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Matteo Pucciarelli

Il linguaggio belligerante e il diritto di dissentire. Un estratto dal nuovo libro di Matteo Pucciarelli «Guerra alla guerra»

Il nuovo libro di Matteo Pucciarelli (Livorno, 1984). «Un libro reportage per raccontare le storie e i protagonisti di un pensiero critico, alto e silenziato di cui ci sarebbe bisogno oggi più che mai.»

[Esce in questi giorni per i tipi di Laterza il nuovo libro di Matteo Pucciarelli, Guerra alle guerra. Guida alle idee del pacifismo italiano.

Il capitolo 8, di cui riportiamo ampi estratti e che s’intitola «Guerra nelle parole. Il linguaggio belligerante e il diritto di dissentire», è in larga parte imperniato su un’intervista a WM1 realizzata nel settembre 2022 e sul lavoro critico fatto da Wu Ming nel pieno dell’emergenza pandemica, durante un coprifuoco dell’anima durato un biennio. Pucciarelli getta uno sguardo retrospettivo su quel lavoro, lo riconsidera e ne prolunga diverse linee.

Non capita ogni giorno – anzi, non ci era ancora capitato – di veder riconoscere legittimità e valore a quelle nostre riflessioni e prese di posizione in un testo pubblicato da una delle principali case editrici del Paese.

Il fatto che a riconoscerlo sia un giornalista che lavora a Repubblica, il quotidiano che più si mostrò forsennato nella caccia all’untore – ossia, nelle varie fasi: al «furbetto», al «negazionista», al «nomask», al «novax», al «nogreenpass» ecc. – e che oggi ha il primato della retorica guerrafondaia rende l’evento ancor più importante.

Grazie dunque a Matteo, e buona lettura. WM]

di Matteo Pucciarelli

«Narrazioni tossiche»*: è questa la definizione che il collettivo di scrittori Wu Ming ha dato a tutta una serie di distorsioni e mistificazioni di parole, in questa guerra che solo dopo si combatte con i fucili o con i droni telecomandati, con la violenza e la prevaricazione, ma prima è fatta di un sapiente e costante lavoro di decostruzione culturale. Il 1° marzo 2022 sul loro sito, Giap, pubblicarono un lungo articolo. Titolo: Una dichiarazione – politica e di poetica – sul virus del militarismo nel corpo sociale. Scrivevano:

«Oggi militarismo e bellicismo sono totalmente sdoganati, non li mette in questione quasi nessuno. Abbiamo visto due marò accusati di omicidio trasformati in eroi della patria. Abbiamo visto l’esercito schierato nelle strade con compiti di ordine pubblico. Lo abbiamo visto fare propaganda nelle scuole elementari. Soprattutto negli ultimi due anni abbiamo subito la militarizzazione spinta della gestione pandemica, con il ricorso a una retorica bellicista, il tricolore ovunque e un generale in mimetica a rappresentare la campagna vaccinale. L’emergenza pandemica come ‘guerra al virus’»

Il parallelismo tra le guerre vere e quella sanitaria poteva pure sembrare ardito, ma era un fatto: [la pandemia] l’avevamo noi stessi letta, raccontata e vissuta come un’esperienza di tipo militare. Prosegui la lettura ›

La Q di Qomplotto, nuovo speciale | La verità su True Detective 1, La Q di Podqast 4 («Di(s)visioni»), recensioni e interviste

Foto di scena da True Detective, prima stagione, 2014. Sullo sfondo, il «crazy wall» di Rust Cohle.

Svariate novità sul fronte de La Q di Qomplotto più una sensazionale rivelazione, che terremo per ultima o quasi.

■ L’intervista di Giuseppe Genna a Wu Ming 1 preannunciata nello scorso speciale è uscita su L’Espresso ed è ora disponibile sul sito del settimanale. Fatta salva l’apparizione (subito all’inizio) dell’aulico termine «regesto», lo scambio è comprensibile. Genna e WM1, che quando hanno occasione di interagire s’involano nel cabalistico, stavolta si sono contenuti. Si parla anche del potere dei libri, dei motivi per cui il romanzo rimane importante e dei tragitti sovente ingarbugliati che compie l’intelligenza collettiva.

N.B. C’è chi vede il contenuto “in chiaro” e chi lo vede solo per abbonati. Pare dipenda dai browser e dalle extension per la privacy e/o antipubblicitarie installate (nel senso: chi ce le ha, come noi, vede la pagina “in chiaro”).

Quando il «game» ci è scappato di mano. Su Linkiesta, a partire anche da La Q di Qomplotto, una riflessione di Guido Vitiello sulle dinamiche della «singolarità cospirazionista» e sul fondato rischio che con QAnon, come suol dirsi, non abbiamo ancora visto niente. «Da secoli le famiglie cospirazioniste hanno la fregola di ricongiungersi, se non altro perché condividono lo stesso codice genetico, ossia sono cresciute intorno agli stessi processi mentali sbilenchi, allo stesso stile paranoide, alla stessa ermeneutica deforme: quando si incontrano, sentono aria di casa. Questi viaggi di ricongiungimento potevano compiersi un tempo solo lungo mulattiere sconnesse e su mezzi di fortuna, di modo che le teorie del complotto si agglutinavano a gruppetti di due, di tre, di quattro. Ora, viaggiando sulla grande Rete e sul filo del chiacchierìo social, finalmente hanno trovato il modo di radunarsi in un grande sabba familiare […]»

■ È on line la quarta puntata de La Q di Podqast, intitolata «Di(s)visioni» (una citazione dal collega China Miéville). Puntata condotta dall’antropologa Stefania Consigliere, autrice di diversi libri tra cui il recente Favole del reincanto. Molteplicità, immaginario, rivoluzione. Registrata il 22 aprile scorso, la chiacchierata prende le mosse da un quesito prettamente antropologico – cosa succede alle collettività “prese” dalle fantasie di complotto? – ed è (finora) quella che più interroga l’emergenza pandemica, con le sue insensatezze e aporie, i suoi danni per nulla “collaterali” e il cospirazionismo come risposta spesso disperata alla situazione. Una disperazione che andrebbe compresa, senza pensare di cavarsela col dileggio.

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Speciale La Q di Qomplotto | On the road, interviste, recensioni, torri misteriose e La Q di Podqast 3 (Streghe)

Q di Podqast■ Dopo l’esaltante tappa in Valsusa, che ha segnato il nostro ritorno alle presentazioni, ecco altre due date: quella definitiva al centro sociale Cantiere di Milano – 13 maggio, e non 7 come annunciato in precedenza – e quella all’Arena Orfeonica di Bologna (via Broccaindosso 148), 15 maggio. Altri dettagli seguiranno. Ancora “orbitanti” le date di giugno e settembre (WM1 non è disponibile a luglio e agosto). Ribadiamo: per vari motivi non sarà possibile farne molte, anzi, saranno davvero poche, ma intanto si è riaperto il sentiero.

■ È on line la terza puntata de La Q di Podqast, intitolata «Streghe». Stavolta il tema è il ruolo delle donne nelle fantasie di complotto e nelle tribù del cospirazionismo, partendo da QAnon e andando a ritroso nella genealogia. Wu Ming 1 prova a scansare il rischio del mansplaining – ma in qualche modo ci casca uomospiegando il suddetto rischio, non se ne esce 🙄 – “limitandosi” a introdurre un importante intervento di Selene Pascarella, giornalista e criminologa, autrice dei libri Tabloid Inferno e Pozzi, entrambi editi da Alegre, e dell’inchiesta in tre puntate «I satanisti ammazzano al sabato».
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Don #Inzoli manda avanti l’avvocato. Solidarietà a Matteo Pucciarelli

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[Prosegue l’inchiesta di Giap sull’uso politico di querele e cause civili. Stavolta Luca Casarotti si occupa dell’ultima mossa di don Inzoli, uno dei potenti del mondo CL, per quindici anni presidente del Banco Alimentare, condannato dalla stessa Chiesa cattolica per abusi su minori.

Siamo stati tra i primissimi (e pochissimi) a occuparci della vicenda fuori da Crema, dove la notizia è rimasta a lungo confinata. Sono dovuti trascorrere sette mesi dal nostro post perché il suo nome apparisse nei media nazionali, dopo la sua imbarazzante comparsata a un convegno omofobo, occasione che ha radunato in una sola sala milanese il jet set catto-camerata-leghista lombardo.

Chiariamo un punto: noi abbiamo denunciato per anni – erano i tempi del Luther Blissett Project – gli abusi giornalistici e giudiziari generati dall’isteria di massa sulla pedofilia. Abbiamo fatto contrinformazione, ci siamo occupati di persecuzioni mediatiche, ingiuste detenzioni, condanne frettolose. La pece e le piume non sono dunque parte del nostro percorso. Il giudice, lo sbirro, il giustiziere che agita un cappio, l’indignato in zona Cesarini… Sono ruoli che lasciamo volentieri ad altri. Il punto era ed è un altro: abbiamo iniziato a seguire il caso perché i media nazionali, in piena concordia multipartisan, lo hanno fin da subito sepolto nel silenzio. Per lunghi mesi nessun grande mezzo di informazione ha dato la notizia – piuttosto rilevante per la vita pubblica! – che un boss ciellino, capo carismatico di un ente caritatevole di quelli che tutti hanno l’istinto di difendere, era stato riconosciuto dalla chiesa stessa colpevole di gravi abusi.

L’impressione, davvero forte, è che Inzoli sia stato tutelato dai media, e con impressionante serratezza di ranghi. Caso più unico che raro, in circostanze del genere. Chiunque altro – magari innocente – lo avrebbero spolpato vivo, lui invece restava innominato, persino nei giorni in cui le pagine si riempivano di chiacchiere sui preti pedofili.

Tutto ciò emanava cattivo odore, forse di «larghe intese», chissà… e a dire il vero lo emana ancora. Sì, perché dopo l’affaire del convegno milanese, tutti hanno parlato di Inzoli, ma descrivendolo perlopiù come un pretonzolo qualsiasi. Pochi hanno ricordato le sue cariche, i suoi incarichi nel braccio economico di CL, le sue amicizie ai vertici del mondo politico e nel cuore del capitalismo italiano.

Matteo Pucciarelli ha perforato quel velo, soprattutto nell’intervista al parlamentare di SEL Franco Bordo. Intervista che, come state per leggere, a Inzoli ha dato molto fastidio. Buona lettura – WM] Prosegui la lettura ›