«L’immagine di un paese dove il lavoro e la razza sono strettamente collegati. Perché le razze non esistono, ma l’organizzazione del lavoro finisce per riprodurle e per imporre gerarchie lungo la linea del colore.» Su Internazionale.
Categorie
Archivio mese per mese
Meta
Licenza Creative Commons
Salvo diverse indicazioni, i contenuti di questo blog sono pubblicati con licenza Creative Commons By - NC - 4.0 (Attribuzione - Non commerciale 4.0 – Internazionale)
Nei commenti di alcuni giapster ad altri post sul razzismo, ha già fatto capolino almeno due volte un titolo che vorrei qui ribadire:
A. Curcio & M. Mellino, La razza al lavoro, manifestolibri, Roma 2012.
E’ un testo che ritengo davvero fondamentale per mettere a fuoco gli intrecci tra lavoro, immigrazione, razza, leggi.
Tra l’altro, il volume è attraversato da una tensione dialettica molto stimolante tra chi (come Curcio & Mellino nell’Introduzione) ritiene che il concetto di “razza” vada re-introdotto negli studi sociali e nel discorso pubblico, per sottolineare che le razze – inesistenti sul piano biologico – vengono invece forgiate – e dunque esistono – dalle leggi del razzismo istituzionale e del lavoro; e chi (come Renate Siebert nell’ultimo saggio del volume) respinge la proposta e ritiene più appropriato (e meno pericoloso) parlare soltanto di razzializzazione, razzizzare, ecc.
mmmm, e in questa dialettica, tu, WM2, come la vedi? sto per acquistare questo libro e m’interesserebbe molto avere il tuo punto di vista interno.
grazie
L’analisi di Curcio e Mellino mi pare, nella sostanza, molto azzeccata. Però la critica di Renate Siebert all’uso del termine “razza” mi convince sul piano linguistico. Parlare di “razze” (riprodotte de iure dalle istituzioni) può generare malintesi. Non solo perché c’è chi intende quel termine in un’accezione biologica – e dunque si rischia di rafforzarne il frame- ma soprattutto perché, anche nell’interpretazione “giusta” del termine, si fa passare l’idea che ci siano gruppi che vengono discriminati e razzizzati in blocco, quando invece la razzializzazione è un fenomeno plurale, complesso, molecolare, biopolitico.
Detto questo, i termini “razzizzazione”, “razzializzazione” et similia sono davvero bruttissimi.
Quindi preferisco parlare della Bossi-Fini come di una “Legge razziale”, di “razzismo istituzionale”, di “razzismo solidale” o tutt’al più di un fare-razza insito nelle leggi e nel mercato del lavoro.
L’italiano minimo crede ancora nella favola della razza biologica (il pericolo quindi del termine razza in questo frame è, concordo con te e con i due autori, più che reale), quello più “evoluto” non crede alla favola perché c’è la scienza che dice che non è vera, ma, ancora oggi, fa della linea del colore fondamento della differenza e dell’inferiorità razzista. E fin qui credo che il discorso sia chiaro per la maggioranza degli italiani. Ma ci sono queste parole razzializzazione, razzizzazione, etnicizzazione… che pochi, pochissimi conoscono e che purtroppo rimangono incagliate nei discorsi e negli approfondimenti soprattutto degli addetti ai lavori, ma che l’italiano, quello al gradino superiore, applica più o meno consciamente con la biopolitica della sicurezza (salvaguardia della vita propria dall’Altro) del lavoro (miglioramento della vita propria relegando l’Altro ai lavori ultimi) e che gli italiani che stanno sotto di lui non valutano come fenomeni di razzismo. Ora se nemmeno gli addetti ai lavori (giornalisti tipo Annunziata, politici tipo di sinistra) si sono ancora scrollati di dosso la parola integrazione, la compulsione di fare della fenomenologia da baraccone in stile ottocento sul “tipo di colore”, non si accorgono che il nostro passato colonialista è stato ben rimosso, che la canzone “faccetta nera”, bongo bongo stare bene solo al congo” e “siamo i watussi gli altissimi negri” non sono simpatiche manco per il cazzo, come si può pretendere che l’italiano medio si accorga di tutto ciò e guardi all’immigrato, al clandestino con l’occhio di una persona che guarda una persona e non che guarda l’altro?
Poi razzializzazione è brutto, ma mi ha sempre dato la misura di qualcosa di costruito per essere meno visibile, identificabile, l’evoluzione del bieco razzismo biologico in forma complessa, come del potere in biopotere. La tua analisi WM2 mi trova d’accordo e mi ha tolto altre ombre di dosso.
Ti ringrazio di nuovo.
OT:
scusate ma Futbologia che fine ha fatto??
Sono andato sul blog e…. sparito….
Non saranno mica i primi tagli del nuovo governo?
Fatece sapere
Hasta siempre
Saverio
Veramente, a noi risulta tutto on line e aggiornatissimo:
http://blog.futbologia.org/
Rispondo al OT.
C’è stato un problema con il DNS questa mattina, ma è stato sistemato. Mano mano che si propagano le impostazioni tornerà online per tutti.
C_
Ciao, è da poco che seguo il blog e i vostri articoli. Sono un ragazzo neolaureato precario e vivo a Firenze. Mi sono laureato con una tesi sui CIE e sulle politiche di contrasto all’immigrazione “irregolare”. Ho visitato il CIE di Bologna l’anno scorso. Sarei fiero e felice di mandarvi del materiale sia sui cie che su quel CIE. Ho anche delle foto scattate dentro durante una mia visita assieme alla senatrice Sandra Zampa che mi ha accompagnato. Fatemi sapere dato che il lavoro che ho fatto spero che non sia servito solo a me per prendere il diploma di laurea ma che sia patrimonio di tutti, tutti coloro in particolare che non si arrendono alle barbarie; di cui i CIE sono l’emblema.
A proposito di fare-razza e pregiudizi, leggete cosa scrive Igiaba Scego a proposito di Lucia Annunziata che intervista la neo-ministro dell’Integrazione:
http://www.corriereimmigrazione.it/ci/2013/05/domande-imbarazzanti/
E cosa scrive, sempre sul neo-ministro, Caprimulgus di “Connessioni precarie”:
http://www.connessioniprecarie.org/2013/05/07/lintegrazione-e-un-campo-di-battaglia/
ho letto il link all’articolo di igialba scego su lucia annunziata. ma porco eccetera, questa tizia (la annunziata) non si rende nemmeno conto che anche al netto dell’immigrazione, in questo paese ci vive gente che non e’ “perfettamente italiana”? si rende conto che uno sloveno di trieste, un croato del molise, un tedesco dell’alto adige, ma anche un sardo o un furlano o un occitano, non sono “perfettamente italiani”? e che nemeno un comunista internazionalista nato a foligno con antenati folignesi da 20 generazioni si definirebbe mai “perettamente italiano”? e poi, che cazzo significa “perfettamente italiano”? e questa sarebbe una giornalista “liberal-progressista”? con queste idee da ventennio?
beppe grillo di nuovo contro lo ius soli:
http://www.repubblica.it/politica/2013/05/10/news/grillo_contro_lo_ius_soli-58470182/?ref=HREC1-2
ma lo sapevamo gia’
“Una decisione che può cambiare nel tempo la geografia del Paese non può essere lasciata a un gruppetto di parlamentari e di politici in campagna elettorale permanente.”
questa frase merita di essere smontata e sviscerata.
cosa intende dire grillo, quando dice “una decisione che puo’ cambiare la geografia del paese”?
livello for dummies: “lo ius soli alterera’ la composizione etnica del paese.”
falso: la composizione etnica del paese cambiera’ comunque, e’ gia’ cambiata, con o senza ius soli.
livello avanzato e criptato: “lo ius soli cancellera’ in parte la distinzione tra lavoratori autoctoni e immigrati, e questo modifichera’ profondamente le relazioni industriali. da un lato frenera’ l’asta al ribasso sui salari, e dall’altro impedira’ a quelli come me di indicare gli immigrati come responsabili di questa asta al ribasso. ma questo non lo posso dire a tutti, chi ha interesse a capire capira’.”
vero, e questo fa capire bene da che parte stia veramente grillo.
Ieri sera ho visto il reading di Razza Partigiana allo Sherwood Festival e ha superato le mie aspettative per bellezza musicale e intensità recitativa. Wu Ming 2 rockeggia più di Clementi.