Una precisazione storica sulla “guerra santa” – di Wu Ming 4

Al-Jihad fi sabili-llah - lo sforzo sulla Via di Allah
Qualcuno (uno solo, per la verità, su un foglio di estrema destra) ha voluto farmi notare che nel prologo di Stella del mattino avrei commesso un errore marchiano definendo la lotta di liberazione araba dal dominio turco “guerra santa” (pag. 4). In sostanza mi viene fatto osservare che non ci può essere guerra santa tra due popolazioni islamiche.
Bé, formalmente è vero, ma – è proprio il caso di dirlo – le vie del Signore, come quelle della storia, sono infinite.
A monte dell’obiezione c’è un vecchio equivoco e cioè il fatto che siamo abituati a tradurre con “guerra santa” il termine arabo jihād, concetto più complesso, che ha almeno tre accezioni diverse a seconda dei contesti.
Letteralmente jihād significa “sforzo”, con riferimento a una lotta interiore per la salvaguardia della fede dalle tentazioni del mondo. Questa è l’accezione storica originaria della parola data da Maometto nel Corano. In un secondo tempo jihād ha indicato il combattimento in difesa della comunità dei fedeli dagli assalti esterni, e solo da ultimo la battaglia armata per la conversione dei non-islamici.
[N.B. oggi la legittimità di quest'ultima interpretazione è per altro messa in discussione da una parte del mondo islamico.]
A pensarci bene, un destino simile ha avuto il termine “crociata”, che in origine era carico di significati analoghi, ma poi ha finito per identificare una spedizione armata in difesa dei luoghi santi.
Il punto è che io non ho mai avuto intenzione di usare il termine “guerra santa” per tradurre jihād. Quello che intedevo significare è… guerra santa, né più né meno.
Non ci sono dubbi infatti che nel 1916 fosse impossibile una jihād araba contro i turchi, per il semplice fatto che l’unica persona in condizioni di chiamare gli islamici alla jihād era un turco: Abdul Hamid, Sultano di Costantinopoli, capo dell’impero ottomano, nonché Califfo dell’Islam, massima autorità religiosa islamica.
Quando nel 1914 l’impero ottomano decise di entrare in guerra al fianco degli imperi centrali, il Sultano usò in effetti questo strumento, indisse la jihād contro gli infedeli che premevano alle porte del suo impero, cioè Inglesi, Francesi e Russi. Sapeva bene che l’impero britannico ospitava dentro i propri confini un terzo della popolazione islamica mondiale e si aspettava che i fratelli nella fede rispondessero alla sua chiamata scatenando rivolte dall’India al Sudan, all’Egitto.
Per disinnescare questa bomba a tempo, gli inglesi misero in piedi un’operazione diplomatica e politica tra la più brillanti e senza scrupoli che sia siano mai viste. Sfruttarono le paure e i tentennamenti del vecchio emiro della Mecca, Hussein, nei confronti delle dinastie rivali, e lo trasformarono in un campione dell’Islam, garantendogli il loro appoggio. Hussein aveva due caratteristiche che lo rendevano utile allo scopo: discendeva dalla tribù del Profeta – cosa che certo il Sultano turco non poteva vantare – ed era il custode dei luoghi sacri, cioè delle due città sante dell’Islam: la Mecca e Medina.
Hussein, che da parte sua non era uno stolto, seppe presentarsi come il candidato migliore e trovò il modo di neutralizzare la jihād, ritorcendola contro i suoi mandanti politici. Hussein annunciò che il Sultano/Califfo era ormai ostaggio del governo laicista dei Giovani Turchi (cosa che per altro era vera: i Giovani Turchi, saliti al potere nel 1909 avevano spogliato il Sultano di quasi tutte le prerogative) e che bisognava liberare il califfato dai nemici di Dio. In questo modo consentiva ai musulmani di restare fedeli all’autorità religiosa e allo stesso tempo di ribellarsi al governo imperiale. In soldoni disse che compiacere i ceffi che si erano impadroniti dell’impero ottomano significava provocare la collera di Dio; spodestarli invece l’avrebbe compiaciuto.
Cos’altro è questa se non la proclamazione di una guerra santa, cioè, per capirci, di una jihād “informale” (che Hussein non avrebbe mai potuto proclamare) giocata contro la Jihād “ufficiale” del Califfo? Se a questo aggiungiamo che la rivolta prese l’avvio proprio dal tentativo di liberazione delle due città sante, credo che il quadro sia abbastanza chiaro.

Dopo questa mini-disquisizione, segnalo che è on line la lunga intervista che mi ha fatto il blogger e scrittore Sergio Paoli. In realtà è una lunga chiacchierata sul romanzo, i miti, lo scrivere etc.

9 Responses to “Una precisazione storica sulla “guerra santa” – di Wu Ming 4”

  1. sergio Says:

    una lunga chiaccherata molto bella di cui ti ringrazio. quando incontro persone con la passione di raccontare storie è sempre un momento unico. ciao. sergio.

  2. gert Says:

    effettivamente, lka tua definizione di ‘guerra santa’ sembra essere giustificata persino dalla seconda accezione del termine jihad. vuoi per i giovani turchi, che proiettavano già l’ombra del laico e iper-modernizzatore ataturk – tra i fautori della disfatta di gallipoli-, vuoi perchè da secoli l’impero ottomano si stava trasformando in una realtà sempre meno radicale, in termini islamici, se non per il sistema burocratico amministrativo (lo stesso pamuk, e anche goodwin, nei loro romanzi raccontano di un impero ottomano che dal XVII secolo ha visto progressivamente assottigliarsi il conservatorismo e l’integralismo islamico – senza contare che l’islam ‘arabico’ aveva nella pratica non poche differenze con quello ‘turcomanno’-).
    insomma, al massimo, la definizione guerra santa poteva essere arricchita da ‘fratricida’ (che poi secondo alcuni una guerra è sempre fratricida perchè contrappone essere umani, tutti fratelli)…tanto per indicare sì che è stata una guerra tra islamici ma comunque fedeli a due islamismi diversi e, sotto molti punti di vista, contrastanti.

    ciao, gert

  3. Wu Ming 4 Says:

    Ovviamente hai ragione, ma era impossibile rendere tutte le sfumature, tenendo conto che non era sugli aspetti religiosi che intendevo concentrarmi.

  4. gabriele piretti Says:

    Sono perfettamente d’accordo con te per quel che riguarda la jihad, Sulla crociata, invece, mi sento di dissentire, Non nacque con un’accezione diversa da quella di Guerra per la riconquista del santo sepolcro. Quando la bandì, Urbano II richiamò tutti i cavalieri della cristianità, che allora si scontravano in guerre più o meno importanti, e li invitò a battersi per riprendere la terra santa e difendere costantinopoli dagli infedeli, quest’ultima cosa . nel suo “manifesto”, Urbano II sostenne che così facendo tutti i cavalieri avrebbero ricevuto l’assoluzione dai peccati e, a simboleggiare la lotta di cristo contro gli infedeli, pregò i soldati di tracciarsi una croce sulla veste, da cui crucesignato e quindi crociata. A differenza quindi del Jihad, che davvero andrebbe interpretato, anche se Maometto stesso fu anche un guerrigliero, la parola Crociata è davvero non interpretabile se non nell’accezione di sopra.
    Questa, comunque, è solo la mia opinione…

    Non ho ancora letto il libro, ma lo farò presto. Oltretutto, amo profondamente Tolkien, quindi non potevi farmi regalo più grande.
    Vi seguo sempre, ho letto tutti i vostri libri. Siete magnifici. Grazie
    Gabriele

  5. gabriele piretti Says:

    quest’ultima cosa… mi sono scordato di aggiungere. volevo dire che, naturalmente, era solo propaganda politica, nel senso che i mussulmani, all’epoca, erano decisamente più democratici dei cristiani. “l’impero” romano d’oriente non era assolutamente minacciato dai mussulmani, o almeno non lo era più dei tre secoli precedenti, che avevano visto il lento declino della pars orientalis. ciao

  6. Wu Ming 4 Says:

    @ Gabriele. Anche la Jihad nell’accezzione bellicosa è una lotta militare per la conquista/liberazione dei luoghi santi. Non per niente Gerusalemme fu sempre una meta ambita e lo è tutt’ora. Ma quello che intendevo dire è che anche il cavaliere crociato, fosse un re o un poveraccio, intraprendeva una cammino che era anche di purificazione e lotta interiore: astinenza, preghiera, penitenza, etc., precedevano la partenza. In fondo le crociate erano interpretate come pellegrinaggi armati, e tra l’altro non erano pochi quelli che le intraprendevano senza armi solo per guadagnarsi un’indulgenza (pensa alla Crociata dei Bambini). Non sono un teologo, quindi non mi addentro oltre, ma credo che gira e rigira alla fine le somiglianze tra le tre religioni monotestiche del Libro siano assai più delle differenze.

  7. gabriele piretti Says:

    Si, capisco cosa intendi, e sono d’accordo. Era anche un pellegrinaggio, solo che quest’ultimo era solo l’abito. In verità, era una pura e semplice guerra di conquista, con tutte le motivazioni politiche ed economiche del caso, che erano sottintese, naturalmente, Di certo dubito che i vari Goffredo di Buglione, Beomondo d’Altavilla, Riccardo cuor di leone e il Barbarossa, la vedessero in un modo diverso da quello che era, una guerra di conquista, si religiosa, ma anche, e soprattutto, legata agli interessi che avevano, lì in terra santa come in europa. Se pensi alla quarta crociata, che non sfiorò nemmeno con gli occhi la terra santa e si risolse con il sacco di Costantinopoli, l’altra capitale del cristianesimo!, converrai che di spirituale ci fu ben poco. Comunque, nel senso che intendi mi sta bene, anche se io mi riferivo alla parola in sé, Crociata, che non ebbe mai, secondo me, l’accezione che poteva avere Jihad, nel senso di lotta interiore contro le tenazioni del mondo…
    Sul fatto che i tre monoteismi giudaici abbiano più somiglianze che differenze, è condivisibile al cento per cento. Questa è la cosa più bizzarra, si scotennano per lo stesso Dio. Oltretutto, El-Elohim, Allah, derivano entrambi dalla stessa radice semitica, come il babilonese Ilum….

    Ciao!

  8. Wu Ming 4 Says:

    Concordo solo in minima parte. E’ la nostra coscienza moderna che ci fa vedere come contraddittori l’aspetto spirituale e quello militare delle Crociate, è il Dio bonario e misericordioso post-atomico. Il Dio dei crociati era un dio iroso, apocalittico, che pretendeva vendetta contro i propri nemici. Fare scorrere fiumi di sangue, espropriare, conquistare, saccheggiare, etc., e fare tutto questo in nome della volontà divina non era necessariamente una contraddizione nel mondo medievale, anzi, era uno scenario quasi scontato.

  9. Claudia Boscolo Says:

    Volevo aggiungere una noticina al discorso sull’aspetto spirituale della crociata. Fu San Bernardo a disegnare il profilo ideale di una nuova cavalleria fatta di guerrieri-monaci. Questo ordine monastico-cavalleresco era in netta opposizione alla *militia saeculi*, cioè quella a cui si riferisce, credo, Gabriele. Il termine “crociata” è molto generico e deriva più che altro dall’iconografia. Se c’è una pertinenza nell’equiparare la jihad alla crociata, forse questa va cercata nella condanna lanciata da San Bernardo contro i milites saeculi nel “Liber ad milites Templi de laude novae militiae” (1° metà del XII sec), da cui ha origine una figura di militare mistico la cui rappresentazione ha il suo culmine nella *Queste del Saint Graal*. Quindi sì, e verissimo che il cavaliere crociato intraprendeva una cammino che era anche di purificazione e lotta interiore: astinenza, preghiera, penitenza etc, non solo prima della partenza ma durante tutta la vita militare. E’ noto che da questa frangia nascono i cavalieri templari che poi hanno avuto uno sviluppo ben oltre l’epoca delle crociate.
    La condanna dei vizi della milizia secolare e l’esaltazione delle virtù del combattente per la fede forse hanno qualche punto in comune con la teoria che sottende alla jihad.

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