Strategie del reincanto. Come uscire dal sortilegio del capitalismo? Dialogo tra Loredana Lipperini, Mariano Tomatis e Wu Ming 1

Elba Book Festival, 20 luglio 2022. Il direttore artistico Marco Belli, Loredana Lipperini e Mariano Tomatis in un momento clou della serata. Foto di Eleonora Carta.

La sera del 20 luglio 2022, a Rio nell’Elba, per la precisione in piazza Matteotti, Loredana Lipperini, Mariano Tomatis e Wu Ming 1, pungolati dal direttore artistico di Elba Book Festival Marco Belli, hanno discusso di incanto, “disincanto” neoliberale, reincanto (e scorciatoie verso reincanti tossici), meraviglia, magia, fantasmi e molte altre cose, a partire dai loro libri più recenti, rispettivamente: Nome non ha (Hacca Edizioni), Incantagioni (Nero) e La Q di Qomplotto (Alegre).

Durante la serata sono stati eseguiti un numero di mentalismo e un rituale per evocare il fantasma residente in quella piazza.

Un resoconto dell’evento, a botta ancora calda, l’ha fatto Mariano sul suo blog.

Grazie a Elba Book, e a tutte le persone che hanno reso possibile l’incontro.

Ecco l’audio completo. Si può ascoltare/scaricare direttamente qui e su Radio Giap Rebelde, la nostra audioteca disponibile su Archive.org, Apple Podcasts e ovunque si decida di inserire il feed.

Strategie del reincanto – Durata: 1h 35′

Strategie del Reincanto – Durata: 1h 35′

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15 commenti su “Strategie del reincanto. Come uscire dal sortilegio del capitalismo? Dialogo tra Loredana Lipperini, Mariano Tomatis e Wu Ming 1

  1. Grazie per il prezioso contributo di tutti, questo vostro prezioso contributo mi ha spinto a indagare su due figure importanti citate durante il corso della serata. Volevo chiedere se potevate consigliarmi due libri: il primo libro per approfondire la storia, la vita, il periodo del confino e le posizioni politiche contrarie al fascismo e in particolare alla guerra 1915-1918 che portarono Giacomo Matteotti purtroppo alla sua prematura morte. Il secondo libro riguarda la figura di Joyce Lussu e in particolare quando Loredana Lipperini parla delle Sibille marchigiane pagane, italiane e/o appenniniche. Grazie :)

    • Ciao Marco, per quanto riguarda Matteotti, è appena uscito:
      Giacomo Matteotti, La guerra e la pace, a cura di Stefano Caretti e Jaka Makuz, Pisa University Press, 2022.
      A cura sempre di Caretti, e per le stesse edizioni, nel 2013 era uscito: Giacomo Matteotti, Socialismo e guerra.
      Per quanto riguarda Joyce Lussu sulla Sibilla (le sibille):
      Joyce Lussu, Il libro delle streghe, a cura di Chiara Cretella, NDA Press, 2022;
      Joyce Lussu, Racconti sibillini, Andrea Livi Editore, 2020.

  2. Premetto che a mio parere, per l’essere umano, quello dell’incanto e’ un bisogno, una necessita’ probabilmente fisiologica.

    Poi devo ammettere che non ho ben capito, per cosi’ dire, la sequenza, il processo che secondo voi la letteratura dovrebbe impegnarsi a facilitare.

    A me sembra che il sistema più che disincantare agisca, invece ed essenzialmente, proprio incantando e lo fa’ stimolando processi di regressione dell’essere umano, adulto, ad uno stato infantile.

    Ho trovato estremamente significativo quel cartello sui maghi/draghi.

    Il senso di incanto che, tempo fa’, il gioco di prestigio e la figura del drago erano in grado di generare in quel bambino non mi sembra sia venuto a mancare. Credo piuttosto che sia semplicemente mutato all’origine.

    I beni di consumo di ogni genere a portata di click e “Draghi” capaci di garantirne l’accesso, apparentemente senza soluzione di continuita’, si sono sostituiti, nella fantasia di tutti, ai vari maghi ed eventi generanti stupore e meraviglia. Il potere “magico” del capitale ha perciò incantato il mondo; la sua natura pervasiva ha poi reso l’incanto immanente/permanente.

    Penso quindi che le arti, in generale, e la letteratura, in particolare, semmai hanno l’arduo compito di disincantare, prima, per reincantare, poi.

    • Quello del capitalismo è un incanto che si spaccia per disincanto, ovvero agita i vessilli della razionalità, del realismo, della Scienza, del senso pratico. Il realismo capitalista è un insieme di superstizioni e articoli di fede che per riprodursi deve bollare ogni altra forma di incanto come irrealismo, superstizione, irrazionalità, credenza antiscientifica e quant’altro. Il capitalismo deve mantenere il monopolio del pensiero magico, e per farlo deve negare che si tratti di pensiero magico. Deve presentarsi come la sola realtà, priva di alternative. Quindi è “incanto del disincanto”. Anzi, è sortilegio, è un incanto maligno subendo il quale arriviamo ad accettare di vivere in gabbie di numeri. A prezzo di inconfessate sofferenze, naturalmente. Ma Non C’è Alternativa, chi persegue un’alternativa è un illuso, un fanatico, un irrazionalista, nella migliore delle ipotesi uno che fa castelli in aria. La letteratura come la intendiamo noi disincanta sulla natura dell’incanto capitalistico, e lo fa reincantando, tenendo aperto il ventaglio dei possibili, mostrando che il mondo è sempre infiniti mondi e si possono immaginare alternative. Spero che così sia più chiaro.

      • Chiaro. Grazie.

        Aggiungo soltanto un particolare. Credo che una delle cause originarie di questo “monopolio del meraviglioso” sia proprio una questione letterale, di lingua parlata. Ad esempio il fatto che l’aggettivo incantevole, ma anche il sostantivo, purtroppo, come dicono a Napoli, non si portano .

        Il verbo poi ha addirittura connotazioni negative: non mi si incanta mica … etc.

        A questo proposito, se posso, un esercizio utile per meglio concettualizzare il termine e magari “riabilitarne” l’uso evidenziandone il valore simbolico, potrebbe essere quello di provare a pensare, individualmente, ad un evento/esperienza che ci abbia in effetti incantato.

        Personalmente sono ottimista e credo che, la dove le arti visive sono forse abbastanza “sature” o comunque hanno sempre a competere con il regno del “Naturale”, quelle letterarie rappresentano un vero e proprio campo sinestetico estremamente fruibile/favorevole, nel quale e’ ancora possibile dispiegare quel ventaglio del possibile di cui parli.

        Certo, l’editoria…

        • Buonasera.. mi intrometto brevemente.. quest’estate mi sono riproposta approfondire, senza averne avuto ancora il tempo, dopo alcune letture qua e là, Simulacro e Simulazionedi Baudrillard.
          il salto di paradigma che propone nell’apparente lontano 1981 mi è parso un buono strumento per analizzare la contemporaneità.

          La nostra concezione generalmente diffusa di “reale” risente ancora molto dell’epoca positivista e così, allo stesso tempo, il positivismo è stato prodotto e “giustificazione” ma anche allo stesso tempo matrice del capitalismo.
          Per questo le riflessioni di Baudrillard ci possono aiutare a fare un salto in avanti nella comprensione dei processi di produzione culturale, che poi, con Marx, non sarebbero altro che l’espressione dei processi e dei rapporti della produzione capitalistica (o forse ultra capitalista e neo liberista attuale).
          non me ne vogliate, ma per chi non conoscesse il testo, cito facendo qualche taglio, da wiki.. giusto per incuriosire.
          Per ora non ho ancora avuto modo di avere in mano il libro ma ho letto alcuni saggi che ne parlavano.
          Mi è parso una di quelle visioni a “grimaldello” ovvero capaci di “scardinare la realtà” così come essa ci appare (direbbe Benjamin) o meglio come essa si simulacrizza nei giorni nostri..
          Personalmente sono stata stupida sia dalla profondità dell’argomentazione, che dalla sua attualità, tanto quanto di non averne mai sentito accennare fino ad ora, sebbene conoscessi alcune cose dell’autore (una mia mancanza? può essere.. eppure mi pare che sia rimasto in un certo senso “celato”.. culturalmente).

          da Wiki:
          “Il Simulacro non è ciò che nasconde la verità, esso è la verità che nasconde il niente.

          Baudrillard afferma che la società attuale ha sostituto il significato della realtà con Simboli e Segni e che l’esperienza umana è una simulazione della realtà. Inoltre, questi simulacri non sono semplicemente mediazioni della realtà e nemmeno mediazioni ingannevoli della realtà: non si basano su una realtà né nascondono una realtà, nascondono semplicemente che niente come la realtà è rilevante per la comprensione delle nostre vite.

          • [continua]
            I simulacri a cui Baudrillard fa riferimento sono i significati e il simbolismo della cultura e dei media che costruiscono la realtà percepita, la comprensione acquisita con cui le nostre vite e le nostre esistenze sono rese leggibili. Baudrillard crede che le nostre vite siano sature di simulacri costruiti dalla società e che quindi ogni significato è divenuto insignificante perché infinitamente mutevole e definisce questo fenomeno “precessione del simulacro”, intendendo per precessione cambiamento della direzione
            […]
            • Nel terzo stadio il segno non è una copia originale e maschera l’assenza di una realtà profonda, finge cioè di essere una copia fedele. Segni e immagini fingono di rappresentare qualcosa di reale, ma nessuna rappresentazione è in atto, perché le immagini arbitrarie sono suggerite come oggetti che non hanno relazione. Baudrillard questo lo definisce “ordine della stregoneria”, un regime di algebra semantica in cui tutto il significato umano viene evocato artificialmente per apparire come riferimento alla verità.

            • Il quarto stadio è puro simulacro e non ha alcun riferimento con la realtà. I segni riflettono altri segni, qualsiasi rivendicazione della realtà da parte delle immagini è solo un regime di totale equivalenza, in cui i prodotti culturali non devono più nemmeno fingere di essere reali, perché le esperienze dei consumatori sono talmente artificiali che ci si aspetta che le pretese sulla realtà siano artificiali. Questo fenomeno viene definito da Baudrillard Iperrealismo, dove qualsiasi pretesa di realtà è percepita priva di consapevolezza del sé critico e dunque eccessiva.”

            PS. sicuramente reale rimane il lavandino del nostro spogliatoio, che ancora dopo un anno non da acqua girando il rubinetto.. ogni tanto vado lì, e, per restare in argomento, rimango letteralmente incantata a guardarlo. Ma in fondo, mi dico, è giusto così.
            Nella nostra società, abbiamo dato per scontato che ci fosse riscaldamento ed aria condizionata, farina zucchero e sale negli scaffali, carburante nei nostri veicoli.
            Oggi iniziamo, generalmente parlando, a capire, che tutto questo non era “scontato” o meglio, del fatto che lo fosse, era un simulacro.
            a volte o alla fine, forse, la realtà ci arriva in faccia

            -ed alla fine sono stata prolissa..-

            • Lana, noi ti vogliamo anche bene, ma il tuo modo di lasciare commenti continua a mettere a durissima prova questa buona disposizione nei tuoi confronti. Quasi ogni tuo commento sarebbe potuto apparire, invariato, altrove, perché invece di dialogare con l’articolo in cima vai completamente per la tua strada. Spessissimo incolli qui robe anche molto lunghe trovate qui e là, la penultima volta addirittura un appello elettorale (che abbiamo dovuto rimuovere). In questo caso proponi alla lettura un libro di Baudrillard di cui però hai letto solo brani su Wiki, che subito procedi a rovesciare qui. Potremmo essere su qualunque forum, il lavoro specifico fatto su Giap e ancora più specificamente per il post qui sopra è bellamente ignorato salvo un riferimento labile, o persino implicito, all’inizio.

              • Hai ragione, forse ho saltato su alcune cose.. proverò ad articolare meglio in modo sintetico..
                Il concetto di Simulacro mi è parso illuminante perché mi ha aiutato ad uscire da alcuni vicoli ciechi in cui mi è accaduto si arenassero molte delle discussioni avvenute in questi ultimi due anni, contraddistinti a mio avviso da due fenomeni: quello pandemico, e da una delle massime crisi ed involuzioni ìnterne al sistema capitalistico.
                In questo quadro i concetti di “razionalità, del realismo, della Scienza, del senso pratico” citati da Su Ming 1 hanno agito sia come “cause per le quali” che come “fini in vista dei quali” si è inverato, o dis-velato un certo discorso e l’aura di incanto da esso diffusa nella società e nelle sue scelte.

                In ciò il concetto di Simulacro opera da cesoia, non tanto solo nel fenomeno del vissuto, ma innanzitutto nella concettualizzazione del nostro ordinare e vivere tale “realtà”.
                Prosaicamente, sarebbe come riscontràre che, nella biennale gestione pandemica, non funziona per un anno il lavandino di un nosocomiodi uno spogliatoio.
                Ed al contempo dire dandolo per certo che non esistano cure, che ci salveranno solo i vaccini, che il virus è assolutamente mutato naturalmente, che i sanitari non vaccinati vengono sospesi, che il green pass ti rende libero, e via dicendo.

                Ora porre queste critiche, che poi si basano su eventi -sui quali sono stati appoggiati per l’appunto discorsi che nulla hanno a che fare con la scienza-, metterli insieme e chiederne o cercàrne spiegazione, ha sempre di più, in questi due anni, portato a liquidare tali ragionamenti col termine “complottismo”, per altro spesso confondendo e sostituendo la “ricerca” di un’interpretazione del mondo sociale, con una pretesa di “spiegazione”.

                Qui entra in gioco il concetto di Simulacro che appunto opera primariamente ed innanzitutto su di un altro piano. Il concetto e l’uso del termine “complottismo” viene in esso contenuto e soprattutto dis-velato come moderna tecnica “simulacrale”. Non si intende qui parlare della fantasia di complotto in sé, dai mangiatori di cervelli dei bambini (semplifico) al vostro lavoro sui “Bambini di Satana”. Qui mi interessa per intenderci l’uso “quotidiano” del termine, tirato fuori dal cappello ad uso e consumo, e se i primi possono essere indicati come “prodotti del sistema” nella sua degenerazione, il secondo invece ne diventa mezzo -consapevole o meno- della costruzione del simulacro, del mezzo in cui la società rappresenta sé stessa della s

                • ua “falsa coscienza”, forse, detto in altri modi.
                  Questo mezzo, del complottismo, non è come sappiamo banale. Se da un lato, seguendo WuMìng 1 (riassumo anche qui per eccesso, eventualmente correggetemi) ha avuto l’effetto di sviare la lotta sociale dai suoi “reali” fini ed obiettivi verso quello che potremmo chiamare anche di per sé stesso un simulacro (o forse capro espiatorio, con René Girard), d’altro canto, l’apostrofo “complottista” ha spaccato socialmente e politicamente la società, in particolare la sinistra in Italia, che già usciva con le ossa rotte dalle lotte alter-mondiste e dal primo abbozzo della massima crisi capitalistica in atto del sistema capitalistico nel periodo della prima decade del 2⁰00. Tale mezzo è stato perciò potente e merita di essere indagato.
                  Il concetto di Simulacro ci aiuta se non altro ad uscire dalla spirale di “accusa di complottismo” rivolto a tale indagine stessa. Esso non ha niente a che fare, primariamente, col concetto fenomenico del virus, del lavandino, o di “chi abbia creato il piano per il quale il lavandino fosse rotto nello spogliatoio per arrivare a consegnare il paese alla dx”, ed ai supposti “complottisti” della destra sociale, che lasciando l’interrogativo sul complottismo aperto e sul suo uso ed utilizzo, se così si vuole, su quello della destra sociale e del generale consenso e sdoganamento che hanno raggiunto, su questo, credo, non abbiamo da discutere.
                  Riguardare la “realtà” col concetto del simulacro, disvelarla, se ci piace, ci dice dal principio in realtà che il “reale” non è più non tanto come avvenimento dei fenomeni, ma quanto piuttosto nella loro possibilità intrinseca di rappresentazione, interpretazione, e rapporto di concausalità.
                  In questo contesto il “complotto” non diventa altro che uno di quegli agenti simulàcrali a-nomico, fuori dalle regole, che compare, scompare, divide, al di là delle “regole” del “gioco comunicativo” ma infine a buon fine del potere e per ciò stesso non anarchico.
                  Il complotto da “piano”, progettualità, diviene accusa di irrealtà.
                  Al gioco simulacrale del “complottismo” -agito o accusato che sia- che ricopre come una nebbia il presente, si potrebbe forse rispondere con una sassaiola dì piccoli complotti inventati, che ne disvelino la sua complessa banalità, vomitata dalla bocca del “21th century schizoide man” che inizia a vedere un’uscita dalla sua disperazione di copertina..

                  Per ora, all’incirca, sono arrivata a qui..
                  Anche io vi voglio bene.

                  • È vero.. scrivo qui, qui da voi, come ad entrare in una casa sapendo già che la sua porta è aperta, chiedendo sottovoce permesso, perché chi riposa, chi è intento a fare altro, ma sapendo che nessuno mi impedirà di passare..
                    Scrivo qui da voi perché credo di aver trovato qualcosa, qualcosa di “importante” e qualcosa mi è nato dentro, ho provato a parlare, scriverne ad altri, ma ho ricevuto silenzio, e come una mamma che sa di non riuscire a fare crescere il suo bimbo, lo vuole donare, perché possa sbocciare.
                    Scrivo qui da voi, in modo anonimo, sotto uno pseudonimo rubato da una anime, perché credo nella conoscenza come sapere collettivo e condiviso al di là dell’individualità del suo attore, per la crescita dell’attore sociale..

                    L’orizzonte degli eventi è sia punto di non ritorno, sia il limite oltre il quale lo spettatore non riesce più a vedere.
                    In ciò ci avviciniamo, forse, à quel tempo “messianico” che deve aver avvertito Benjamin di fronte alla “catastrofe” imminente delle barbarie (del nazi-fascismo e della II guerra mondiale). Egli cercava la “chiave”, il piede di porco, per scardinare il continuum storico (storicista e positivista, la cieca fiducia per la quale il “progresso tecnologico” inarrestabile avrebbe in ogni modo migliorato le condizioni di esistenza, premessa negata da B. senza un analogo progresso sociale); la chiave doveva essere la rivoluzione. Ma il buco nero si è allargato, ed ha portato la sua morte, allora, e la guerra.
                    Al di là dell’apocalisse (si pensi agli studi di Newton sull’apocalìsse..) l’orizzonte degli eventi si è placato, come si placa il mare, ma rimane lì sereno. per altri 50, 70, 90 o forse 100 anni.. a volte più increspato, a volte placido.

                    Il limite oltre il quale lo spettatore non riesce più a vedere, a vederci dentro, e se lo vuole fare ne rimane risucchiato, quello probabilmente è il Simulacro. Con esso sono risucchiate la certezza del principio di non contraddizione, del principio del “reale”, del non-contradditorietà della legge scientifica, lo.spettatore, invece, è la nostra società.
                    Simulacro è anche che la quotidianità del sociale continui a respirare “come se nulla fosse”, mentre viene risucchiata oltre l’orizzonte, perché non ha più il metro per guardare a sé stessa.
                    L’orizzonte degli eventi è il limite oltre il quale persino la luce non riesce a sfuggire dalla curvatura impressa nello spazio tempo dalla materia del buco nero è tutta la spazzatura che abbiamo accumulato, reale, materiale ed ideale

  3. , il catrame delle strade e dei polmoni, le pastiglie dei freni cerebrali, le sinapsi digitalizzate, le carezze mascherate, il progressismo senza rose ma con le spine, le parole che cambiano di significato e si annullano.

    L’orizzonte degli eventi del Simulacro avanza come il Nulla de “La storia infinita”, è Matteo Renzi che da presidente del Consiglio va in ufficio in bicicletta alle 6 di mattina; è il nuovo che avanza; è sabbia gettata in faccia al proletariato che si è lasciato persuadere della sua non esistenza pur perdurando e ed aggravandosene le condizioni.
    Il nuovo che avanza nel senso che è già avanzato, il nuovo, ed è già vecchio, da buttare, rifare, disfare come la tela, un gioco marcio che, come avete sottolineato, incanta le collettività. Lo fa da prima indvidualizzandola, e poi ri-gettando nel mucchio comune della fossa degli individui assoggettati che guardano da dentro l’orizzonte senza più la possibilità di portarne neanche gli interrogativi. Niente può andare oltre l’orizzonte, esso è appunto il limite degli eventi, delle possibilità; rivoluzione, marxismo, collettivismo, riappropriazione dei mezzi di produzione, ad esempio, non sono neanche più bestemmie, lo erano fino a ieri, domani sono in un’altra stella senza nome lontana, al di là dell’orizzonte, dimenticata ed imperscrutabile.
    Sono passati i tempi in cui anche solo un Jim Carrey poteva sfondare il limite del Truman Show. Quella era ancora in parte un’epifania della rivoluzione ma in parte era già l’orizzonte del simulacro. Che non sarebbe accaduto mai più, esorcizzato dallo schermo televisivo per opera del comico. Il comico diventa tragico, la tragedia diventa “messa in scena”, ma non possiamo scorgere la tragedia imminente sulla scorta né del comico né del tragico. Questo apparteneva, generalmente, ancora al secolo del Novecento.
    La messa in scena del simulacro si interiorizza nel silenzio, individuale e collettivo, perché oramai i muri sono stati abbattuti un secolo fa.

    Mi sono ricordata di essermi avvicinata per la prima volta al concetto di SIMULACRO cercando di decifrare da tutte le possibili angolature l’apparizione dei re draghi senza mascherina nella foto di gruppo con gli alunni.
    Quello è il nostro presepe postcont, quella la nostra EPI-FANIA¹.
    Come ha fatto? Nel silenzio di tutti gli orizzonti? Oltre il limite di qualsiasi legge?

    Questa è magia.
    Come ha detto Wu Ming1, è incanto (“Anzi, è sortilegio, è un incanto maligno subendo il quale arriviamo ad accettare di vivere in gabbie..”)

    Così -forse- gioca il simulacro..
    Esistono chiavi per scardinare le sue serrature?

    ¹”Termine greco (ἐπιϕάνεια, «manifestazione»), usato in senso religioso dai Greci per indicare l’azione di una divinità che palesa la sua presenza attraverso un segno (visione, sogno, miracolo ecc.) Da Treccani.

    • Ps. Che poi tutta questa cosa qui così, ovviamente, credo,sia vista meramente da un punto di vista occidentalcentrico, qualsiasi cosa questo sia, o sia diventato.
      Speriamo che nel mondo, almeno ancora per un po’, in qualche modo ed in qualche dove, le cose stiano ancora diversamente.

      Quando forse un giorno le bombe ci pioveranno in testa dal cielo, allora quel giorno forse si squarcerà il velo dell’incanto e del simulacro?
      Vivere secondo l’incanto che questo “non possa accadere mai più”, anche questo, probabilmente, fa parte del simulacro ed appunto, del nostro incanto?
      Quando poi si dovessero vedere i bagliori rossi nel vicino orizzonte, allora, forse, cambiano i paradigmi e cambiano le priorità.
      Credo infine che pochi, o forse solo all’inizio, ancora in molti, starebbero incantati col naso all’insù a rimirarle.
      E scrivo questo ovviamente non come auspicio, ma perché cmq è una delle direzioni che abbiamo come società, consapevoli o meno, deciso di intraprendere.
      I nazisti si credevano pure la razza superiore, ma Dresda fu comunque rasa al suolo.

      O forse la natura sta provando coi cataclismi e l’innalzamento dei mari a sbarazzarsi anche un pochino di noi? chissà..

      Alcune volte mi sono trovata persino a pensare che la natura e la vita sul globo non siano in fondo che come le spore della muffa e le alghe cadute su una palla di marmo dimenticata tra delle rovine a formare in simbiosi dei licheni. La vita..
      ma questa è tutta un’altra storia.. chissà..

      scusate.. esco..
      socchiudo la porta..
      grazie di essere voi

      • Però su 13 commenti ben 7 sono tuoi, più della metà. Oltre che di restare più agganciata al focus degli articoli che commenti, ti chiediamo anche di non “strabordare”, perché se chi scorre il commentario vede sempre lo stesso nome ha subito la percezione di un soliloquio e non legge più.

  4. Salve amici..
    Oggi ancora più di altri giorni, mi sto domandando se io sia una “complottista” per il giudizio della nostra epoca contemporanea, o meno.
    La risposta per me ha più significato rispetto alla mera mia “autostima personale”..
    forse sono stata “illusionata” come in preda ad uno dei trucchi di Mariano Tomatis, o forse ad essere illusionata siamo un po’ tutti, messi davanti ad una apparenza di “realtà” distorta a piacimento..?

    L’occasione di oggi ad avermi fatto riflettere, sono le cosiddette dichiarazioni di Berlusconi riguardo il conflitto in Ucraina.
    Senza entrare qui nel merito delle stesse, è interessante vedere come paia di assistere ad un numero di magia.. ora vi dico quello che penso, ma non ditelo a nessuno, promettete? dice Silvio, parafrasandolo nell’audio.. ebbene ad oggi forse lo sanno anche i paracarri, che cosa ha detto, il tutto offerto dalla stampa bombardante a 360 gradi.
    “Berlusconi mette già in crisi il governo”.. e via dicendo.. il tutto per far -cosi pare a me- sembrare questo governo, uno dei più a destra della storia della nostra Repubblica, molto più debole di quello che sia in realtà, mentre le loro leggi, temo, cambieranno profondamente la nostra società, temo, per lunghi anni a venire..

    Ebbene, queste dichiarazioni, molto simili, le aveva date Berlusconi stesso da Vespa il 23 settembre, alla vigilia delle elezioni.
    Siamo stati quindi tutti oggetto di una magia ipnotizzante ad opera della stampa?
    è tutta una montatura, o è una svista della stampa, della critica politica attuale?
    L’aneddoto ai più forse non interesserà, forse, sembra la cronaca di un ventennio fa, e due giorni fa appaiono già due anni.

    Per me rimane indicativo.
    Sì può parlare di complotto?
    O sono io ad essere complottista?
    O forse appunto la categoria di complotto/complottista risulta limitata e distorcente nell’interpretare i fenomeni mediatico/sociali del periodo attuale?

    Ancora di più mi sento personalmente vicina a questo concetto di Baudrillard: il Simulacro non è ciò che nasconde la verità, esso è la verità che nasconde il niente.
    E noi, come società, appunto, ci siamo dentro in pieno, in due scarpe.
    Illusioni del “reale”…?