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Resistenza

«Partigiani d’Oltremare». Africani nella Resistenza italiana

La banda partigiana di Roti (Macerata) con etiopi, russi, ebrei, croati, italiani.

Dal sito del CSA Sisma di Macerata:

«La storia di Carlo Abbamagal e dei 50 dell’Oltremare ha impiegato quasi 70 anni ad emergere, dopo anni di lavoro e grazie alle ricerche di Matteo Petracci – dottore di ricerca in storia, istituzioni e politica dell’area euromediterranea presso l’Università di Macerata – così che il corso degli eventi inizia ora ad apparire sempre più nitido e chiaro e da passato si fa presente, strumento di lotta contro le mistificazioni e le dimenticanze storiche, ascia di guerra contro i razzismi e i fascismi di oggi.

Il 7/8 marzo al CSA Sisma di Macerata Wu Ming 2 per due giorni, grazie al seminario “Racconti d’Oltremare”, ha lavorato con i corsisti alle vicende degli africani concentrati a Villa Spada di Treia, attraverso i materiali d’archivio che parlano di come “alcuni di essi si sono dati alla macchia unendosi ai ribelli” esplicando “considerevole attività” e risultando “quanto mai feroci”. Di come insomma, dall’ottobre del ’43, nelle montagne del maceratese, le bande partigiane annoverassero nelle loro fila etiopi, eritrei e somali, tra i primi a battersi contro il regime fascista.

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Carlo Abbamagal e i cinquanta dell’Oltremare

Oltremerda
Se esistessero le Olimpiadi del Contrattempismo, credo che la categoria Fiere ed Esposizioni verrebbe vinta a mani basse [1] dalla Prima Mostra Triennale delle Terre Italiane d’Oltremare: costruita in soli sedici mesi nella zona Flegrea di Napoli, inaugurata dal Re Imperatore il 17 maggio 1940, fu chiusa e smantellata appena un mese dopo, per via dell’entrata in guerra dell’Italia. Nei tre anni successivi, i bombardamenti aerei distrussero più di metà dei 36 padiglioni e l’area andò in malora fino al 1952, quando venne rimessa in ghingheri per ospitare la Mostra Triennale del Lavoro Italiano nel Mondo: un esempio da manuale della continuità tra Regime fascista e Repubblica, con i suoi trasformismi, le sue arabe fenici camuffate da colombe, i tic e i trucchi da quattro spicci.
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«Come si dice “partigiano” in tedesco?» (Tanti auguri a Mario Fiorentini)

diario_1912[Il 7 novembre scorso ha compiuto 95 anni Mario Fiorentini, partigiano comunista, comandante del Gap centrale “Gramsci”, “assessore alla Cultura della Roma occupata”, secondo la definizione di Rosario Bentivegna.
Anni fa, Mario Fiorentini mise Lorenzo Teodonio e Carlo Costa sulle tracce di un partigiano molto particolare, Giorgio Marincola, contribuendo così a quel “progetto transmediale multiautore” che ha visto nascere Razza Partigiana, Quale Razza, Basta uno sparo e Timira.
Per fargli gli auguri di compleanno, Lorenzo Teodonio ci ha mandato il testo che segue, inizio di un lungo saggio (ancora in fieri) che il collettivo “Razza Partigiana” dedica al rapporto fra politica e città. Si analizza la formazione politica di tre scrittori/filosofi come Gramsci, Slataper (cfr. Point Lenana) e Michelstaetder nell’Italietta giolittiana. Quasi coetanei e provenienti da zone periferiche, i tre si sono formati in città (Firenze per i due giuliani, Torino per il sardo) sviluppando fra loro risonanze carsiche.]

Ma come si dice partigiano, in tedesco?

di Lorenzo Teodonio

«Le ineffabili “terze pagine” del conservatorismo considerarono perfino il pensiero molle troppo osé: lì ha dominato e domina la necrosofia mitteleuropea della Magris Company. Per un lungo periodo, scorrendo “Il Corriere”, sembrò di leggere, nelle sue “terze pagine”, il malessere di un club di zitelle della Bassa Sassonia o, ancor peggio, l’infelicità di una piccola comunità di ebrei rumeni.»

E davvero la Magris Company rimanda a un’idea di Mitteleuropa infelice, mediocre, lagnosa, ben lontana dall’idea di resistenza che l’autore del precedente brano (Antonio Negri, La differenza italiana , Nottetempo, 2005) vuole invece esaltare in quegli scrittori/filosofi nati da qualche parte fra Trieste e il Baltico. Prosegui la lettura ›

Wu Ming’s Magical History Tour

From the FT piece

Ecco… Beh…  Oggi siamo sul Financial Times. Immortalati mentre indichiamo agli inglesi il cazzo di Nettuno (quello vero, che si vede solo da una certa prospettiva) e andiamo in pellegrinaggio sui luoghi della Resistenza bolognese. Buona lettura. Non abbiamo tempo di tradurre il pezzo, se qualcun* vuol farlo, grazie mille.

#Affile in Blu, #Naprodotà e altre storie di Resistenza

Memorie degli impiccati

Ieri il neopresidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti ha annunciato che bloccherà l’erogazione dei fondi pubblici che il Comune di Affile (RM) aveva destinato alla costruzione del celebre “sacrario” dedicato al criminale di guerra Rodolfo Graziani. Sulla carta, l’edificio doveva essere un semplice monumento ai caduti.
Il sindaco di Affile, il fiammeggiante Ercole Viri, ha risposto dando a Zingaretti dello “stalinista” e minacciando azioni legali.
Anche noi ci siamo pubblicamente rivolti al presidente, ma per proporgli di trasformare l’edificio in barricata artistica antirazzista. La proposta l’abbiamo appena fatta sul sito di Internazionale. Buona lettura. Prosegui la lettura ›

In territorio nemico. Wu Ming 2 intervista i SICsters

Cover ITN

Il 19 maggio di tre anni fa, nella storica sede di Bartleby, a Bologna, partecipammo insieme a Vanni Santoni & Gregorio Magini a una serata di presentazione del GRAS, il Grande Romanzo Aperto SIC (dove SIC sta per Scrittura Industriale Collettiva). A metterci insieme fu Stefano Miniato, uno dei 115 autori di quello che sarebbe diventato In territorio nemico. Ma allora quel titolo non esisteva ancora, e il romanzo era solo un piccolo embrione, del quale si parlava come si parla di un figlio in arrivo. Forse avrà gli occhi verdi del babbo, o magari sarà capriccioso come la zia. Wu Ming 2 provò a leggerne il destino, cavando le budella ai suoi interlocutori con domande affilate sulla scrittura a più mani. Prosegui la lettura ›

Affile, Grazianilandia. L’eredità razzista e il mausoleo delle sfighe

Graziani semi-ignudo, 1937

Graziani con le chiappe al vento, 1937. Clicca per ingrandire.

di Wu Ming 1

E’ accaduto il mese scorso. Ad Affile, piccolo comune a est di Roma, la giunta di «centrodestra» – chissà quando ci libereremo di quest’eufemismo! – ha inaugurato un sacrario dedicato a Rodolfo Graziani (1882 – 1955).
Graziani – che è sepolto nel locale cimitero – fu governatore della Cirenaica durante la «riconquista» fascista della Libia (1930-31), comandante del fronte sud durante l’invasione dell’Etiopia (1935-36), viceré d’Etiopia nel biennio 1936-37 e comandante delle forze armate della Repubblica di Salò durante la guerra civile del 1943-45.
L’edificio – di una bruttezza e mediocrità da rimanere soffocati – è costato 130.000 euro sborsati dai contribuenti, fondi che la Regione Lazio aveva stanziato per altro uso. Il Comune li aveva chiesti per la riqualifica del parco di Radimonte e per un generico sacrario “al Soldato”, progetto senz’altro discutibile ma non equivalente alla commemorazione di Graziani, che pare non fosse menzionato in nessun documento.
Il podestà Il sindaco Ercole Viri si è difeso dicendo che «ad Affile quando si dice “il Soldato” si intende solo Graziani». Ah, beh, non fa una piega. Prosegui la lettura ›