Il vittimismo fascista nelle città italiane: storia di una lapide.

di Wu Ming 2

Il 18 novembre di ottantacinque anni fa diventavano operative le sanzioni commerciali decise dalla Società della Nazioni contro il Regno d’Italia, dopo l’invasione fascista dell’Etiopia. Due giorni prima, il Gran Consiglio del Fascismo decideva che in tutti i municipi del paese doveva essere murata una lapide a ricordo dell’assedio economico.

Si dispose che le targhe fossero scolpite su una lastra di marmo di Carrara, in tre diverse dimensioni, ma con il medesimo stile e la stessa iscrizione:

18 novembre 1935, XIV. A ricordo dell’assedio / perchè resti documentata nei secoli / l’enorme ingiustizia / consumata contro l’Italia / alla quale / tanto deve la civiltà / di tutti i continenti.

Il testo era in linea con il tipico vittimismo all’italiana, gonfiato dalla propaganda di regime, dal momento che l’embargo durò appena otto mesi e fu tutt’altro che “enorme”, visto che vari paesi lo aggirarono, trovarono scuse e cavilli, mentre altri – come gli Stati Uniti – nemmeno facevano parte della Società delle Nazioni. Prosegui la lettura ›

A cosa serve l’epiteto «negazionista» e quale realtà contribuisce a nascondere

«Io dico sì a tutto, per non farmi dare del negazionista.»

di Wu Ming

Video “virali” del tizio o della tizia che gliele canta ai «negazionisti»; titoloni sul pericolo «negazionisti»; invettive contro i «negazionisti»; satira sui «negazionisti», grasse risate! I «negazionisti» sono ovunque, ed è colpa loro se le cose vanno male. Ecco allora i nostri eroi, i prodi che li contrastano, gettando loro guanti di sfida: «Vengano in terapia intensiva, i negazionisti!»

Sono sfide a nessuno, invettive contro fantasmi, colpi sparati nella nebbia. Chi sarebbero i «negazionisti»? Sì, esistono frange secondo cui la pandemia sarebbe finta, ma sono ultraminoritarie. In genere, nemmeno chi è aperto a fantasie di complotto su Bill Gates, i vaccini e quant’altro nega che sia in corso una pandemia e che il virus uccida. E allora di chi si sta parlando?

Il termine «negazionista» ha ormai una storia pluridecennale. Coniato negli anni Ottanta per definire personaggi come David Irving, Robert Faurisson o Carlo Mattogno, secondo i quali nei lager nazisti non sarebbero esistite camere a gas né sarebbe avvenuto alcuno sterminio sistematico di ebrei e altri prigionieri, in seguito è stato esteso a sempre più ambiti, diventando un’arma nelle culture wars del XXI secolo. Prosegui la lettura ›

Cronache dall’Assurdistan: DAD & coprifuoco fino alla vittoria!

di Wu Ming 4

Ieri pomeriggio, insieme ai miei due soci, sono stato in Piazza Maggiore a Bologna, alla manifestazione per chiedere la riapertura delle scuole superiori. Considerato il clima plumbeo del paese, e la scarsa pubblicizzazione dell’evento – praticamente solo tam tam – e nessuna sigla di peso a organizzarla, è stata piuttosto partecipata. Faccio fatica a quantificare, perché dovendo stare distanziati occupavamo una superficie tripla rispetto al normale.

Tagliando un po’ con l’accetta, si può dire che abbiamo ascoltato due tipi di interventi. Quelli degli adulti – genitori e docenti – che spiegavano come la DAD non si possa in alcun modo considerare scuola e come le scuole siano luoghi più sicuri di altri, essendo sotto protocollo, dove ragazzi e ragazze sono più controllati anziché no; e quelli degli studenti delle scuole superiori, che dicevano la stessa cosa, ma parlando della propria esperienza diretta. Devo dire che i giovani mi sono parsi estremamente efficaci, benché la partecipazione fosse prevalentemente di adulti.

L’intervento più fuori contesto lo ha fatto l’unico studente universitario che è intervenuto. Prosegui la lettura ›

L’Uomo Calamita. Se non possiamo raccontarvelo in teatro… ve lo raccontiamo lo stesso.


Questa sera, sabato 7 novembre, alle ore 21, avremmo dovuto portare in scena L’Uomo Calamita, al teatro San Faustino di Sarezzo, in Val Trompia. Sarebbe stata la prima recita della tournée autunnale, dopo che le date di primavera erano saltate tutte, Dpcm dopo Dpcm.

Per l’occasione, avevamo già ristampato il libro, con il racconto di Wu Ming 2 da cui è tratto lo spettacolo, impreziosito dalle illustrazioni di Marie Cécile. La casa editrice Strane Dizioni ne ha tirate 1000 copie, visto che la prima edizione era andata esaurita dopo una decina di repliche.

La vicenda è ambientata durante la seconda guerra mondiale, quando il fascismo proibì gli spettacoli girovaghi degli “zingari” e iniziò a rastrellarli e concentrarli “sotto rigorosa vigilanza”. Vista la situazione, una compagnia di circensi, guidata dall’enigmatico “Uomo Calamita”, mette i propri superpoteri magici e funambolici al servizio della Resistenza antifascista.

L’azione scenica è un “oggetto narrativo non identificato” che mescola numeri da circo,  letteratura declamata, ritmi di batteria, musica elettronica e mesmerismo.

Non potendo esibirci dal vivo, né volendo ricorrere allo streaming, abbiamo pensato che L’Uomo Calamita (il libro) è l’unico modo che abbiamo per portare in giro, nonostante le zone rosse/arancio/gialle, la storia che Giacomo Costantini, Fabrizio “Cirro” Baioni e Wu Ming 2 avrebbero raccontato sulla pista del circo El Grito e nei teatri della Penisola. Prosegui la lettura ›

Il diario dell’eroe. Le ultime parole di Gilberto Centi

Esce oggi, per la casa editrice Pendragon, Il diario dell’eroe, raccolta di scritti di Gilberto Centi – poeta, scrittore, performer, giornalista culturale – tra i quali spicca l’opera che dà il titolo al volume, sulla quale Gilberto stava ancora faticando quando la morte gli impedì di proseguire il lavoro, nella prima estate del nuovo millennio.

Ci sono voluti vent’anni, a inseguire scatoloni e riordinare fogli volanti, tra l’Aquila e Bologna, perché questo libro vedesse la luce, e vecchie promesse venissero mantenute. Il grande lavoro di riordino dei materiali si deve a Vincenzo Bagnoli, ma un contributo importante a quest’uscita tanto attesa, lo hanno dato anche Valerio Monteventi, Cesare Ferioli e Mavi Gianni.

Noi abbiamo scritto, per l’occasione, un breve ricordo di quel nostro “fratellastro maggiore”, come già avevamo fatto vent’anni fa, a botta calda, quando ci arrivò la notizia della sua scomparsa.

«Gilberto – scrivemmo allora – appartiene a una stagione delle nostre vite e a un’epoca che forse si è chiusa, perché si potesse dare inizio a qualcosa di diverso. Succede sempre nella storia. Ma ce lo ricorderemo, altroché. E francamente spero che lo faremo ridendo, in tempi interessanti. Quelli che ci ha aiutato a inaugurare.»

I tempi sono senz’altro interessanti. Vediamo se ci riesce anche di ridere. Prosegui la lettura ›

Blank Space QAnon. Sul successo di una fantasia di complotto come gioco collettivo di interpretazione testuale

English version here.

di Florian Cramer e Wu Ming 1

QAnon – il movimento secondo cui Donald Trump combatte una guerra segreta contro élites sataniste e pedofile – non è la solita credenza complottistica, ma funziona come un gioco collettivo di interpretazione testuale. Questo è anche il motivo della sua spropositata diffusione, che ora abbraccia i soggetti più diversi, dai Reichsbürger tedeschi [convinti che il Reich esista ancora e che la Repubblica Federale di Germania sia una compagnia senza basi legali registrata a Francoforte] a chi nega che sia in corso una pandemia. Il fatto che la premessa narrativa di QAnon derivi da un assemblaggio di fonti letterarie e della cultura pop – tra le quali un romanzo del 1999 scritto anche da uno dei due autori di quest’articolo – non suscita dubbi nei seguaci.
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Epidemie e controllo sociale di Andrea Miconi è un libro importante, togliamolo dal cono d’ombra e dall’oblio

Epidemie e controllo socialedi Wu Ming

Grazie a una recensione di Roberto Ciccarelli sul Manifesto abbiamo letto – si divora in un’ora e mezza – il pamphlet di Andrea Miconi Epidemie e controllo sociale (Manifestolibri, 2020).

Abbiamo scoperto che è uscito a giugno, il che non toglie assolutamente nulla alla sua attualità, anzi: dimostra senza equivoco che i nodi di fondo sono rimasti gli stessi. Tutti.

Non conosciamo i motivi per cui il Manifesto lo ha recensito solo quattro mesi dopo. Altre recensioni per ora non ne abbiamo viste, fino all’altro giorno di quest’uscita non sapevamo nulla. L’impressione è che non sia nemmeno semplice reperirlo. Molti fattori, su cui è inutile soffermarsi qui, sembrano aver remato contro la sua diffusione.

Ma è un libro importante e merita molto miglior sorte.

Miconi è un sociologo, per la precisione un sociologo dei media, e qui propone una sintesi ragionata, scritta benissimo e puntuta, delle narrazioni tossiche della primavera scorsa, le stesse con cui ci ritroviamo ad avere a che fare in questi giorni. Prosegui la lettura ›