Folletti, streghe, santi e druidi in Val Clarea. Storie del movimento #notav

Padre Pio No Tav

In Val Clarea, intorno al cantiere-fortino del TAV, si muove una folla di curiosi personaggi, tra i quali spiccano il compagno Padre Pio, Asterix, Obelix e una comitiva che cerca Giacu.
– Giaaacuuu!
Ecco il nostro regalo di pasqua. Sul sito di Internazionaleun fluviale reportage dalla Val di Susa, diviso in quattro pagine o a pagina singola, e in fondo c’è il link alla versione stampabile. Giàcché ci siamo, qui la versione in pdf che il movimento No Tav ha ricevuto in anteprima. Grazie a Simone e Maurizio per il fact checking e i suggerimenti.
Magari non dite la vostra qui sotto, ma di là, dove la sezione commenti potrebbe arroventarsi, vista la disinformazja che sempre imperversa quando si parla del TAV Torino – Lione.
Buona lettura.

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7 commenti su “Folletti, streghe, santi e druidi in Val Clarea. Storie del movimento #notav

  1. “Diamo loro i documenti. Mentre li controllano, Simone inizia il suo lavoro ai fianchi del digossino:
    – L’altro giorno, ad Avigliana, un suo collega mi ha detto che non ne potete più nemmeno voi.
    – Beh, non è che lo facciamo perché ci piace…
    – Sicuramente vi piacerebbe passare le giornate in un altro modo.
    – Eh…
    – O essere impiegati in qualcosa di più utile. L’anno scorso, su 160.000 uomini-giorno impiegati dalle forze dell’ordine in provincia di Torino, 130.000 erano qui in valle. Cioè l’80% del lavoro delle forze dell’ordine serve a difendere il TAV.
    – Che possiamo farci, è dovere…
    – Sì, ma c’è dovere e dovere.”

    Beh… direi che qui, riguardo al logorio dell’animo del contendente, si viaggia a livelli decisamente alti.
    ‘Sto Simone la sa lunga ;-)

  2. Pare che la nostra interpretazione dello slogan “A sarà düra” sia… capovolta. Peccato, ci piaceva… :) Qui ci segnalano la svista:
    http://www.internazionale.it/opinioni/wu-ming/2013/03/29/folletti-streghe-santi-e-druidi-in-val-clarea-storie-del-movimento-no-tav/#comment-846438231

    • Secondo me la forza dello slogan, che lo rende più di un semplice slogan, e’ proprio la sua ambiguità. E’ un’impersonale, in cui il soggetto sottinteso e’ la lotta. Ma proprio nella possibilità di intendere la lotta come una cosa che si fa da due fronti, allo stesso tempo prepara chi lo lancia alle difficoltà dello scontro e allude al nemico come qualcuno con la cui posizione bisogna misurarsi. Riconosce insomma, nel miglior stile dei “nativi”, il valore potenziale del nemico: non lo appiattisce in un altrove inattingibile ne’ lo esclude dal proprio orizzonte di valori. E il gran lavorio ai fianchi fatto dai No Tav di cui parlate lungamente nel pezzo sembra proprio mirare a questo: tirare fuori dal nemico l’essere umano, fargli rendere conto di quale battaglia stia combattendo, farlo infine perdere con onore.
      “A sarà düra” e’ poesia perche’ produce una relazione nel momento stesso in cui lancia un peana. Ricordo la scena in Manituana in cui un messaggero Mohawk viene scuoiato vivo da un indiano al servizio dei ribelli. Finito il “lavoro” il torturatore dice: “Era un grande uomo”. Il capo della spedizione, ripetendo con ironia la frase, si avvicina invece al corpo esanime e gli sputa in faccia.
      Ecco, “A sarà düra” allude ad un tipo di lotta in cui, chiunque vinca, possa dire “Era un grande uomo” del nemico. E la cosa che mi sembra più bella della lotta in valle e di come viene fuori nel vostro racconto e’ proprio che, oltre a lottare per vincere, i Mohawk della Val di Susa stanno lottando per trasformare dei nemici alieni in nemici onorevoli. Per una volta un disciplinamento all’incontrario, in cui invece di assoggettare si lavora per liberare nuove soggettivita’ politiche possibili…

      Grazie per il resoconto avvincente e illuminante.

  3. Perdonate l’OT, ma oggi era Clarea anche a Ferrara: eravamo in 4.000 in piazza Savonarola per Aldro, la piazza era troppo piccola per contenerci tutti, e siamo tracimati su corso Martiri della Libertà, con gli striscioni per Aldro che si affratellavano con le lapidi dei caduti della “lunga notte del ’43”. Anzi, 4.001: perché anche Stefano Tassinari era tra noi!

  4. […] collective of writer Wu Ming authored a touching account of the demo (in Italian). You can read it on their blog, or on Internazionale.it . They are also the ones who issued both a Mohawk and an Iroquois flag on […]

  5. Lascerei il mio commento su Internazionale, ma purtroppo non riesco a vederli, così non posso nemmeno leggere quelli già postati…
    Mi è piaciuto molto questo “racconto”, alla parte dell’avvistamento dei caprioli, mi sembrava di vedere una scena di “Stand by me”, quando Will ormai grande racconta nel suo libro di aver incontrato un cervo, ma di non aver voluto condividere quel ricordo con nessuno.
    Mi sono talmente immedesimata che mi è venuto un raffreddore per tutta l’aria umida e fredda che mi sono convinta di aver respirato e per l’umidità che mi è entrata nelle ossa…scherzo ovviamente…non pensiate che sia così ipocondriaca.

    Inoltre sono felice che si parli di streghe, maghi e folletti senza ridicolizzare il tutto.
    Qui da noi, lo facciamo abitualmente: il 21 giugno festeggiamo le streghe con un falò in mezzo al bosco dove bruciamo qualcosa di vecchio per propiziarci il futuro.
    Chiederò al mio gruppo di pensare ad un rituale “No-Tav”, da proporre quest’anno ;-)

    Per quanto riguarda la tanto attesa via d’uscita da proporre al governo, per non farci la figura dei perdenti, credo che possa arrivare dall’Europa. Un bel no secco da parte loro, potrebbe fornire l’escamotage per un ritiro senza pretese, che prendano pure come scusa il nostro indebitamento, la nostra situazione politica per niente positiva o qualsiasi cosa ritengano opportuno.

    Che bella vittoria sarebbe! La montagna contro il progresso, Heidi contro Klara.

    In bocca al lupo
    (un’amica animalista mi ha detto che non bisogna mai rispondere crepa, ma grazie)

  6. Leggendo i commenti su Internazionale trovo molto interessanti le voci e gli argomenti dei non NoTAV e le repliche dei NoTAV. Alla disinformazione, ai vari “il vero problema è… i NoTAV non lo dicono mai”, alle accuse di incoerenza, all’argomento da Nobel per il paradosso (“non vi siete opposti a una porcata tempo fa, cosa vi opponete a fare a questa?”), i NoTAV rispondono sempre con calma, con pacatezza, smontano a uno a uno gli ingranaggi arrugginiti del cattivo ragionamento, li ripuliscono e li rimettono al loro posto. Raccontano esperienze personali, che sono sabbia sul ghiaccio delle pontificazioni a vuoto e restituiscono il contatto con la realtà. Insomma, c’è una consapevolezza di sé, delle proprie ragioni, del fatto che una lotta lunga e dura non si fa con le sparate ma con la perseveranza e la pazienza, che provoca, o dovrebbe provocare, una profonda dissonanza cognitiva con chi i NoTAV li “conosce” solo attraverso la vulgata mediatica.

    (Ho commentato qui, piuttosto che su Internazionale, perché dato il carattere più “narratologico” dell’osservazione mi sembra più a casa qui su Giap).