Radio Giap Rebelde – Due compagni: Anatrino e Stefano Tassinari

 

Il video che vedete sopra mostra l’attrice Laura Garofoli (ci sembrava di averla già vista, poi ci siamo ricordati dove: Boris 3!) nei panni del compagno (della compagna!) Anatrino. Non solo l’interpretazione è azzeccatissima, ma il divenire-donna del papero proletarizzato e comunista rende il testo ancora più insurrezionale. Chissà perché non ci aveva ancora pensato nessuno. Il luogo è il teatro comunale “Carlo Levi” di Genzano (RM) occupato da un gruppo di studenti e precari. Il momento è la serata del 13 dicembre scorso. La performance è il reading da Anatra all’arancia meccanica diretto da Giuseppe “Nexus” Gatti.

Di seguito, due recentissime presentazioni di (Nuova rivista) Letteraria, una a Roma e l’altra a Bologna, entrambe in un’università, entrambe riuscitissime, molto diverse tra loro.

COSA PUÒ LA LETTERATURA – MARIA ROSA CUTRUFELLI E WU MING 1 – 2 h 07′ 39″
Cosa può la letteratura. Con Maria Rosa Cutrufelli e Wu Ming 1. 2 h 07′ 39″. Facoltà di Lettere, Università La Sapienza, Roma, 10 dicembre 2012. Presentazione organizzata dal collettivo di Lettere – AteneInRivolta in combutta con Edizioni Alegre. Con letture dai libri di Stefano Tassinari Riflesso di ruggine (Coop. Charlie Chaplin, 1981) e D’Altri tempi (Alegre, 2011).
[N.B. In quest’occasione, WM1 ha ulteriormente sviluppato l’allegoria storica “Berlusconi sta a Mussolini come Monti a Badoglio” introdotta durante la presentazione bolognese di Un Grillo qualunque.]

SI TEMEVA UN’ALLEGRIA SEPARATA DALLA VITA REALE – ALBERTO BERTONI, NIVA LORENZINI, WU MING 1 E ALBERTO SEBASTIANI – 1 h 22′ 20″
Si temeva un’allegria separata dalla vita reale. Alberto Bertoni, Niva Lorenzini, Wu Ming 1 e Alberto Sebastiani. 1 h 22′ 20″. Dipartimento di Filologia classica e Italianistica, Università di Bologna, 12 dicembre 2012
Ultima lezione del corso di Letteratura italiana contemporanea tenuto da Alberto Bertoni. Con letture dai libri di Stefano All’idea che sopraggiunge (Corpo 10, 1987) e L’ora del ritorno (Tropea, 2001).

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8 commenti su “Radio Giap Rebelde – Due compagni: Anatrino e Stefano Tassinari

  1. Una domanda, su un punto forse marginale di tutto il discorso. Mi riferisco all’audio di Roma, e al discorso ‘contro’ il poliziesco di WM1. A me sembra che nel tuo esempio di Montalbano il problema sia più il legame al personaggio che non la scelta del genere, ‘Il birraio di Preston’ è anche a suo modo anch’esso un noir, anche se lontanissimo dai Montalbano. Più in generale, non si può dire che il problema è il desiderio di serialità dei lettori (e la compiacenza dello scrittore verso di questo), e che il genere, noir o altro, è solo una delle forme in cui questo si può tradurre?

    • Sì, all’osso si può dire così. Io stigmatizzavo il sottogenere necrotizzato del *romanzo d’indagine con detective seriale*, perché nell’Italia degli ultimi anni è l’esempio più eclatante – non l’unico, ma vistosissimo – di abuso reiterato di alcune rassicuranti convenzioni, fino allo svuotamento di tutti gli elementi innovativi che si erano imposti in quel filone tra anni Novanta e anni Zero.

  2. Grazie ai Wu Ming per la citazione!
    Da tempo ci frullava per la testa mettere in scena un’Anatrina all’Arancia. Aspettavamo una buona causa, è arrivata, ci siamo tuffati.

    Ne abbiamo parlato anche qui sul mio blog:
    http://www.nexusmoves.blogspot.it/2012/12/laura-garofoli-legge-anatra-allarancia.html

    Quack!

  3. Mentre non vedo l’ora di ascoltare l’audio bolognese, specifico che il nome del Collettivo romano è “Collettivo di Lettere – AteneinRivolta” !
    Errore poco grave, capita spesso che la gente si sbagli col nome =D Scusate la pignoleria.

  4. Non avevo mai sentito o letto Anatrino e devo dire che è un azzeccatissimo rimescolamento delle dinamiche del fumetto. La scelta di Pap… ops, Anatrino, poi è perfetta. E’ l’unico personaggio che si presta a diventare rivoluzionario per la sua natura di escluso, sfigato e vessato (infatti è uno dei personaggi che in genere i lettori amano di più), al contrario di altri come il cagnone spilungone, troppo fesso e tenerone per acquisire una consapevolezza di classe, o la pantegana vanitosa, egocentrica e saccente.
    Infine sono rimasto molto colpito dalla Garofoli, un po’ per la sua puntuale ed energica interpretazione, un po’ perché subisco il fascino delle belle ragazze incazzose e sovversive… sbav.

    Per quanto riguarda l’allegoria Berlusconi:Mussolini=Monti:Badoglio, credo che una delle principali differenze da rilevare sia che 70 anni fa il duce fu recuperato sul Gran Sasso dai Tedeschi con un’operazione alla Diabolik e messo a far da prestanome alla loro repubblica sociale, oggi invece, se il cavaliere dovesse disgraziatamente tornare al governo, i nazisti/crucchi/europeisti non saranno certo lì a dargli man forte. In compenso avremmo anche noi le nostre belle fosse ardeatine, il nostro Monte Sole, a colpi di capital flight, spread e speculazioni varie.
    Secondo voi quante possibilità ci sono che ciò avvenga? Tenendo conto della memoria corta degli Italiani, che ormai si son già dimenticati dei pettegolezzi sui festini di Arcore o dell’inettitudine dimostrata dal Berlusca nell’affrontare la crisi, se il PdL impostasse una campagna elettorale incentrata a tambur battente sull’opposizione/alternativa a Monti e alla vessatrice Europa, abbinata alla solita immagine dell’uomo della provvidenza che “ci pensa lui”, secondo me avrebbe pure qualche chance per giocarsela fino in fondo.

    • Per come la vedo io, la corrispondenza-chiave dell’allegoria storica che ho descritto è Monti = Badoglio.
      Infatti l’ho proposta come critica all’antiberlusconismo, ovvero all’interpretazione destoricizzata (e quindi “berluscocentrica”) dello sfascio italiano. A partire dal ’94 quest’interpretazione si è diffusa a macchia d’olio nella sinistra, facendo scambiare l’effetto (l’avvento di Berlusconi) per le cause, che invece risiedono nella sconfitta dei movimenti di emancipazione degli anni ’60-’70, con conseguente toga party reazionario, vero e proprio festival trentennale di controriforme, privatizzazioni, concentrazioni di potere, corruzione, riduzione dei partiti a cosche mafiose etc. Berlusconi è figlio di quella temperie. Di più: è l’antropomorfosi degli anni Ottanta, guardi lui e vedi gli anni Ottanta.

      L’allegoria l’ho proposta a chi, l’anno scorso, salutò il governo Monti con entusiasmo perché “finalmente c’era una persona seria”, e a chi insultava chiunque facesse notare
      1) il curriculum della “persona seria” (Goldman Sachs, Trilateral, Bocconi etc.);
      2) il programma del nuovo governo, scritto mesi prima da Draghi e Trichet in forma di ultimatum all’Italia;
      3) il fatto che Berlusconi fosse stato rimosso non perché le sue politiche fossero antipopolari, ma perché non lo erano abbastanza.

      Alle devastazioni prodotte dall’Uomo della Provvidenza, segue sempre un governo tecnico… che prosegue nelle devastazioni, addirittura facendo più danni.
      Il periodo che va dal 25 agosto all’8 settembre 1943 fu un momento di dittatura militare e repressione forsennata, momento foriero di nuove catastrofi. Il modo in cui Badoglio e “il suo degno compare Vittorio” (cit. dalla Badoglieide) gestirono il passaggio dell’Armistizio è già stato analizzato e criticato da innumerevoli testimoni e
      studiosi.

      Ora, io non so se davvero possa esserci una “Salò berlusconiana”, anche se il richiamo è suggestivo. Mi sembra, almeno per il momento, che l’unico potere rimasto a Berlusconi sia quello di fare casino, per scompaginare e portare determinati poteri economici e politici a una trattativa, in modo da ottenere salvacondotti per sé e per le sue aziende. E poi, come fai notare, stavolta la Germania non sta con Benito che ritorna. Chiaramente, non tutto può corrispondere: l’allegoria storica è una suggestione, non una serie di corrispondenze meccaniche. Com’è una suggestione e non una legge scientifica la frase di Marx sulla storia che si ripete passando dal tragico al farsesco.

      • “…l’ho proposta come critica all’antiberlusconismo, ovvero all’interpretazione destoricizzata (e quindi “berluscocentrica”) dello sfascio italiano. A partire dal ’94 quest’interpretazione si è diffusa a macchia d’olio nella sinistra, facendo scambiare l’effetto (…) per le cause…”

        A chi lo dici. Da anni mi veniva da piangere ogni volta che vedevo un No Berlusconi Day o quelli del Popolo Viola fare una manifestazione ad personam e mi chiedevo (o meglio, non ci volevo credere) come si potesse arrivare a personalizzare fino a questo punto uno sfascio sociale che era un problema di tutti. Ma come disse Monicelli nella stessa intervista da te citata, quando si tratta di uomo delle provvidenza, se va bene, bene, altrimenti lo si appende a testa sotto. Il che è l’altra faccia della delega delle responsabilità individuali e sociali: la ricerca di un capro espiatorio. Questo naturalmente senza condonare nulla alle malefatte di Berlusconi. Poi bisogna tenere conto di una cosa: la sinistra ha fomentato molto questa visione di Berlusconi (e, per sineddoche, della casta) come radice di tutti i mali, ma secondo me, come al solito, si è soprattutto accodata a qualcosa che è stato creato e diffuso soprattutto da personaggi che potremmo considerare di destra, dichiaratamente o velatamente, e che vi hanno contrapposto sempre argomenti destrorsi (legalità, rispetto incondizionato per la costituzione e la magistratura): Grillo, Travaglio, Di Pietro. Forse l’unico che si discosta parzialmente da questo gruppo è Santoro, che però in tutta onestà non mi da l’impressione di essere un estremista di sinistra (a parte gli exploit da avanspettacolo di quando si mette a cantare Bella Ciao).

        Riguardo agli entusiasmi per la caduta del padre/pappone, ricordo non solo di non aver gioito, ma di aver avuto tristi presagi ben prima. Più o meno nell’epoca in cui Berlusconi iniziò ad essere massacrato mediaticamente (per via dei suoi baccanali, ovvero per le solite cazzate folkloristiche, mica per motivi politici) non solo in patria, ma pure all’estero, finanche negli USA. Come mai un uomo che non se l’inculava nessuno fino all’altro ieri (ovvero quando tentava di far colpo sull’amico guerrafondaio George W. Bush), oggi era al centro di dileggi e amenità varie persino su programmi d’informazione o satira dei network americani? E tutto questo proprio mentre l’Europa e i mercati facevano su di lui pressioni sempre più forti, affinché portasse avanti quelle riforme che egli continuava a ignorare beatamente. Senza contare che, in territorio nazionale, il più grande fautore di questa campagna antiberlusconiana è stato il quotidiano La Repubblica, appartenente al gruppo L’Espresso, appartenente a certo De Benedetti, appartenente a quel genere di imprenditori molto vicini al centro sinistra e, come quello schieramento politico, molto attenti e compententi in materia di bisogni e desideri dell’Europa e dei mercati finanziari (D’Alema, Prodi, Enrico Letta, per far dei nomi di referenti politici).
        E chi fece da “sicario”, chiedendo gentilmente a Berlusconi di farsi da parte per permettere al golpe finanziario di andare a buon fine, dopo aver ricevuto una certa telefonata dalla Merkel? Giorgio Napolitano. Sì, quello che fino a quel momento aveva fatto passare qualsiasi legge porcata proposta dal cavaliere, alla faccia della costituzionalità. Ma anche quello che, eletto ministro dell’interno del primo governo Prodi (primo ministro ex-comunista), la prima cosa che fece fu mettere le mani avanti e far capire che non ci sarebbe stata nessuna discontinuità col passato. Infatti permise a Licio Gelli di svignarsela all’estero e ai misteri d’Italia di rimanere tali. Sì, sì, proprio quello che apparteneva a quell'”avanguardia” del PCI che negli anni ’60 (già, quelle delle lotte per i lavoratori) faceva da testa di ponte fra il partito e il capitalismo statunitense e che s’incontrava con Brzezinski, con la fondazione Rockefeller, con gli uomini di Agnelli nella sede de Il Mulino, a Bologna (altri esponenti di quest’ala del PCI incline allo “smussamento” erano Sergio Segre e Giorgio Amendola).
        Sto blaterando? E’ fantapolitica? Boh, ma a me ste cose puzzano da morire, e quindi qui le dico e qui NON le nego. Se vi piacciono le allegorie storiche ve ne propongo un’altra, meno avvincente ma più recente e zeppa di analogie con il presente: Tangentopoli, 1992. Classe politica corrotta e autoreferenziale, nemica dell’Europa e dei poteri finanziari -> campagna mediatica demonizzatrice -> strumentalizzazione della magistratura usata a fini politici -> caduta del governo e del sistema partitocratico -> istituzione di un governo tecnico -> privatizzazioni come se piovesse, portate avanti in gran parte dal centrosinistra.
        Insomma, il problema qui non è avere una memoria *storica*, gli Italiani non hanno nemmeno la memoria a breve termine. Per capirci, quella che ti serve a ricordarti che nel piatto della cena che ti sei mangiato ieri sera c’era un pezzo di cacca grosso così.