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working class

Primo Maggio 2020. La pandemia, il pandemonio, le lotte sul lavoro nella «Fase 2».

Bolognina, 1 maggio 2020. Prima tappa del trekking urbano, nel cortile interno delle ex-Officine Minganti, all’incrocio tra via della Liberazione e via Ferrarese.

di Wu Ming

INDICE
1. Un trekking urbano in Bolognina est
2. Tutto si tiene
3. La «grande sostituzione»
4. Il lavoro nei Dpcm: una cronistoria
5. Pugno di ferro per chi passeggia, guanto di velluto coi padroni
6. «Piazzetta Contagiati di Covid-19 sul lavoro»
7. Ritorno alla Bolognina

8. Sembrava una delazione, invece era l’opposto

Stamattina abbiamo celebrato il Primo Maggio con un piccolo trekking urbano nella zona Casaralta/Bolognina. Partendo dalle vecchie Officine Minganti – dal 2006 trasformate in un centro commerciale dalle alterne fortune – abbiamo collegato tre luoghi di lotte operaie – lotte antifasciste, contro i licenziamenti per rappresaglia, contro le nocività in fabbrica – per evocarne tutti gli spiriti. Pan daimones, in greco, da cui la parola «pandemonio». Prosegui la lettura ›

La nuova centralità della working class in tempi di coronavirus (e le scritture per raccontarla)

I dipendenti FCA nello stabilimento di Pomigliano d’Arco, foto di repertorio. Il 10 marzo 2020 sono scesi in sciopero spontaneo per strappare tutele contro il coronavirus.

di Wu Ming
[Deutsche Übersetzung hier]

Negli ultimi due mesi, la working class sembra avere riconquistato una visibilità sui media e una centralità nei discorsi che non aveva da molti anni. L’emergenza coronavirus ha riportato in auge questioni come le condizioni di lavoro, le nocività in fabbrica, il rapporto tra lavoro e salute, tra diritto del lavoro e medicina… La forma presa dal dibattito è stata quella della querelle su quali produzioni bloccare e quali no, quale voce si dovesse ascoltare di più, quali interessi dovessero prevalere.

Quali abbiano prevalso all’inizio diventa ogni giorno più chiaro: i catastrofici errori fatti nel gestire l’emergenza coronavirus in Lombardia – su tutti, non aver isolato la val Seriana – derivano in gran parte dall’aver anteposto le esigenze del padronato alla salute di lavoratori e cittadini. Tutt’intorno, nel mentre, si ricorreva al lockdown a macchia di leopardo e con continui riaggiustamenti, con piglio cialtrone e brancaleonesco.

E i lavoratori? Non pervenuti.

Non erano ancora entrati nello schermo del radar.

Per entrarci, hanno dovuto fare irruzione. Prosegui la lettura ›

Usare lo #stateacasa per diffamare e licenziare i lavoratori: cosa possiamo imparare, anche in Italia, dal caso Amazon/Smalls

di Mauro Vanetti *

(con una postilla di Wu Ming 1)

Vice è entrata in possesso dei verbali di una riunione di dirigenti Amazon che si è tenuta alla presenza di Sua Opulenza in persona, Jeff Bezos, per discutere di come diffamare per benino Chris Smalls, un lavoratore sindacalizzato del centro logistico JFK8 a Staten Island, New York.

In quella riunione si è espresso così l’alto dirigente David Zapolsky (che, tra l’altro, ha organizzato un’iniziativa di finanziamento per il candidato alle primarie democratiche Joe Biden):

«Non è intelligente, non sa esprimersi bene, e nella misura in cui la stampa vorrà focalizzarsi su noi contro lui, saremo in una posizione di public relations molto più forte piuttosto che se semplicemente spiegassimo per l’ennesima volta che stiamo cercando di proteggere i lavoratori.
Dovremmo investire la prima parte della nostra risposta nello spiegare con forza l’argomentazione che la condotta dell’organizzatore sindacale è stata immorale, inaccettabile e probabilmente illegale, scendendo nei dettagli, e solo a quel punto proseguire con i nostri soliti punti sulla sicurezza sul lavoro.
Rendiamo lui la parte più interessante della storia, e se possibile facciamolo diventare il volto dell’intero movimento di sindacalizzazione.»

La rivelazione di queste note riservate ha scatenato un putiferio, anche perché se andate ad ascoltare come parla Chris potete notare che in realtà è molto spigliato: il senso di quanto dice Zapolsky, e cioè che per la multinazionale sarebbe buona cosa farlo diventare «il volto» della sua controparte sindacale, è semplicemente che è nero e parla con un accento afroamericano. Prosegui la lettura ›

Sisyphus. Il devastante impatto dell’emergenza coronavirus su librerie e case editrici


[Per una volta, anche noi «partiamo da noi». Siamo scrittori. Da vent’anni circa siamo “stipendiati” da voi lettrici e lettori. Ogni volta che comprate una copia di un nostro libro, noi riceviamo una percentuale del prezzo di copertina, variabile a seconda dei titoli e dei contratti. Percentuale che dividiamo tra i membri del collettivo, «stecca para per tutti». Quella è la nostra principale fonte di reddito.
Per una radicata convinzione etica e politica che ci accompagna da sempre, i nostri libri sono anche scaricabili gratis da questo stesso blog, magari in cambio di una donazione, spiccioli con cui paghiamo i costi del server e altre spese tecniche; ma abbiamo sempre chiarito che senza le vendite di libri – libri di carta – non camperemmo. E non si parla di “largheggiare”, ma di sbarcare il lunario. In Italia, dove si legge pochissimo, chi scrive libri si rivolge a una ristretta minoranza di potenziali acquirenti.
Questa, in realtà, è la fotografia della situazione prima dell’emergenza coronavirus.
All’incirca un mese fa, tutto il mondo del lavoro culturale è stato sconvolto. Nessuna lavoratrice o lavoratore delle filiere culturali sa se e come riuscirà a superare questa fase. Soprattutto chi era già in condizioni di precarietà, oggi vive nell’angoscia, in un limbo dentro il limbo. Tra non molto, buona parte della working class di quei settori – editoria, musica, cinema, teatro: tutti dichiarati «non essenziali» – sarà letteralmente alla fame.
Per quanto riguarda il nostro comparto, le librerie sono chiuse e non si sa quante riusciranno a rialzare la serranda «dopo»; dentro le case editrici non si sa ancora quali progetti andranno avanti, quali titoli usciranno e in che forma, quali contratti saranno rinnovati, se e quando arriveranno i pagamenti.
E bisogna allargare l’inquadratura, perché intorno alla scrittura e alla pubblicazione di libri si è sempre mosso molto altro. Nella nostra esperienza, è sempre stato centrale l’incontro con lettrici e lettori, indispensabile momento di promozione dei nostri titoli ma anche di confronto, di verifica del lavoro compiuto e ispirazione per il futuro. Eravamo abituati a macinare chilometri, in vent’anni migliaia di incontri pubblici: presentazioni, conferenze, laboratori, corsi, escursioni a tema… E anche reading e spettacoli, che in alcuni casi ci hanno aiutato ad arrotondare i proventi dei romanzi. Ora anche quest’aspetto è congelato. Musicisti, teatranti e circensi con cui abbiamo collaborato in questi anni riusciranno a risollevarsi? E quando e come sarà ancora possibile ritrovarsi in una sala piena di gente a parlare di libri?
È un mondo che è stato spinto in un cono d’ombra, e allora lo raccontiamo, dal punto di vista degli editori e librai indipendenti, con quest’articolo di Pietro De Vivo delle edizioni Alegre.
Colonna sonora consigliata: Pink Floyd, Sisyphus, dall’album Ummagumma, 1969.
Buona lettura. WM ]

di Pietro De Vivo *

1. Una fatica di Sisifo

La sensazione è quella di girare in tondo, compiendo un percorso sempre uguale senza arrivare da nessuna parte eppure facendo uno sforzo enorme. È questo ciò che si prova a lavorare coi libri durante la crisi del Covid-19. Prosegui la lettura ›

Resistere all’emergenza: consigli per chi lavora in fabbrica o ha una libreria indipendente

libreria puntoeacapo Pisogne

La libreria Puntoeacapo nello spazio STORiE, Pisogne (BS).

Due segnalazioni – anzi, tre – che ci sembrano importanti.

■ Su Jacobin Italia il “nostro” Luca Casarotti analizza e smonta i decreti del premier Conte sull’emergenza coronavirus, dimostrando che contengono molte vaghezze e incongruenze.

Ciò è pericoloso, perché lascia molta discrezionalità alle forze dell’ordine e alle amministrazioni locali, situazione che sta generando abusi d’autorità e introducendo divieti che nel testo non ci sono. Molti esempi si trovano nei commenti in calce al Diario virale #3.

Di contro, pare proprio che le denunce a pioggia di questi giorni – per violazione dell’art. 650 del codice penale, ovvero «inosservanza di provvedimenti legalmente dati dall’autorità» – siano giuridicamente infondate. Un decreto ministeriale o della presidenza del consiglio è una norma giuridica, non un provvedimento dell’autorità, ergo non ricade nell’ambito d’applicazione dell’art. 650. Prosegui la lettura ›

La Trilogia Working Class: scrivere per non farsi togliere la pelle

[Nel pubblicare quest’importante saggio-confessione di Alberto Prunetti, ricordiamo che proprio lui affiancherà Wu Ming 1 oggi a Firenze; alle h.18:00 presenteranno La macchina del vento alla libreria Marabuk, via Maragliano 29/e. Riproporremo il binomio a Piombino il 25 ottobre, potete trovare i dettagli nel nostro calendario. E ora, buona lettura. WM]

di Alberto Prunetti *

INDICE
Introduzione: Things Are Different Now
1. A che serve la narrativa working class?
2. Ma insomma, cos’è questa letteratura working class? La risposta di WCL
3. Intrecciare la narrativa working class con le categorie di femminismo, genere ed etnicità
4. Raccontare il reale oltre il realismo
5. Come non raccontare la classe operaia (per non diventare un «traditore di classe»)
6. La narrativa working class racconta il conflitto dal basso
7. E allora i vecchi operai che votano a destra?
8. Non dimentichiamo la working class bianca
9. Parti da te
10. Cosa sto cercando di fare con la Trilogia Working Class
11. Cosa voglio fare con la collana «Working Class» di Alegre
12. «Se sei uno scrittore non sei working class»
Postilla: E dopo la Trilogia Working Class?

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Quella tenerezza per l’autonomia operaia – di Anna di Gianantonio

«Mi rivedo sempre solo, ma nella Polaroid sovraesposta che ho trovato nella scatola siamo in tre a inscenare quel western campagnolo. Io, mia sorella e Denis, il figlio dei vicini di mio nonno. Suo padre si chiama Ferruccio, un uomo generoso, vitale, dagli occhi azzurri e lo sguardo intelligentissimo. Loro nel cognome sloveno, Černic, portano una storia terribile di persecuzione, di tortura e di morte che ancora non conosco perché nessuno la racconta. Nessuno racconta nulla della guerra, o almeno così mi pare di ricordare. Puntiamo le pistole contro il fotografo.»



[Una preziosa riflessione della storica goriziana Anna Di Gianantonio, a partire da Una cosa oscura, senza pregio, il libro di Andrea Olivieri pubblicato nella collana Quinto Tipo diretta da Wu Ming 1 per le Edizioni Alegre.
Di Gianantonio è un nome noto alla comunità giapster: ha infatti partecipato allo speciale La storia intorno alle foibe, curato dal gruppo di lavoro Nicoletta Bourbaki e pubblicato sul sito di Internazionale in occasione del Giorno del Ricordo 2017. Risulterà evidente la continuità tematica e, diremmo, poetica tra quella discussione e questo «esercizio di lettura» dell’UNO di Olivieri. WM]

di Anna di Gianantonio *

Il sentimento che mi ha provocato la lettura del bel volume di Andrea Olivieri è di grande commozione.

Commuove, per averlo sentito raccontare e vissuto, la tenerezza dell’espediente letterario, o reale, del ritrovamento in una scatola delle foto di Albano e Leda, i nonni di Andrea, e di un ritaglio di giornale. Quest’ultimo testimonia di un possibile incontro tra lo scrittore Louis Adamic – immigrato negli Stati Uniti ai primi del Novecento, lavoratore, scrittore, giornalista, morto nel rogo della sua casa nel 1951, studioso attento e partecipe dei movimenti sociali e politici americani – e gli stessi nonni a Zenica, in Bosnia, dove gli Olivieri erano finiti per essersi schierati dalla parte di Stalin nel corso della cosiddetta «rottura del Cominform» del 1948, in cui il destino dei due capi di stato comunisti si separò per circa un ventennio.

Andrea Olivieri riesce a collegare la storia degli operai, al di qua e al di là dell’oceano, attraverso un filo che in questi anni è stato spezzato dalla storiografia: il filo delle lotte spontanee degli sfruttati e degli oppressi, lotte accompagnate dalla dimensione del desiderio, del sogno, dell’avventura e, soprattutto, dalla sovversione dei ruoli: quello di genere, ma anche quello che distingue i comportamenti politici leciti da quelli illeciti.

→ Continua a leggere sul blog di Quinto Tipo.

* Anna Di Gianantonio, storica, insegnante e presidente dell’ANPI di Gorizia, è autrice tra gli altri di Ondina Peteani. La lotta partigiana, la deportazione ad Auschwitz, l’impegno sociale: una vita per la libertà, Mursia 2011; L’immaginario imprigionato. Dinamiche sociali, nuovi scenari politici e costruzione della memoria nel secondo dopoguerra monfalconese, Consorzio Culturale del Monfalconese – Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione nel FriuliVenezia Giulia, 2005; e con Marco Puppini di Contro il fascismo oltre ogni frontiera. I Fontanot nella guerra antifascista europea, 1919-1945, Kappa Vu, 2016.