A proposito del Po in secca, dell’«emergenza idrica» e di come raccontare quel che sta accadendo

Questa foto è del 2017.

Ci investe l’ennesima ondata di immagini del Po in secca, e ogni volta i media fingono stupore. Si parla di «emergenza idrica», ma l’espressione evoca uno stato di improvvisa eccezionalità ed è perciò falsante, sottilmente eufemistica e diversiva.

Ricordiamo che il futuro del Po, del suo delta, delle terre che circondano il suo corso tra Emilia e Veneto è proprio il tema del progetto Blues per le terre nuove, che Wu Ming 1 ha descritto qui.

Ricordiamo l’apparente paradosso di quel territorio: la siccità, insieme alla subsidenza del suolo e ad altre dinamiche in corso, agevola l’ingresso dell’Adriatico, che nel frattempo si innalza per lo sciogliersi dei ghiacci polari. La mancanza d’acqua prefigura un mondo sommerso. Di questo non parla nessuno. Riportiamo alcuni stralci del testo linkato sopra:

«L’Adriatico reclama già la costa. Ogni tanto divora decine di metri di spiaggia in un sol colpo irrompendo negli stabilimenti balneari. Lo fa sempre più spesso. In una di quelle occasioni, nell’inverno 2018, sul quotidiano La Nuova Ferrara ho letto l’ossimoro “fenomeni eccezionali sempre più ricorrenti”.

L’Adriatico reclama i corsi dei fiumi. Il Po è indebolito dalla siccità, dalla scomparsa dei ghiacciai e nevai alpini, dall’incuria… Durante l’estate il mare è più alto e più forte, e risale il fiume per chilometri e chilometri, creando problemi all’agricoltura – con quell’acqua non puoi irrigare i campi – e pericoli per la falda potabile. Nel 2017 l’intrusione ha toccato i diciotto chilometri, superando l’asta della Romea. Il record risale però al 2006, quando l’ingressione fu di trenta chilometri e mandò in tilt l’acquedotto di Taglio di Po. Dai rubinetti usciva acqua salata.

L’Adriatico reclama persino l’aria. La sua acqua sempre più calda favorisce il formarsi di trombe marine e tornado che si abbattono sulle coste con crescente intensità e violenza.»

Parte del progetto Blues per le terre nuove è stato un laboratorio di scrittura collettiva su territorio bassopadano e mutamenti climatici, tenutosi nella biblioteca comunale di Ostellato (FE) nel triennio 2018-2020. L’esito dell’esperimento è il libro Quando qui sarà tornato il mare. Storie dal clima che ci attende, un «romanzo a mosaico» firmato con lo pseudonimo collettivo Moira Dal Sito.

Uscito per le edizioni Alegre nell’ottobre 2020, il libro colse in pieno la «seconda ondata» di chiusure e restrizioni pandemiche, che dopo i timidi riavvii di quell’estate ricongelarono il mondo della cultura, bloccando l’organizzazione di eventi in librerie, circoli e biblioteche pubbliche. Non fu dunque possibile presentare l’opera, che faticò ad attirare l’attenzione. Per due anni l’unica emergenza di cui si poteva e doveva parlare era il Covid. «Del clima ne parliamo dopo».

Nel frattempo, il clima non ci ha aspettato, il dopo è arrivato e ci rendiamo conto di quanto altro tempo abbiamo perso, di quanto l’ossessione per la «guerra al virus» abbia peggiorato la situazione.

Negli ultimi mesi, a scoppio ritardato, molte persone e realtà collettive si sono accorte di Quando qui sarà tornato il mare. Arrivano inviti e si è riusciti a presentarlo già cinque volte. Il prossimo evento sarà a Bologna, il 27 giugno alle h.19, all’Arena Orfeonica di via Broccaindosso 50.

Sempre a Bologna, il 7 maggio scorso, per la precisione alla libreria Modo Infoshop, si è svolta una presentazione congiunta di Quando qui sarà tornato il mare e del libro Niente da vedere. Cronache dal Polesine e altri spazi sconfinati di Sandro Abruzzese e Marco Belli.

La discussione è stata parecchio interessante, ma la registrazione soffriva di un problema tecnico: si sentiva un costante sfrigolio, forse causato dalla “massa” di un microfono difettoso. Affidato a Giroweedz, che ringraziamo di cuore, il file è stato abilmente ripulito e così, finalmente, possiamo renderlo disponibile. Durata: 1h 37″. Buon ascolto.

Presentazione a Modo Infoshop, 7 maggio 2022

Anche ascoltabile su – e scaricabile da – Radio Giap Rebelde, la nostra audioteca. Su Archive.org e su Apple Podcasts.

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2 commenti su “A proposito del Po in secca, dell’«emergenza idrica» e di come raccontare quel che sta accadendo

  1. 1.Non so se siate già pronti ad accettare commenti..
    In ogni caso.. sullo “stato di eccezione” oramai in questi ultimi due anni vedo in rete si stanno scrivendo letteralmente fiumi.. di parole. L’eccezione è ripetuta.
    A me sempre, la prima immagine che viene in mente quando vedo la foto del fiume Po in secca, è l’immagine degli scariolanti.
    Uomini in canotta sotto il sole con le loro carriole che vanno a pulire gli argini ed i letti dei fiumi, a togliere tronchi, a portare la terra dall’alveo agli argini per consolidarli. Per evitare che le vicine ed inesorabili piene, non travolgano tutto, e che i tronchi galleggianti non travolgano i ponti. Perché il paesaggio, ci piaccia o no, è creato anche dal lavoro inarrestabile nei millenni dell’uomo, ed è un insieme di saperi e rispetto acquisito gradualmente nei millenni, e che ora stiamo perdendo.
    Bisognerebbe fare questo, ora, oltre ad elaborare un piano più lungimirante per combattere la siccità. Bisognerebbe deporre le armi, e deporre il costruirle.
    Riaffermare una fratellanza dei popoli, un rispetto reciproco, e non già forse una redistribuzione reciproca della recchizza, perché non tutti vogliono il frigorifero, ma forse la redistribuzione della dignità del poter esistere, come individui o come popoli, ognuno con le sue specificità.
    La dignità ed il rispetto se un popolo lo desidera, di vivere con le canoe e sulle palafitte lungo il rio delle Amazzoni.

    • 2.Schiacciati come siamo, nel nostro paese dal filo-neo-imperialismo da un lato, ed il fascismo tour court dall’altro, dobbiamo rivedere la nostra concezione di “progresso”.

      W. Benjamin, che assistette al bagno di sangue della prima guerra mondiale, e di fronte l’ulteriore dilagante follia dell’uomo, scrisse:
      “La tradizione degli oppressi ci insegna che lo “stato di emergenza” in cui viviamo e’ la regola. Dobbiamo giungere a un concetto di storia che corrisponda a questo fatto. Avremo allora di fronte, come nostro compito, la creazione del vero stato di emergenza; e cio’ migliorera’ la nostra posizione nella lotta contro il fascismo. La sua fortuna consiste, non da ultimo, in cio’ che i suoi avversari lo combattono in nome del progresso come di una legge storica. Lo stupore perche’ le cose che viviamo sono “ancora” possibili nel ventesimo secolo e’ tutt’altro che filosofico. Non e’ all’inizio di nessuna conoscenza, se non di quella che l’idea di storia da cui proviene non sta piu’ in piedi.”

      Così come ieri si poteva esser derisi solo a pensare di accettare come plausibile che questa guerra sia già continuata anche con la pandemia, ed i vaccini siano stati la suprema arma di difesa di massa, oggi si sarebbe derisi forse se si dovesse di andare a prendere le carriole, per evitare le devastazioni future, mentre le analisi critico/filosofiche spesso lungimiranti, sono sempre più piccoli grandi tesori per pochi estimatori, mentre i quaqquaraquà sono innalzati ad oracoli.
      Forse aveva ragione Baudrillard, nella nostra epoca, ogni manifestazione dei fenomeni non sono altro che simulacro di sé stesse.

      Sono stata lunga, scusate, non sapevo se i commenti fossero aperti, se vi fosse ancora il limite, ed ora è molto tardi per tagliare.
      Prometto che farò meglio..

      PS. il nostro spogliatoio, ad oggi e da allora, è ancora senza acqua.. dubito che a questo punto arriverà a breve, beh.. di noi sanitarie non si potrà dire certo che non siamo state parsimoniose..

      Tat tvam asi.
      Tu sei il mondo ed il mondo è te.
      Noi siamo il mondo ed il mondo.è anche noi.
      prendiamoci cura..

      Grazie di poter essere nuovamente da voi e con voi..