La magia militante di Mariano Tomatis. Da «Donne a metà» a L’#ArmatadeiSonnambuli

Magia al popolo

Ve lo si conta noi come incontrammo Mariano

di Wu Ming 1

Da un anno collaboriamo intensamente con Mariano Tomatis, scrittore, illusionista e storico della magia. Questo connubio sta influenzando l’evoluzione della Wu Ming Foundation e producendo momenti di autentica meraviglia.
Molti ci chiedono: «Ma dove e come vi siete incontrati con Tomatis?» E ovviamente chiedono a lui: «Ma dove e come vi siete incontrati tu e Wu Ming?»
Abbiamo pensato di far apparire tre colombe con una fava, raccontando in un unico post:
– il convergere dei nostri percorsi;
– cos’è successo nell’ultimo anno;
– cosa collega gli studi di Mariano e il mondo de L’Armata dei Sonnambuli.

Non molti se n’erano accorti, ma i nostri libri sono sempre stati pieni di riferimenti e omaggi – più o meno nascosti – a magia, illusionismo e mentalismo. Mariano se n’è accorto leggendo Point Lenana e, andando a ritroso, li ha trovati quasi tutti (cfr. il suo racconto qui sotto). In 54 c’è addirittura un personaggio soprannominato «Houdini». E ovviamente, L’Armata dei Sonnambuli è un carnevale di citazioni.

È stato così fin da prima di Wu Ming, dai tempi del Luther Blissett Project. Nella comunicazione e nelle performances blissettiane abbondavano i riferimenti all’illusionismo e a un paranormale farlocco (la telecinesi-guerriglia degli «attacchi psichici»). Nel primissimo numero della rivista Luther Blissett appariva questa spiazzante immagine:

Silvan. Un eroe.

Immagine senza commento tratta dal n.0 di «Luther Blissett. Rivista di guerra psichica e adunate sediziose», pubblicata a Bologna nell’aprile 1995, pag. 14. Clicca per sfogliare o scaricare tutti i numeri dal sito dell’archivio Grafton 9.

Che dovessimo prima o poi incrociare Mariano era scritto, insomma.

Mariano è partito dall’illusionismo e ha ampliato sempre di più l’esplorazione, spostandosi ogni volta a un livello più alto, costantemente propulso da queste domande: cos’è «magia» oggi? Se «magico» è ciò che si distingue dall’ordinario, si staglia dal fondale del quotidiano e produce meraviglia, come mai è tanto raro vedere la magia associata alla contestazione dell’esistente, al pensiero critico sul mondo, alle prassi che aboliscono lo stato delle cose presenti? Perché le figure dell’illusionista e del mentalista sono il più delle volte intrise di superomismo e machismo e legate a un immaginario conservatore? Perché le «storie» – the narratives – che i maghi raccontano coi loro trucchi sono così frequentemente reazionarie?

Prendiamo ad esempio una storia che tutti conosciamo: un maschio vestito di tutto punto – abbigliato per ostentare potere – lega una donna seminuda, la chiude in una cassa, la sevizia e la sega in due senza che la vittima metta mai in discussione il proprio ruolo e la sorte che deve subire. È la rappresentazione acritica di un femminicidio. È il supplizio della Dalia Nera, ma prima del documentario di Mariano Donne a metà, ben pochi ci avevano fatto caso. E ben poche, cosa forse più grave. Che figata, una donna immobilizzata, infilzata da lame e segata in due! Applausi.

Nel suo documentario, Mariano rivela la matrice politica del trucco, proposto anche in minacciosa polemica contro le donne che lottavano per il diritto di voto, e dice: troppi maghi procedono con il pilota automatico, abbandonandosi ad automatismi sociali, a consuetudini mai messe in discussione, e non riflettono mai su quali potentissimi simboli stiano maneggiando in maniera irresponsabile.

Ponendosi questi problemi, e studiando percorsi di magia non conformista, Mariano è giunto al concetto di «Magic Experience Design» – che è al centro del suo libro più recente, L’arte di stupire, scritto insieme a Ferdinando Buscema – e poi a quello di «magia militante», che lo ha portato a coniugare prestidigitazione e lotta No Tav.

Alla base c’è la convinzione che la nuova magia non debba più svolgersi sul palcoscenico di un teatro o in uno studio televisivo. La nuova magia in realtà è una sorta di “performance art” che non ha più pareti intorno, il cui fine è far vedere da fuori l’ordito del mondo, cristallizzare in un momento di meraviglia una critica dei dispositivi e delle relazioni di potere in cui siamo avviluppati. Questo è molto vicino alla poetica del narrare che nel corso degli anni abbiamo sintetizzato in vari modi: «aprire l’officina», «mostrare la sutura» etc. La sfida è spiegare il trucco senza rinunciare alla meraviglia, anzi, cercando di indurre nuova meraviglia con la spiegazione del trucco. Tutto si sposta a un livello più alto, la contraddizione si acuisce, l’equilibrio è più difficile da mantenere, ma c’è il vantaggio che tutti devono essere più consapevoli, più vigili.

Ecco che la magia diventa anche critica della magia, come nella tecnica di montaggio e narrazione grazie a cui Mariano ci fa vedere con nuovi occhi il trucco della donna segata in due, illuminando la relazione di potere che fa apparire “normale” il femminicidio. E in un mondo fondato sulla disuguaglianza tra i generi il femminicidio è normale.
Femminicidio è quando un uomo uccide una donna per un motivo legato al suo essere donna, perché andava «rimessa al suo posto», perché aveva osato rifiutare quell’uomo, aveva osato sfidarlo, o semplicemente – forse senza nemmeno accorgersene – aveva osato disattenderne le aspettative.
Femminicidio è quando l’uccisione di una donna serve a difendere o ribadire la disuguaglianza tra i generi.
Il femminicida non ha bisogno di razionalizzare questo movente, spesso non ne è nemmeno conscio: ci vive dentro, al movente, e non si è mai guardato da un «fuori».

Ai «negazionisti» che si arrampicano sugli specchi per smentire l’esistenza del femminicidio andrebbe chiesto: quante volte avete visto il trucco della donna segata in due a generi invertiti? Quante illusioniste esistono in proporzione ai colleghi maschi, e quante di loro hanno un «valletto» seminudo che possono seviziare, infilzare, squartare e segare a piacimento?

Questa è la magia «a un livello più alto» di Donne a metà: far apparire all’improvviso un femminicidio prima invisibile.

In un puntuale intervento su adolescenti e violenza di genere che prende le mosse da Donne a metà, Federica Zangirolami ha scritto:

«Credo che la questione (letteralmente) di vita o di morte sia quella di non smettere di porsi delle domande, non dare nulla per scontato e non porsi acriticamente di fronte a ciò che ci viene raccontato, dai media ma anche dai nostri pari. Chi, prima di aver visto Donne a metà, aveva mai pensato di interpretare in chiave aggressiva un mago che mette in scena la donna tagliata a metà? Alla stessa stregua dovremmo domandarci cosa sfugge alla nostra vista, cosa ci siamo disabituati a vedere. Quali stereotipi ci guidano nel rapporto con l’altro sesso? Giustifichiamo gli atti violenti? Con quale motivazione? Legittimiamo l’uso della violenza dei nostri figli o alunni nei confronti degli altri? Abbiamo mai domandato loro come si comportano con l’altro sesso, cosa pensano delle molestie, delle prevaricazioni, della violenza?»

Proprio grazie al documentario abbiamo conosciuto Mariano. Pensandoci, è strano che non fosse entrato nel nostro radar molto prima.

A parlarci di lui per la prima volta è Loredana Lipperini. La sera del 2 novembre 2013 si passeggia e si chiacchiera per Bologna dopo la presentazione di Morti di fama, e a un certo punto Loredana dice a Wu Ming 1: – Ma voi lo conoscete Mariano Tomatis? Ah, non lo conoscete? Dovete conoscerlo, guarda che siete fratellini! – E si mette a parlare di Donne a metà e del libro appena uscito per Sperling & Kupfer, Te lo leggo nella mente.

E così Wu Ming 1 si guarda il documentario, resta a bocca aperta e lo consiglia agli altri WM, poi si divora Te lo leggo nella mente, e lo consiglia agli altri WM, poi si beve in un pomeriggio ROL: Realtà O Leggenda?, vertiginosa controinchiesta sul presunto sensitivo torinese, e nel frattempo anche gli altri WM hanno drizzato le antenne:
– Questo è il tizio che fa per noi!

Stavamo finendo la stesura de L’Armata dei Sonnambuli. Da anni ci occupavamo di mesmerismo e magnetismo animale, quindi di ipnosi, e quindi di suggestione, e quindi di mentalismo. Da tempo sentivamo l’esigenza di far leggere il libro in anteprima a un «esperto», per capire se le scene di mentalismo avessero coerenza narrativa e plausibilità scenica.
Nello scrivere quelle scene abbiamo camminato su lame di rasoi: le magnetizzazioni sono descritte alludendo sempre a qualcos’altro che in realtà sta succedendo. Tanto noi quanto il lettore di oggi sappiamo che non esiste il «fluido magnetico universale», quindi quando un personaggio ne «magnetizza» un altro o più altri, e quella «magnetizzazione» ha evidenti effetti, in realtà sta accadendo qualcosa di diverso: suggestione, ipnosi «ericksoniana», pavlovismo sociale…? In realtà il qualcosa di diverso che sta accadendo vuole essere è un’allegoria aperta. Qualcuno ci ha letto una riflessione sul biopotere, o sulla manipolazione mediatica, o sui social network, o sulla psicanalisi, o tutto questo insieme. Il punto rimane che il fluido non c’è, nel romanzo non ci sono superpoteri, e le descrizioni del magnetismo sono sempre ambivalenti.
Così, ci è venuta l’idea di contattare Mariano e mandargli il libro, chiedendogli un parere da mentalista su quelle descrizioni.

E invece è stato lui a contattare noi, bruciandoci sul tempo! Ci ha scritto dicendo che aveva appena scritto un libro insieme a Buscema – L’arte di stupire – e gli sarebbe piaciuto farcelo leggere in anteprima, perché da poco aveva iniziato a seguirci e trovava diversi echi e parallelismi tra le rispettive riflessioni e attività.

Copertina de L'arte di stupire

A quel punto c’è stata la lettura incrociata e in anteprima dei due libri, che per combinazione avevano anche le stesse iniziali, LADS:

L
Armata / Arte
Dei / Di
Sonnambuli / Stupire.

Ma era solo l’inizio: nel loro libro, Mariano e Ferdinando avevano scritto della nuova magia che deve uscire dai teatri, e un personaggio de L’armata dei sonnambuli, Léo Modonnet, elucubra a lungo su cosa sia il nuovo teatro che deve uscire dai teatri, perché il palcoscenico è per la strada, la Rivoluzione ha creato un nuovo pubblico etc. Capita così che nei due libri ci siano frasi molto simili.
Noi abbiamo scritto una breve nota per la quarta di copertina de L’arte di stupire:

«Dalla soglia invisibile di un museo delle meraviglie privo di pareti, Tomatis e Buscema indicano l’orizzonte e annunciano un nuovo mattino dei maghi. Quei maghi, ci dicono, non saranno un’élite: quei maghi saremo noi, noi tutti, nessuna casta sapienziale, nessun superuomo, magia al popolo! Fuori dagli spazi ristretti dei teatri e dei club, fuori dalla scatola sempre meno magica della TV, fuori dagli antri degli scuroveggenti e dei paragnosti figli di paragnosti, incanto e consapevolezza possono e devono unirsi, per arricchire di vita la vita, per danzare con undici gambe, per raccontare e far vivere storie con ogni mezzo necessario.»

Mariano ha fatto molto di più: non si è limitato a “vidimare” le scene di suggestione e mentalismo ne L’Armata dei Sonnambuli, ma ha proposto un intero catalogo di idee per la promozione del libro, per i suoi spin-off transmediali e per la sua prosecuzione «in 3D».

Quel che è accaduto dopo, beh, lo lasciamo raccontare a lui.

Te lo si conta io come incontrai Wu Ming

di Mariano Tomatis

Il 9 gennaio 2014 una troupe della BBC mi ha chiesto cosa pensassi di Wu Ming.[1] Nel tempo di un tweet, ho lasciato un po’ spaesata la giornalista Lucy Ash, limitandomi a rispondere: «Sono maghi, per l’uso che fanno delle parole per evocare magia, cambiare la realtà, alterare le percezioni e mettere il mondo sotto-sopra.» Una risposta improvvisata e un po’ vaga, che merita una riflessione più ampia.

Magic in the Moonlight (2014), l’ultima commedia di Woody Allen, si apre nella Berlino del 1928. Il mago Wei Ling Soo sta facendo sparire un elefante tra gli applausi.

Fotogramma da "Magic In The Moonlight" (2014)

Wei Ling Soo nel film di Woody Allen, “Magic In The Moonlight” (2014).

Dal momento che il film si svolge quasi tutto nel sud della Francia, Marzia Gandolfi si è interrogata sullo strano incipit “tedesco”, cogliendo nel pachiderma qualcosa che sfugge a un primo sguardo; forse un riferimento obliquo al

collasso della Germania sotto i colpi della crisi e del nazismo. […] Magic in the Moonlight apre proprio sul ‘palcoscenico’ di Berlino e davanti a un pubblico che a breve non vedrà più l’elefante nella stanza perché sceglierà di ignorarlo, ignorando col pachiderma una tragedia evidente. Nemmeno la magia può volatilizzare un elefante e una verità, la sparizione è soltanto un’illusione prodotta da un prestigio, una rimozione dal campo visivo che prima o poi ricompare.[2]

Non è il primo elefante in cui mi sono imbattuto in questi anni. Raccontando il mago Silvan – e per suo tramite la condizione dell’illusionista nel disincantato mondo moderno – Paolo Sorrentino rifletteva sul suo isolamento:

La solitudine è la sua unica compagna di lavoro. A quale collega telefoni quando non riesci a trovare il trucco per far scomparire un elefante?[3]

Una dimensione che avevo sperimentato sulla pelle, ma in cui non volevo indulgere. È stato l’incontro con Wu Ming e la comunità di Giap a porre un freno a quello struggente (e un po’ patetico) autocompiacimento. Mi accorsi di aver accettato a lungo una definizione di “mago” troppo ristretta; al di fuori del perimetro dei “club magici” esistevano colleghi che studiavano la sparizione dell’elefante nel qui e ora, rifiutando lo stretto ambito del teatro. Ritrovai lo stesso animale tra le pagine di New Italian Epic di Wu Ming (qui), nell’ambito di una riflessione sul potere delle storie di inculcare visioni del mondo:

L’idea che molte persone siano vittime di un incantesimo malvagio ha origine dal nostro scontrarci, ogni giorno, con esempi del genere. Questa gente non ragiona, ci diciamo, ha la mente controllata da un potere superiore. Consoliamoci, perché non possiamo farci nulla: è colpa dei giornali, è colpa della televisione, è colpa dei farmaci e delle droghe. Niente di tutto questo. È il nostro cervello a funzionare così. Lo ha spiegato bene George Lakoff [4] in un famoso aneddoto: se entri in una classe e ordini agli studenti: «Non pensate a un elefante», quelli subito ci penseranno, con tutto il contorno di grandi orecchie, proboscidi e zanne d’avorio. Negare un concetto attiva quel concetto nella testa delle persone.

Un discorso che mi ricordava le prime lezioni alla scuola di magia: mai e poi mai – di un mazzo di carte – bisogna dire al pubblico che “non è truccato”; excusatio non petita, la negazione inquina il pensiero e insinua sospetti.

In ogni gioco di prestigio c’è un elefante da nascondere: compito del mago è di rendere invisibile il trucco. Quali sono le migliori strategie – testuali, meccaniche, psicologiche – per farlo? Più ne esploravo le attività, più la Wu Ming Foundation mi appariva come un laboratorio permanente impegnato in una riflessione sistematica su questi temi. Ma se temi come la persuasione subliminale, la manipolazione delle menti e la comunicazione efficace evocano dispendiosi corsi in alberghi di lusso, curati da guru motivazionali innamorati del proprio ombelico, la comunità aggregata intorno al blog Giap bandiva i termini “esclusivo” ed “élitario” e dimostrava capacità (e profondità) di analisi per me fino ad allora inconcepibili. Le stesse tematiche erano affrontate in una prospettiva storica, politica e letteraria – dimensioni sconosciute ai sacerdoti del self help – e si allargava all’analisi della creazione di storie, della tecnicizzazione dei miti e della manipolazione delle narrative.

Di più, tanta analisi non contribuiva solo allo sviluppo dell’arte dell’inganno (alla base dell’attività di un mago) ma consentiva di interpretare dinamiche sociali e politiche che nulla avevano a che fare con l’intrattenimento: le strutture di potere rivelavano l’uso di tecniche persuasive tipiche dell’illusionismo; il populismo mostrava di alimentarsi delle stesse retoriche studiate a tavolino nei circoli magici (dettaglio colto alla perfezione dal Renzi-mentalista di Maurizio Crozza); gli uomini politici incarnavano l’archetipo dello sciamano («Curerò il cancro in tre anni!») per ammantarsi di un’aura la cui efficacia “performativa” è nota sin dall’antichità.

Bucchi su "Repubblica", 18.1.2014.

Massimo Bucchi su “Repubblica”, 18.1.2014.

Chiusi nelle loro stanze (“ermetiche” nei due sensi) e gelosi dei propri trucchi, molti illusionisti non sfruttano l’opportunità di confrontarsi con il mondo della cultura e aprirsi a una “fertilizzazione reciproca”. La paura di farsi rubare i segreti impedisce loro di cogliere quanto gli stessi potrebbero giovarsi del contributo di chi opera fuori dalla cerchia degli illusionisti. A partire dai Wu Ming.

“Maghi” sui generis sin dall’epoca di Luther Blissett, le loro azioni sovversive potrebbero ispirare interi trattati di arte magica. L’illusionista[5] e art performer Harry Kipper, sulle cui tracce “Chi l’ha visto?” sguinzagliò una troupe, era solo il frutto dell’immaginazione del collettivo bolognese, proprio come l’identità dell’enigmatico sensitivo Doctor Q.[6] era stata creata ad arte dal mentalista americano Alexander Conlin per alimentare un’aura di mistero intorno ai suoi trattati.

Il Dr. Q ed Harry Kipper.

Due illusionisti fittizi. A sinistra il misterioso “Dr. Q”. A destra Harry Kipper.

Cosa ci faceva il mago Silvan sulla Rivista di guerra psichica e adunate sediziose di Luther Blissett (N. 0, aprile 1995, p. 14), definito “UN EROE” senza giri di parole? Non era intriso di magia Point Lenana (Einaudi 2013), l’oggetto narrativo non identificato di Wu Ming 1? E c’era una vaga risonanza tra la beffa di Satana a Viterbo (1995) di Luther Blissett e la mia beffa del Santo Graal (1996); tra le performance di Darko Maver e la fotografia farlocca di Pierre Plantard; tra l’interesse di Luther per la psicogeografia e il mio per le strampalate geometrie esoteriche di Rennes-le-Chateau.

Grazie all’intensa collaborazione avviata con loro un anno or sono – un’esplicita fertilizzazione incrociata, non priva di feconde contaminazioni reciproche – il mondo dell’illusionismo deve alla Wu Ming Foundation stimoli preziosi e letteralmente “inauditi”. Eccone alcuni.

Via lo sguardo dall’ombelico!

La risposta concorde alla controrivoluzione

La risposta concorde alla controrivoluzione al termine dell’Esercizio I, rispettivamente a Torino, Mantova e Carpi.

Presentandosi con un nome che non è un nome (“Wu Ming” significa “senza nome”) da sempre il collettivo bolognese sottolinea la maggiore importanza dell’opera rispetto all’artista individuale. Chiedere a un illusionista di tenere a bada l’Ego sembra un controsenso: come può il mago – incarnando una figura dai poteri superiori – accogliere l’invito a ridimensionare il proprio personaggio? Eppure collocare al centro lo spettatore e il suo stupore, mantenendosi ai margini dell’azione magica, è il “comandamento nuovo” di un filone illusionistico molto recente, cui io e Ferdinando Buscema abbiamo dedicato il libro L’arte di stupire (Sperling & Kupfer 2014). Scrivendo e mettendo in scena con Wu Ming il Laboratorio di magnetismo rivoluzionario, la parola d’ordine è stata quella di presentare L’armata dei sonnambuli con il contributo di un intero collettivo di illusionisti, nessuno dei quali doveva spiccare sugli altri. Nelle sue molteplici edizioni (Torino, Mantova, Carpi) si sono alternati prestigiatori diversi. Salvaguardando il nucleo della presentazione-spettacolo, il laboratorio ha dimostrato la possibilità di rendere “scalabile” uno show di magia, slegato dalle singole identità dei suoi protagonisti: tra la prima edizione torinese e la più recente a Brindisi (in versione circense) non c’è alcun protagonista in comune. E in alcune occasioni gli stessi Wu Ming hanno preso in mano la bacchetta magica, assumendo su di sé – per una volta in modo letterale – l’identità del mago da palcoscenico, confondendo ulteriormente il confine tra gli autori del romanzo e i suoi “prosecutori con altri mezzi”.

L’archivio e la strada

Il Laboratorio di Magnetismo Rivoluzionario è nato come prosecuzione transmediale de L’armata dei sonnambuli. Concepirlo ci ha imposto un’inedita riflessione sui rapporti tra romanzo storico e illusionismo. L’ispirazione è venuta dalla frattura avvenuta nel 1785 tra Nicolas Bergasse e Franz Anton Mesmer; dal drammatico scontro era nata una frangia eretica di magnetisti dietro i cui incontri si celavano intenti rivoluzionari (ben documentati da Robert Darnton[7]). L’introduzione di un elemento di fantasia – i Cahiers de Magnetisme Révolutionnaire che avrei individuato a Lione – ci ha consentito di elaborare (e animare) un intero “mondo” in cui collocare ciascuna performance.[8]

Cahiers de Magnetisme Révolutionnaire

Nicolas Bergasse, “Cahiers de Magnetisme Révolutionnaire” (Torino, Lione e Praga, 1804).

Ma se gli archivi hanno fornito un contesto verosimile, dovevamo estendere la riflessione alla seconda parte del binomio da sempre valorizzato dalla Wu Ming Foundation: la strada. Bando al clicktivism: ogni riflessione che resti sulla carta (o sul web) è morta. La scorsa primavera Luca Cientanni mi ha coinvolto come illusionista in una giornata di raccolta fondi organizzata a Bussoleno dal movimento No TAV. Il suo invito ha spalancato prospettive impensabili, costringendoci a riflettere sui (fino ad allora, potenziali) risvolti militanti dei giochi di prestigio: saremmo riusciti a concepire – e mettere in scena, of course! – una “magia No TAV”? Il Laboratorio di magnetismo rivoluzionario è sceso in strada il 26 aprile 2014 con l’aiuto di Alberto Perono Cacciafuoco, un illusionista di Bussoleno, e ha coinvolto decine di persone in esperimenti magici in tema con la lotta valsusina.

Alberto Perono Cacciafuoco

Alberto Perono Cacciafuoco durante il Laboratorio itinerante di Magnetismo Rivoluzionario di Bussoleno (26 aprile 2014).

Uno dei giochi mirava a rendere virale un volantino contro la linea ad alta velocità. Un altro era esplicitamente rivolto ai bambini. Battuta più volte nel corso dei mesi, la strada ha fino a oggi ispirato svariate “pillole magiche rivoluzionarie”:

Qualche mese prima – per scaldare i motori – avevo girato “Let the Poker free”, un video tutorial che insegna un gioco di prestigio a sostegno della liberazione di Chiara, Mattia, Claudio e Niccolò, i quattro attivisti No TAV in carcere con l’accusa di terrorismo.

Libri (magici) al popolo!

Il 28 ottobre 2014 con Wu Ming abbiamo assistito a Bologna alla conferenza di Robert Darnton “Libraries, the Internet, and the Future of Books”. Direttore della biblioteca di Harvard, lo storico statunitense ha illustrato gli sforzi compiuti per offrire un accesso libero e gratuito a migliaia di documenti disponibili in formato digitale. L’impresa, che gli è costata un lungo braccio di ferro contro colossi come Google e Amazon, è culminata un anno fa nella Digital Public Library of America, un gigantesco database di risorse digitali distribuite in tutti gli Stati Uniti.

Free-to-all

“Free-to-all”, iscrizione sulla Boston Public Library.

È stato L’armata dei sonnambuli a farmi conoscere Darnton, una delle principali fonti di ispirazione del romanzo dei Wu Ming, e il comune supporto all’idea di un libero accesso alla cultura mi ha fatto tornare a casa con un progetto preciso: quello di rendere disponibile un catalogo, continuamente aggiornato e annotato, di libri e documenti in formato digitale su illusionismo, mentalismo, mesmerismo, ipnosi e metapsichica – tutto ad accesso gratuito. Sparso su molti siti diversi, tale materiale è spesso difficile da individuare e consultare senza una guida. Grazie all’aiuto di Mauro Ballesio, oggi la “Biblioteca magica del popolo” è uno strumento a disposizione degli appassionati che vogliono approfondire storia e tecniche dell’illusionismo, senza la necessità di spendere cifre enormi nelle librerie antiquarie. L’archivio – il cui materiale supera oggi le 500 unità tra libri, articoli e documenti – testimonia un’inesauribile e appassionata ricerca di stupore dall’antichità ai giorni nostri.

Programmi e impulsi utopici

Se la rivoluzione si dovrà fare con ogni mezzo necessario, sottovalutare la bacchetta magica sarebbe un errore. Allargando lo sguardo oltre i confini dei circoli magici, gli illusionisti hanno scoperto intellettuali come Furio Jesi, Yves Citton (e gli stessi George Lakoff e Wu Ming), i cui contributi hanno un’enorme portata nel dibattito sul ruolo delle illusioni, delle storie e dei miti nel mondo contemporaneo. Durante l’edizione carpigiana del Laboratorio di magnetismo rivoluzionario abbiamo messo in scena un esplicito (e surreale) “spettacolo della goffaggine” che – mettendo in burletta la figura muscolare del mago – nasceva all’incrocio tra le riflessioni di Wu Ming 4 ne L’eroe imperfetto (Bompiani 2010) e quelle di Citton in Mitocrazia (Alegre 2013). Ma se il Laboratorio ha offerto l’occasione di concepire a tavolino un preciso “programma utopico”, in questi mesi abbiamo individuato “impulsi utopici” un po’ in tutto il mondo. Al mago svedese Arkadia basta piegare e spiegare il programma degli Sverige Demokraterna (“Democratici Svedesi”) per svelarne le quattro (inquietanti) parole d’ordine.

Alcune performance del duo Penn & Teller avrebbero entusiasmato Furio Jesi; in due numeri davvero sorprendenti (“Il gioco dei tre bussolotti”“L’uomo tagliato in tre”) gli illusionisti di Las Vegas svelano senza scrupoli il trucco utilizzato: contro ogni aspettativa, ciò non minaccia in alcun modo lo stupore dell’esibizione. Nella prima parte del numero l’appello è all’emozione e all’irrazionalità; la seconda invoca un piacere di segno opposto, del tutto razionale, che nasce dall’apprezzamento dei tecnicismi dietro la magia – quella “sutura” che nella prima parte non si scorgeva.

Penn & Teller

Chi dubita dei risvolti filosofici della magia si ricrederà davanti al contributo sovversivo e raffinato di Penn & Teller.

Le narrative teatrali dei maghi (e in primis dei mentalisti) possono essere tanto convincenti da produrre effetti di vera e propria fede nel paranormale. L’ideale sarebbe mantenere (come spettatori) e coltivare (come illusionisti) un equilibrio che metta insieme incanto e disincanto. Definire strategie che contribuiscano a tale bilanciamento è piuttosto complesso, e il tema è ampiamente dibattuto tra gli addetti ai lavori. Il problema se l’era già posto Furio Jesi, suggerendo di usare – per ogni mito di cui si voglia denunciare la genesi artificiale – l’arma dell’ironia. Ampliando l’analisi, Wu Ming 1 ha coniato l’espressione “evidenziare la sutura” per definire un ottimo (e complementare) antidoto all’ipnosi incantatoria, potenzialmente indotta da qualunque narrativa fittizia.

La magia: un’arte marziale?

Tra le pagine de L’eroe imperfetto mi sono imbattuto nell’espressione “arte marziale” per definire la letteratura. Secondo le più recenti interpretazioni della sua figura, il prestigiatore non è che uno storyteller con gli effetti speciali. L’incontro tra queste due idee mi ha costretto a rileggere le storie dell’illusionismo in una nuova ottica, offrendomi un punto di vista che dava le vertigini. In questa prospettiva la magia può trascendere di gran lunga la semplice ricreazione. Concentrando il focus sullo stupore, l’illusionista può offrire agli spettatori una scintilla preziosa; violando le aspettative, costringendo a cambiare punto di vista e mettendo in scena l’incredibile, un gioco di prestigio ben calibrato può risvegliare dallo stato di sonnambulia e costringere ad aprire gli occhi su frammenti in ombra della realtà.

NOMA The Master Mystery

L’iconografia dei trucchi magici da palcoscenico abbonda di elementi gore – e sotto le lame c’è sempre una donna.

Non necessariamente stimoli del genere richiedono un’esibizione live. Il mio cortometraggio “Donne a metà” racconta la storia di una performance illusionistica vecchia di un secolo – la donna segata in due – per mostrarne le narrative implicite e incoraggiare uno sguardo più consapevole. “Magic for Palestine” individua nella tecnica del deja-vu uno strumento potente nell’arsenale di un prestigiatore. “Magia e rivoluzione” ritrae l’illusionista più importante della mia vita, il cui unico strumento magico è stata l’inversione della narrativa dominante.

E se Nicolas Bergasse fosse stato vivo oggi, avrebbe certamente sfruttato la Rete per diffondere i suoi esercizi rivoluzionari; due secoli più tardi, ci abbiamo pensato noi a realizzare i videotutorial su YouTube che avrebbe firmato lui.

Magia militante e mainstream

Il 9 maggio 2014, prima di una presentazione congiunta a Bologna, Wu Ming 1 mi ha portato a vedere il murales di Blu sul centro sociale Xm24. Quella del writer bolognese gli era parsa una vicenda del tutto allineata alla concezione di stupore cui facevo riferimento nel libro L’arte di stupire: una meraviglia non fine a se stessa, ma con precisi risvolti politici. Qualche mese più tardi la storia mi è sembrata perfetta per il palcoscenico di WIRED 2014, l’evento londinese cui sono stato invitato a intervenire come illusionista il 16 ottobre 2014. La vicenda mostrava il meccanismo fondamentale alla base di quello che con Wu Ming avevamo battezzato “magnetismo rivoluzionario”. Fulcro dell’azione di Blu — che con la sua opera aveva salvato dalla distruzione la struttura bolognese — era il “gigantismo stuporoso” utilizzato per paralizzare psicologicamente il nemico. La tecnica ha una controparte oscura nello “Shock and Awe”, la dottrina militare teorizzata durante l’attacco sull’Iraq, in nome della quale la messa in campo di una forza bellica spropositata servì per annientare — anche e soprattutto dal punto di vista psicologico — il nemico.

Durante la mia magic lecture “How magic can be the elixir of life” (rivedila qui | guarda dietro le quinte) ho commentato l’imponente opera di Blu facendo riferimento all’ultimo film di Sorrentino: «Questa è La grande bellezza di cui andiamo orgogliosi in Italia.»

Per definire questa forma insolita di illusionismo, gli organizzatori dell’evento hanno scritto sul mio badge “Militant Magic”: una definizione ambiziosa, per onorare la quale dovevo evidenziare la capacità dello stupore di portare a galla il conflitto e raccontare gli ultimi. Ho preparato il pubblico al finale del mio intervento citando una nota (e cinica) battuta sul genere umano: «La cosa più difficile da spiegare a un uomo vissuto 50 anni fa? In tasca ho un dispositivo con cui potrei accedere all’intero scibile umano e lo uso per guardare fotografie di gatti.» La risata che ne è seguita non si è ripetuta quando ho raccontato della migrante siriana che ha portato a bordo di un barcone un gatto, conquistando così (e solo così) l’attenzione di tutti i quotidiani: in sala è calato il gelo, e a quella temperatura ho potuto “somministrare” l’ultima regola – quella che invitava a usare la meraviglia per fottere il Sistema.

Hack the system with oddballs

“Fotti, ehm… manometti il sistema con le stranezze”

Qualche mese prima, a Mountain View (California), Google mi aveva invitato a esibirmi nel suo quartier generale e lì avevo presentato uno degli esercizi di magnetismo rivoluzionario – “Distinti ma concordi” – intitolandolo “L’esperimento di mesmerismo più veloce e divertente del mondo”.

Oggetti narrativi non identificati

wm11Gli spettatori del Laboratorio di Magnetismo di Torino e Mantova hanno trovato, nel foyer dei rispettivi teatri, il playbill dell’evento: un libretto souvenir illustrato, ispirato a quelli in vendita a Broadway, contenente foto di scena, la biografia degli autori, la presentazione dello spettacolo e i suoi retroscena. Per farne un oggetto narrativo ancora più spiazzante, e dal momento che accompagnava uno spettacolo di illusionismo, lo abbiamo strutturato (anche) come una collezione di giochi di prestigio interattivi; le cinque storie raccontate riprendono i cinque atti in cui è suddiviso lo spettacolo e coinvolgono il lettore in altrettanti “esercizi” di magnetismo che può sperimentare a distanza, limitandosi a seguire le istruzioni sul libro. Il playbill può essere scaricato nelle due versioni: Torino 6 maggio 2014 | Mantova 5 settembre 2014.

Il 21 settembre 2014 un secondo playbill, declinato in chiave di guida turistica, manuale di debunking ufologico e riflessione sull’arte di stupire, ha accompagnato la Camminata spirituale sul Monte Musinè, che in origine avrebbe dovuto condurre Wu Ming 1 ma che, in seguito a un infortunio, è stata assegnata a me. La presenza di diversi Giapster, l’escursione preparatoria di due settimane prima e la scelta delle storie per accompagnare l’ascesa ha collocato l’evento nel contesto dell’Alpinismo Molotov, una delle più recenti e oblique associazioni nate nell’ambito della Wu Ming Foundation. Il playbill escursionistico può essere scaricato da qui.

Circo! (paragrafo a cura di Wu Ming 2)

Il Piccolo Circo Magnetico Libertario (PCML) nasce dall’incontro tra Giacomo Costantini, Mariano Tomatis e Wu Ming 2. L’idea è quella di innestare giocolieri e acrobati nel già collaudato Laboratorio di Magnetismo Rivoluzionario, così da ottenere una presentazione-spettacolo de L’Armata dei Sonnambuli che possa calcare la pista di un circo.
Questa pazza miscela di letture, musica, illusioni, funamboli & magie doveva debuttare il 6 novembre scorso, a Brindisi, sotto il tendone del Circo El Grito, con il nome-ombrello di Laboratorio Circense di Magnetismo Rivoluzionario. Poi, all’ultimo momento, l’improvvisa defezione di Mariano ha portato a un’ulteriore rimescolamento degli ingredienti. Wu Ming 2 si è lanciato in alcuni numeri di magnetismo rivoluzionario – tra i quali la Novissima Oftalmo Terapia con Allucinazioni Percettive (NO TAP) – mentre Giacomo e Fabiana Ruiz Diaz si sono fatti aiutare nei loro numeri dall’artista e clown cileno Gon Alarcon e da Timoteo Grignani alla batteria.
La serata ha visto la partecipazione di 200 spettatori, con le tribune dello chapiteau riempite di un pubblico molto vario: il bello del circo, infatti, è che non ci sono né porte né scale all’ingresso. Entrare sotto il tendone è più facile che sedersi in un teatro o in una libreria, eppure, una volta dentro, si rimane catturati, presi da una bolla narrativa che nessuno spazio all’aperto riesce a riprodurre.
Per questo motivo, Fabiana, Giacomo, Gon e WM2 hanno deciso di riproporre il PCML, con l’aggiunta di Robert Tiso al cristallofono, sorta di organo fatto di bicchieri, antenato fai-da-te della glassharmonica, lo strumento – inventato da Benjamin Franklin – che Franz Anton Mesmer faceva suonare in sottofondo alle sue sedute magnetiche.
Lo spettacolo si terrà a Roma, il 27 e 28 dicembre, h. 21, sempre sotto il tendone del Circo El Grito, già montato in questi giorni di fronte all’Auditorium Parco della Musica, per la prima edizione di ECCÌ! El Grito Christmas Circus – Festival di Circo Contemporaneo Italiano. Dal momento che i posti sono limitati, consigliamo di prenotarsi.
Info, numeri e contatti si trovano qui.

[1] Europe’s Troublemakers, 19.2.2014.

[2] Marzia Gandolfi, “Una comédie au champagne, dove si accetta il soccorso dell’illusione delle immagini, dei giochi di prestigio e di qualche nota jazz sul nero”, MyMovies, novembre 2014.

[3] Paolo Sorrentino, Tony Pagoda e i suoi amici, Feltrinelli, Milano 2012.

[4] George Lakoff, Non pensare all’elefante!, Fusi orari, Roma 2007.

[5] “[Luther] Blissett usò il nome di uno dei fondatori del progetto, l’ex punk Harry Kipper, quando sguinzagliò le troupe di “Chi l’ha visto?” sulle tracce di un presunto illusionista inglese – mister Kipper, appunto – scomparso nel nulla: e non in circostanze normali, ma mentre tracciava la parola ART in mountain bike, nel Nord Italia. Disparve sulla T, grossomodo a Udine.” in Loredana Lipperini, “La beffa firmata da Luther Blissett”, Repubblica.

[6] Ad esempio in Claude Alexander Conlin, The life and mysteries of the celebrated dr. Q, Nelson Enterprises, Columbus, 1946 (I ed. 1921).

[7] Mémoires de J.-P. Brissot (Vol. 2), Perroud, Parigi 1911, p. 54 cit. in Robert Darnton, Il mesmerismo e il tramonto dei lumi, Medusa, Milano 2005, p. 79. L’estratto si trova anche sul Playbill del Laboratorio di Magnetismo Rivoluzionario del 6 maggio 2014 a Torino.

[8] L’intero lavoro è descritto nei dettagli in Mariano Tomatis, “Il Laboratorio di magnetismo rivoluzionario”, Blog of Wonders, 23.6.2014.

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15 commenti su “La magia militante di Mariano Tomatis. Da «Donne a metà» a L’#ArmatadeiSonnambuli

  1. E come non citare un’altra incarnazione blissettiana, il Coordinamento Maghi Marxisti – Stregoneria Operaia! (più diverse ulteriori sigle della medesima risma…)
    http://www.lutherblissett.net/archive/376_it.html
    Noialtri giapsters della colonna pavese (io, Vanetti, l’Avvocato Laser) siamo notoriamente fans del mago militante Tomatis.
    Abbiamo conosciuto Mariano e Ferdinando proprio a Pavia, in occasione della loro presentazione (organizzata dal nostro amico Beniamino Sidoti, importante studioso di giochi e scrittore di libri per ragazzi) de “L’arte di stupire”, che io avevo letto poche settimane prima. Durante la presentazione ne ho fatto una sorta di *recensione a voce*, mettendo il libro in risonanza con un’altra mia lettura recente, la “Grammatica della fantasia” di Gianni Rodari, questa stimolata dalla frequentazione del Cantarchivio.
    Mariano ha trascritto il bellissimo intervento introduttivo di Beniamino e il mio in questi due post speculari:
    http://www.marianotomatis.it/blog.php?post=blog/20140604
    http://www.marianotomatis.it/blog.php?post=blog/20140605

    Una delle cose che più mi colpiscono di Mariano è la sua capacità di collegare vicende o situazioni che sembrano irrelate, *trovando* (deleuzianamente, mi verrebbe da dire) il concetto che le unisce.
    Un esempio, uno dei tanti, è questo suo post,:
    http://www.marianotomatis.it/blog.php?post=blog/20141102
    Ma trovo che lo stesso metodo –la correlazione spiazzante di elementi lontani tra loro- stia alla base del talk a Londra e di molti passaggi ne “L’arte di stupire”: metodo che è, io credo, uno dei punti di contatto tra Mariano e la poetica di Wu Ming.

    Come mi ha consigliato WM1, ho poi letto “ROL. Realtà o leggenda”, che davvero è (anche, ma non solo) un manuale su come va fatta un’inchiesta: verifica meticolosa delle fonti, smontaggio radicale delle bufale attraverso passaggi logici esposti con chiarezza, in modo da sottoporli a una pubblica verifica. Ciò che invece il protagonista del libro si guardava bene dal fare con i suoi “esperimenti”. Lungi dall’essere *roba per prestigiatori*, l’inchiesta di Mariano è una riflessione sulla comunicazione, sulla costruzione di un personaggio, sui meccanismi di funzionamento dei media, anche perché la figura di Rol (e questo io lo ignoravo, come ignoravo Rol stesso prima di leggere il libro: beata gioventù!  ) era fortemente mediatica e in generale idolatrata dall’alta borghesia: moltissimi gli articoli che La Stampa gli ha dedicato, uno come Sergio Romano ha scritto pagine agiografiche su di lui. Mi ha sorpreso trovare in bibliografia persino un articolo su Rol a firma di Vittorio Curtoni e Giuseppe Lippi.

    Gli eredi di Rol (o ‘ol, in analogia con un altro illusionista controrivoluzionario) regalano momenti di assoluto spasso, come quando discettano di “superuomo” con indubitabile nozione della materia…
    http://www.vice.com/it/read/rol-il-superuomo-a10n5

    Qualcuno gli spieghi che “ubermensch” non si traduce più “superuomo” da decenni: e comunque non è la cosa che intende lui.

    In seguito ho assistito alla séance mantovana del Laboratorio di Magnetismo rivoluzionario: il post qui sopra, forse in modo ancor più lampante che nelle altre presentazioni del Lab, “mostra la sutura” nel lavoro che avete svolto per quel tipo di spettacolo.

    Uno scambio di mail con Mariano, a proposito del suo metodo e degli aspetti comunicativi che sottintende, l’abbiamo trasfuso in quest’altro tread:
    http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=18518&cpage=1#comment-25035

    Insomma, per quel che mi riguarda, dall’incontro con Tomatis è scaturito un bel grumo di riflessioni su molti argomenti, tra cui il senso della performance, dal momento che gli interrogativi che si pone Mariano vanno molto al dilà della performance illusionistica.

  2. Fantastico. Rileggete i “Manifesti surrealisti” di Breton. Magia e rivoluzione e rivoluzione come acquisizione della capacità di attribuire senso alle cose tramite l’ars magna, come i romani chiamavano l’ars combinatoria. La kabbalah non fa una cosa diversa. Tutto ciò ha una ripercussione immediata sulla coscienza, che si chiama libertà.

    http://vimeo.com/63741738

  3. Aggiungo un link all’archivio dei miei editoriali, in cui si parla di economia e magia, anche se a volte non sembra. Ed è proprio quando non sembra che se ne parla di più. Con maggior precisione.

    http://www.varinipublishing.com/index.php?option=com_content&view=category&id=4&Itemid=22

  4. Consiglio a tutti, ma soprattutto a Tomatis, di vedere (se già non l’avete fatto) l’ultimo film di Woody Allen, Magic in the moonlight.
    Cercherò di non fare spoiler, ma fin dal titolo e dalla prima scena appaiono alcuni temi ricorrenti nella filmografia di Allen.
    La magia e i maghi (già presenti in Scoop), il rapporto, o meglio, la lotta fra razionale e irrazionale (già presente in Crimini e misfatti, la scena in cui discutono la zia comunista e lo zio rabbino), l’arte (il cinema) come illusione e l’artista (Allen) come mago, oltre naturalmente al protagonista nevrotico pessimista innamorato, sono tutti leitmotiv della carriera di Allen.
    Un film che a me è piaciuto molto, che gioca molto sulla radice etimologica di “illusione” cioè in-ludere, “prendersi gioco”, illudersi sperando che ci sia qualcosa dietro, nel cinema, nell’arte, nella magia, nella filosofia e nella vita. Bellissimo anche il personaggio di Colin Firth, vero e proprio debunker come Tomatis, un mago illusionista ultra-razionalista, che spesso (non è un caso) tira in ballo Nietzsche. La sospensione dell’incredulità si esibisce in più di una capriola, dal momento in cui si entra in sala.
    Un delizioso quadretto sulla lotta fra atei razionalisti e “gente che vuole credere”, sullo sfondo del Sud della Francia degli anni ’20.

    • Ho avuto la fortuna di vedere “Magic in the Moonlight” al Torino Film Festival 2014. L’ho recensito qui:
      http://www.marianotomatis.it/blog.php?post=blog/20141124
      e suggerito sette approfondimenti qui:
      http://www.marianotomatis.it/blog.php?post=blog/20141125
      Confermo che si tratta di un film interessante.

      • letto tutte i due gli articoli, bella la recensione i sette trivia.
        Arte e magia, anche per Allen, sono sinonimi.

        • Che Allen fosse un esperto di storia della magia si era capito, in questo video lo conferma esplicitamente: https://www.youtube.com/watch?v=hQ5MHSpukTQ

          “negli anni ’20 molti spiritisti in america riuscirono a prendersi gioco di scienziati e intellettuali. Gli unici che non riuscirono a prendere in giro furono i maghi” :)

          Su arte e magia come sinonimi, mi vengono in mente le parole di un altro “mago”, Aleister Crowley.
          In Magick dice che qualsiasi forma artistica è alchemica, in quanto l’ispirazione si tramuta in gesto “diabolico” e l’artista alchemicamente trasforma la cruda realtà in arte. Un processo magico, quindi, è quello con cui Vermeer trasformava alchemicamente in quadri le tempere e i colori a olio, nello stesso modo in cui gli alchimisti trasformavano in oro i metalli semplici.
          una riflessione molto diversa da quella di Allen, ma che può spiegare, forse, il modo in cui da un mazzo di carte o da un pezzo di ottone si può creare magicamente un’opera d’arte.

  5. -You do magic?
    -yes Of course I do, everyone does magic, it’s easy
    http://youtu.be/Qn4KeeB9o3s?t=50s

    Solo per linkare shaquille o’neill con Penn & Teller :)

  6. Il logo “Magia al popolo!” è disponibile in formato vettoriale per farne adesivi, spillette, bandiere e striscioni. L’ho caricato qui in sei versioni differenti in seguito alla richiesta di un mago statunitense che lo vuole stampare sulla t-shirt: http://www.marianotomatis.it/blog.php?post=blog/20141208

  7. Questa lettura è stata per me illuminante. Seguo da tempo sia voi (come avrete notato da alcuni miei goffi commenti) che Mariano, per “colpa” del quale ho sviluppato un’insana passione per tutto ciò che è magico, ma vedere così, nero su bianco, un “manifesto della magia militante” mi ha ispirato al punto da spingermi alla scrivania. Ho prodotto questa strana “roba narrativa”, che linko qui dietro invito dello stesso Mariano, che è già stato così gentile da darmi alcuni ottimi consigli e da farmi un “repost” sul suo sito:
    http://suprasaturalanx.wordpress.com/2014/12/06/dietro-le-quinte-magia-al-popolo/

    Grazie mille per il vostro lavoro!

    [OT] Una curiosità per il futuro: in questi commenti è possibile inserire i tag html? [/OT]

  8. Sono scrittore e mago e fondo le due cose usando la magia per incentivare i ragazzi alla lettura.

    Posso sottoscrivere il manifesto? :)

  9. Nell’augurare lunga e felice vita alla magia rivoluzionaria e con la speranza di assistere presto a uno spettacolo, si propone un esperimento per il quale ci vorrebbe davvero un grandissimo mentalista: fare iniziare le presentazioni dei Wu Ming con SOLO un quarto d’ora di ritardo anziché i sette/otto di rigore. Le chiacchiere non si potrebbero fare, e meglio, dopo, o magari lasciare più spazio per le domande e per appunto gli esperimenti magici? : – )
    Siamo fiduciosi.

  10. Sempre su Magia e “L’Armata dei Sonnambuli” segnalo che il 22 marzo 1793 un mago controrivoluzionario concluse il suo spettacolo di fantasmagoria a Parigi facendo apparire nel fumo l’immagine di un diavolo (rosso, con le corna e la coda) il cui viso mostrava le fattezze dell’Uguaglianza. Altre volte il diavolo aveva le parvenze di Marat, Danton o Robespierre. Interessante l’uso politico di un’illusione teatrale nata proprio in quegli anni e rivolta evidentemente a un pubblico di filomonarchici. La fonte è il “Journal des Luxus und der Moden” dell’aprile 1793, p. 230.

  11. Ma il grandissimo Cristopher Brookmyre lo conoscete?
    “The sacred art of stealing” e “A snowball in hell” con il “mago” Zal Innez… ma tutta la sua produzione potrebbe interessarvi parecchio sotto vari punti di vista…