenti possa produrre un effetto psicologico e politico. Anche con piccoli gesti di quotidiana resistenza.

    • Grazie a filo a piombo per avere introdotto anche il tema “linguistico” relativo alla narrazione in corso; riflettevo infatti qualche giorno fa assieme ad un mio amico, sulla inadeguatezza della terminologia concretizzata nell’espressione “distanziamento sociale” e sulla sua ricezione e comprensione da parte delle persone.
      Abbiamo concluso che sarebbe più adeguato riferirsi invece ad un “distanziamento civico”, adatto ad una popolazione che sa di essere civicamente responsabile delle sue azioni, anche nei confronti del prossimo, e capace di autocontrollo.

      • Di una riflessione sul linguaggio usato dai giornali, ma anche e soprattutto dai politici quando si parla di ‘guerra’, si è parlato in altre parti di questo blog. Cito un esperto di questo linguaggio ‘di guerra’, Victor Klemperer, che ha raccolto e studiato il linguaggio nazista. Klemperer dice ‘Le parole possono essere come piccole dosi di veleno(arsenio), e dopo un po’ di tempo l’effetto è lì’. Mi sembra che tutto il mondo sia rischiando di cadere nell’errore di far passare un’emergenza sanitaria per una guerra e quindi usare gli stessi metodi e le stesse forme. Questo magari a discapito di soluzioni più semplici e praticabili in una società democratica come la nostra.

    • L’averci dirottato sull’espressione distanziamento sociale invece che distanziamento fisico è uno dei guasti che faceva notare vandana shiva ieri nel suo intervento a prendiamolaconfilosofia. già che ci sono consiglio la visione degli interventi di benasayag, harari e arminio, sempre nello stesso incontro, a mio parere i più interessanti (perlomeno tra quelli che ho ascoltato). l’intervento di roberto esposito invece – che sosteneva la giustezza dell’utilizzo della parola guerra perché ne esisterebbero le tre condizioni fondamentali (migliaia di morti, stato d’assedio, triage ospedaliero/scelta di chi salvare) – mi è parso appiattito sulla visione nazionalpopolare, soprattutto a confronto di ben altre sue analisi (immunitas, communitas, ecc) citate mi pare anche nei commenti su giap in questi giorni

  6. E alla fine anche qua in toscana sembra stia per arrivare l’obbligo della mascherina:
    https://www.fiorentina.it/toscana-enrico-rossi-obbligatorio-luso-della-mascherina-allesterno/

    Enrico Rossi tra l’altro non si fa problemi a dire che queste sue intenzioni sono basate su quanto legge nei giornali. Cito testualmente il suo posto su facebook: “Leggo sui giornali che sono ripresi troppi comportamenti sbagliati da parte dei cittadini e che ci sono troppi assembramenti.”.

    A rigor di logica e onestà verso i cittadini, almeno avrebbe potuto, anzi dovuto, confrontarsi con le forze dell’ordine per avere una conferma se quello che dicono i giornali sia vero. Sigh.

    • A conferma di quel che diciamo dall’inizio di quest’emergenza: sono i media a spingere politici e amministratori verso le decisioni più irrazionali.

  7. intendevo dire: si svegli un mattino… chiedo scusa per il refuso.
    però c’è l’obbligo delle 550 battute, accidenti; quindi, che dire ancora? ho anche visto due o tre auto di vigili o polizia, procedevano a bassa velocità, non ho avuto problemi; penso che se si evitano i famigerati ‘assembramenti’ gli stessi vigili e poliziotti lasciano perdere, perché Cirio può dire quel che vuole ma a un cristo che si fa una passeggiata nel deserto domenicale non gli puoi rompere i maroni, e credo/spero che loro stessi se ne rendano conto.
    sono 550? altrimenti pazienza, non ci impazzisco.

  8. A proposito del saper dire solo «State a casa!», senza una vera strategia, senza un metodo.
    Una testimonianza di Elisa, presa dal birdsite, raccolta e pubblicata da Civati.

    • “Appiattire la curva” è solo un modo molto gentile/subdolo per dire “infettiamoci tutti”. L’unica differenza tra le strategie “appiattire la curva” e “immunità di gregge” è che la seconda ha un numero molto superiore di vittime collaterali (le persone a cui vengono rifiutate le cure mediche per insufficienza del sistema sanitario), ma la prima significa comunque la morte di circa l’1% della popolazione (circa seicentomila persone in Italia), se la stima della letalità media è giusta

      L’isolamento, insomma, non finirà mai, non prima di un vaccino (o di una cura). Lasciando da parte i danni collaterali ovvi, come quello all’economia, le conseguenze sulla psicologia individuale e collettiva sono impossibili da prevedere. L’idea che la vita cambierà per sempre (cioè che vincerà la paura) continua a farsi strada. Migliaia di anni di storia hanno visto epidemie anche peggiori, e anche senza una teoria dei germi era chiaro a tutti che il contagio dipendeva dalla vicinanza tra le persone, ma non mi risulta che abbiamo mai smesso di avere teatri, luoghi di culto, luoghi di aggregazione sociale in generale (e gli ospedali, non dimentichiamo quei grandi incubatori di infezioni). Però, dopo che quell’articolo del MIT Technology Review l’ha paventato, vedo diffondersi timidamente l’idea che potrebbe, anzi, dovrebbe succedere (ho letto un’intervista in italiano che riprendeva gli stessi concetti con le stesse parole, ma non la ritrovo)

      Ci vedo un collegamento con una cosa che avevo letto tempo fa, su come il potere d’acquisto è un indicatore molto ingannevole del benessere, perché certe cose che si potevano acquistare una volta, semplicemente, non esistono più. Uno degli esempi usati erano le automobili: quelle moderne costano molto di più, perché sono più sicure, quindi comprare un’auto è alla portata di meno persone rispetto a una volta, e lo sarà sempre meno. Questo mi fa pensare che, all’aumentare dei requisiti minimi di sicurezza, la normalità diventa un lusso per sempre più persone. Quali aspetti della vita normale diventeranno un lusso in un mondo post-COVID-19 dominato dalla convinzione che “non dovrà succedere mai più”?

      • Ciao Giulia, solo un piccolo appunto: cerchiamo sempre, a beneficio di chi legge e perché chiunque possa fare riscontri delle nostre affermazioni, di linkare fonti ogni volta che è possibile.

        • (Un po’ difficile farlo rimanendo nel limite dei 2300 caratteri…)

          “Appiattire la curva” come modo per (non) dire “infettare tutti” è una mia inferenza: nessuno lo dice apertamente, ma è sottinteso in ogni spiegazione di quella strategia. Ad esempio questo articolo di Vox, che riprende il famoso grafico della curva appiattita realizzato dal CDC americano e rilanciato dall’Economist, e lo spiega:

          “Flattening the curve means that all the social distancing measures now being deployed in places like Italy and South Korea, and on a smaller scale in places like Seattle and Santa Clara County, California, aren’t so much about preventing illness but rather slowing down the rate at which people get sick.

          […]

          “If more of us do that, we will slow the spread of the disease,” Emily Landon, an infectious disease specialist and hospital epidemiologist at the University of Chicago Medicine, told Vox. “That means my mom and your mom will have a hospital bed if they need it.””

          Rallentare, non prevenire. Ridurre le vittime collaterali, non quelle del COVID-19. Il famoso rapporto dell’Imperial College di Londra che teorizza le chiusure a singhiozzo? Uguale, anzi, “peggio”:

          “The aim of mitigation is to reduce the impact of an epidemic by flattening the curve, reducing peak incidence and overall deaths(Figure 2). Since the aim of mitigation is to minimise mortality, the interventions need to remain in place for as much of the epidemic period as possible. Introducing such interventions too early risks allowing transmission to return once they are lifted (if insufficient herd immunity has developed)

          Devono essere infettate abbastanza persone! Da qui, l’idea dei lockdown “a chiamata”: abbastanza libertà da lasciarci lavorare, vivere… e infettare, aumentando l’immunità di gregge, ma appena ci sono troppi letti occupati in terapia intensiva, di nuovo tutti dentro. I letti si liberano, tutti fuori. Una mitridatizzazione contro il virus

          • La strategia dell'”appiattire la curva” parte dal presupposto che non siamo noi a decidere di infettarci tutti. Questa è la condizione naturale.
            La migliore opzione sarebbe quella di non infettarci mai, in seconda battuta avere una medicina in grado di curarci.
            Quindi le frasi come “slow the spread of the disease” andrebbero interpretate non come una scelta tra “stop-slow-fast”, ma solo tra “slow-fast”. Il sottointeso è l’impossibilità di fermare completamente l’epidemia.
            Anche l'”immunità di gregge” non è una scelta: è la condizione naturale a cui la popolazione arriva quando (se) riesce a sconfiggere l’epidemia. La scelta possibile, con tutte le sue implicazioni tecniche e politiche, è quali misure applicare (o non applicare) nel frattempo.

            Il fascino dell”appiattire la curva” è anche radicato nei vecchi detti popolari (…per morire c’è sempre tempo). Guadagnando tempo si può sperare in un vaccino, in una cura, nel sole estivo, insomma in qualcosa che ci salvi anche quando tutto sembra perduto come nella “Guerra dei mondi” di Wells.

            • Mi rendo conto che ho usato delle iperboli un po’ troppo iperboliche. Parlo di “infettarci il più possibile” ma esagero: si tratta piuttosto di infettarci “il giusto”, cioè come facevamo prima (non che cambi molto: le metriche di ingresso e uscita dal lockdown – il numero di pazienti in terapia intensiva – restano invariate)

              Il rischio di “infettarci meno” con un graduale rilassamento del lockdown, sempre secondo quel rapporto dell’Imperial College, è di non diffondere abbastanza l’immunità nella popolazione, e anziché una lunga serie di picchi bassi, ritrovarci un secondo maxi-picco in autunno, peggiore di quello di aprile:

              “Once interventions are relaxed (in the example in Figure 3, from September onwards), infections begin to rise, resulting in a predicted peak epidemic later in the year. The more successful a strategy is at temporary suppression, the larger the later epidemic is predicted to bein the absence of vaccination, due to lesser build-up of herd immunity.”

              Proprio come successe, aggiungo io, con l’influenza spagnola del 1918

              • Come ho già detto in un altro commento, è terribilmente contro-intuitivo, e molte delle narrazioni più usate finora (guerra, sacrificio, lo stesso “restate a casa”) sono controproducenti per spiegare come funziona realmente un’epidemia

                Pensiamo alla beffarda ironia di ragionamenti sulla linea di “restiamo il più possibile a casa per uscirne il prima possibile”. La realtà, invece, sembra più vicina a “restiamo il più possibile a casa per aggravare il più possibile la seconda ondata di contagi”

                Se davvero ci sono persone che neanche il ricovero ospedaliero può salvare (quell’1% circa che muore nonostante il ventilatore polmonare, principalmente ma non esclusivamente anziani), non so in che modo potranno essere messe al sicuro, se non con una vera e propria detenzione, magari trasformando gli alberghi chiusi in sanatori

                (mi sono allontanata molto dal punto che volevo fare con il mio primo commento, ma rileggere con calma le mie fonti mi ha aiutata a capire meglio)

      • L’articolo del MIT Technology Review che riprende, travisandolo, il rapporto dell’Imperial College è famoso ormai, ma lo riporto lo stesso: We’re not going back to normal. Dico “travisandolo” perché l’autore dell’articolo immagina, tra un lockdown e l’altro, un “isolamento soft”:

        “In the near term, we’ll probably find awkward compromises that allow us to retain some semblance of a social life. Maybe movie theaters will take out half their seats, meetings will be held in larger rooms with spaced-out chairs, and gyms will require you to book workouts ahead of time so they don’t get crowded.”

        … mentre la simulazione dell’Imperial College prevede proprio che nei periodi di “tregua” ci si mischi e infetti il più possibile, per aumentare l’immunità di gregge. Da noi è stato recepito l'”isolamento soft”, strategie “di buon senso” ma probabilmente inutili e vagamente grottesche: i patentini sierologici, i tavoli distanziati nei ristoranti (“impianti di aereazione che dovranno garantire una purezza degli ambienti”? ma non sono proprio quelli a mettere il virus in ricircolo continuo? non c’è neanche una coerenza interna), i cinema a poltrone alterne ecc.

        La strategia dei lockdown periodici fa schifo, ma almeno sembra avere un fondamento scientifico, e obiettivi quantificabili (il numero di pazienti in terapia intensiva, non la fregola di Confindustria/Confcommercio). Ha il problema di essere contro-intuitiva: prevede di alternare per più di un anno due strategie diametralmente opposte (isolamento e contagio intenzionale), e cade completamente fuori da ogni frame sia stato usato finora (che razza di “guerra” è, una guerra in cui se ti sparano e sopravvivi, poi non ti possono sparare più? che “sacrificio” è, se è già pianificata la sua vanificazione?). Come si fa a spiegarla?

        (il limite di 2300 battute non dovrebbe includere i link, però…)

  9. Essendo io architetto e occupandomi di pianificazione urbanistica per lavoro, mi viene spontanea una riflessione dopo questa nuova ondata di colpevolizzazione mediatica e politica.
    Infatti è evidente che a essere sotto accusa sono proprio quelle aree in cui c’è un’alta denità abitativa, alloggi tendenzialmente di piccole dimensioni, molte attività commerciali di vicinato, spesso alimentari, e le strade sono vissute molto intensamente.
    Ne deduco che in questa ottica distorta l’assetto urbanitico “ideale” è quello dell’urbanizzazione diffusa suburbana,con molte case monofamiliari, pochi negozi, pochissima vita di strada, necessità dell’auto per spostarsi e molti centri commerciali.
    In quest’ottica il centro di Napoli è un problema, mentre la Brianza è l’ideale.

    • Eh, su questo penso avrebbe molto da dire Wolf, gli segnaliamo il tuo commento.

    • Per come la vedo io c’è un grosso «però». L’ondata colpevolizzante si alimenta da sé, non ha una guida coerente ed è invece fatta di continui «rilanci al rialzo». Immagino il non-detto nelle redazioni dei giornali:

      -nessuno più corre in strada, che exemplum negativo troviamo per tracciare un confine morale?

      [Non sanitario, eh! Ma morale]

      -Signor direttore, additiamo chi fa la spesa, ma non la fa nel modo giusto!

      A quel punto si tratta di scovarlo questo qualcuno, e se non si trovano abbastanza casi singoli da mostrificare ci si affida alla creatività fotografica, come illustrato dal post.

      Tornando a quello che ipotizzi, la Brianza citata, ma tutta l’enorme provincia italiana, le zone a bassa densità abitativa, di montagna etc… stanno patendo in modo del tutto irrazionale misure nate e pensate da politici che con tutta evidenza non hanno mai messo il naso fuori dai centri storici dei capoluoghi in cui si trovano i loro uffici, e dove si trovano le redazioni dei quotidiani che li orientano nelle scelte. Il fatto che non si sia neppure provato a differenziare le misure per realtà urbane e realtà a bassa densità dimostra una totale e voluta indifferenza ai luoghi e ai modi di vita di quella grande parte di popolazione che vive fuori dai centri urbani principali.

    • I paesi soprattutto meridionali e insulari dove chi lavora un po’ di terra (spesso informalmente) ha il piccolo campo fuori dal paese sono sottoposti a inutili torture, visto che una persona da sola che va all’orto corre un rischio per sé e per altri infintamente inferiore a fare la spesa al supermercato, e quindi la pratica andrebbe incentivata, non perseguita. Questo dimostra, tra le altre cose, quanto poco conti il sud nella politica italiana; e come le istanze della GDO lavorino sottraccia con cinismo durante la pandemia (sulle misure governative e l’agricoltura contadina si legga qui: https://jacobinitalia.it/una-societa-grande-quanto-un-supermercato/ ).

      Ma tornando al punto urbanistico – e voglio sottolinearlo per evidenziare la complessità e contraddittorietà dei processi – la Brianza, pur con tutta la sua importanza nell’immaginario e nella vita di quella regione, patisce anch’essa limitazioni chiaramente calibrate su Milano e i grandi centri. E non parlo qui ovviamente delle limitazioni necessarie nella regione più colpita dal virus, ma di quelle depressive per il sistema immunitario come l’impedire di fare una corsa tra i campi, o persino di godersi, a causa dello stigma sociale alimentato dai media, il sole nel giardino della famosa «villetta».

      • avevo scritto un commento alla questione orto ma ho superato le 2300 (chi l’avrebbe mai detto) e l’ha cancellato. mi sto giocando molte battute con questa premessa ma risintetizzerò meglio: qui è valtellina. non propriamente sud italia. abbiamo un ufficio che potrebbe rimanere agibile al pubblico secondo la “legge”. lo abbiamo chiuso più di un mese fa per nostra scelta, perché la “legge” era palesemente inutile. lavoriamo con bonifici e telefono da settimane ma da due/tre giorni le persone hanno cominciato a dirci: “no dai esco e arrivo”. non ci sentiamo di negargli questo barlume di possibilità di uscire un momento di casa e fare due chiacchere. e così da qualche giorno è un continuo alzare e abbassare la serranda elettronica. abbiamo una casa in montagna isolatissima (davvero isolatissima. i cittadini non capiranno. non sono abituati) dove abbiamo in primavera moltissimi lavori da fare. lavori come fare l’orto (da qualche anno faccio esperimenti di filosofia della natura però qualche verdura di stagione riusciamo ad ottenerla. è in altitudine. non è immediato). lavori che implicherebbero, volendo essere lungimiranti, anche una migliore autosussistenza senza affollamento dei negozi (devono lavorare anche loro ci mancherebbe. ma volendo logicizzare va detto). però è vietato. camminare nei boschi ci fa bene per rinforzarci. però è vietato. l’ufficio invece non è vietato. è ipocrisia. non penso di avere superato le 2300, anche perché eventualmente un altro commento non lo riscrivo più. comunque questi sembrerebbero argomenti importanti. non per fare polemica autoreferenziale (è ovvio che a me interessa soprattutto poter tornare in montagna con tutto ciò che dobbiamo fare per tenere bene l’ambiente) bensì per provare a ragionare in ottica futuribile. non si può continuare a rinviare i problemi altrimenti non si risolveranno mai.

      • Non intendevo dire che in Brianza o zone simili non ci siano disagi in questa situazione, però forse non è nemmeno corretto dire che questi provvedimenti siano calibrati genericamente sui grandi centri, anche perché le grandi città sono molto diverse l’una dall’altra, e resto dell’idea che quete siano regole tarate più su aree come quella intorno a Monza che sul centro di Napoli o Palermo.
        Forse andrebbe fatta un’analisi più complessa che tenga conto di diversi fattori che non sono solo la densità o la centralità di un’area, ma anche la struttura del commercio, il reddito, la dimensione degli alloggi, la struttura economica, il pendolarismo, il rapporto con l’agricoltura e altri ancora.
        Sul fatto che sarebbe stato opportuno differenziare le misure in base alle caratteristiche dei territori sono d’accordo.

        • ma infatti. questi provvedimenti non sono calibrati su alcunché. le realtà sono differenti ovunque (permettetemi di chiamare realtà qualcosa di così strutturato da essere tutt’altro che reale ma si deve intendersi in qualche modo) e penso che soltanto una consapevolezza del singolo nell’avere atteggiamenti tranquilli, per se stessi innanzitutto e per le persone alle quali si vuole bene (più di così non penso potremmo logisticamente cercare di fare in questo momento), sia la cosa più sensata che possiamo cercare di fare al momento. non voglio dire che dovremmo rischiare. voglio dire che dovremmo cercare di evitare le paranoie. che abbiamo tutti. sono paure diverse a seconda dei casi. ma tutti abbiamo paura. e, come ha sempre detto mio padre, dovremmo avere soprattutto paura della paura. sconfiggere davvero le paure potrebbe derivare anche da questo tipo di ragionamento. stare attentissimi va benissimo. essere immobilizzati dal terrore invece no perché è troppo dannoso. non penso che la politica attuale sia capace di differenziare le “regole” sulla base dei territori. quindi, siccome non mi sembra ragionevole non avere una primavera, forse il solo modo di reagire è effettivamente reagire. con calma. con tranquillità. però provare a reagire. in qualche modo

        • Diciamo che, come già ampiamente analizzato, provvedimenti che dovrebbero avere una ratio sanitaria ricalcano in realtà quella del «decoro». Sul centro storico di Napoli, per esempio, si cerca di imporre il «decoro» fin dai tempi del terremoto dell’Irpinia del 1980 (e lo ha fatto in gran parte la sinistra, come spiega benissimo Nick Dines qui http://siba-ese.unisalento.it/index.php/itinerari/article/view/14632 ), figuriamoci se si lasciano perdere questa nuova tremenda occasione. Anche la via bolognese ritratta dalle foto col teleobiettivo ha a che fare con le trasformazioni urbanistiche recenti (vi si affaccia il primo Eataly bolognese, per dirne una), e quindi va preservata dal «degrado» eccetera. Insomma non si tratta di evocare la villettopoli, direi, ma piuttosto di riproporre quasi a occhi chiusi narrative che una certa vulgata urbanistica neoliberale ha considerato produttive, o vorrebbe fossero state produttive.

          Sono d’accordissimo col fatto che sui quartieri popolari, nel caso ripartisse il mantra della «rigenerazione», si abbatterà anche una nuova retorica di insalubrità e bio-sicurezza, insomma un «nuovo» che profuma assai di antico…

          • eh con sta roba della “legge antibivacco” che cerca di riproporre una forma di “decoro” nazifascista mi sono scontrata anni fa. sono provinciale nel dna. anzi superprovinciale. la valtellina è una specie di eremo dove però in questi tempi si sta meglio che altrove. devo ammetterlo. siamo in lombardia ma siamo lontanissimi da tutto. sempre stato svantaggioso ma ora l’isolamento sembra essere un vantaggio (a parte gli ospedali che sono da terzo mondo ed è una grandissimo problema. ma dobbiamo tematizzare una cosa alla volta). nel senso che conoscendosi un po’ tutti anche le forze dell’ordine stanno attentine perché sanno che finirà tutto questo (a questi livelli almeno deve finire prima o poi) e la storia ci insegna che i fascisti alla fine hanno dovuto affrontare le nefandezze che commisero. o almeno spero ci ragionino. poi alcuni sono gente comunque tranquilla. quindi nessun problema. però non si sa mai chi si rischia di incontrare. ma volevo dire: mi scontrai con la “legge antibivacco” anni fa a Pavia. dove studiavo. non potemmo più uscire per ritrovarci in piazza tra studenti per parlare con qualche birra. iniziammo quindi a fare cene in casa. che facevamo comunque. ma era bello stare anche all’aria aperta ogni tanto. poi vissi nella megalopoli lombarda per un anno (non resistetti di più) sempre per motivi di studio. mi sparavo quattro km ogni mattina a piedi pur di evitare la metro del lavoratore schiavizzato. poi tornavo a casa in metro perché in tarda mattinata la situazione era più vivibile e ai tempi non riuscivo a camminare tantissimo. questo per ribadire che i problemi sono davvero strutturati. una concezione del lavoro più tranquilla potrebbe essere una soluzione nel tempo. se questa cosa servisse a riragionare la struttura socioeconomica diventerebbe interessante. purtroppo non ci credo. noi cerchiamo di parlarne ma temo sia insufficiente.

      • Vivo in Sardegna, regione di per sé con bassissima densità di popolazione e con bassa percentuale di contagiati e di decessi. Ma più precisamente vivo a La Maddalena dove circa 12.000 abitanti hanno a loro disposizione – considerando solamente le isole maggiori – circa 38 km quadrati nei quali poter fare una passeggiata, uscire in bicicletta, prendere il sole. Per non parlare delle acque che la circondano dove chi è proprietario di barca potrebbe, in completa solitudine, dedicarsi al salutare passatempo dell’attesa e della meditazione. Ebbene, da settimane il primo cittadino ha pensato bene – per contrastare la diffusione del virus – di chiudere alla circolazione delle auto e dei pedoni le isole di La Maddalena e di Caprera irritato dalla notizia che giorni addietro ‘si erano viste persone camminare a Caprera’. Non pago di questo ha vietato di andare a pesca. La mia percezione, come nei commenti che leggo è che, poiché non si ha alcuna idea né intenzione di dare norme logiche e realmente efficaci, si voglia, con questi grotteschi divieti, prendere tempo nell’attesa che qualcun altro, chissà come, chissà quando, fornisca la formula magica che in un puff faccia sparire tutto.
        Chiudo ricordando che il presidente (sic) Solinas ha disposto la chiusura delle spiagge. Sono tutti in gara a chi la spara più grossa, a chi più può mostrare il suo manto piumato. E nessuno, dico nessuno, che faccia notare la FOLLIA e il RIDICOLO di questi miseri figuranti che si stanno appropriando delle nostre vite, del nostro tempo senza che nessuno li fermi.

        • Ciao Manuela, anche io vivo in Sardegna, costa ovest. Conosco bn anche la tua stupenda isola. Non vedo il mare da due mesi. A volte piango per questo. Ci metterei tre minuti in macchina ( forse due) a raggiungerlo, quindici o poco più a piedi. Ma è vietato, eppure qui, anche se decidessimo di riversarci in massa per strada…siamo così pochi che difficilmente ci addosseremmo gli uni agli altri. Senza turisti poi. In questo periodo già le strade brulicavano di tedeschi, norvegesi, spagnoli. Ora vedo solo carabinieri, barracelli, forestale, polizia, guardia di finanza, polizia municipale. Prima che proibissero di uscire “ senza motivo” ( espressione che mi sta iniziando a provocare istinti criminali che non ho mai avuto!) mi sono concessa qualche passeggiata in campagna. Ho incontrato solo due cagnetti simpaticissimi che si sono uniti a noi. Solinas ha vietato pure di andare in più di una persona alla volta negli orti. Trovi una ragione valida per cui una coppia convivente o un genitore non possa andarci con i figli? No, eppure il divieto illogico, odiosamente punitivo c’è. E un elicottero vigila. Speravo di poter andare in libreria, ma no: ancora chiuse pure quelle. È una insulsa gara sulla nostra pelle per mostrare che con il loro pugno di ferro la nostra salute è salva e possibilmente distogliere l’attenzione dal fatto che anche in Sardegna gli amplificatori del contagio sono stati ospedali ed RSA. Non sai quanto amo questa isola, ho avuto l’occasione di andarmene e non lo ho fatto. Ora sono pentita.

    • [Terza parte del commento, quasi OT, preceduta dalla premessa che quanto sopra sulle «limitazioni chiaramente calibrate su Milano e i grandi centri» non implica il fatto che tutte quelle limitazioni siano giuste, ma solo che sono state pensate in quelle realtà e per quelle realtà]

      Per il futuro sarà il mercato immobiliare a farla da padrone. Vista la mancanza di ogni immaginazione, la nostra classe politica vi pomperà soldi e liberalizzazioni coi fiocchi, costerà meno costruire che *non* costruire, e sarà più «sburocratizzato» fare una colata di cemento che piantare due file di ravanelli, temo. Il comune di Bologna, con un tempismo che ha del patetico, ha appena approvato un provvedimento per rilanciare la ristorazione «di qualità», in deroga a quello stesso «decreto Unesco» che aveva usato per modulare la foodificazione del centro spingendola verso consumatori di fascia alta ( https://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/cronaca/cibo-e-cultura-tre-progetti-per-ripartire-1.5097719? ) .

      Insomma pregheranno i turisti di tornare, e la cosa verrà fatta passare per «riscatto» dall’epidemia, mentre invece sarà solo il tentativo di rianimare un mercato immobiliare che era stato piegato a favore di Airbnb. Ma i turisti o vengono a frotte o il giochino non funziona. E probabilmente non funzionerà. Un po’ come è andata con il parco tematico Eatalyworld di Farinetti, che ora faranno sparire nel ripostiglio dei progetti falliti cercando di non assumersi le responsabilità di quella scelta assurda (assurda già ben prima del Covid).

      Ma, al netto dei danni fatti direttamente coi soldi pubblici o degli investitori istituzionali (finanziarie, cdp…) se pochi comprano casa il mercato si ingrippa, e le banche dopo un po’ si stufano di incamerare stock immobiliari come garanzia di prestiti non pagati, perché quegli stock sono costituiti da case invendibili. Al che verrà chiamato lo stato; ma nel frattempo lo stato sarà indebitato fino al collo. La possibilità di una spirale discendente, alimentata dai soldi che saranno pompati nel mercato nel primo dopo-pandemia, è dietro l’angolo.

  10. Ho trovato questo mentre girovagavo per cercare di cogliere “ l’aria che tira” sbirciando i commenti dei vari utenti delle testate on-line”:

    “ Sono vecchio…e stamane ho portato a casa una borsa di 20 kg di cibo per non essere accusato di comprare poco e fare il furbo…rischiando un collasso per il peso”.

    Sono stata assalita da una sensazione indefinita che così, senza uno psichiatra al seguito, non saprei catalogare tale è il coacervo di rabbia, disgusto, pietà, angoscia, impotenza, frustrazione. La continua opera di scavo dei media ha prodotto questo: il messaggio, montato ad arte come la rappresentazione fotografica che deforma la realtà ad uso e consumo della tesi che si vuole propagare, che lá fuori ci sia un mondo di mezzo pieno di FURBI genera persino il senso di colpa laddove dovrebbe esserci solo solidarietà per chi, come l’anziano citato, dovrebbe essere libero di decidere se comprare due pacchi di pasta o riempire il carrello. La gogna mediatica ha creato il mostro ovvero colui che si reca al market per una spesa di pochi spiccioli ed anche se sarebbe auspicabile che tutti attuassimo forme di disobbedienza civile, non si può escludere che a qualcuno non importi fare resistenza ma solo “ essere lasciato in pace”.

  11. Stamattina in panetteria c’erano tre persone prima di me in attesa di entrare: ho scoperto che la prima era una tipa che si trovava a 10 m. dall’ingresso fra le auto parcheggiate nella piazzetta. Con tutta la prudenza necessaria, questa mi pare una forma di psicosi in piena regola: non è che stiamo un tantino esagerando? Ovunque il leitmotiv quotidiano è c’è troppa gente in giro. Cittadini indignati e giustizieri da social scrivono post incarogniti contro presunti untori/camminatori, minacciando foto (o addirittura scattandole) salvo poi fare marcia indietro per non beccarsi una giusta denuncia. All’epoca sarebbero stati ligi collaboratori di quartiere dell’OVRA. Un conto sono la coscienza civica e il rispetto assoluto delle regole, un altro è trasformarsi in cacciatori di streghe.
    Abito in una zona centrale e ieri sono uscito a piedi per andare in farmacia a prendere dei medicinali per mio padre. Nello spazio di pochi metri abbiamo alcuni fra i pochi esercizi ancora aperti: un frutta e verdura, due panetterie, un negozio di articoli per l’igiene, l’edicola, la tabaccheria, un supermercato. Vorrei che qualcuno mi spiegasse come sia possibile pretendere che non ci sia nessuno in giro.

  12. Vorrei proporre (non credo sia OT) un link a un ottimo, ancorché breve, articolo di The Guardian, sul perché in Germania pare stiano gestendo la situazione meglio che altrove: https://www.theguardian.com/world/2020/apr/05/germanys-devolved-logic-is-helping-it-win-the-coronavirus-race
    In pratica, si deduce che ciò accada grazie al federalismo, proprio quello che qui, apparentemente, produce i maggiori problemi, con i continui decreti reciprocamente contradditori fra governo centrale e regioni. Ovvero, grazie a una forma di federalismo spinta, diciamo così, ogni Land si è dotato nel tempo di un sistema sanitario molto articolato ed efficiente, e grazie a quello riescono, in Germania, a fare fra i 300000 e i 500000 tamponi ogni settimana. Procedura che molti, da tempo, ritengono necessaria, e la più foriera di ottimi risultati preventivi.
    L’articolo è zeppo di link, e sono arrivato a una tabella con le voci relative alle proibizioni e/o limitazioni. Chi cliccherà il link (https://taz.de/picture/4059294/948/Corona_Bundeslaender_taz_aktualisiert-2.jpeg) apprenderà che sono molto ben specificate dieci voci, dalla distanza interpersonale di sicurezza (da 1,5 metri a 2) a “shopping in libreria” (im buchladen einkaufen). Arrivando a “alleine auf der parkbank ein buch lesen” mi sono commosso, giuro: significa “leggere un libro da solo sulla panchina del parco” ed è consentito in quasi tutti i lander. Divertente poi che si citi “grillen & picknick” (barbecue e picnic), permesso in almeno cinque lander. Bellissimo poi “freunde zuhausen besuchen” (visitare gli amici a casa) che è consentito nella maggior parte dei lander. Invece “demonstrieren” (dimostrare) si può soltanto a Bremen.
    Insomma, una tantum, in questo difficilissimo momento vorrei essere un crucco.

    • Dimenticavo: andare in libreria (“im buchladen einkaufen”) si può soltanto a Berlino (dove esistono molti altri divieti) e in Sachsen-Anhalt. E si considera fra le dicei voci anche “privat in baumarkt einkaufen”, ovvero “fare shopping privatamente nel negozio di ferramenta”, permesso quasi ovunque.
      Mentre “ausweis zu hause lassen” (uscire di casa senza documenti) si può ovunque, eccetto che a Berlino e nel Sachsen-Anhalt.
      Infine, “wohnung ohne “triftigen grund” verlassen”, cioè “lasciare l’appartamento senza un “motivo valido” (questa voce è un po’ ambigua, o poco chiara) si può nella maggior parte dei lander.
      La tabella è stata estratta da Die Tageszeitung, quotidiano berlinese, meritorio.

    • Grazie, però questo commento sarebbe stato meglio lasciarlo nella discussione sui provvedimenti presi in vari paesi.

  13. A Malta stamattina il premier ha esortato la gente a uscire e andare a fare una passeggiata, da soli o in coppia. https://timesofmalta.com/articles/view/go-for-a-walk-on-your-own-or-in-pairs-to-keep-healthy-robert-abela.783584

    Nonostante non siano tutti d’accordo l’idea di poter obbligare la gente a stare a casa sembra lontanissima. Se mai le cose dovessero peggiorare – non ci sono stati morti fin qui e solo uno dei tre pazienti in terapia intensiva pare sia in condizioni critiche – al limite potranno chiedere di indossare la mascherina (che però non serve, come sappiamo)

  14. Ecco, mi aspettavo una reprimenda per l’OT, non è la prima volta… Non so, il blog lo gestite voi, chi commenta ovviamente ci si deve adattare, è giusto. Ma non vi sembra un po’ di esagerare, talvolta, ad esempio in questo caso? Oltretutto, non sono neppure tanto convinto di essere andato così tanto OT, in tutta franchezza. Infine, se considerate che molti, me compreso, scorrono l’elenco che pubblicate qui a destra, con i commenti più recenti, messi tutti insieme senza distinzione alcuna fra le varie discussioni in corso (TUTTE sulla situazione attuale italiana, di come il potere ci stia prendendo tutti per il culo, trattandoci come sudditi e non cittadini), forse vi renderete conto che a volte avete una rigidezza perfino eccessiva, verso chi, in fondo, impiega – con piacere, ovviamente – un po’ del suo tempo per fornire il suo contributo al vostro meritorio blog. Insomma, leggere “Grazie, però questo commento sarebbe stato meglio lasciarlo nella discussione sui provvedimenti presi in vari paesi”, ve lo dico con molta sincerità, mi ha dato un certo fastidio.
    Tutto qui, mi sembrava giusto e necessario farvelo notare, poi vedete un po’ voi. Salutoni.

    • Scusa, ma siccome non è la prima volta che dici «fate un po’ voi» ma di fatto protesti per come gestiamo la discussione, io ti faccio presente che se fosse come dici tu, non ci sarebbe nessun bisogno di continuare a pubblicare diversi articoli su diversi aspetti e momenti dell’emergenza. Ci sarebbe bastato scriverne uno solo, tipo un mese fa, e poi raccogliere migliaia di commenti là sotto.

      Perché darsi la pena di scrivere un post sulle sanzioni amministrative, uno sul lavoro sociale, uno sui bambini, uno su cosa sta succedendo nell’editoria, uno di debunking sul fatto che il virus «è nell’aria», se poi ci mettiamo a discutere delle sanzioni sotto il post sull’editoria, di editoria sotto il post di debunking virologico ecc.?

      Abbiamo un thread/inchiesta comparativo *espressamente * dedicato a raccogliere analisi e testimonianze su quel che si fa nei diversi paesi e sulle differenze rispetto all’Italia. Chiaro che il tuo commento sulla Germania non è proprio OT qui, ma sicuramente sarebbe stato utilissimo là, dove stiamo raccogliendo una casistica a uso di chi legge.

      Guardate che è uno sbattone immane gestire il blog in queste settimane, eddài, su, cercate di darci una mano.

  15. Neanche a farlo apposta da ieri sera ho iniziato a raccogliere diversi articoli con foto di pseudo-assembramenti ottenuti tramite l’uso di teleobiettivi e zoom e commentare online l’artificiosità di questi ”teleassembramenti”, notando che anche chi non ha molta dimestichezza con la tecnica fotografica si accorge abbastanza presto che quotidiani e tg che pubblicano articoli e servizi sulle ”strade piene di gente” in realtà usano quasi esclusivamente immagini di questo tipo.
    Al contrario le foto che migliaia di singole persone postano sui propri canali social mostrano città deserte e gente che si tiene a distanza dagli altri e la dicotomia tra la realtà deserta e ordinata delle foto degli utenti e quella invasa da orde di untori delle foto sui giornali è decisamente straniante.

  16. Mi scuso in anticipo perché forse sono OT ma siccome mi pare rilevante e non so bene dove inserire quest’osservazione la lascio qui. (Nel caso magari la cancellate e mi dite dove posso inserirla). Con questo articolo c’entra vagamente perché insomma stiamo discutendo della criminalizzazione di comportamenti che non c’entrano niente con l’epidemia. E dunque,
    a proposito del modello Italia.

    In Lombardia il 2 marzo i positivi totali al tampone erano 1254. Dieci giorni dopo, il 12 marzo, i casi erano 8725. Il 20 marzo, 18 giorni dopo erano 22264.
    In Svezia i 1200 sono stati toccati il 17 marzo. Il 27 marzo erano 3100. Ieri, ll 4 aprile, 18 giorni dopo, erano 6400.

  17. volevo dire che siete unici perché invece di optare per un limite di scrittura delle troppe parole optate per far scrivere le persone. è raro. anche perché diciamocelo: di questi tempi le parole a volte sono troppe (dipende dalle parole. sempre e comunque). ma voi no. voi cercate di incentivare le persone a scrivere cose compiute. a esprimersi scrivendo. è un bene in questo caso perché i vostri lettori sono tutti scrittori di cose serie (quelli che scrivono cose fuori luogo vedo che li tranquillizzate senza problemi. e mi sembra importante).
    quindi siccome amo la sintesi ma dovevo raggiungere le parole vi scrivo questo pensiero:

    eh siete bravi
    continuate scrivendo
    è essenziale

    ora finisco la serata ascoltando Nick Drake. che in questo periodo mi sembra una persona allegrissima. per dire. ciao. notte

    • Grazie! A dirla tutta, abbiamo anche un limite massimo di battute per i commenti, però è piuttosto alto: 2300.

      • Grazie a voi. Con 2300 in rete si può raccontare un mondo. Quindi non lo definirei un limite. Per il resto ci sono i libri e i tempi consoni. In ogni caso penso che la comunicazione sia importante. Pur avendo indole individualista. Relativamente a un discorso più attinente al tema di questo scritto direi che, seppur abitante in lombardia, prima di costringermi a mettere una mascherina ho una serie di pashmine primaverili adatte alla stagione. Il solo problema è che adattarle alla tenuta da camminata non è immediato. Ed esco soltanto per camminare. Ma della moda mi sono sempre disinteressata. Quindi per ora sono problemi risolvibili. Poi vedremo. Inoltre amo la fotografia come modo di espressione. Mi dispiace sapere che stanno strumentalizzando anche questo. Allora la nikon la rispolvererò soltanto in tempi migliori. Non ho fretta

  18. Pur condividendo la maggior parte delle idee e delle conclusioni delle vostre analisi, vorrei far rilevare come le foto sono tutt’altro che schiacciate e non paiono affatto scattate con un teleobiettivo. Le persone sullo sfondo sono sfocate, quelle in primo piano piuttosto nitide. Pare piuttosto che l’immagine sia stata ritagliata/croppata. Dico questo in difesa dei fotografi che, almeno in questo caso, non mi pare abbiano fatto un lavoro di mistificazione della realtà dei fatti. Questa è solo nell’uso da parte dei media di immagini che, come voi stessi notate, non hanno nulla di scabroso e documentano una realtà certo non allarmante.

    • Grazie. Secondo Facco, la cui analisi abbiamo linkato sopra, la foto genovese è scattata con teleobiettivo, ma su quest’aspetto tecnico chiediamo altri pareri.

      Per quanto riguarda i fotografi, in un caso, quello bolognese, il fotografo è addirittura un nostro amico, Gianluca Perticoni. Non diamo certo la colpa a lui. Gli avran detto: fai foto di gente che fa la spesa al Quadrilatero; lui le ha fatte, dopodiché non ha responsabilità per come le hanno incorniciate, intitolate e commentate.

      Un po’ diverso il caso del video di Napoli, che ci sembra capzioso già nel modo in cui è stato girato.

      Nel caso di Sestri Ponente, ci risulta che la foto l’abbia pubblicata su Instagram il governatore Toti, non abbiamo idea di chi l’abbia scattata.

      • Ciao, intervengo in quanto fotografo e videomaker per dire (con umiltà) la mia

        Nel caso della foto bolognese i piani e la sfocatura fanno pensare a un teleobiettivo. Non è strano che si usi nella cronaca in quanto a volte permette di isolare meglio i soggetti senza “inquinare” la scena con la propria presenza.
        Qui arriviamo al punto: il soggetto della foto sono i due in primo piano (si conoscono? Il signore sembra parlare alla signora a lato quindi immagino di si) che tengono una certa distanza oltre a indossare mascherina e guanti in lattice.
        Per me la foto parla di un gesto comune -camminare insieme a un familiare- sia soggetto a distanze, maschere, guanti.

        Rispetto ai video, noto invece nel video del Corriere un uso più spudorato del teleobiettivo. La stessa sensazione che ho avuto guardando questo video girato in Darsena a Milano.
        Qui addirittura viene scelto di girare il video posizionandosi dal lato opposto della Darsena (100 metri lineari di distanza) con l’uso di teleobiettivi talmente spinti da pregiudicare la qualità dell’immagine.

        Trovo interessante come sia nel video milanese che in quello girato a Napoli non si vedano comportamenti pericolosi. Le distanze vengono mantenute, anche dove c’è interazione si nota una certa distanza interpersonale e in generale vediamo solo gente in attesa del proprio turno per acquistare generi alimentari (o iniziare a lavorare, come i rider che vengono ripresi nel video milanese).
        In generale non vi sono assembramenti, e se contassimo le teste potremmo facilmente ottenere un numero di persone al mq che neanche in questura calcolerebbero così al ribasso.

        Teniamo anche conto che chi gira le immagini spesso viene inviato a “confermare” la notizia ed è costretto a confezionare immagini che rispondano ai desideri del redattore o del giornalista di turno. Non mi stupirei se queste immagini fossero prodotte senza che il giornalista che ha scritto l’articolo fosse presente sul posto.

        In sostanza: usano le immagini -in movimento e non- in modo strumentale per confermare la tesi che ci sia “più gente in giro”. Mi sembra evidente.

        • Allora forse una ribellione dei fotografi potrebbe funzionare. O almeno essere un inizio. La fotografia intesa seriamente penso sia una scienza. Anche piuttosto difficile. Quindi non so, la dico così per dire: se i fotografi professionisti iniziassero a fotografare la realtà autonomamente e pubblicare tramite spazi non politicizzati, allora forse la realtà apparirebbe per ciò che è. Certo vi è il rischio di uscire di casa per fotografare. Ma di rischi ce n’è tantissimi. Dobbiamo scegliere. Volevo scrivere altra cosa ma poi ho letto questo e non mi ricordo più cosa volevo scrivere. Stasera sono comunicativa. Non è sempre così. Non preoccupatevi

          • Ciao Pao, il fatto è che la fotografia non è una scienza e non può in alcun modo far apparire la realtà per ciò che è. Fa apparire la realtà per come la vede il fotografo, per come la vede chi usa la fotografia (in questo caso i giornali) e chi infine la guarda. I giornali stanno facendo un uso strumentale della presupposta oggettività della fotografia, ma come stanno giustamente facendo notare, è quanto di più manipolabile esista. Inoltre i fotoreporter (gli unici che possono andare quasi ovunque a riprendere e fotografare in questi giorni) vengono stipendiati dai giornali, la loro ribellione significherebbe semplicemente non lavorare più per i giornali e poter più uscire, come gli altri. Ma comunque non c’è da nessuna parte una realtà universale che possa essere svelata da una fotografia, che poi è il grosso dilemma del fotogiornalismo. La gente dovrebbe semplicemente uscire e farsi un’opinione con il proprio sguardo.

            • mi pare si sia già parlato della reazione del municipio genovese alle foto di Sestri Ponente. da tutt’altro che fotografo (ma avendo avuto in passato un po’ più di dimestichezza con la videocamera) ho trovato piuttosto interessante questo servizio: https://www.primocanale.it/notizie/coronavirus-caso-via-sestri-a-genova-il-municipio-immagine-appiattita-dall-obiettivo–217908.html dove l’operatore mostra abbastanza chiaramente come si distorce la sensazione zoommando in avanti e stringendo l’inquadratura rispetto alla posizione iniziale. tra l’altro si nota la presenza del presidio di polizia di cui parlava Eektor in alto. anche in varie delle foto in questione, come già segnalavano altri, sono presenti pattuglie delle fdo che di eventuali assembramenti dovrebbero fare piazza pulita agevolmente…

      • Ciao, da operatore di ripresa e direttore della fotografia, vi posso confermare l’uso del teleobiettivo nelle foto che sono state citate. Io ho analizzato di più la foto scattata in Darsena a Milano; per chi conosce la zona, è evidente che lo scatto sia stato fatto dal ponte nuovo a ridosso di Viale Coni Zugna (l’unico punto rialzato da cui scattare quella foto), che dista circa 250 mt dal mercato inquadrato, quindi non è difficile immaginare sia stato utilizzato almeno un 200mm.
        Il video postato da khansen offre praticamente la stessa inquadratura della foto e rende bene il concetto di profondità di campo. Sembra fatto con una camerina palmare, quindi zoom ottico bello spinto (oltre l’equivalente di 200mm) e zoom digitale, infatti la qualità fa schifo. Al minuto 0:50 circa, notate il ragazzo che corre; quanti passi fa e sembra rimanere sul posto? Quanti passi impiega a passare da una persona all’altra? La profondità di campo è un concetto fisico ben spiegato in vari video e articoli sul web, per chi volesse approfondire.
        Detto questo, non credo il fotografo scatti con l’intenzione di creare un’illusione, probabilmente avrà fatto un servizio con almeno 100 scatti, di cui alcuni fatti con teleobiettivo, anche per dare varietà alle immagini proposte. Di norma girano con obiettivi 16-35mm, 24-70mm e un 70-200mm. Se l’autore dello scatto fosse uscito già con un teleobiettivo sopra i 200mm tenderei a dubitare della sua buona fede, ma non credo sia stata questa la dinamica. Semplicemente lavorano per agenzie dalle quali i giornali si selezionano le foto utili.
        Sarebbe interessante capire da un insider chi dà la linea editoriale al pezzo e con quali criteri vengono scelte le foto.

  19. Stasera su RaiNews24 un giornalista andava in giro col microfono a Napoli a contestare chi, secondo lui, non rispettava la distanza di un metro. Curiosità: per com’era montato il servizio, non si vedeva il “prima”, cioè la “distanza sociale” contestata, ma solo il “dopo” l’intervento dell’intrepido reporter, con i presunti colpevoli che si dileguavano. Ad un certo punto il giornalista ha beccato un signore un pò anziano seduto (da solo) su una panchina, forse mangiando qualcosa, e gli ha detto: “Lei non dovrebbe stare qui!” OT: anche su News24, una testa parlante di qualche istituto annunciava che probabilmente non potremo più viaggiare per 2 o 3 anni.

  20. Ieri scrissi questo.

    ***
    Come false notizie diventano alibi politici.

    Ieri Repubblica Bologna pubblica una foto di via pescherie vecchie, scattata con un teleobiettivo e con una particolare angolatura, così da creare una distorsione prospettica che fa risultare la via affollata di persone – quando invece altre foto della stessa via, scattate dall’alto e in perpendicolare, dunque che permettono una chiara e non falsificante valutazione delle distanze mostrano che le persone rispettano il distanziamento sociale e che non c’è affollamento.

    La foto non è falsa di per sè, è però falsificante quel tanto che basta per essere accompagnata dal classico editoriale indignato – non è possibile continuare così, bisogna stare a casa, etc.

    La falsa notizia diventa l’oggetto di commento da parte degli amministratori, sindaco e varia altra classe dirigente della città, le cui affermazioni suonano tutte uguali, “così non va bene, state a casa”.

    Tutto puzza di bruciato lontano un miglio: se c’è qualcosa che sta funzionando in questa situazione epidemica è l’adesione della cittadinanza alla reclusione e al distanziamento sociale.

    E’ altro ciò che non funziona: l’assenza dei test, dei tamponi, gli interventi a casa di chi ha sintomi, etc.

    Per coprire le mancanze delle istituzioni e dunque dei governi, siano essi nazionale o locale, si fa del terrorismo giornalistico, si criminalizza da settimane la cittadinanza che obbedisce, per cambiare discorso, per zittirla in anticipo, per toglierle autorevolezza qualora decidesse di parlare.

    Un gioco cinicissimo, che testimonia una totale assenza di deontologia e una spericolata immoralità.

    Lo schifo, insomma.

  21. Questa è una discussione interessante ma decisamente fuoriluogo. Intendo dire se la fotografia sia oppure no una scienza. Una forma di scienza diciamo. Dipende da cosa si intende per scienza innanzitutto. E specificavo il se intesa seriamente proprio per questo. Poi se parli di questo con me devo dirti che è difficile farmi cambiare idea. Penso che anche la filosofia sia una scienza. Quindi il discorso è complicato. Ho scritto la tesi di triennale sulle immagini tecniche. Fu un argomento interessante. Ma non è qui luogo di parlarne. Il problema è sempre lo stesso comunque: il giornalismo condiziona troppo. E se neanche i fotografi hanno libertà di azione la vedo difficile.

    • Lasciamo perdere il discorso scienza/non scienza che effettivamente è fuori luogo. La fotografia può essere usata in maniera scientifica, poetica, giornalistica… il punto è che la relazione tra fotografia e realtà non è scontato. Dare ai fotografi la responsabilità (e il potere) di rappresentare una realtà inoppugnabile crea degli equivoci che portano a una distorsione come quella che stiamo vivendo. Qualunque buona fede possa avere un fotografo, le immagini che produce avranno vita propria, indipendente da lui. I fotografi sono consapevoli (spero tutti) di non avere il totale controllo di quello che scattano. E’ un dilemma enorme che vivono soprattutto i fotoreporter e i documentaristi, un genere all’interno dei quali non possono certo esserci degli standard tecnico-scientifici, si perderebbe il senso dell’autorialità delle immagini. A parte questo, pensa alla foto postata tempo fa da burioni del lungotevere: era un’immagine degli anni 80 (!), lui ha dovuto quasi subito cancellarla, ma ormai il danno era fatto.
      La responsabilità è soprattutto di chi usa le immagini manipolandone il senso.
      Penso che soprattutto ora che siamo barricati in casa sia importante riflettere sul ruolo delle immagini nella percezione che abbiamo di quello che accade fuori. Gli infiniti punti di vista che (forse) avevamo prima si sono ridotti a uno solo: quello dei media.
      Mi fermo qui perchè temo di essere andata OT.

      • In effetti riconosco di avere dei concetti di scienza, di realtà e di immaginazione piuttosto filosofici. Sono d’accordissimo invece nel dire che è un problema di percezione. Esistono diversi livelli di realtà e il concetto in sé di realtà probabilmente neanche esiste oppure se esiste è mutevole. Quindi sì l’importante è che chi può attraverso le immagini, così come attraverso la scrittura, la musica e tanto altro, ricondurre ad una idea tendente al realismo (inteso anche come capacità di ricercare ciò che è auspicabile per poter vivere in un mondo migliore) cerchi di farlo nel modo migliore possibile. Per quanto inevitabilmente filtrato da questioni cognitive, percettive ed effettive tendenzialmente soggettive. Anche io mi fermo qui. Non sono sicura che siamo andate fuori tema. Il discorso penso sia questo. Se manca una chiamiamola cognizione della rappresentazione si tende a dare ai media un potere che non dovrebbero avere. Soprattutto visto come lo stanno utilizzando in questi tempi.

  22. https://archive.vn/lY0SS

    Oggi, chiusura del “Quadrilatero” con transenne presidiate da Carabinieri e Polizia municipale, a seguito della delazione – ampiamente smontata nella sostanza- di Repubblica.

    Appare sempre più chiara -se ce ne fosse ancor bisogno- la necessità di leggere questa esperienza di separazione come il nocciolo della questione sociale in atto; informazione -cosìddetta- e azioni politiche locali si rincorrono verso il baratro del non-senso senza soluzione di continuità

    • Io sono abbastanza sconcertata, perché nel mio continuo ” lavoro” di mantenermi in contatto con la realtà circostante mi fermo a parlare con le persone che incontro. E nel tentativo,vano, di riportarle ai ” fatti ” sottolineo sempre che non c’è alcun assembramento intorno o vicino a noi. Eppure oggi il proprietario di un locale, in un delirante tripudio di eroismo, mi ha detto che lui si sacrifica e poi in giro c’è la folla ed intorno a noi, invece, non c’era nessuna folla… se non gente in movimento, pochi, e gente in fila al supermercato. E le notizie di Repubblica attecchiscono benissimo su un terreno che era già stato preparato e reso fertile da molto. Ora, purtroppo, siamo a dover sottolineare la distinzione fra la fantasia, fra le visioni lisergiche e le cose reali, materiali…e la fantasia galoppa veloce, rinforzata, nutrita e creata da questa ” informazione “. Inizio fortemente a sospettare che ci sia una patologia di massa che non è il virus. Poi mi domando se a qualcuno gliene freghi un po’ di come siamo messi dal punto vista dei progressi nella ricerca scientifica: al Sant’ Orsola sono stati effettuati i test sierologici. Verranno ripetuti fra 15 giorni. La maggior parte dei test ha dato esito negativo. Cioè: non sono stati rilevati anticorpi… e sembra impossibile visto e considerato che l’ ospedale è un lazzaretto. Quindi siamo in quella fase in cui ancora non ci sono test sierologici attendibili. Io mi preoccuperei di questo. Ma è chiaro che è più utile sviare l’ attenzione sugli ” assembramenti “.

    • Quelle transenne sanciscono in maniera definitiva un urbicidio che era già in atto da tempo. E’ la tanto agognata trasformazione di un pezzo di città in centro commerciale all’aperto, con le mele a quattro euro il chilo, i tortellini preparati in vetrina e la mortadella DOP più preziosa della cocaina. Ora la metafora è davvero perfetta, ci sono addirittura le porte all’ingresso, come gli antichi cancelli del Ghetto. Un ghetto dove puoi entrare, ma solo se hai dei soldi da spendere, e mantenendo ordine e disciplina. Credo le terranno, quelle transenne rosse, anche passata l’emergenza, quando e se ricompariranno i turisti. Allora magari ci sarà pure un biglietto d’ingresso, per farsi un aperitivo nella Vecchia Bulaggna, e all’uscita dovrai dimostrare di avere del grasso di prosciutto tra i denti, pena il pagamento di una penale.

  23. Forse intervengo un po’ tardi e a questo punto un po’ OT, però mi pare che quest’immagine possa dare un’idea di come il teleobiettivo schiacci le immagini mostrando strade affollate che in cui i cittadini in realtà sono assolutamente a distanza di sicurezza. Purtroppo siamo tutti incarcerati e dunque non si può fare una foto di una strada “affollata” con e senza teleobiettivo, ma l’uso di barattoli di zuppa di funghi dà comunque l’idea del valore che come cittadini abbiamo di fronte dei vari governatori che approvano le ordinanze

  24. Oggi il “terrore a mezzo stampa” si arricchisce del contributo di uno spassoso titolo de Il Corriere: “ attenzione anche allo sciacquone del water…”.
    Non riesco ad incollare il link nè leggere l’articolo ma immagino cosa si intenda. Mi stupisce che un giornale possa creare del sensazionalismo intorno ad una notizia ( se così si può definire) di una banalità sconcertante. Ovviamente ho capito cosa si intende ( credo almeno) ovvero che il virus ha una via di trasmissione anche oro/fecale ( sicuri? ) e quindi non bisogna mettere la faccia di fronte agli effluvi del cesso! Perché é notorio agli italiani piaccia andare nei bagni pubblici o comunque condivisi ( ad esempio sul posto lavoro) e poi farsi un salutare aerosol delle goccioline emesse dallo sciacquone!

  25. Esulando dalle questioni sollevate dall’articolo, permettetemi però di farvi notare che un 800mm non è un obiettivo diffuso, né tantomeno usato. Oltre a costare intorno ai 10000 euro, pesa circa 6 kg, rendendone l’uso alquanto ostico. Viene infatti prevalentemente usato per fotografia naturalistica o astronomica.
    Gli obiettivi, molto più comuni, di cui parlare solo il 200 o 300 mm, spesso compresi nelle classiche ottiche zoom.
    Visto il vostro obiettivo (per fare il gioco di parole) di smascherare bufale e fake news, spero ardentemente che correggiate l’errore.
    Grazie

    • Era un’iperbole. Una comune figura retorica, come quando dici «questo zaino pesa un quintale». Ma se non si capisce, non c’è problema a mettere «200 mm» (peraltro nella discussione si è sempre fatto riferimento a quest’ultimo).

    • Grazie della segnalazione, sono un fotoamatore pure io, se così mi posso definire, e non amando il birdwatching ho sempre girato al massimo con un 75-200mm, oltre a un 50mm e a un 28mm. “800mm” era un’iperbole, ironica – ripresa da un commento di Tuco a un altro post: come se avessimo scritto che quelle fotografie sono fatte “col telescopio”. Se viene il dubbio che sia un errore, abbiamo sbagliato qualcosa.

      • Il dubbio mi era ovviamente venuto; il fatto è che primo è stato ripetuto due volte, secondo ahimè di questi tempi le figure retoriche sono donne sconosciute e abbandonate dai più, quindi si corre sempre il rischio di far passare come vera qualsiasi cosa, anche un’iperbole. La mia era comunque un’osservazione puntigliosa e forse eccessiva, ma da fotografa professionista (ed anche fotogiornalista) mi sento un po’ presa in causa da quanto successo per le foto non solo di Genova ma anche di Padova ed altre città. Non approfondirò oltre, mi scuso anzi se sono stata pedante e didascalica.

        • L’ 800mm l’ho tirato fuori io per la prima volta su twitter, esasperato dalle Foto False di Assembramenti, paragonando queste ultime a certe foto di Trieste scattate appunto con l’800mm, in cui si vedono le Dolomiti (lontane 100 e passa km) appiccicate al castello di Miramare. Da lì l’800mm è passato qua nei miei commenti, perché mentre scrivevo continuavo ad avere in mente quelle foto, e quel cannone che ogni tanto qualche fotografo professionista monta sul cavalletto in fondo al molo S. Carlo, quando la bora spazza le nuvole dopo un temporale e regala paesaggi sbregamudande.

  26. Una narrazione che al sud circola in maniera virale racconta di come i pochi contagi siano stati tutti causati da gente rientrata dal nord. Ora non ho elementi per affermare il contrario, ma suona molto strano sentire ripetere ovunque, dalla Sicilia alla Campania, dalla Calabria alla Puglia, sempre la stessa storia. Qualche campanello di dubbio mi si è acceso qualche giorno fa quando, parlando con una persona che vive in un paese abbastanza piccolo, dove in teoria tutti sanno tutto di tutti, il mio interlocutore mi riferiva che lì da lui i casi registrati sarebbero tutti legati ai famigerati rientri. Alle mie richieste di chiarimenti rispondeva con estrema certazza che l’origine fosse quella. Quando poi chiedevo dettagli diventava più vago e le sue certezze finivano per derivare da commenti riportati e i rientranti diventavano gente di paesi limitrofi rientrata al sud che avrebbe innescato la catena fino a portarla lì dalle sue parti. Insomma nessuna esperienza diretta ma qualcosa che mi ha dato tanto la sensazione di una ripetizione di un mantra che sentiamo in maniera ripetitiva da settimane ed ormai è diventata certezza inossidabile. Tutto ciò mentre i solerti governatori regionali si preoccupavano di chiudere le regioni in entrata ed uscita, alzando un polverone utile a nascondere le pessime condizioni del sistema sanitario rispetto alle quali le loro gestioni clientelari e mafiose hanno molte responsabilità.

    • Concordo con questa tua opinione. Io sono originario del Sud e nel mio paese ci sono stati pochissimi contagiati confermati. Alcuni in ospedale, altri in un poliambulatorio, un altro è un auto-trasportatore che era rientrato dal nord dopo un trasporto. Ovvero non un residente ma uno dei tantissimi che lavorano per far arrivare la merce a destinazione.
      Quindi, apparentemente, nessun rientro di fuorisede di qualche sorta. Resta, nel caso specifico il dubbio su come abbia funzionato il contagio in ambito ospedaliero. E resta, inoltre, il modo incredibile con cui io (e tantissimi compaesani) abbiamo avuto le informazioni sull’autotrasportatore: gogna mediatica su Facebook con tanto di nome, cognome e foto. Quest’ultimo è l’aspetto più spaventoso della mentalità delatoria che ci ha infettati.

  27. la cosa che mi lascia stupito, o per lo meno che mi costringe a pormi delle domande sulla percezione delle persone è che, nonostante le cifre ufficiali riguardo controlli e sanzioni (https://www.linkiesta.it/2020/04/coronavirus-italia-decreto-autocertificazione-multe/?fbclid=IwAR32L0rbU98o890yzqAKyBER5ux1HRRaCYK2nRli6Yl6P8aziJaHpd8Lvk0) ridicole, leggo ancora commenti di amici o followers con la bava alla bocca convinta che non si stanno rispettando le regole.
    Non voglio neanche discutere sulla efficacia/legittimità di queste misure con questo commento, ma sottolineare l’assurdità che non basterà mai il controllo esercitato, anche se si dovesse arrivare a misure ancora più autoritarie, ci sarà sempre qualcuno che chiederà di alzare l’asticella. Sembra quasi che finché chiunque non possa avere accesso ad una webcam destinata ad ogni singolo cittadino, ci sarà sempre il dubbio che qualche “furbetto” possa venire a sputarti addosso o che il governo sia troppo gentile con i trasgressori e non si impegni abbastanza

    • Secondo me con il controllo non si riesce a risolvere il problema. Ci vorrebbe un equilibrio tra gli ordinamenti dello stato e l’autodeterminazione responsabile di ogni singola persona. La soluzione trovo nello sviluppo della responsabilità. Vedi anche: http://www.arrampicata-arco.com/coronavirus-futuro.html
      In quell’articolo c’è un paragone con Mahatma Gandhi, il quale ai tempi ha portato l’ahimsa, la non-violenza al popolo. In questi tempi del Coronavirus vedo necessario lo sviluppo dei ragionamenti con rispetto per gli altri e per le regole.

    • Però se ci fai caso i telegiornali non danno mai la percentuale di sanzioni sul totale dei controlli, ma si limitano a sparare le cifre assolute, e spesso danno solo le cifre delle contravvenzioni senza dire quanti sono stati i controlli in totale.
      Si sente dire che le sanzioni sono state tot migliaia, ed è ovvio che se non ci si ragiona sopra un attimo e non si vanno a cercare dati che relativizzano queste cifre si rimane fermi all’impressione di quantità prodotta dalla cifra “nuda”.
      Sui giornali invece magari il numero di sanzioni e scritto nel titolo, mentre il numero dei controlli effettuati devi andartelo a leggere nell’articolo.
      La manipolazione sta proprio nell’uso che viene fatto dei dati, nel modo in cui vengono presentati, nell’uso selettivo e ingannevole delle immagini, nella continua ripetizione del mantra “ci sono troppe persone in giro” e anche dall’uso strumentale di fatti aneddotici (nel tale paesino la polizia ha scoperto una festa di battesimo…).

  28. La manipolazione è veramente forte e grazie a questo articolo si dimostra palese. Vorrei porre l’attenzione su un sito d’internet https://www.yoga-und-synthese.de/yoga-e-sintesi/, dove l’informazione della situazione ad esempio in Germania e Svizzera è diversa di quella che ci viene comunicata dalle notizie in Italia. Lì le persone escono di casa, rispettano le distanze, fanno passeggiate con il cane, addirittura a Monaco di Baviera la polizia gira con gli altoparlanti invitando le persone ad uscire all’aria fresca e al sole e fare delle passeggiate e movimenti. Ogni medico e non solo sa che se si è chiusi in casa il sistema immunitario si indebolisce.

  29. Voglio solo lasciare un’appunto sull’immagine che i giornali danno della persone in quarantena in Germania, premettendo che qui c’è SOLO l’obbligo di distanza e il divieto di assembramento. Beh, i giornali pubblicano articoli con foto di parchi ben visitati ma dove le persone sono o a due o comunque lontane. E fino ad ora ho letto molti articoli dove pare che che la polizia sia contenta e i rimproveri (non sanzioni!!) siano molto limitati. E aggiungo che negli ultimi giorni ci sono stati più di venti gradi! Non credo proprio che i tedeschi siano più disciplinati degli italiani, e nemmeno che la polizia tedesca sia più buona. Credo invece che un rigido sistema di controllo favorisca ed alimenti un’autorità che si vuole assoluta e che tende a togliere ogni spazio all’individuo.

  30. Buonpomeriggio, segnalo l’ennesimo servizio fatto dalla tv per provare a convincerci che gli italiani, e in particolar modo i napoletani ovviamente, non sono ligi al dovere e stanno in giro a fare assembramenti:

    https://invidio.us/watch?v=TS_slcQW3U4

    La corrispondente di Agorà, oltre a non rispettare palesemente il distanziamento all’inizio del servizio, non riesce a capacitarsi di come quelle strade siano incredibilmente vuote nonostante fino ad un attimo fossero piene di gente. Impagabile il suo appellarsi alla sfortuna per lo scoop sfumato.

    • Ma cosa si può aggiungere? Questo sarebbe servizio pubblico? Spaziano dagli inseguimenti in elicottero con tanto di colonna sonora stile Apocalypse now a queste buffonate. Arriveranno a pagare dei figuranti per riempire la strada e far credere alla gente ciò che vogliono in modo che le masse siano sempre più propense alla chiusura ad oltranza. Se penso a quanto costa far volare quegli elicotteri mi viene voglia di urlare. Già le difficoltà economiche affliggono una vasta fetta della popolazione e dobbiamo anche accettare questo indegno sperpero?

  31. Dopo due mesi in cui ha fatto di tutto per seminare terrore, paranoia e leggende metropolitane, additare capri espiatori, tormentare presunti «furbetti», difendere anche gli aspetti più inaccettabili e vessatori della politica del lockdown, all’improvviso Repubblica, come se niente fosse, pubblica un articolo contro gli abusi compiuti dalle fdo e parla di «stato sceriffo». Naturalmente è la narrazione delle «mele marce», è colpa di esponenti troppo zelanti o «spietati» delle fdo. Come se la discrezionalità di operare così non l’avesse data alle fdo la stessa decretazione d’emergenza di cui Repubblica è alfiera. Come se non fosse stato il clima creato anche – specialmente – da Repubblica a rendere possibili questi abusi. Che vuol dire un articolo così? Hanno nasato che il clima è cambiato? Bisogna impedire che vengano scordate le enormi responsabilità di questo giornale. Bisognerà ricordarle sempre.

  32. Articolo in danese sull’argomento – intervista della TV di stato a Ólafur Steinar Gestsson, fotografo che spiega il trucco del teleobiettivo/grandangolo, con numerosi esempi di grande effetto scattati qualche giorno fa a Copenaghen da lui e dal collega Philip Davali. La fila ordinata e distanziata per entrare in un negozio diventa una decina di persone pressate, il parco diventa affollato, due persone sedute su un muretto a metri di distanza sembrano a distanza di braccio ecc.

    Viene intervistato anche Martin Sylvest, che scattò delle foto al molo di Islands Brygge, a cui ne seguì la chiusura al pubblico. Sylvest si svicola dicendo che una foto è solo una foto, e sta alla polizia fare indagini e raccogliere prove

    (non parlo il danese e posso solo basarmi sulla traduzione di Google)

    • Giulia, manca il link!

      • Non capisco come sia potuto succedere! Il link c’è ma è vuoto. Riscrivo tutto così arrivo ai fatidici cinquecentocinquanta, e metto un link alla versione archiviata dell’articolo anziché un link diretto:

        Articolo in danese sull’argomento – intervista della TV di stato a Ólafur Steinar Gestsson, fotografo che spiega il trucco del teleobiettivo/grandangolo, con numerosi esempi di grande effetto scattati qualche giorno fa a Copenaghen da lui e dal collega Philip Davali. La fila ordinata e distanziata per entrare in un negozio diventa una decina di persone pressate, il parco diventa affollato, due persone sedute su un muretto a metri di distanza sembrano a distanza di braccio ecc.

        Viene intervistato anche Martin Sylvest, che scattò delle foto al molo di Islands Brygge, a cui ne seguì la chiusura al pubblico. Sylvest si svicola dicendo che una foto è solo una foto, e sta alla polizia fare indagini e raccogliere prove

        (non parlo il danese e posso solo basarmi sulla traduzione di Google)

  33. Intanto Repubblica – non solo, ma soprattutto Repubblica – è tornata a fare sensazionalismo e foto-allarmismo su pericolosissimi assembramenti che non ci sono.

    Le foto e i video delle strade “affollate” hanno ufficialmente stancato

    • P.S. Non è una conseguenza della nuova direzione Molinari, come invece frettolosamente scrive qualcuno. Queste cose Repubblica le faceva già, e sistematicamente, col direttore di prima. Fa fede la data del post qui in cima.

      • «il lungomare di Bari è affollato come i Navigli: la movida cancella la Fase 2»

        Repubblica inqualificabile. Uso capzioso del teleobiettivo talmente scoperto che ti grida in faccia. Chi conosce Bari fa notare che tra un lampione e l’altro ci sono 6 metri.

        • Forse in un momento di particolare suscettibilità, sabato scorso ho segnalato al reader’s editor del Guardian l’utilizzo di una di queste foto a corredo di un resoconto giornaliero sul coronavirus nel mondo ( https://tinyurl.com/yagbbwgw ), pur consapevole che si trattava di un articolo dalla vita breve, che l’appunto poteva riguardare ovviamente solo la foto, e che riprendere le opinioni di Repubblica da parte del Guardian per descrivere la situazione italiana non è certo un fatto raro. Sta di fatto che dal Guardian ho ricevuto risposta (“The Guardian’s picture editors are aware of the unease about pictures such as this being used in news stories”) e la foto è stata rimossa, mentre quelle sul sito di Repubblica sono ancora lì.