#Renziscappa. Debolezza, fughe e paura del confronto di un premier che diceva «la mia scorta è la gente»

Pusillanimità vista dall'alto: il Renziscappa tour 2014.

Pusillanimità vista dall’alto: il #Renziscappa tour 2014. Il “picco dei pacchi” coincide con le proteste di piazza contro il Jobs Act. Dopo quel momento, ‘enzi ha smesso di prendere impegni che lo esponessero a Rischi di contatto col paese Reale.
Paese che magari si astiene dal voto perché privo di rappresentanza politica (si veda il “terremoto” alle ultime regionali in Emilia-Romagna, quando si parlò di un vero e proprio “sciopero del voto”), ma non disdegna di accogliere i premier a peRnacchie e veRdura maRcia. O comunque, ‘enzi ha paura che accada.
Nella fase in cui, contro il parere di quasi tutti i lavoratori dell’istruzione, il suo governo ha imposto la controriforma autoritaria e liberista della scuola, ‘enzi si è ben guardato dal farsi vedere se non in telepresenza o, nei casi in cui doveva per forza esserci, protetto da spesse mura di scudi e manganelli, costretto a uscire dalla gattaiola per salire di corsa sull’auto blu che partiva sgommando. «La mia scorta sarà la gente», dichiarava a inizio mandato. Se avessimo media mainstream meno leccaculi e scodinzolanti, questa situazione sarebbe chiara a tutti da almeno un anno.
Clicca per aprire e consultare la mappa interattiva. [WM]

di Christian Raimo
(con un commento/didascalia di Wu Ming)

Due giorni fa è stato annullato l’incontro che Matteo Renzi doveva tenere alla festa dell’Unità di Roma. Sul sito della festa dal pomeriggio si poteva leggere questo comunicato:

«Matteo Renzi ieri sera ha visitato a sorpresa la Festa dell’Unità di Roma, intrattenendosi a lungo con i volontari e i militanti tra gli stand.
Il previsto appuntamento di questa sera con il Segretario del PD, dunque, non si terrà.»

Il comunicato dava così per espletato il senso dell’incontro pubblico. Il 27 luglio Renzi aveva fatto un’improvvisata tra gli stand: ha detto un po’ di ciao, ha lanciato qualche battuta, ha giocato una partita a biliardino con il presidente del Pd Matteo Orfini e il sottosegretario Luca Lotti – come mostrato da varie foto ufficiali e meno. E la visita era andata.
Non c’era dunque bisogno – sottolinea il comunicato – che affrontasse anche il dibattito il giorno stabilito.
Così dal programma ufficiale della festa il suo incontro è stato subito eliminato, come se non fosse stato nemmeno calendarizzato e quindi non fosse stato cancellato.

Le motivazioni appena meno elusive di questo forfait le dava qualche agenzia: il timore delle contestazioni. Era probabile che i movimenti romani per la casa, i precari delusi dal Jobs Act, i docenti ancora arrabbiati per la Buona scuola, si presentassero a fischiare sotto il palco di Renzi. I dirigenti del Partito democratico hanno preferito non rischiare: “motivi di ordine pubblico” come si dice in questi casi.

L’episodio della buca di Renzi alla festa del suo stesso partito sarebbe significativo già in sé, se non fosse che il presidente del consiglio spesso non partecipa a manifestazioni pubbliche: annulla, non si presenta, disdice all’ultimo, al massimo preferisce un’improvvisata e una foto a un dibattito vero. E ora svicola anche dalle feste del suo stesso partito.
Questa pervicacia nel sottrarsi al confronto era stata analizzata nell’autunno scorso qui su Giap. Si era addirittura disegnata la mappa dei luoghi dove Renzi avrebbe dovuto presentarsi e all’ultimo aveva disdetto: ne erano venuti fuori a decine.

Le ragioni di questa allergia al confronto sono diverse.
Le file dei contestatori nell’ultimo anno di governo si sono ingrossate: ai militanti dei Cinque stelle o dei movimenti per la casa, si sono aggiunti dagli insegnanti arrabbiati per la Buona scuola ai precari scontenti del Jobs act.
Ci sono poi molti militanti del Pd che si trovano sempre più in imbarazzo e spaesati nel partito renziano che somiglia, più che a un partito liquido, a un movimento di opinione molto gassoso. Questo si mostra dal calo consistente degli iscritti – nel 2009 gli iscritti erano 831.042, nel 2014 sono scesi a 376.849 – ma anche da un semplice giro tra gli stand della Festa dell’Unità di Roma a via Conca d’oro, che sono esattamente gli stessi che si trovano tutto l’anno nel mercatino che si svolge lì la domenica: vestitini a poco prezzo, bigiotteria, chincaglieria etnica.

La debolezza strutturale di Renzi è quella di aver “scalato” un partito neonato e già in crisi e non essere riuscito a dargli né una nuova identità, né una maggiore coesione e democraticità.
Una doppia fragilità che si manifesta per esempio nella difficoltà di un dibattito efficace e trasparente nella questione Crocetta e in quella Marino, ma anche – per dire – nel fatto che il Pd non fa un congresso dal 2013 o che l’indagine di Fabrizio Barca sui circoli romani ne abbia evidenziato la corruzione endemica.

Se l’aura del vecchio partito, con i suoi rituali gerarchici, è stata rottamata, anche la narrazione nuova, diretta, e “popolare” non è già più convincente.
Del resto Renzi anche quando simula un dibattito aperto, alla pari – come nel caso del famoso video della lezione alla lavagna in difesa della Buona scuola – l’effetto è un autogol: critiche e contestazioni nel merito, a cui però non si sente di dover essere tenuto a rispondere.
La sua comunicazione è sempre unidirezionale. Il dissenso, il confronto, l’attrito non sono evidentemente contemplati. E quando si infila da sé in un’impasse, prova a uscirne con le “visite improvvisate”.

Prima dell’altroieri, era successo anche il primo giugno scorso, all’indomani delle elezioni amministrative.
La tornata elettorale non era stata felice per il Partito democratico, e Matteo Renzi piuttosto che presenziare ai dibattiti il giorno dopo, discutere le ragioni dell’insuccesso, era volato in Afghanistan: si era infilato una mimetica e aveva fatto un’improvvisata ai soldati italiani.

Non si capisce se sia una strategia comunicativa o l’assecondare un lato caratteriale allergico al conflitto. Quel che è certo però che c’è molto di antidemocratico in tutto questo. Oltre a mostrare una debolezza che non riguarda più la sua persona soltanto ma anche il suo ruolo.
Un leader deve rispondere del suo operato, deve sapere affrontare le contestazioni, deve saper rispondere alle critiche, e deve saperlo fare anche in piazza. Non solo in modo unidirezionale, attraverso twitter, le newsletter e la stampa a lui favorevole.

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23 commenti su “#Renziscappa. Debolezza, fughe e paura del confronto di un premier che diceva «la mia scorta è la gente»

  1. “La mia scorta sarà la gente” non è neanche originale, lo diceva Leoluca Orlando a Palermo sul finire degli anni Ottanta. E (secondo Philip Dick), anche Goebbels.

  2. Il renzismo serve solo a introdurre in Italia gli ordini della UE + FMI garantendo a sé stesso un buon margine di profitto. Non è il caso di parlarne come di un politico che in un qualsiasi modo si avvicini a una piazza o ai “cittadini” per usare una definizione meno impegnativa. Non è quella la sua funzione storica, non è lì che nasce e riferisce, gli serve al più la foto della visita scattata in un contesto protetto a scopi propagandistici e mass mediatici, ma il confronto reale no. Mi chiedo quanto ci sia mai stato di reale nel preteso plebiscito social del personaggio. Governa benissimo dal chiuso dei palazzi, il suo governo è quello del passacarte di decisioni prese altrove e sarà ben difficile sconfiggerlo solo perché deve rinunciare a uscire in pubblico. Inutile fissarsi oggi su un fantoccio piuttosto che l’altro: se pure se ne andasse arriverebbe un altro docile esecutore. Le prove di forza sono ormai troppo altrove. Difficili da vedere e da rendere corporee, da identificare in qualcosa di esposto all’attenzione sociale, fosse pure il generico “il padrone” nell’accezione di un tempo; in qualcosa che si può immaginare di far scappare perché ce l’hai lì, sottomano, nella fabbrica o altrove. Purtroppo. Stiamo concentrandoci su dei fantasmi (che non sono quello lì).
    L’immagine che mi viene in mente oggi dell’antagonista, pur parziale, non è Renzi: è la scena della Tosca a teatro da Quantum of solace.
    @WM1: ho letto Amianto. Ho reagito proprio come te, senza saperlo. Anche se non sono figlia di operai, ma di piccola borghesia impiegatizia. Poi l’ho prestato a un toscano, chissà.

    • Pienamente d’accordo sul nocciolo del discorso. Che Renzi sia solo l’ennesima “testa di pezza” a garanzia del sistema è chiaro, anzi, è la premessa di tutto il discorso che va fatto su di lui.
      Tale premessa è chiara a te, a noi e in generale a quelli che non si sono fatti abbindolare dallo spettacolo “nuovista” allestito per imporre sugli scaffali dell’ipermercato l’ennesimo personaggio-merce scadente.
      Ed è chiara, ovviamente, ai gruppi di potere o singoli potenti che sostengono Renzi per interesse, ma sono pronti a gettarlo in discarica non appena darà segni di obsolescenza. Cioè tra non molto, visto che i prodotti politici si logorano sempre più in fretta. La loro obsolescenza è programmata, o meglio, data per scontata.

      Ma c’è un sacco di gente che la premessa non ce l’ha chiara per niente, o non a sufficienza. E allora è importante fare vedere nel modo più icastico possibile che Renzi è un personaggio solo mediatico e virtuale.

      “Renzi scappa” l’abbiamo avviato nell’autunno scorso quando la narrazione era ancora quella del “41% alle Europee” (dato gonfiato rimuovendo l’astensionismo). Da mesi i media mainstream raccontavano un paese in buona sostanza pacificato dal successo del Grande Innovatore. Raccontare un paese diverso era imperativo.

      Che farlo vedere mentre scappa dalle piazze e da qualunque luogo all’aperto non sia la prova di forza è vero. Ma è stato ed è parte di un processo più vasto di smitizzazione, che deve sempre accompagnare le lotte concrete e diffuse, quelle che davvero possono disarticolare l’impianto che Renzi è stato mandato a imporre.

      A Bologna, il movimento di lotta per la casa è riuscito a mettere in crisi il famigerato “Piano Casa” del governo, spingendo dal basso il Comune a violarne l’articolo 5, che vieterebbe di dare l’acqua e altre utenze alle case occupate. In altre città, gli altri movimenti per la casa stanno brandendo Bologna come precedente. Ne nascono esposti, indagini, si aprono crepe e contraddizioni nel PD…

      I media nazionali lo stanno raccontando? No. Per lo stesso motivo per cui non hanno “unito i puntini numerati” del “Renziscappa Tour”. E allora dobbiamo raccontarlo noi, coi nostri mezzi, che hanno meno potenza di fuoco ma hanno inaspettate capacità di penetrazione. Tenendo insieme i vari momenti e strumenti. La mappa che c’è qui sopra, nel suo piccolo, è uno di quegli strumenti, e ha contribuito a mostrare una realtà.

      • Anzitutto grazie della risposta e pienamente d’accordo anche io sul nocciolo: la necessità della smitizzazione e l’importanza del racconto, e ancor più delle sue inaspettate capacità di penetrazione, anche nei confronti di un generico quale Renzi è. Del resto siamo su un blog di cantastorie, nel senso migliore. Provo a precisare perché malgrado tutto questo mi rimanga una sensazione di incompiuto, benché non del tutto chiara nemmeno a me. Forse perché più che Renzi trovo con dolorosa intensità necessario, urgente, al di là del maggiordomo colpevole, smitizzare i suoi mandanti e i loro miti, le loro tecniche e le parole d’ordine che hanno profondamente colonizzato le teste, di conseguenza le reazioni, instillando persino a volte dei sensi di colpa (vivere al di sopra delle possibilità, fare debiti, per citare due delle più viete). Un po’ l’operazione di riassetto mentale che invita a fare Wolf partendo dalle mozzarelle. Renzi è funzionale al sistema, certo, ma è sistema che oggi si incarna in certo modo e non altro, qui e non altrove, nella più feroce reazione e restaurazione nel continente in cui viviamo, frantumando i diritti e l’avvenire persino fisico, http://www.repubblica.it/salute/medicina/2015/08/05/news/dai_test_genetici_alle_tac_giro_di_vite_su_180_prestazioni-120466721/?ref=HREC1-15
        Fenomeno ben poco smitizzato e smontato nel dettaglio a livello collettivo largo, eppure cruciale per capire quanto stiamo vivendo, in quale quadro sarà necessario giocarci il futuro, se pur non riusciamo a resistere nel presente – e sembra che in tutto il continente non ci si riesca molto. Questo anche per riprendere la domanda conclusiva dell’intervento successivo.

        Per intanto, auguri sinceri alle crepe provocate nel PD.

  3. Non sono un granché bravo ad analizzare la situazione socio-politica, ma la mia impressione è che si possa già aggiungere un secondo hashtag: #Renzischiappa.
    Nel senso che questo gran vincitore, che sbaraglia chiunque non si accodi, come veniva presentato all’immaginario collettivo, già da un po’ non vince più come vorrebbero farci credere. Riesce ancora a far passare un po’ delle cose che aveva messo in cantiere tempo fa, ma mi sembra che adesso mandi gran certificati medici per rinviare le partite a data da definire. Non proprio il comportamento da rullo compressore vincente che aveva mostrato nel primo periodo di governo.

    Che lui sia stato appoggiato, se non messo lì, perché utile a chi intanto prendeva le decisioni vere nelle stanze dell’alta finanza, credo sia chiaro a tutti. Ma se comincia a perdere colpi, chi lo ha sostenuto cosa farà?
    Squadra che vince non si cambia, ma squadra che perde si sostiene o si sostituisce? Con chi o con cosa?

    Perché un ritorno alla cosiddetta “democrazia” con cui è stata governata la società negli ultimi decenni post monarchici non sembra nelle corde del nuovo potere finanziario. Quale nuove forme di controllo dobbiamo aspettarci?

    Dopo Berlusconi e Renzi un altro governo basato sulla figura del piacione che ti racconta frottole comincia a diventare difficile da riprodurre. Un’azione ricattatoria basata sul dominio finanziario, come quella applicata in Grecia, la vedo difficile in una nazione in cui esiste un’industria e un’economia locale, bene o male, ancora piuttosto potente.

    Insomma cosa ci dobbiamo aspettare se oltre a scappare Renzi comincerà a perdere sempre più spesso? Quale modello tenteranno di imporci?
    Siamo in grado, per una volta, di capirlo in anticipo e non dopo che si sarà insediato?

    • Non so se si possa dire che non vince. Sta continuando un programma molto chiaro e dettagliato, con successo: “Nell’ Europa continentale, un programma completo di riforme strutturali deve oggi spaziare nei campi delle pensioni, della sanità, del mercato del lavoro, della scuola e in altri ancora. Ma dev’ essere guidato da un unico principio: attenuare quel diaframma di protezioni che nel corso del Ventesimo secolo hanno progressivamente allontanato l’ individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere, con i rovesci della fortuna, con la sanzione o il premio ai suoi difetti o qualità. Cento, cinquanta anni fa il lavoro era necessità; la buona salute, dono del Signore; la cura del vecchio, atto di pietà familiare; la promozione in ufficio, riconoscimento di un merito; il titolo di studio o l’ apprendistato di mestiere, costoso investimento. Il confronto dell’ uomo con le difficoltà della vita era sentito, come da antichissimo tempo, quale prova di abilità e di fortuna. È sempre più divenuto il campo della solidarietà dei concittadini verso l’ individuo bisognoso, e qui sta la grandezza del modello europeo. Ma è anche degenerato a campo dei diritti che un accidioso individuo, senza più meriti né doveri, rivendica dallo Stato.” Questo cantore italiano non è isolato, altri paesi hanno avuto il loro.
      Il suo compito è portarlo a termine, non farsi rieleggere (come spiegò Schauble prima delle europee), quindi il confronto e il consenso degli elettori comuni non gli servono nemmeno. E direi che lo sta portando interamente a termine: scuola, sanità, diritto del lavoro, li ha già scalpati; pensioni, ci si penserà il prossimo autunno; riforma della PA con probabile possibilità di applicazione del Jobs Act anche lì: la legge delega è passata due giorni fa. Vogliamo pensare a quale ruolo di calmiere stiano comunque svolgendo in termini di diritto del lavoro i dipendenti pubblici? per non parlare della relativa stabilità, sia pur erosa, in termini di continuità di reddito e della supplenza di fatto di assistenza sociale e sostegno al precariato? Anche questo sta venendo colpito. Renzi è vincente nel ridisegnare i rapporti di forza nella società, la sua propria forza non va valutata sul consenso reale, che ovviamente non ha (ne aveva senz’altro di più Berlusconi, per dire), bensì sulla riuscita del programma che è stato chiamato a svolgere e che ha purtroppo ben svolto.

  4. Vedendo l’elenco dei “Chi scappa” mi sono reso conto che non saprei elencare con facilità i componenti del governo Renzi e i loro rispettivi incarichi.

    Un luogo comune quando si parla di un potente famoso è dire che si è circondato di figure mediocri. In realtà non penso che sia vero: Renzi *è* una figura mediocre, e Delrio è probabilmente un politico di statura superiore (se fossimo in tempi più prevedibili, mi aspetterei che fosse il prossimo presidente del consiglio). Quella che dice che ha perso le elezioni perché non si è vestita ladylike si qualifica da sola, ma per esempio una Stefania Giannini non ha niente da invidiare al nulla biografico che può vantare il capo del governo.

    La solitudine di Renzi non è invece una scelta comunicativa? e come tutte le sue genialate, non si trasforma più o meno gradualmente nel suo opposto?

    Qui torna in campo la questione della natura del PD. Perché iscriversi a un partito che non permette neanche ai suoi massimi dirigenti tranne uno di avere, apparentemente, un ruolo politico nazionale? Il racconto di come è andata la Festa dell’Unità di Roma mostra molte cose.

  5. Renzi non è un capriccio della Storia, ahinoi, è l’idealtipo della generazione 40 cresciuta negli anni 90 e 2000 dentro ed attorno il partitone: cinica, ignorante, opportunista e parassitaria. Nei casi migliori con l’Unità di Veltroni, le videocassette e l’album Panini, per il resto c’erano canale 5 ed Italia 1. Peggiori di quelli che li hanno preceduti non per brama di potere (che è identica), ma perché meno preparati, meno disciplinati e del tutto refrattari all’idea dell’autonomia della politica. Servire è il loro imperativo, non il popolo ovviamente, ma qualsiasi potere, interno o esterno, disposti a lasciargli qualche briciola. Servire per il tramite di un partito-stato ed apparato sul modello messicano, PRI prima maniera, altro che House of Cards! Ed in questo panorama desolato spiccano come titani e punti di riferimento culturali gli andrea salerno, i zori ed i giovanotti. Il livello questo è, sottozero. Il 14 dicembre di qualche annetto fa, alcuni di questi “ggiovani” mi convocarono nel centro di Roma, in un ufficio del partito per chiedermi.di fare un documentario sulla Polizia. Roma bruciava, noi asserragliati dentro, e questi parlavano di fare un documentario per mostrare il volto buono della ps. Semplicemente surreali.

  6. Questa vicenda di #Renziscappa sta superando ogni limite. Ci vorrà davvero un supplemento di analisi e discussione. Voglio dire: lo staff di ‘enzi dovrebbe saperlo benissimo che ogni pacco tirato, ogni impegno annullato è un vulnus, un’incrinatura che si aggiunge alle altre. Eppure ‘enzi continua a tirare pacchi e annullare impegni. O meglio: qualcuno gli fa tirare pacchi e annullare impegni. E pare quasi che lo faccia per danneggiarlo. Il suo “cerchio magico” che ne pensa? Certo, c’è la cappa dei media amici a far sì che – per usare una metafora che si sta facendo sempre più letterale – «non vengano uniti i puntini numerati», ma il dito nella diga è dimagrito, mentre il buco si va allargando e l’acqua comincia a passare. I pacchi ormai si notano, non è più come l’anno scorso.

    • Nel supplemento di analisi terrei conto di un nuovo elemento nella strategia
      del tirar pacchi di ‘enzi. Mi riferisco ai pacchi annunciati per tempo e rivendicati nella loro presunta opportunità politica.

      Alla conferenza di presentazione della festa democratica di Bologna in programma da oggi è stato dato l’annuncio di un prossimo pacco di ‘enzi: pare che parteciperà, ma senza intervenire a dibattiti né a comizi e la data resterà comunque “top secret” per evitare contestazioni strumentali (sic). Sarà insomma una visita a sorpresa come quella descritta in questo post, la differenza è che stavolta la presenza di ‘enzi non è stata
      neppure calendarizzata nel programma ufficiale e l’improvvisata è stata preannunciata in conferenza stampa come se fosse normale per un segretario di partito e presidente del consiglio sottrarsi al confronto.

      Questa vicenda mi pare una conferma della tua ipotesi, è un altro vulnus che qualcuno deve aver valutato attentamente come e quando infliggere.

  7. Se ha ragione “La dea del sicomoro” quando dice “Il suo compito è portarlo a termine, non farsi rieleggere (come spiegò Schauble prima delle europee), quindi il confronto e il consenso degli elettori comuni non gli servono nemmeno.” è un cambio epocale di prospettiva politica. (Non so se sono sollevato o maggiormente terrorizzato da questo)

    Fin’ora obiettivo unico del politico tipo era la rielezione e del partito al governo era il mantenimento della legislatura. (Unica eccezione Berlusconi per cui il mantenimento non era obiettivo, ma mezzo, perché l’obiettivo era la redditività delle sue aziende).

    Ora sembra abbiamo una nuova figura: il politico sacrificabile, “l’uomo per una sola stagione”.
    Oltre a Schauble chi lo sa? Renzi stesso lo sa? Io fin’ora non mi ero posto il problema in questi termini.
    Se è così, non ha più importanza se #scappa o #schiappa, se la diga tiene o meno. L’unica cosa che conta per “loro” è che riesca a terminare ciò che ha iniziato prima della rottura della diga, finendo quell’opera di distruzione dello stato sociale su cui sarà difficile, se non impossibile, tornare a ricostruire.
    Poi morto un papa, se ne fa un altro. Uno capace di tenuta, per il mantenimento della devastazione.

    • Per come la vedo io, la trasformazione evidenziata da #Renziscappa è un’altra, non è il ruolo del tutto subordinato e ancillare del politico e del governante a interessi più grandi di lui perché sistemici. Nel capitalismo, è sempre stato così: per i padroni intesi nel loro insieme, per il “capitalista collettivo”, i politici sono sempre stati cavalli su cui puntare transitoriamente, rappresentanti usa-e-getta. Gli stessi Hitler e Mussolini furono usa-e-getta, il capitalismo tedesco e quello italiano dopo la guerra cambiarono cavallo e continuarono a fare i loro profitti. Gli stessi Reagan e Bush furono usa-e-getta, come tutti i presidenti americani (nella cultura USA la figura dell'”ex-presidente” ha un che di patetico).
      Noi veniamo da cinquant’anni di Democrazia Cristiana e venti di “bipolarismo” durante i quali abbiamo visto sempre le stesse facce, gli stessi gruppi di notabili, e siamo influenzati – anche chi non vuole – dal discorso sfocato sulla “casta”. Tendiamo ad attribuire troppa importanza ai politici, e ci sfugge che hanno sempre obbedito a blocchi di potere economico-industriale-finanziario (e militare-internazionale). Una certa loro autonomia era tollerata fino a una certa soglia, dopodiché diventava disfunzionale e iniziavano le variegate pressioni per rimuoverli, compito che poteva essere facilissimo oppure più rognoso. E si badi che non parlo di “complotto”, ma di normale, omeostatico, più-o-meno-alla-luce-del-giorno funzionamento del sistema.
      La novità è che, con la crisi e con il parossismo dell’odierna consumer culture, anche il ciclo di logoramento del politico usa-e-getta si è fatto più rapido.
      Penso che #Renziscappa serva soprattutto a segnalare e far capire questo.

      • Dimenticavo: non solo il ciclo di logoramento si è fatto più rapido, ma anche la qualità del prodotto si è fatta più scarsa.

      • Sapendo di non dire probabilmente nulla che WM1 non condivida, mi sembra però importante sottolineare che, fermo restando il rapporto ben descritto tra il “vero” Establishment e il potere politico (struttura e sovrastruttura del dominio di classe, insomma), liberarsi dei politici su cui avevano puntato non è sempre facilissimo per la borghesia.

        Si sono citati Hitler e Mussolini; ma se del secondo la classe dominante italiana, che non a caso aveva preteso di mantenere intatto l’apparato stabilizzante della monarchia e di integrarlo con la rappacificazione con la Chiesa cattolica, è stato facile liberarsi il 25 Luglio, non si può dire altrettanto di Adolf Hitler, che è rimasto sul groppone dei padroni tedeschi diversi mesi oltre il ragionevole, quando ormai la guerra era impossibile da vincere e quando la resistenza strenua opposta dalla pedina che non si lasciava sacrificare ha costretto tutto il mondo a corrergli dietro convergendo fino all’ultimo caseggiato di Berlino dove si era rifugiato, con un costo in vite umane e in danni economici alla Germania impressionante.

        Un caso simile, in piccolo ovviamente, è Berlusconi, che aveva esaurito da un pezzo la sua funzione e che ha richiesto alcuni anni di manovre americane e poi franco-tedesche per essere eliminato (WikiLeaks lo testimonia). L’accelerazione impressa al processo di smaltimento del berlusconismo da parte della borghesia nel 2011 è stato frutto di un’emergenza reale e non di una cospirazione, ma è stato un azzardo rischioso, che poteva creare degli scossoni; ricordiamoci che il Paese è stato consegnato a un certo Mario Monti che aveva più o meno lo stesso consenso popolare di Gargamella nella circoscrizione Villaggio dei Puffi. Fare una cosa del genere è molto rischioso anche per i nostri nemici: hai le riforme in tempi rapidi ma col rischio che prendano piede opposizioni agguerrite e socialmente radicate. Per fortuna di lorsignori (o non è stata solo fortuna?), l’unica cosa che è nata da quel periodo è il Movimento 5 Stelle, che non è una vera opposizione di classe.

        Renzi mi sembra meno autonomo dal suo riferimento sociale rispetto a Berlusconi, può darsi che davvero si levi dalle palle appena è bollito. Tuttavia, dal suo punto di vista è riuscito a tirar fuori il Paese da una situazione complessa, ha usato il potere per isolarsi il più possibile da vari organi intermedi che possano contenerlo, ha marginalizzato le voci critiche nel suo non-partito ma addirittura ha marginalizzato anche le voci acritiche, ponendosi su un piedistallo irraggiungibile – e proprio per questo fortemente allergico alle contestazioni.

        La tentazione di aggrapparsi alla poltrona anche quando i suoi sponsor non lo vorranno più lì sarà forte, e non siamo di fronte a un Enrico Letta. Da un certo punto di vista per noi è meglio perché ci sarà tutta una fase in cui Renzi sarà già impopolare ma non sarà facile per i padroni rimpiazzarlo, e quelle sono le fasi in cui il giocattolo delle elezioni plebiscitarie e della propaganda ottimista di regime vacillano.

        • Hai integrato perfettamente, Mauro, sviluppando in discorso più approfondito quel mio eccesso di understatement sul rimuovere i politici disfunzionali ai padroni, da me definito «compito che poteva essere facilissimo oppure più rognoso» :-))) Le circostanze furono una guerra mondiale, quella volta, mica bruscolini…

  8. Non sono così sicuro che possiamo paragonare il politico-governante di oggi a quello di ieri. Sicuramente i “poteri” sono sempre stati interconnessi e si sono scambiati “favori” (non solo nell’emisfero capitalista e non solo fra potere economico e politico, ma anche militare, religioso, ecc.), dalla notte dei tempi.

    Ma qui mi pare ci sia stato un cambio di passo, che non è solo l’accelerazione temporale, ma anche almeno geografica: il potere economico (quello che ci spacciano come mercato) è diventato sovrannazionale, nel nostro caso europeo (un’analisi a parte credo vada fatta per le vere aziende globali: Google, Apple, ecc.), mentre il potere politico è rimasto locale; quindi non ha più la possibilità di contrattare il compenso per la sua prestazione, perché le decisioni vengono prese altrove.
    Deve accettare quello che gli viene proposto e fare quello che gli viene richiesto. Un ruolo subordinato vero, mentre prima era più un gentlement agreement, quando non una lotta a base di offerte e ricatti.

    Non vorrei dire, ma Renzi e tutti i suoi accoliti hanno lavorato per rendere sempre più precario il lavoro, ma forse anche il loro lavoro è diventato anche più precario e a tempo determinato.

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