Clicca per vedere il video della conferenza di Wu Ming 1.
La Resistenza «italiana» non è un’epopea solo nazionale e nemmeno solo bianca.
Nella nostra guerra di liberazione combatterono partigiani di oltre cinquanta nazionalità e da ogni continente. La Resistenza al fascismo italiano cominciò nelle colonie d’oltremare e vi presero parte anche italiani. La Resistenza italiana si ispirò a quella jugoslava e in «Venezia Giulia» cominciò ben prima dell’8 Settembre. Partigiani italiani combatterono in Jugoslavia, Albania, Grecia, Francia, Belgio…
Cosa ci ha impedito, per tutti questi anni, di vedere la Resistenza «italiana» come una guerra internazionalista, anticoloniale e senza confini? Come una guerra meticcia?
Con la conferenza tenuta al Memoriale della Shoah di Milano il 6 maggio 2019, Wu Ming 1 ha cercato di dare risposte a questa domanda, elencando le ragioni politiche e – soprattutto – i «blocchi» culturali che hanno reso invisibile la «quarta dimensione» della nostra guerra partigiana. Prosegui la lettura ›
Spedizione di Italian Limes sul ghiacciaio del Similaun, quota 3330, 2 aprile 2016. Foto: Studio Folder.
[Italian Limes è un collettivo di architetti, designer e scienziati che lavora sui rapporti tra storia, geografia e cambiamento climatico. Se ne è parlato sul blog di Alpinismo Molotov e alla seconda edizione di Diverso il suo rilievo, la festa galattica di AM (altopiano di Macereto, Monti Sibillini, giugno 2018). Il progetto eponimo Italian Limes ha gettato luce su una conseguenza del climate change a cui pochissimi pensano: sciogliendo i ghiacciai e spostando gli spartiacque alpini, il riscaldamento globale sta spostando gli stessi confini d’Italia. A conclusione e documentazione di oltre cinque anni di lavoro, è uscito da pochi giorni un libro bellissimo e di grande impatto: A Moving Border: Alpine Cartographies of Climate Change. Ricorrendo a un’ampia selezione di documenti provenienti dagli archivi dell’Istituto Geografico Militare e qui pubblicati per la prima volta, gli autori di A Moving Border tracciano una storia visiva dei confini alpini d’Italia, raccontandoli attraverso mappe, architetture, numeri, paesaggi ed ecologie precarie. Il volume si apre con una prefazione del sociologo e filosofo francese Bruno Latour e include contributi del geografo Stuart Elden , dell’antropologa e storica del territorio Mia Fuller – che nel suo saggio affronta il retaggio dell’imperialismo italiano – e dell’architetta Francesca Hughes. Pagina dopo pagina, constatiamo che l’idea di «confine naturale» è in realtà il prodotto di una precisa narrazione storica, politica e geografica, e ci si apre davanti agli occhi una verità più ampia: il cambiamento climatico mette in discussione dalle fondamenta l’idea stessa di sovranità territoriale. A chiudere il libro, una conversazione con Wu Ming 1 dove si riflette sul rapporto tra scrittura ed esplorazione del territorio, tramite una “carrellata” sul lavoro fatto da Point Lenana in poi. Quella che pubblichiamo è la versione originale in italiano. Ricordiamo che su questi argomenti – cambiamento climatico, viandanza, oggetti narrativi non-identificati ecc. – proprio stasera Wu Ming 1 terrà una conferenza-performance al Làbas di Bologna: Blues per le terre nuove. Come raccontare il cambiamento climatico: il caso del basso ferrarese / Delta del Po. Evento Facebook qui. Intanto, buona lettura.]
I confini italiani sono stati demarcati tra la metà dell’ottocento e la metà del novecento. Essi coincidono con lo spartiacque alpino per buona parte della loro lunghezza. Lo spartiacque attraversa ghiacciai perenni, molti dei quali si stanno sciogliendo a causa del cambiamento climatico prodotto dall’uomo. Quando i ghiacciai cambiano morfologia lo spartiacque si sposta, e con esso si spostano i confini, che in molti casi non coincidono più con le loro rappresentazioni sulla cartografia ufficiale. Per affrontare il problema, l’Italia, l’Austria e la Svizzera hanno introdotto il concetto di «confine mobile», riconoscendo implicitamente l’instabilità di elementi topografici, come lo spartiacque, che si pensava fossero permanenti. Prosegui la lettura ›
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Iniziamo il 2018 pubblicando la versione italiana di Singing The Map, il mapparacconto presentato per la prima volta da Wu Ming 1 al Medialab Prado di Madrid lo scorso 14 dicembre, nell’ambito del workshop CocTELL#3.
Quella di Madrid è stata un’ottima occasione per fare il punto sull’insieme di scritture e progetti della Wu Ming Foundation incentrati sul camminare, il perlustrare, il mappare e l’evocare fantasmi. E anche per raccontare come si è evoluto il nostro progetto negli ultimi 8-9 anni.
Una ricapitolazione utile anche in Italia, per chi non ci segue da un po’ di tempo, o lo fa saltuariamente, e conosce alcuni aspetti ma non altri.
Perché parliamo così tanto di fantasmi? Che cos’è un fantasma? Prosegui la lettura ›
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Cantare la mappa. L’esplorazione del territorio come scrittura collettiva, la scrittura collettiva come intervento urbano. È il titolo della conferenza tenuta da Wu Ming 1 (in inglese) al Medialab Prado di Madrid lo scorso 14 dicembre, nell’ambito del workshop CocTELL#3.
È stata un’ottima occasione per fare il punto sull’ insieme di scritture e attività della Wu Ming Foundation incentrate sul camminare, il perlustrare, il mappare, l’evocare fantasmi. E anche per raccontare come si è evoluto il nostro progetto negli ultimi 8-9 anni. Una ricapitolazione utile anche in Italia, per chi non ci segue da un po’ di tempo, o lo fa saltuariamente, e conosce alcuni aspetti ma non altri.
Perché parliamo così tanto di fantasmi? Che cos’è un fantasma? Prosegui la lettura ›
Felice Benuzzi in cima al Mount Barney, Queensland, Australia, la mattina del 18 settembre 1954. L’autore della foto è Peter Barnes. Clicca per ingrandire. Ringraziamo ancora Michael Meadows, storico dell’alpinismo e dell’escursionismo in Oceania. Nel 2013, Michael fece da tramite tra noi e Barnes e ci mandò un pacchetto di preziose foto, che caricammo subito sulla bacheca Pinterest di Point Lenana.
Ieri abbiamo assistito a un nuovo cortocircuito tra la cialtroneria ignorante dei fascisti e il pressapochismo e provincialismo dei media italiani.
Ricapitoliamo: ci stanno tre nazisti del gruppuscolo «I lupi delle vette», virgulto della pianta OGM chiamata «Lealtà Azione», a sua volta emanazione del network neonazista e virulentemente antisemita «Hammerskin».
In ambito alpinistico, questi sedicenti lupi — che ai lupi somigliano pochissimo — contano meno di zero, ma servono a Lealtà Azione per accreditarsi come network di uomini veri, gente dedita alla maschia conquista delle vette, secondo una certa retorica alpinazi che purtroppo va riaffiorando. Quella retorica che Alpinismo Molotov contrasta coi suoi debunking e le sue azioni di «decontaminazione delle vette».
I tre camerati leggono Fuga sul Kenya di Felice Benuzzi, ci capiscono poco o niente, e soprattutto non si informano.
Già il fatto che noi ci avessimo scritto sopra Point Lenana; che la ripubblicazione del 2012 sia avvenuta in una collana dell’editore Corbaccio diretta da Cecilia Perucci che due anni prima era con noi su Point Lenana; che l’agente letterario delle eredi Benuzzi sia Roberto Santachiara, cioè uno dei due autori di Point Lenana… Beh, tutto questo avrebbe dovuto metterli all’erta, no? Prosegui la lettura ›
Su Patria Indipendente, il periodico dell’ANPI nazionale, è apparsa una intrigante “ricognizione” a cura di Paolo Mencarelli, docente formatore presso l’Istituto Storico della Resistenza in Toscana (ISRT).
Mencarelli si occupa principalmente di tre nostri libri: Asce di guerra (2000), Timira (2012) e Point Lenana (2013), ma nel descrivere la nostra poetica dedica diverse righe anche a Q (1999) e New Italian Epic (2009).
Presto Alpinismo Molotov sarà anche un appuntamento nazionale, una festa che si terrà in Val di Susa.
Ma prima di essere tutto questo — prima ancora di avere quel nome — Alpinismo Molotov è stato una discussione su Giap.
Nella primavera 2013 l’uscita di Point Lenana ci diede la conferma definitiva dell’esistenza di una certa area, già subodorata dopo l’uscita de Il sentiero degli dei. Un’intersezione di tre insiemi: ■ le lettrici e i lettori dei libri di Wu Ming; ■ le appassionate e gli appassionati di montagna (si tratti di alpinismo, trekking, arrampicata e quant’altro); ■ gli attivisti di movimenti che si oppongono a grandi opere inutili, a pratiche invasive e deturpanti, allo scempio del territorio. Prosegui la lettura ›
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