Giap#9, Va serie - Quota seimila - 22 luglio 2004


0. Quota seimila, quota centomila
1. Guerra agli Umani scaricabile dal sito
2. Appunti napoletani, prima parte [WM1, WM2]
3. Appunti cubani: l'anomalia del mondo [WM4]
4. Q, l'America, il conflitto e noi [WM1]
5. Cesare Battisti e noi
6. La potenza di Eymerich fa nascere un nuovo collettivo di scrittori
7. La rivolta dei rifiuti narrata da Emerson Krott
8. è uscito Vertigine n.4 e contiene un'anticipazione di "New Thing"
9. Memento Nandropausa


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Nel preciso momento in cui chiudiamo questo numero della newsletter, Giap ha 5990 iscritti. Dato che è l'ultimo numero prima della pausa estiva, celebriamo con tutti voi, in leggero anticipo, le seimila iscrizioni.
Celebriamo altresì (e altroché!) il risarcimento di 100.000 euro accordato dallo stato a Marco Dimitri, per quattrocento giorni di ingiusta detenzione e svariati anni di linciaggio mediatico. Trattandosi di un satanista, non possiamo definire il risarcimento "sacrosanto", né usare espressioni idiomatiche come "se Dio vuole", ma certo siamo contenti. Oggi il giornale che lo calunniava è costretto a dare la notizia a denti stretti.
E' la penultima battaglia vinta in un conflitto iniziato quasi dieci anni fa. Ne manca ancora una, ma ne parleremo più avanti.
Dicevamo: pausa estiva per Giap. Questo numero è talmente denso ed estroflesso da bastare per alcune settimane. Non solo: durante l'estate Wu Ming continua a girare, da levante a ponente, da settentrione a meridione. Controllate le date nel calendario on line.
L'autunno, poi, sarà densissimo. Basti dire che New Thing (il romanzo solista di Wu Ming 1) e Lavorare con lentezza (il film scritto insieme a Guido Chiesa e diretto da quest'ultimo) usciranno entrambi a ottobre. Per quanto riguarda il film, è in allestimento il sito ufficiale, non una semplice vetrina ma - com'è nello stile Wu Ming - un posto pieno di cose. Quando sarà pronto, ne daremo segnalazione. E ora, buona lettura, e buona estate.


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Da qui in avanti, Guerra agli Umani è scaricabile dal sito:
http://www.wumingfoundation.com/italiano/downloads.shtml


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APPUNTI NAPOLETANI

[WM:] L'1 e 2 luglio scorsi siamo stati a Napoli, prima all'Istituto per gli studi filosofici e poi all'orto botanico, alla rassegna teatrale "Brividi d'Estate", organizzata da Il pozzo e il pendolo. Finalmente abbiamo visto Q - dedicato a Luther Blissett, lo spettacolo tratto dal nostro primo romanzo. Ne siamo rimasti entusiasti. Lo spettacolo è stato scritto da Annamaria Russo e Ciro Sabatino. In scena ci sono Paolo Cresta, Nico Ciliberti e Lisa Falzarano. Speriamo che questo spettacolo giri l'Italia, lo merita ampiamente. Prima di propinarvi le nostre note di viaggio con acclusa recensione, ecco i contatti. Chi legge queste note e si occupa di teatro, eventi, rassegne, qualsiasi cosa, si fidi della nostra parola.
Gli autori rispondono a quest'indirizzo e-mail: samspade@tin.it, e a questo numero di telefono: 0815422088

[WM1:] Grazie al modo di guidare del taxista (l'unico modo possibile, da queste parti) il mio primo impatto con Napoli, a cinque anni dall'ultima visita, è segnato dalla cinetosi, male che da sempre m'aggredisce con sadismo. Odio e odierò sempre la civiltà dell'automobile, contro di essa scaglio il mio anatema.
La prima occhiata al mitico portone dell'Istituto per gli Studi Filosofici è pertanto condizionata dalla nausea, la quale però non m'impedisce di pensare che siamo in un luogo di confluenza di gramscismo e crocianesimo, nonché tempio della memoria della Rivoluzione napoletana, quella del 1799.
Ci troviamo qui, io, WM2 e WM3 (la cui famiglia ci intercetta di fronte al civico e ci dà il benvenuto in città), per parlare del nostro lavoro, di quali siano secondo noi i rapporti tra storie, mito e comunità.
Ci accolgono Marotta Sr. (l'Avvocato Gerardo Marotta, pilastro della sinistra napoletana dal Dopoguerra a oggi) e Marotta Jr. (Massimiliano, a cui dobbiamo l'invito). A introdurci sarà il professor Remo Bodei, mica cazzi.
Mai il nostro lavoro era stato presentato in un contesto tanto austero, ma alcuni dettagli impediscono di intimorirsi o sentire il culo troppo lontano dalla strada. Nel gigantesco bagno, la scritta "PUSH HERE" seguita da una freccia (a indicare come si aziona lo sciacquone del w.c.) è diventata "BUSH HERE". Siamo a casa.
Siamo a casa e, a leggere i resoconti del giorno dopo, facciam pure la nostra porca figura.
Tra il pubblico c'è Daniela, giapster storica (minchia, ci sono già i "giapster storici"!) la cui mail ha fatto da Primo Motore per questa trasferta a Partenope. La sera dopo incontreremo suo fratello Sergio, uno che è riuscito a concentrare l'intero testo di Q su un foglio A3 recto-verso, e ha stampato il tutto su una T-shirt. Se non ci credete, cliccate qui e scaricate il PDF.
Ovviamente, essendo il font in corpo 1, al primo lavaggio non si leggeva più un cazzo, ma è il pensiero che conta, e poi una soluzione c'è: non sudare.
Dicevo di Daniela: è stata lei a informarci che a Napoli andava in scena uno spettacolo tratto da Q, è stata lei a metterci in contatto con gli autori (Annamaria Russo e Ciro Sabatino), che ci hanno chiesto di scendere e partecipare alla rassegna estiva "Brividi d'estate". Massimiliano Marotta ci ha chiesto di approfittare della discesa per parlare all'Istituto.
Della cena ricordo alcune cose: l'avv. Marotta che racconta come Luigi Settembrini sfuggì alla deportazione in Argentina; la conversazione con Giulio, giapster che chiede lumi sul finale di Canard à l'orange mécanique, dove a suo dire avremmo descritto l'11 settembre (ma soprattutto il post-11 settembre) con l'anticipo di un anno; infine, il fatto che a Napoli "mellone" significa "anguria".

Il post-cena è un lungo capannello in Piazza Plebiscito illuminata e rimbombante di fuochi d'artificio. Pare sia il modo di festeggiare il 18esimo compleanno di qualcuno, o di annunciare l'arrivo in città di una nuova partita di ero. Ovviamente, le due cose non si escludono.
Con Marotta Jr. e alcuni amici si parla della Rivoluzione del '99 come fosse cronaca di adesso, giusto ieri parlavo al telefono con Eleonora Pimentel Fonseca e le dicevo che secondo me l'amico Filangieri quando corregge le bozze dovrebbe stare più attento ai refusi. è una storia lungamente fraintesa, carica d'innovazioni e grave di what if's, ci chiedono più volte se per caso non vogliamo scriverci sopra un romanzo.
Noi stiamo appunto lavorando sul Settecento, ma trattasi della rivoluzione americana...
Dopo il capannello, passeggiata con Massimiliano. Si parla di camorra, capitale extralegale, voto di scambio, cos'è il senso civico etc.
A me a WM2 (WM3 è già tornato a casa), l'approccio di questi compagni suona un po' "statolatrico", ma certo noi non viviamo qui, ogni contesto ha la sua storia e i suoi problemi, e la ricerca di soluzioni per quei problemi produce un'attitudine peculiare. Noi non veniamo dall'incontro tra marxismo e cultura liberale napoletana, e la nostra attitudine si è formata cercando soluzioni per tutt'altri problemi.
Faccio un esempio a Massimiliano, citando un evento che in questo senso può funzionare da "spartitraffico": la repressione del brigantaggio meridionale.
Per me fu una guerra d'aggressione, "vietnamizzazione" ante litteram, prima manifestazione della putrida Italia militarista che nei centocinquant'anni a venire avrebbe espresso Bava Beccaris e i suoi cannoni, le guerre d'aggressione coloniali, il fascismo, lo scelbismo, la strategia della tensione, la definizione di "eroi" per cinque sfigati con la crapa imbottita di rambismo.
Tutto questo senza trasformare i vari Crocco, Chiavone o Ninco Nanco in santi martiri o eroi del popolo o Robin Hood meridionali, ché non lo erano punto. Tuttavia, non erano nemmeno tutti reazionari legittimisti al soldo del Borbone.
A chi si confronta ogni giorno con un potere illegale che si spaccia per antropologia, "seconda natura", nonché con certo "neoborbonismo" culturale, gli stessi fatti possono sembrare un male necessario, come fu un male necessario reprimere la Vandea nel 1793 e come (persino a detta di Croce, che non era un sanguinario) sei anni dopo sarebbe stato male necessarissimo reprimere lazzaroni e sanfedisti, scongiurando così un'orgia di sangue e decenni di repressione.
Non sono d'accordo ma posso capire il tic. Né io né Massimiliano abbiamo una soluzione a portata di mano, così ce la stringiamo, la mano, e ci diamo appuntamento alla prossima.
E' stata una bella serata, ho incontrato persone interessanti e ne incontrerò anche domani, all'Orto botanico. Parlerò di piante carnivore con un giapster di nome Lorenzo, dotato di basette enormi che si fa scolpire dal barbiere ogni dieci giorni. Saluterò gli amici di "Nuie", duo di scrittori che sta raccogliendo testimonianze di Ultrà del Napoli. Rimarrò sbigottito vedendo lo spettacolo. Andrò a cena con autori, attori e tecnici. Contento di esserci e con un avverbio che ancora mi ronza in testa, sentito nello spettacolo: "Net-tamente".

[WM2:] L'Orto Botanico di Napoli è un angolo di Eden nel ventre della città. Le palme Washingtonia svettano alte e sottili, come colonne a sorreggere il cielo; cedri grossi come meloni pendono sugli alberi dell'agrumeto, insieme a limoni, arance, lime dei Carabi, pompelmi. Le conifere della Patagonia e dell'Araucania spiccano tra pini e abeti coi loro scheletri contorti. Le sequoie sono poco più grandi di un albero di Natale, mentre ficus ed eucalipti giganteggiano con tronchi maestosi e grasse radici che paiono ribollire fuori dalla terra.
Il luogo è fresco, nonostante il caldo della giornata. Silenzioso, come se il traffico di Via Foria, là sotto, fosse più lontano del Vesuvio. Pulito e pettinato che neanche i giardini di Versailles. E pure l'aria ti sembra diversa, più ricca d'ossigeno, ma forse è solo suggestione.
Ci aggiriamo tra le aiuole in cerca del gingko biloba di 200 anni che dovrebbe fare da sfondo e soffitto per lo spettacolo tratto da *Q* della compagnia "Il Pozzo e il Pendolo".
Nella zona delle piante carnivore troviamo file di sedie bianche, rivolte a una piccola radura, ingombra di cavi, faretti, materiale scenico, all'ombra di un albero senz'altro secolare, ma piuttosto diverso dal classico gingko, con le sue foglie a ventaglio.
Ripensandoci ora, forse era un messaggio in codice. Un modo per dire: non vi aspettate di trovare quel che vi aspettavate di trovare. Almeno, non in apparenza.
Qualcuno, del resto, ci ha già messo in guardia: non penserete che si possa fare "Q" con tre attori e un atto unico! L'operazione è tutta metatestuale, ovvio: c'è una compagnia che vuole provare a fare uno spettacolo da "Q", ma non ci riesce, e lo spettacolo è tutto sull'impossibilità di fare "Q" con tre attori e un atto unico. Capito?
Sì, d'accordo. Peccato che nemmeno questo gingko abbia le foglie a ventaglio.
Certo, c'è l'aspetto metateatrale. E d'accordo, c'è la compagnia che prova a mettere in scena "Q". Ma quel che davvero colpisce, alla fine della serata, è che "Q", il romanzo, c'è davvero, e non per finta, come pura citazione. Fatto con tre attori e un atto unico, proprio così, niente trucchetti. Fatto con la stessa tecnica usata da noialtri per costruire il protagonista: cucire tra loro identità distinte. Un montaggio impressionante, per dar vita a Demetra, a Elias, al capitano Gert. Tre personaggi che ne inglobano altri, usando frasi di altri, gesti di altri, destini di altri. Chiaro che la trama risulti stravolta: chi non ha letto il libro, se gli spieghi come vanno "davvero" le cose, quasi non ci crede.
Il miracolo, comunque, non sta nell'architettura del testo. Quel che è incredibile è quanto dicevo prima: tu monti, smonti, modifichi, ricomponi, tagli e incolli, fino a raccontare una storia diversa, eppure il romanzo è lì, intatto, come la donnina del prestigiatore chiusa dentro la cassa e attraversata dai coltelli. Come se quella storia così differente esistesse già, da qualche parte, nelle pagine del libro, in attesa che qualcuno, con passione ostinata, arrivasse a tirarla fuori.

Peccato solo che lo spettacolo non sia allestito per intero come i cinque minuti "spaghetti-western" che lo attraversano a un certo punto, con tanto di Demetra donna da saloon, sfida all'OK Corral tra Q e il capitano Gert, vecchietto senza dentiera che racconta la scena tra un bicchiere di whisky e il successivo.
A me sarebbe piaciuto anche tutto così.
Com'e' che diceva quel risvolto di copertina?
"Western tecnologico", no?
Appunto.
Alla prossima, vogliamo pure gli "space cowboys".

1/continua...


[BACKGROUND
"Q - dedicato a Luther Blissett", presentazione degli autori e note di regia:
http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/giap6_Va.html#napoli
Il sito de Il pozzo e il pendolo:
http://www.ilpozzoeilpendolo.it
Il sito dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici:
http://www.iisf.it/ ]


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L'ANOMALIA DEL MONDO: APPUNTI SPARSI DI RITORNO DA CUBA
Un viaggio di Wu Ming 4 tra le luci e ombre del modello cubano

"[...] Anche questo me lo fa capire Felix, in una seconda notte di pesca. Gli spiego che il problema dei paesi ricchi è opposto a quello di Cuba: noi consumiamo troppo e siamo costretti a consumare troppo per far marciare l'economia. Da noi le auto non si riparano all'infinito, si rottamano dopo qualche anno con gli incentivi di stato. Da noi le cose fuori moda, i modelli superati, gli oggetti di ieri, vengono buttati o sostituiti. Cerco di spiegargli che il nostro modello di sviluppo ha qualcosa di perverso e di autodistruttivo.
Lui ride e mi dice: - Sai cosa dovresti fare? Quando torni in Italia scrivi ai pezzi grossi, ai politici, e digli di contattare il nostro Comandante. Lui è il più grande riciclatore del mondo. Qua non buttiamo via niente. I vostri computer vecchi spediteceli a noi che li mettiamo nelle scuole! Dateci anche le auto e il resto, che qui serve di tutto!
[...]La verità è che da Cuba, con tutti i problemi e le mancanze che ci sono, sono i paradossi del 'nostro' mondo che vengono alla luce."

Il reportage completo è qui (anche scaricabile in rtf):
http://www.wumingfoundation.com/italiano/outtakes/anomalia_cuba.html

[BACKGROUND - Su Wu Ming e Cuba, c'è anche questo:
http://www.wumingfoundation.com/italiano/outtakes/postfazione_symmes.html]


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Q, L'AMERICA, IL CONFLITTO E NOI - di Wu Ming 1

[WM1:] Forse la mia nota di commento alla recensione di Q apparsa sul Washington Post (cfr. Giap#8, Va serie) dava troppe cose per implicite o addirittura scontate. Su Giap a volte siamo ellittici e sbrigativi, dobbiamo presumenre che chi legge ci segua da tempo, abbia letto i nostri libri, conosca le nostre posizioni e il modo in cui le abbiamo espresse. Solo che nell'ultimo anno ci sono stati più di mille iscritti nuovi, inoltre non tutti gli iscritti leggono tutto di tutti i numeri.
Così diamo per implicito che chi legge sappia che avevamo presagito lo stare-fuori-posto di Q sul mercato americano, e avevamo già commentato alcune recensioni; che da sempre ci interessiamo alla storia dei movimenti radicali americani e al modo in cui la loro repressione e rimozione ha influenzato la coscienza nazionale; che abbiamo più volte decostruito l'accusa di "antiamericanismo", ritenendo quest'ultimo una risposta sbagliata a un problema reale; che abbiamo in antipatia le "teorie del complotto", narrazioni consolatorie e reazionarie, incapaci di aggredire la complessità del mondo.
D'altronde, che possiamo fare? Se ogni volta dovessimo esplicitare ogni riferimento e ricordare per filo e per segno ogni punto, finiremmo per rompere le balle alla maggioranza degli iscritti che ha già letto quelle cose.
Vedremo di risolvere almeno in parte il problema con la voce "Background", una piccola raccolta di link in calce ai pezzi più impegnativi.

Alcuni hanno creduto che, nella mia nota, io mi lagnassi di un complotto dei soliti stronzi americani, un complotto di natura politica contro gli autori di sinistra europei.
Nulla di più lontano da quel che intendevo dire. Mi tocca smentire decisamente tanto chi mi biasima per tale presunta esternazione, quanto chi ci ha inviato mail del tipo: "Ma sì, che ce ne fotte a noi degli yankee, che non capiscono un cazzo?".

Prima di tutto, io non alludevo ad alcuna "intenzione". Mi limitavo a ipotizzare una condizione oggettiva, una mancanza di background comune che potesse spiegare la divergenza tra accoglienza europea e accoglienza americana.
Mi hanno scritto: "La recensione del Washington Post è legittima". Certo che lo è, ci mancherebbe altro. Anni di battaglie in difesa della libertà di parola dovrebbero testimoniare a nostro favore, no? Ma, proprio in virtù della libertà di parola, è altrettanto legittimo 1) criticare le recensioni, visto che i critici non sono una casta superiore; 2) chiedersi come mai le critiche americane e quelle europee siano così diverse le une dalle altre. Chiederselo può rivelare molto sulle differenze tra i due mondi e la non-universalità di certe narrazioni. Se tutti i recensori americani hanno ritenuto il libro "freddo" e cerebrale mentre la stragrande maggioranza degli europei lo ha ritenuto "caldo" e passionale, un qualche motivo ci sarà, e a me piacerebbe che lo cercassimo insieme. Ne ho azzardato uno, ma l'ho scritto: può darsi sia una cazzata.
[N.B. Il mio uso degli aggettivi "caldo" e "freddo" in questo contesto non ha nulla a che vedere con l'uso che ne fece Marshall McLuhan quando spiegò la differenza tra "hot media" e "cool media"]

Ho scritto che negli ultimi anni l'Atlantico si è allargato, e la sensibilità dominante negli Usa si è allontanata da quella dominante in Europa.
Negli anni dell'ora declinante egemonia neo-con (corrente di pensiero che si fonda esplicitamente sulla "depurazione" degli Usa da tutto quanto sia europeo, in primis l'idea che in un consesso sociale siano leciti e benigni i conflitti) la società americana è stata percorsa in lungo e in largo da sentimenti di diffidenza e ostilità verso tutto quanto riguardasse o semplicemente ricordasse la "Old Europe", fino a rinominare le patatine fritte da "french fries" a "freedom fries".
In Europa c'è da sempre un esteso dibattito sull' "antiamericanismo", che è un falso problema o meglio, come dicevo sopra: una falsa soluzione a un problema vero. Negli Usa, al contrario, non sembra esserci alcun dibattito sull'anti-europeismo, che è invece un problema reale. "Noi" ci interroghiamo sulle tante americhe esistenti. "Loro" non si fanno tante domande su quale Europa sia da rifiutare: a parte la minoranza liberal (che è almeno in parte "Europe-oriented"), "loro" le rifiutano tutte, in blocco.
Il neoconservatorismo è nato da un contromovimento rispetto alle lotte civili e sociali dei Sixties, viste come inaccettabile "europeizzazione" del sociale. Il neoconservatorismo è stato "la prima corrente di idee autenticamente e completamente americana" (William Kristol, ideologo neo-con), laddove "americana" significa "100% non-europea".
L'uso sapiente dei media e dei think tanks ha permesso a questa visione anti-europea di permeare una società già diffidente di suo, per questo c'è chi dice che l'Atlantico si sia allargato (cfr. Rita di Leo, "Lo strappo atlantico: America contro Europa", Laterza 2004).

Tornando al romanzo: in una società non predisposta a comprendere le allusioni di Q a certe dinamiche di conflitto (che qui da noi si sono succedute di generazione in generazione, mentre negli USA assolutamente no), le motivazioni del protagonista non possono che sembrare forzate.
In Europa Q è stato di volta in volta interpretato come allegoria della Resistenza, del '68, della lotta armata degli anni Settanta, e persino del movimento di questi ultimi anni (anche se era stato scritto prima). In questo modo chi legge comprende e assorbe - anche quando non condivide - la particolare tonalità emotiva del libro, comprende gli sbalzi d'umore di Gert etc.

In Europa, molti lettori e critici hanno letto il romanzo alla luce dei conflitti che hanno attraversato il nostro continente, di generazione in generazione. Chiunque abbia familiarità con la disillusione rivoluzionaria, almeno dal Biennio Rosso in avanti, passando per il discorso sulla "Resistenza tradita" per arrivare al "Riflusso" degli anni Ottanta, può leggere nel percorso di Gert precisamente quelle disillusioni e quelle sconfitte, e la stessa necessità di cambiare impostazione. Da questo punto di vista Münster vale il "socialismo in un paese solo", vale la degenerazione lottarmatista dei movimenti anni Settanta, e vale un sacco di altre cose.
Questo fa di Q un romanzo assolutamente europeo, che può essere compreso molto bene anche in America latina, perché hanno percorsi simili a quelli descritti sopra, ma difficilmente può trovare lettori statunitensi ricettivi.
Anzi, secondo me il lettore statunitense medio, di fronte a Q, si attende un romanzo sulla religione. E invece la religione è poco più di un pretesto.
In Italia e altri paesi europei, la grande maggioranza dei lettori ha interpretato la nostra scelta di uno stile "contemporaneo" (che, attenzione, non significa anacronistico) come una strategia di riduzione della distanza, che avvicinava al tema e ai personaggi, favoriva l'empatia, permetteva di captare umori e passioni.
Non credo che questo sarebbe successo (oppure sarebbe successo più di rado) se i lettori non fossero già stati predisposti a stabilire paralleli tra ieri e oggi. Non solo il lettore europeo è consapevole del fatto che qualunque romanzo storico parla dell'oggi ("parla a suocera perché nuora intenda" etc., ce lo hanno insegnato alle medie, che si sia passati attraverso Manzoni o Walter Scott), ma nella storia remota e recente del continente - nonché nell'esperienza propria, del proprio padre e del proprio nonno - può trovare episodi e personaggi che somigliano a ciò che si trova in Q.
Le recensioni che abbiamo letto e i commenti che abbiamo ricevuto nel corso degli anni testimoniano in questo senso. Anzi, si è addirittura esagerato, perché noi non avevamo un intento allegorico preciso, volevamo - genericamente - raccontare un ciclo di lotte, coi suoi afflussi e riflussi, esaltazioni e delusioni, idiozie e colpi di genio, degenerazioni e influenze positive. Faccio un esempio di un'esagerazione in tal senso: http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/giap17.html
Ripeto, noi lo sapevamo già che Q negli USA non sarebbe stato apprezzato né compreso, ma ci sembra interessante trasformare quest'insuccesso in un micro-test sulla differenza tra le due società.

E adesso un esempio della differenza di toni tra recensioni britanniche e statunitensi. Prima le britanniche:

THE SCOTSMAN
http://www.wumingfoundation.com/italiano/rassegna/the_scotsman_on_q.html
THE TIMES LITERARY SUPPLEMENT
http://www.wumingfoundation.com/italiano/rassegna/times_literary_supplement.html
THE DAILY TELEGRAPH
http://www.wumingfoundation.com/italiano/rassegna/telegraph_q.html

Non sto a linkare recensioni tedesche, spagnole, francesi etc. Limitiamo l'indagine al mondo anglofono.
Ci sono state recensioni problematiche e non entusiastiche, alcune indicanti difetti che il libro effettivamente ha (quando l'abbiamo scritto non avevamo alcuna esperienza e la nostra media d'età era 25 anni). Ma nessuno ha scritto che è freddo o "senza vita", e tutti sembrano aver colto i riferimenti a passioni politiche più recenti.
E ora due recensioni americane (sono brevi, le riporto qui).

PUBLISHERS WEEKLY
"Rich religious history is turned into bloated, tedious fiction in this Reformation-age epic produced by four anonymous writers lurking behind a pseudonym.
In 1517, Martin Luther nails his 95 theses to the door of Wittenburg Cathedral.
In 1525, a one-time theological student, a radical Anabaptist who goes under a number of names over the course of the narrative, but who is initially called Gustav Metzger, pulls off the first of a number of hairbreadth escapes from heretic hunters keen to spill the blood of any would-be supporter of Luther.
For the next 30 years, even as Protestantism slowly makes inroads across Europe, Metzger is tracked by a papal spy who, traveling incognito under the eponymous moniker Q, keeps his boss apprised while he and his compatriots attempt to crush the movement on behalf of the Vatican before the schism widens. Needless to say, they fail.
Translator Whiteside has done the best he could with the material: stripped-down chapters breathlessly composed of short, snappy paragraphs ("The girl smiles. She's extremely beautiful") alternate with epistolary passages given a faux-historical gloss. Speech anachronisms abound throughout, especially when events are related by Metzger and company (" 'What the fuck did you say? What? So yoùre not dead, but you scare me anyway, pal, you scare me'"), and most of the characters sound so alike that not only do they remain lifeless on the page, they are often indistinguishable from one another.
A good amount of historical research is lumped throughout, but the period stylings are wooden and the story never gains enough momentum to carry readers along."

KIRKUS REVIEWS
"A sprawling cowl-and-dagger novel-by-committee, recounting a game of theological spy vs. spy. Luther Blissett is a learned-allusion pseudonym for four unnamed Italian writers; the publisher tells us only that they are young, and that Q is a "cult bestseller" in Europe.
The book has its pleasures, one of which makes for the same kind of fun that Harold Bloom had in distinguishing the authors of the Book of Genesis-namely, identifying the voices of those four young scribes. One of them, it seems safe to say, is quite fond of the earthier matters in life: "He farts, sniggers, swigs. 'Fuck it!' " His/hers is the voice of a mysterious Anabaptist heretic who, inspired by Martin Luther and kindred spirits, travels across Germany stirring up religious dissent, railing against corrupt priests and wayward aristocrats.
Against this agent of the Reformation stands the equally mysterious Q, an agent of the papacy, who adds a somewhat more refined if equally strident voice to the mix.
Q has a flair for E. Howard Hunt/G. Gordon Liddy-style dirty tricks: for instance, his notion of planting a Luther-style agent provocateur, "more diabolical than the devil's friar, someone who would eclipse his fame and give voice to the desires of the mob" in order to frighten the German ruling class into inviting the pope's armies up north for some good old-fashioned bloodletting.
Heretic and Q chase each other across Europe for several hundred pages and a quarter of a century, developing a grudging respect for each other along the way. Set Les Miserables in Reformation Europe, with Javert reporting to an evil cardinal instead of the prefect of police, and yoùll have something of this book. Or imagine a Name of theRose-like historical thriller coauthored by, say, Bret Easton Ellis and Zadie Smith: "Watch your arse among the Mohammedans and careful where you stick your cock!"A modest entertainment, holding hours of fun in ferreting out anachronisms once the voices-sorting-out is through. But surely one of the best multiauthor novels of the Reformation to appear in recent times."

Converrete che sembra di sentir parlare di due libri diversi.
Quest'impressione è stata il mio punto di partenza, e ci sto ancora ragionando.

P.S. Volutamente, non mi sono soffermato su certe inezie, come il fatto che il primo di questi due recensori non è andato oltre pag.30, e che il secondo non ha capito alcunché della trama.

[Grazie a Rocco e a Luca Culici]

[BACKGROUND - Settembre 2001, "Americani & Anti-americani" di Wu Ming 1
http://www.rai.it/RAInet/cultura/Rpub/raiRCuPubArticolo2/0,7745,id_obj=5567^sezione=homepage^stato=,00.html
Ottobre 2001, lettera al Foglio (mai pubblicata):
http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/giap3ns.html#foglio
"Forgive me, ìm just a Fruit Picker"
http://www.wumingfoundation.com/english/giap/giapdigest25.html ]


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CESARE BATTISTI E NOI

[WM1:] Prima poi scriveremo anche noi una lista di Frequently Asked Questions, per sfatare una volta per tutte luoghi comuni e dicerie sul perché abbiamo preso posizione contro l'estradizione di Cesare Battisti.
Gli argomenti preferiti dagli imbecilli sono quattro:
1) "Fate casino perché è uno scrittore come voi". Come se in passato avessimo difeso soltanto scrittori. Anzi, in dieci anni di campagne di controinformazione ("allopatica" od "omeopatica" che fosse) è la prima volta che ne difendiamo uno, e abbiamo più volte spiegato che la sua professione c'entra poco o niente. Due anni fa ci occupammo di un caso analogo e prendemmo posizione contro l'estradizione di Paolo Persichetti, che non era un nostro collega.
2) "Giustificate la lotta armata, il brigatismo etc." Passando a pettine tutti i nostri testi dai tempi di Luther Blissett sino a oggi, non si troverà alcuna presa di posizione in tal senso; al contrario, se ne troveranno svariate di segno opposto, visto che riteniamo il lottarmatismo e il brigatismo (vecchio e nuovo) scelte sciagurate e funzionali alla repressione. In ogni caso, Battisti non è mai stato "brigatista", checché ne dicano giornalacci assortiti dalle Alpi alla Trinacria.
3) "Voi dite che in Italia c'era la guerra civile". Non l'abbiamo mai sostenuto né saremmo in grado di sostenerlo, quello è un argomento di alcuni esuli parigini, che per giunta ci sembra "fuori fuoco" rispetto alle questioni sul tavolo, e l'abbiamo pure scritto.
4) "Voi vi dite sicuri che Battisti è innocente e vi sostituite ai giudici". Al contrario, noi abbiamo detto che - visto come furono condotti molti processi di quel periodo - nessuno può dirsi certo della sua colpevolezza. A sostituirsi ai giudici sono semmai i "forcaioli per sentito dire".
Prima o poi approfondiremo, anche se siamo abbastanza stanchi. In questo numero pubblichiamo la più eloquente delle lettere che abbiamo ricevuto, e invitiamo a firmare la nuova petizione della Ligue des droits de l'homme:
http://www.ldh-france.org/agir_manifestations2.cfm?idmanif=125
(Segnare "Italie" di fianco alla città).

[Alfredo, 1 luglio 2004:] Fermo restando che nel caso Battisti c'è di tutto, dalle leggi speciali, agli irrisolti '70 alla legislazione francese, al caso personale ecc. l'opinione, più diffusa anche tra le persone che conosco, propende per la richiesta che il reo (tale Battisti è stato dichiarato da un tribunale) sia restituito all'Italia e sconti la condanna. Se quest'ultima sia giusta (come procedura/prove) e se la pena serva a qualcosa sfiora appena le discussioni da bar e tocca pochissimo la coscienza e la consapevolezza. Mi è capitato di parlare con persone aperte, disponibili, intelligenti, e non si va molto oltre il generico: ha sbagliato (sentenza docet), deve pagare. Deve pagare soprattutto perché condannato per omicidio e sembra che questo reato non vada in prescrizione. Difficile parlare di leggi speciali, di pentiti più o meno spontanei, più o meno funzionali a una indiscriminata repressione, ancora più difficile passare oltre il dolore delle vittime e considerare la necessità di rivedere e chiudere (amnistia?) quegli anni con tutte le violenze, le storture e le torture che li hanno caratterizzati. Un omicidio è un omicidio. La maggior parte di quelli con cui mi sono confrontato non hanno vissuto direttamente i '70, fanno fatica anche solo a immaginare cosa siano stati, quali forze positive e negative abbiano generato. Si conoscono meglio le guerre puniche. Per molti quegli anni sono solo un problema di ordine pubblico con qualche eccesso, certo.
Battisti diventa uno sbandato che con un gruppo di scalcagnati uccide per un' ideologia estremizzata complice l'età e qualche problema personale. Con quella faccia, poi. Per contrastare di solito mi appello alla presunzione d'innocenza, all'esilio (che non è vita di crociera, ma una pena a cielo aperto), all'inutilità di pretendere a tutti costi che una persona (anche ammettendo che sia colpevole, e per Battisti viste le irregolarità processuali si possono nutrire dei dubbi) sconti una dubbia pena quando è riuscita, a caro prezzo, a ricostruire una vita (in esilio). In definitiva non dovrebbe essere proprio questo il fine delle... pene? Queste considerazioni riescono a sortire un certo effetto, si sta parlando di un essere umano e quindi si applicano criteri diversi. Se si parla del solo ambito giuridico in genere scatta la molla intransigente, ma non è finita. Le vittime, quelle dove le mettiamo? E qui pur parlando di nuovo di esseri umani ri-scattano i meccanismi dell'occhio per occhio ecc. Aridaje. Non posso che ricordare le perversioni che genera il desiderio di vendetta come giustizia. L'inutilità pratica e umana, la distruzione delle vite e del tessuto sociale che comporta. Risultati? Qualche dubbio, spesso malumori, di solito una birra e qualche risata chiude il discorso. Spero proprio che la Francia tenga duro nonostante la prima sentenza, non mi sembra che, al momento, si possa contare su una grande sensibilizzazione.
Ci sono altre considerazioni che mi colpiscono quando si parla di Battisti e sono quelle relative alla sua attuale condizione di scrittore, questa sua attività scatena due reazioni: la prima è una sorta di insofferenza, come si permette? Fa la bella vita alla faccia di tutti. La seconda tira in ballo gli intellettuali che lo sostengono (i francesi, voi, Evangelisti, ecc) e parla di spirito di corpo ecc. Vista la grettezza di questi commenti in genere mi limito a pensare, o a chiedere a voce alta, se sarebbe cambiato il loro giudizio e la loro ostilità nel caso Battisti fosse finito a fare il barbone (la giusta punizione divina) o il pasticcere bigotto o il frate trappista (la giusta integrazione/espiazione).
Dimenticavo: non ho molta simpatia per Battisti, non so perché , non mi fa sangue, ma ho firmato la petizione e lo rifarei. (1 luglio 2004)

[BACKGROUND - Cesare Battisti e le libertà in Italia
http://www.wumingfoundation.com/italiano/outtakes/cesare_battisti.html
Cesare Battisti: quello che i media non dicono
http://www.wumingfoundation.com/italiano/outtakes/cesare_battisti_2.htm
Dottrina Mitterrand e Dottrina Spataro
http://www.carmillaonline.com/archives/2004/04/000700.html#000700
Il caso Battisti e la sinfonia forcaiola
http://www.carmillaonline.com/archives/2004/03/000675.html#000675
(Da il Riformista) "Wu Ming: scrivere non redime"
http://www.carmillaonline.com/archives/2004/03/000665.html#000665]

 

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[Si è concluso il progetto di scrittura (e illustrazione) comunitaria "La potenza di Eymerich", a cura del collettivo Kai Zen, con la partecipazione di Wu Ming 5 e la supervisione di Valerio Evangelisti. Non solo al progetto ha preso parte un altro collettivo di scrittori, Sal Cappalonga (http://www.salcappalonga.it/), ma nel corso della stesura ne è nato uno nuovo. Cinque anni fa eravamo l'unico collettivo di scrittori esistente in Italia, se non sbagliamo. Oggi la formula prende sempre più piede. Prima o poi bisognerà parlarne diffusamente. Nel frattempo, la parola a Kai Zen]

"La Potenza di Eymerich", il romanzo totale di Kai Zen, Valerio Evangelisti e Wu Ming 5 è esplosa.
Dalla messa on line del capitolo finale (UltravoX) infatti sono pervenuti in redazione KZ, finali alternativi, ghost tracks, filoni paralleli e amenità varie tra cui un'avventura per gioco di ruolo basata sulle regole open source del sistema d20, che si trova proprio nelle pagine del sito www.kaizenlab.it e su quelle della rivista trimestrale di cultura e informazione della Bacchilega, Altrove.
I naviganti che hanno partecipato alla costruzione del corposo racconto hanno deciso di radunarsi sotto lo pseudonimo collettivo di Emerson Krott (già noto ai lettori di Guerra agli Umani) e sono già al lavoro assieme a KZJ a un breve esperimento dal titolo Narcos y Narcos.
I Kai Zen al completo sono in fase di chiusura del fantasmagorico Al-Hàrith che verrà montato e editato nel corso dell'estate. Prosegue anche il progetto aperto "Gli altri 600" in collaborazione con Blow Up, sorta di juke box ideale tra il serio e il faceto alla ricerca dei dischi più significativi del secolo.
Per ogni informazione, http://www.kaizenlab.it, info@kaizenlab.it


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[A proposito di Emerson Krott. Il 29 giugno scorso eravamo a Imola, e tra il pubblico c'era Dario, altro giapster storico (ri-minchia!), che ha fatto a WM2 una domanda imprevedibile: se Emerson Krott si fosse ispirato alla lotta contro la discarica di Parapoti per scrivere un romanzo, che cazzo di romanzo avrebbe scritto? WM2 non ricorda assolutamente cosa gli ha risposto. Il giorno dopo, Dario ci ha spedito questa cosa, che volentieri pubblichiamo.]

Cari Wu Ming,

alla fine ho raccolto io la sfida che avevo lanciato ieri sera ai conoscitori di Emerson Krott. O meglio, mentre rientravo a Bologna, visto che lo stereo dell'auto non funziona (e non solo quello, purtroppo), per passare il tempo mi sono raccontato la storia che avrebbe potuto inventare Emerson (fermo restando, ovviamente, che lo scrittore sudafricano si guarderebbe bene dal farlo, se non fosse proprio costretto dall'editore). Suona più o meno così:

Nel sistema solare E25 il satellite E06, del pianeta chaimato ovviamente E6, viene usato come discarica per i rifiuti di tutti i pianeti di E25. Gli abitanti del satellite si dividono in tre gruppi: gli Umani, i Mutanti, i Superumani. Inizialmente il satellite veniva usato come isola carceraria; successivamente l'affare delle discariche si è rivelato più utile e redditizio e così le nove fortezze speciali sono state lasciate andare in malora, seppellite sotto montagne di rifiuti. Nella fase di transizione, gli Umani di E06 (i detenuti) vennero gradualmente eliminati: non si pote' procedere all'eliminazione immediata e definitiva di tutti gli ospiti delle fortezze a causa delle fastidiose pressioni di parte dell'opinione pubblica. E così molti riuscirono a prendere la via della fuga e a nascondersi in grotte ricavate nelle nuove montagne.
Per sopravvivere in clandestinità nel satellite divenuto ostile alla vita, gli antichi detenuti sono diventati i Mutanti: esseri biochimici che mescolano nel proprio organismo, oltre a cellule umane, cellule animali, clorofilla, diossina, benzene e non si sa esattamente cos'altro (gli studi di laboratorio sono tuttora in corso). La loro speciale condizione permette una aspettativa di vita media di dieci anni circa (ma bisogna considerare che arrivano al compimento dello sviluppo già nel secondo anno di vita). La maggior parte di loro è al servizio dei Superumani.
Gli Umani sono gli abitanti del satellite che, pur non essendo riusciti a modificarsi, sono riusciti a riprodursi e a moltiplicarsi. A questi bisogna aggiungere gli Umani provenienti soprattutto da E6, ma anche dai pianeti vicini: costoro sono reietti, fuggitivi, criminali vari. La loro aspettativa di vita, a prescindere dall'età al momento dell'arrivo sul satellite non supera i dieci anni. Gli Umani sono dediti perlopiù a pratiche di sabotaggio, tra le quali lo spostamento di rifiuti nelle Z.L. ("zone libere" dai rifiuti, ovviamente: si tratta delle basi spaziali e delle lussuose residenze dei Superumani), la "restituzione" (azione che consiste nel riportare sugli aerocamion i carichi di rifiuti appena scaricati) e, fatto più grave, l'infiltrazione di Umani nelle fila dei Superumani.
I Superumani sono quasi tutti in forza all'esercito di E6 e differiscono dagli Umani solo per un piccolo ma determinante particolare: indossano speciali e costosissime tute che li proteggono da batteri, virus, agenti chimici e radiazioni.

Come va a finire? Beh, se il grande Emerson non si preoccupa di concludere le storie, non vedo perché dovrei farlo io ;-).
Per venire a cose più seriose, vi ripeto la segnalazione del sito www.parapoti.it, dove è possibile vedere un video che documenta pratiche di raccolta INDIFERENZIATA (p.es. "rusco" comune assieme a rifiuti speciali sanitari targati Ausl). Per mandare messaggi: parapoti@tiscali.it.


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[Riceviamo e, sempre volentieri, pubblichiamo, anche perché ci riguarda direttamente:]

VERTIGINE 04

E' uscito il quarto numero di Vertigine, periodico di scrittura e critica letteraria curato da Rossano Astremo. Il tema di questo numero è: "La narrativa italiana nell'epoca delle bombe (intelligenti)".
All'interno potete trovare, oltre all'editoriale di Astremo, "Italian Renaissance" di Giuseppe Genna, "Sottrazioni" di Giulio Mozzi, "L'artista pensatore" di Antonio Moresco, "Teoria e pratica della riflessione letteraria" di Francesco Pacifico, un estratto dal romanzo inedito "New Thing" di Wu Ming 1, "Lettera a Moresco" di Gillioz, e un pezzo tratto da "Cieli di Grano" di Luciano Pagano. Inoltre, tutte da leggere, le interviste a Tommaso Pincio, Mario Desiati e Nicola Lagioia. Le illustrazioni sono, come sempre, di Annalisa Macagnino, pittrice acida e lisergica di Ugento. Il costo della rivista, 2 euro, è un contributo necessario alle coperture dei costi di stampa. Vertigine 04 si può trovare presso la Libreria Icaro e le Officine Culturali Ergot a Lecce, e presso il Day After Bar di Grottaglie. Per ricevere la copia a casa vostra, basta inviare due euro con due francobolli da 45 cent. al seguente indirizzo:
Rossano Astremo
via madonna di pompei 279
74023
Grottaglie (Ta)

contatti:
rossanoastremo@libero.it
vertigine.clarence.com
3475206564


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Ricordiamo a tutti che a settembre spediremo Nandropausa #6bis, coi vostri commenti sui seguenti libri: Massimo Carlotto, "L'oscura immensità della morte"; Girolamo De Michele, "Tre uomini paradossali"; Emidio Clementi, "L'ultimo dio"; Edward Abbey, "Fuoco sulla montagna"; Cesare Battisti, "L'ultimo sparo"; Tommaso Didimo, "Il re operaio"; Jutta Richter, "Quando imparai a addomesticare i ragni"; Johannes Hösle, "Prima di tutti i secoli"; Matteo Melchiorre, "Requiem per un albero".
i nostri commenti sono qui:
http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/nandropausa6.html
Spediteci i vostri.


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"Ho sempre rivolto a Dio una preghiera, che è molto breve: 'Signore, rendete ridicoli i miei nemici'. E Dio l'ha esaudita."
(Voltaire, lettera a Damilaville)

"Adlatres licet usque nos et usque / et gannitibus inprobis lacessas, / certum est hanc tibi pernegare famam, / olim quam petis, in meis libellis / qualiscumque legaris ut per orbem. / nam te cur aliquis sciat fuisse? / ignotus pereas, miser, necesse est. / non derunt tamen hac in urbe forsan / unus vel duo tresve quattuorve, / pellem rodere qui velin caninam: / nos hac a scabie tenemus ungues."[*]
(Marziale, Libro V, epigramma LX)

http://www.wumingfoundation.com/

--NOTA BENE---
Per non ricevere più Giap o per riceverlo a un altro indirizzo:
http://www.wumingfoundation.com/mailman/listinfo/giapmail
Per favore, NON chiedete di farlo a noi, la procedura è completamente autogestita dagli iscritti.

In data 21 luglio 2004, Giap conta 5991 iscritt*.

[*] Latra pure contro di me e provocami senza tregua coi tuoi guaiti. è certo che io intendo negarti la fama che cerchi da tempo: esser letto nei miei libelli, comparendovi in qualunque modo, e così girare il mondo. Perché mai qualcuno dovrebbe sapere che sei esistito? Miserabile, è necessario che tu muoia ignoto. In questa città non mancherà uno, o due, tre, quattro che abbian voglia di rodere la tua pellaccia di cane. Io tengo le unghie lontane da questa rogna.