I diciotto di Cortecchio e la Lupa Verde. Storie di Resistenza e scarpinate sull’Appennino.

Partigiane e partigiani della 36ª Brigata Garibaldi al comando di Ca’ di Gostino (RA)

Lunedì 24 febbraio avevamo in programma un doppio incontro in quel di Vercelli: la mattina, all’Università del Piemonte Orientale, con le studentesse e gli studenti del corso di Letteratura Italiana, tenuto dalla professoressa Stefania Sini e quest’anno dedicato ai nostri romanzi; il pomeriggio, nella biblioteca comunale, in collaborazione con l’ANPI, per un appuntamento intitolato «Resistere raccontando, raccontare la Resistenza. La lotta partigiana nei libri del collettivo Wu Ming».

Entrambi sono saltati, letteralmente dall’oggi al domani, per l’irrompere dell’emergenza Coronavirus.

Il primo rendez-vous è uno dei pochissimi eventi “dal vivo” che abbiamo recuperato a distanza, perché ci sembrava davvero brutto negarci al confronto con chi per settimane ha studiato le nostre storie.

Il secondo è rinviato a data da destinarsi, ma di certo, quando sarà possibile, si parlerà di due brigate partigiane, che più delle altre sono presenti nei libri del collettivo: la 36ª Brigata Garibaldi (Asce di Guerra, Grüne Linie) e la Brigata Stella Rossa (54, Il sentiero degli dei).

L’una e l’altra, per noi, non sono soltanto uno scrigno di aneddoti e vicende: sono sentieri, case diroccate, boschi e soprattutto due volti, quello di Graziano Zappi, detto Mirco, morto a novant’anni, il 16 novembre 2017, e quello di Carlo Venturi «Ming», classe 1925, scomparso nella primavera del 2009.

Uno dei primissimi episodi nell’epopea della Trentaseiesima, che vide protagonista anche Mirco, allora sedicenne, è lo spunto per l’intervento che Wu Ming 2 ha registrato, in occasione del 25 aprile, su invito dell’ANPI Pavia – Circolo Onorina Pesce Brambilla.

Ve lo proponiamo perché, sebbene sia stato inciso una settimana fa, ci suona ancora più intonato come coronamento delle tante testimonianze di Liberazione che abbiamo raccolto nel fine settimana, e come proposito per i giorni a venire.

Wu Ming 2 – I diciotto di Cortecchio – Durata: 20’07”
Wu Ming 2 – I diciotto di Cortecchio

Proprio una delle testimonianze che sono arrivate alla nostra casella di posta, ci ha particolarmente colpito perché riguarda il territorio della Brigata Stella Rossa, la memoria viva delle sue imprese, le tracce di “Lupo”, dei lupi e delle lupe, il camminare come strumento per dialogare coi luoghi e le normalissime, necessarie, liberanti evasioni di Alpinismo Molotov.

Ecco il testo che ci è arrivato, a corredo del materiale fotografico che potete sfogliare cliccando sull’immagine sottostante. Uno dei tanti esempi che non è poi così difficile evadere dalla paura.

Tectologia della libertà, direbbe il nostro Bogdanov.
Stella Rossa vince!, griderebbe Ettore Bergamini.
All’attacco Garibaldi!, gli farebbe eco «il vecchio Bob, che non poté diventare vecchio.»
Sì, dioboia, avanti!

La staffetta della lupa verde
Costell-azione in cammino

Valle del Reno, 25 aprile 2020

Da quando è iniziato il lockdown abbiamo assistito all’aumento delle tracce dei lupi attorno alle nostre case e all’infittirsi delle piste create dalle loro impronte. Per giorni le abbiamo seguite in solitaria, così i lupi e noi abbiamo potuto incrociarci senza fare branco. Arrivati alla vigilia del 25 aprile abbiamo deciso di unire i cammini solitari di ognuno disegnando una staffetta che potesse raggiungere Monte Sole, un’idea che è nata e cresciuta spontaneamente nel corso di poche ore, prendendo forma man mano che il richiamo rimbalzava nella valle. Abbiamo deciso di passarci come testimone i nostri pensieri fioriti sulla carta, riempiendo uno zaino che è partito all’alba da Sasso Marconi, ha scavalcato le montagne che sovrastano Marzabotto, Pian di Venola, Pioppe di Salvaro e ha guadato il Reno per arrivare all’imbrunire in cima a Monte Sole, dove disegni e poesie hanno intessuto un riparo dal vento per il Cippo Stella Rossa.

Quando si è fatta notte in tutte le nostre case abbiamo acceso un fuoco e la costellazione ha brillato nella valle abbracciando il territorio in cui viviamo, che a sua volta abbraccia noi con selvatica bellezza e con il suo intreccio di storie, in un legame di appartenenza che ci fa provare un prezioso senso di libertà.

Lupe e Lupi della Valle del Reno

Clicca per vedere la galleria di foto.

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4 commenti su “I diciotto di Cortecchio e la Lupa Verde. Storie di Resistenza e scarpinate sull’Appennino.

  1. Un ottimo esempio di resistenza gioiosa e colorata, di grande valore esistenziale.
    I miei ultimi ricordi di montagna sono legati alla neve, sempre neve, fino alla ricerca spasmodica del couloir da 45° di fine Aprile-primi Maggio. Una nevrosi!
    Questo momento di allegra obbedienza a principi morali ingigantisce la mia sensazione di trovarmi in una stanza imbottita.
    In Italia non c’è stato fin’ora -ma se non ora, quando?- un dibattito pubblico sulle misure prese dal Governo.
    Mi ha stupito sentire Eric Zemmour (“il peggio ma non un imbecille” secondo Jaques Attali) e una specie di sepolcro imbiancato che gli fa da spalla in una trasmissione in cui sono ospiti fissi, prendere posizione, entrambi, contro il confinamento.
    Nelle nostre televisioni, che io sappia (non vedo la T.V. da più di 10 anni, ma certe notizie vengono fuori), zero.
    Speravo, neanche tanto, nello scaccino di Venezia, ma cosa sperare da uno che va a genuflettersi in quel di Bose? Ma possibile? Eppure i Tribunali della Coscienza non ci sono più da tanto tempo!

  2. Che bella storia, che belle storie.
    Per me questo è l’esempio lampante di quello che gente come me vorrebbe fare con una maggiore libertà nella situazione odierna, e che ho sempre fatto anche se non in Italia. Vivere la natura e la storia dei luoghi che ci circondano, non fare aperitivi o rischiare contagi.

    Capisco che sarebbe difficile gestire un flusso di gente che si sposta dalle citta, e forse per queste persone (per me, che ci vivo) le stesse possibilità di spostamento non ci sarebbero, purtroppo.
    Ma davvero i sindaci leghisti di paesini locali vogliono togliere la libertà di farsi una camminata in posti dove non incontri anima viva? Per cosa? Far vedere che ce l’hanno più lungo del sindaco del paesino affianco? Ho sentito varie testimonianze di situazioni analoghe, e sono molto perplesso.

    Grazie per aver condiviso una bella esperienza che non ha senso vietare.

  3. Bellissima la testimonianza anche fotografica, della staffetta della Lupa verde per raggiungere Monte Sole. E molto importante la riflessione nell’ audio. La parabola dei “diciotto dell’ albergo” è di una attualità bruciante. Mi sono molto interrogata in questi giorni, all’ indomani delle nostre commemorazioni, sull’importanza di dare una diffusione (e come) a questi contenuti, che da un lato sono stati vissuti da passivi spettatori come momento di personale gratificazione, come forma di libidinoso appagamento per interposta persona e, dall’altro, come espressione di protagonismo mediatico ( da tutti quei rosiconi celoduristi, invasati del lockdown, la cui vita normalmente,e già da prima, si svolgeva solo sui social) e, sia l’ una che l’ altra considerazione, mi hanno provocato un forte senso di disagio. Ma la componente in molti casi, involontaria e non premeditata, di sovraesposizione mediatica che comporta l’ infrazione di queste regole è una parte integrante della sua trasmissione. Le immagini viaggiano più in fretta delle parole ed esercitano una maggiore impressione. Ed è proprio nelle pieghe di questa riflessione che si inscrive un solco tra la vita virtuale ( di molti) e quella reale: nella scelta dei diciotto di andare nell’ albergo si riassume la differenza tra guardare e vivere, fra essere spettatori ed essere parte attiva. Fra i vari contenuti pubblicati qui mi è piaciuto molto il video di Nexus ( e della sua “banda”) perché, nella baraonda delle accecanti proposte visive, sublimava un atto di resistenza in un gesto teatrale, con quella potenza di immagine strutturata che porta dietro di sé una costruzione che non può essere facilmente demolita, creandosi intorno una “zona franca”. La potenza del teatro in fondo è questa: non si pone il problema dei numeri per affermare una idea o un un principio, per compiere una azione teatrale e politica. E nella teatralità politica dell’ azione, anche se agita da pochissimi, risiede un valore rivoluzionario, che può sopravvivere all’ immondezzaio mediatico, senza finire nel trita-rifiuti.

  4. Segnalo qui la tristissima notizia della fine della fuga di Papillon, nome di battesimo istituzionale m49. Solo una sigla, non un essere vivente. Papillon è stato definito un ” latitante “, un ” piantagrane” e nei suoi confronti è stato emesso un “mandato di cattura”. Questa è stata la riduzione giornalistica dell’esistenza di un essere nato libero e senza padroni. Non hanno saputo trovare altre parole per raccontare la sua storia, adeguando il racconto alla imprescindibile narrazione del lockdown. Il suo unico crimine è quello di volere essere libero. Anche nel suo caso, la sua profonda aspirazione alla libertà è stata considerata una velleità. Papillon è responsabile della “distruzione” di proprietà appartenenti ad esseri umani per un importo di ventimila euro. Da questo dipendono ora la sua vita e la sua libertà.