Annunci, spizzichi, frammenti

ATTENZIONE, LA DATA DI CASTEL SAN PIETRO TERME DEL 16 LUGLIO E’ STATA ANNULLATA.
ABBIAMO APPURATO (MEGLIO TARDI CHE MAI) CHE LA PERSONA CHE CI HA CONTATTATI PER CONTO DELL’ORGANIZZAZIONE, E CHE AVREBBE DOVUTO CONDURRE LA SERATA, FA RIFERIMENTO ALLA GALASSIA DELLA “NUOVA DESTRA” (O EX-TALE, O QUALUNQUE BRAND “POST-POLITICO” O “METAPOLITICO” ESSA ADOTTI PER DEFINIRSI), AREA CULTURALE I CUI OPINION-LEADER PROVENGONO DAI NEOFASCISMI DI VARI PAESI EUROPEI. UNO DI ESSI HA PURE TENUTO UNA LEZIONE ALLA “SCUOLA POLITICA” DEI GIOVANI PADANI. UN ALTRO E’ TRA I RESPONSABILI DELLA CONFUSIONE CHE REGNA IN ITALIA (E SOLTANTO QUI) SULLA FIGURA E L’OPERA DI J.R.R. TOLKIEN, DA MOLTI CREDUTO UN AUTORE FASCISTA PER VIA DEL NOME DI CERTI CAMPEGGI DI ESTREMA DESTRA.
NOI NON CENSURIAMO NESSUNO, MA CON QUEL NETWORK – PER RAGIONI CHE E’ SUPERFLUO SPIEGARE DATA LA NOSTRA STORIA – NON INTENDIAMO AVERE A CHE FARE NE’ DIRETTAMENTE NE’ INDIRETTAMENTE. NOI PER I CAZZI NOSTRI, LORO PER I CAZZI LORO.
E FIN QUI IL CONDUTTORE. MA L’ORGANIZZAZIONE STESSA E’ INDICATA, NELLA SEZIONE LINK DI UN SITO WEB DI NUOVA DESTRA, TRA I SOGGETTI “AMICI”. NON SAPPIAMO SE LA COSA SIA FONDATA O MENO, NE’ CHE PESO DARLE. UNICO DATO CERTO: QUEST’ORGANIZZAZIONE CI AVEVA APPIOPPATO IL CONDUTTORE.
INSOMMA, POCA CHIAREZZA, TROPPA CONFUSIONE DI RUOLI ED ENUNCIATI. ABBIAMO RITENUTO INADATTI PRESENTATORE, CONTESTO E – SOPRATTUTTO – MODALITA’ CON CUI SIAMO STATI APPROCCIATI (TACENDO LE IMPLICAZIONI DI CUI SOPRA, BENCHE’ FOSSE IMMAGINABILE LA NOSTRA OPINIONE AL RIGUARDO).
CI  DISPIACE MA NOI STIAMO NOTORIAMENTE DA TUTT’ALTRA PARTE.
LIBERTA’ DI ESPRESSIONE E RIUNIONE PER TUTTI, BUON FESTIVAL, BUONA ESTATE, MA ZERO INCIUCI.
RIPETIAMO: ZERO INCIUCI.

Quindi a luglio rimane una data sola:

Mercoledì 23 luglio, CESENA
h. 21.00, rassegna “Autori sotto le stelle”, Chiostro di San Francesco
Una collaborazione tra Libreria Mondadori e Assessorato alla Cultura
IN CASO DI MALTEMPO gli incontri si terranno al Cinema San Biagio

***

Leggere Stella del mattino a Shanghai
Considerazioni dall’altra metà di Blackswift
(la prima metà s’era espressa qui)

***

Un annuncio non direttamente collegato a SDM, ma che è giusto comunicare anche qui, vista l’impossibilità di spedire un Giap:

Il nostro “Corto di carta” (racconto allegato al “Corriere della sera”) arriverà in edicola non il 12 luglio, come precedentemente annunciato, bensì il 19 luglio. Il titolo è American Parmigiano.
L’idea ci è venuta chiacchierando col nostro agente letterario – il comandante Heriberto Cienfuegos – di Benjamin Franklin e di una sua lettera del 1769 all’amico John Bartram, in cui scriveva:
“Confesso che se durante i miei viaggi in Italia trovassi una ricetta per fare il formaggio parmigiano, mi darebbe più soddisfazione di qualunque iscrizione su qualunque pietra.”
Da questa suggestione abbiamo tratto un apologo su proprietà intellettuale, brevetti, diversità culturale e “fuga dei cervelli”.

L’uscita di American Parmigiano è l’ultimo atto della nostra Offensiva di primavera, composta dalle seguenti uscite (on line e su carta):
Previsioni del tempo (Verdenero, Edizioni Ambiente)
New Italian Epic (on line, memorandum + discussione)
Stella del mattino (Einaudi Stile Libero)
Grand River (Rizzoli 24/7 Stranger)
Momodou (racconto incluso nell’antologia Crimini italiani, Einaudi Stile Libero)
American Parmigiano (I “Corti di carta” del Corriere)

18 Responses to “Annunci, spizzichi, frammenti”

  1. marialuisa Says:

    pensavo che non ci fossero più questi steccati, noi qui, tu là e che contassero solo le idee, senza etichette…
    sbagliavo

  2. admin Says:

    Cara Maria Luisa,
    è proprio perché a contare sono le idee che bisogna assumersi la responsabilità di ciò che si pensa e si sostiene, senza infingimenti. Esistono idee inconciliabili e chiunque ha il diritto di riservarsi di discutere con chi vuole. A noi discutere con certa gente non interessa. Pace libera tutti.

  3. lollo Says:

    Io conosco l’organizzatore, o comunque il “presentatore” e so anche che ha un passato di “destra” (cioè, da tutt’altra parte rispetto a me e alle mie idee: tanto per scansare i dubbi…). Però so anche le cose che pensa oggi, e come ha giudicato il suo passato…

    Penso che il confronto è sempre meglio di questo modo di tirarsi indietro, certo discutere non vi interessa, ma allora ragazzi come lo cambiamo questo paese? E come lo cambiamo questo mondo se non discutiamo?
    Su certe cose non c’è molto da discutere, credo, e qui siamo anche d’accordo. Ma io credo che quel ragazzo non sia né un fascista, né un pericoloso apologo della sopraffazione della razza etc… Anzi, ha delle idee progressiste, e forse molto più avanti della classe politica che non abbiamo più (i vari partiti comunisti che non ci sono più, e che anche io votavo, perchè forse non mi rappresentavano più e non ci rappresentavano più…)

    Non so. Mi stupisce questo atteggiamento, però è anche giusto che ognuno fa quello che vuole. Io resterò un vostro lettore, e resterò di sinistra. Ma non pongo steccati, li voglio semmai abbattere.

    Ciao

  4. admin Says:

    Guarda, Lollo,
    non credo davvero ci sia granché da aggiungere a quanto già detto, se non che si può essere di destra anche senza dichiararsi o ritenersi tali e senza teorizzare la supremazia razziale. Ancora più facilmente e inconsapevolmente si può essere ambigui, laddove l’ambiguità è spesso una labile frontiera per sdoganare idee inaccettabili. In particolare certe propaggini della cosiddetta Nuova Destra teorizzano proprio l’eclettismo e il superamento delle contrapposizioni politiche, tacciando di ideologismo coloro che invece ribadiscono alcune macroscopiche differenze storiche e filosofiche. Caso vuole che noi apparteniamo a questa seconda schiera, certi steccati vogliamo tenerli belli alti e la suddetta accusa, come dicono a Roma, ce rimbalza.
    Nessuno vuole criminalizzare nessuno, tanto meno l’organizzatore della serata, della cui buona fede non abbiamo motivo di dubitare, ma nel nostro comunicato è spiegato a chiare lettere che con certi ambiti, per l’appunto ambigui, non vogliamo avere a che fare nemmeno “indirettamente”. In sostanza non vogliamo legittimarli con la nostra presenza. Ad maiora.

  5. brownic Says:

    Io credo che ognuno sia libero di fare quello che vuole. Di accettare o meno inviti, di indignarsi, di scrivere, di parlare e s(parlare) come credo.
    Ma credo anche che – pena la credibilità e la decenza – ci voglia anche un minimo di coerenza. Vi indignate per il curriculum politico di un vs. interlocutore, all’insegna del duro e puro e poi pubblicate per la multinazionale del libro Mondadori, cioè per Silvio Berlusconi e il suo impero: uno che quanto a fascismo…
    Beh, insomma, la cosa fa abbastanza ridere.

    Saluti

  6. Wu ming 1 Says:

    Qui si parla del presente. Non del passato. Di rapporti con De Benoist oggi, non ieri. Le idee di De Benoist sono autoritarie oggi come ieri. Il differenzialismo identitario della nuova destra è razzismo riverniciato, non a caso lo si insegna alla scuola politica della lega. E il modello di società gerarchica che hanno in mente costoro non è poi molto diverso da quello di Evola. Cosa abbia a che fare questo neofascismo postmoderno, confusionista e nicodemitico con idee progressiste è per me un mistero. Si tratta di tentativi di infiltrazione, non di dialogo, e vanno avanti da un sacco di tempo. Alla larga.

  7. Wu Ming 4 Says:

    @ brownic.
    Nessuno di noi ha mai usato argomentazioni “duropuriste” in alcun contesto presente o passato. Anzi, abbiamo semmai sempre sostenuto il contrario e cioè la necessità di sporcarsi le mani per cambiare le cose, in qualsiasi ambito si scelga di spendere le proprie energie. Noi pubblichiamo per una casa editrice di proprietà della famiglia Berlusconi, lo sanno tutti, ma non abbiamo Berlusconi come interlocutore, non discutiamo con lui, non partecipiamo a iniziative pubbliche che lo legittimino politicamente. Per il resto, il nostro percorso è noto, non c’è bisogno di sciorinarlo né di difenderlo; se per te è incoerente la cosa davvero non ci tange. Resta il fatto che noi lo riteniamo incompatibile con quello di chi ci voleva partecipi dell’iniziativa pubblica in questione e abbiamo ampiamente spiegato perché.

  8. Wu Ming 1 Says:

    Per capire meglio di quali soggetti stiamo parlando:

    LA NUOVA DESTRA DI ALAIN DE BENOIST E IL RAZZISMO DIFFERENZIALISTA IN ITALIA
    http://isole.ecn.org/uenne/archivio/archivio2006/un31/art4407.html

    LA NUOVA DESTRA CONTRO L’UGUAGLIANZA
    http://isole.ecn.org/uenne/archivio/archivio2006/un40/art4520.html

    NUOVA DESTRA: IDENTITA’ E COMUNITA’
    http://isole.ecn.org/uenne/archivio/archivio2006/un35/art4460.html

    LA NUOVA DESTRA E L’EUROPA DELLE PICCOLE PATRIE
    http://isole.ecn.org/uenne/archivio/archivio2006/un41/art4537.html

    DE BENOIST A TORINO E LA MOBILITAZIONE DEGLI ANTIFASCISTI
    http://isole.ecn.org/antifa/article/1861/TorinoDeBenoistlaNuovaDestraallaLibreriaComunardiannullato

    LA STRATEGIA DEI CAMALEONTI: “NAZIMAOISMO” E COMUNITARISMO (PDF)
    http://www.nuovaalabarda.org/dossier/comunitaristi_e_nazimaoisti.pdf

    Abbiamo appreso che anche Valerio Evangelisti, Alcide Pierantozzi e le Edizioni Ambiente hanno annullato la loro partecipazione alla rassegna una volta appreso il background ideologico e le ambiguità da noi scoperte.
    Purtroppo in questi anni di dismessa vigilanza e di “nuovo senso comune post-antifascista” la putredine è avanzata veloce, e così anche certe frange di estrema sinistra si sono lasciate infiltrare e contaminare da queste visioni “differenzialiste”, euro-nazionaliste, anti-americane nell’accezione più idiota del termine (di quell’antiamericanismo culturale che è l’odierno “socialismo degli imbecilli”), e così questi soggetti possono “vantare” alcuni “sdoganatori” ex-marxisti etc. Ma a noi lingua-in-bocca come questi non piacciono.

  9. Wu Ming 1 Says:

    Riporto anche stralci da un mio testo di “appunti pubblici” circolato nel gennaio 1993 e già riproposto su Carmilla tempo fa:

    [...] la destra radicale non ha mai inventato nulla, limitandosi a recuperare e corrompere le forme di espressione-comunicazione dei movimenti realmente antisistemici ( la forma organizzativa del”Fascio”, la bandiera nera degli anarchici…). Questa verità è già contenuta tutta nel termine “controrivoluzione”, e dovremmo insospettirci quando sentiamo qualcuno prendere le distanze dalla “destra classica”, dalla “destra tradizionale”: noi sappiamo che non esiste una destra “classica”; nel corso del XX secolo i fascismi – che si presentassero come movimenti o come regimi – hanno instaurato una tradizione mutagena, sempre rimanipolabile; non hanno mai avuto forme “pure” di discorso, sempre aperti a rappresentare le trasformazioni nel rapporto di capitale (quando al potere, nei linguaggi del Diritto e della Propaganda; quando all’”opposizione”, nella tenzone ideologica).
    L’informe “area storica” della destra radicale ha ruminato imperturbabile prima il sansepolcrismo ( la retorica socialisteggiante e anticlericale), poi Hegel filtrato da Gentile, ma anche il misticismo paganeggiante, l’”idealismo magico” di Evola e l’oscurantismo di Meister Eckhart, e poi -finissima acrobazia!- il tradizionalismo cattolico [...] , passando nel frattempo dall’imperialismo eurocentrico e conclamatamente razzista al “culturalismo antropologico” post-Lévi-Strauss, fino all’apparente antioccidentalismo. Un eclettismo talmente spericolato da farci dubitare dell’esistenza di “modelli” a cui ricondurre le odierne teorie della N. D. o da cui essa possa prendere le distanze [...]

    Tutto ciò va sicuramente detto, ma non basta se non ci si inquadra nel contesto generale dei rapporti tra istanze politiche, economiche e ideologiche [...]
    La N.D. così non può essere considerata solo un’area di dibattito, un’esoterica corrente teorico-politica: essa incarna perfettamente le caratteristiche dell’innovazione dello spettacolo, forgia discorsi di guerra che rielaborano in forma “nobile” ciò che la “gente” già pensa (es. cita il Lévi Strauss di “Razza e storia” per dire che “ognuno deve stare a casa sua”, e lo chiama “antirazzismo differenzialista”!). Discorsi che, nelle diverse forme “nobili” o “ignobili”, si spandono a macchia d’olio in tutti gli ambiti, dal Bar Sport alle aule universitarie a quelle di tribunale. Seguire la N.D. non è quindi una perdita di tempo, l’espressione di una vis speculativa da intellettualini [...]

    La cazzata degli “opposti estremismi”, degli estremi che si toccano, etc. – portata a dignità teorica da Hannah Harendt e da tutti i successivi discorsi sul “totalitarismo” – non è che la descrizione strumentale di una situazione in realtà non infrequente; Jean Pierre Faye, in alcune opere dove a scanso di equivoci veniva rigettato qualsiasi tentativo di assimilare violenza rossa e violenza nera, descriveva lo scambiarsi di alcuni “enunciati” tra comunisti e destra nazionalista durante Weimar, per il tramite delle varie sette nazionalrivoluzionarie, nazionalbolsceviche etc…

    Esisteva in Germania una “curvatura dello spazio semantico proprio alle forze politiche [...] oltrepassata da un modo di enunciazione molto strano, situato proprio nella parte centrale che collega i poli estremi senza passare dal centro [...] Un ‘campo di forze’: non una zona di chiacchiere, ma un luogo dove delle forze circolano e oscillano pericolosamente, fra due poli incompatibili” (Critica ed economia del linguaggio, Cappelli, Bologna 1979).
    Nazionalrivoluzionari come Ernst Junger erano considerati, da benpensanti e conservatori, persino “al di là” dei nazisti, ancora più inquietanti e pericolosi. Ancora più “a sinistra” di Junger – stiamo sempre parlando di uno “spazio vuoto” tra i poli estremi, di un “altrove” rispetto al discorso politico ufficiale -, c’era il “Nazionalbolscevismo” di Ernst Niekitsch, intenzionato a combattere la KPD alleandosi però con l’Armata Rossa -e questa era anche la posizione dell’”estrema sinistra” della NSDAP.

    E ancor più “a sinistra”, fino alla contaminazione degli enunciati, stava la scheggia impazzita Richard Scheringer, uomo-simbolo della propaganda nazista che nel 1931 passò da Hitler al Partito Comunista poiché riteneva quest’ultimo più intenzionato a lottare “per la liberazione nazionale e sociale del popolo tedesco”. E qui sta il punto, secondo Faye:

    “In qualche modo egli accredita così all’estrema sinistra il sintagma ‘nazionalsociale’. Tentando di spostare la credibilità dei nazisti a profitto dell’estrema sinistra marxista e affermando che il nazismo è troppo ‘pacifista’ ai suoi occhi, in rapporto ai mezzi violenti necessari ad una rivoluzione nazionale, in effetti opererà a sua insaputa a vantaggio del polo stesso da cui si è appena allontanato [...] Egli tende a dimostrare che l’impero del nazionalsociale si estende fino al polo di estrema sinistra, ma che all’interno di questo campo e grazie al suo enunciato, i nazisti fanno la figura di personaggi più ‘misurati’, meno violenti, più degni di stima e più rassicuranti agli occhi del piccolo borghese tedesco o dell’uomo del giusto mezzo” (cit.)

    [...] Ora, noi siamo in un’altra situazione e su una scala considerevolmente ridotta; eppure l’episodio dovrebbe insegnarci molte cose. Lo scambiarsi e confondersi dei diversi enunciati è reso oggi ancora più possibile, poiché sono innumerevoli gli angoli vuoti creati dalle curvature nello spazio transpolitico. Le interzone sono luoghi molto pericolosi, anche se è importante starci dentro. Sicuramente è da lì che uscirà tutto ciò che, bene o male o al di là di entrambi, costruirà il nostro quotidiano negli anni a venire, quotidiano che sarà ancora una volta nostro compito sovvertire. Ma per farlo dovremo essere lucidi, saper distinguere i nostri enunciati da quelli del differenzialismo identitario, saper scardinare la sintassi del linguaggio dominante.

  10. Andrea Furlani Says:

    Il manifesto – 28 Giugno 2002, pagina 12

    Nuova destra nel laboratorio italiano

    Per la Nouvelle Droite europea, legata al teorico francese Alain de Benoist, l’Italia di Berlusconi è il laboratorio per sperimentare un mutamento del sistema politico basato su una idea di comunità organica in un’Europa federale che rifiuta l’Altro, l’immigrato. Un’anticipazione dall’ultimo numero della rivista “Critica marxista”

    Alain de Benoist ha scelto l’Italia di Berlusconi come laboratorio politico del progetto egemonico della Nouvelle Droite. È una novità senza confronti in Europa. Fabrice Laroche forse avrebbe gridato allo scandalo. La novità è che la storia di Alain de Benoist e del Grece (Gruppo di ricerca e di studi per la civilizzazione europea) è sin dalle origini segnata da un rifiuto netto della politica tradizionale. “Alain de Benoist – scrive Taguieff – fondando il Grece-Nouvelle Ecole, si afferma rapidamente, come il principale animatore intellettuale del nuovo movimento metapolitico”. E ben si comprende. È una generazione sconfitta e delusa quella di Europe-action. Affonda le sue radici in una pagina della decolonizzazione tra le più dolorose e dense di conseguenze sociali, politiche e istituzionali: la guerra di Algeria e la crisi della Quarta Repubblica. Rompere con la tradizione intellettuale e politica di uno dei nazionalismi europei più reazionari, quello francese, è oramai una necessità per chi come de Benoist ha vissuto e compreso l’inadeguatezza e la inefficacia della risposta anticomunista. Action francaise di Maurras e Barrès, Jeune Nation di Sidos, il Partito nazionalista di Pierre Vial, Oas e “Federazione degli studenti nazionalisti” di Orcival nel loro insieme parlano di un bilancio fallimentare dell’Uomo di azione. Alain de Benoist ha ormai chiaro che il confronto è impari, se non si sottrae il monopolio della cultura alla sinistra, in Francia non potrà affermarsi un’altra etica nazionalista.
    Si impone dunque un lavoro teorico senza precedenti. Conoscere e capire l’avversario ideologico, diviene presupposto necessario per confutare la filosofia che lo ispira, occupare i suoi campi teorici e analitici, dare alle sue domande risposte alternative. Non è volgare e subalterno mimetismo, è un’impresa di modernizzazione delle idee della destra con ambizioni egemoniche tanto più tempestiva in quanto interviene nella transizione sociale, politica, culturale attuale. Con il `68 de Benoist darà vita a quel laboratorio di idee moderne che sarà il Grece. Il fascista italiano Giorgio Locchi (all’epoca corrispondente del Tempo a Parigi, e collaboratore della rivista neofascista Défense de l’Occident) sarà una figura centrale in questa esperienza. Senza Locchi, de Benoist non avrebbe probabilmente conosciuto i grandi del pensiero reazionario tedesco, e forse non avrebbe avuto occasione per misurarsi con le idee che trasformarono la cultura politica europea nella Germania di Weimar. Una eguale influenza avrà Dominique Venner di Europe-action cui si deve la familiarità di de Benoist con le correnti fondamentali della teoria politica della sinistra rivoluzionaria del Novecento.
    La confidenza con il pensiero di sinistra è così intima e disinvolta che il lavorio di rovesciamento resta in secondo piano e alla superficie si ha persino l’impressione di una conversione: negli anni ottanta, e in particolare attraverso Krisis, la rivista personale di de Benoist, l’influenza del Mauss (il movimento antiutilitarista di A. Caillé, e S. Latouche) e la rottura con il Front National, fa addirittura immaginare uno spostamento a sinistra del teorico della Nouvelle Droite. Ma tutto questo è davvero oramai noto: in fonti autorevoli, da Taguieff sino a Francesco Germinario (La destra degli dei, Bollati Boringhieri), sono abbondantemente citati e discussi i riferimenti culturali di de Benoist, a partire dalla appropriazione indebita di Gramsci. Forse non si sottolineano abbastanza gli effetti che una prospettiva “metapolitica” ha sulle idee, sui luoghi, sul senso. Antiamericanismo radicale, Europa federale o imperiale, comunitarismo organico, profondo disgusto per la democrazia rappresentativa, disprezzo per l’universalismo e il cosmopolitismo, per l’eguaglianza, le classi, e l’individuo praticati attraverso l’azione metapolitica confondono i confini tra l’immaginario di destra e quello di sinistra, e forzano punti di vista incompatibili tra loro in una sintesi inedita, ma non immotivata, non arbitraria, in un ambiente intellettuale in crisi di identità e in una società in crisi di transizione. In altri termini non si deve guardare ad essi come a semplici temi o proposizioni propagandistiche, ma a nuclei di un rinnovato e aggressivo pensiero reazionario che si traducono in una visione coerente del mondo che si fa carico delle inquietudini contemporanee; si combinano in un sistema di valori assoluti e in un linguaggio metafisico, ambiguo, al tempo stesso moderno e antimoderno, che comincia a trovare le vie di una sua efficacia comunicativa e avanza la sua offerta nella crisi delle grandi narrazioni che da almeno un decennio struttura la non relazione sociale nella vita collettiva. E la loro suggestione sta proprio nell’essere in sintonia con una smarrita domanda identitaria oramai liberata da qualsiasi riferimento o elaborazione sociale.
    Esemplare in tal senso è la teoria del differenzialismo razzista. Qui davvero è evidente l’originale tentativo di egemonia intellettuale di de Benoist. Attraverso la elaborazione del diritto alla differenza, la cui violazione da parte di un egualitarismo astratto alimenterebbe aggressività xenofoba e dunque razzismo, de Benoist rovescia il pericolo razzismo nel pericolo immigrazione, sino a far salire l’Altro, il Nemico al livello di astrazione necessaria per offrirsi come proposta destinabile a ogni società, a ogni tempo e dunque all’oggi. E non conta molto se questo slittamento da una situazione concreta a un’astrazione viene applicato a una presunta base biologica o a una base culturale, conta il campo di azione, e la capacità di dissolvere in una guerra di segni l’avversario sociale. Questa operazione apparentemente apolitica mostra tutta la sua plasticità ideologica sino a tradursi in quel razzismo anti-immigrati che assume centralità in tutte le destre politiche europee e alimenta programmi politici e di governo sin dagli anni Ottanta. La stessa sinistra europea, come ben sappiamo, nell’arco di un trentennio, inseguendo senza alcuna esitazione la destra, abbandona la denuncia della ideologia securitaria per affermare la priorità della sicurezza.
    Uno studioso come Roger Griffin non ha avuto difficoltà a intravedere nella ideologia della Nouvelle Droite una forte somiglianza a quella fascista. Attraverso una produzione culturale di dimensioni internazionali, il Grece – secondo Griffin – avrebbe tenuto in vita a livello subliminale il nucleo originario della ideologia fascista. Eppure Griffin si guarda bene dall’associare sul piano scientifico Nouvelle Droite, fascismo e nazismo. Al contrario egli è profondamente convinto che essa non è né una forma di fascismo, né tantomeno un travestimento. Al suo centro, infatti, non ha il progetto di costituzione di un nuovo ordine eversivo di quello liberale, semmai predispone – attraverso una contaminazione insidiosa e tutta interna all’implosione del sistema liberale in epoca di globalizzazione – la torsione delle istituzioni e delle procedure democratiche verso l’esito di politiche xenofobe e razziste, che possono trovare precedenti soltanto in quei regimi.
    “La metapolitica non è un altro modo di fare politica [...] Essa si fonda sulla constatazione che le idee giocano un ruolo fondamentale nelle coscienze collettive e, in termini più generali, nella storia degli uomini [...] La storia risulta certamente dalla volontà e dalla azione degli uomini, ma questa volontà e questa azione si esercitano sempre nell’ambito di alcune convinzioni, credenze, rappresentazioni che danno loro un senso e le orientano. La Nouvelle Droite ha l’ambizione di contribuire al rinnovamento di queste rappresentazioni sociali e storiche”.
    La chiarezza di queste affermazioni che introducono il primo Manifesto della Nouvelle droite elaborato da de Benoist e dall’antiutilitarista Charles Champetier (il giovane caporedattore di Eléments) e la discussione critica che anima Diorama (la rivista di Marco Tarchi, capofila ideale della Nuova Destra italiana) confermano la presa di distanza dal campo definito dagli attori della politica tradizionale: partiti, sindacati, governi, e l’individuazione nitida di un altro campo di analisi e intervento: l’immaginario sociale. Per la Nouvelle Droite, nell’attuale sistema politico destra e sinistra sono definizioni e differenze prive di senso e di contenuto.
    “Io sono europeo. È così che mi sono sempre definito in primo luogo [...] Amo l’Europa spiritualmente, intellettualmente e persino fisicamente”. Queste parole di Alain de Benoist aprono il sito Internet dei giovani di An a Catania. Non è una novità. Sin dai tempi della Conferenza di Verona (1998), Azione giovani aveva individuato in de Benoist “un punto di riferimento importante per un itinerario culturale dei giovani di destra”10. E Fini non ha dubbi a Bologna (aprile 2002). Al secondo congresso di An si accorge che la forza di attrazione sta tutta in quella dimensione comunitaria della destra o, come dice Azione giovani, in “quel filone comunitarista che oggi può fornire risposte importanti alla crisi delle ideologie del ventesimo secolo”. Dunque non è tanto il modello federale tedesco – rigorosamente alternativo allo Stato-nazione, e strutturato al suo interno dalla identità etnica e culturale dei popoli – che de Benoist propone per l’Europa, quanto l’idea di politica.
    È questa idea della politica, questa idea di Europa che suscita curiosità, confronti, consensi. Stampa, riviste, editoria italiana le aprono le porte. E non mi riferisco solo alla Padania o al Giornale, alle case editrici di Freda o alle riviste di Tarchi. Ma dalle pagine del Mattino a quelle del Corriere della sera si scopre, a ben guardare, una sorta di concorrenza tra le università e le Regioni (dal Friuli alla Lombardia alla Regione Sicilia, dalla Regione Lazio alla Puglia, sino alla Conferenza sull’Islam dell’Università di Bologna e ai convegni internazionali dell’Università di Pavia e dell’Orientale di Napoli) nel dare la parola a de Benoist, almeno su alcuni temi: Europa, multiculturalismo, immigrazione, Mezzogiorno.
    “Dopo la guerra, una Europa nuova, finalmente unita, dovrà bloccare l’immigrazione selvaggia. Non possiamo permetterci le avanguardie di Bin Ladin in casa nostra. Berlusconi ha fatto bene, commentando l’incontro a tre di Gand, a ribadire il ruolo dell’Italia”. Così egli dichiara al giornalista del Tempo appena un mese dopo l’11 settembre.
    E nel marzo scorso in una lunga intervista concessa alla Padania precisa che “l’unico modo di affrontare l’immigrazione islamica è quello di no n praticare alcuna assimilazione”.
    Non sorprende l’ideologia razzista che non riesce a nascondersi sotto la polemica contro le pratiche di assimilazione oggetto di controversia in paesi, come la Francia e la Germania, in cui tutt’altro, quantitativamente e qualitativamente, è stato l’afflusso di immigrati. Il terrorismo del pericolo immigrazione come tema di consenso sociale e di mobilitazione politica si è installato da tempo e in ben diverse forme nel nostro paese: si discute animatamente in Parlamento a quanti debbano prendersi le impronte, a quante “badanti” si debba concedere la “sanatoria”. Sgomenta invece quell’essere la sua una parola vittoriosa e giudicante. Una parola da padrone di casa. E siccome i percorsi intellettuali da sempre hanno coinciso con mutamenti che oltrepassano la soglia della politica dei governi, fa impressione che un de Benoist che trova l’oriente nell’Italia di Berlusconi, lo trovi anche in una parte non piccola della intellettualità italiana, negli apparati della comunicazione, della formazione e della cultura, e persino nelle istituzioni della cittadinanza.
    Come mai questa novità accade in Italia? E che cosa dell’Italia attrae de Benoist sino a farlo sentire perfettamente a suo agio? Le destre europee hanno certamente assunto, consapevolmente o meno, i nuclei ordinatori del pensiero della Nouvelle Droite, anzi sono diventati veicolo del loro rinnovamento. Ma né in Irlanda, né in Olanda, dove continuano in queste ultimi giorni ad avanzare le destre, o nell’Austria di Haider e nella stessa Francia di Chirac e di Le Pen, si guarda ad Alain de Benoist, né Alain de Benoist guarda a questi paesi. In Francia, come ha denunciato qualche mese addietro Baudrillard a Milano, de Benoist è “completamente ostracizzato”.
    Non è certo per essere ben accolto nella convegnistica nazionale che de Benoist opera metamorfosi così sorprendenti. Viene in Italia, e privilegia l’impegno politico diretto sulla metapolitica. Abbandona quella che Taguieff ha definito la grande politica del Grece, sconfessa l’appello alla disamericanizzazione totale e pronuncia il suo personale “Siamo tutti americani!”: “Personalmente non credo nell’antiamericanismo maniacale”, dichiara sulle pagine della Padania. Assume le sembianze di un anticomunista radicale, accomuna comunismo e nazismo sotto l ‘unica categoria del totalitarismo, si converte al revisionismo di Ernst Nolte e di Renzo De Felice ma individua nel comunismo – a differenza di un nazismo oramai morto – la vera minaccia per il presente.
    È un caso che questo percorso revisionistico coincida con quello in atto da tempo in Italia? Peraltro le sue pubblicazioni italiane, soprattutto le ultime, e in particolare Comunismo e nazismo mettono in primo piano proprio questa faccia. La ragion d’essere della sua presenza e del suo inaspettato successo nel nostro paese starebbe dunque in una pertinente sincronia con una crisi profonda, di cultura e di identità, della democrazia italiana? La destra italiana avverte il bisogno di uscire dalla sua storica minorità culturale e decide di giocarsi una sfida di egemonia di cui l’esperimento Nouvelle Droite è sintomo, episodio, strumento?
    Per la prima volta le idee di de Benoist e l’ambizione della destra italiana possono riconoscersi, e fondersi con un’idea di democrazia liberata dalla storia e dalla memoria collettiva. L’occasione italiana costituisce pertanto quel laboratorio politico privilegiato che la Nouvelle Droite cerca sin dalle origini. Un laboratorio i cui artigiani sono già al governo, occupano e già tentano di orientare ideologicamente i più delicati apparati dell’egemonia: dalla scuola alla comunicazione. Dunque qualcosa che va già oltre la politica. Poiché è sempre stato vero che le identità nazionali si elaborano nelle rappresentazioni che gli intellettuali forniscono della storia e del futuro. Mi pare ci sia materia per riflettere a sinistra. Forse non c’è molto tempo.

    Rosalba Pileggi

  11. Angelo Says:

    Ragazzi wuminghici, sperando intanto che rendiate pubblico questo commento (siete di sinistra vero?)… ma vi rendete conto MINIMAMENTE di cosa cazzo avete detto? cioè voI giudicate una persona senza averci nemmeno parlato (siete di sinistra vero?)… e non vi dico nemmeno vabbè “Che parlate a fare visto che pubblicate con una casa editrice di destra” (siete di sinista vero?)… secondo me avete fatto una cazzata enorme a rifiutare l’invito e non contenti a sbandierare menzogne su persone che nemmeno conoscete! Avete toppato questa volta. Con immutata stima (non è mutata di una virgola) Angelo

  12. Wu Ming 1 Says:

    Uff, Angelo. Che banalità, che basso livello. E l’utilizzo ricattatorio delle domande retoriche, e i clichés orribili come “sbandierare menzogne” (che sarebbero…? forza, dimostraci che nel nostro comunicato c’è una sola affermazione falsa). E che polemica stantìa e fuori tempo, quella sull’annossa questione Einaudi/Mondadori. Dopo anni e anni a spiegare, a rispondere nei dettagli, con grande attenzione e rispetto per gli interlocutori, è da mo’ che ci abbiamo datto un taglio, perché era ormai chiaro che non veniva tirata fuori per reale volontà di conoscere la nostra posizione in proposito, ma solo come presunto “asso nella manica” per delegittimarci a prescindere. Quindi scusaci se giù per questa china non ti seguiamo. E che ipocrisia, la tua “immutata stima”, pfui. Io personalmente non so che farmene.

    Comunque, sospetto che tu abbia scritto senza conoscere bene né noi (da un lato) né (dall’altro) né il GRECE, la nuova destra o ex-tale, il “comunitarismo” etc. Altrimenti la nostra scelta di non essere presi per i fondelli ti sarebbe apparsa ovvia e naturale. La nostra incompatibilità con certe strategie “evolo-gramsciane” e “metapolitiche” dovrebbe apparire manifesta a chiunque abbia una minima idea del nostro progetto. Chi si sorprende o è disinformato o è in malafede o tutte e due le cose. Il “dialogo” di cui si blatera, poi, viene presentato come un obbligo, un vero e proprio “ricatto morale”, un frame concettuale che se non viene accettato porta all’inevitabile accusa di “oscurantismo”, di “arretratezza” o peggio. Solo che il giochino del vittimismo è ormai frusto, è sempre più duro sostenere che l’onnipresente nuova destra sia oggi “discriminata” e non abbia diritto di parola, quando le sue idee informano in profondità linee di partito e addirittura politiche governative e i suoi esponenti intasano convegni, conferenze e corsi universitari.
    E’ quanto di più detestabile, il vittimismo delle cosche vincenti.

    E chi ci accusa di “censura” perché non abbiamo accettato un invito e non abbiamo voluto confonderci con percorsi che riteniamo incompatibili ai nostri è *certamente* in malafede, dato che in passato abbiamo difeso la libertà di parola addirittura dei negazionisti alla Faurisson contro disegni di legge che pretendevano di mettere fuori legge particolari enunciati, e criticato gli aspetti più ambigui e a nostro avviso pericolosi della Legge Mancino contro le organizzazioni neofasciste. Già, ma conoscere non è mica obbligatorio, per sparare cazzate.

    Consiglio di lettura, oltre ai link di cui sopra:
    Francesco Germinario, “La destra degli dèi. Alain De Benoist e la cultura politica della Nouvelle Droite”, Bollati Boringhieri, 2002

  13. Пётр Алексеевич Кропоткин Says:

    A quelli che – stranamente – si inalberano e si stracciano il grembiulino (nero?), io vorrei fare una semplice domanda:
    i Wu Ming hanno o no la libertà di andare o non andare dove pare a loro, e di parlare o non parlare con chi pare a loro? Da dove viene tutta questa vostra voglia di sindacare su una loro scelta legittima? Hanno spiegato i loro motivi, non hanno chiesto che venga messo il bavaglio a nessuno. In pratica: vivi e lascia vivere. Voi invece avete un’altra morale, evidentemente: “vivi e rompi l’anima agli altri”, che si tratti di “spezzare le reni alla Grecia” o imporre a qualcuno un…. “dialogo” alle vostre condizioni.

  14. angelo Says:

    ‘me so’ già rotto de ‘sta polemica… anzi preferisco il vis a vis che ‘sti commenti quis. bene bravo. bis.

  15. admin Says:

    Eeeeeh, gggià!
    Bah.

  16. dusko Says:

    Avete fatto bene, che tristezza questo buonismo e opininismo. Siamo assediati da razzisti democratici e cripto-fascisti, senza contare quelli sguaiati e i loro nipotini amanti delle lame. “It’s time to see who is who” (dicevano i Conflict) – soprattutto in Ita(g)lia.
    Smrt fasizmu.

    d.

  17. Wu Ming 1 Says:

    Sloboda narodu.

  18. Paolo Says:

    Oggi ho sentito che Elio e le storie tese hanno rifiutato l’ambrogino d’oro per le divergenze con le politiche culturali del comune di Milano. Mi sembrano molto bravi nel fare testi demenziali e acuti allo stesso tempo, suonare credo bene e sdrammatizzare le situazioni patologiche del nostro essere umani quindi pieni di difetti. Allo stesso tempo evidentemente hanno, come Wu ming e modestamente anch’io dei paletti chiari su cui non transigono neppure e a maggior ragione in nome del dialogo. Posso accompagnare un cacciatore amico ma non entrerò in una riserva naturale con lui armato, posso essere il migliore amico di un giovane con radici a destra ma non avvallo il suo credersi elite sul nulla o il non pagare le tasse. Bisogna cercare di essere chiari. Mandi.

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