Da «L’Unità» – Igiaba Scego recensisce #Timira

La scrittrice Igiaba Scego

Igiaba Scego

531 pagine, compresi titoli di coda e indice. Il libro ha un peso. La memoria si fa carne. Però quasi non te ne accorgi, perché piano piano anche tu lettore diventi parte di Timira, diventi come per incanto una virgola, un trattino, una parentesi. Entri a far parte di questa ciurma che si è messa insieme per raccontare le mirabili avventure di Isabella Marincola, un’italiana dalla pelle scura, una somala dalla pelle chiara. Timira è come dichiarato nella copertina un romanzo meticcio perché come ha detto Wu Ming 2:
«Gli autori del romanzo sono un’attrice italo-somala di ottantacinque anni (Isabella Marincola), un mediatore somalo con quattro lauree e due cittadinanze (Antar Mohamed Marincola) e un cantastorie italiano col nome cinese (Wu Ming 2). Quindi è meticcia la protagonista, è meticcia l’avventura (tra Italia e Somalia), è meticcia la scrittura (mescola invenzione, memoria, archivio) ed è meticcio pure il collettivo di autori».

Forse possiamo aggiungere che nel 2012 meticcia è anche l’Italia, fatta ormai di tante persone con origini diverse. Certo l’Italia non si riconosce meticcia (ancora non dà la cittadinanza ai figli di migranti nati qui per esempio), ma lo è…e non solo da oggi. Timira aggiunge un tassello al puzzle di questo meticciato e lo fa con una grazia letteraria senza pari.

Il libro inizia quasi dalla fine. Anno 1991, anno in cui scoppia la guerra in-civile somala, guerra che dura ancora oggi. Isabella vive in Somalia dagli anni ’60 e come tutti resta sbigottita dalla velocità con cui uno stato nazione lascia il post al caos, agli stupri, all’anarchia. La città scompare brutalmente davanti agli occhi di Isabella. Ogni dettaglio che componeva la bella Mogadiscio sembra cancellato. Si scopre così che la statua di Sayid Mohamed, il mullah anticolonialista, che dominava lo skyline della città non c’è più. Qualcuno si è arrampicato e ha rubato la statua. Il piedistallo vuoto “pare un’astronave di mattoni bianchi”. E pure Mogadiscio sembra quel piedistallo vuoto. Antar dall’Italia fa fatica ad avere informazioni sulla sorte della madre. All’unità di crisi non sanno dire nulla, Isabella Marincola non risulta tra gli italiani da evacuare. Il figlio spiega alla Farnesina che probabilmente la madre vive in Somalia con il suo nome somalo Timira Hassan, ma che è italiana ed ha il diritto di essere evacuata. L’unità di crisi è sorda e sa dare solo questo consiglio “stasera, sulla rai, c’è Santoro che fa la trasmissione proprio sulla Somalia”.

Per fortuna alla fine Isabella e Antar si ritrovano. Ma la vita dei profughi non è facile. Sono in una situazione unica al mondo. La solitudine è assoluta. Ed è per questo che Isabella si aggrappa alla memoria. Non è la prima volta che la storia la prende a frustate. Lei figlia di Ashkiro Hassan somala e dell’italiano Giuseppe Marincola ne ha viste veramente tante. La matrigna la picchiava con il curbash, un frustino, perché lei con quella pelle scura le ricordava ogni giorno il tradimento del marito con una donna nera. E poi lo strazio della perdita del fratello Giorgio. Quel fratello amico e distante allo tempo stesso. Giorgio che aveva abbracciato la fede partigiana e che per liberare l’Italia aveva perso la sua giovane vita a Stramentizzo il 4 maggio 1945 in una delle ultime stragi nazifasciste che ha colpito la penisola. E poi le sue peripezie quotidiane. Lei con la pelle scura in un paese imbottito della retorica imperiale in salsa fascista. Nel dopoguerra scopre sulla sua pelle che i pregiudizi non sono finiti il 25 Aprile, il dispositivo del razzismo è sempre in funzione. Nessuno ha spento la macchina. Per vivere Isabella fa la modella. Qualche artista cerca di allungare le mani, ma lei si difende. Ha unghie, denti, cervello. Resiste, anche lei in fondo un po’ partigiana come il fratello. E se la offendono, come quando Indro Montanelli la definisce una scimmia, sa rispondere tono su tono.

Timira è di fatto uno scrigno di storie. Una storia dove spunta magicamente un Alberto Sordi o una migrante albanese di nome Marushe. Dove Isabella stessa interpreta una mondina in Riso amaro di De sanctis. Uno scrigno che dobbiamo semplicemente aprire per capire che l’Italia è meticcia da sempre, non solo da oggi.

(L’Unità, 18 maggio 2012)

Igiaba Scego presenterà Timira insieme agli autori il 31 maggio a Roma, vedi il calendario delle presentazioni.

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One commento su “Da «L’Unità» – Igiaba Scego recensisce #Timira

  1. Ricordiamo stasera, 24 maggio, h. 21, a CASTELFRANCO VENETO (TV), Libreria Costeniero, Piazza Giorgione, 55. Presentazione di #Timira.