
Piazza Alimonda, Genova, h. 17:30 circa del 20 luglio 2001. I tutori dell’ordine hanno appena massacrato di botte il fotografo Eligio Paoni, colpevole di aver fotografato da vicino – e troppo presto – il corpo di Carlo Giuliani, e hanno metodicamente distrutto la sua Leica. Nel cerchio rosso, un agente lo trascina sul corpo e gli preme la faccia su quella insanguinata di Carlo (ancora vivo). Non è difficile immaginare cosa gli stia dicendo. Cosa non si doveva sapere delle condizioni del ragazzo in quel momento? Forse la risposta riguarda un sasso, un sasso bianco come il latte che si muove da un punto all’altro del selciato, scompare e ricompare, e a un certo punto è imbrattato di sangue.
Partiamo da una verità di base: tutto quello che la maggioranza degli italiani sa della morte di Carlo Giuliani è falso.
Pochi giorni fa, in Piazza Alimonda, i soliti ignoti hanno danneggiato la targa in memoria di Carlo, imbrattandola con un getto di inchiostro nero. Le parole più belle per commentare quest’episodio, in apparenza piccolo, le ha scritte Carlo Gubitosa:
«Cari Elena, Giuliano, Haidi, pensavamo che fosse una targa, destinata a rimanere lì sfidando il tempo per fare memoria. Invece abbiamo scoperto che è un termometro dell’intolleranza, una cartina di tornasole della vigliaccheria, una centralina di rilevamento della bestialità. Ancora una volta in piazza Alimonda emerge il meglio e il peggio della società, e la vitalità di un marmo inerte solo in apparenza si anima per diventare megafono di denuncia dell’anticultura repressiva più brutale. Non rattristatevi per questo episodio, servirà da monito per i tanti, i troppi che vogliono chiudere quella parentesi aperta undici anni fa per lasciarsi alle spalle quello che dovremmo tenere sempre davanti a futura memoria.»
Dopo aver letto queste frasi, però, ci è tornata in mente l’eco di mille, diecimila, centomila conversazioni e dichiarazioni piene zeppe di “sì, ma”:
– Sì, è triste che sia morto un ragazzo, ma in fondo stava per lanciare un estintore…
– Capisco che il padre e la madre facciano tutto ‘sto casino, è naturale, ma il loro figliolo non era un santo, era un teppista col passamontagna.
– Che palle con ‘sto Giuliani, al povero carabiniere che si è dovuto difendere non ci pensa nessuno?
Dicevamo: tutto quello che la maggioranza degli italiani sa della morte di Carlo è falso. Lo riscontriamo da anni, e lo abbiamo visto con maggiore intensità nei giorni scorsi, dopo le ultime sentenze della Cassazione sui giorni del G8. La “camionetta isolata e bloccata”, un estintore (vuoto) trasformato in arma letale… L’ignoranza su quell’episodio è trasversale, non conosce appartenenze di partito o coalizione. E’ passata – anche nelle aule di tribunale – una “verità di regime”, confezionata già nella prima ora dopo l’uccisione di Carlo e mantenuta grazie a un’accorta vigilanza mediatica.
Ma vigilanza contro cosa?
Vigilanza contro qualunque tentativo di – letteralmente – allargare l’inquadratura e, al tempo stesso, inserire l’episodio nella sua temporalità, nella concatenazione di eventi di quell’orribile pomeriggio.
La generazione più giovane ha avuto in eredità Genova come “peccato originale”. Ogni volta che si scende per le strade, gli spettri di Genova trascinano le loro catene: in primis “i Black Block” (espressione che esiste solo in Italia, nel resto del mondo si parla correttamente del Black Bloc, ma quella contro l’anglicorum è da anni una battaglia persa), e poi Carlo col “suo” estintore. Sempre l’estintore. Atmosfere e atmosfere di fiato sprecato su quel cazzo di estintore.
Dal 2001 a oggi, approfondite controinchieste hanno attinto all’immenso tesoro di immagini – fisse e in movimento – emerse nel corso degli anni, smontando e rimontando l’intera sequenza di Piazza Alimonda. La sequenza estesa, non solo i pochi secondi visti mille volte eppure mai compresi. La verità ufficiale ne esce sgretolata, ma… c’è un ma.
Fuori degli ambiti di movimento, fuori dal milieu dei “genovologi” e dei noi-che-c’eravamo, chi cazzo le conosce le controinchieste? Chi ha letto l’inchiesta L’orrore in Piazza Alimonda, su quel che è accaduto a Carlo – ancora vivo – subito dopo la retromarcia del defender?
Nessuno, e infatti si sentono ogni volta le stesse due o tre idiozie, si riattiva il frame del “violento che se l’è cercata”, del “carabiniere che si è difeso”, “se era un così bravo ragazzo che ci faceva col passamontagna e l’estintore?” etc.
Nel 2006 il Comitato “Piazza Carlo Giuliani” ha prodotto un documentario intitolato La trappola. Da allora lo ha più volte arricchito man mano che si acquisivano nuovi elementi. La trappola è oggi il compendio più fruibile delle verità emerse da un enorme, pluriennale lavoro di indagine. Riassume, per dirla con un compagno che conosciamo, “lo stato dell’arte nella ricostruzione della morte di Carlo”. Nelle parole di chi lo ha prodotto, il documentario «ricostruisce l’uccisione di Carlo e le violenze efferate compiute sul suo corpo, partendo da tutto ciò che deve essere considerato causa e premessa dell’omicidio».
Abbiamo deciso di recuperarlo. Vi consigliamo di guardarlo (magari non da soli né a notte fonda) e, in seguito, di pensare a come questa storia viene ancora narrata nel discorso dominante, e quali luoghi comuni si siano affermati.
Vi chiediamo giusto un paio di cose:
– commentate qui sotto solo dopo aver visto La trappola e/o letto “L’orrore in Piazza Alimonda” e/o altre controinchieste linkate.
– negli eventuali commenti, cerchiamo di andare oltre affermazioni tautologiche come “Sbirri assassini!”. Ci piacerebbe riflettere insieme su come si impongono le verità ufficiali, su quali meccanismi e automatismi si basa la loro costruzione, sugli effetti prodotti dal restringimento dell’inquadratura etc.
Ci interessa smontare le “narrazioni tossiche”.
Uhm… Ci accorgiamo di non averlo scritto da nessuna parte, diamo per scontato che tutti lo sappiano, ma forse va ricordato agli smemorati.
Domani è il 20 luglio.
“Buon” anniversario.
Ecco, io questo video in particolare (“La trappola”) l’ho visto solo qualche settimana fa.
E mi sono sentito un totale idiota, un illuso, un coglione.
Per un semplice motivo.
Conosco la violenza sbirresca, ne ho subito i colpi in prima persona. Conosco le storie, conosco i fatti. Altri li immagino e ho immaginato spesso la verità che si cela dietro tante torture e nefandezze spacciate per “legittima difesa”, “operazioni di ordine pubblico”, “resistenza all’arresto”
Sono un coglione ed un illuso perché non immaginavo fossero capaci di arrivare a tanto.
Inconscia speranza riposta nella democrazia e nelle leggi borghesi?
Troppa fiducia cristiana nel prossimo?
Rispetto cavalleresco (!) per il nemico?
Ma ho come la sensazione che le parole stiano a zero.
Sembra una domanda apparentemente così descrittiva, eppure ha così tanto a che fare a come sei fatto personalmente e quanto sei disposto di cambiare il tuo punto di vista.
Per me la perdita di memoria è avvenuta nascondendo. Non mostrando mai Carlo a terra. Non mostrando mai il sangue. E se proprio si doveva far vedere Carlo a terra la scelta rimane quella di far sembrare tutto finto. Un cadavere isolato, come se non si sapesse chi l’ha ucciso. Mai un poliziotto accanto al corpo.
Carlo nelle foto è sempre solo: uno, solitario, nessun carabiniere, solo la jeep. Alternativamente fotografata come se la jeep fosse la vittima la foto dell’estintore scattata con un tele spinto, o fotografata dietro a Carlo steso, come se fosse ferma, come se non gli fosse passata addosso 3 volte, come se fosse la volante della polizia che si presenta davanti alla scena di un delitto compiuto da altri.
Queste sono le uniche immagini che i media mainstream fanno passare. E guarda caso sembran tutte far finta che la verità sia quel poliziotto che poco dopo l’assassinio urla: “sei stato tu, bastardo”, e l’inchiesta ufficiale non si distanzia molto da questa narrazione (il sasso che devia il proiettile… come a dire: non è colpa del solo poliziotto ma anche di un manifestante).
Non lo so. E’ una domanda difficilissima proprio perché è un meccanismo che vediamo tutti i giorni. Immagini di cadaveri, tutti i giorni, su tutti i giornali. E mentre sulle Sara Scazzi del giorno si va sul morboso, sulla posizione del colpo e la causa della morte su Carlo si fa ipocriticamente quelli “rispettosi”.
Perché? Perché è pericoloso dire che Carlo è una persona, che non è stato ucciso da quel proiettile sparato ad altezza uomo ma dalla jeep della polizia, ormai protetta dalle cariche della polizia che gli passa 3 volte sopra e da quelle pietrate in testa. E allora è meglio la foto dove si vede solo la canottiera sporca di sangue e nessun poliziotto: la verità, come a sempre quando dev’essere nascosta, è un rischio per il potere.
La scelta è di non far vedere quelle foto terribili che furono pubblicate sul libro bianco su Genova. L’unica immagine, allora come oggi è dell’estintore, non di Carlo, che è girato, come non fosse una persona ma una sagoma, un simbolo. Come se l’estintore fosse il soggetto della foto fosse l’estintore.
Lo dico con orrore, con lo spirito di uno che le prime foto di Carlo insanguinato non ha avuto per anni il coraggio di vederle e che è schifato dalla morbosità di chi va a vedere per turismo la scena dell’ultimo delitto, ma oggi quelle foto terrificanti andrebbero mostrate. Andrebbe mostrato il passamontagna che non riesce a tenere il sangue. Andrebbe mostrato il sasso insaguinato, andrebbe mostrato il filmato in cui si vede la jeep che gli fa manovra addosso. Perché quella è la verità. Ed è orrenda, un pungo fortissimo nello stomaco. E quelle foto hanno una persona uccisa e un potere colpevole.
Adesso che ci penso è una narrazione simile a quella che esiste sulle carceri. Chi sta in carcere non è la persona in gabbia che ha freddo o caldo, fame, paura, prova solitudine, sta chiusa in una stanzetta con altri 8. Chi sta in carcere, nella narrazione, è il “carcerato”, il “malvivente”, al massimo è l’immagine romantica alla “silenzio degli innocenti”. E’ la stessa logica del nazismo, la stessa logica della spersonalizzazione.
Gio
***
p.s.:
Ricorderò per sempre Carlo, ricorderò sempre quel che gli hanno fatto…
E mi ricordero anche di te, “Poppy”, che straparli per una strada di Londra dicendo che “in fondo han fatto bene”. Sappi che non mi dimenticherò di te e di tutti quelli come te, e che se devo serbare dell’odio lo serbo anche per voi.
p.p.s.: grazie per questo lavoro di diffusione
“Vi consigliamo di guardarlo (magari non da soli né a notte fonda)”
Premesso che ho appena trasgredito ad entrambi i consigli, a rendere ancora più acida questa bile nera che sale è sapere che dovrai reprimerla, perchè urlando ai quattro venti tutto ciò che hai visto ci sarà chi non vuole ascoltarti, chi non sa e chi non vorrà sapere.
A loro basta la verità ufficiale.
D’ altronde la strategia della verità ufficiale è una non-strategia, la strategia già vista e rivista di appiccicarti un’ etichetta sulla fronte, il “blec bloc”, quello dei centri sociali, il diverso.
Il diverso che parla di cose diverse.
E poi sono loro che non parleranno di ciò che non parlerai tu, non parleranno di chi muore sotto i manganelli, non parleranno di valli trucidate da ferrovie assassine, non parleranno di chi nelle carceri paga l’ ottusità di un intero sistema.
Lasciano che tutto ciò, a farlo, sia tu.
Solo tu.
Sarai solo tu a parlare di Piazza Alimonda.
Sarai solo tu a parlare di Aldrovandi.
Sarai solo tu a parlare di CIE.
Sarai solo tu a parlare di TAV.
Sarai solo tu, come un povero scemo, a parlare a vanvera di nomi e di sigle.
E sarai un diverso, stavolta per davvero.
Come loro hanno sempre voluto.
Loro parlano di escort, spending reviev, conti e bilanci che non tornano ma anche si, e ciò di cui parlerai tu sarà solo ciò di cui parla il blec bloc.
Parole nere.
Se a questo ci aggiungiamo che il “partito di sinistra” spende forze e striscioni per dissociarsi da “chi lancia le pietre”, beh, il gioco è fatto, anche perchè come dice il video al 48° minuto “Vatti a fidare di un no-global!”
E la rabbia sale, sale, sale, e poi basta.
è questo che più mi angoscia, questa specie di sindrome di cassandra che ti fa sentire sola a urlare parole di rabbia contro muri gommosi che te le rimbalzano contro.
Le lacrime di 11 anni fa sono le stesse di oggi nell’intravvedere il sangue dietro una cortina di anfibi, nell’ascoltare le parole dei giornalisti con la bava alla bocca, degli uomini del potere nei salottini televisivi e dei loro servi che vanno alla guerra.
La rabbia salga nella testa, nello stomaco, ma il problema resta come canalizzarla verso l’esterno, come fare sì che la marea monti per davvero. La controinformazione è cruciale, ma come fare a diffonderla e a farla diventare dominante (è questa la sfida? o essendo controinformazione dobbiamo dare per scontato che resti di nicchia?), al di là di un post qui o su facebook dove sono in angosciosa attesa che qualcuno mi scriva nei commenti la parola *estintore* ?
Uno degli aspetti che amo di più del mio mestiere è che mi porta sulla strada, in giro per l’Italia, a incontrare persone molto diverse tra loro. In questi undici anni ne ho conosciute tante, magari fredde rispetto ai motivi della protesta contro il G8 di Genova, che tuttavia considerano inaccettabile quanto è successo il 20 e il 21 luglio 2001. Alcune facce me le ricordo proprio, perché magari abbiamo parlato intorno al tavolo di una pizzeria, e ora le immagino a guardare questo video e mi dico che di sicuro sarebbero d’accordo – ancora più d’accordo – su alcuni punti fermi:
1. Che le forze dell’ordine scelsero in maniera fredda e immotivata di attaccare con una violenza inaudita soltanto alcuni soggetti della protesta.
2. Che uno di questi soggetti fu il corteo proveniente dalla Stadio Carlini, un corteo autorizzato, colpito a freddo, colpevole solo di avere in prima linea alcuni grandi scudi montati su ruote.
3. Che Carlo Giuliani brandì il famigerato estintore per lanciarlo contro un defender dei carabinieri, all’interno del quale un individuo, già da diversi secondi, puntava una pistola nella sua direzione.
4. Che le forze dell’ordine infierirono sul corpo di Carlo Giuliani prima dell’intervento di un medico e dunque prima che qualcuno lo dichiarasse morto.
5. Che fin dai primi attimi dopo la morte di Carlo Giuliani le forze dell’ordine tentarono di occultare le prove di quanto accaduto, di depistare le indagini, anche infierendo con violenza sul corpo della vittima.
Ebbene, se questi cinque punti fossero di dominio pubblico sarebbe già un bel passo avanti, e pertanto il video fa fatto circolare il più possibile.
Eppure, anche alle persone di cui sopra, terminata la visione, credo resterebbero comunque due dubbi fondamentali, che nemmeno il video riesce a sciogliere:
1) Il video si intitola “La Trappola”, e fa vedere bene come tutta la gestione di Genova fu un’enorme, colossale imboscata. Ma nello specifico di Piazza Alimonda non é ancora dimostrato, secondo me, fuori da ogni possibile dubbio, che la carica laterale portata sul corteo dai carabinieri, il successivo indietreggiamento degli stessi, e l’abbandono di un defender in mezzo ai manifestanti siano il risultato di una trappola premeditata e non di una ritirata scomposta e poco lucida.
2) Perché i manifestanti di quel corteo non sono fuggiti tutti, compatti, fino allo Stadio Carlini? Questa domanda me la sono sentita fare decine e decine di volte. Tu c’eri – mi dicono – eri nelle prime file e sei tornato indietro. Hai rifiutato lo scontro e senza troppi problemi hai trovato una via di fuga (bé, aspetta, se non c’erano quelli che tiravano le pietre dalla ferrovia e mi coprivano la ritirata, col cavolo che trovavo una facile via di fuga, e poi, per come s’erano messe le cose, tornare al Carlini poteva pure essere una trappola micidiale, il cul de sac definitivo…) Comunque l’hai trovata – mi dicono – e hai fatto la cosa più saggia di fronte a un branco di robocop scatenati: darsela a gambe. Chi è rimasto lì, insistono quelle persone, ha accettato lo scontro. E in uno scontro di piazza di quel tipo, con quel livello di rabbia, non è affatto imprevedibile che la polizia spari. Dunque – concludono – la gente che è rimasta lì, pur provocata in maniera irresponsabile, alla fine se l’è cercata. Se Carlo Giuliani fosse scappato, a quest’ora…
Ecco. Nella mia personale esperienza di confronto questo è lo scoglio ancora insuperabile. Fuori da un ambiente molto ristretto, pochissimi accettano che si possa reagire alla violenza delle forze dell’ordine, di qualunque violenza si tratti. Scappare o farsi massacrare sono le uniche due opzioni considerate “giuste”, sagge e responsabili. Sì, è la solita questione violenza/non-violenza, ma è una questione dentro la quale ancora non abbiamo trovato il meccanismo per far scattare un cambio di cornice e di paradigma. E nemmeno “La Trappola”, pur con tutti i suoi meriti, riesce nell’intento.
nella mia personale esperienza lo scoglio è lo stesso,
in ValSusa qualche risposta in più mi è sembrato di averla trovata (penso a Venaus soprattutto e a tutto quello successo dopo):
l’eterogeneità dei soggetti presenti, l’unità su un obiettivo comune, le diversità di pratiche condivise e accomunate e accettate
poi però penso che Genova era proprio questo, solo un po’ troppo separata, identititaria per ciascuno, vetrina per le diversità, questa poca comunanaza nelle pratiche la pagammo duramente,
grazie per il video e il dibattito,
condivido
Si, poni questioni vere, sulle quali ho ragionato per anni anche io.
Sul punto 1)
P.zza Alimonda non è una trappola, nel senso militare del termine.
Nessuno l’ha pianificata. Per la semplice ragione (Occam rulez) che prima di ogni altra cosa i CC in quella e in molte altre circostanze si sono comportati come dei fessi.
Se una cosa è spiegabile con la stupidità, nei CC non ha senso cercare altre ipotesi subordinate, è certamente vera ma prima.
Hanno eseguito con troppo ritardo l’ordine della centrale di “portare ausilio” alla PS in via Tolemaide, e quando sono arrivati all’incrocio Caffa-Tolemaide la fisarmonica del corteo era di nuovo in fase espansiva. Pensavano di arrivare e trovare alla loro sx la PS e alla loro dx il corteo… e invece era tutto corteo, a sx e a dx.
Imho le 2 jeep che avevano lasciato poco prima il contingente tornano rapidamente sui loro passi e si infilano in coda, un attimo prima della rotta, proprio perché dopo essersi allontanate in direzione di Piazza Verdi realizzano (osservando da altre vie laterali o per radio) che la situazione è mutata e il corteo è molto più avanzato di quando era partito l’ordine di attaccarlo sul fianco. Tornano forse per fermare l’azione, ma è troppo tardi e si ritrovano ad intralciare la ritirata/rotta del contingente.
Al processo contro i 25 a Genova la deposizione dell’allora capitano Cappello fu chiarissima: di fatto disse che Truglio aveva fatto una solenne cazzata a mettersi dietro con le jeep, cosa di cui lui era totalmente all’oscuro. Di più, disse che lui non avrebbe mai permesso un attacco in quelle condizioni.
Possiamo quindi metterci il cuore in pace?
Sono dei fessi e basta?
Neanche per idea.
Il Tuscania forma la polizia irachena sui video di via Tolemaide. Quella merce che in patria è considerata avariata, guasta, viene rivenduta all’estero appena ripassata in padella come case history, nella miglior tradizione di esportazione dei rifiuti all’estero.
Sul punto 2)
L’opzione violenza/non-violenza è per specialisti di lungo corso. Serve un sacco di tempo e di “addestramento” in entrambe le configurazioni. Anzi, ne serve molto di più per l’opzione non violenta. E fin che in piazza ci vanno gli specialisti tutto potrebbe anche funzionare (in teoria).
Il problema nasce quando in piazza ci vanno tutti, ovvero quando inizi a pensare di poter anche vincere.
Uno dei 25 a processo era un signore di mezza età, genovese, senza nessuna appartenenza politica, che scese in strada a unirsi ai “rivoltosi” dopo aver visto dal terrazzino cosa faceva la polizia.
Un riflesso biologico, non politico o sociale.
Il comportamento della piazza al G8 senza la biologia è inspiegabile, e con la biologia è ingestibile.
Bel dilemma, no?
F.
Il problema è che per quanto possiamo trovare argomentazioni inoppugnabili o sbandierare video a destra e manca, è stato avvelenato il pozzo.
Non importa più ciò che dici, importa solo chi lo dice.
Come uscirne non si sa, pare un vicolo cieco davvero.
E aspettare di crepare per dire “ve l’ avevo detto”, sinceramente, non mi va.
Riguardo il punto 2 di WM2: penso che la questione dei giudizi sugli atteggiamenti e i comportamenti in piazza vada analizzata ancora a monte del binomio violenza/non violenza. Messa così sembra più una questione teorica su cui le varie componenti dei movimenti avevano (hanno) idee differenti, dando per scontato che questo livello di dibattito sia presente in chiunque. in realtà a chi non *fa* politica, manca il passaggio precedente: cosa succede quando sei in piazza. Faccio un esempio: io ero a Genova, nel corteo delle tute bianche, quando venne caricato. Ero appena maggiorenne, ero lì ‘sciolta’ con degli amici, non ero parte di nessuna struttura, era la mia seconda, forse terza grande manifestazione. Non avevo mai partecipato a una punta tattico/organizzativa né fatto parte di un servizio d’ordine. Nel momento delle cariche (per fortuna ero abbastanza indietro) l’unica cosa che potevo fare per non farmi prendere dal panico era annusare l’aria, capire come gli altri si muovevano, quali erano le intenzioni, cosa i compagni con più esperienza pensavano fosse meglio fare. Io riuscii a darmela con i miei amici quando era chiaro che la situazione era diventata ingestibile per noi. Quando sono tornata a casa e ho cercato di spiegare gli avvenimenti di quel giorno ad amici e parenti mi sono resa conto che non è possibile spiegare le dinamiche, spontanee o organizzate, le reazioni, le motivazioni dei comportamenti a chi non ha la percezione di cosa sia trovarsi in piazza in una situazione di tensione. Non potevo spiegare a mio fratello che non aveva mai fatto un corteo, l’efficacia in un determinato momento di tenere un cordone invece di aprirsi di lato. o di ‘coprire l’arretramento’ dei compagni invece di sedersi e fare resistenza passiva. Il problema è che, se pure tutti e tutte vedessero il documentario splendido linkato sopra, poche persone, tra i non militanti, avrebbero gli strumenti e il bagaglio di esperienza per comprendere effettivamente le dinamiche di piazza.
Nel 2007 al social forum di Atene, durante il corteo un gruppo di *anarchici* all’improvviso spezzò il corteo a metà per andare contro una banca. Lo spezzone dei collettivi universitari (la più vecchia ero io che avevo 25 anni) si ritrovò incastrato tra il gruppo che assaltava la banca e la polizia greca che caricava e sparava lacrimogeni: ci siamo incordonati in 50 e abbiamo retto botta per proteggere i nostri compagni giovincelli in preda al panico. Non è facile spiegare a chi non è mai stato in piazza perché in quel momento quella era la cosa migliore per restare tutti incolumi.
Scusate il pippone e se sono andata un po’ fuori dal seminato.
Ultima cosa: linko questo documentario che non mi pare presente nel post, si focalizza sull’aspetto logistico di quel giorno, con tanto di mappe e grafica. http://www.youtube.com/watch?v=LyIDm5tZmR4&feature=related
Sono molto d’accordo con Lalla su questa cosa. Una parte della difficoltà che si ha nello scalfire i muri eretti nella testa delle persone dalle varie “verità ufficiali” sta proprio nell’impossibilità di far provare le sensazioni che si vivono in piazza.
“Fuori da un ambiente molto ristretto, pochissimi accettano che si possa reagire alla violenza delle forze dell’ordine” relativamente al contesto di Genova.
Quoto il post che Collettivo Militant ha pubblicato più in basso:
“Un’altra parte di verità è che a Genova una grande parte – una parte forse minoritaria ma complessivamente enorme – voleva quel conflitto. Il clima montato nei mesi precedenti aveva creato una consapevolezza per cui si voleva arrivare a quello. Poi è degenerato, senza dubbio, ma si creò un clima atto allo scontro che oggi non può essere smorzato dicendo: “le guardie ci hanno attaccato deliberatamente”.
Le cariche delle guardie furono forse illegali ma non illeggittime. Avevamo appena *dichiarato guerra*, si stava in piazza con caschi e scudi. Il minimo che potesse fare la polizia era caricare quel corteo. L’ingenuità di non capirlo, l’ho già detto in qualche altro post, in quei giorni era una colpa.”
Se questa è la ricostruzione che viene da una parte dei manifestanti, figuriamoci quale possa essere la percezione di chi era fuori dal movimento.
E di fronte a queste affermazioni, è comprensibile che solo una minoranza giustifichi la “reazione” della piazza.
Tra l’altro Giuliani aveva il passamontagna, e quello se lo era procurato prima che si potesse prevedere la carica; di sicuro non si è materializzato come reazione alla violenza delel forze dell’ordine.
No, per favore. Non scendiamo al livello infimo di dire “ma si era portato il passamontagna”, perché è anche peggio del “ma ha raccolto l’estintore”.
A Genova ce l’avevo pure io, con me, il passamontagna (o meglio, il sottocasco di cotone), pur non avendo la minima intenzione di bruciare né assaltare camionette. Non ho avuto bisogno di usarlo, però ce l’avevo in tasca, per precauzione minima. Perché non sai mai cosa può succedere, a te, intorno a te, malgrado te, e in un contesto in cui basta essere filmati *vicino* a uno scontro per essere condannati ad anni e anni di galera, in cui basta essere passati di lì mezzo minuto prima proprio mentre una videocamera inquisiva ‘ndo cojo cojo, ci mancherebbe altro che uno si offre sorridente all’inquisizione, magari dicendo pure: “Cheese”.
Se si può ostacolare o rallentare in qualche modo questo modo macellaiesco di attribuire responsabilità penali, si fa. Avviene in tutto il mondo. Poi, se non succede nulla che costringa a travisarsi, benissimo. Ma il fatto che uno si porti dietro qualcosa per non essere identificato è puro illuminismo, per quel che mi riguarda, e va visto con la massima laicità. Per cui, “aveva il passamontagna” è un non-argomento.
E’ un po’ come sentire quelli che dopo il 15 ottobre inveivano contro chiunque avesse un casco. Ricordo un marasma di commenti iper-forcaioli sotto le foto di una fila di manifestanti col casco *incordonati*. Era palesemente un servizio d’ordine, per quanto minimale. Quella gente stava cercando di mantenere saldo il proprio spezzone nel marasma, e possibilmente di portare a casa la propria gente senza rompersi il cranio. Ma per i commentatori da social network, quasi tutti *totali analfabeti di piazza*, quelli erano devastatori, in galera, in galera. Erano devastatori… perché avevano il casco!
Il casco l’ho portato anch’io a tanti cortei, per anni, e non mi è mai capitato di devastare un cazzo. L’ho portato perché non mi va di farmi spaccare la testa da un tonfa solo per non dare appigli ai moralisti.
Il casco è uno strumento di protezione dalla violenza. Certo, può essere anche usato come strumento offensivo… Ma in quel caso ce l’hai in mano, non in testa.
Posso anche concedere che il commento del Collettivo Militant fosse un po’ più “tirato via” del solito, in certi passaggi anche dozzinale, ma se si va oltre la fraseologia e si arriva al nocciolo di senso del commento, beh, la critica alla “teatralizzazione della guerra”, al dichiarare guerra “per finta”, all’innalzamento del livello dello scontro virtuale senza la consapevolezza che si stava innalzando quello reale, beh, quella critica (che per noi è un’autocritica) io e l’intero collettivo WM la condividiamo. Seminammo vento e raccogliemmo tempesta, senza essere all’altezza della tempesta. E per fortuna si riuscirono a tirare fuori, come conigli dai cilindri, diecimila metaforici salvagente, per galleggiare a ritroso in via Tolemaide e tornare al Carlini.
Meno uno, purtroppo.
Una cosa mi mette profondamente tristezza e ultimamente mi affligge in particolar modo. Io capisco che in Italia sto cazzo di dibattito violenza/non-violenza è inesistente e quasi un tabù, senza quasi…Capisco anche che l’Italia ha avuto per anni delle strutture di movimento organizzate che hanno stabilito, concordato, imposto cosa deve essere la violenza e cosa non deve essere, fino a che punto deve spingersi ecc ecc…Ora, qui si parla di violenza di stato, una violenza che lo Stato continua a perpetrare sui nostri corpi, sempre e non dovrebbe più stupirci cazzo…è la natura di questo cazzo di sistema che una volta (tanto tempo fa credo) i movimenti cercavano di distruggere non di modificare, di guadagnare 5 minuti di gloria, di vincere una caramellina inzuccherata…Non ne posso più di sentire l’indignazione della gente che si sgola dicendo “ma è antidemocratico!!”…NO QUESTA è LA DEMOCRAZIA! è solo che ci ciucciamo il discorso dominante tutti i giorni, coscienti o meno di farlo, e ad un certo punto non capiamo più un cazzo! Adesso io non credo che sia il caso di dire “mi porto il passamontagna perchè se no…ma non volevo fare niente” Che tu non volessi fare niente è una tua decisione individuale, renderla un discorso legittima molto altro…così come i discorsi di Casarini e compagnia cantante dopo il 15 ottobre, i discorsi da dissociati infami, sono complici del sistema, o della democrazia dal basso, se preferisci, che è sempre quella merda con le carceri, i cpe, i morti ammazzati, lo sfruttamento, la sottomissione, e vai così. Il movimento italiano è morto e si è portato con se la memoria, quella vera, lasciando immagini sbiadite, anche di Carlo. Il movimento italiano è morto per una questione di prospettive. Davanti l’ingiustizia che cazzo fai? il movimento italiano fa la vittima, e non vinci se ti lamenti…Il movimento italiano non vuole vincere (non ci saranno le condizioni materiali, forse, anche se non ne sono così convinta, ma i discorsi prodotti oggi dai “militanti” di professione lasciano alquanto a desiderare in termini di “prospettiva rivoluzionaria”). Poi il mio punto di vista è che l’azione, se si pensa di volerlo veramente vivere il conflitto sociale, non possa essere “non violenta”…mi dispiace, ti sparano addosso e io gli dò un fiore? no, manco per il cazzo…
Ma aldilà della violenza in sè, delle azioni in sè, quelle vere non quelle mediatiche, qui manca anche l’immaginazione, la fantasia, la voglia, perchè credo che se queste fossero presenti il dibattito violenza/non violenza non esisterebbe nemmeno….i fatti verrebbero da sè…ma se continuiamo a diffondere l’idea della sconfitta e del vittimismo attraverso il nostro linguaggio (che è uno strumento potente) non andremo lontano…e questo non vuol dire agire senza pensare, non significa “spontaneismo” a tutti i costi, ma significa essere un pò più onesti con noi stessi.
sono d’accordo sull’analisi, davvero, e lo stallo conclusivo che descrivi è comune a tanti, me compreso.
personalmente devo partire dall’accettazione di come cambiando il paradigma non possa evitare il fatto, muto perché così è ad aeternum. dunque concedo questo e mi avventuro nella modifica del suddetto paradigma. se accettiamo lo scontro violento, se riteniamo che la reazione in generale sia giusta, che *si possano* picchiare i robocop (e magari qualche loro sovrapposto di partito) o attaccare in altra maniera, e se riusciamo a mutare la vulgata in questo senso .. ecco a questo punto dobbiamo andare oltre, al fine di mantenere saldo il punto che le responsabilità *rimangono*
ugualmente, non è che svaniscono perché la violenza viene dalle due parti e non da una sola.
altrimenti il delitto Giuliani rimarrà una sofisticatissima speculazione sulle modalità, eppure sterile quasi fosse un feticcio. insistere sulle responsabilità una volta accettato, anzi dirò di più, una volta *dato per scontato* lo scontro violento da entrambe le parti mi sembra aiuti ad allargare il campo. e così dal duello carabiniere-Carlo, alla battaglia di quel giorno (vqa Lauro inquadrato), alla guerra di quel G8 (si accendono le luci sul Governissimo di allora), alla lotta del movimento – hic et nunc. e un fatto muto diventa le nostre stesse parole.
@WM2
Uno scoglio che in molt* si portano dietro da più di dieci anni, suppongo… Non so voi, ma io personalmente, dalle giornate di Genova in poi, ogni volta che sono sceso in piazza ho sempre fatto i conti con il fardello psicologico del “che fare in caso di aggressione delle forze dell’ordine?”.
Ecco, io oltre alla trappola “logistica” di quelle giornate, sento di essere rimasto invischiato a lungo nella trappola mentale della dicotomia violenza/non violenza. E mi sono lacerato su questa cosa, rimproverandomi schizofrenicamente nell’ordine:
– la pavidità per non aver resistito nemmeno vagamente alle cariche una volta arrivato con gli scudi in via Tolemaide (ripiegando mestamente e velocemente verso il carlini)
– la superficialità per aver portato gli scudi fin lì, senza prevedere una così cruenta reazione delle forze dell’ordine.
E ho notato, amaramente, che questa dinamica è comune anche ad altr* che, come me, all’epoca di Genova erano inespert* di piazza, non avevano tessere di partito e non erano parte di associazioni ma semplicemente, per affinità ideologica, avevano partecipato ai gruppi di lavoro dei social forum nei mesi precedenti e avevano scelto di essere nel corteo dei disobbedienti – a proposito, mi avete strappato dei gran sorrisi amari con il pezzo sul Bologna Social Enclave.
Quindi, mi sembra una trappola ad incastro: la trappola congiunturale (la violenza indiscrimata delle forze dell’ordine) che ha determinato una trappola storica (la criminalizzazione del movimento) ed una trappola psicologica (l’interrogativo privato violenza/non violenza da cui il dilemma partecipo/non partecipo).
Grazie per questo <3
non pensare a un elefante, e il cervello all’istante forma l’immagine dell’elefante. Così mi è successo stanotte, che cercavo di prender sonno dopo una bella serata, ed era notte fonda, ed ero da sola, però “La trappola” l’ho vista. Mi serviva il silenzio della notte, per guardare quelle immagini.
La prima immagine di piazza Alimonda che ho visto è stata quella del corpo di Carlo a terra, che mi sembrava l’immagine perfetta della morte: un corpo svuotato, senza più sangue. Per orrendi passaggi neuronali l’ho associata al Cristo morto di Mantegna, avete presente? Un riquadro completamente occupato da un corpo sdraiato, disegnato da un osservatore posto dal lato dei piedi.
(la foto del primo piano con il fiotto di sangue l’ho vista per la prima volta solo pochi giorni fa, e ce l’ho sempre davanti agli occhi)
Guardando le immagini, stanotte, pensavo alla velocità di reazione: quel “sei stato tu, bastardo” e il tentativo di inseguimento sono impressionanti per rapidità di esecuzione…
A volte ho l’impressione che il cervello umano sia (ri)programmato dal potere costituito per reagire a operazioni binarie: 0/1, tutto vero / tutto falso. Vi concediamo pure di giocare a “scopri il complotto”, ma l’analisi dei fatti no, quella no, quella ve la impediamo, la seghiamo alle radici. Inquadratura strettissima oppure larghissima: è la stessa cosa, alla fine. L’occhio non coglie nel modo giusto gli elementi di una scena e soprattutto le loro relazioni.
Il punto delle immagini selezionate per entrare nell’inquadratura è un’arma di guerra formidabile, da sempre.
Per anni ho raccontato quello che avevo letto nella controinchiesta, la storia del sasso che cambia posto, l’autopsia, e per anni mi sono sentita rispondere, eh sì, vabè, sarà pure così, epperò l’estintore l’estintore l’estintore.
Del resto, ricordo bene l’immagine scelta a corredo dell’omicidio su tutti i giornali: carlo giuliani di spalle, il fottuto estintore in mano, che sembra vicinissimo al defender. Sarebbe bastato ripescare un altro paio di fotografie, prese di fianco, per mostrare quanto in realtà fosse distante, ma questo avrebbe rovinato il filo del racconto.
In coda aggiungo un grazie, di cuore, a voi.
Grazie: conoscevo tutti i fatti e le ricostruzioni, ma non in maniera così sistematica e chiara.
L’ho visto da solo, ma cercherò di farlo vedere a più gente possibile!
[…] riscontriamo da anni, e lo abbiamo visto con maggiore intensità nei giorni scorsi, dopo le ultime sentenze della Cassazione sui giorni del G8. La “camionetta isolata e bloccata”, un estintore (vuoto) trasformato in […]
cari wuming, tutto nasce da una grande differenza di fondo. ogni persona libera deve convenire sul fatto che non si portano bottiglie molotov in una scuola per giustificare una carneficina. che non si prende a sassate una testa esanime, fosse anche quella che ha provato a tirarti un estintore un minuto prima. che non si prende a calci la faccia di un ragazzo, fosse anche quello che ti ha tirato pietre e gridato insulti per una mattina intera.
perchè le forze dell’ordine non sono passanti o volontari, sono lì stipendiati per rendere un servizio a tutta la cittadinanza. dunque se la tesi è che i garanti della legge l’abbiano stuprata loro stessi, in alcune puntuali circostanze, allora siamo d’accordo. ma se il messaggio è che il poliziotto, insieme alla legge, vada massacrato a priori, credo sia necessario “-letteralmente – allargare l’inquadratura”.
è tutta qui la differenza di pensiero: per me il nemico non è il poliziotto. e visto che il poliziotto è costretto a frapporsi alla violenza tra noi e il nemico, non è con la violenza che bisogna combattere. tornate, torniamo ad impugnare le penne.
questa tesi di innovativo ha ben poco, risalendo ai famosi scontri di valle giulia, ma c’è ancora gente che non l’ha metabolizzata, o che finge di non sentirla perchè è più comodo andare a fare a botte in piazza. liberissimi di farlo, ma oltre all’autocompiacimento e ai lividi non si produrrà nulla, perchè non si sarà affrontato nulla di sostanziale.
questa è la mia piccola versione di genova e di tutte le guerre fra poveri http://antarchia.com/2010/11/28/de-antarchia/
la guerra del terzo millennio è massacrante e trasversale, cercare di semplificarla secondo logiche primitive temo non gioverà.
Vabbe’, lo mettevamo in conto che presso alcuni l’invito a intervenire nel merito, l’invito a ragionare *nel merito* di quanto emerge dalle controinchieste (e della radicale discrepanza e inconciliabilità tra quanto emerge e la narrazione ufficiale), l’invito a non commentare per dire “la propria” e basta, basandosi non sugli argomenti e gli elementi proposti dagli altri ma su quel che si crede pensino gli altri, sarebbe caduto nel vuoto. Pazienza. Poi saremmo noi quelli che “semplificano”. Bof.
hai ragione, mi correggo. voi siete quelli che solitamente non semplificano, ma a volte, visto che ormai wuming è diventato fenomeno nazionale, un “saviano” dell’antagonismo, voi siete quelli che cavalcano leggiadri l’onda. e allora giù con post che gridano allo scandalo per le conferme delle condanne ai 10×100, giù a fare i portavoce culturali di una campagna senza uno straccio di argomentazione logica oltre la difesa faziosa di 10 compagni.
Questo documentario è parziale come tutto ciò che è reale, però è anche bello. E comunque Carlo Giuliani non doveva andare lì con quell’estintore, perchè i poliziotti non dovevano caricare a cazzo e massacrare civili, perchè i manifestanti non dovevano arrivare allo scontro. o meglio, non dovevano scontrarsi con altri sottoproletari diversi solo per divisa e manganello, dovevano (e devono) avere il coraggio di puntare in alto e in altro.
wuming, metto in conto che l’appello a non farsi riassumere nell’ennesima macchietta (un po’ più culturale, un po’ più antagonista, un po’ più radical dei radical) del vastissimo panorama urlatore italiano resterà inascoltato, perchè la fama tira molto più del sudore della fronte che ragiona ogni volta. eppure ve lo lancio lo stesso. poi sareste voi che “ah, fabiofazio”. Bau.
Sei arrivato qui coi tuoi bei preconcetti, e chi siamo noi per privartene? Sei arrivato privo della voglia di leggere, approfondire, ascoltare, perché avevi già la tua bella cornicetta: “faziosi”, “arrivare allo scontro”, “Saviano”, “macchietta”, “la fama tira” etc. Cantava Bob Dylan: “Most likely you’ll go your way and I’ll go mine”. Un po’ ti invidiamo: viaggerai sempre con tutti i comfort. Inoltre, avrai anche il lusso di crederti anticonformista. Certa gente ha tutte le fortune! :-(
” il poliziotto è costretto a frapporsi alla violenza tra noi e il nemico”
Scusa, ma perchè è rivolto sempre e solo da una parte? Che poi è la parte della moltitudine e non quella dei pochi protetti. Perchè il poliziotto allontana il mendicante dal negozio di via dei condotti? Per difendere gli interessi del commerciante? E gli interessi del mendicante, quando li difenderà?
la storia degli omicidi delle ‘forze dell’ordine’ è lunga quanto la storia della repubblica. Mai nessun poliziotto o carabiniere o guardia di finanza è stato condannato. Sempre si è trattato di ‘incidente’ oppure ‘legittima difesa’. Testimoni, immagini, non sono mai serviti a niente. L’omicidio di Carlo, la violenza sul suo corpo, come tutte le violenze allucinanti di quei giorni sono il ritratto vero della repressione della tanto decantata nostra ‘democrazia’. Il fascismo è altra cosa ma il fascismo è solo la scelta estrema che lo stato capitalista sceglie quando ‘la democrazia’ non riesce più ad arginare la rivolta, quando si teme di perdere il potere. Ma quei giorni di luglio la politica dei ‘partiti democratici’ decise di fare intendere al paese intero, alle opposizioni antagoniste di tutta europa, cosa fosse capace di fare. Occhio, (ci hanno fatto sapere) siamo capaci di essere fascisti. Violenza senza controllo contro tutti fino all’omicidio, la pietra sul viso di Carlo, la complicità di tutti gli organi di stato e dei media. Dopo Genova è cambiato tutto, la Paura ha preso il sopravvento. Ma non per sempre, la storia continua, non sarà oggi ma sarà.
La donna poliziotto che dice ridendo “uno a zero per noi” è agghiacciante perché si capisce che non sono solo parole sue. Provo anche ad immedesimarmi nel padre e nella madre di Carlo. Non so cosa avrei potuto fare o avrei fatto al posto loro.
[…] fondo stava per lanciare un estintore… – Capisco che il padre e la madre facciano tutto ‘sto casino, è naturale, ma il loro figliolo non era un santo, era un teppista col passamontagna. – Che palle […]
Cari WM
questa volta non sono d’accordo con voi. Succede.
Il video la trappola che voi “caldeggiate” è una trappola anche per chi guarda.
Franti nel suo post dice diverse cose esatte.
Il video in questione nella prima parte assume delle posizioni abbastanza nette e continua a battere sula dicotomia “buoni/cattivi” facendo vedere i terribili BB che si armano etc etc
Allo stesso tempo caldeggia la teoria degli “infiltrati” che io non nego ci fossero, ma credo di essere abbastanza intelligente da pensare che: infiltrati probabilmente ce n’erano ovunque, anche al Carlini. E allo stesso tempo dobbiamo anche dire chiaramente che questi “infiltrati” non hanno determinato nessuna situazione di piazza.
E’ importante ribadirlo. Come è importante non dimenticare che gli effetti della sentenza Genova per i 10 siano una diretta conseguenza della dicotomia “buoni/cattivi”.
Non distribuisco colpe o altro, però così è.
Lasciamo perdere i commenti che ci furono a caldo e nei giorni successivi quando si agitavano gli stranieri, i fascisti, gli ultras, i CC, perché si aveva paura di guardare in faccia la realtà, cioè che a Genova c’era anche un blocco di persone che avevano delle pratiche diverse da quelle del GSF. Che piacciano o no.
D’altronde anche la sentenza d’appello del processo ai 25 (poi diventati appunto 10) assumeva che c’erano stati degli “scontri buoni” e degli “scontri cattivi”. Qualcun ha anche esultato parlando di “diritto alla resistenza” non capendo una cosa sostanziale:
quel diritto non è assoluto. Oggi te l’hanno riconosciuto, perché oltretutto non potevano fare altrimenti. Domani potresti essere tu quello che sta tra i “cattivi” e gli arresti tra i No Tav insegnano.
Nessun tribunale li assolverà sostenendo che i manifestanti in Val di Susa hanno diritto a resistere.
Forse, e in pochi l’hanno fatto, sarebbe stato il caso di interrogarci sul ruolo dei CC nella piazza genovese, usciti indenni da ogni tentativo di indagine, nei pochissimi casi in cui c’è stata. Truglio e Cappello non sono due personaggi qualsiasi. Entrambi hanno avuto un ruolo ben preciso e la carica a freddo al corteo del Carlini ne sono un esempio.
E qui forse dovremmo fare un ragionamento facendo un altro passo indietro e parlare di quando D’Alema al governo, per ruffianarsi i CC, rese l’arma la quarta forza armata dello stato, regalando loro un’autonomia spaventosa.
Ma questa è un’altra storia e non voglio attaccare pipponi.
Vi consiglio però anche la visione di OP:
http://www.youtube.com/watch?v=lQHai729HsQ&feature=BFa&list=PL6ECE8E8723EFEEAD
Ciao ZP
Un momento: noi non abbiamo invitato a essere d’accordo con ogni aspetto del video. Lo abbiamo proposto perché è “il compendio più fruibile” su quanto emerso sulla dinamica di Piazza Alimonda. Ed è vero, di materiali ne abbiamo letti e visti tanti, ma la seconda parte de “La trappola” è il riassunto che più “arriva” anche ai non-addentro. Tant’è che il video l’abbiamo messo in relazione con “L’orrore in Piazza Alimonda”. Questo è un post sulla discrepanza tra ciò che sappiamo noi della morte di Carlo e quello che sa la maggior parte delle persone.
Riguardo alla parte iniziale del video, quella che mostra i Black Bloc e fa sentire le telefonate, a me sembra che l’impostazione del documentario non sia così crudamente “buoni / cattivi”. Mi sembra che il discorso, più volte ribadito, sia: “sin dall’inizio il BB non era l’obiettivo delle operazioni repressive”. Cioè si è deciso chi colpire e chi no. E che il BB non sia stato colpito non è una congettura, è nei fatti. Ora, dire che le forze dell’ordine hanno scelto di colpire X anziché Y non significa, almeno per quanto ci riguarda, dire che X è più figo o più buono di Y, o espellere Y dalla cornice/narrazione di Genova. Su questo, il nostro utilizzo del reading di Philopat mi sembrava chiaro: “Io sono tutto questo disastro”. Oggi Genova è tutto, dai boy scout al Black Bloc. Siamo tutti indistricabilmente legati da quell’esperienza, al netto dei dissensi e delle critiche e del guardarsi in cagnesco (cosa che comunque accade meno di dieci anni fa).
Sulla questione degli infiltrati sono d’accordo: ce n’erano ovunque. Ce ne sono *sempre* ovunque. Però alcuni infiltrati hanno lasciato tracce vistose e altri no. Soprassedere su queste tracce, non mostrare le immagini, non avrebbe dato un’impressione di reticenza? Non ho risposte.
Ad ogni modo, continuo a ritenere che il documentario faccia il suo lavoro e meriti di circolare ampiamente, e che a restare incisa sia soprattutto la seconda parte, utilissima al fine di disarticolare il pernicioso, ormai ultradecennale “discorso estintore”. Mi sembra che anche i commenti qui sopra parlino chiaro: nessuno ha proposto alcuna divisione “buoni / cattivi”. Fidiamoci della capacità di lettura (lato sensu) delle persone, questo post si inserisce in un contesto, una discussione che va avanti da giorni.
Io mica ho detto che voi avete proposto la divisione “buoni/cattivi”. Dico soltanto che anche attraverso alcuni video, c’è il rischio che venga assunta. A mio avviso la prima parte di questo video rischia di.
Alcuni ex portavoce del GSF tuttora ancora parlano di infiltrati, violenti, etc etc.
Va bene fidarci della lettura delle persone, e ammetto che da tempo su Genova ho qualche problema a farlo, però credo sia importante contribuire al meglio ad una discussione, aggiungendo elementi e riflessioni.
Per dirla alla Kent Brockman: “my two cents”
Ciao ZP.
Se a tuo avviso rischia di, hai fatto bene a :-) L’importante è continuare tutti insieme a.
Io penso che, semplicemente, potevate selezionare lo spezzone “interessante” e/o usare altre fonti.
Quel documentario non fa il suo mestiere, o forse lo fa troppo bene.
Mistifica nei primi 20 minuti per creare un contesto mentale “”particolare”” attraverso il quale vedere poi i “fatti”.
Purtroppo ne abbiamo subiti a valanga di “documentari” di tale risma. Davvero troppi.
E perdonate anche la frase “che il BB non sia stato colpito non è una congettura, è nei fatti” è troppo semplice, troppo comoda e troppo vera (?)
e comunque non è così vera: bisognerebbe distinguere tra una decisione di gestione della piazza e di una capacità a farlo, ecc.
E poi, anche fosse nei fatti, davvero vi vien voglia di scrivere una frase così vera anche dopo le sentenze?
bah
Infatti, bah. Mi sembra che sulle sentenze abbiamo preso una posizione inequivocabile, e forzare una banalissima constatazione sul BB non la renderà equivocabile retroattivamente. Anche perché quella frase l’hai estrapolata, infatti subito dopo scrivevo:
“…dire che le forze dell’ordine hanno scelto di colpire X anziché Y non significa, almeno per quanto ci riguarda, dire che X è più figo o più buono di Y, o espellere Y dalla cornice/narrazione di Genova. Su questo, il nostro utilizzo del reading di Philopat mi sembrava chiaro: ‘Io sono tutto questo disastro’. Oggi Genova è tutto, dai boy scout al Black Bloc. Siamo tutti indistricabilmente legati da quell’esperienza, al netto dei dissensi e delle critiche e del guardarsi in cagnesco.”
Il nostro rifiuto dello schema buoni/cattivi è stato sufficientemente ribadito, e nella discussione abbiamo ripetuto quattro o cinque volte cosa ci convince e cosa no nel documentario.
Sulla possibilità di infiltrati anche negli altri spezzoni: “La ragazza indossa una maglietta di Amnesty International. Scendiamo insieme in ascensore. Ha lo sguardo sfuggente dell’imbarazzo con qualcosa in più. Il di più che le spunta sul fianco: una ricetrasmittente e un manganello.”
[Sabina Morandi, “In movimento” (DeriveApprodi), libro che non ci va certo leggero col blocco nero]
Ho visto anche questo video che è ripreso in parte da OP Genova 2001. Ho letto tutti i commenti, anche quelli inutili, in fondo sono divertenti. Personalmente non escudo nulla. Infiltrati, ecc ecc… ma a volte mi viene il dubbio che in quei giorni a Genova, i giovani non volessero che qualcuno ci mettesse il cappello. Come a Roma il 15 ottobre. Un movimento che cresce spontaneamente, che viene in qualche modo manipolato per crearne la morte. Esiste un documento su Genova che non troverete su Youtube, Forse bisognerebbe guardare anche quello. Si chiama: detour – la canaglia a genova.
Se dobbiamo discutere, preferirei discutere del perché, d’improvviso, il paese si è riempito di nemici dello stato, terroristi, che prima erano persone normali, e che oggi accusano Agnoletto e Casarini di aver fatto carriera nel sangue di Genova.
Il video non lo posso vedere, ché sto in ufficio. Non lo posso neanche sentire, perché non ha un commento audio. Probabilmente ora di stasera avrò dimenticato di vederlo (probabilmente, visto che l’ho appena scritto, no). Vorrei leggere una trascrizione, almeno un riassunto, e invece mi trovo questo post
Partiamo da lontano: che dicono gli Ska-P nella canzone su Carlo Giuliani? Togliamo tutte le cazzate e lasciamo solo le informazioni:
[…]
La policia disparo
Carlo Giulani pago
[…]
El pasado 20 de julio del año 2001
Fue brutalmente asesinado nuestro compañero Carlo Giuliani
Por la policia fascista italiana
[…]
Traduzione: “la polizia ha sparato a Carlo Giuliani”. Sì, sì, gli Ska-P, sono commerciali, sono banali, gli puzza l’alito, ce l’hanno piccolo… però non c’è molta differenza con questo post: poche informazioni, incomplete e annegate tra affermazioni sostanzialmente inutili. Ecco, ma questo post, cosa dice? togliendo le cazzate, che informazioni contiene su Carlo Giuliani?
[…] Carlo [è] ancora vivo […] [U]n sasso […] è imbrattato di sangue.
[…]
[Cosa] è accaduto a Carlo […] subito dopo la retromarcia del defender?
Guardate che cosa fumosa. Traduco: “Carlo Giuliani è sopravvissuto al colpo di pistola, è stato investito con il gippone e poi finito con un sasso”. Tre semplici affermazioni, che invece di affermare avete deciso di esprimere con un inciso, un’insinuazione e una domanda retorica, annegate in divagazioni. Peraltro, non stiamo neanche parlando di un uomo con un braccio solo, stiamo parlando di tre elementi banali (il colpo di pistola, il gippone, un sasso) che sono familiari anche a chiunque abbia visto le due solite cazzo di inquadrature
A che servono queste sottigliezze? Qual è il motivo di non fare affermazioni e lasciare (presumo) che sia la nostra coscienza (?) a dirci “com’è andata davvero”? non vi sta stretto questo ruolo? piuttosto, non lo fareste un altro bel fake alla Luther Blisset per fare sparate colossali?
Riassumiamo: noi linkiamo un’inchiesta dettagliatissima, anzi, diverse inchieste dettagliatissime, e incorporiamo un video. Il nostro testo è una mera introduzione a quel video e a quelle controinchieste. Scegliamo di far parlare quei testi e a quel video. Invitiamo addirittura a non commentare prima di averli letti e averlo guardato.
Tu senti il bisogno di scrivere per informarci che sei al lavoro e il video non lo guarderai perché stasera “te ne sarai già dimenticata”. Sei al lavoro e non raccogli l’invito, ma il commento non rinunci a lasciarlo, non sia mai! Perché esprimerti è un’urgenza, un’impellenza. Non puoi farne a meno. Se non lo fai subito subito, entro stasera rischi di dimenticartene! Così ti lanci in un’esegesi della nostra presentazione, trattandola come se fosse un testo autosufficiente e non, appunto, al servizio dei materiali segnalati e consigliati. E ci rinfacci di aver detto poco, di aver detto male, di aver alluso etc.
Ecco, è questo che io non capisco e non capirò mai: la compulsione a dire “la propria” comunque sia, anche fuori contesto, anche facendola fuori dal vaso. Il fingere di ascoltare gli altri mentre si pensa solo a come sfruttare il primo attimo di pausa per inserire quel che abbiamo da dire noi. Si arriva in un posto del web già girati di palle o di ovaie, si legge in fretta e furia con la fotta di muovere i polpastrelli, e ci si sfoga. Magari facendo anche i maestrini.
Eh già, intitoliamo un post “Tu che straparli di Carlo Giuliani, conosci l’orrore di Piazza Alimonda?” e poi cadiamo dal pero quando la gente “dice la propria”. Io non avrei mai intitolato così un post, io non mi sento in colpa per non sapere cos’è successo a Giuliani, io sto dicendo che la colpa della mia ignoranza è tua. Questo post non è un’introduzione, è una specie di confessione mi sembra, un’espiazione. Per fare da “introduzione”, questo post è lungo un post di troppo
Io a Genova non c’ero e ho dovuto aspettare “Diaz” al cinema per capire che cosa me ne dovesse fregare di quello che è successo. Questo post vuole cambiare le cose, o vuole solo parlare di come le cose non sono cambiate? Meno autoreferenzialità cazzo, volete comunicarmi qualcosa o volete che mi sieda a prendermi un caffè?
“L’orrore in Piazza Alimonda” è, appunto, il titolo dell’inchiesta linkata nel post.
Per il resto, curiosa l’accusa di “autoreferenzialità” da parte di una che, in buona sostanza, è venuta qui ad ammannirci i cazzi suoi.
Su, lascia perdere, non è proprio il caso.
Giulia, non capisco questo accanimento senza neanche aver visto la documentazione completa.
Credo che questo post, come molti altri, voglia fornire strumenti di informazione, perché dire “non c’ero, non sapevo” non basta e non è mai una giustificazione.
Io a Genova (e me ne pentirò sempre) non c’ero, ma già dal giorno dopo cercavo informazioni. Faticosamente, ma sì, ci sono tanti e tanti documenti.
Sinceramente Diaz non l’ho visto e non voglio vederlo. Ho preferito parlare con chi a Genova c’era, con chi ha visstuto direttamente quei giorni e con chi ha fatto inchieste su quei giorni.
Al resto della discussione al momento non partecipo, perché ancora non posso vedere il video.
Un saluto.
P.S. Evviva questi post così articolati (non li chiamerei lunghi) ed anche i commenti (utili) che spesso seguono. Sono fonti di informazione e scambi veramente fondamentali.
Quello che apprezzo di più è lo sforzo carpiato doppio per ignorare che sto dicendo che questo post fa schifo. Si salva solo come link al video e all’inchiesta, il resto lo trovo peggio che inutile. È un post che parla di ignoranza su un argomento facendo quasi di tutto per non dare alcuna informazione sull’argomento. Dico quasi perché le informazioni ci sono, ma espresse in un modo circuitoso e codardo. L’ironia è tragica
Per fortuna c’è la Wikipedia in lingua inglese o per imparare qualsiasi cosa dovrei fermarmi a far salotto con il bagaglio emotivo di qualche blogger
Bene, sei venuta ripetutamente a dirci che il post fa schifo. Buono a sapersi, ma era chiaro fin dal tuo primissimo commento. Forse continuare a ribadirlo ti aumenta il rilascio di endorfine, ma noi non siamo tenuti a sopportare il martellamento di balle. C’è gente che viene qui per seguire una discussione, non per imbattersi nei narcisismi tipo: “Ehi, guardate qui, guardatemi tutti: gliene dico quattro ai Wu Ming!”
Ragion per cui, vai a trollare da un’altra parte. La rete è grande, la vita è breve e ti abbiamo già dedicato troppi minuti.
Questa discussione ha una sola regola: può partecipare soltanto chi ha visto il video. Intervenire senza averlo visto è come parlare in cinese a un convegno dove la lingua dello scambio è il tedesco.
D’ora in avanti, i commenti sul genere: non ho visto il video però… verranno bloccati e il commentatore verrà invitato a guardarsi il video, o a rinunciare al commento, ché mica gliel’ha ordinato il dottore.
Hai risposto al post sbagliato
??
Adesso è quello giusto
Boh.
Massì dai, il commento tuo era attaccato al commento sbagliato (cioè non al mio). L’hai cancellato (rendendo orfano il mio “Hai risposto al post sbagliato”) ed è venuto fuori questo thread inutile. Non è che perché ho criticato il post adesso serve questa manfrina: cancella il thread e facciamola finita
Ma “rendendo orfano”… cosa? Non è perché ti abbiamo cazziata che adesso serve trollare… E non cancelliamo niente, a volte anche un thread così serve a far capire quanta fatica serva a mantenere una discussione intelligibile.
“[…] Comunque l’hai trovata – mi dicono – e hai fatto la cosa più saggia di fronte a un branco di robocop scatenati: darsela a gambe. […]”
Secondo me questa è una questione di lana caprina. Diecimila persone non avrebbero potuto “darsela a gambe”. Anzi: non “hanno” potuto darsela a gambe. Per singoli individui era certo una opzione realistica, per tutti no. Anzi, in momenti come quelli è doveroso che almeno qualcuno non si faccia prendere dal panico e faccia argine (= “rallenti”) all’avanzata dei robocop in divisa. Se no i morti ce li giocavamo già là.
Per il resto, chapeau per tutto!
Guarderò il documentario stasera, ma la controinchiesta la conosco molto bene ;-)
besos,
c.
Sia chiaro: anche dal mio punto di vista la questione sta come la metti tu. Io ancora ringrazio chi aveva pietre sottomano e le ha lanciate a pioggia sulla marea nera che ci attaccava. Senza quella pioggia – e altre mosse analoghe – il mio darmela a gambe non sarebbe bastato (e anche così ho rischiato di rimanerci calpestato, schiacciato, travolto)
Però ho scoperto, in questi undici anni, che a metterla giù così un sacco di gente non capisce cosa intendo dire, la lana caprina diventa un teorema di geometria algebrica, arrivano comunque a dire che chi stava in Piazza Alimonda, dopo le prime cariche, ha “accettato la logica dello scontro” e via discorrendo. E ripeto che a dirlo è gente che su molte altre questioni, quelle che ho elencato più su, è d’accordo o si lascia convincere senza difficoltà. Allora mi chiedo se non ci sia un errore di impostazione, di “frame”, nel punto di vista che cerco di far passare.
Nel merito: ho letto con attenzione alcune tra le controinchieste suggerite e ne sono uscito piuttosto scettico. Mi sembra che qui manchi proprio il metodo. Un esempio: si basa tutta una lunga analisi sulla ferita alla fronte di Carlo sulla seguente affermazione:
“Il tipo di ferita al centro della fronte lascia pochi dubbi sulla violenza del colpo: non è materialmente possibile che una ferita lacero-contusa di questa rilevanza si sia prodotta senza lasciare tracce sul tessuto, se il tessuto copriva la fronte.”
Non è così che si fa: si recupera un tessuto analogo a quello del passamontagna, si testa contro un materiale con caratteristiche simili al cranio e si misura il fatto che di danni al tessuto non se ne vedono. Dire che “non è materialmente possibile” è un’assunzione ingiustificata che inficia tutta l’analisi. Vorrei essere chiaro su questo punto: non sto contestando le conclusioni, non ne ho la competenza, ma il metodo: se le conclusioni sono basate su affermazioni di questo tipo allora non sono dimostrate.
Ho notato questa cosa perchè mi è capitato in montagna più di una volta di farmi male senza rovinare i pantaloni in nessun modo, o di incastrare cadendo (quindi 80kg di peso) del pile tra l’attrezzatura e spuntoni di parete di nuovo senza danni, ma questa è comunque una mia opinione: il punto è che le cose vanno dimostrate empiricamente, altrimenti rimangono delle affermazioni di parte prive di supporto oggettivo.
Un altro punto, più tecnico e forse ancora più incisivo, vale per un’altra analisi : mancano tutti gli errori, cioè l’intervallo di validità dei numeri che si fanno. Affermare che “la velocità d’uscita è supersonica: 390 m/s.” senza dire qual è la varianza, o i parametri secondo i quali questo numero cambia equivale a fare affermazioni prive di senso.
Direi che da queste cose emerge tutto il dilettantismo di queste “controinchieste”, che, lo dico senza sarcasmo, mi ricordano certe “inchieste” fatte sugli attacchi del 09/11 per le quali gli americani si sono attaccati da soli.
Considerato che credo che a tutti interessi la verità, e che c’è già un pregiudizio basato sul fatto che il “controinquirente” non è certamente una parte terza, direi che sarebbe meglio essere più rigorosi.
Uhm… No, devo dire che a me ricordano di più la controinchiesta dal basso su Piazza Fontana: condotta in larga parte da non professionisti, forse conteneva non poche sbavature e congetture, ma di certo servì a far capire che la verità ufficiale (quella sul “mostro” Valpreda) non stava in piedi. Lo scopo principale non era fare una ricostruzione a prova di bomba (impossibile, stante la segretezza di molte informazioni e il muro di omissis attuali e potenziali), bensì mostrare le lacune, le aporie, le stupidaggini alla base della ricostruzione dominante. Fu anche grazie a quei militanti dilettanti e non-di-parte se venne abbandonata la “pista anarchica” (che oggi si cerca surretiziamente di reintrodurre, ma quello è un altro discorso).
Tra l’altro, il paragone con le teorie del complotto sull’11 Settembre mi sembra poco rigoroso. Le controinchieste su Genova alcuni punti fermi li hanno stabiliti: la camionetta non era isolata né bloccata, Carlo era più distante dal defender di quanto sembri nella foto più famosa, la pistola era già puntata prima che Carlo raccogliesse l’estintore, l’estintore era lo stesso che si vede poco prima lanciato *dalla* camionetta, ci sono state mosse per impedire che il corpo di Carlo venisse fotografato, i depistaggi sono iniziati fin da subito, in piazza erano presenti più corpi di pubblica sicurezza e alti ufficiali etc. Questo, sinceramente, non può essere definito “complottismo”.
Dico solo un’altra cosa: se si parla di dilettantismo, mi sembra che la ricostruzione del sasso che devia il colpo, oggi verità giudiziaria su quell’episodio, sia di un “dilettantismo” ben più grave.
Comunque, chi ha lavorato per anni sulle immagini di Genova, sui materiali dei processi e sulle perizie e controperizie, sollevando interrogativi e cercando di mantenere aperte questioni che si sono volute chiudere in fretta e furia, ha a disposizione questo spazio per risponderti.
@unitxx
Ciao, sono l’autore di quella frase:
“Il tipo di ferita al centro della fronte lascia pochi dubbi sulla violenza del colpo: non è materialmente possibile che una ferita lacero-contusa di questa rilevanza si sia prodotta senza lasciare tracce sul tessuto, se il tessuto copriva la fronte.”
Non hai torto, sono sbagliati i verbi, andavano declinati al doppio condizionale.
E’ possibile in certi casi spaccare una testa anche senza intaccare significativamente il tessuto che la copre. L’ho realizzato dopo un confronto approfondito con medici di pronto soccorso.
Andavamo di fretta in quel periodo (era la sera del 19 luglio 2006, credo) e questo è uno degli aspetti su cui non c’è stata revisione editoriale.
Ma attenzione, la questione non si sposta di una virgola: come faceva Lauro a sapere che un sasso poteva aver giocato un ruolo nella morte di Carlo se non aveva ancora visto la ferita in fronte?
E se invece l’aveva vista, quando questo era successo?
E’ questo che indicavo come problema, il fatto che il tessuto era integro è solo uno degli aspetti funzionali alla dimostrazione, infelicemente focalizzato Oggi gli darei un peso molto più marginale.
Il “core” della faccenda è che, a meno di una rottura del continuum spazio-tempo o a meno che Lauro sia un precog, lui già sapeva della ferita in fronte prima che lo sapessero i soccorritori che per primi videro la ferita in fronte. E non avrebbe dovuto saperlo.
Siamo certamente dei dilettanti che, senza alcun diletto te lo garantisco, hanno cercato di farsi carico di alcuni aspetti che pochi volevano affrontare.
Non ci siamo sempre riusciti, avremmo potuto fare meglio. E’ un cruccio che mi perseguita da 10 anni.
Grazie della convincente risposta.
Mi scuso per la scelta infelice del termine “dilettante”, che per la sua radice semantica può risultare offensivo in questo contesto. Volevo intendere che a volte la passione non basta, ci vogliono anni di studio per acquisire alcune skills.
Hai scritto tu anche l’articolo “Le Pulci della Daloiso”? Nel qual caso avrei un bel po’ di domande, in quel caso più lo leggo più mi sembra che il ragionamento sia molto lacunoso.
No, quel pezzo non l’ho scritto io, è tutta farina del sacco di Gin, che non sento da molto tempo. Mi stupisce che tu abbia domande, è forse il pezzo più inattaccabile. Ma chiedi pure se le ritieni di interesse per il 3d. Se posso e se Gin non è nei paraggi e batte un colpo, cerco di risponderti.
Però stiamo sulla sostanza e lasciamo fuori dalla porta il frame “o si è precisi o si sta zitti” e “servono i tecnici per poter parlare”.
I “tecnici titolati” purtroppo li abbiamo conosciuti e hanno prodotto questo http://goo.gl/5Gky0.
E’ anche contro questa vergogna che sono nate le controinchieste, che sono per definizione in progress, cioè vanno valutate per quello che dicono nel momento in cui lo dicono. Vanno storicizzate, come ogni altra cosa.
I primissimi pezzi del 2002 furono fatti con una frazione infinitesimale del materiale che poi è emerso negli anni, e mentre i pezzi venivano scritti c’erano percorsi giudiziari che iniziavano (Diaz, 25, Bolzaneto) o morivano (P.zza Alimonda) e inoltre erano scritti anche con una certa rabbia in corpo per quello che avveniva.
Non eravamo precisi no, manco per niente, e tiravamo quello che avevamo, poco o tanto che fosse con la maggior precisione possibile date le circostanze. Eravamo pochi e ancora rintronati, dall’altra parte avevano schierato persino il genio guastatori, col mestolo di cogne in mano. Cazzo dovevamo fare?
Hmm. Allora: “servono i tecnici per poter parlare” è diverso da “o si è precisi o si sta zitti”.
Sono d’accordo con te che avere una laurea o essere un professionista in un certo ambito non è sinonimo di competenza (domani mi leggo l’articolo linkato).
Sulla seconda affermazione invece sono in disaccordo totale: essere il più possibile impeccabili è importante sia eticamente (e, ok, chissenefrega) che per lo scopo che mi sembra che ci si prefigga. Secondo me è molto peggio un ragionamento sbugiardato che una verità non completamente dimostrabile taciuta nel senso che con una mezza dimostrazione converti i già convertiti, e fallisci il tuo scopo di convincere tutti gli altri.
Questo di principio, poi non conosco le situazioni che avete passato, per cui è ovvio che potrebbe essere il meglio possible date le circostanze, come già detto a WM1 non mi permetterei mai di mettere in dubbio il valore complessivo del vostro lavoro.
Riguardo all’articolo Le Pulci della Daloiso non so se serve al 3d porre questioni, forse stiamo andando troppo in dettaglio e comunque OT. Le butto lì: non credo che diano fastidio e al limite rimarranno senza risposta, non mi sembra una tragedia.
I punti principali che mi sono venuti in mente sono 3:
1) Quando viene prodotto il suono di uno sparo? Riformulo: dov’è il proiettile quando il suono di uno sparo ha origine? Potrebbe aver già fatto parte del suo percorso e quindi giustificare parte del mancato ritardo in frames. Nell’articolo si da per scontato che quando il proiettile esce dalla canna il suono viene prodotto, ma non è così ovvio se ci pensi.
2) Qual è il profilo in ampiezza del rumore di uno sparo? In particolare quanto dura e dov’è il picco? Qui si sta parlando di pochi decimi di secondo di scarto: è possibile che il suono percepito sia il picco ma che l’origine (vedi punto sopra) sia un po’ prima.
3) Mancano tutti gli errori. Su questo si potrebbe farci un trattato, ma, in breve, non è che se uno fa due divisioni e moltiplicazioni tra tempo e velocità il risultato è fisicamente corretto. E’ importante capire quali sono gli errori (tra cui i punti 1 e 2, forse) e vedere come si sommano. Magari fanno 3 frames e mezzo.
4) (meno convincente) Quanto siamo sicuri che il video sia sincronizzato con l’audio? Il fenomeno fisico di registrazione è diverso per i due canali audio e video, e sono diversi i circuiti. E’ possibile che la macchina da ripresa in questione abbia uno scarto sistematico di uno o due frames? Sì, no, perchè?
Uh, sulle questioni tecniche cerco di reperire Gin e invitarlo qui.
Ti confesso che non mi fanno sangue, sarà che mi sfugge il punto.
Sulla “precisione madre della persuasione” invece dico una cosa, perché è un demone che ho frequentato e ci ho fatto a cazzotti spesso.
La persuasione come metodo non mi persuade.
Non mi ha mai persuaso.
L’idea che una volta che tutti fossero a conoscenza della verità allora…..
Allora un beato cazzo. Vediamo e sappiamo solo quello che vogliamo vedere e sapere, e per molto tempo Genova non è stata nel novero.
Nel 2002 chi non c’era stato non poteva capire e chi c’era stato non ne voleva parlare.
Il destino pareva segnato, tutti andavano “oltre”. Agilissime avanguardie volevano “Oltrepassare Genova” come si salta un fosso.
E invece era un mare. Di merda. A perdita d’occhio.
Quelle in Pillola Rossa sono state inchieste virali e incrementali, nate in un ambiente di rete, tra gente che prima non si conosceva e correndo contro il tempo.
Lo scopo non è mai stato far esclamare: “Minchia, che bel pezzo, impeccabile, questi hanno ragione!” Mai cercato il “like”.
Era invece contaminare/infettare il maggior numero di persone possibili, far esplodere le domande, espandere le controinchieste, profilare meglio gli autori del massacro, estrarre il succo di quanto era successo, evitare se possibile le repliche.
Insomma, cerchi di essere il più preciso possibile, di fare la punta alle tue frecce in modo che siano molto affilate, ma poi arriva il momento in cui devi tirarle e non lo scegli sempre tu.
E poi è literatura de cordel, in fondo. Non deve finire in nessuna biblioteca.
Lo so, sono il solito stronzo scassaminchia.
Ma a me queste puttanate da anatomo-patologo di C.S.I New York mi fanno andare il sangue in testa.
Senza i materiali filmati e le controinchieste e il lavoro sul campo dei legali, saremmo qui a raccontarci una storia ancora molto più merdosa di questa, anche se sembra difficile. Proponiti come sceneggiatore di RIS 6, 7 e 8.
Per il resto hai ragione su tutto.
Kennedy l’ha ucciso Oswald con un proiettile ballerino e un fucile della guerra.
L’11/9 l’hanno fatto 20 scoppiati che hanno imparato a portare l’aereo alla playstation.
La bomba a P.zza Fontana l’ha messa Valpreda.
E per ultimo ti dò una chicca: la stazione di bologna l’ha fatta Carlos. No Carlos Santana, che però pure lui…, no, proprio Carlos.
L’ha detto Cossiga, se non lo sapeva lui..
L.
“queste puttanate” sono il metodo scientifico, e non lo conosci perchè su italia 1 non lo danno. Ed è particolarmente indicativo del tuo livello culturale il fatto che la prima cosa che ti sia venuta in mente sia CSI: ti consiglio quindi di informarti guardando il tg1, ti troveresti più a tuo agio con un pastone premasticato di verità da digerire acriticamente.
Ok, botta e risposta, potete anche chiuderla qui o proseguire in modo più costruttivo. Per me è un doppio passo avanti che unitxx abbia ritenuto convincente la risposta di Franti a una delle obiezioni che sollevava, e che abbia riconosciuto di aver usato un termine infelice. Ed è positivo che uno segua la discussione mentre si sta leggendo e rileggendo alcuni dei testi linkati.
Però ribadisco umilmente il mio monito: una controinchiesta svolge la sua funzione minando l’effetto di verità di una narrazione ufficiale, quindi ne contesterà le aporie, le contraddizioni, ne mostrerà il dispositivo, le forzature concettuali… Questo le controinchieste “grassroots” su Genova lo hanno fatto. Su Piazza Alimonda non sono riuscite a incrinare il senso comune, ma su altri eventi genovesi sì, e hanno avuto anche ricadute positive nella battaglia giudiziaria. E’ giusto vagliare ogni elemento e pretendere rigore, solo che per capire il rigore di una controinchiesta bisogna sempre guardarla anche nel suo insieme, guardare al complesso degli effetti di verità che riesce a mettere in crisi. Bisogna guardarla con un approccio il meno possibile meccanico-riduzionistico.
Spero di essermi fatto capire, vorrei solo che fossero riconosciuti i meriti di queste persone che si sono sbattute per anni a fare un lavoraccio da incubo (letteralmente da incubo), per conto di tutti quelli che non avevano lo stomaco o il tempo di farlo.
Capisco quello che vuoi dire, ma in effetti non volevo mettere in dubbio l’intera controinchiesta, anche per la semplice ragione che non l’ho letta tutta.
Le cose che ho visto hanno qualche punto debole, ma questo non significa che tutto il lavoro sia da buttare o che sia privo di un valore civile di rilievo.
Diciamo che intendo le mie osservazioni come la trasposizione in questo ambito di una peer review e quindi, almeno per me, vanno ad aumentare il valore dell’analisi e non a diminuirlo. E’ un approccio un po’ troppo scientifico forse, ma questa è la mia formazione.
OT
@ unitxx
non conosco la tua formazione, ma il metodo scientifico non è solamente la riproduzione di un evento e se questo si replica n volte (con tal dei tali deviazione standard) allora l’evento osservato è verificato. Questo lo facevano Newton e Galileo, e imbrogliavano pure un po’.
Esistono, su qualsiasi argomento e in medicina non te lo dico proprio, un’enorme quantità di dati in letteratura che hanno già visto, verificato, riprodotto e di fronte a un caso isolato la buona pratica è di riferirsi alla letteratura per il confronto. Limitare la “verità empirica” al riprodurre di condizioni non è molto affidabile. Senza il confronto con la mole di dati già disponibili avresti solamente 2 o più casi isolati, invece di uno (narrativa, un po’ come quando tu racconti che se cadi non ti si strappano i pantaloni).
Sono convinta, e so, che gli esperti che hanno contribuito alla controinchiesta ha applicato la propria esperienza e questo metodo. Poi chi ha raccolto e trascritto, non ha pensato di indicare l’errore nello sparo, ma non dimenticare che il tutto è rivolto ai non esperti, che di questa indicazione se ne fanno poco, anzi nulla.
@ luca
mi hai tolto le parole dalla tastiera :)
Certo che se parti dicendo che newton barava… :)
Comunque: Daniela, l’hai letto l’articolo? Perchè il punto, semplicemente, è che il “matematicamente impossibile” dell’articolo è falso. E’ possibile eccome: magari non è accaduto, ma non è escluso che si siano accumulati quei frame di ritardo e finchè non me lo si dimostra per me rimane possibile.
Tra l’altro vorrei farti notare che con Franti ci siamo trovati d’accordo sul fatto che l’affermazione sulla ferita impedita dal passamontagna era falsa anch’essa. In quel caso ci sono alternative che tengono in piedi il ragionamento, ma non era ovvio.
Non vedo cosa c’entri la letteratura o l’esperienza. Mi sembri un po’ confusa sul tema: quando servono “le moli di dati” (oddio) si citano, mica le dai per scontate.
credo comunque che l’anatomia di strategie militari in piazza siano cose che non vadano mai dimenticate, come soprattutto carlo. ma una cosa che e’ offuscata di genova e’ il perche’ stavamo tutti li e perche’ oggi non sia cosi’ sentita tra le 300k persone che c’erano, che dovrebbero essere di piu’…
ha vinto la repressione? se due sentenze dopo 10 anni si sono espresse in quel modo verrebbe da dire di si, ma a chi gli frega delle sentenze? di sicuro a chi ora sta in carcere, di sicuro a tutti un po’. e’ che a me personalmente non importa solo di quello importa sicuramente far capire che una vetrina non soffre e non ricorda… mentre una persona si, tutto questo e drammaticamenteriesce pure a dimenticare… dimenticare anche perche’ stava li forse.
Se lo chiede ancora lo sbirro come facevano certi dimostranti a stare a petto nudo con tutto il fumo di quei gas CS, insostenibile… forse perche’ stavano resistendo….
perche’ forse siamo agnostici e in qualcosa quel giorno si credeva tutti assieme.
Cmq una differenza tra buoni e cattivi temo che a un certo punto mi sento di farla pure io, perche’ quando vedo quelle immagini di questi che picchiano con i tonfa impugnati al contrario, che si lanciano con le camionette sulle persone, poi tutte le falsita’ della diaz smentite solo dalle immagini dei compagni…
a 10 anni magari migliaia di persone non si parlano perche’ non riusciamo a ricostruirci reti di mutue soccorso perche’ le nostre vite sono trappole costruite da questo mondo delle sacre vetrine che ancora oggi… no vabbe’, chi sono i cattivi?
torno a giocare a street fighter
[…] riscontriamo da anni, e lo abbiamo visto con maggiore intensità nei giorni scorsi, dopo le ultime sentenze della Cassazione sui giorni del G8. La “camionetta isolata e bloccata”, un estintore (vuoto) trasformato in […]
Forse uno dei punti su cui fare leva per diffondere la contronarrazione sta in una differenza fondamentale, che forse in molti (stile quelli citati da Wu Ming 2) potranno condividere e che rientra parzialmente nell’annoso ed irrisolto dibattito violenza – nonviolenza.
Da un lato c’è il manifestante, singolo cittadino responsabile delle sue azioni, che decide personalmente se darsela a gambe o reagire in maniera violenta (ed è consapevole delle conseguenze che questo può avere – conseguenze che però non possono essere sproporzionate rispetto all’atto commesso come accaduto nella recente sentenza). Dall’altro un funzionario statale che che agisce in nome e per conto dello Stato (che ci piaccia o no lo stato, il suo lavoro è comunque quello). Quoto da L’orrore in piazza Alimonda (giusto per citare anche altre fonti e non limitarsi solo alle recensioni del video):
*Per spaccare la testa ad un moribondo servono motivazioni in più. Serve un odio personale, privato, che dissolva i limiti del pensabile e porti a compiere una cosa talmente scellerata da non poter essere gestita. Da DOVER essere taciuta.
Talmente abbietta da dover essere coperta con una archiviazione sgangherata che cozza contro tutte le leggi della fisica, della logica e della decenza.
Non per difendere un sottufficiale o un ufficiale, ma per la ragion di stato.
Per non essere travolti, tutti loro, da un uragano di indignazione e di rabbia….*
L’odio personale nel caso dell’*impiegato pubblico* non ci può e non ci deve stare e la responsabilità non è solo del singolo, non si tratta di reazioni o iniziative di poveri giovani agenti mandati allo sbaraglio, il coordinamento e le decisioni contano. Per quanto scomposta sia stata l’azione delle forze dell’ordine nel caso di piazza Alimonda *non sono dei fessi e basta* come ha scritto bene Franti, e la catena di responsabilità, come tutti noi bene sappiamo, porta su su dritta fino al Ministero dell’Interno:
*Tra le 17.15, quando parte l’ordine a Gaggiano di attaccare definitivamente, e le 17.27 quando un plotone di carabinieri in rotta uccide Carlo Giuliani ci sono solo 12 minuti. Non è un crescendo naturale di scontri che culmina con la morte di un manifestante. Non si tratta di dissennate iniziative personali, ma ordini precisi, anche se dati malamente via radio e/o eseguiti peggio.
E’ la massima autorità di ordine pubblico a Genova, permanentemente collegata col ministero dell’interno, che decide di farla finita.*
Altro punto – o sottopunto- forse largamente condivisibile è la non accettabilità dell’equazione gestione di ordine pubblico=guerra che il tenente dei carabinieri spiattella, come fosse la cosa più normale del mondo, verso la conclusione del video (…cambia solo lo strumento dell’offesa…) e che è sottolineata ancora da L’orrore di piazza Alimonda:
*Nessun tribunale ha mai chiesto conto di questi ordini. Nessuno ha ancora chiesto al questore Colucci come fu che in un giorno di Luglio del 2001 il più grande spiegamento di forze dell’ordine che si fosse mai visto in Italia attaccò ripetutamente un corteo autorizzato come se si trattasse di un esercito invasore. Ma questo accadde.
Chi ha materialmente premuto il grilletto della beretta 92 dentro il defender non è che il terminale di una scelta precisa di gestione dell’ordine pubblico. Una scelta militare che a partire dal pomeriggio del 20 Luglio si dispiegherà producendo lutto, sangue e gli orrori della guerra tutti: dalle umiliazioni psichiche e fisiche sul corpo dei prigionieri nemici rastrellati a casaccio, allo sfregio sul corpo dei nemici uccisi.
Non più operazione di ordine pubblico, ma una volta rotti gli argini, ordalia senza freni in cui ogni residuo principio di legalità viene spazzato via.*
Scusate il disservizio, per tutta l’ultima ora il server è stato lentissimo e a un certo punto è quasi collassato. Adesso è ripartito, ma è possibile che ci siano alti e bassi per il resto della giornata. E’ che questo post è stato “preso d’assalto”, seppure con le migliori intenzioni. A un certo punto abbiamo superato le 1500 connessioni simultanee, una roba mai successa prima (mentre scriviamo sono 312), e in quello stesso frangente sono arrivati molti commenti, quindi il database ha dovuto lavorare parecchio. Un problema, e al tempo stesso un buon segno. Si vede che c’era voglia. Si vede che ci voleva.
[…] vigilanza mediatica. E tra i tanti interventi per ricordare Carlo Giuliani, quello del collettivo Wu Ming. Scrivono: “Tutto quello che la maggioranza degli italiani sa della morte di Carlo è falso. Lo […]
peccato che il buon Savio sbagli il senso della “vigilanza mediatica” di cui parlate:
la necessità di una “vigilanza mediatica”. Vigilanza “contro qualunque tentativo di allargare l’inquadratura e, al tempo stesso, inserire l’episodio nella sua temporalità, nella concatenazione di eventi di quell’orribile pomeriggio”.
ma perché deve rovinare tutto così, alla fine, sbagliando a copiare?
vabbè…
comunque c’è tremendamente bisogno di allargare l’inquadratura sui morti di stato e le stragi di stato.
A scanso di possibili equivoci (non da parte tua, ma sempre eventuali): il pingback quissopra porta al blog del giornalista Carmine Saviano, non a quello di Roberto Saviano :-)
Avevo già visto il video in una presentazione fatta da Giuliano Giuliani se non sbaglio ad inizio 2007.
L’ho rivisto, naturalmente, per rinfrescarmi la memoria ed evitare commenti a caso.
Credo che i più grossi ostacoli che incontriamo nello scalfire il discorso dominante su Genova 2001 dipendano, nonostante il valore di inchieste come questa, dalla “nostra” debolezza politica. O almeno, questa è la causa che ha portato molti dei 300.000 di allora all’afasia, se non alla ricerca di rimozione di quei giorni.
Tutto questo, nella mia esperienza, non era un fenomeno visibile nei primi 2-3 anni del dopo Genova. Quando ancora, seppur malconcio, un movimento c’era ed esisteva pure una speranza di cambiamento politico.
In seguito, davanti al clamoroso infrangersi delle proposte,delle speranze di quel periodo, molti hanno preferito più che sentirsi “dalla parte della ragione”, non sentirsi “dalla parte dei perdenti”. Davanti alle palesi ingiustizie che viviamo nella realtà lavorativa, sociale, economica, senza una sponda politica (in senso lato, non solo partitica sia chiaro) come far passare a distanza di anni che Genova in realtà è stata una trappola in cui è caduto un movimento radicale, variegato seppur ancora piuttosto ingenuo? Con i grandi media che ti remano contro (e che usano certe inquadrature invece di altre per falsare un discorso), con una realtà sociale e politica che negli anni è andata sempre più a sfaldarsi, come è possibile non passare tutti come quel ragazzo che nel video testimonia l’uccisione di Carlo ma a cui nessuno in quel momento può/vuole credere?
C’è poi l’altro scoglio citato da WM2 che è ancora più difficile da superare e che sfocia nella solita questione violenza/non-violenza: “tu quei giorni sei scappato, non hai accettato lo scontro”. Insomma, sei una vera vittima solo se ti massacrano, come alla Diaz, ma non in un contesto di piazza in cui paghi sempre una specie di peccato originale. Temo, come diceva qualcuno più sopra, che sia molto difficile far comprendere a chi non l’ha vissuto cosa si prova nel momento in cui sei caricato ingiustamente anche solo col gas. La tensione, il senso di soffocamento, non capirci più niente e un senso di ingiustizia subita che non si sa dove ti può portare e che devi cercare di dominare razionalmente…come si fa a giudicare se non ci si è passati?
questo post mi sembra importante. Forse la ragione del tornare a casa, del rimuovere era più profonda e aveva/ha a che fare con la sconfitta vera che è successiva, una serie di ko nel tentativo del movimento di trovare una chiave di lettura nella consapevolezza nuova del dopo 11 settembre.
Quando gli USA sono saltati alla gola dell’Afghanistan e dell’Iraq si è capito -credo- che il movimento di Manu Chao in piazza e persino dei black era in qualche modo cancellato da un evento gigantesco che ancora adesso traccia un solco tra un “prima” e un “dopo”. Eppure tanta gente è andata in piazza, c’è stata opposizione vera, e adesso qualcosina sta tornando fuori, cercando forme nuove, come occupyWS. Io credo che dobbiamo fare i conti col fatto che questo potere, pur di salvarsi, è disposto a muovere 100 MILIARDI di euro (190.000.000.000.000 lire circa dico giusto?) per salvare un sistema allo sfascio e prendere un po’ di tempo prima dell’inevitabile grande bang. Da qui, credo, bisogna ripartire: dalla coscienza del limite e dal fatto che da Genova in poi nulla è cambiato, il dispositivo di controllo è disposto a usare nuovamente quei metodi se chi è abbastanza in alto glielo ordina. E allora, cosa facciamo? Da allora io sono sempre andato alle manifestazioni sapendo che ero uno dei pochi con gli occhi aperti in mezzo a un gregge con gli occhi chiusi, di gente convinta che non può succedere, loro sono buoni quanto noi. Cazzate. Io sono il pastore abruzzese, quello che muore per difendere il gregge dal lupo o dall’orso. Ma non è la strada giusta, dobbiamo riuscire contemporaneamente a lanciare una sfida mortale al potere e portare in piazza le pecore, gli inidifesi e le inidifese, perché altrimenti qualsiasi vittoria sarebbe monca, sarebbe uno specchio della loro vittoria perché anche perdendo ci avrebbero trasformati in una loro estensione /continuazione (il potere ci sarebbe grato per averlo rinnovato).
Ho l’impressione che il vero “decennale” non sia stato quello del 2011, ma lo stiamo vivendo ora. Non sempre i cicli di elaborazione rispettano le cifre tonde delle ricorrenze. I calendari ci provano, a scandire e ingabbiare il tempo, ma quello è una bestia mutaforma che si torce, si allunga, si svertebra e sfugge dalle griglie.
per come la vedo, l’anniversario di qualsivoglia avvenimento è “narrazione tossica” per antonomasia.
Qualcuno/Qualcosa ti dice che devi ricordarti di un certo evento, gli enti pubblici ti danno soldi per ricordare quel certo evento, e di solito il ricordo, negli anniversari, ha una cornice predefinita, è un copione già scritto.
Al tempo, degli anniversari non importa proprio niente…
pensavo che è di nuovo venerdì 20 luglio, e forse (anche) per questo riviviamo tutto quest’anno…
L’origine della narrazione tossica (che è funzionale alla costruzione della “verità ufficiale”), su quello che accadde in Piazza Alimonda e sugli eventi precedenti, è da individuare nella strategia della menzogna sistematica messa in atto dagli uomini Stato in tempo reale.
Il 20 luglio 2001 il corteo si trovava sul percorso autorizzato.
La carica dei carabinieri non aveva giustificazione alcuna.
Dalle 18:00 di quel pomeriggio e per lungo tempo la comunicazione del potere statale ha nascosto questa semplice verità, intossicando tutto.
Questore, vertici di polizia e carabinieri, ministri, vice presidente del Consiglio (presente in caserma) Presidente del Consiglio (sicuramente, dimentico qualcuno), sapevano qual’era la verità.
Tuttavia, si preferì la menzogna.
Il resto viene di conseguenza: le salmerie seguiranno.
E così è stato, media mainstream embedded, hanno lavorato su questa menzogna originaria trasformandola in verità ufficiale.
La legittima difesa dei carabinieri, la violenza dei manifestanti, la criminalizzazione dei manifestanti, la distruzione della persona di Carlo Giuliani, diventano la verità ufficiale.
I rappresentanti de gsf durante l’audizione in sede d’indagine conoscitiva parlamentare documentarono che il corteo si trovava su un tratto autorizzato.
Non servì a molto, il sistema dei media rimase quasi indifferente.
Le sentenze del Tribunale e della Corte di Appello di Genova sui 25 partono proprio da questo dato di fatto per affermare l’illegittimità di quella carica dei carabinieri; si accerta, tra l’altro, che molti carabinieri erano in piazza con armi improprie (aste di metallo ricoperte di nastro isolante nero, infilate negli stivali camuffate da manganelli).
Mi sento un po’ in imbarazzo a scrivere, mi ricollego a quanto detto nei primi commenti da wm2.
Lo scoglio è insuperabile. Se si creano le condizioni per scontrarsi con la polizia, sapendo che agirà in maniera criminale, si agisce da martiri. Devono cambiare le condizioni. Il martirio fatto in quel modo potrebbe portare un giorno a situazioni diverse. Riuscire a far capire che quelle persone in piazza stavano in piazza, o almeno ci credevano, per tutti. Ma riuscire a far partecipi gli altri dell’idea che esiste una lotta, nel momento in cui le condizioni di vita non necessitano la lotta, mi pare impossibile. Egoismo. A un certo punto, smontate le disinformazioni rimane chi è d’accordo e chi no, chi c’era e chi non c’era e non ci sarebbe andato comunque.
C’è un assioma tanto scontato quanto terribile nel suo essere spietato. Lo Stato detiene l’esclusiva sull’utilizzo della violenza. E’ un assioma fondativo, senza il quale probabilmente lo Stato non esisterebbe. Lo Stato amministra, governa, mantiene la sua sicurezza tramite l’utilizzo esplicito o implicito della violenza e della coercizione.
Spostiamoci ora a Genova 20-21 luglio 2001.
Possiamo prendere alcune angolature “ideologiche” per vedere macroscopicamente (e volutamente superficialmente) quanto accaduto:
Il punto di vista del cittadino catodizzato (la narrazione dominante): “Un branco enorme di scatenati e puzzolenti mettono a ferro e fuoco la città. In questo contesto le forze dell’ordine sono costrette ad utilizzare la violenza per arginare la devastazione! In questo ci scappa qualche testa rotta, qualche ossa fracassata e un morto, che in fondo se l’è cercata.”
Il punto di vista dello sbirro: “Coincide più o meno con la visione del cittadino catodizzato. Non si pone domande, è pagato per non porsele, bensì per obbedire. In un contesto violento il nemico viene demonizzato, reso un mostro, per poter agire e giustificare la violenza usata. In quel momento si è in guerra e bisogna servire lo Stato!”
Il punto di vista del manifestante: “ Sono a Genova per contestare un pugno di potenti che amministrano il male del mondo. S’incontrano chiudendo e blindando per summit una città, impedendo la libera circolazione con spese stratosferiche e uno sfarzo senza senso. Alla faccia della povertà nel mondo! Succede però che durante il corteo pacifico le forze dell’ordine intervengono fracassando ossa, rompendo teste, arrestando gente inerme. Una Caporetto!”
Mi scuso per le tre banalissime semplificazioni, ma possono servire per cogliere un leit motiv dominante e palese: lo Stato ha usato violenza contro i cittadini. Violenza brutale, fisica, psicologica sfociata nell’omicidio e nella tortura. Lo Stato applica il suo assioma fondativo, nei modi e nei tempi che ritiene più opportuno in quel dato momento storico.
Questo va al di là della narrazione, della presa di posizione ideologica, al di la che si sia uno sbirro, un no-global, un bravo cittadino catodizzato.
Lo Stato ha l’esclusiva sull’utilizzo della violenza e il cittadino non ha diritto di difesa anche se viene preso a manganellate, viene investito da mezzi lanciati a forte velocità contro la folla, viene torturano fisicamente e psicologicamante, gli puntano una pistola, gli sparano! Il cittadino è subordinato allo Stato.
… è tutto talmente mastodontico da togliere il fiato!
E’ bello avere questi vicini di cybercasa! Grazie, compagno proprietario del server! :-)
http://www.enttaeuschung.org/?p=7771
appena visto il video, la discussione l’ho seguita oggi da lavoro. beh in realtà praticamente nulla mi è nuovo del contenuto, ma contribuisco a diffonderlo.
confrontare l’assenza di sentenze con quelle dei giorni scorsi, il peso di un morto ammazzato, torture e vetrine..
E’ pieno di “sì, ma” l’intero discorso: l’estintore, la diaz, i compagni in carcere oggi. Bene fate voi wu ming a dare spazio a questi tentativi di disintossicare le narrazioni (sì ma ..un bel cazzo di niente ma)
A proposito dei “tempi di elaborazione” su Genova: sei anni fa (luglio 2006), quando Giap era ancora una newsletter, scrivemmo un pezzo pieno di link, intitolato: “Lui l’ha ucciso, col suo sasso. Carlo Giuliani sei anni dopo”. Linkammo siti di controinchiesta e, pensate un po’, “La trappola” (primissima versione del documentario). Un testo che oggi non scriveremmo più in quel modo… e infatti non lo abbiamo (ri)scritto in quel modo.
Sei anni fa non avevamo ancora trovato le parole giuste per fare autocritica, eravamo ancora incerti nell’elaborarla. Solo nell’estate 2008 siamo riusciti a buttare giù il testo che, dopo varie limature, pubblicammo sul sito nel marzo 2009.
[Lo so che lo conoscete già in tanti, echeppalle, però oggi stanno leggendo molti che forse visitano il blog per la prima volta, portate pazienza…]
Sei anni fa era un’altra epoca. Per limitarci alle questioni “nostre”, eravamo in pieno riflusso del movimento che aveva riempito le strade di Genova (2001) e poi di Firenze (2002). Genova era oggetto di rimozione da parte di moltissimi che c’erano stati – reazioni a cui molti commentatori hanno già accennato – e, diciamolo, quelli che continuavano con le controinchieste e il supporto legale erano visti un po’ come dei “fissati”, erano scomodi, si ostinavano a rammentare che la battaglia non finisce finché l’ultimo dei prigionieri non è tornato a casa.
Negli ultimi anni sono successe tante cose, e queste cose hanno “retroagito” su Genova, modificando il modo di guardare a quei giorni. Sempre per rimanere nello specifico dei movimenti, dall’inizio della crisi economica a oggi c’è stata l’Onda (un movimento non solo italiano, ma europeo), con la battaglia del 14 dicembre 2010; ci sono state le rivolte nordafricane e mediorientali, poi il Movimento 15 Maggio in Spagna, Occupy negli USA, l’insubordinazione greca ai diktat dell’UE, altri movimenti contro il debito, e c’è stata un’altra battaglia di strada, quella del 15 ottobre 2011. Ora c’è la nuova esplosione del vulcano sociale spagnolo. C’è stata la conquista di una visibilità nazionale da parte del movimento No Tav, il movimento più preso di mira dalla repressione. Tutte queste sollevazioni (mi piace usare il termine che dà il titolo a una collana curata da Bifo per l’editore Manni) sono nutrite dalla percezione sempre più acuminata e condivisa che sul corpo sociale viene esercitata una violenza *insensata*.
Una violenza che per molti di noi si è materializzata nel modo più diretto ed eclatante nelle strade di Genova, esattamente undici anni fa.
Questo spiega, almeno in parte, come mai si sia tornati a riflettere su quei giorni. Le due sentenze della Cassazione sono state la (in)tempestiva doppia scintilla che ha appiccato il fuoco alla prateria, ma probabimente sarebbe andata in fiamme lo stesso, magari tra qualche tempo, ma io sono certo che di Genova si sarebbe tornati a parlare, perché i cicli delle rimozioni a un certo punto si esauriscono, è il mondo intorno che ci impone di non rimuovere più, e all’improvviso riusciamo a ricordare meglio, ad affrontare il trauma. Di questo parlavo qualche ora fa al telefono con WM4, che oggi non è connesso ma credo interverrà appena possibile.
Niente, volevo solo condividere questi appunti, nati dal “ripescaggio” di quell’articolo del 2006.
perché la versione mainstream su Genova (la polizia ha esagerato, anche perché c’erano al governo le destre inumane, ma alcuni manifestanti se la sono cercata, e Carlo Giuliani era uno di loro) sia così lontana dalla verità mentre la versione mainstream su, che ne so? piazza Fontana (forze oscure hanno manovrato i fascisti per mettere le bombe, cercando di dare la colpa agli anarchici, senza riuscirci), lo é un poco meno? io ritengo sia anche perché, anche se adesso fa comodo scordarsene, alla versione poliziesca volta alla falsificazione (come sempre è stato e sempre sarà, finché un solo poliziotto avrà vita), non si é opposta da subito una ricerca leale della verità, ma cento rivoli di autogiustificazione per le varie componenti del cosiddetto movimento.
Caricando sui Black la responsabilità iniziale degli scontri (in altri luoghi e altri momenti rispetto a piazza Alimonda, beninteso) il Forum e tantissimi altri, che sarebbe ingeneroso elencare, hanno gettato le basi per quel mainstream che dicevo. Quelli che dicevano che sto Giuliani nessuno l’aveva mai visto, chissà chi era, che cosa ci dicono ora, di carlogiulianiragazzo? La combattività aumenta a mano a mano che il tempo passa (o in diversi casi, con l’aumentare dei chilometri). E alla fine tutti commemorano compatti, oggi. ma rileggiamo quel che si diceva allora, a caldo, quando tanti temevano la visita delle guardie e un’incriminazione come complici. Onestamente piuttosto che “tu che ti riempi”, non sarebbe equo scrivere “noi che ci riempivamo”? beninteso, il mio fine non é quello di fare oggi le polemiche che, peraltro ho fatto da subito, dal primo minuto. Ma di capire che se si parte divisi, ci si potrà ritrovare uniti solo al ribasso, nelle lacrime inani per il trapassato. Ai funerali, tutti i morti sono buoni e tutti i dolenti sono amici, chi non lo sa?
Però, sinceramente, mi sembra che la vicenda di Carlo Giuliani sia l’unica sulla quale (non subito, perché c’era troppa confusione, ma certamente dal mattino dopo) c’è stato un consenso minimo tra i vari mondi dell’antagonismo – famo a capisse – confluito a Genova, anche quando non c’era praticamente su nient’altro. Le voci su Carlo “punkabbestia” che “boh, da dove mai era sbucato” sono girate, le ho sentite anch’io con le mie recchie e lì per lì, stupidamente, mi sono fidato dell’autoctono che me le riferiva, ma a distanza di pochissimo tempo – nell’arco di poche ore – erano già svaporate e non ricordo che siano state il nocciolo della lunga e strascicata polemica inter-fazioni. Io e te, all’indomani di Genova, polemizzammo duramente su Indymedia – certo, sempre educati e forbiti, da gran signori! – ma mai su Carlo o su Piazza Alimonda. Chi era in via Tolemaide sapeva e sa che Piazza Alimonda *era* parte di via Tolemaide e andava inserita in quel contesto. E questo fin dai primi resoconti minimamente lucidi. Dopo le prime ore concitate, io non ho più sentito nessuno *del movimento* dire che Carlo non c’entrava o che se l’è cercata. Lo diceva e lo dice chi in quelle strade non c’è stato, ma per noi è stato fin da allora il morto di tutti. Se tu hai altri ricordi, può darsi che le tue frequentazioni o i tuoi scontri siano stati diversi. Per conto mio, sono sicuro di quel che rammento.
Tra l’altro, faccio notare che “Carlo Giuliani, ragazzo” (nome e cognome + attributo) è un’espressione messa in circolazione fin dal 21 luglio, e che il documentario di Francesca Comencini con quel titolo è di dieci anni fa. Nessuno tra i sostenitori di una qualunque delle anime del movimento (dalla più soft alla più hard) ha mai detto che la morte di Carlo riguardasse altri e che non fosse un morto anche suo.
Sì, è così. Carlo è stato considerato fin da subito un morto del movimento. A Genova non ero al corteo del Carlini e ho “dormito” al campo di Sciorba. Verso la mezzanotte fu organizzata un’assemblea del GSF in cui veniva spiegato chi era Carlo, come era stato ucciso e che il giorno dopo si sarebbe scesi in strada tutti col lutto al braccio.
Tutto questo in mezzo a fischi e provocazioni varie di personaggi piuttosto ambigui, ma questo è un altro discorso.
no, rammenti giustissimo. Però, dici bene. Che solo su questo frammento ( e poi anche sulla Diaz e su Bolzaneto, a dire il vero) c’è stata concordanza: solo zoomando. Ma se si allargava lo sguardo, allora quanti hanno detto che comunque la violenza nel suo complesso era stata scatenata da un tot di deliranti, se non di provocatori pagati, se non proprio di sbirri travestiti? E non ci si rendeva conto che se si assumeva questo presupposto, che i carabinieri avevano reagito “a una violenza ingiusta” (anche se magari scatenata da loro colleghi, per un perfido disegno kossighiano), l’assoluzione per piazza Alimonda e la condanna venata di comprensione umana per le torture e i massacri, ne seguiva?
E questo derivava dall’improvvida scelta fatta da capi e capetti, di escludere a priori la dimensione offensiva, escludendo i Black ( intesi in senso lato, ci intendiamo) dal programma delle piazze o meglio costringendoli a chiamarsi fuori (e questo in controtendenza rispetto al movimento mondiale, a Seattle, Nizza, Rostock), e quindi considerando i violenti come gente che era “fuori dal movimento”. Per cui era difficile POI difendere senza distinguo sia Giuliani sia i 25 inquisiti, dopo averli emarginati prima, a priori. E infatti anche nei tribunali l’uno e gli altri si sono trovati scoperti alla mercè della menzogna giudiziaria
E resta vero, prova a negarlo, quel che dicevo allora: che se si parlerà di genova fra dieci anni, sarà grazie a quelli che si sono battuti, mentre di tutto il resto dello stile di quel movimento, tutto sarà appassito e dimenticato
Perché c’è poco da fare, la radicalità è l’unica che non invecchia
Boh, lungi da me battagliare su quali pratiche saranno ricordate nei discorsi del 2022 e quali no. Mi sta pure bene la tua chiusa, purché tu conceda che esistono molteplici forme di radicalità, molto diverse l’una dall’altra (es. io non sono un non-violento ma riconosco che alcune tattiche non-violente sono radicalissime e, lungi dall’invecchiare, conservano nei decenni pregnanza, “iconicità” e capacità di ispirare) e che il novero di quanti “si sono battuti” (stricto sensu, perché anche lì, ci sono tanti modi di battersi) includa la resistenza di via Tolemaide. Una volta saltata la cornice, per me è stato quello il momento di massima radicalità – sensatissima radicalità – espresso a Genova: sostenere una carica furiosa e assassina, autorganizzarsi lì per lì e riuscire a riportare alla base diecimila paia di chiappe.
Meno uno, purtroppo.
Riguardo al Black Bloc, i miasmi e i rancori del dopo hanno oscurato quest’aspetto e oggi sembra incredibile, ma una parte della galassia delle allora “tute bianche” arrivava a Genova con la massima apertura mentale nei confronti di quella tattica. Esattamente un mese prima, noi WM insieme ad alcune t.b. scrivemmo questo comunicato, indubbiamente ingenuo, frettoloso, ma insomma, non mi pare ci fossero preclusioni né volontà di isolare a prescindere i portatori di quella prassi:
http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/garibaldi.html#bb
Su come quella pratica fu declinata a Genova, invece, il disaccordo fu completo e dichiarato. Non vi fu modo di polemizzare in modo lucido, perché ormai il clima era rancoroso e la modalità era quella delle accuse incrociate. Certamente diedi un’importanza eccessiva alla questione degli infiltrati. Più avanti mi sono reso conto che gli infiltrati (negare che ci fossero l’ho sempre trovato puerile: erano dappertutto, come sempre), se qualche influenza l’hanno avuta, è stata molto, molto più piccola di quella che si potrebbe credere. Non c’era sicuramente bisogno di “agenti provocatori” perché a Genova accadesse quel che è accaduto. Credo siano davvero pochi i casi in cui un infiltrato fa qualche differenza e determina sviluppi che senza di lui non ci sarebbero stati.
Ad ogni modo, Genova fu un brutto spartiacque per tutto, anche per “aperture” come quella nostra del 19 giugno, in seguito divenute impossibili.
tutti hanno rivendicato il morto, ma non tutti lo hanno rivendicato in quanto vivo, visto che han preso le distanze, anche molto pesantemente, da quelli che si erano comportati esattamente come lui, e che avrebbero potuto benissimo scambiarsi il posto con lui. facilmente uno dei violenti condannati l’altro giorno avrebbe potuto essere ammazzato e lui essere condannato.
Quanto al lutto al braccio, uno degli aspetti più desolanti di quei giorni, ancor peggio dei rifondaroli che scappavano in tutte le direzioni, travolgendo tutti, con addosso le magliette del Che, é il clima di festa sciagurata che ha impestato le prime ore del giorno seguente, con i trampolieri, le canzoncine e i deficienti che ballavano e saltavano, per poi sorprendersi di quel che stava pèer accadere loro
Mentre concordo con te su quella che tu definisci “improvvida scelta” rispetto al blocco nero, mi rifiuto di definire deficienti e pagliacci altri blocchi. C’erano tutti i segni di una tempesta repressiva? Vero, ma non mi pare che i bloc più “festosi e spensierati” siano stati gli unici a sottovalutare tali segni, nevvero? Vorrei ricordare che la singolarità di quel movimento era l’estrema eterogeneità che, se da un lato ha comportato non pochi problemi, era anche un elemento di straordinaria novità e probabilmente faceva paura al potere anche per questo.
Sono d’accordo con Whiplash. E quindi con il Duka e Philopat: io oggi sono Genova nel suo complesso, “sono tutto questo disastro”, sono il pink, sono il black, sono la tuta bianca, sono il gay, il cattolico, il musulmano, il rifondarolo, il greco, il turco e il turcomanno (e la turcomanna). Ogni bandiera sventolata a Genova, ogni maglietta indossata, l’ho indossata anche io. Come mi rifiuto di distinguere tra buoni e cattivi, così mi rifiuto di considerare alcuni più furbi e altri più deficienti di altri.
devo non essermi spiegato: io non sono un manifestante spensierato ma non avevo, di per sè, una cattiva opinione di loro. L’ho avuta il 21, dopo quel che era avvenuto il 20. E l’errore non sta nel mancato lutto, ma nel fatto di essere partiti da casa con l’idea di fare i trampolieri e, cascasse il mondo, vai con i trampoli. E’ questo autismo che mi ha indignato e ancora mi preoccupa perché secondo me é ancora molto diffuso, forse altrttanto fra i più violenti. C’é gente che farebbe riot dovunque e comunque. Questo é il contrario della politica
[…] Ci vuole un’oretta: ve lo presentiamo con le parole di Wu Ming che lo ha diffuso su Giap. […]
Salve a tutti
Genova è uno di quegli spartiacque che ancora non riescono ad essere metabolizzati, analizzati e sintetizzati. Purtroppo si vede anche in questa dicussione.
Paradossalmente, tutti quei commenti che in un certo qual modo provavano ad assolvere, o a giustificare-contestualizzare il comportamento delle forze dell’ordine, hanno colto una parte del discorso. Ovviamente, loro malgrado e neanche volendolo. Mi spiego.
Continuiamo a ragionare di Genova come se fosse una disgrazia divina. C’era il movimento che provava a manifestare tranquillamente, dopodichè è stato assalito indiscriminatamente in via Tolemaide; la repressione non si è fermata; qualuno ha provato a rispondere, il più sono fuggiti a gambe levate; ecc…ma questa è una verità molto parziale.
Un’altra parte di verità è che a Genova una grande parte – una parte forse minoritaria ma complessivamente enorme – voleva quel conflitto. Il clima montato nei mesi precedenti aveva creato una consapevolezza per cui si voleva arrivare a quello. Poi è degenerato, senza dubbio, ma si creò un clima atto allo scontro che oggi non può essere smorzato dicendo: “le guardie ci hanno attaccato deliberatamente”.
Le cariche delle guardie furono forse illegali ma non illeggittime. Avevamo appena *dichiarato guerra*, si stava in piazza con caschi e scudi. Il minimo che potesse fare la polizia era caricare quel corteo. L’ingenuità di non capirlo, l’ho già detto in qualche altro post, in quei giorni era una colpa.
Uno dei problemi, uno dei problemi principali, è che una parte della dirigenza che organizzò quelle giornate, da una parte soffiava sul fuoco della rivolta minacciata; dall’altra provvedeva a disarmare il movimento inserendolo nel contesto neopacifista. Il concetto era abbastanza palese: noi vi dichiariamo guerra, ma non ci potete caricare perchè in fin dei conti stiamo solo dicendo cose che non metteremo in pratica, o che praticheremo in maniera simbolica.
Allora qua va ribaltato il discorso: le guardie hanno fatto bene a caricare, è la risposta che è mancata, ed è mancata perchè “la massa” del movimento non era stata abituata al ragionamento per cui il conflitto con le guardie non prevede solo la ritirata disorganizzata, ma anche la risposta organizzata. E questa risposta nessuno l’aveva immaginata. Il concetto di risposta alla carica, di conflitto a bassissima intensità, di scontro di piazza, è un discorso che venne tagliato fuori da quel movimento nonostante tutto il clima politico andasse in altra direzione.
Si, i caschi, gli scudi, va bene tutto, ma non prendiamoci in giro. Quell’armamentario serviva alla messa in scena di fronte alla zona rossa. Il problema è che lo Stato non voleva neanche farci partire. E questo andava capito sin da quei giorni. Oppure, avendolo compreso dopo, compiere un’autocritica di come sono stati gestiti certi passaggi. Niente di tutto questo è avvenuto.
Ora, noi di quelle giornate non rinneghiamo niente. Come collettivo politico neanche esistevamo, ma la maggior parte di noi erano in via Tolemaide e pienamente nel percorso di movimento che da Roma contribuì a organizzare quelle giornate. Anche oggi, a 11 anni di distanza, siamo in ogni caso convinti della giustezza di essere stati li, con quella composizione sociale e politica, e facendo quello che abbiamo fatto.
Ma col senno di poi di un decennio, almeno finiamola di parlare di guardie assassine contro manifestanti inermi. Parliamo di conflitto che abbiamo perso perchè non abbiamo saputo gestirlo magari. Carlo Giuliani stava la a combattere, non a difendersi dalle guardie. E’ morto combattendo. Ed è giusto che lo Stato, nonchè tutto coloro di sentimenti democratici pongano dei dubbi, perchè sono dubbi leggittimi. Siamo noi, noi compagni, che dobbiamo rivendicarcelo, non tutto l’arco politico istituzionale.
Aldrovandi, Cucchi, ecc…questi vanno difesi e rimpianti da tutti i cittadini democratici come forme di violenza rabbiosa della polizia. Carlo Giuliani è un morto diverso. Carlo Giuliani è morto facendo politica.
Alessandro
Io non lo so se è stato giusto scegliere lo scontro, scegliere di esprimere la propria contestazione al sistema (li espresso nella sua vera essenza). Non so se è stato giusto farlo, non so se è stato giusto farlo in manifestazione. Ma è stato fatto. E non se ne parla mai. E io a volte non ce la faccio più. Mi sembra di essere stata su un altro pianeta e che non esista nessuno che vi è stato con me.
Ho vissuto tutto il venerdi immersa nella violenza (contro oggetti scelti non a caso) espressa dai manifestanti, non erano atti di difesa, erano atti di attacco. E non erano black bloc. Quelli che si vedono in questo video che in piazza paolo da novi (dove io mi trovavo) rompono il pavimento e raccolgono i sampietrini non sono black bloc e non c’era ancora la polizia quando hanno cominciato e non era ancora successo nulla al corteo dei disobbedienti.
Per tutto il giorno di venerdi, da piazza paolo da novi, in via torino, corso italia, sono stata immersa in una guerriglia urbana guidata e gestita dai manifestanti: centinaia e centinaia di persone che per ore hanno camminato con dietro la polizia, con gli elicotteri sopra la testa, cacciate da piazza paolo da novi, e che camminando e allontanandosi dalla zona rossa hanno fatto guerriglia urbana. Non hanno toccato una persona in tutte queste ore. Ma hanno distrutto molte vetrine di banche, di assicurazioni, di agenzie interinali, hanno distrutto decine e decine di telecamere, hanno svaligiato un enorme negozio di computer lanciando i computer sul lungo mare … hanno fatto un assalto ad uno spezzone della polizia che, non ho capito come, si è ritrovato al lato del nostro “corteo” ed è scappato a gambe levate … chi, preso dalla foga del momento o forse anche da una frustrazione tutta personale, ha distrutto una cabina del telefono, è stato fermato dagli altri manifestanti.
Ma centinaia di persone hanno agito con violenza non per difesa.
Io non ce la faccio più a non dirlo, a non poterlo dire a chi non c’era perchè è convinto che i manifestanti di genova o erano black bloc (pochi e pieni di infiltrati) che sono stati ignorati o erano pacifisti inermi (quasi tutti) che sono stati attaccati. A non poterlo condividere con chi c’era perchè era da un’altra parte della città ed ha vissuto cose completamente diverse (o forse mente).
Certo che la polizia ha attaccato i pacifisti nelle strade, certo che ha caricato una manifestazione autorizzata e che ha assalito e massacrato persone disarmate alla diaz, certo che ha inventato prove, che ha messo infiltrati, che ha torturato a bolzaneto … che ha volutamente ignorato alcune situazioni … (e queste cose sono per me non solo illegali ma anche e soprattutto illegittime e qui dissento da te/voi)
ma nelle strade di genova ci sono state anche tantissime persone che non sono state pacifiche, e non lo hanno fatto per difendersi. E non erano sto cazzo di decine di black bloc e non erano infiltrati.
Io quel giorno non lo dimenticherò mai, non perchè mi piace ricordarlo, ma perchè è stata una cosa veramente strana e unica e sconcertante e sconvolgente nella mia vita e non ha nulla a che vedere con il G8 di genova di cui tutti parlano.
E sono pienamente d’accordo con te/voi quando dici che proprio fra i manifestanti (compagni?) non è stato metabolizzato quello che è successo.
Scusami, Elena, solo una precisazione che non allevierà il tuo sgomento, che rispetto, però potrebbe chiarirti un passaggio. Tu scrivi:
“Quelli che si vedono in questo video che in piazza paolo da novi (dove io mi trovavo) rompono il pavimento e raccolgono i sampietrini non sono black bloc”
Mi risulta che la dinamica vista in Piazza Paolo da Novi sia stata descritta e rivendicata senza problemi nei vari resoconti di persone che parteciparono al Black Bloc di Genova. Fin dal 22 luglio iniziarono a circolare resoconti, dichiarazioni, ricostruzioni da parte di individualità del BB. Sulla lista di Tactical Media arrivò una mail intitolata “Dentro il Black Bloc” firmata da “Un’individualità del BB”, l’ho ritrovata:
http://lists.peacelink.it/news/msg00754.html
Piazza Paolo da Novi compare fin dalle primissime righe (era proprio il punto di adunata del BB!) e viene descritto – chiaramente da un’altra ottica – quello che descrivi tu, quasi minuto per minuto.
Il Black Bloc è una tattica, non un’appartenenza definita e fissa. La distruzione della pavimentazione della piazza e poi l’attacco a banche, videocamere, agenzie interinali etc. è una prassi ricorrente nel BB già da prima di Seattle, e ampiamente teorizzata. Intendono colpire i simboli del capitalismo. E non sempre il BB è interamente composto da persone vestite di nero, come spiegavano qui:
http://www.infoshop.org/page/Blackbloc-Faq
Quindi, insomma, le centinaia di persone che hai visto e dici non essere “poche decine di Black Bloc”, molto semplicemente erano… centinaia di Black Bloc, o meglio, centinaia di persone che componevano un Black Bloc. Anzi, “Individualità nel BB” dice che erano migliaia. Non ho scritto nulla che non avessero già scritto alcuni che erano con loro.
Grazie per la replica e per i link che mi hai indicato, perchè in effetti mi chiariscono molte cose. Le persone che ho descritto non pensavo “fossero” black bloc e quindi non capivo come mai il comportamento di una parte consistente dei manifestanti fosse stato quasi sempre taciuto dal movimento in tutti questi anni (probabilmente vi starete mettendo tutti a ridere ah ah ah)
La cosa che mi ha impedito di considerarli balck bloc è che ho sempre creduto si trattasse di un “appartenenza” non di una pratica e tattica.
Alcuni poi di questi manifestanti di cui parlo (quelli che conoscevo) allora non si erano mai definiti tali, probabilment eperchè come me non conoscevano nemmeno bene il significato del termine.
Poi molte delle persone che mi circondavano secondo me agivano sull’onda dell’emozione dettata dalla situazione (ovvio che una base ideologica e politica radicale c’era già) e io ho sempre creduto che i black bloc avessero premeditato tutto.
Vabbè … :) … buona notte
Mi sono letta tutto e ho visionato tutti i documenti video e fotografici, anche La trappola su Youtube. Vi ringrazio di questo post che mi ha permesso di approfondire un evento sicuramente ancora pieno di ombre molto lunghe e inquietanti. Che siano i rappresentanti dello Stato a macchiarsi di eccessi, che lo Stato metta in atto strategie della tensione e dell’opposizione occulta, che vada nelle caserme a massacrare gente inerme, che spacchi a botte un ragazzo innocente (come ad esempio Aldrovandi), che tenda imboscate e infierisca sui cadaveri e tutte le cose che sappiamo, da Portella della Ginestra in giù, è certamente orrendo, ingiusto, amorale, sleale, preoccupante per il cittadino che si sente egli stesso minacciato e senza protezione. Lo penso al punto che ho firmato l’altro giorno la petizione on line voluta dalla madre di Aldrovandi per introdurre in Italia il reato di abuso e tortura da parte delle forze dell’ordine. Capisco anche la famiglia di Giuliani e il desiderio sacrosanto di ricostruire la concatenazione esatta dei fatti, degli ultimi minuti di vita di un figlio; e capisco che tutti noi dobbiamo esigerla, tale ricostruzione, per amore e necessità di giustizia. E spero che un giorno i colpevoli dello scempio del G8 – da entrambe le parti, sia chiaro – vengano puniti.
Però, per favore per favore per favore: ma come si fa a sostenere – credendoci sul serio – che quello che è successo a Giuliani è stato causato esclusivamente da una, presunta o reale non cambia l’effetto, “imboscata”? Qualcuno ha costretto Giuliani a infilare un passamontagna e a brandire un estintore? Non è stato il suo libero arbitrio a spingerlo?
Ma come si fa, quasi non ci credo, a sostenere che “chi lo conosceva pensa che lo abbia fatto per disarmare il Carabiniere”? Ma stiamo scherzando? Carichi, completamente disarmato, uno con la pistola, e dopo ti stupisci che quello faccia fuoco? Ma sono affermazioni da Alice nel PAese delle Meraviglie, cacchio! E poi, scusate, ma chissenefrega che Placanica oggi sia inquisito per pedofilia, cosa cavolo c’entra con il G8?? Il fatto che sia eventualmente un pervertito sessuale, quale luce getta sull’omicidio Giuliani, perché avete messo quel link? (mi siete un po’ scaduti per questo, ammesso che il mio parere di comune lettore valga qualcosa).
Qui non si tratta di straparlare di Carlo Giuliani e di giustificare gli orrori di Piazza Alimonda; si tratta di non farsi accecare dalla propaganda e dal populismo, oltre che dalla demagogia, mali che affliggono la sinistra quanto la destra. Va mantenuto uno sguardo ben aperto su tutte le parti in causa. Giuliani non si trovava a passare di lì per caso e non era un inerme manifestante, perché gli inermi manifestanti non si portano dietro il cappuccio; faceva parte di un contingente di provocatori e “combattenti” tutti a volto più o meno coperto, che HANNO SCELTO AUTONOMAMENTE di inseguire gli agenti in fuga, NON DI ABBANDONARE LA SCENA, e hanno scelto di assaltare il defender. Se anche tutto questo fosse stato preparato dalle Forse dell’ordine, al fine di farli cascare in una “trappola”, loro ci sono cascati, e per loro scelta; e che scelta, perdio: non tutti si muniscono di estintori e cappucci per dare botte in giro, non tutti credono che la violenza sia la risposta alla violenza. E non tutti, mi perdoni la famiglia di Giuliani e di tutti quelli che hanno comunque subito la risposta della Polizia in Piazza Alimonda, sono così scioccamente incauti da affrontare gente armata a petto nudo, con o senza estintore (vuoto o pieno, poi, è un altro distinguo ozioso e inutile di cui ho letto).
Sulle convinzioni ideologiche che spingono all’uso della violenza neanche discuto, ognuno fa le sue scelte ovviamente. Ma Carlo Giuliani non è morto né per caso né per errore né per imboscata, ha scelto lui di rischiare: o pensava di giocare a guardie e ladri? Con tutto il rispetto per la sua memoria.
Domanda in p.s.: perché per commentare costringete a iscriversi a wp?
@ Francesca
Certo, non tutti avrebbero raccolto un estintore. E non tutti avrebbero assaltato un defender con gente armata dentro. Io per esempio quel giorno non l’ho fatto. Come non ho incendiato la camionetta dei carabinieri, anche se ero a pochi passi. Probabilmente perché ho avuto abbastanza sangue freddo da pensare che un uomo armato messo alle strette potrebbe decidere di sparare, o che un serbatoio potrebbe esplodere con una sacco di gente attorno. Boh.
Però sono le ipotesi che faccio adesso, dopo che ci sono passato. Mica avrei potuto dirtelo prima come mi sarei comportato, quali scelte avrei compiuto in base a cosa mi sentivo di fare e di rischiare. Perché nessuno di noi sa come reagirà in determinati frangenti finché non ci si trova dentro. Allargare l’inquadratura è la metafora giusta: cioè capire in quale contesto l’assalto al defender va inserito. Le nostre azioni sono determinate da una quantità di contesti, e spesso non sono che reazioni. Io e te qui possiamo pure chiamarlo in causa il libero arbitrio, che è un gran bel concetto, tra l’altro. Ma stiamo discutenndo su un blog, seduti davanti al computer.
Io non giudico affatto chi ha assaltato quel defender, tanto meno lo biasimo, anche se in cuor mio, oggi, vorrei non l’avesse mai fatto, perché so cos’era successo prima: avevano cercato di ammazzarci. Con il gas, con i manganelli, con le camionette lanciate in mezzo al corteo. Questa era la percezione che avevamo in quel momento. E ti assicuro che è un caso che quel pomeriggio sia morta una persona sola, a prescindere da qualsivoglia estintore o pietra.
“Io e te qui possiamo pure chiamarlo in causa il libero arbitrio, che è un gran bel concetto, tra l’altro. Ma stiamo discutenndo su un blog, seduti davanti al computer.”
Appunto: per il nostro libero arbitrio, siamo a parlarne e non siamo stesi in quella piazza.
Su tutto quel che hai scritto, capisco benissimo ciò che dici e i tuoi sentimenti, il tuo modo di vedere le cose.
Resto però indissolubilmente legata alla convinzione che anche allargare da subito l’inquadratura non avrebbe cambiato lo zoccolo duro del fatto e, quindi, nemmeno il “dopo” che tratteggi; e poi, ma mi rendo conto di sconfinare, resto convinta che le battaglie si possono combattere in tanti altri modi che non comprendono il mettere a repentaglio la vita propria e altrui.
Un’ultimissima postilla, sempre riferita alle cose che grazie a Voi ho letto e visto oggi: 1) gli infiltrati, ce lo ha insegnato Cossiga buonanima, sono sempre esistiti in tutti gli scontri di piazza; 2) credo sia estremamente difficile per le forze dell’ordine, Genova e anche Roma 2011 ce lo dimostrano, contrastare i veri black bloc, che agiscono rapidamente e a volto coperto, in gruppi non numerosissimi e spesso in luoghi della città defilati, sfruttando il fatto che – girato l’angolo e tolto il cappuccio – restano completamente anonimi: sembra quindi più credibile che a Genova abbiano potuto agire indisturbati per questi semplici motivi, non per volontà esterna.
Grazie di questo spazio.
Adoro i sermoni ex post, belli tondi e ragionevoli. Il problema è trovarcisi, in certe situazioni, cara Francesca. Personalmente, sono tra coloro che non ritengo affatto che sussista l’identità conflitto=scontri. Personalmente tendo ad evitarli, gli scontri, perché, al di là di qualsiasi considerazione di carattere morale, nella massima parte dei casi è per un metodo molto poco efficiente e ci si fa tanta bua. Ebbene, ciò detto, nella pratica ti ritrovi in certe situazioni in cui fai cose estremamente differenti da quelle che teorizzi a freddo. Già, mi è capitato di fare cose molto poco razionali, tipo pararmi di fronte a un defender con due stronzi in divisa a bordo che sfrecciavano per una strada chiusa al traffico e piena di gente, di insultarli e sfidarli. M’è andata bene, avrebbero potuto travolgermi, avrebbero potuto spararmi, invece se ne sono tornati indietro, rabbiosi ma con la coda tra le zampe. M’è andata bene, non era una scelta ragionevole né “efficiente”. Ma l’ho fatto perché l’istinto che prevale non è sempre quello di conservazione di sé. E sì, ci si attrezza anche per coprirsi il volto perché, surprise surprise, capita che altrimenti vieni fotografato e, per il solo fatto di essere stato immortalato nei pressi del posto sbagliato ti trascinino in un processo che dura undici anni e ti affibbino poi svariati anni di galera per “compartecipazione psichica”. Lo ripeto, io lo scontro diretto non lo cerco, lo evito. Ma non posso che essere grato a chi ha provato, talvolta riuscendoci, a fermare cariche e agguati a suon di pietre e molotov.
Ma certo, io non lo nego tutto quel che dici. Anzi, capisco. Basta che dopo non si parli di vittima inerme (anche nel caso di chi si copre il volto per agire indisturbato). Insomma, come dici tu, ti ci trovi e decidi di agire in dato modo;ì: benissimo, però sappi che ti puoi fare la bua e dopo non piangi te stesso. Del resto, l’intervento di Collettvo Militant, così lucido, va proprio nella direzione di riconoscere le proprie responsabiltà.
Cosa vuoi che commenti? Che quando l’uomo con l’estintore incontra l’uomo con la pistola, l’uomo con l’estintore è un uomo morto? Già, è così. Vogliamo disquisire su cosa si possa intendere per inerme? Mi atterrei al significato etimologico, “senz’armi”. Ora mi vorrai ricordare che un estintore brandito e scagliato è pur sempre un’arma impropria, nevvero? Va bene, come vuoi. La tesi di fondo è stata recepita, forte e chiara, Carlo Giuliani se l’è cercata. E l’ha trovata, decisamente. Un bel buco di calibro 9 nel cranio, un defender che l’ha ulteriormente martoriato, un nugolo di bastardi che urlavano “l’hai ucciso tu col tuo sasso” e cercavano maldestramente di insabbiare. Mi riservo comunque il diritto di piangere per tutte le bue che mi pare. Tu crogiolati pure nella tua impeccabile etica.
Piangiamo pure tutte le bue, whiplash, basta che non si sia poi noi a restringere, nel senso inverso, la visuale.
La cosa peggiore di Genova 2001 sono le teste quadre che giudicano e condannano dall’alto del loro non esserci stati…
E peggio ancora quando lo fanno dall’alto della loro ignoranza, come Francesca ( o forse è mala fede):
quando di Carlo si scrive che “faceva parte di un contingente di provocatori e “combattenti” tutti a volto più o meno coperto, che HANNO SCELTO AUTONOMAMENTE di inseguire gli agenti in fuga, NON DI ABBANDONARE LA SCENA, e hanno scelto di assaltare il defender” si è in malafede o ignoranti, perchè quel “gruppetto” non “inseguiva” gli “agenti infuga”: era in atto una battaglia a cui erano stati costretti:
dinamica dei fatti:
– i carabinieri attaccano senza alcuna giustificazione la testa del corteo autorizzato delle Tute Bianche in via Tolemaide, in un punto in cui non c’erano vie di fuga per le decine di migliaia di manifestanti che stavano dietro alla testa del corteo, che, per senso di responsabilità che i carabinieri invece non hanno avuto, cerca di mantenere la posizione per evitare “stampedi” (riassunto brutale)
– negli scontri (perchè la “linea di difesa” alla testa del corteo cade presto, i carabinieri fanno in modo di spezzare il più possibile il corteo e intrappolare vari spezzoni in vari punti
– in uno di questi punti c’è anche Carlo e gli altri vicini, impossibilitati a “abbandonare la scena” perchè intrappolati in un cul de sac
E qui già tutto il castello di carte sulla “libera scelta” cade, o meglio: si sposta su un altro piano: quello del senso di responsabilità:
un ragazzo che cerca di disarmare un carabiniere armato è sicuramente incosciente, ma lo fa per senso di responsabilità:
ragioniamo: se stava cercando di disarmare una pistola puntata, vuol dire che quella pistola avrebeb comunque sparato su qualcun altro (quindi il morto è cercato dai carabinieri, non “prodotto” dall’interazione fra caso e “libero arbitrio”: il libero arbitrio, criminale, tra l’altro, qui è tutto dei carabinieri!
E, particolare no trascurabile, i carabinieri non dovrebbero sparare ad altezza uomo quando non sono impegnati in una sparatoria, e questo ha prescindere da qualsiasi altra considerazione: hai mai visto un defender? Un estintore gli fa un baffo…
Altro piccolo particolare: la jeep “bloccata”, dopo lo sparo si libera in pochi secondi, fa retromarcia, passa sul corpo di Carlo, ci ripassa e se ne va… raggiungendo il resto del plotone che è a poche decine di metri di distanza…
Conclusione: Francesca: hai ristretto il campo visivo a uso e consumo della tua posizione precostituita e di fronte a una cosa del genere le risposte vanno fatte nel merito, non sul piano di discussione che vuoi impostare tu, che scompare evanescente allargando il punto di visuale…
(Vari errori di battitura… sorry)
(E devo anche allungare il brodo perchè se no il blog mi dice che “non mi sono sforzato abbastanza in questo commento”… peccato che non sia un commento ma una precisazione: forse andrebbe aggiunta anche questa categoria concettuale alle impostazioni del blog… visto che, come dimostra questo allungamento di brodo, e la maggior parte dei temi delel scuole superiori, quantità non significa nè sforzo nè qualità…)
PP.SS. Sull’ipotesi fantascientifica che un proiettile in piena faccia non abbia ucciso sul colpo (o anche dopo agonia) un qualsiasi essere umano a 4 metri di distanza, no comment. Questo senza nulla togliere allo schifo, al voltastomaco, che prendono per come hanno infierito dopo.
A parte che pare proprio fosse ancora “vivo” (metto le virgolette perché mi riferisco al mero, precarissimo persistere di alcune funzioni biologiche basiche) quando il defender gli è passato sopra, comunque, scusami se te lo dico, non hai afferrato il punto. Le cose che accadono mentre Carlo è steso a terra avvengono prima che chiunque possa avere constatato il decesso. C’è uno a terra, non si sa se è vivo o morto perché nessun medico lo ha ancora visto, e anziché soccorrerlo, predisporre i primi rudimenti di pronto soccorso, gli si rende tutt’altro “servizio”. Ma anche se non avessero infierito e poi cercato di depistare (o infierito *per* depistare), nelle immagini tu hai visto, chessò, qualche sbirro mettergli una mano in petto o sulla gola o sul polso? Nessuno si è nemmeno curato di constatare se il suo cuore battesse ancora.
Io questa evidenza non l’ho negata, anzi riconosco la sua evidenza e auspico giustizia, l’ho detto. Quindi, ho afferrato e tenuto. Il punto alla base, però, non cambia: cioè resta il fatto che in prima istanza ha attaccato e ne ha subito le conseguenze, fino al colpo di pistola e quel colpo lo ha finito, in un nano secondo o in due minuti, con o senza scempio e sassata. L’orrore c’è, e cioè che ne hanno eventualmente affrettato la morte con intenzionalità; ma la morte, purtroppo, sarebbe sopravvenuta in ogni caso. Il che non giustifica affatto il resto (per favore non manipolate ciò che dico per far apparire ciò che nemmeno penso); però non mi pare che da tutto questo discenda che Giuliani non ha deciso coscientemente di andare incontro a morte eventuale.
Giusto per tua informazione ci sono persone che hanno provato a suicidarsi sparandosi in bocca o nella tempia e sono sopravvissute (ad esempio http://genova.repubblica.it/cronaca/2010/06/06/news/si_spara_ma_sopravvive_denunciato_l_arma_illegale-4615022/) perché il proiettile ha fatto deflagrare il cranio e parte del cervello senza lederne le funzioni vitali. Per cui un colpo in testa da 4 metri può anche non essere fatale. Dipende da molti fattori. Fantascientifico è questo commento piuttosto
Non mi pare che dai rilievi risulti che l’angolazione e l’entrata del proiettile potessero lasciar spazio a sopravvivenza nel caso di Giuliani. Attenzione comunque ai toni, il mio fantascientifico era diretto a elelemnti del video, non ai commenti altrui, e di fantascientifici qui ce ne sono, anche se sono abbastanza cortese per non rilevarlo.
Di quali rilievi parli?
Ho visto la tac e l’autopsia.
Il proiettile colpisce lo zigomo dall’alto e fuoriesce (ma solo in parte) dalla nuca.
Il cervello non è stato interessato dalla traiettoria.
In più il proiettile, per qualche ragione mai chiarita del tutto, aveva poca “energia” e non ha prodotto devastazioni tali da provocare morte immediata.
Che non sia morto immediatamente è testimoniato dalle immagini (i fiotti dimostrano attività cardiaca) e dal fatto che i bronchi sono pieni di sangue, quindi ha respirato.
Abbiamo:
1) uno sparo
2) due arrotamenti da parte del defender
3) gli spaccano la testa con una pietra
Tra l’evento 1) e l’evento 3) trascorrono non più di due minuti.
L’autopsia scritta dirà, mesi dopo, che la morte è occorsa nell’arco di alcuni minuti dopo lo sparo.
Vale quello che vale, ma FYI diversi medici interpellati alla domanda “cosa sarebbe successo se non ci fossero stati gli eventi 2) e 3) ?” hanno risposto: “se non ci fosse stato il dissanguamento probabilmente sarebbe sopravvissuto in uno stato vegetativo permanente”.
Considera che l’evento 3) è su una persona in agonia.
Tecnicamente: ha concorso alla sua morte.
Sui “rilievi” ti ha già risposto Franti, io aggiungo solo: non commentare solo per difendere la trincea di strafalcioni precedenti. Impara a dire: scusate, non sapevo, ho sbagliato etc. Non è in gioco la tua identità, non ce ne frega niente, non sappiamo nemmeno chi sei. Vale quello che dici, e finora hai detto che Carlo se l’è andata a cercare (espressione che in italiano ha un senso ben preciso, poi ti sei impegnata a precisare che per te ne ha un altro), che si sta “piangendo per la bua” e ti sei inventata “rilievi” inesistenti. Questa è mancanza di rispetto per la persona, per l’argomento e per gli interlocutori. Interlocutori che, non so se l’hai capito, sono qui a parlare con te perché hanno avuto salva la vita da chi in via Tolemaide fece gli scontri. E’ grazie a quegli scontri se di morti non ce ne furono parecchi di più. Tu con la tua etica pret-à-porter stai dicendo agli interlocutori – e nemmeno te ne rendi conto – che è stato sbagliato salvar loro la vita.
Ho riletto i tuoi commenti e ce ne sarebbe già abbastanza per mandarti a quel paese, ma purtroppo “quel paese” è il Paese, e ci siamo dentro tutti. Noi abbiamo pazienza e dialoghiamo, ma non abusarne, di questa pazienza.
“se non ci fosse stato il dissanguamento probabilmente sarebbe sopravvissuto in uno stato vegetativo permanente”: ho finito, Vostro Onore, su questo argomento.
Veniamo a Wu Ming1 e a quanto si sente in diritto di pontificare, lui sì.
“Vale quello che dici, e finora hai detto che Carlo se l’è andata a cercare (espressione che in italiano ha un senso ben preciso, poi ti sei impegnata a precisare che per te ne ha un altro)”: avrà un senso ben preciso per te, per me ha quello che ho detto e non ho motivo di mentire, appunto perché non è in gioco la mia identità(come non lo è nemmeno la tua, ed è per questo forse che sei tu a straparlare).
“Interlocutori che, non so se l’hai capito, sono qui a parlare con te perché hanno avuto salva la vita da chi in via Tolemaide fece gli scontri. E’ grazie a quegli scontri se di morti non ce ne furono parecchi di più.”
Abbi la decenza di smettere di presentare chi ha fatto gli scontri in Via Tolemaide come un salvatore della patria; i poliziotti hanno attaccato ma quando se la sono dati a gambe bastava non andargli dietro e rinfocolare il tutto. E già che ci siamo: chi va in Piazza non è migliore di me e di tutti quelli che non ci vanno e adoperano altre forme di resistenza o protesta: levati tanta aria di superiorità.
“Ho riletto i tuoi commenti e ce ne sarebbe già abbastanza per mandarti a quel paese, ma purtroppo “quel paese” è il Paese, e ci siamo dentro tutti. Noi abbiamo pazienza e dialoghiamo, ma non abusarne, di questa pazienza.”
Il Paese o paese è così anche perché esiste gente come te, incapace di un dialogo democratico e piena di boria, che ha deciso di dimostrare la propria tesi e va avanti a occhi chiusi, cioè uguale a chi ha “ristretto l’inquadratura” sul fatto Giuliani, del quale ho più rispetto io che lo vedo per quel che è (l’azione incauta e incosciente di un ragazzo che nemmeno si rendeva ben conto di ciò che faceva, senza alcuna grande radice contestatoria e ideologica) che te e chi la pensa come te, che lo vuoi proporre come un martire.
Manipoli anche tu la verità, a tuo uso e consumo.
Auguri.
“Abbi la decenza di smettere di presentare chi ha fatto gli scontri in Via Tolemaide come un salvatore della patria; i poliziotti hanno attaccato ma quando se la sono dati a gambe bastava non andargli dietro e rinfocolare il tutto.”
Questo è indecente. Tu sei indecente. Chi parla senza sapere un cazzo è indecente.
Levati dai maroni, che è meglio, ma davvero.
“l’azione incauta e incosciente di un ragazzo che nemmeno si rendeva ben conto di ciò che faceva, senza alcuna grande radice contestatoria e ideologica”
Scusami, però qui non ce la si fa.
Questo è un altro di quei luoghi comune che andrebbero antologizzati.
Lo sento dire ogni autunno, puntuale, fa il paio con “gli studenti vanno in piazza e non sanno nemmeno chi è Che Guevara”.
Cosa ne sappiamo della formazione teorica di Carlo?
Quel che è disponibile in rete è un video di lui mentre legge lettere dei partigiani.
Suppongo sapesse cosa stesse leggendo.
Ma comunque, il punto è che Carlo Giuliani, quel giorno, era in uno degli spezzoni del corteo anti-G8 di Genova, e tanto basta.
Poteva andare al mare. Invece è andato lì.
E’ andato a un corteo di gente che manifestava contro un pugno di ricchi che teneva (e tiene) in scacco il mondo intero e si difende militarizzando una città.
Forse fanno bene le persone che non avendo una grande radice contestatoria e ideologica vanno a farsi il bagno mentre la loro città è militarizzata, eh.
Sta di fatto però che Carlo Giuliani era lì.
Stando lì condivideva anche obiettivi e proposte (le variegate proposte, certo, non sapremo mai quali condividesse e quali no, visto che ce l’hanno ammazzato) di un movimento. Preferisco mille volte un Carlo Giuliani, ragazzo come tanti e tante che stava lì, a qualche filologo della contestazione che guarda dall’alto in basso questo genere di movimenti.
Se la polizia carica il mio spezzone, mi interessa assai poco se chi sta vicino a me ha letto tutto Marx o cita a memoria Kropotkin; se è lì evidentemente la pensa come me, sta dalla mia parte, è uno di noi. Non un martire né alcun cazzo, ma uno di noi. E questo basta. (Tra l’altro, per tornare su un discorso precedente, che non piace a nessuno ma è stato sollevato, proprio questo fatto fa capire come possa essere triste la condizione dell’infiltrato; mi viene a mente la storia di un agente infiltratosi in un gruppo eco-radicale americano che proprio in uesto trovò l’amore. Si è ritrovato completamente solo nel momento in cui l’hanno scoperto e la polizia lo ha scaricato)
Mio nonno, operaio comunista, non ha mai letto Marx ma avrebbe fatto un culo così a chiunque in una discussione sulla lotta di classe. Le rivoluzioni, le rivolte, i tumulti, li si è fatti sempre con gente che non aveva “solide radici contestatorie” (la famosa radice contestatoria, che si acquisisce solo dopo un seminario di Naomi Klein e uno studio approfondito dell’insurrezionalismo storico). Pensare che un sottoproletario incazzato abbia meno legittimità di conflitto di uno studente o di un intellettuale è una cosa spaventosa che fa capire quanto il concetto stesso di lotta di classe si sia perduto e sia finito chissà dove.
O forse si è davvero diffuso il pensiero che la rivoluzione sia tutta una questione di ideologia?
Non è più il caso di risponderle, a ‘sta Francesca. Un uccellino francese mi ha detto che qui su Giap non ci viene più.
Carissimi, colgo l’ occasione per mandare un abbraccio grande a tutt* voi. Vi amo. Vi abbraccio perche’ eravamo vicini e vicine e ci hanno sparato. Ci sparavano perche’ eravamo felici, perche’ avevamo il cambiamento negli occhi e nel cuore. Nulla mi toccano le bugie dei mercenari. Fa parte del ripetitivo teatrino che si tira su per queste occasioni. Quando si vuole cambiare il mondo loro parlano di vetrine, le vetrine le lasciarono spaccare il terzo giorno mentre se ne stavano li a guardare. Non c’e’ molto da dire. Non ci sono sorprese. Da Gramsci a noi pischelli, se si vuole cambiare il mondo per farne uno migliore ci viene sempre data la prigione. Per proteggere l’ elite. Ma io vedo la luce in fondo al tunnel. Il tempo si e’ compiuto. Il cancro che ci date con il vostro inquinamento culturale e non vi si ritorcera’ contro. La gente che sta con voi oggi, che non sa cosa e’ successo veramente, questa gente che avete cresciuto ignorante vi schiaccera’. Non saremo noi ed i nostri buoni cuori, ma queste masse di ignoranti che avete cresciuto a veline. E io non li fermero’ come non fermo il gatto se mangia il topo. La natura fara’ il suo corso R:Evolutivo
Questo thread è una delle cose migliori nate sul G8. Ci sono tante buone idee, tanti spunti per riflettere. Ma questo tuo commento a me mette i brividi. Lo citerò ovunque, perché hai detto una cosa verissima e l’hai detta bene. La natura farà il suo corso. Grazie.
Rispondere a Francesca, qui sopra, mi ha scatenato altre riflessioni. E queste riflessioni mi portano all’ammissione di un limite.
Riguarderò il video domani, che poi, visto l’orario, è già oggi. In questi giorni non ci sono riuscito. Come non sono riuscito ad andare al cinema a vedere “Diaz” di Vicari. Come non sono andato a Genova alla commemorazione del decennale.
Di cosa ho paura? Della sensazione che avverto ogni volta: una specie di nodo nello stomaco, che istintivamente ricaccio giù, perché sento che l’alternativa potrebbe essere scendere sotto casa a incendiare i cassonetti (quelli che non ho incendiato a Genova).
Sono cazzi miei, senz’altro. Ma non riesco a parlare di questa faccenda se non in termini personali, comunque più privati di quanto vorrei.
Genova è stato quanto di più simile alla guerra mi sia capitato di vivere. E ho sempre riscontrato due cose nei racconti dei reduci delle guerre vere: una è la contrazione del tempo nel ricordo. A me di quei giorni non restano che dei flash, fortissimi, ma pochi. La battaglia di via Tolemaide nella mia memoria potrebbe essere durata dieci minuti. L’altra è la rimozione.
E’ il meccanismo che temo abbia agito su di me, anche se non credo di essere il solo. Lo stesso che – moltiplicato per mille – agisce sui reduci delle guerre guerreggiate. I reduci della Prima Guerra mondiale impiegarono dieci anni per trovare le parole e la forza di raccontare. I primi importanti romanzi/memoriali sulla Grande Guerra vennero pubblicati tra il 1928 e il 1930: “Addio alle armi”, “Niente di nuovo sul fronte occidentale”, “Undertones of War”, “Addio a tutto questo”, “Her private we” [“Fino all’ultimo uomo”], etc.
Non posso in alcun modo paragonare il mio trauma a quello degli autori di quei romanzi. Tuttavia temo che qualcosa, fosse anche una sottile traccia, accomuni chiunque sia passato attraverso esperienze di un certo tipo. Suppongo sia una sorta di strategia difensiva della mente, che oscura determinate sensazioni e ricordi. Si sviluppa un istinto, prima ancora che un ragionamento. E in questo senso non è detto che avere trascorso i mesi successivi al G8 a vedere e rivedere le mille immagini di Genova sia stato un deterrente alla rimozione, anzi, è stata una specie di inevitabile overdose, fino alla saturazione. Forse è vero che ci sarebbe stato bisogno della distanza per guardare quelle immagini diversamente. La distanza che abbiamo oggi.
Tutto questo per dire che quando si parla di Genova e degli anni che ci separano, letteralmente che ci distanziano da quegli eventi, ci sono in gioco molteplici fattori, non esclusivamente politici.
Dopodiché – e qui la chiudo, scusandomi pure per la digressione poco tecnica e poco politica – sono convinto che sia pressoché inevitabile tornare a Genova, a quelle giornate, al modo in cui si è voluto attaccare quel movimento. Perché almeno per quanto riguarda l’Italia, senza la rimozione politica che venne attuata, questa sì, scientemente e in tempo reale, sarebbe stato impraticabile tutto quello che è venuto nei dieci anni seguenti. Vale a dire: il radicarsi della dialettica berlusconiani/antiberlusconiani, la progressiva estinzione della sinistra, la nascita del PD, il messianesimo giudiziario e giustizialista, il grillismo, etc.
Per fortuna, come faceva notare qualcuno, quel movimento ha gettato le radici per molto altro. E certe risposte soffiano ancora nel vento.
Non ho ancora visto “La trappola”, quindi non sarei in regola per poter commentare.
Eppure una considerazione su questo tuo stato d’animo secondo me è utile farla. Io al G8 non c’ero, avevo poco più di dieci anni: l’unico ricordo collegato a quei giorni (e probabilmente ho fatto il collegamento solo a posteriori, dopo essermi informato a modo) era di due ragazze intervistate al telegiornale che raccontavano le torture subite a Bolzaneto, dicevano di essere state costrette a restare in piedi per ore in una stanza piena di sangue e vomito. Non sapevo ancora nulla del resto, ho scoperto tutto dopo. E, anche se non c’ero, anche se a quell’età non ci sarei mai andato, praticamente ora mi sento quasi “traumatizzato” come te e come tanti altri che invece c’erano, come se l’avessi vissuta in prima persona. Ovviamente non è la stessa cosa, ma in un certo senso ho “ereditato” il trauma che voi avete subito.
C’è un documentario che si intitola “Black bloc” e contiene il racconto dei fatti di Genova per bocca soprattutto di stranieri (soprattutto tedeschi, inglesi e spagnoli) allora presenti (molti erano alla Diaz). Bene, sono *tutti* rimasti traumatizzati indelebilmente, a vita. Immagino che questo fosse l’obiettivo voluto: traumatizzare l’intero movimento, nello spazio e nel tempo. E temo che ci siano riusciti.
Il 20 Luglio del 2001 avevo 8 anni, vivevo nel mio mondo ovattato di sogni, tra bambole, danza classica,giochi in cortile,Spice girls, blackstreetboys, cartoni animati e walkman con la cassetta degli aqua.
Avevo terminato la 3a elementare e non ero una tipa molto loquace, anzi sempre in situazioni di iper silenzio, timidezza e parole tirate fuori coi denti.
Ricordo che eravamo andati al mare e che lì su quel lido del carabiniere, si parlava di un corteo, una manifestazione che tipo a Genova si componeva sempre più di gente, tantissima gente, frasi buttate là “Ma chist pcchè nun vann a faticà? C fann perdr sul tiemp”, “Speramm ca va tutt bon”.
Mio padre ha sempre avuto l’abitudine di far spola tra i vari telegiornali a seconda degli orari tg1, tg3, tg3 regionale, tg2 e mentre io frignavo di voler vedere italia1 per i cartoni e mia madre per vedere la sua telenovelas che spopolava più che mai allora su canale5, mio padre rimaneva impassibile col monopolio del telecomando.
E poi nel pomeriggio, terribile notizia…”Papà ma davvero un ragazzo è morto?” “Se l’è cercata, guarda come stava combinato, e poi è stata solo legittima difesa, è ovvio. I carabinieri rischiano ogni giorno, sono eroi, e a volte rischiano parecchio.”
Ho pensato che allora ogni uomo in divisa fosse un eroe, che mio padre fosse un eroe e che rischiasse ogni giorno perchè ragazzi cattivi e disobbedienti lanciavano estintori e sassi per ammazzarli. Ed avevo paura, perchè io da bambina buona aspettavo ogni giorno a casa,senza mai disobbedire e fare dispetti o capricci.
L’utilizzo di internet, le letture furono una scoperta solo di qualche anno dopo.
Il mondo costruito dai soldatini che mettono a riparo tutta la comunità del villaggio crollò inevitabilmente. La divisa vista indossata ogni giorno non pareva altro che nascondere piaghe che si allargavano giorno dopo giorno, come mettere una tovagliolino di carta attorno ad un tubo che perde sempre più.
Ed ora, cercavo negli album delle foto dell’estate 2001, ma a quanto pare non ne possiedo, credo sia molto meglio così.
Scusate, è solo una descrizione di luoghi comuni della generazione che non ha vissuto Genova, ma che fa di tutto per spargere le cose come stanno per prevenire e correggere i soliti commenti ipocriti e irreali tipicamente pronunciati da chi non conosce la realtà dei fatti.
Un saluto.
sul come si impongono le verità ufficiali.se passo su un prato una volta non lascio tracce,se per dieci anni cammino sullo stesso tratto lascio un solco,un sentiero,una traccia che non se ne andrà (per quanto?).mi viene da dire che per contrastare la verità ufficiale efficacemente servirebbero altrettanti anni per tracciare un nuovo sentiero durevole. però il punto credo non sia il tempo ma la voglia:io non ero a genova,non c’ero,ho scoperto cos’era successo anni dopo,e sono serviti giorni,mesi.la maggior parte delle persone che conosco non troverebbe un’ora per guardare ‘la trappola’. ogni tanto davvero ho paura che un giorno sul ponte di messina passeremo con le jeep (scusate la malinconia notturna)
@francesca
ipotesi fantascientifica mi sembra quanto meno azzardato..consiglio la visione di quale verità per piazza alimonda,è il padre di carlo a parlare e dire che dal fiotto di sangue che si vede in foto si deduce che il cuore batte ancora quando il defender lo ‘arrota’.
Conoscevo già questa versione dei fatti ma solo orsito visto il video, da sola e a notte fonda (non mi è facile trovare un’ora libera a orari più urbani di questi tempi). Chapeau et respect per il lavoro di indagine che è stato fatto e grazie per aver riempito voragini di volutamente non detto da giornali e tv. E grazie anche ai Wu Ming che l’hanno divulgato.
Mi permetto però di fare una critica al taglio che si è scelto di dare al documentario. Prima di tutto condivido quanto detto da zeropregi sulla contrapposizione tra black bloc e manifestanti “buoni”. Poi avrei preferito più distacco, solo i fatti, con meno sarcasmo, indignazione, supposizioni. Non è solo una questione stilistica, eviterebbe a chi legge di sentirsi pilotato e di sviluppare una reazione di diffidenza/scetticismo. Non so se sono riuscita a spiegarmi…
Non va bene.
Non va bene che diventi una puntata di “chi l’ha visto”.
Non va bene che diventi una palestra per scienziati-detective de noantri, che sparano cazzate a 390 m/sec.
Non va bene che diventi luogo per esercizi di stile sul libero arbitrio, seduti comodi in poltrona.
Non va bene che diventi un luogo dove compiere queste belle evoluzioni davanti a una numerosa platea.
Non va bene.
Chi ha fatto gli scontri il 20 luglio ha salvato il culo a 10.000 persone, me compreso, annientato in fretta dai gas e dalla maschera.
E siccome non mi va bene lo spirito e la modalità con cui molti stanno intervenendo, per la prima volta smetto di seguire un post e il suo thread di commenti qui sopra.
Come sempre è certo che ho torto io, ma non mi regge la catena.
Posso solo esprimere ammirazione per la forza e la pazienza di franti di dare mille spiegazioni, e di wm1 e 4 che riescono sempre ad argomentare con pacata lucidità.
D’altronde è questo che ne fa un luogo prezioso.
Alla prossima.
L.
[…] Ma non sono certo dei deficienti. E per ricordare l’infame ricorrenza di oggi, credo che il loro pezzo sia il migliore. […]
Ripensare a Genova è difficile, ancor + farlo mantenendosi su un piano di lucida analisi, che trascenda le immagini registrate con il cuore in tumulto,le gambe in movimento, un sonoro devastante tutto intorno.
Eppure è necessario.
Quello è il nodo in cui secondo me confluiscono i poteri determinanti della nuova era.
In Italia, terra-colonia in cui da sempre i governi si muovono in accettazione di strategie di controllo esterne e sovranazionali, è un film già visto. [gladio docet]
Ma nel caso Genova 2001 c’eravamo anche noi.
Con le telecamere,con le macchine fotografiche,con i media center.
Al NoG8 del 2001 andammo in tantissimi.
Una grandissima parte era quel settore italiano di cittadinanza attiva che in Italia acquistava in quegli anni una grossa capacità d’intervento rappresentando un pericolo per il ‘sistema’ . Una moltitudine che si affacciava alla lotta di piazza impreparata [con un’ingenuità che per molti si rivelò cruciale]
Un’altra fetta, anch’essa enorme, eravamo noi in senso lato.
Intendo coloro che per mesi si incontrarono unendo l’esperienza fatta sul ‘campo’ e l’analisi del particolare momento. Arrivando alla conclusione che a Genova si doveva andare preparati.
Con creatività, con stile, con la qualunque.
Ma preparati.
Io stessa, che non riesco a mettere insieme concetti pesanti, capivo che lì si sarebbero sperimentate forme repressive ‘militari’ spinte.
C’erano i presupposti internazionali, nel mio gruppo c’era un compagno indiano americano che mentre noi preparavamo la lista di materiale da portare per il pronto intervento [rescue remedy,fisiologia,disinfettanti,bende] fece aggiungere materiale per cucire suture e altro per un pronto soccorso più determinante. Si era fatto Seattle e Göteborg…
A Genova anche dall’altra parte della barricata erano tantissimi.
C’erano quelli occulti a cui non saprei dare nome se non mettere insieme qualche sigla così a cazzo, BCE,FMI insomma quelli che controllano in maniera determinante la storia attuale.
C’era il nostro misero piccolo e meschino governo coglione, che doveva coprire il suo senso d’inferiorità con un celodurismo scomposto.
C’erano i corpi di difesa dello stato, le alte cariche impreparate e maldirezionate dalla politica e le truppe caricate a molla, infoiate.
Quando alla fine di via Tolemaide davanti ai miei occhi si è scatenato l’inferno ho sentito che tutto questa piramide di potere che si contrapponeva a noi nella figura di questo esercito di carabinieri e polizia armata da guerra era pronta ad uccidere.
L’ho sentito con la forza dell’istinto ma ci penso ancora oggi la penso così.
In quella offensiva di repressione, che un giorno scopriremo magari aveva anche un nome esotico nella stanza di controllo, l’obbiettivo non era di contenimento in quel momento. Io penso che c’era una strategia sul lungo periodo e che non c’erano limiti pur di arrivare al goal.
Ecco, vedo in questo percorso del cazzo anche Piazza Alimonda …
mi inserisco alla cieca nella discussione,
ho trovato questa pagina su facebook dalla pagina di un’amica.
ieri sera ho scritto questa riflessione.
pace e bene.
boh.
“come un rimosso.
psicanaliticamente il 20 luglio 2001 a Genova è gioco di transfert proiezioni e metafore.
personali sociali e sentimentali.
caruggi e creuze sono sinapsi oniriche oscure che si sono accese per molti giorni dopo i fatti di genova.
le mute camionette impazzite a zig zag tra cassonetti e manifestanti, gas sul viso sugli occhi sulla pelle sulle lacrime.
traslando, proiettando, modificando.
sogni di sogni.
perchè in realtà non mi ricordo nulla.
quattro giorni, 112 ore. sguardi, abbracci, pianti, corse, urla, schegge sassi e schiaffi.
eppure non ricordo nulla.
e a undici anni di distanza sono quasi convinto che quel poco che ricordo sia del tutto falso.
ero in piazza alimonda.
il 20 luglio, intorno alle 17.
ma forse non proprio in piazza, cioè in una via che la taglia per orizzontale, parallela a via tolemaide, forse via caffa, ma a riguardarla da foto e filmati non mi sembra sia quella.
ero in piazza alimonda, o lì nei pressi, mentre urlavano lo hai ucciso tu! lo hai ucciso tu! ma chi ha ucciso chi? uno spagnolo? una ragazza bionda? un ragazzo? due ragazzi? ma perchè?
e chi urlava? correva? saliva le scale? in borghese? in divisa?
ma poi… ero davvero inpiazza alimonda?
le immagini in tv hanno soppiantato le esperienze impresse nella memoria, un corto circuito neurale ha mischiato i sogni con i ricordi e con i ricordi di ricordi.
mi sento vittima dello stato e di me stesso.
ho tirato sassi sulla polizia.
non ho tirato nessun sasso.
ho tirato molotov.
non ho tirato nessuna molotov.
ho assaltato una camionetta.
non ho assaltato nessuna cammionetta.
ho visto i black bloc (block?) con i tamburi e le bandiere
non ho visto nessun black bloc (block?) nessun tamburo,nessuna bandiera.
l’agonia, l’ansia e l’eccitazione, gli assetti antisommossa delle forze dell’ordine e dell’ordine razionale interiore, la guerra e la pace.
l’unico dato incontrovertibile è che non ho mai più partecipato a una manifestazione politica in vita mia.
ah no… c’è un altro dato incontrovertibile.
la totale inutilità di quel g8.
carlo giuliani vive.
io un pò sono morto.
per non dimenticare?
per non dimenticare di aver dimenticato.
Buongiorno….vado controcorrente.
Se vi sia stata una “trappola” (dove sono cascati tutti, forze dell’ordine incluse) questa e’ stata sicuramente organizzata da chi nella violenza, anche verbale, trova la sua ragione di essere e di esprimere il suo dissenso e mi riferisco anche a chi e’ arrivato a genova con cappucci neri e da chi e’ stato ripreso e fotografato a staccare “san pietrini” e spostare cassonetti.
Come non vi e’ giustificazione nell’uso gratuito ed eccessivo della violenza da parte di chi deve fare rispettare le leggi, altrettanto si deve fare verso chi e’ andato un piazza cercando lo scontro e chi, pur non cercandolo, si e’ lasciato trascinare in quell’orgia di violenza.
Ho visto il filmato, molto materiale mi era gia’ noto e solleva dubbi sulla capacita’ delle forze dell’ordine di gestire le situazioni critiche.
Personalmente ritengo che chi era al comando in quei giorni sia responsabile di quello che e’ successo per una manifesta incapacita’ di arginare le violenze, di separare manifestanti pacifici e no.
Chi ha messo in strada una camionetta con tre carabinieri poco piu’ che ventenni, senza una particolare preparazione, senza direttive e senza che conoscessero le strade della citta’, e’ colpevole.
Chi ha lanciato un estinore pieno o vuoto che sia, chi lancia sassi e’ colpevole.
Un appunto al filmato.Inizia dicendo che il G8 e’ avvenuto sotto un governo di centro destra, mi auguro che sia solo una nota storica e non voglia indicare altro.
Se cosi’ fosse, sarebbe bene ricordare che il G8 era stato organizzato dal precedente governo di centro-sinistra.
Aggiungo questa nota per evitare di cadere nella solita trappola della contapposizione ideologica tra destra e sinistra, facendo virare la discussione.
Grazie.
Davvero possiamo cavarcela coi “dubbi sulla capacità delle forze dell’ordine di gestire le situazioni critiche”? Tutto qui? C’è stata una mattanza a cielo aperto, con caccia all’uomo in tante vie e piazzette. La sera dopo c’è stata la Diaz, e subito dopo le torture di Bolzaneto. Le forze dell’ordine hanno agito confidando nella più totale impunità. Si addestravano da mesi per quella situazione, a Ponte Galeria. Avevano armi non regolamentari. Nelle caserme è documentata la presenza di due ministri e un parlamentare. Uno di questi ministri assiste candido ad alcuni abusi di potere a Bolzaneto, e non dice nulla. I depistaggi sono iniziati in tempo reale, la macchina si è messa subito al lavoro per inquinare le prove… E tu pensi si trattasse solo di “incapacità” di “arginare le violenze”, di… “separare manifestanti pacifici e no”?
Mi sa proprio che abbiamo visto due film diversi (e non parlo de “La trappola”).
secondo me, le cose stanno diversamente: i poliziotti erano terrorizzati e altrettanto lo erano i politici. Il rischio di fare una figura disastrosa era immenso: se si fosse forzata la zona rossa e i grandi fossero dovuti essere evacuati in elicottero, vi figurate la cosa? i poliziotti non si fidavano delle divisioni del movimento ed erano convinti che alla fine tutti si sarebbero compattati per un unico assalto che loro non erano certi di poter contenere ( i numeri erano di venti a uno). A mano a mano che si procedeva nella giornata si sono imbaldanziti, anche se continuo a credere che sia vero che l’attacco di via tolemaide sia nato da un equivoco. E in ogni caso, io ero là (avevo avuto un appuntamento con dei miei compagni alle 17 proprio in piazza Alimonda, che ho sentito nominare per la prima volta), in piazza tommaseo che é la piazza a fianco, a duecento metri. E posso garantire che i carabinieri erano isolati, terrorizzati e ad un certo punto, in rotta disordinata. Avere fatto il morto, a mio giudizio, li ha ricompattati e tranquillizzati: di fatti il giorno dopo erano molto più pimpanti. Secondo me quasi tutti sottovalutano quanto il movimento fosse temuto e quanto alla fine non si sia rivelato all’altezza, consentendo alle guardie di rilassarsi e di esprimere a pieno la loro natura di parassiti vigliacchi e maramaldi
Se la macchina per depistare si e’ messa in moto da subito, direi che ha mal funzionato.Da subito si sono segnalati abusi da parte delle forze dell’ordine.
Lo stesso T. Capuozzo lo dichiarava al tg5 in quei giorni.
Si,ritengo si che vi sia stata una grandissima e colpevole incapacita’ nel gestire l’evento.Incapacita’ a cui che la recente sentenza sui fatti della Diaz non rende “giustizia”.
Non e’ responsabile solo chi e’ entrato in quella scuola, ma anche chi ha perso il controllo dei propri uomini ad ogni livello, facendo degenerare il tutto.Abbiamo visto due film diversi? Non credo, ma credo che qualcuno non veda o voglia vedere da chi sono partite le violenze.In questa discussione sento parlare di mattanze, di “sistema” ma nessuno che parla di incappucciati organizzati.Del perche’ erano li.
Non nascondiamoci, le violenze non sono nate dalla Polizia & Co., non fate questo errore.
Aggiungo che per me tutti i G8 (visti i risultati) sono perfettamente inutili e che proprio li si deve fare, li si facciano in mezzo a qualche deserto a +50 °C cosi evitiamo scontri di qualsiasi natura.
“Non nascondiamoci, le violenze non sono nate dalla Polizia & Co.”
Si, abbiamo visto film diversi
La macchina per depistare, purtroppo, nel complesso ha funzionato benissimo. A tutt’oggi non sappiamo i nomi dei poliziotti che fecero irruzione alla Diaz, ed è solo un esempio.
Quella delle violenze poliziesche come reazione alle violenze dei manifestanti è una gigantesca bubbola. Avevano già fatto la prova generale pochi mesi prima al Global Forum di Napoli, una sequela di violenze che purtroppo è meno ricordata di quella di Genova, e da mesi si addestravano in un certo modo perché era arrivato chiaro e tondo il “vale tudo”, il segnale che avevano “carta bianca”. E di questo segnale alcuni di noi erano stati avvertiti: “Ascoltateci, non andate a Genova, non ci andate” ci dissero più volte alcuni agenti della DIGOS di Bologna. E accadde in altre città. Le autorità sapevano che era stato predisposto un macello. Che poi alcuni episodi specifici siano frutto *anche* di incapacità, di errori nella catena di comando, non toglie nulla.
Di libri che documentano questi passaggi ne sono usciti svariati, persino ACAB di Bonini fa capire piuttosto bene il clima dei mesi precedenti al G8.
Devo andare. Fate i bravi.
Secondo me la macchina per depistare ha funzionato benissimo dato che la maggior parte della gente conosce solo la versione ufficiale.
Poi posso non essere del tutto convinta della teoria della trappola; le manovre dei CC nel possono forse essere imputate all’incapacità o stupidità o disorganizzazione (almeno è quello che si percepisce dalle conversazioni telefoniche). Posso anche arrivare a pensare che Placanica si sia fatto prendere d
fatto prendere dal panico… (post precedente partito per sbaglio). Ma sull’omissione di soccorso, l’infierire sul corpo, il tentativo di depistaggio penso che ci sia poco da raccontarsela.
Non è stata solo impreparazione. E si capisce anche da una cosa spesso sottovalutata nei filmati. I poliziotti picchiano il manganello sugli scudi prima delle cariche. Questa è cosa vietatissima perchè é un esplicito richiamo allo scontro. Il dirigente che autorizza una cosa del genere va nei guai. È grave perchè la fanno prima delle cariche, a freddo. Quello dimostra la voglia di spaccare le teste forse anche più dei calci dati alla gente a terra dopo le cariche.
E davvero possiamo cavarcela con un ” chi lancia sassi è colpevole?”, indipendentemente da qualunque contesto, dalla necessità, ribadita mille volte, di allargare l’inquadratura? Ho l’impressione netta, leggendo alcuni commenti, che il problema non sia nemmeno, come pensavo all’inizio, quello della cornice “violenza/non violenza” o “buoni/cattivi”. Il fatto è che, sotto sotto, molte persone ce l’hanno con “chi se la va a cercare”, punto e basta. La questione della violenza e della non violenza serve solo a coprire questa convinzione: hai ragione finché non rompi davvero i coglioni. Se li rompi, se non sei simpatico, se esci dal gregge, hai torto. E’ chiaro che ci sono enormi differenze, da caso a caso, ma alla fine mi pare che il discorso sia il medesimo (anche se chi lo fa non lo ammetterà mai): Se la sono cercata i partigiani, se l’è cercata Saviano, se l’è cercata Carlo Giuliani – cazzo, aveva un passamontagna! – e se l’è cercata chi non ha seguito il consiglio delle due più alte cariche dello Stato, sabato 21 luglio 2001: non andate a Genova, state a casa.
Sì, ho la medesima impressione.
La narrazione tossica raggiunge la sua massima efficacia quando riesce a distrarre dal dato effettivo (parola/suono) chi la ascolta/osserva.
Il cervello non registra il dato per poi valutarlo confrontandolo con altri dati: l’inquadratura cognitiva è apertissima e raccoglie di tutto, soprattutto (r)accoglie pre-ascolti, pre-osservazioni, pre-giudizi che sostituiscono il dato effettivo e creano cortocircuiti definitivi legati ad associazioni che si formano da sé (oggetto indossato in testa che copre il viso=passamontagna=premeditazione violenta / estintore tra le braccia=premeditazione violenta) e che sono difficili da scardinare.
“Se la sono cercata” significa: tu, invece, che sei una personcina ragionevole, sta’ tranquill*, ci pensiamo noi, ma non lo sai come va il mondo?
E mentre dicono questo, ci accarezzano la testa e il cervello va in pappa…
Ho guardato anche io il video ieri sera, mi sono anche riletto la controinchiesta e… mi sono reso conto che il modo in cui guardavo, il modo in cui leggevo era diverso rispetto a come guardavo i video su Genova e a come leggevo, magari la stessa, controinchiesta anni fa. Provo a immaginare cosa possa voler dire questo per chi non solo a Genova non c’era ma ha saputo di Genova 2001 anni dopo, proprio per ragioni anagrafiche, e quindi che è cresciuta in un contesto mutato, in cui è diventato paradigmatico un certo atteggiamento/distacco dalla lettura dei fatti sociali, ma anche della propria personale esperienza di vita. Una questione centrale è a mio avviso che siamo cambiati, un mutamento “antropologico” intendo, è cambiato il modo in cui guardiamo il mondo e vi diamo senso, è mutato il senso e il peso che diamo alle nostre relazioni interpersonali e sociali. Siamo tutti molto impegnati ad assumere atteggiamenti da “sgamati”, da “come la vedo lunga”, fra il cinico e l’ironico: lo scrivo qui perché @danae con quel suo <> mi sembra colga in pieno la questione e la difficoltà di reagire se il sottointeso è sempre quel “ma non lo sai coma va il mondo?”.
E mi rillaccio a quel che scrive @nuvoleonline: sottoscrivo ogni singola parola del suo intervento e la ringrazio perché mi ha risparmiato grande fatica (non per pigrizia, ma perché costa gran fatica scrivere di quelle giornate, tornare a ragionarci sopra…): “nel 2001 mi sembra ci fosse, in noi e fuori di noi, più attenzione ad avere “cura” di chi ci stava vicino” è un’affermazione che mi vede pienamente in sintonia, è una sensazione – magari sbagliamo a “sentirla” così, magari siamo schiacciati da pessimismo e “sindrome da reduce” – e non possiamo non tenerne conto nel momento in cui ci chiediamo oggi come funzionano i meccanismi delle verità ufficiali, o comunque delle verità che divengono poi banali “luoghi comuni”. Io – quando rivado con la memoria ai giorni di Genova – le prime cose che rivedo sono le facce dei miei compagni e delle mie compagne che erano lì con me, ricordo l’ansia non solo per la mia incolumità ma anche per queste persone con cui ero arrivato a Genova dopo un percorso d’attivismo politico (giusto o sbagliato qui poco importa) e volevo che tornassimo tutti a casa senza ossa rotte, tornare a casa per continuare, tornare a casa senza lasciare indietro nessuno. Se siamo stati per alcuni fatalmente guidati dall’innocenza (in senso morale) – cosa a cui fra l’altro io non credo – non penso questo vada processato come la grande colpa, altre cazzate sono state fatte ma oggi è facile leggerle come tali (non dico non sia giusto discuterne…) mentre farlo e capire come muoversi in alternativa in un contesto ipercomplesso come quello che si dava in quelle giornate – ma anche prima, e anche dopo – era tutto tranne che semplice.
Ultima cosa: io in quelle giornate ho deciso dove stare e come stare, certo le mie scelte erano subordinata a una lunga serie di variabili ma io ho scelto – insieme a chi era lì con me, a chi con me era sceso a Genova – e nessuno lo ha fatto al posto mio, giusto per dire che quella dei leader che sbagliano dopo un pò diventa una roba pallosa e anche un pò mortificante…
E grazie a chi in questi anni ha provato tenacemente a fornirci strumenti per raccontare il G8 di Genova in modo diverso da come ce lo sentivamo urlare dalla televisione e dalle “verità ufficiali”, perché in primo luogo ci rende un pò della complessità degli accadimenti di quelle giornate… non solo un’altra verità, ma la complessità che, purtroppo, è un “bisogno” attualmente di poco valore.
Scusa, ma cosa ci sarebbe di male a pensare che se la son cercata (a parte quelli della caserma Diaz, ovvio)? Mi sembra di destituirli dalla convinzione della loro scelta: sono andati proprio per cercarsela e anche cercare un confronto diretto e, in alcuni casi, bellicoso. E allora? Un loro diritto, verso il quale non credo si possa nutrire alcun diritto di mettere in discussione. Nè meravigliarsi delle conseguenze.
Tre anni fa Giulio Andreotti, in una puntata di “La storia siamo noi”, disse che Giorgio Ambrosoli, ucciso da un killer l’11 luglio 1979, era uno che se l’andava cercando. La frase destò scandalo, e io la trovo odiosa, ma nella tua accezione di “andarsela a cercare” (=faccio una cosa convinto di quel che faccio, consapevole delle conseguenze), non ci sarebbe nulla di male: Ambrosoli era convinto e ben consapevole dei rischi. E quindi appunto: se la son cercata i partigiani, e se la cercano tutti quelli che attaccano in qualche modo la criminalità organizzata (si sa che la mafia non fa sconti). Sbaglierò, ma a me pare che la tua accezione di “andarsela a cercare” sia molto distante da come di solito viene percepita la frase: “Te la sei andata a cercare” contiene scherno, in fondo sei un fesso, uno che la morte se l’è cercata e non che se l’è vista arrivare addosso come conseguenza – magari prevedibile, ma inattesa – di quel che *davvero* stava cercando: la libertà, la giustizia, o chissà cos’altro.
Sono incuriosito dal numero di castronerie che hai intenzione di sparare.
Mi sa che vuoi mettere un record.
Vedrai che alla fine qualcuno le conta e ti dà un premio.
L.
Sì, infatti: per me “andarsela a cercare” (espressione che hai usato tu, nella sua estrema sintesi) non indica né incoscienza né ingenuità, al contrario consapevolezza delle possibili conseguenze e – si spera – convinzione. Quindi, nulla di male.
per curiosità, se a qualcuno può interessare, metto il link all’instant book che avevo scritto allora e che non ho mai terminato, chi lo sa perché. Sono passati undici anni ed é un po’ invecchiato, anche se probabilmente sono invecchiato di più io
http://barraventopensiero.blogspot.it/2011/10/da-genova-destinazione-nuovo-mondo.html
Allora non si sapeva con chiarezza quello che oggi é noto, che l’attacco al corteo del Carlini fu causato da un errore nella catena di comando dei repressori; ma viene colto bene, io credo, il fatto che alle 16, quando il corteo viene respinto, gli scontri nella città duravano da quattro ore, prima in piazza paolo da Novi poi lungo il Bisagno, a marassi, a piazza manin, in corso torino, e perfino dall’altra parte a Dinegro. La pretesa di avanzare come nei programmi concordati senza tenere conto della situazione mutata dimostra l’impreparazione non solo tecnica ma politica della direzione dei Disobbedienti: il punto nodale sta qui, enon é relativo solo a questa vicenda ma all’intero antagonismo, ancor oggi ma molto di più allora. Cioé, una profonda incomprensione del ruolo storico dello Stato e delle sue forze armate. Esclusi gli anarchici, e qualche libero pensatore, che erano e sono numerosi ma sono ben lungi dal corrispondere al totale di questi movimenti, esiste la convinzione (a mio giudizio nefasta) che lo Stato sia uno strumento, che si qualifica in base all’uso che se ne fa, e non un soggetto autonomizzato. E di conseguenza si alimenta l’illusione che esista un dialogo possibile e un patrimonio comune di senso. Tipico é il riferimento alla Costituzione che coinvolge sovente anche frange molto estreme della sinistra.
Per conseguenza molti, anche molto estremisti nelle forme e in certi contenuti, tuttavia non affrontano la polizia per quel nemico assoluto e irriducibile che é. Per cui la morte di Giuliani e le violenze efferate della Diaz e di Bolzaneto (molto simili a quelle di napoli qualche mese prima) non vengono viste come un normale incidente di percorso in uno scontro mortale per la liberazione umana, ma come qualcosa che non doveva accadere e soprattutto come qualcosa che sarebbe potuto non accadere.
[…] l’anniversario dell’omicidio di Carlo Giuliani. Lo scorso marzo avrebbe compiuto 38 anni. Ieri questo post pubblicato su Giap dal collettivo Wu Ming ha dato adito ad un’interessante discussion. […]
Prima di “eclissarmi” per la giornata di oggi (non potrò seguire il dibattito né sbloccare i commenti finiti in moderazione, e siamo tutti un po’ sparsi in giro, quindi abbiate pazienza), volevo fornire – sempre per quanto riguarda l’operazione trasparenza di Giap – alcune cifre.
Ci aspettavamo che il post venisse linkato, condiviso sui social network, e che suscitasse discussione. Come si diceva ieri, il ciclo della rimozione è finito, oggi molte persone tornano a “leggere” Genova, e lo fanno alla luce di quel che è accaduto dopo e – soprattutto – di quel che accade ora (non solo in Italia). Aggiungiamo il clamore per le sentenze della Cassazione, il dibattito suscitato pochi mesi fa da “Diaz” di Daniele Vicari, la crescente sensazione che su Carlo Giuliani siano state raccontate cazzate, l’irritazione per il continuo tirarlo in ballo a ogni scontro di piazza… La vigilia dell’anniversario…
Però eravamo ben lontani dal prevedere l’impatto che c’è stato ieri. A un certo punto, con 1500 connessioni simultanee, il server è collassato e si è dovuta mettere al lavoro un po’ di gente (compresi i nostri vicini di spazio virtuale) per trovare le risorse e gestire l’afflusso.
– 34.825 visitatori (o meglio, IP unici);
– 22.000 views in più per “La trappola” su YouTube (che però è lento ad aggiornare le statistiche elaborate e scorporate, il dato è una mera sottrazione del numero di views della sera del 18 dal numero di views attuale);
– oltre 10.000 condivisioni su FB + 354 retweet (non è ancora il ns. post più condiviso di sempre, ma sicuramente è il più condiviso nel minor lasso di tempo);
– 1437 visite verso l’inchiesta “L’orrore in Piazza Alimonda”;
– tutti i link proposti nella discussione cliccati tantissime volte;
– va ricordato che i post di Giap sono anche spediti via e-mail a chi è iscritto a quel servizio (circa 4000 persone) e ovviamente noi non abbiamo statistiche di quei click;
– e oggi il ritmo è lo stesso di ieri! :-/
Nemmeno nei suoi momenti più “alti” questo blog aveva visto niente di paragonabile, toccherà fare un surplus di riflessione sulla voglia che c’è di tornare su questi temi. O meglio, del “far tornare” questi temi: non siamo noi che andiamo indietro, sono loro che si sono spostati avanti nel tempo e sono diventati – di nuovo – il nostro presente. Le due sentenze della Cassazione tecnicamente riguardano gli eventi di allora, ma nella sostanza riguardano quelli di oggi, dalle lotte No Tav alla rabbia sociale che sempre di più scuoterà il Paese, dai morti per “controllo delle forze dell’ordine” ai movimenti che in Europa si stanno organizzando contro la crisi.
Genova non è faccenda di commemorazione o revival: è parte di tutto questo. Toccherà continuare a riflettere.
Perlomeno, noi ci rifletteremo sopra.
Visto “La trappola”. Pur condividendone di fondo tutte le tesi, effettivamente secondo me qualche scivolone retorico di troppo lo rende inadatto alla divulgazione a chi “a genova non c’era” (che male c’è a dire che se uno ti sta per sparare e tu hai un’estintore in mano vuoi lanciarglielo addosso, in quella situazione! Senza parlare della frase “volontà di disarmare” che è veramente eccessiva e inficia la validità della ricostruzione ad occhi non “complici” come i nostri…). Strana sensazione nel sentire dal vivo la voce di Cappello e Truglio: bella gente, davvero. Carino vedere l’eleganza come già in processo tutti si scaricano il Placanica.
Su quanto diceva WM2 e le “questioni di lana caprina”. Credo che anche questo sia segno dei tempi: nel 2001 mi sembra ci fosse, in noi e fuori di noi, più attenzione ad avere “cura” di chi ci stava vicino. Ed è questo che spiega tutto: se hai cura di chi ti sta vicino non prendi e corri pensando solo a te stesso. Ti preoccupi di portare tutti a casa. Uno invece lo abbiamo lasciato là sull’asfalto.
Non lo so, “se si parte insieme si torna insieme” è un concetto forse antropologicamente desueto da far comprendere oggi, ma questo è triste non solo in relazione all’omicidio di Carlo Giuliani o al corteo di Via Tolemaide.
E proprio non esserci riusciti a portare il culo di tutti a casa, forse, è alla base di quel senso di rimozione che viviamo noi che ci siamo stati, che sempre wm2 è riuscito a esprimere così bene. D’altronde una sconfitta così in vita mia io faccio fatico a ricordarmela.
Capisco che come “spirito” sia difficile da trasmettere oggi ricostruendo il tutto, ma chiaro che se manca questo concetto – questo sentimento? – tutto diventa un po’ più inspiegabile.
Per chi, ancora, oggi, dodici anni dopo continua a parlare di “eh ma col passamontagna non si va in manifestazione”, “eh ma che faceva coll’estintore in mano” etc… che ancora oggi cercano di trascinare indietro questa discussione collettiva, magari condendo il tutto di non-violenza etc… boh ragazzi: guardate che molta della gente che vedete sepolta da capannelli di sbirri a ingoiare manganelli son quelli che c’hanno provato, a tenere una posizione “non violenta”. Ad accoglierli a mani alzate, urlando chi “pace”, chi “press”, chi “sono un medico”. L’abbiamo visto che ne han fatto di loro: maschere sanguinanti in strada, anticamera delle torture di Bolzaneto.
Per quanto riguarda le eventuali polemiche (fuori tempo massimo secondo me) tra gruppi e gruppetti e strategie e chi se lo rivendica e chi non se lo rivendica, quoto in toto WM1:
“io oggi sono Genova nel suo complesso, “sono tutto questo disastro”, sono il pink, sono il black, sono la tuta bianca, sono il gay, il cattolico, il musulmano, il rifondarolo, il greco, il turco e il turcomanno (e la turcomanna). Ogni bandiera sventolata a Genova, ogni maglietta indossata, l’ho indossata anche io. Come mi rifiuto di distinguere tra buoni e cattivi, così mi rifiuto di considerare alcuni più furbi e altri più deficienti di altri.”
E mi sembra lo spirito che, almeno pubblicamente, dovremmo portare avanti tutti. Nel senso che parlare di altro, oggi, non mi sembra importante e soprattutto non mi sembra utile a rendere chiaro a chi non c’era cosa è davvero successo a Genova nel 2001.
besos,
c.
Avevo 17 anni e nessuna esperienza di piazza. Ho visto Genova in televisione, indignata per le violenze subìte dai manifestanti principalmente a causa di una banale tendenza a stare dalla parte dei più deboli (che poi forse tanto banale non è). Quando ho visto per la prima volta le immagini di Carlo ho imprecato, e quel maledetto estintore ha offuscato pure il mio cuore, oltre la mia testa. Non ho detto “se l’è cercata”, per fortuna, ma ho pensato “perché l’ha fatto?” Negli anni successivi mi sono voluta documentare, ho assistito anche ad un incontro col papà di Carlo e poi internet ha aiutato ad allargare l’inquadratura, e ora so, un po’ pasoliniamente, cosa accadde. Lo devo anche a voi, anche a questi filmati che continuano a dare risposta a quelle che erano solo sensazioni viscerali.
E’ vero, lo Stato è uno strumento, ma le immagini che guardiamo ci dicono che lo Stato è diventato un fine, come ogni istituzione che tende all’autoconservazione. Credo che tutto questo lavoro di controindagine vada premiato, che tutte le persone che ci lavorano da più di dieci anni vadano ringraziate, perché lo stanno facendo per noi tutt*.
Sei anni fa, ho scritto questo pezzo per spiegare a me stesso come mai un agente dei servizi segreti (Renato Farina, agente “Betulla”) giunto in piazza Alimonda cominci a fare telefonate senza andare a verificare se il corpo lì per terra è quello di un vivo o di un morto.
Aggiungo due centesimi su Carlo Giuliani. Quando raccoglie l’estintore (all minuto 0:39 del filmato, più o meno), è a circa 4 metri dal Defender, com’è ormai noto. La sua postura (la testa in avanti rispetto alla linea delle spalle, la schiena leggermente incurvata) dimostrano che Carlo ha raccolto l’estintore guardando in avanti, cioè verso il defender, e non in basso, cioè verso l’oggetto rosso. Giuliano Giuliani ha mostrato in diverse occasioni altre immagini che confermano il fatto che Carlo sta guardando il defender quando raccoglie l’estintore. E le immagini mostrano un movimento delel braccia che nno è diretto verso l’alto – come sarebbe se un ragazzo piuttosto basso volesse lanciare un corpo contundente verso un mezzo a 4 metri di distanza), ma orizzontale: come volesse portarlo davanti alla faccia. Io credo che Carlo, in modo istintivo, abbia cercato di proteggersi con quell’estintore, avendo già visto la pistola puntata contro di lui.
Seconda monetina: Carlo non era travisato. Non era sua intenzione esserlo (quello che ha sul volto è un sottocasco, non un passmontagna). Non avrebbe indossato una semplice canottiera, che lo rendeva immediatamente identificabile a causa del grosso tatuaggio sulla spalla, che le forze dell’ordine genovesi ben conoscevano. E, per la cronaca, coprirsi la bocca con quel che capita a mano (il sottocasco, se sei uscito di casa in motorino per andare a studiare e ti sei trovato in mezzo agli scontri) serve a proteggersi dai lacrimogeni.
Tutto qui.
Io il 20 luglio 2001 ero uno che con la politica gliel’aveva data sù, a Genova avevo deciso di andarci quasi da turista, avevo persino votato per Rutelli. Poi mi sono ritrovato a tagliare limoni da mettere nello zaino, a fare servizio d’ordine tra francesi che non parlavano italiano, poi mi sono ritrovato una cartuccia di lacrimogeno al CS ai piedi, che conservo ancora. E una gran voglia di ricominciare, o forse di smetterla di prendermi in giro.
Torno di nuovo a fare il disturbatore.
Io odio la dietrologia. Dunque pur essendo un lettore di noir e thriller, non trovo mai passione nel suggerire complotti o altro.
Io onestamente non so se quella di Piazza Alimonda sia una trappola o no. Quello che credo è che sia poca importante.
A Genova un morto c’è stato. E’ stato cercato e forse è solo casuale che ce ne fosse stato soltanto uno. Le teste spaccate della Diaz ad esempio ne avrebbe potuti provocare anche altri. Carlo Giuliani è stato ucciso da un colpo in fronte da un CC. Stop. Non ha sparato un’altra arma come si è anche ipotizzato.
Partiamo da questo assunto. Il resto è così determinante?
Serve parlare di Sismi o agenti Betulle? Certo possono essere curiosità ma sposta poco riguardo la gestione dell’ordine pubblico in quelle giornate e lo scontro tra apparati polizieschi (CC vs PS in Via Tolemaide).
Spostare l’obiettivo credo sia determinante.
Qualcun ha scritto “Il decennale” lo stiamo festeggiando quest’anno. Sono d’accordo. Ma c’è voluto un film e 2 sentenze di tribunale per parlarne. Se non ci fosse stato Diaz film e Diaz sentenza, quei 10 sarebbero andati sotto processo nella semi-indifferenza.
Aggiungo un altro elemento.
Il decennale organizzato lo scorso anno dall’ex GSF è stato qualcosa di abbastanza vergognoso. La memoria reducistica e vittimistica di quelle giornate ha preso il sopravvento sulla portata dell’evento. A Genova siamo state vittime, in parte, e protagonisti, per un’altra consistente parte.
Gli stessi organizzatori del decennale dello scorso anno hanno impedito che si parlasse del processo ai 10. Hanno ostracizzato qualsiasi iniziativa e gli avvocati dei 10 hanno dovuto imporsi per ritagliarsi uno spazio durante una delle tante inutili conferenze.
Sicuramente è tardi per fare i conti con Genova ma dovremmo quantomeno fare i conti con noi stessi oggi. Ne parlavo in un commento precedente e sorridevo vedendo le immagini da Madrid, certo che se quelle immagini fossero di città italiane, avremmo tutt’altri commenti.
Non voglio fare l’elogio del 15 ottobre (ho un mio personale parere su quella giornata) ma del come è stata gestita dai movimenti e dai partecipanti a quella manifestazione.
E’ lì che Genova non è stata ancora superata ma bensì ha lasciato una traccia indelebile.
PS
Stimo molto Girolamo, ma dire che un sottocasco non è un passamontagna e si usa esclusivamente per andare in moto, mi ha fatto sorridere.
Dai non c’è bisogno e svilisce un ragazzo che ha scelto di resistere ed esistere in quella piazza.
PS 2
Chiudo perché oggi è il 20 luglio sperando che a Carlo sia data la dignità che merita e che non venga agitato come un martire.
Vabbè, questa discussione sta prendendo l’imbarazzante andazzo del processo preventivo a chi va in piazza e a come ci va. Ho capito che per la maggior parte delle persone il portarsi in piazza bandane, foulard, sottocaschi, passamontagna, caschi, limone, uova equivale a una condanna morale *senza se e senza ma*. Circa 18 ore fa ho scritto un post che parlava proprio della visione differente che ha chi è abituato a stare fisicamente in piazza in momenti di tensione da chi guarda gli scontri dal balcone di casa. Evidentemente quel post stupidissimo e banale che ho scritto non l’ha letto nessuno, altrimenti, credo, non si sarebbe continuata la discussione sulla falsariga del look da corteo, del sanpietrino divelto, della bottiglia raccolta. [E purtroppo questa visione colpevolista\moralista è attribuibile anche al film di Vicari, che sono sicura molti che hanno scoperto genova da 5 minuti e hanno scritto qui hanno visto: sembrano tutti commenti alla scena finale del black bloc pentito “hanno fatto tutto questo per causa nostra!”, o alla scena della bottiglietta ‘provocatrice’ che rotea addosso alla polizia e dà il via alla mattanza]. Il proseguire di questa discussione mi convince ulteriormente che lo iato tra chi sta in piazza e chi discute da fuori è incolmabile. Non v’è possibilità di identificazione,
in piazza ce devi sta e se nun lo sai, sallo.
Non credo che il ricorso alla violenza fisica (esistono anche altri tipi di violenza, spesso più dolorosi) sia sempre sbagliato, e certo non lo è quando ci si deve difendere da attacchi sistematici da parte di individui armati dallo Stato. Ma non possiamo raccontarci che l’uso delle violenza da parte di alcuni gruppi e di alcuni individui che partecipano a questo tipo di manifestazioni abbia esclusivamente uno scopo difensivo. E se, lasciando per un attimo da parte la valutazione morale di certi comportamenti, ragioniamo invece sulla loro efficacia, come possiamo non chiederci che senso abbia allestire certi spettacoli così facilmente sfruttabili dai media di sistema per spaventare chi sta davanti al tv e convincerlo a rimanerci anziché aprire finalmente la porta di casa e scendere in piazza? È di questo (credo) che il Potere (ognuno lo intenda come vuole) avrebbe paura, non certo dello scontro fisico tra uomini in divisa armati fino ai denti con armi sempre più sofisticate e gruppi molto minoritari di cittadini armati di pezzi d’asfalto.
p.s. Sembra una domanda retorica la mia ma non lo è. Chiedo a voi che avete più esperienza di aiutarmi a capire. Grazie
scusate se intervengo dinuovo a poca distanza. il thread nasceva con l’intento di discutere anche della percezione che si ha di Genova, su quale è l’immaginario che ne è scaturito, e come quelle immagini vengono trattate\celate\mostrate, quindi linko questo articolo appena uscito su globalist (col quale non sono affatto d’accordo) che sembra quasi una risposta a questo thread. Voi ci avete invitato a riguardare, altri invitano a smettere di riguardare. http://www.globalist.it/Secure/Detail_News_Display?ID=30732&typeb=0
Ormai la discussione ha preso certe vie e forse è giusto così, ma a me in testa frulla ancora l’esortazione che chiudeva il post e cioè a ragionare su come si impongono delle verità ufficiali che nei fatti non sono altro che narrazioni tossiche della realtà.
Ho provato a scrivere un commento come questo anche ieri e mi ha fermato il server, e forse è un segno. Perché io non so parlare in altro modo di come si impone un racconto della realtà se non facendo appello alle mie conoscenze teoriche e alle mie capacità analitiche. E questo altro non è che fare della filosofia e fare della filosofia parlando di Genova mi pare una bestemmia.
Però ci provo lo stesso e se sarò fuori luogo me lo direte e pace.
Ogni racconto, per esistere in quanto racconto, deve darsi un tempo e uno spazio, un inizio e una fine.
Quando e dove è iniziato l’orrore di Genova? Nelle strade? Nei palazzi? A un ora precisa del 20 luglio? Oppure mesi prima nelle assemblee che non avevano tenuto conto di questo o di quell’altro fattore?
Io credo che non lo si possa stabilire con precisione. Per ognuno quell’evento inizia in una temporalità diversa, ognuno condivide con altri temporalità comuni di quell’evento.
Questo lo si può raccontare molto difficilmente e di sicuro non lo si può raccontare nei tempi e negli schemi di quegli apparati che ieri come oggi sono preposti al racconto e all’autenticazione della “verità” dei fatti (l’informazione, i tribunali, la politica, ecc.) e accettati in quanto tali da un patto sociale.
Una verità ufficiale si impone anche perché stabilisce quando inizia e quando finisce, come inizia e come finisce, un certo racconto della realtà. Mette dei limiti, decide di cosa è pertinente e cosa non lo è in un determinato contesto.
La realtà, invece, è sempre debordante rispetto al racconto, lo eccede e lo supera, ma anch’essa ha dei limiti.
Una volta che un evento ha avuto inizio (molteplice, vario, con temporalità diverse, mai univoco) le possibilità di scelta, per i soggetti coinvolti, si riducono drasticamente. Più ci si avvicina al punto in cui emergono tutte le dinamiche, meno si è liberi di scegliere.
Chi parla di libero arbitrio vede nell’aggettivo libero un fascio di possibilità, infinite rette che passano per un solo punto, l’individuo razionale.
Ma quando a destra hai il muro di una ferrovia e a sinistra dei palazzi puoi solo andare avanti o indietro.
Ma se dietro hai altri 9.999 corpi e davanti una linea di scudi di plastica le possibilità si riducono drasticamente e la scelta diventa binaria. Scappare o resistere.
E la domanda allora è questa: la libertà in tutto ciò dove cazzo è?
Premesso che questo tono da Giuliani santo subito non mi piace, e che la ricostruzione dei fatti che fa il video di sicuro non mi convince del tutto, volevo fare una domanda sulla ‘narrazione tossica’.
Sarebbe una qualsiasi narrazione che non vi convince, oppure c’è effettivamente qualcosa di malsano in essa?
Sul concetto di “narrazione tossica” abbiamo scritto diverse cose, cercando anche di analizzare quali siano le tossine che possono avvelenare un racconto del reale.
Se ti va, trovi qualcosa qui:
I minatori di San José e la fiction istantanea
http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=1480
Disintossicare l’Evento, ovvero: come si racconta una rivoluzione?
http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=3832
Grazie.
[…] da aggiungere a quello che hanno già scritto i Wu Ming in questi giorni: vi invitiamo a leggere il loro blog, dove è raccolto praticamente tutto il materiale più interessante su quello che accadde nel […]
[…] fa per lasciarsi alle spalle quello che dovremmo tenere sempre davanti a futura memoria." Tu che straparli di Carlo Giuliani, conosci l'orrore di Piazza Alimonda?*|*Giap Rispondi […]
[…] della morte di Carlo Giuliani. Ripubblichiamo un articolo di Wu Ming uscito ieri su Giap, solidali con i dieci “black bloc” accusati, loro per tutti, di devastazione e […]
Che fosse un trappolone, non vi è dubbio. Mai visto un corteo autorizzato partire senza la presenza delle forze del disordine in testa al corteo.
Ad ogni modo ho letto qui qualcosa a riguardo al sangue freddo nel non lanciarsi nell’ atto di incendiare una camionetta dei carabinieri.
Sangue freddo?
Oppure di chi va in corteo distinguendo tra chi “fa” il corteo e chi lo guarda dal balcone.
E’ un corteo, non una guerra signori
Ho l’eta’ per ricordare altri cortei, per ricordare i lunedi’ dove si faceva la conta dei pestaggi avvenuti il Sabato precedente
Incendiare, lanciare sassi, andare in un corteo pronti allo scontro..sono atti violenti che non hanno attenuanti, senza se e senza ma.
Al volo (mi è toccato connettermi per seguire la vicenda del server):
“Senza se e senza ma” è un’espressione che non mi è mai piaciuta, anche quando usata con le migliori intenzioni, come ad esempio per opporsi a una guerra.
Il pensiero critico è fatto di se e di ma. Si nutre di vaglio delle ipotesi, obiezioni, controargomentazioni, risposte che sono nuove domande. Si nutre di “cosa sarebbe successo se” e “ma proviamo a guardarla da un’altra angolatura”. Inoltre: le contestualizzazioni lo fanno vivere, le decontestualizzazioni lo uccidono.
Ragion per cui, se ti fa piacere, accontentati del piccolo dogma, dell’assioma che hai appena enunciato. Noi continueremo a ragionare, coi nostri se e i nostri ma, senza il paraflutti di un principio ritenuto valido sempre e comunque e per chiunque. “Fuck context”, per quel che mi riguarda, è solo uno slogan stupido di Rem Koolhaas. Io dico: “Fuck in the context”.
Non ti impedisco di ragionare con i tuoi schemi anzi…ed hai ragione quando dici che ci sono i se ed i ma.Lo riconosco.
Il mio dogma non ne ne piccolo ne grande …e a dirla il vero non ne neanche un dogma.
Mi chiedo, vi chiedo…se anziche’ S. Giuliani fosse rimasto sull’asfalto Placanica, questo blog sarebbe stato ugualmente attivo come ora?
Spiegatemi perche’ in una manifestazione se debba rrivare con scudi in plexiglass e protezioni.Per difendersi da cosa o da chi?
Perdonatemi ma non lo capisco e per mia fortuna non lo capiro’ mai.
Nel giro di tre righe ci domandi di spiegarti una cosa e poi ci dici che per fortuna non la capirai mai. Scusami, ma perdere del tempo non piace a nessuno e questa non è una tribuna per esercizi di retorica. Chiudiamola lì. Preferisco discutere con chi, per fortuna, ha voglia di capire.
Io credo che se sull’asfalto fosse rimasto Placanica – e in effetti l’ipotesi di alcuni è che un morto delle forze dell’ordine avrebbe fatto molto comodo e addirittura lo abbiano cercato (invano) – questo blog probabilmente non esisterebbe, perché a Genova, nelle ore seguenti, per rappresaglia ci avrebbero ammazzati tutti.
Oddìo, letteralmente tutti no, era impossibile, ma gli squadroni dei Robocop avrebbero ammazzato (sempre “per difesa”, ovviamente) svariati manifestanti, con la copertura di istituzioni e media, e avrebbero sistematicamente ferito, imprigionato, torturato, terrorizzato, traumatizzato (e in seguito la magistratura avrebbe condannato a pene pesantissime), ben più di quanto è effettivamente avvenuto. Io non so se sarei qui a scrivere, oggi.
Dici che “per tua fortuna” non capirai mai da cosa cerca di difendersi chi scende in piazza con protezioni.
Per tua fortuna. Non sai che verità hai appena detto!
(Non so però da dove ricavi una tale sicurezza. Molte persone uccise dalle forze dell’ordine di questo Paese non si aspettavano affatto che accadesse a loro. Aldrovandi, Uva, Bianzino… Ma anche Giorgiana Masi, per dire di una che scese in piazza in modo assolutamente non-violento e si beccò una pallottola)
A quella manifestazione si arrivò con protezioni e scudi in plexiglass perché da qualche anno si era ragionato su un modo di stare in piazza che comprendeva la disobbedienza civile (intesa come libertà di muoversi nelle zone rosse imposte dall’apparato di repressione) e la resistenza passiva fatta attraverso il proprio corpo.
Questa era una parte del ragionamento teorico che accompagnava le pratiche delle tute bianche e dei disobbedienti che formavano quello specifico spezzone di corteo.
Sicuramente qui capiterà qualcuno che saprà spiegarti le cose con maggiore chiarezza e profondità di quanto non sia in grado di fare io, che all’epoca avevo 17 anni e di teoria capivo molto poco, ma bastava leggere e informarsi per capire i come e i perché che ti domandi…
Eppure basterebbe esserci una volta per capirlo: non serve nemmeno Genova, basta la val di Susa, o le fabbriche attorno a Milano, o Roma durante le proteste dei pastori sardi (anche loro pericolosi anarcoinsurrezionalisti?) o, prossimamente, chissà quanti altri posti (spagna docet).
Basterebbe vedere un poliziotto che ti prende di mira col fucile, anche se ha caricato un lacrimogeno e non una pallottola, o respirare 2 minuti di gas CS, o essere spinto via da un’idrante (delle manganellate non parlo perchè finora le ho evitate, ed evito di parlare di cose che non so).
Basterebbe trovarsi lì per capire che per essere aggrediti o incarcerati dalle ffoo non è necessario aver fatto qualcosa, basta essere dove loro non vogliono. La chiamano compartecipazione psicologica.
Oppure lo si potrebbe capire provando ad ascoltare (o leggere) alcune delle cose scritte qui, ad esempio quelle di @Detta Lalla, ma se scrivi questo forse l’hai fatto e non è servito. Quindi si, ti auguro di non capirlo mai
Nota identificativa: ho cambiato il nick per uniformarlo sulle varie piattaforme, fino a qualche giorno fa qui su Giap scrivevo come RobertoG
Minchia che argomento.
Pensa solo per un momento di essere ebreo e di sentirti dire da un tedesco: “eh, ma se nelle baracche dei lager ci fossero state le SS e gli ebrei fossero stati nelle torrette, non stareste qui a rompere con l’olocausto.”
Ecco, a me fai lo stesso effetto.
Le parole come pietre:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/07/20/g8-genova-la-cronologia-del-20-luglio-2001-dai-dispacci-ansa-di-quel-giorno/146624/
le agenzie di stampa del 20 luglio di 11 anni fa.
[…] Tu che straparli di Carlo Giuliani, conosci l’orrore di Piazza Alimonda? […]
@ zeropregi
Non mettermi in bocca parole che non ho detto: il sottocasco serve in situazioni di gas lacrimogeni, questo è quello che ho detto. La differenza è tra uscire di casa preparati e travisati per lo scontro, e uscire come un giorno qualunque, e trovarsi davanti a una situazione non preventivata: poi, rispetto a quella, come molti Carlo non si è tirato indietro, e ha usato quel che era a disposizione. C’è stato un monento, durante la prima parte della manifestazione, in cui è stato Carlo, dalla casa dell’amico assieme al quale studiava, a telefonare a Giuliano, che era nel corteo (se ben ricordo nel servizio d’ordine CGIL), per assicurarsi che il padre non stesse avendo problemi. Se Carlo è uno che “se l’è cercata”, lo è come chiunque non è scappato, e come tale è tutti noi, perché chiunque di noi poteva essere al suo posto. Chi gli ha putato l apistola in faccia lo ha fatto non perché era il più pericoloso, ma perché era il più visibile, nel corridoio di luce che si era creato per effetto dei movimenti di chi era tra Carlo e il defender.
Tutto qui.
Quanto al Betulla, resta il fatto che un giornalista-cmeramen arriva sulla scena e fa quello che deve fare, e cioè comincia ariprendere, il suo direttore-giornalista, Cappuozzo, fa quello che deve fare, e cioè si ferma a metà strada tra il cameramen e i poliziotti per proteggere il lavoro del collega e strappare qualche secondo di ripresa in più, il terzo giornalista-agente del Sismi si ferma a distanza, non s’informa e comincia a prlare al telefono. Tutti e tre fanno quel che fanno all’istante, senza pensarci su.
Tutto qui.
Non nego di essere stato uno di quelli che ritenne plausibile la leggitima difesa o altre di quei primi moventi addotti sui media per giustificare il comportamento delle forze dell’ordine. Dopodiché mi sono informato, e con oggi rivedo tante cose che già mi erano note, ma che sempre spronano a riflettere.
Riguardo al comportamento indegno delle forze dell’ordine, non all’altezza del loro ruolo, e persino infamante di esso, non c’è da aggiungere vista la massiccia molte di commenti simili.
Io penso che Carlo Giuliano non possa essere in nessuna maniera giustificato per il suo comportamento; ovvero il comportamento di migliaia di manifestanti che hanno abbracciato la violenza come metodo di espressione (per dirla in modo pulito). Le motivazioni per le quali lui si trovava lì ad assaltare una camionetta della polizia (che poi stesse lanciando un estintore o stesse usando lo stesso per proteggersi, ai fini del discorso non fa differenza, per quanto sia invece determinante nel determinare la colpevolezza e la non assennatezza delle forze dell’ordine) sono irrilevanti se raffrontate alla gravità del suo gesto (suo come di migliaia): un villipendio a quella “cosa pubblica” che tutti dovremmo essere chiamati a proteggere e costruire. “Cosa pubblica” che è l’asfalto, che sono i negozi, che è la libertà d’espressione, che è la verità, che è l’ordine. Carlo Giuliani ha sbagliato, è colpevole, ma è stato punito con una misura che non è accettabile nè perdonabile.
Se a causa segue effetto (che pur non è sempre vero), l’effetto disastroso è un misto di concause non di ugual peso, ma tra le quali figura la scelleratezza di tutti quei giovani che hanno scelto i cassonetti come volti e i sassi come parole.
Ciò non può significare, dicendola alla strada, che Carlo Giuliano se lo sia meritato. Come il documentario spiega sufficientemente bene, le forze dell’ordine sono colpevoli di azioni prive di dignità e di rigore, reati palesi e menzogne innominabili, tali da rendere inaccettabile la mancanza di una giusta e severa punizione.
Io però ho anche visto forze dell’ordine salvarmi la vita; salvare il mio paese dalle azioni raccapriccianti di molti montati e ideologi vessati dall’ancronismo. Così come ho visto giovani manifestanti nelle piazze d’Italia piegare il destino verso strade più rosee, e altri giovani catapultare interi squadroni di miei coetanei nell’ignoranza di una propaganda insulsa e priva di fondamento.
L’amara conclusione di questa storia di cui siamo alla vigilia è che non ci sono eroi nella violenza, ma solo colpevoli che avranno da vergognarsi sempre. I compagni che hanno trascinato Carlo Giuliani sulla strada che l’ha visto morire dovranno sentire quel peso sulla coscienza che spero ognuno di quei poliziotti che hanno assistito a questo e altri scempi sentiranno nella gola per sempre.
In piazza Alimonda non ci sono stati martiri. Non ci sono stati eroi. Non ci sono stati malvagi. Solo persone che, per un ideale, per un ordinanza, per sottomissione o vigliaccheria, hanno perso, in quegli attimi, la loro dignità.
Soffro al pensiero di un ragazzo morto assassinato; soffro al pensiero dei suoi familiari; mi rode la mancanza di giustizia. Una giustizia triste.
E se si crede che insultare le forze dell’ordine o chi per loro possa portare a un risultato, allora ancora non si ha capito nulla da tutta questa storia: i cassonetti servono per difendersi, le pistole per uccidere, i manganelli per ferire, le pietre per mettere a tacere, i caschi per respingere, i bastoni per zittire…i tribunali per distribuire tra i morti la colpa. Non è questo di cui abbiamo bisogno.
Si chiamava “Carlo GiulianI”.
E non era lì per “esprimersi con la violenza”, ma perché diecimila persone erano state aggredite e cellulari e camionette – come si vede in molti video – entravano nella folla a tutta velocità. Cercavano il morto. A quel punto, dal camion dei disobbedienti arrivò il grido: “Dio cane, VOGLIONO UCCIDERCI! Tirategli di tutto!” (io lo scrivo in italiano, ma la frase fu urlata in veneto, e più tardi la inserimmo nel prologo di un nostro romanzo). Il corteo fu costretto a una resistenza disperata per fermare i killer, in via Tolemaide e nelle vie laterali.
Per questo quando in Piazza Alimonda alcuni superstiti di quelle scene hanno visto la camionetta, d’istinto l’hanno circondata e assaltata. Una cazzata? Un cadere in trappola? Senz’altro, e sarebbe così sia nel caso di una trappola predisposta sia nel caso di una trappola fortuita. Comunque caddero in trappola. Ma senza il prius logico della carica di via Tolemaide (giudicata illegale persino da una sentenza della magistratura), si possono solo tranciare giudizi a casaccio, come fai tu, magari ammantandoli di lirismo, e magari pure in buona fede.
Carlo Giuliani non ha mai fatto di un cassonetto il proprio “volto” e dei sassi le sue “parole”.
Che io sappia, le parole sue che ci rimangono sono quelle dei condannati a morte della Resistenza, che lesse davanti a un registratore.
Ma tanto sapete già tutto, voi che venite qui a rovesciare verità e sputare sentenze.
Ah, la frase partita dal camion era:
“DIO CAN, I VOL COPARNE! TIRÈGHE DE TUTO!”
Ma a rigore non c’era nemmeno bisogno di dirlo, ciascun manifestante aveva già capito per conto suo, e messo in pratica.
Mirabile sintesi del dialetto.
C’è anche un’altro aspetto di quel contesto che mi ha sempre colpito ed è questo.
Tutti (meglio molti, meglio ancora alcuni) sanno che dai blindati sono stati esplosi in via tolemaide 17 colpi di pistola.
In “aria” secondo le relazioni di servizio dei CC.
Ebbene, non erano propio in aria, attorno ai 90° rispetto alla linea del suolo.
Erano invece, come si vede dalle foto e dai filmati, tra i 30° e i 45°, in direzione del corteo che si stendeva per chilometri.
La gittata di un proiettile 9 mm fmj sparato con quella angolazione si misura in centinaia di metri, nella migliore delle ipotesi.
La visuale che avevano i CC che sparavano era questa: non era visibile un solo centimetro quadrato di asfalto, solo teste e corpi per almeno due o tre chilometri.
Insomma, quei ragazzotti infoiati (e uso parole esatte) davano per scontato che avrebbero colpito qualcuno.
Difficilmente ucciso, ma ferito si, con probabilità molto elevata.
Sapevano di poterlo fare. Erano letteralmente fuori di testa, gli autisti aprivano la porta dei blindati e incitavano le truppe a terra col solito repertorio: uccideteli tutti, morte alle zecche e via dicendo.
Ecco: la foia imho è la chiave. Non ci abbiamo ragionato tanto su quella foia. Quella è difficile da spiegare a chi non l’ha vista.
>>migliaia di manifestanti che hanno abbracciato la violenza come metodo di espressione (per dirla in modo pulito)
Come si abbraccia la violenza? Davanti? Dietro? Sopra il giro vita?
Dunque secondo te, alcune migliaia di persone di sono fermate a riflettere, hanno soppesato e poi han detto tutti assieme “fanculo, violenza vieni qui che ti abbraccio”. E giu’ a limonare per due giorni.
Dev’essere una gran figa, la violenza, se fa quest’effetto.
Guarda che messa alle strette, in pericolo di vita, anche una suora reagisce e “abbraccia la violenza”.
Si chiama biologia e viene prima di me, di te, della politica e di tutto il resto.
Se non abbiamo neanche più i riflessi biologici vuol dire che siamo morti.
Su Carlo Giuliani, sulle cariche e sulla violenza ti hanno risposto altri, meglio di quanto saprei fare io.
Però ti chiedo di dirmi, per favore, da quando un negozio è diventato di proprietà pubblica? Da quando i negozi sono diventati beni comuni e quindi sono di diritto disponibili per tutti i cittadini?
Aldrovandi cantava, Uva faceva l’amore con la moglie di un altro (vabbé, carabiniere), Luca Rossi aspettava il tram, Sandri dormiva….come si fa a non riconoscere che se l’erano cercata? sono cose che la persona che obbedisce alle leggi non si sognerebbe mai di fare
A proposito: il link al mio scritto che ho messo prima, faceva schifo. ne metto uno più bello, così avrete meno scuse quando ammettere di non averlo letto
https://dl.dropbox.com/u/11851530/Da%20Genova%2C%20destinazione%20nuovo%20mondo-P.Ranieri.pdf
X Girolamo
Non volevo metterti in bocca parole che non hai detto. Anche io ho 2 sottocaschi (estivo e invernale) e in piazza, a volte, me li porto. Mica esco per fare scontri però so bene che in qualsiasi situazione di tensioni meglio coprirsi il viso anche se non stai facendo niente.
Poi se pensi che tra i 10 condannati a Genova c’è gente che è stata condannata solo per essere presente in piazza…
Riguardo Betulla ribadisco la mia. Mica ho detto che la tua osservazione è merda bensì che 11 anni dopo, abbiamo delle verità ma soprattutto abbiamo una memoria distrutta e spappolata.
Rileggendo le agenzie di quella infame giornata mi sono venuti i brividi.
Chi ha maggiormente contribuito a “deviare” la narrazione di quelle giornate sono stati proprio alcuni pezzi di movimento presenti in piazza. Hanno reiterato questo comportamento negli anni.
La denuncia del 20 luglio non è diversa da quella del 15 ottobre, al di là di come la si possa pensare. Se ricordi bene, nel 2009, prima della sentenza d’appello del processo ai 25 (poi diventati i 10) facemmo un corteo bellissimo e partecipatissimo:
in testa non c’era il GSF ma c’erano le persone qualunque e lo striscione “la storia siamo noi” seguito a metà corteo da un altro striscione “in ogni caso nessun rimorso”.
Di quella giornata non è rimasto più nulla:
15 per fortuna furono assolti per la gioia di tutti.
altri 10 ebbero un aumento di pena per la disperazione di pochi.
Facciamola sta storia, non è mai troppo tardi.
Sanno tutto e non sanno mai niente. Tra quello che scrive il pippone e lo chiama Carlo Giuliano e i tanti troppi che straparlano. Oggi c’era una su twitter area comunione e liberazione che diceva tutta la solidarietà e l’afetto umano alla vitima di Carlo Giuliani Mario Placanica.
Quando qualcuno le ha fatto notare le vicende del personaggio ha risposto con un banale a non sapevo.
Il problema è che questi sono ignoranti , ma non nel senso “buono” del termine sono ignoranti che credono di sapre tutto e tutto giudicano, senza mai aver vissuto niente.
Mi riferisco a Mt, non ovviamente agli altri.
Communque dio solo sa quanto avevate ragione sul fatto che “quello che la maggioranza degli italiani sa della morte di Carlo Giuliani è falso”.
Onestamente faticavo a crederlo, pensavo: “Ma come, cazzo? Ci sono documenti, testimonianze, si è parlato di “sospensione della democrazia”, feriti provenienti da tutti (molti) paesi del mondo” e siamo ancora qui a ri-cicciare sull’estintore?
Sul “se l’e’ cercata”? Sul “avevate scudi e armi e dovevate aspettarvelo”?
Che delusione… Di quelle situazioni che fanno pensare che tocca ricominciare dalla scuola, dai nostri figli.
Perdonate l’inutile sfogo che nulla aggiunge alla discussione in corso.
Charlie, risali fino al post qui sopra, fai partire il video de “La trappola” e vedrai che in basso a destra appare l’icona di YouTube. Cliccaci sopra. Quando si sarà aperta la pagina del video, leggiti i commenti sotto. Leggine tanti. Chi viene a commentare qui, anche quando propone clichés frusti, è comunque un “illuminato”. La vera “pubblica opinione” su Carlo, la pubblica opinione da “paese reale”, la trovi nella fogna dei commenti di YT, dove la feccia si esprime senza filtri.
E’ un consiglio che do a tutti, leggeteli. Anzi, cercate “Carlo Giuliani” su YT e leggete i commenti in calce a qualunque video su di lui.
E’ importante rendersi conto.
Però, se posso, i commenti di YT non fanno testo e non sono rappresentativi di nulla se non del curioso fenomeno per il quale il livello di livore e bile aumenta se si deve commentare una cosa a caso di fronte ad una tastiera.
La feccia, nei commenti di YT, la trovi su Carlo Giuliani come sui video musicali, su quelli di bambini divertenti e di cuccioli teneri. Per me non fa testo, e non dovrebbe neppure far rabbrividire.
Su YT, qualunque sia l’argomento, trovi il livello di discorso più basso disponibile, la gente “scrive come magna”, senza veli né sforzi, perché tanto non c’è nessun mettersi in gioco. Quindi la sincerità è ai massimi, ed è più probabile che si trovino lì i discorsi e gli enunciati davvero rappresentativi del sentire della maggioranza. Sentire reale, non dissimulato. Secondo me “fanno testo”, lo fanno eccome. Ci sono sociologi che hanno scritto cose brillanti sulle scritte nei cessi, figurarsi se non “fa testo” il florilegio immenso e sempre aggiornato che possiamo leggere su YT.
Beh, ma io non penso che il peggio ed il senza filtri lo si possa chiamare ‘il reale’ o ‘il normale’. Lo si chiama il peggio, punto. Serve a capire il peggio, il punto più basso, ma non la struttura fondamentale, non la norma.
Tutte le metafore utilizzate rivelano un’idea secondo la quale vi è una base, e poi una mediazione linguistica, concettuale, che in qualche modo ‘falsa’ il conato comunicativo iniziale. Se la premessa è questa, è ovvio che la feccia su YT debba far testo, perchè rivela il fondo delle cose.
Ma io molto raramente vedo gente che non media o non pensa a quello che dice: la mediazione fa parte della normalità della comunicazione, sempre, o quasi. YT crea una situazione comunicativa nella quale ci si può esprimere violentemente. Secondo me non è la gente che parla come magna; è da vedere cosa rende legittimo quel tipo di registro. Qualsiasi cosa sia, sarà un’altra mediazione, una situazione comunicativa particolare; non il ‘sentire non dissimulato’. My two cents, scusate per la digressione.
Non ho dubbi sul fatto che su YT e in altri luoghi della rete siano all’opera *dispositivi* che facilitano e incoraggiano il “dare il peggio”. Quel che voglio dire è questo “peggio” è quanto di più conforme all’ideologia dominante si possa leggere, perciò “fa testo”. Ciò che leggi su Carlo nei commenti di YT rispecchierà sempre il discorso dominante su Carlo molto più di quello che potrai leggere anche nei commenti meno informati lasciati qui sopra.
L’ideologia dominante è quella della competizione tra gli umani, dell’estinzione del vincolo solidale, del mors tua vita mea, e se uno/a alza la testa per rifiutare l’homo homini lupus è nella migliore delle ipotesi un matto e nella peggiore un terrorista.
Se a costui e costei succede qualcosa, se il potere costituito lo/la falcia, nel discorso più “mediato” si dirà: – E’ una tragedia, ogni morte rattrista, ma in fondo è una conseguenza di come si è comportat*… – E noi sappiamo che in cuor suo nessun governante o padrone o generale o capo della polizia la pensa in questo modo, con queste circonvoluzioni e clausole concessive.
Su YT, invece, leggiamo: – Carlo Giuliani ha lasciato il suo cervello di merda di comunista sull’asfalto e io GODO! Spero che tanti altri facciano la sua fine! – E guardacaso, sono le stesse cose che sentiamo nelle telefonate registrate degli sbirri durante il G8.
Su YT c’è gente che apre canali solo per insultare Carlo, e noi sappiamo – lo abbiamo visto – che quest’insulto è, una volta tolti gli orpelli, la sostanza del discorso dominante su di lui.
Ripeto, secondo me se vogliamo tastare il polso al Paese, il commentarium di YT è più attendibile di molte altre fonti.
Mi permetto un’altra controreplica.
Questa teoria a me non convince, perchè il livore e la bile che caratterizzano i commenti YT li si trovano anche in discorsi ‘critici’, ‘eversivi’ e comunque contrari al potere dominante. C’è anche chi gode per la morte di poliziotti e militari.
Soprattutto continua a non convincermi questa idea che il peggio è il più vero. Cosi come il comunicato nel quale ogni parola è studiata risulta poco credibile, anche il commento nel quale ogni parola è un insulto è poco credibile, e non capisco perchè dovrebbe avere un maggior tasso di affidabilità, maggior radicamento nel reale.
A meno che, la butto li provocatoriamente, non si creda che sotto sotto l’essere umano è competitivo, acquisitivo e violento, e che dunque un linguaggio aggressivo corrisponda ad una natura aggressiva e di conseguenza sia più veritiero di un linguaggio mediato.
Ma questa è l’ideologia dominante di cui parlavate(avi?) prima e che, oltre ad essere antipatica, è profondamente distaccata dall’esperienza quotidiana che si ha della gente.
Non esiste una natura umana unilateralmente “buona” o “cattiva”. L’essere umano è natura-cultura, esiste solo in interazione con l’ambiente e si evolve in risposta agli stimoli sociali, perciò oscilla tra egoismo e altruismo, competizione e cooperazione, in un gioco combinato di istinto di conservazione e neuroni specchio. Il nostro phylum (la nostra tradizione di lotte e pensiero) pensa che l’essere umano abbia più futuro e possibilità di realizzarsi ed essere felice se prevarranno le spinte alla cooperazione, all’empatia, alla solidarietà, alla condivisione, ma non significa che lo riteniamo buono “per natura”.
Riguardo a YT, proviamo a usare un’altra metafora: parliamo di “sintomo”.
Per fare un’anamnesi in base al sintomo, è meglio che questo sintomo non sia celato o soppresso, bensì manifesto.
Provo a introdurre un’altra immagine: il test.
Se sospetto di avere l’intolleranza al glutine e prenoto il test ma prima di andarlo a fare mi astengo per un mese dai cibi “incriminati”, può accadere che il test non rilevi nulla e io mi creda sano. Dopodiché esco, al bar mi mangio un tramezzino e sto di merda. Succede perché ho “barato”: con la dieta ho spinto il mio corpo ad “atteggiarsi” in un certo modo, a non parlare come avrebbe parlato in circostanze più ordinarie.
Se invece, sacrificandomi, la sera prima divoro una pagnotta, il test ascolterà il linguaggio “normale” del mio corpo, ovvero il suo modo di esprimersi nella mia consueta routine alimentare, quindi rileverà l’intolleranza e il mio malessere di quel mattino si tradurrà in un benessere sul lungo periodo, perché saprò cos’ho e come difendermi.
Ecco, se usciamo dalla metafora, vediamo che la società soffre di diverse malattie, tra le quali – evidentissima – un’intolleranza alla diversità che si esprime nel conflitto.
Ecco, su YT troviamo il “sintomo” che si manifesta scevro da tentativi di sopprimerlo, il che facilita la nostra anamnesi. In altri posti del web e dei media, invece, troviamo il “sintomo” incivilito, e perciò nascosto, falsato, perciò dobbiamo prima fare l’anamnesi dell’incivilimento, disvelare il sintomo ed esaminarlo. Sono diversi passaggi in più. Su YT e posti consimili, leggiamo cose che ci fanno schifo e ci procurano malessere, ma che ci fanno capire meglio da cosa dobbiamo difenderci, quali contronarrazioni dobbiamo mettere in campo.
Non intendevo aprire un dibattito su cosa sia la natura umana. Sostituiamo con ‘essenza’, o con quello che preferisci purchè ci eviti il dibattito su questo tema.
Non è, però, contraddittorio aprire con un paragrafo sull’inesistenza della natura umana e poi continuare con metafore mediche, nelle quali c’è sempre uno schema teleologico (si cura la malattia per arrivare ad uno stato di salute)?
Ho capito il discorso che fai, ci penserò, però continuo a credere che la feccia su youtube non sia solo espressione di strutture ideologiche dominanti, ma principalmente un fenomeno comunicativo che rende legittimo un certo tipo di linguaggio, registro e tono.
Il commento nel quale si legge ‘ACAB, godiamo della morte di sbirri di merda’, come lo classifichiamo? Come polso del paese reale? Come polso del movimento reale? Oppure, come la vedrei io, come prova che certi strumenti comunicativi fanno uscire fuori certi tipi di registri?
Anche perchè, come ogni discorso ideologico serio, anche quello dell’essere umano individuale ed acquisitivo è abbastanza vasto da poter permetterne la critica, seppur superficiale. Mi spiego meglio: con l’antropologia individualista di cui sopra, si può giustificare un ragionamento che esalta il ribelle perchè, da individuo, va oltre gli schemi sociali che gli si vogliono imporre. Di robe del genere ne è piena la rete e ne son piene le biblioteche.
Beh, il fatto che non esista una natura/essenza umana intrinsecamente “buona” o “cattiva” non implica che l’organismo non soffra di malattie e che il superamento di queste malattie non possa essere convenzionalmente definito “guarigione”. Mi sembrano due faccende del tutto distinte. La mia è teleologia nel senso che c’è un “tèlos”, cioè un fine, che è quello di star meglio. Nell’esempio che facevo, il tèlos è non sentirsi il cerchio alla testa, il gonfiore all’addome e la nausea ogni volta che si mangia un cibo con dentro il frumento :-)
E’ vero che ci sono anche i commenti tipo “ACAB sbirri di merda” etc. però qui rientra un discorso più di ordine statistico: *quanti* sono, rispetto agli “andate a lavorare”, “se rompete i coglioni dopo non vi lamentate” etc.? In questo Paese è più diffuso il qualunquismo rancoroso o la contestazione del monopolio della violenza da parte dello Stato? Scusa il ragionamento molto terra-terra. Rischiamo di incistarci, il succo comunque è: secondo me i commenti su YT vanno letti perché altrimenti non abbiamo il “polso” della situazione o comunque lo abbiamo solo in parte.
Ma certo, entro un certo limite danno un senso di ‘paese reale’, ci sta.
Però ho insistito perchè, seguendo questo ragionamento, mi sono ritrovato a vivere con una certa pesantezza le interazioni con sconosciuti, finchè non mi sono reso conto, con grande sollievo, che la gente è meglio dei propri avatar su youtube. Ci tengo a ribadirlo :-)
Ora, sull’ultimo punto, quello davvero importante. Non mi sono messo a contare i commenti; ma penso che il qualunquismo sia distribuito in maniera abbastanza equa fra discorso critico ed ideologia dominante. Anche perchè è legittimo farsi stare antipatici i militanti. Questa è la mia percezione perlomeno: YT contagia tutti, belli e brutti.
Buona serata e grazie per la discussione.
Scusate che la maggior parte degli italiani sappia il falso su Carlo Giuliani, sorprende?
Andategli a chiedere qualsiasi altra cosa:
da Piazza Fontana in poi.
Ma anche da prima, da molto prima. Sulla guerra partigiana, ad esempio. Su Via Rasella e le Ardeatine (i pochi che sanno cosa significhino questi nomi, beninteso). Sui “comunisti che hanno governato l’Italia per cinquant’anni”. Etc. etc.
i mentitori sono sempre stati al potere, nel senso che il potere é innanzi tutto potere di stabilire quale sia la verità ammessa e conforme e quale no
Quindi é inutile fustigarsi a vicenda, é una battaglia sempre perduta e che non puà essere vinta sul piano della verità, ma unicamente sul piano del potere
La gente scopre la verità sul G8 di Genova non grazie a tante meritorie controinformazioni, ma perché – sulla base di una propria personale e materiale esperienza – si chiama fuori dal logos condiviso, perché ne ha scoperto la falsità in qualche sua vicenda vissuta. E a quel punto ripercorre questo o quel filo che le consentono di accedere a tante altre verità, anche remote. E anche se non lo fa,é come se non lo avesse fatto: chi si batte per creare spazi di libertà condivisa, sa tutto della Comune di Parigi anche se non l’ha mai sentita nominare (ma poi guarda caso finirà anche per incontrarne la memoria, perché funziona così), meglio di cento studiosi dell’università.
E’ la rivoluzione che fa controinformazione; mentre la controinformazione per quanto ben fatta non basta per fare la rivoluzione
Leggo con passione questi commenti e a mio avviso, nonostante gli inevitabili arretramenti, siamo sulla strada giusta. (daje!)
E pero’ rintraccio ancora nel racconto delle giornate di Genova, nel nostro racconto, una serie di vizi e di aporie che secondo me impediscono di coglierne l’essenza. Se ne è già parlato e grosso modo sono queste:
– l’annosa questione violenza Vs non violenza (madre di tutte le aporie, la più insensata forse, resa tale dai fatti di quelle giornate di 11 anni fa)
– un’inevitabile, irriducibile individualizzazione del ricordo (ne ha già scritto Wu Ming 4)
– la tendenza a ricercare all’esterno (black bloc, infiltrati e amenità simili) il motore di una serie di situazioni che molti hanno subito (cariche, violenze, spaesamento…) senza una piena consapevolezza di ciò che stava accadendo.
– una costante e infinita elaborazione del lutto, per la morte di Carlo, del movimento, delle proprie speranze, dell’agibilità democratica in questo paese etc.. etc… e il lutto porta con sè un senso di colpa insopportabile che ci ripiomba nelle aporie precedenti.
Quest’ultimo è il punto più doloroso, senza dubbio. Di fronte alla morte di Carlo ogni ragionamento è insufficiente, ogni ricostruzione inadeguata. Se lui è morto ci dev’essere un dettaglio inesplorato, una motivazione, qualcosa che restituisca un senso a questa perdita: un passamontagna, un sottocasco, un movimento sbagliato, un cazzo di estintore vuoto, una fotografia dalla prospettiva schiacciata, un carabiniere impazzito…
Carlo è morto raga, ed è morto in mezzo a una rivolta. E’ un pezzo di me, di noi, e delle migliaia di persone che in quella piazza potevano fare la stessa fine. Ed è proprio questo il punto: di fronte alla trappola, alla repressione brutale, 11 anni fa migliaia di persone decisero di rivoltarsi. O forse non lo decisero nemmeno. Lo fecero e basta. Potevano essere di più, potevano essere più organizzate. Potevano, guarda un po’, liberare una piazza militarizzata e perché no, un’intera città. Potevano per mille motivi, ma intanto per sopravvivere.
Genova ci parla della possibilità stessa della rivolta, io da questo assunto non arretrerei più di un centimetro.
“Genova ci parla della possibilità stessa della rivolta”
è vero, e il dato è che mentre la maggior parte di noi che sono qui a discutere aspira a quella rivolta (la invochiamo sempre dalla Val Susa a Madrid e ad Atene), un’altra parte di noi qui, cerca di capire di chi è la *colpa* di quella rivolta o cerca un modo di giustificarsi. Ecco, usciamo da questa schizofrenia: non si può *tifare rivolta* e rifiutare la sua messa in azione, non si può definirsi rivoluzionari e colpevolizzare la rivolta o teorizzare la nonviolenza tout court. Non si può indossare il Che e sostenere che gommapiuma e plexiglass siano armi.
[Cioè, in realtà ognuno è libero di fare tutto quello che ho elencato, figuriamoci, ma il rischio di fare la figura delle ‘capre’ è elevatissimo!]
la Colpa in effetti è stato l’humus che ha nutrito le diverse narrazioni di quei giorni di 11 anni fa. Sia quella introiettata, come nel caso dei molti che continuano a spargere cenere a piene mani sulla propria e sull’altrui testa, sia quella cercata altrove, al di fuori da sè.
A piazza Alimonda si arrivò nella convinzione di poter rappresentare uno scontro con scudi di plexiglass e corazze di gommapiuma. Non fu così. In migliaia però riuscirono a cambiare il frame interpretativo della situazione di piazza e reagirono alla violenza cieca delle forze dell’ordine. Insomma, a Genova non c’era da fare il tifo per la rivolta, c’erano le condizioni oggettive per rivoltarsi, se non altro per uscirne vivi.
Io dico che 11 anni dopo possiamo assolverci TUTTI per quegli eventi e fare TUTTI un passo avanti.
Ok ok questa è cioccolata rispetto alla merda di youtube.
Si’ @zeropregi mi soprende. Un po’ perche’ non sono abituato a leggere grossolane cazzate qui (non per colpa di chi ci ospita evidentemente), e un po’ perche’ chiunque volesse informarsi meglio, oggi, potrebbe farlo molto meglio e facilmente di ieri, mentre siamo ancora al punto di discutere senza aver visto, di sentenziare senza elementi a supporto, di giudicare senza conoscere.
Mi sorprendo si’ ma non mi rassegno.
sorry era in risp di WM1 sopra
Fedele alle istruzioni, ho finito di vedere il fllmato mezz’ora fa. Non l’ho neanche fatto apposta a scegliere giorno e orario, ma tant’è.
Segnalo una cosa di passaggio.
Una delle cose che sorprende è proprio l’operazione mediatica. Dal secondo numero due tutto è andata in una e una sola direzione: non quella di coprire e arginare, bensì di camuffare… la “bombola di gas”, invece dell’estintore, mi sembra un esempio sovrano!
Anche il pezzo sul tavolo più piccolo del dovuto è grottesco.
Ad anni di distanza è impressionante. Non guardo la televisione, ma quando vado in piazza i miei amici vedono quelle immagini e ascoltano quei cronisti e un po’ capisco le false leggende sui movimenti.
Ricordo quando Repubblica, alla manifestazione Notav del luglio scorso (quella in cui non accadde nulla) segnalava nella diretta “tre persone vestite di nero”. Senza che ci fosse scritto nulla, né cosa facevano, né cosa stesse capitando.
Questo vale anche oggi. Il lavoro del “vocabolario di regime” mi sembra ottimo, ma va trovato un modo per implementarlo.
L’unica cosa che non mi convinceva del post di wm4 era la questione dell’assalto agli oggetti, della proprietà privata. Non è solo quello, c’è dell’altro.
C’è anche l’immagine, l’atteggiamento, la “divisa”.
Ecco, almeno mediaticamente (forse non ancora giurdicamente) la “divisa” è già una prova e forse in questi anni, in questi undici anni, lo è diventato a maggior ragione. Riascoltando i giornalisti dell’epoca mi è sembrato di sentire pure questo.
In uno spettacolo dei Motus si dice che in Grecia hanno persino vietato le felpe col cappuccio.
“Devastazione e saccheggio”, forse, non stanno solo negli oggetti colpiti, ma anche nell’immagine.
Segnalo un altra cosa di passaggio: abbiamo già detto che le condanne degli altri giorni sono un passaggio, un avviso.
Questo (http://roma.repubblica.it/cronaca/2012/07/18/news/tentarono_l_irruzione_in_senato_chiesto_il_processo_per_19_giovani-39236190/) è l’articolo sull’assalto al parlamento del 24 novembre 2010. La prima data dell’apparizione del Book Bloc. Forse è un caso, ma nell’articolo dei famosi libri non si parla. Nemmeno del movimento studentesco, ma di area antagonista. Piccole cose, ma, se sommate, contano
piccola correzione: i book bloc ce li siamo inventati durante l’onda del 2008 (giusto per precisione storiografica :P)
ops.
Scusate la cagata
plv
che cosa volete che vi dica? non riesco a dispormi in sintonia, non so, forse è un fatto generazionale…vengo da un’epoca in cui i morti alle manifestazioni erano frequenti e nessuno si scomponeva più che tanto, anche perché si era consapevoli che era toccato a lui, poteva toccare a noi, o invece poteva toccare a un poliziotto. In ogni caso, si sapeva che per arrivare al mondo che volevamo, occorreva sconfiggere frontalmente le forze dello Stato, cosa che comportava verosimilmente una mortalità piuttosto elevata. Quindi, scontri violenti ed eventuali morti, erano visti semmai come segnali di un inasprirsi dello scontro che era precisamente quello cui aspiravamo. Viceversa, da quel che posso avere compreso, erano gli sbirri ad essere violenti sì, ma in sostanza meno aggressivi nei nostri confronti, anche perché, specie i celerini, non comprendevano granché la posta in gioco, e pensavano principalmente a non prenderle e a non avere rogne con i superiori
Oggi mi rendo conto che é diverso, ma é chiaro che ognuno ha un imprinting che gli viene da lontano: il mio mi ha condotto a vivere le giornate di genova come giornate entusiasmanti, ricche di esperienze e di possibilità. per me semmai è stato molto duro il dopo, scoprendo che il movimento, a differenza di me, non voleva fare di ogni città una seconda più radicale genova. Che tanti dicevano “mai più” laddove io avrei ricominciato anzi nemmeno avrei smesso
Non so quanti fossero a viverla come me, io personalmente ne ho conosciuti un tot, ma vedo che neppure ora la mia percezione riesce a farsi largo.
Wu Minghi nn ho letto tutta la discussione probabilmente qualcuno ve lo avrà già sottolineato. Per capire piazza Alimonda vanno capite le due ore prima e in questo è molto utile http://youtu.be/LyIDm5tZmR4 (Genova 2001 – La vergogna) dove si trovano mappe, spostamenti e materiale dibattuto in aula che chiarificano molti aspetti della giornata.
Dopo chi vuol trollare non trolla più.
Siete peggio di Saviano.
:-)
Comunque c’è una differenza tra dire che una certa pratica è stata controproducente o anche stupida e dire che la polizia e la magistratura devono ingabbiare chi secondo noi sbaglia le pratiche di lotta. Non diamo come presupposto alla discussione che *solo chi dice che ogni pratica di lotta è OK* non è complice dello Stato. C’è anche chi crede che le pratiche di lotta che il movimento rifiuta vadano “sanzionate” dal movimento stesso, con l’esempio e la discussione prima di tutto, con “la forza del numero” in secondo luogo (servizio d’ordine e cazzi vari), e in certi casi estremi secondo me anche con un paio di proletarie pedate in culo. Chi crede questo non crede che sia compito di uno Stato assassino e torturatore insegnare le buone maniere ai compagni, nemmeno ai compagni con cui ha avuto contrasti politici e tattici molto aspri.
Ai vertici del GSF – sia “ala Agnoletto” sia “ala Casarini” – più che la colpa di aver denunciato pratiche controproducenti io do la colpa di non aver fatto niente per proporre e difendere delle pratiche efficaci.
Detto questo, il caso di piazza Alimonda è in realtà altro rispetto alla discussione sul Blocco Nero. Io continuo a ritenere che ci sia una differenza essenziale tra i casseur (o anche solo “chi in un dato momento sta sfondando una vetrina”) e chi cerca, magari ingenuamente, di resistere alla repressione (o anche solo “chi in un dato momento sta resistendo a una carica”). La polizia spesso ha un comportamento *molto* differente nei due casi, perlomeno questo è quel che mi è sembrato di capire sia a Genova sia in altre situazioni (Roma 15 ottobre?). Piazza Alimonda è un’appendice delle cariche di via Tolemaide, un angolo di Genova in cui qualcuno invece di arretrare ha provato a difendersi e contrattaccare.
Occhio perché se anche Mario Monti oggi arriva a dire che “il contagio è in corso”, ci sarà chi sta già spolverando il tonga per l’autunno. Vediamo di non farci trovare impreparati a rifare tutta la discussione da capo come se non fossero passati 11 anni. Lo dobbiamo anche a Carlo.
(E speriamo che si sbagli e spolveri davvero il tonga e non il tonfa, come avrei voluto scrivere!)
Pensa che io avevo letto “il tanga” e mi stavo chiedendo: ma cosa intende dire Vanetti con questa metafora?
Le pratiche di lotta e i servizi d’ordine sono una bella gatta da pelare, e non conosco posto dove abbiano portato a buoni risultati. Un servizio d’ordine serve a difendere un settore di corteo organizzato, se tenta di fermare pratiche di lotta all’interno della manifestazione genera soltanto scontri tra manifestanti dagli esiti assolutamente imprevedibili (il 15 ottobre, ma ho in mente anche pkk e anarchici in spagna). Inoltre genera anche problemi politici non secondari (io lo sbirro non lo faccio per nessuno e mai lo farò, presto volentieri il corpo per difendere la mia gente dai celerini, non certo dai manifestanti). In verità e per nostra fortuna queste problematiche sono state sciolte in parte nella prassi del movimento No Tav dove convivono molte anime con pratiche di lotta molto differenti. Una cosa per me è però sicura: se il movimento si divide in buoni pacifisti e cattivi blackblock e non marcia unito vince lo stato senza sforzo, e l’ultimo decennio è lì a dimostrarlo.
Nì… Quel venerdì di 12 anni fa convivevano “molte anime con pratiche di lotta molto differenti” e proprio questa “varietà” ci ha resi molto vulnerabili; il problema era che questi stili diversi convivevano ma ognuno faceva a modo suo, non c’era neanche un tentativo di sintesi. Inoltre, non era solo una questione di pratiche ma anche di analisi e di linee politiche, che al di là di alcuni obiettivi comuni molto generali erano diverse e divergenti.
Se è vero quello che mi hanno raccontato, nel movimento No TAV non funziona così: se si decide collettivamente che un certo giorno il corteo non deve finire con nessun taglio di reti o scontro, finisce come si è deciso e nessuno “sgarra”. Se si dà collettivamente semaforo verde ad azioni di resistenza popolare, ovviamente non saranno tutti a partecipare, ma tutti saranno “complici”.
Credo che sia giusto che il movimento non funzioni come un libero mercato, con ognuno che offre la sua mercanzia di pratiche e di “look”, e che vinca il migliore. Quel maledetto venerdì invece era un po’ così, era un bazar di cazzate e in questa competizione darwiniana per vedere qual era il DNA giusto per assediare la zona rossa qualcuno non è sopravvissuto.
Siamo d’accordo su molto tranne che sulla funzione del servizio d’ordine. Addosso varie colpe alla direzione del GSF ma non quella di non aver creato un servizio d’ordine duro e puro che provocasse scontri tra i manifestanti, anzi credo che quella sarebbe stata una manna dal cielo che i mass media avrebbero sfruttato alla grande e non certo in senso positivo per lo sviluppo del movimento. Inoltre qui si parla di una manifestazione internazionale e non comprendo quale autorità potesse avere un servizio d’ordine alle prese con compagni europei che provenivano dagli ambienti più disparati convinti che la loro pratica fosse buona e giusta.
io avevo letto il “toga” e mi sembrava sbagliato l’articolo, ma coerente il significato
Toga e tonfa, una ti ingabbia e l’altro ti gonfia.
questa notizia appena uscita su Contropiano mi sembra un utile contributo alla discussione: http://www.contropiano.org/it/news-politica/item/10367-sindacato-di-polizia-e-fascisti-gettano-fango-su-carlo-giuliani
Sindacato di Polizia e fascisti gettano fango su Carlo Giuliani
[…] il sindacato di polizia Coisp ha scelto di far circolare per Genova alcune ‘vele’ pubblicitarie per pubblicizzare la sua versione dei fatti. Sulla vela che ha fatto più volte il giro di Genova c’é scritto: ”Un estintore come strumento di pace”. ”Consapevoli della nostra funzione di tutela per gli operatori della sicurezza”, scrive il segretario Matteo Bianchi, ”pensiamo che questa nostra iniziativa possa essere tradotta come una verità che e’ stata sempre mostrata in parte. Il G8 di Genova non fu solo la scuola Diaz o la caserma di Bolzaneto, ma fu anche Piazza Alimonda dove un carabiniere ha ucciso un giovane che stava attentando alla sua vita”.
provocazioni poliziesche anche oggi:
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E’ che con la rabbia sociale che monta in tutta Europa (si veda la Spagna in questi giorni) e il “contagio” del default, Carlo rappresenta qualcosa che inizia seriamente a fare paura. Inoltre, il successo di “Diaz” (pur con tutti i rilievi che qualcuno ha fatto al film) e le condanne in Cassazione, per quanto blande, hanno diffuso rinnovato malumore tra le forze dell’ordine.
Non so perche’ mi faccio del male ogni volta vedendo il materiale sui fatti di Genova, ogni volta rimango con una amarezza indescrivibile…sono ancora giovane, non ricordo come o quando ho ottenuto la consapevolezza di cosa siano in realta’ questi esseri in divisa ma l’unica cosa che ricordo e’ che l’amarezza non se ne’ mai andata. Ora probabilmente il matto sono io, ma la cosa che piu’ mi lascia angosciato, la cosa che piu’ crea la rabbia che ho dentro non e’ tanto il fatto stesso delle violenze e gli abusi subiti dalle vittime, non e’ tanto la loro sofferenza, a farmi star male. E’ il fatto che questi esseri non hanno pagato. Che possono girare per strada con entrambe le gambe intatte, che il sangue versato non e’ mai stato vendicato. Dentro di me, quello che forse veramente desidero, quello che sceglierei, se ci fosse una magia per farlo, non sarebbe evitare tutto il male che hanno subito le persone….ma vedere quei vermi pagare…vedere sul loro volto il terrore mentre gli viene tolta ogni dignita’ e infine la vita…vorrei che pagassero, col sangue. Quello che sogno e’ vendetta, non giustizia. Quando ti rendi conto che il vuoto non verra’ mai colmato, che questa e’ la realta’
quello che resta e’ solo odio…
Un anno fa una persona un pò più anziana di me (e con molti meno capelli) mi disse: “che bello; voi siete la prima generazione che non parla di Genova”. Era uno che era con le tute bianche in via Tolemaide. Il “voi” era riferito alla generazione “di movimento” che all’epoca di Genova aveva più o meno 11 anni.
Il “che bello” indicava, suppongo, il fatto che col tempo alcuni dibattiti legati alle circostanze genovesi sono “scomparsi” dal dibattito di movimento.
Solo oggi capisco che “Genova G8” è una gigantesca sineddoche. Come un’autostrada con tante uscite, parecchi caselli, lavori in corso, circonvallazioni… Ma non viaggiamo tutti sulla stessa carreggiata. La frattura oggi non è tra chi c’era e chi non c’era. In mezzo, sono passati 11 anni. Sono il 100% dell’età che avevo all’epoca. La frattura è oggi (anche) un dato generazionale. Probabilmente la confusione del 15 ottobre (soprattutto nel prima, nell’organizzazione, piuttosto che nelle analisi del dopo) deriva anche da questa frattura, tra mondi ed epoche differenti.
Una frattura… tossica. Forse non sono le sole narrazioni ad essere tossiche. Ci sono rotture che ti prendono alla gola sino all’asfissìa.
Non parlammo di Genova, quella sera, con l’amico dai pochi capelli e più anziano di me. Magari se qualcuno ne avesse parlato un pò meno, e qualcun altro (“noi”, più giovani) un pò di più…
Sicuro che non intendesse dire: “Che bello, siete la prima generazione che non parla degli *scazzi post-Genova*?”
Perché in quel caso lo capisco, i primi anni Zero e quelli mediani sono stati davvero ammorbati dai riposizionamenti tattici, dalle purghette, dai rancori. Io stesso, che pure sono giunto alla conclusione “dukiana-philopatiana” che oggi Genova è tutto e io sono tutto quel che accadde a Genova, su certe robe del post-Genova mi accorgo di essere ancora un po’ incazzato. Poi ci penso, relativizzo e mi passa. Ma lì per lì, all’affiorare di certi ricordi, ancora d’istinto mi affiora alle labbra il codroipo.
Si, probabilmente intendeva quello. Il termine “circostanze genovesi” era un francesismo per quello che hai descritto tu. Mi sembra tuttavia che la frattura determinata *anche e soprattutto* da quell’evento sia ancora da sanare. Il che potrebbe spiegare almeno un paio di cose: l’esigenza del vostro post e di questa discussione, e la dis-organizzazione di alcuni appuntamenti nazionali dei mesi passati.
Visto il video. Brividi ancora a fior di pelle, saranno pure passati undici anni, ma io devo essere sincero, stasera non lo so se riesco a dormire. Io ci ho riflettuto tante volte sugli argomenti della vulgata “l’estintore”, “il passamontagna”. Quanto mi sono sentito stronzo a non portarmene uno, di passamontagna, i cs erano tremendi, la faccia te la volevi strappare via, e le braccia pure. Io non lo so, me lo sono chiesto cinquemila volte che cazzo avrei fatto lì in mezzo. Mai trovato una risposta che mi facesse stare in pace con il mio essere non violento. Il ragionamento sui cassonetti all’inizio del filmato mi è sembrato un po’ capzioso, così come quello sulla ritirata strategica per ordire una trappola. Il primo perché non supportato da prove: non perché non possa essere vero, ma perché si infila lì un sospetto e lo si lascia maturare, senza puntellarlo con delle prove. In una inchiesta non si devono lasciare queste cose, contribuiscono a gettare ombre su un lavoro per altri versi lusinghiero. Il secondo perché è una tecnica da russo nella steppa del 1940, nemmeno troppo originale: è ovvio che sia così, per disperdere una folla il miglior modo è quello. E non mi sembra il caso di recriminare quel comportamento: è odioso, ma rimane nella logica dei robocop. Aggiungo una osservazione, tutt’altro che fuori luogo a mio avviso.
@WM$
Ho letto sopra un tuo commento sulla rimozione e sul racconto dei reduci. Io subisco le stesse cose: ricordo solo di aver corso, manco mi ricordo dove. Quando incontro amici e conoscenti che sono stati a Genova in quei giorni, io un po’ li invidio. Loro raccontano dov’erano, cosa facevano. Io non ricordo un cazzo. Ero una specie di automa. Ricordo di aver tirato su un tizio con la faccia mezza rotta assieme a una ragazza e poi basta.
Sto leggendo in questi giorni Stella del mattino, e sento risuonare alcuni concetti. Sulla questione dell’estintore e dello stare davanti a un defender, mi tornano in mente alcune riflessioni sui militari (e forse anche i militanti) che sbroccano, sempre da quel romanzo.
Mi permetto di riportarle qui sotto:
Mi sono convinto, una notte fa, senza aver letto nulla di tutto ciò, che a Carlo fosse successa una cosa simile. Solo che al posto di una granata aveva un estintore. E che certe cose, appunto, succedono in guerra, non in pace. E poi, per togliermi dalle scarpe un enorme sasso che ho da anni: fra un militare e un militante ci sono affinità a divergenze (come tra il compagno Togliatti e noi, anche se ci piace di più il compagno dello sbirro, nel bene e nel male). Una affinità è linguistica: tutti e due, oltre a essere dei sostantivi, derivano anche da un verbo che è militare, solo che uno lo fa all’infinito, l’altro, il militante, è un participio presente. Due modi linguistici di vedere il mondo: uno lo fa perché è un lavoro, dovrebbe sapere cosa fa e quando lo fa, l’altro lo fa perché agisce in quel momento per una cosa in cui crede, e può fare mille errori, forse anche un milione. Ma resta uno che non ha il monopolio della violenza legittima. La differenza fondamentale è questa: per quanti sassi possano lanciare dei manifestanti (guarda un po’, un altro participio presente), un solo atto violento di un poliziotto è esecrabile perché lui dovrebbe avere il controllo della situazione, altrimenti rimane solo la violenza e scompare la legittimità dietro cui ti celi. Se uno agita un estintore lo prendi a botte con un manganello (e già non mi piaci, dovresti fermarlo e basta, le manganellate dovrebbero servire a quello), non gli spari in faccia. Se ti “cuoci”, forse è meglio che tu faccia un altro lavoro. Il problema è che i poliziotti italiani gestiscono il monopolio della violenza legittima come un monopolio di violenza che di legittimo ha ben poco. Secondo me il caso di Carlo deve far riflettere alla luce di questi fatti. e deve far riflettere anche il modo militare di gestire informazione e filmati. Da Genova a Chiomonte, la musica non è di molto cambiata. I poliziotti che pisciavano in testa ai manifestanti giù dal cavalcavia sono un buon indice della qualità dei “tutori dell’ordine” di questo paese.
Grazie per questi spunti, continuo la lettura.
wm4, non wmdollaro!
@ Giorgio
dollari pochi… spunti molti. Ne raccolgo un paio.
Anche dopo avere rivisto il documentario, io non credo che Piazza Alimonda sia stata una trappola. Credo che Genova, nelle giornate del 20 e 21 luglio 2001, lo sia stata. Il caos, in un certo senso, era previsto, e tornava utile per fare una tonnara. L’unica cosa che non avevano messo in conto, era il salto quantico che la tecnologia aveva compiuto negli ultimi anni, quindi la compresenza di migliaia di videocamere in mano a chiunque, che hanno documentato pressoché ogni istante.
Ci vuole un determinato atteggiamento mentale per fare quello che è stato fatto. Massacrare gente a terra, infierire su un moribondo, torturare la gente in caserma… Viene da chiedersi chi sono i poliziotti e i carabinieri contemporanei, presenti già allora a Genova. Non più quelli di un tempo, certo. Testa, estrazione, mentalità, armamentario d’ordinanza… tutto era già cambiato.
Il documentario finisce con la testimonianza di un carabiniere (cioè un militare) che equipara la gestione dell’ordine pubblico alla guerra. La sensazione è che costui avrebbe potuto trovarsi davanti a uno stadio, in piazza davanti a un corteo, a Mogadiscio al Check Point Pasta, in Kossovo, o in qualunque altro posto, senza operare distinzioni di sorta. Cambia solo lo strumento dell’offesa, dice. L’obiettivo, come in ogni guerra, è l’annichilimento del nemico. E’ l’uno a zero per noi. E non lo dice un piantone di ultima, lo dice un tizio che un attimo prima ha citato Sun Tzu.
Ecco questo sì fa scorrere un brivido lungo la schiena.
Ad ogni modo, buona lettura.
La lettura continua, i brividi no. Come insegna Fanciullacci, un po’ d’anni fa non c’erano solo degli imbecilli vestiti di nero, c’erano anche intellettuali raffinatissimi, erano solo una diversa tonalità del nero, forse la più odiosa.
Allo stesso modo il piantone e quello che cita Sun Tzu sono solo due facce della questione: e a me fa meno schifo il piantone di ultima, come al solito. Ci sono i militanti, i militari e i militonti, ma a me fanno sempre più paura quelli che dopo aver letto Sun Tzu (e magari non tutto) si galvanizzano. A me fan paura quelli che di libri ne leggono tre e si sentono sazi, piuttosto che quelli che non ne leggono manco uno.
Io da Genova in poi, quando vedo più di 5 poliziotti assieme temo un piccolo pogrom. Tempo fa, alla stazione di Milano, un gruppo di ragazzi notav era nell’angolo della stazione, circondato da un vero e proprio cordone sanitario di poliziotti. In mezzo alla folla, almeno un paio di volti conosciuti del neofascismo milanese. A me questi contatti fanno paura, oltre che schifo. Le parole come zecche e altri epiteti vari invece non mi spaventano, ma confermano le mie ipotesi, allarmante. Fra un certo atteggiamento mentale e l’entrare in polizia in questo paese c’è una connivenza stretta. A questo punto il discorso sui sottoproletari cade: è odio politico, e infatti cadono tutti i discorsi sull’uso legittimo della violenza. Tutte le torture, le angherie e i soprusi erano evidentemente di matrice politica. A undici anni dall’avvenimento, è l’unica spiegazione coerente che ho trovato. Quello era un frame di lotta politica, non avevamo capito la cosa e ci siamo rimasti invischiati, senza essere pronti. Pensavamo di scendere in piazza in un certo modo, ma non eravamo preparati a una guerra. Che non era evidentemente concepita per mantenere l’ordine, ma per spezzarci le reni. Ci sono riusciti abbastanza, a mio avviso.
Ciao a tutti, se posso: non vorrei peccare di ottimismo, ma una tragedia nella tragedia come questa non credo possa verificarsi di nuovo oggi. In 11 anni sono cambiate molte cose, ci sono nuovi media, e nuovi strumenti: oggi la scena sarebbe filmata da decine di videocamere e il video immediatamente pubblicato su facebook.
Secondo me sei troppo ottimista… Guarda quello che succede in Val di Susa ogni volta che ci sono violenze da parte della polizia. Tutto è documentato e pubblicato praticamente in tempo reale, e chi vuole ha tutti i mezzi per vedere come sono andate le cose. Chi vuole, appunto, ma la maggioranza della popolazione è quella che guarda il tg1 e legge repubblica.it e si accontenta delle versioni ufficiali
Che io sappia, il G8 di Genova fu il primo grande evento ad essere ripreso da migliaia di telecamere amatoriali, grazie alla diffusione di massa di tecnologie portatili. Quando i macellai sono entrati alla Diaz il mondo stava guardando (e lo dicevano anche gli attivisti di Indymedia, come si può sentire dagli audio). Se i pestaggi e le violenze fossero state riprese da 10000 manifestanti invece che da 1000 cosa sarebbe cambiato?
è da un po’ che me lo chiedo,per adesso la mia conclusione è che potremmo avere qualsiasi immagine,da qualsiasi angolazione,finanche un filmato integrale e questo non cambierebbe le cose.in fondo non sono bastate le immagini esistenti (pistola col colpo già in canna prima della presa dell’estintore e puntata ad altezza viso,distanza di 4 metri,defender che passa due volte sul corpo,una pietra che si sposta magicamente ecc)non dico a far cambiare idea ai media mainstream,chè quelli fanno quello per cui sono stati pensati,ma a far cambiare idea almeno a chi quelle immagini,attraverso altri canali,le ha viste(non a tutti per lo meno,ma credo sia una questione di phylum come dice wm1).per non parlare della magistratura (anch’essa evidentemente fa quello per cui è stata pensata,al di là dell’impegno di Enrico Zucca e dei pochi come lui).il risultato è:manifestanti con la testa rotta e in galera,aguzzini liberi e promossi.per me con più immagini/video non sarebbe cambiato (quasi) nulla.non c’è peggior sordo (cieco) etc.
[…] Genova ci parla della possibilità stessa della rivolta, io da questo assunto non arretrerei più di un centimetro.” [http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=9071#comment-13933] […]
No scusate ragazzi. Io non riesco a guardarlo. E’ agghiacciante.
[…] domani, ma ovunque riusciremo a prendere parola.Parole di verità per dire ancora una volta come è andatadavvero in Piazza Alimonda, per fare nomiecognomi. Parole empatiche e di conforto. Già, conforto. […]
Nel 2001 avevo 15 anni ora ne ho 26 e per la prima volta scrivo di Genova.
C’ero e so che sono tutte bugie, ho dalla mia la forza della verità di aver visto e partecipato. Userò il presente storico.
In via tolemaide i lacrimogeni partono dai tetti o almeno scendono così tanto dall’alto che, ancora oggi, sono convinto che i CC sono appostati dall’ultimo piano dei palazzoni all’angolo.
C’era stato il global forum di Napoli, la differenza ‘di respirazione’ dei lacrimogeni super-urticanti(quelli vietati di tipo israeliano-ho letto da qualche parte) la sentiamo subito, ricordo di una ragazza col viso rosso porpora e dell’addetto medico che pensava avesse una crisi allergica; c’ho avuto una bronchite asmatica che ancora mi porto dietro dall’autunno di quell’anno; il pneumologo mi dice che c’è il nesso; ma fa niente!
Visibilità compromessa, i limoni non sono utili, c’è ressa e calca per la momentanea ‘ritirata’, attestato di stima a quelli che ressero la carica col plexigass ed evitano un disubbendiente calpestamento.
Cmq mi rifugio nello slargo a destra del deposito di un ferramenta o di una ditta edile, prendo fiato mentre i cani neri ci incalzano e arrivano anche lì, ho culo e sono piccoletto quindi scavalco o passo tra le grate e mi trovo un paio d’ore prima in quel dell’Alimonda, assisto ai primi pestaggi e fermi dall’altro lato della cancellata lancio pietre e mi becco anche un cazziatone che queste possono cogliere anche i nostri che vengono malmenati: sono passati manco 3/4 d’ora dalla carica
-Ecco sfatiamolo il mito della violenza-non violenza, forma paradigmata di self deception cui molti movimentisti caddero nei periodi successivi, ve la metto alla spike Lee la cosa giusta a Genova è di rispondere e pure colpo su colpo.
Leggo post che sostengono ‘del girarsi e andare via’ (noi napoletani usiamo l’espressione ‘guardarsi la castagna’) o del farsi trascinare e picchiare,possibilmente con le mani dipinte di bianco o vestiti da monaci buddisti come massima valenza politica di merito e di costruzione.
Per me i cani neri che mi(ci) inseguono e vogliono ammazzarmi(ci) di botte sono il male, io conseguo il bene e affronto, se no che cazzo ci sono venuto a fare?
-Il 2001 è l’anno del G8, delle twin towers e della prima edizione del Grande Fratello.
Genova è un grandissimo fratello open air, ogni angolo e fase saliente viene ripreso,visto e rivisto: la sindrome della moviola che affetta gli italioti: si vede ciò che si vuol vedere: il rigore c’è o non c’è in base alla squadra di appartenenza o alla postazione della poltrona durante il contraddittorio del format calcistico biscardiano o del talk show politico regolato dalle norme di rappresentanza del pluralismo, ciò compromette e distorce la memoria e la comprensione di quei giorni, il g8 viene inserito in una dimensione a mezz’aria della realtà fittizia dei mass media, ma si può cogliere,se ci si vuole sforzare gli occhietti di un pò, la verità di quei giorni: Carlo fu ammazzato, il suo corpo deriso e martoriato, hanno sputato su Carlo i cani neri e questo non lo dobbiam dimenticare, prima ancora dei tentativi alla film di lino banfi di nascondere o almeno distorcere ‘d’un pò’ la verità.
-L’Italia e il suo apparato coercitivo che detiene il monopolio della violenza, come da buon Leviatano vuole che si rispetti, anni addietro s’inventò la strategia della tensione, del depistaggio e la pratica delle isolamento delle devianze seguendo metodologie schematiche di oscurantismo e di distrazione di massa; a Genova andò in tilt che non si aspettavano telecamere, macchine fotografiche, linea diretta su internet e altri cazzi vari e così dev’essere inquadrata il pestaggio alla Diaz dove c’era ‘materiale documentato e attendibile che può esser preso in esame’
La ‘decandenza’ dell’Italietta anche in materia di repressione dove .
Non si parla d’altro fino al 11 settembre. Poi il lento declino della vicenda nella sua dimensione fittizia mediatica e i giochetti cui ancora oggi assistiamo.
-Carlo è con me ed è parte di me, non so ben spiegare questa mia sensazione, in alcune riprese mi ci passa davanti o sono al suo fianco o gli giro intorno; so però che non è la pratica empatica del ‘ci potevo essere io’, Carlo ha chiuso il suo vissuto di vita in giorni indimenticabili del mio, so che abbiamo provato medesime sensazioni, stati d’animo e condiviso le stesse azioni.
Ma sta cosa la vivo con distacco forse per rimbalzo verso coloro che straparlano, strumentalizzando o inquinando la sua memoria; leggo che delle mezze seghe hanno sfregiato la sua targa all’Alimonda, non mi preoccupo ne sono sconvolto…
Carlo ha risposto perchè era la cosa giusta da fare che ci caricavano urlando ‘w il duce’ e ‘comunista di merda ti ammazzo’, perchè se ci beccavano ci massacravano con manganelli costruiti con fili di rame dentro un tubo metallico avvolto in nastro isolante nero, perchè i cani neri quando fuggono per le contro-cariche è l’unico momento dove sono belli a vedersi, perchè ai lacrimogeni super urticanti dopo un pò ti ci abitui e sopporti, perchè bisogna far barricate per bloccare le camionette ed essere lenti quando tutto va più veloce; perchè in quegli attimi non esistono leggi prestabilite di dimensione, di spazio e di tempo ed è buono lanciargli contro tutto ciò che è lanciabile e che possibilmente possa…
Sarà pur banalissima e consuetudinaria la pratica della ricorrenza ma da dodici anni, dal 17 fino al 21 luglio, mi sento ‘strano’ ogni anno e mi prendo un pò più di tempo per me; sento un fuoco dentro che tendo a reprimere dicendomi che sono un altra persona, ma so che non è solo rabbia.
Asce di guerra da dissotterrare.
[…] ricordo, uno dei video/inchiesta con la ricostruzione di quei […]
Checchino Antonini su Piazza Alimonda undici anni fa e ieri:
http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=30822&typeb=0&Carlo-Giuliani-ricordato-in-Piazza-Alimonda
posso dirlo? anche secondo me Giuliani, come tanti di noi quel giorno, se l’è andata a cercare. Nel senso che si é battuto contro l’ingiustizia, dove gli é capitato e come gli é capitato, in una situazione in cui era evidente che la vita era pesantemente a rischio. Questo non ne fa un martire, parola che fra l’altro ha uno sgradevole lezzo di sagrestia, aggravato dal peso recente del moltiplicatore islamico; ne fa, a me pare, un combattente per la libertà.
Per questo a me pare che la domanda non debba essere se lui era uno di noi, ma piuttosto se noi, ciascuno individualmente preso, sia stato, sia e sia intenzionato a essere uno come lui
Per lo stesso motivo, mi pare doppiamente significativo che sia stato “uno qualunque”, non un militante, non un professionista, non uno specialista: ma uno che prima aveva pensato di andare al mare e poi, spinto da quel che percepiva accadere, ha stabilito di non starcene. Perché è questo passaggio dalla dimensione privata, la brava persona che in sostanza si fa dignitosamente i cazzi propri, a quella pubblica, quella stessa persona che sceglie di intervenire sul piano storico, per reindirizzare il corso degli eventi correndo i rischi (non sempre così rilevanti, per fortuna) che il caso presenta
In questo senso leggo “Carlo Giuliani ragazzo” che altrimenti dà l’odiosa idea di uno che in fondo era lì per caso, senza neanche sapere bene quel che faceva: io ci leggo il contrario del militante, dello specialista del riot, ci leggo il genere di ragazzo che é in fin dei conti l’unica realistica speranza del mondo. Come quelli che si sollevano sempre più spesso, ogni volta in un nuovo angolo del mondo
“Piazza Alimonda: omphalos e ultimo avamposto, spazio d’incontro tra vivi e morti, luogo a cui sarei tornato ancora e ancora da pellegrino, per sempre edotto che la sorte di Carlo Giuliani era anche mia, mia e di chiunque era stato lì, perché sarebbe potuto accadere a me, perché ciascuno di noi, nell’istante delle infinite potenzialità, era stato Carlo Giuliani e all’inverso Carlo Giuliani, prima di essere ucciso da un carabiniere, era stato ciascuno di noi e, precisamente, me.”
Ho visto il documentario “La Trappola”. Importante per la parte che parla del depistamento da parte della polizia, e perchè rende evidente il fatto che alcuni poliziotti e carabinieri tiravano sassi. Un po’ azzardato in altri punti: ad esempio, nulla nel filmato prova perchè Piazza Alimonda avrebbe dovuto essere un’imboscata. Appare più come una semplice fuga. Poi si recriminano allo stesso tempo le procedure di sicurezza eccessive (tombini sigillati) o limitate (cassonetti lasciati in giro). Sulla morte di Carlo Giuliani mi allineo alla prima sentenza della Corte Europea di Strasburgo che, stando a Wikipedia, afferma che “Mario Placanica agì per legittima difesa, motivando che «il militare non è ricorso a un uso eccessivo della forza. La sua è stata solo una risposta a quello che ha percepito come un reale e imminente pericolo per la sua vita e quella dei colleghi» […] rilevava comunque alcune carenze nel rispetto degli obblighi procedurali previsti dallo stesso articolo […] in quanto «le autorità italiane non hanno condotto un’inchiesta adeguata sulle circostanze della morte del giovane manifestante» e perché non fu avviata un’inchiesta per identificare «le eventuali mancanze nella pianificazione e gestione delle operazioni di ordine pubblico». Deplorando queste mancanze la Corte ha dichiarato per questo di trovarsi nell’impossibilità di stabilire l’esistenza di una correlazione diretta e immediata tra gli errori nella preparazione delle operazioni di ordine pubblico e la morte di Carlo Giuliani” In altre parole, concordo, dovevano esserci indagini migliori, al seguito delle quali un processo sarebbe stato sicuramente celebrato.
Altra critica al documentario: non si può dire che Carlo voleva disarmare il carabiniere basandosi sull’opinione di chi lo conosceva. Primo, perchè si tratta di opinioni, secondo, perchè il comportamento di una persona in un contesto del genere cambia rispetto al normale.
Ultima cosa interessante: la conversazione tra i marescialli, in cui chiamano i manifestanti zecche. Un atteggiamento che non è individuale, ma del quale ho sentito troppo spesso parlare. Sembra che l’uso di un simile linguaggio, proprio dell’estrema destra, sia parte della formazione e dell’addestramento dei carabinieri, e non può essere tollerato.
http://www.nazioneindiana.com/2012/07/21/la-smorfia-di-gwynplaine/
http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=30822&typeb=0&Carlo-Giuliani-ricordato-in-Piazza-Alimonda
salve a tutti…ho visto il video la trappola(utilissimo per far capire a molti come agiscono le forze dell’ordine in determinate situazio) ..premesso io non ero presente quei giorni..ma secondo me attribuite troppa intelligenza ai vertici delle forze di polizia…sicuramente qualcuno avrà anche pensato di organizzare provocazioni/situazioni particolari x intervenire in modo pesante..ma in generale non credo siano capaci,certamente NON PER BONTA’/RISPETTO DELLE PERSONE, LA MAGGIOR PARTE DI ESSI DI FARE UN ANALISI COSI approfondita e dettagliata DELLA SITUAZIONE SCONTRI E PROGRAMMARE TUTTO quello che c’è stato/avvenuto in seguito..troppe le variabili in gioco…
Su questo, come la pensiamo noialtri lo hanno scritto WM2 e WM4: non fu Piazza Alimonda la trappola, ma la scadenza di Genova nel suo complesso. Di questo siamo convinti da anni, abbiamo raccontato le “anteprime” come quella napoletana, i segnali che ci arrivavano e non ascoltammo, e poi quel che è emerso dopo sui preparativi, sugli ordini di attrezzature speciali e di body bags. Arbasino ci scrisse persino un’instant-poesia, un “rap”, dicendo che a Genova avrebbero fatto il morto.
Dentro questa cornice, *anche* Piazza Alimonda diventa una trappola, perché inserita nel dispositivo più grande. Ogni evento, anche fortuito, anche quando errore nella catena di comando, comunque era influenzato dalle premesse: ci aspettavano da tempo, si erano “caricati la molla” (la “foia” di cui parlava Franti, quella che ti porta a sparare 17 volte nel mucchio dei manifestanti dal finestrino di un cellulare che investe la folla a tutta velocità), si erano preparati a impartirci la lezione più dura che potessero impartirci.
Pkrainer dice che si sono “imbaldanziti” *dopo* aver fatto il morto, e che il loro comportamento precedente era dettato più dal panico, dalla paura che avevano della forza del movimento. Che soggettivamente per alcuni CC la paura e l’agitazione fossero elementi della “foia” ci sta, quel “pizzicorino” al buco del culo che si sente durante l’azione è causato da tanti sentimenti, anche contrastanti, che si affastellano, però non mi convince questa lettura, che secondo me confonde la paura politica dell’espandersi del movimento in generale (a livello non solo italiano ma continentale e planetario) con la paura fisica che le persone convenute a Genova per contestare il G8 potevano causare alle forze dell’ordine.
La prima paura c’era eccome, altrimenti non avrebbero dispiegato tutte quelle forze, Fini non sarebbe andato di persona a seguire la situazione etc.
La seconda paura mi sentirei di ridimensionarla, prima del pomeriggio inoltrato del 20 non era successo niente che potesse terrorizzare veterani di guerra (in Piazza Alimonda e nei dintorni c’erano un sacco di reduci della Somalia) e gente che da anni “any given sunday” (o saturday) fronteggiava gli ultras e si ritrovava spesso in riot di massa.
Queste letture iper-soggettiviste e anche un po’ priapesche non aiutano granché a capire. Poi ci può stare che dopo aver fatto il morto anche i più tentennanti si siano ringalluzziti e chi era già in fotta si sia infottato anche di più (credo che la Diaz e Bolzaneto siano prove evidenti di questo), ma è una nota che vale quel che vale.
a me non sembra che ci fossero tutte queste gran forze, considerando che dovevano fare i turni, il rapporto era di uno a quindici, che di questi tempi é un rapporto inferiore alla soglia di sicurezza. A noi pare evidente e pareva evidente fin d’allora che solo una parte dei manifestanti, diciamo un venti per cento, poteva essere pericoloso: ma dubito che loro ne fossero altrettanto convinti sia a livello di vertice sia a livello di base. Se TUTTI nche in forma non violenta ma decisa avessero fatto pressione sulle barriere, i poliziotti non erano in grado di tenerle, o perlomeno non ne erano certi. Se la massa avesse dilagato di là, magari sparavno come dice Cossiga, ma di sicuro avrebbero docuto evacuare i merdosi e lo sputtanamento sarebbe stato siderale. Alle 16, era chiaro che si marciava divisi e si colpiva divisi, e a quel punto probabilmente il corteo del carlini era sia pure in forma residuale l’unico cuneo ancora compatto. Erano stanchi e stufi e hanno deciso di disperderlo di brutto? O hanno fatto casino, come affermano certe testimonianze, aggredendo quelli sbagliati, tanto sono tutti comunisti (i poliziotti caricherebbero anche la festa dell’Unità per salvare le salamelle)? comunque, anche a livello politico io ho avuto la sensazione di un sollievo da parte delle guardie, che finalmente potevano tornare a fare quel che é la loro specialità, darle senza rischiare di pigliarle. Quando poi la massa si é rivoltata, sono venute fuori le varie tendenze, quella alla fuga (via caffa) e quella al maramaldeggiare.
Insomma, non c redo a nessuna trappola: rimango dell’idea che tutti dal primo all’ultimo avessero una paura fottuta, quella che invece mancava da parte nostra.
visto che ne abbiamo prese parecchie, adesso ci é facile vedere le cose a rovescio e immaginare che avrebbe dovuto essere noi a preoccuparci…mentre credo che viceversa se fossimo stati coscienti della nostra forzae delle nostre possibilità, si sarebbe potuto agire molto meglio. Anche se realsiticamente con qualche morto in più
Riporto una ricostruzione del corteo di “Globalise resistance” del 20 Luglio 2001: a quanto ne so fu il primo ad essere caricato nel primo pomeriggio…
“> Il corteo congiunto di Globalize Resistance,
>l’International Socialist Tendency e Proposta Comunista
>(Ferrando e Grisolia) e` partito verso l’una da piazzale
>Kennedy venerdi 20 luglio. Eravamo tra le 4-5.000 persone.
> Siamo partiti lungo viale delle Bande Partigiane,
>svoltando a sinistra poco dopo la Questura, lungo la strada
>che porta direttamente alla galleria che poi arriva a
>Piazza Dante. Pero` prima della galleria siamo svoltati a
>destra in Via Fiasella e siamo arrivati alla grata che e`
>stata ‘aggredita’ per circa cinque minuti, ma purtroppo non
>e` stata possibile tirarla giu` del tutto. Dall’altra parte
>della grata c’erano pochi agenti e un solo idrante, ecco
>perche` siamo potuti agire liberamente fino all’arrivo di
>un centinaio di poliziotti da Viale Liguria che ci hanno
>brevemente caricati, obbligando la nostra ritirata.
> Siamo tornati indietro su viale delle Bande
>Partigiane, pero` questa volta svoltando a destra dopo la
>Questura e salendo in collina. Dopo una bella camminata
>indisturbata siamo arrivati in Corso Podesta`, dove abbiamo
>obbligati la discesa in basso di un centinaio di
>carabinieri con gli spintoni, fino a trovarsi di fronte ad
>un varco permanente nella grata, della dimensione di 3-4
>metri. Si trattava di una strada secondaria, in collina, e
>percio` le autorita` avevano deciso di lasciare un varco
>per il passaggio dei loro automezzi.
> Siccome eravamo in 4.000, e le forze dell’ordine in
>100 o 200, probabilmente avremo potuto ‘sfondare’ la zona
>rossa forzando il varco. Abbiamo deciso di non tentarci.
>Dovrei chiedere in giro per scoprire la motivazione
>’ufficiale’, ma credo che abbiamo deciso di tornare
>indietro in vista dell’esito altamante ‘problematico’ dello
>sfondamento di migliaia di manifestanti nella zona rossa.
> Da li siamo saliti a piazza Carigliano. E dopo un
>meritato riposo, siamo scesi anche noi in piazza Dante – e
>da li` la dinamica e` ben conosciuta.
> Se qualcuno fosse curioso a vedere le prove, so che
>avevamo avuto diversi fotografi in testa al corteo.
> Perche` questi fatti non sono stati riportati?
>Credo per un motivo molto semplice: non c’e` stata violenza
>di rilievo.
>
>Un abbraccio,
>
>Tom Behan Globalize Resistence”
@aquila della notte: Il problema della tua analisi è che sbagli il soggetto: le forze “dell’ordine” a Genova furono solo strumenti della classe dominante, all’interno della lotta di classe, che i capitalisti sfruttatori che possiedono il mondo agiscono quotidianamente per continuare a possederlo.
Ragionare su Genova senza tenere conto del contesto della lotta di classe (che non c’è solo quando noi scendiamo in piazza, ma quotidianamente, anche quando “noi”, classe sfruttata, non la facciamo) è deviante.
L’intelligenza, la programmazione, è a livelli più alti di quelli delle forze dell’ordine o dei rappresentanti istituzionali: gli uni e gli altri sono stipendiati (consapevoli o no di esserlo) dei capitalisti dominanti, che hanno più coscienza di classe di noi e che si organizzano da sempre per mantenere il controllo del potere…
Genova si inserisce negli episodi della lotta di classe che riguardano gli scontri simbolici intorno ai vari G8 e alla stagione pre-11/09 (episodio che a sua volta, secondo me, fu una reazione necessaria al crescere del movimento mondiale anticapitalismo) ma ha anche delle specifiche legate alla forza quantitativa particolare del movimento italiano (storicamente) e della lotta perenne sottotraccia fra “sinistra radiclae e antagonista” e “sinistra riformista e connivente” per la sua egemonia (interessante è la posizione dei DS e la loro rinuncia alla partecipazione al corteo subito dopo la morte di Carlo, rinunica che dette di fatto il via libero per l’attacco militare del sabato sui manifestanti…)
Chiedo scusa pechè farò un intervento particolarmente antipatico.
Il “movimento di Genova” ha passato anni a fare discorsi anti partito, a criticare in maniera superficiale le strutture organizzate della sinistra, a parlare in maniera astratta di “potere” con l’idea moralistica che stare in un partito significasse vendere la propia anima al diavolo.
Ma senza una presenza politica nazionale, senza sporcarci le mani con le burocrazie di partito (pensando stupidamente che si potessero abbattere dal di fuori) ci siamo isolati dalla società, abbiamo contribuito ad abbattere quelle stesse strutture che potevano essere manovrate a nostro favore lasciando spazio a ogni populismo peronista di sorta.
E quando siamo intervenuti è sempre stato “dal di fuori”, in nome di un’autonomia che ha semplicemente delegato ai burocrati e senza partecipare alle lotte interne di queste organizzazioni, addirittura spaleggiando come hanno fatto i disobbedienti laformapolitica fallimentare del centro sinistra. Non è strano che i Bertinotti della situazione alimentassero questo tipo di teorizzazioni.
Ora apolidi, ci meravigliamo se la cittadinanza continua a ragionare su Carlo Giuliani in termini di *estintore *violenza e amenità varie…. Ci meravigliamo se la gente non viene al centro sociale/circolo arci/circolo culturale ad informarsi, non viene sulle nostre preziose pagine a capire realmente come sono andati i fatti.
Abbiamo confuso lavoro politico e lavoro culturale e abbiamo pensato che bastasse quest’ultimo a smuovere le coscienze. Beh, ci siamo sbagliati. Ora non abbiamo un megafono per parlare di genova agli italiani (iniziative pubbliche e web non sono sufficienti).
Chapeau.
Intervengo solo un attimo e poi me ne torno in ascolto. Non solo non sono d’accordo con questo intervento “particolarmente antipatico”, lo trovo proprio del tutto falso. Se hai mezz’ora di tempo ti invito a guardare questo video
https://www.youtube.com/watch?v=dS-xbah_QW4
Riconosci qualcuno? Indovina.
Per tutto il resto c’è la famosa frase di Audre Lorde “non si può distruggere la casa del padrone con gli attrezzi del padrone”. Adieu.
Scusa, anarcofem, ma il tuo commento contiene zero argomentazione, sforziamoci un po’ di più. Non si può linkare un video dicendo “Indovina”, senza spiegare niente di niente. Quando uno linka e vede che il video dura mezz’ora, si dice: “Non ho tempo per gli indovinelli”. Ed è vero, non abbiamo tempo per gli indovinelli. “Sprecando” mezzo minuto in più, avresti potuto rendere il tuo commento più chiaro e più utile a tutti.
Hai ragione e me ne scuso, ma purtroppo non posso fare un riassunto sommario di quel video che parte dalle prime giornate di mobilitazione alle violenze nella caserma Raniero. Il mio “indovina” era riferito a Francesco Caruso: bisogna vedere gli ex leader del movimento noglobal in quel contesto in cui sono esplosi mediaticamente ma anche rendersi conto poi di come Caruso e altri personaggi abbiano scelto in seguito di prendere una strada “interna” al potere piuttosto che “dal di fuori” come si afferma nel commento di @Mrossymoro.
Mi sa che con Mrossymoro non vi siete capiti, parlate da due prospettive troppo diverse e quindi i rispettivi linguaggi necessiterebbero di “traduzioni” che però non fa più nessuno.
Mrossymoro non parlava dell’occasionale candidatura di bandiera di un leader di movimento, anzi, giudicava proprio quella fase (quella dell’appoggio dei Disobbedienti al bertinottismo e viceversa) particolarmente nefasta. Parlava di impadronirsi con una forza di classe delle strutture esistenti, sottraendole al controllo delle burocrazie per trasformarle. Strategia entrista – nell’accezione che questa parola ha storicamente, direi “classicamente”, nel movimento comunista internazionale – con cui ciascuno può essere o non essere d’accordo, ma che fa riferimento a un lavoro dal basso, sui territori, e non c’entra con Caruso in parlamento. Anzi, Caruso in parlamento mi sa che è una delle poche cose su cui siete d’accordo :-))))
Forse hai ragione tu, non ho proprio capito. Continuiamo a parlare lingue differenti, esattamente come 11 anni fa facevano le tante anime del movimento noglobal. Però io sono esttamente una di quelle persone che “ha passato anni a fare discorsi anti partito” e “a parlare in maniera astratta di “potere” con l’idea moralistica che stare in un partito significasse vendere la propia anima al diavolo”. Ecco, tutto qua. E come me tante, tantissime persone proverebbero ribrezzo per la strategia “entrista” come per la collusione diretta col potere come hanno fatto ai tempi Caruso e affini. Sono certa che ci siano alla base di entrambi i ragionamenti dei discorsi sul potere sottintesi e differenti: alcuni probabilmente sono moralisti oppure inutili (mah) ma quantomeno partono da eventi verificabili e sono molto meno snob di quanto si voglia far credere. Ecco perché volevo solo ascoltare e intervenire velocemente: perché certi discorsi prendono proprio il largo..
[…] questi giorni su Giap vengono rilanciate le numerose e puntuali inchieste realizzate per far luce su quanto accadde al […]
Ciao compagni, intervengo molto tardivamente nella discussione e non ho avuto il tempo di leggere tutti i post, per cui è possibile che questa mia riflessione sia già stata fatta. Se è così me ne scuso.
Al di là delle differenti valutazioni su Genova 2001 su cui è giusto continuare a confrontarsi almeno per cercare di non commettere gli stessi errori in futuro (come ad esempio portare in piazza centinaia di migliaia di persone, “sfidare lo stato” e non avere uno straccio di servizio d’ordine unitario), bisognerebbe anche riflettere sul fatto che ora 5 compagni vengono sbattuti in carcere dai 6 ai 14 anni per i fatti di undici anni fa, e l’attuale movimento – non so bene come definirlo, diciamo, per intenderci, anti-capitalistico – non è stato in grado di organizzare nemmeno un corteo nazionale, nessuna mobilitazione di piazza, nulla che cercasse di ricompattare un po’ tutte quelle forze eterogenee che, almeno sul terreno della lotta contro la repressione, in passato sono riuscite a dire qualcosa insieme.
Questo è abbastanza grave, anche perché la sentenza che manda in galera quei compagni (14 anni di carcere… ci pensate?) è il segnale che lo stato ha intenzione di usare la mano molto pesante nei confronti di chi, in futuro, cercherà di mettere in discussione questo ordine sociale sempre più traballante.
Che fare?
“Raccontare Genova” http://suduepiedi.net/2012/07/raccontare-genova/
a Franti: Chi è questo Tuscania da cui parli che userebbe il filmato di Alimonda per formare la polizia irachena? Mi puoi dare informazioni? Eventuali links? M’interessa molto per un libro che devo pubblicare in Italia
E’ il Reggimento Tuscania dei Carabinieri:
http://it.wikipedia.org/wiki/Reggimento_Carabinieri_%22Tuscania%22
Su cosa leghi questo reggimento alla repressione di Genova, c’è la controinchiesta di Franti:
LA BESTIA NERA IN PIAZZA ALIMONDA
e anche quest’altra ricostruzione:
PIAZZA ALIMONDA: L’ORGANIGRAMMA DEI CCIR
E’ il corpo di elite dell’arma, Carabinieri Paracadutisti, a cui apparteneva ( o da cui proveniva) gran parte della catena di comando in piazza dei CC.
Sull’uso dei filmati del G8 in Iraq
http://www.jgcinema.com/single.php?sl=163
Sugli sviluppi possibili
http://www.altrenotizie.org/esteri/4005-la-strana-polizia-europea.html
http://cca.analisidifesa.it/it/magazine_8034243544/numero85/article_846171508112760520660058036782_2051042665_0.jsp
da qui – articolo in cui si descrive il “corso di otto settimane che ha riguardato 450 agenti iracheni, selezionati dagli stessi istruttori italiani, che hanno potuto acquisire le tecniche e le tattiche adottate dai reparti MSU (Multinational Specialied Unit) impiegati con successo dall’Arma in Bosnia, Kosovo e a Nassiryah” – si possono far partire altre linee di ricerca…
(partito mutilo il precedente commento…)
Questo articolo (e tutti gli altri che gli fanno da corollario) contiene, a mio parere, interessanti elementi di analisi sulle “narrazioni tossiche”.
Il primo che salta agli occhi è il riferimento, che ho virgolettato, ad azioni all’estero che per “l’italiano medio” creano associazioni “buone”, “positive” (“L’Arma” ti fa venire in mente il calendario del carabiniere, o il maresciallo della caserma sotto casa; “Nassiryah” è nell’immaginario dei lutti nazionali collettivi).
Le azioni del Tuscania (e in particolare del Gruppo Speciale) in Italia che si possono trovare in rete (quelle non protette da riservatezza) si riferiscono alla cattura di latitanti e/o di terroristi, alla liberazione di ostaggi, al sequestro di stupefacenti.
L’immagine che si fissa, dunque, è quella di un reparto di eroi che combattono per la nostra sicurezza… E agli eroi si perdona molto, e si fanno poche domande…
A Genova 2001 mi ha portato mia figlia. Quando il sangue di Carlo bagnò l’asfalto la mia casa fu invasa da ragazze e ragazzi poco più che adolescenti. Organizzavano il viaggio per la città assediata ed offesa. Volevano essere al fianco di Carlo.
Già da giorni miei compagni e amici erano al Carlini. Armati di scudi in plexiglass e imbottiture varie. Tentavano di violare la zona rossa. Ma io in quel periodo non potevo esserci. Il lavoro, gli impegni, le scadenze, il mutuo. Ma quei ragazzi mi contaggiarono. Chiamai chi era ancora a Salerno. Un fratello pianse dicendomi che non poteva proprio. E partimmo insieme a quelle giovani vite.
E’ stata la manifestazione più paurosa della mia vita. Assediati e gasati. Scacciati e vilipesi. In reale pericolo di vita a volte. Caroselli di furgoni e defender pazzeschi, improvvisi, pericolosi e sensa senso. Lacrimogeni dappertutto. Senza scampo da sole, caldo e gas nocivi. E grazie alla complicità di migliaia di genovesi che ci aprivano porte e portoni e ci davano acqua e viveri che non abbiamo avuto altri Carli. Ma siamo riusciti ad essere con Carlo e a tornare a casa. Tutti e quasi illesi.
E oggi non è ancora finita, La lapide di Carlo oltraggiata. Una vela con un messaggio infame che gira per Genova il giorno dell’assassinio. E tanta galera per amici, compagni e fratelli.
Ma già, alcuni di noi, hanno prodotto una lesione in tutto questo.
Hanno praticando un rifiuto, un esodo costitituente con la loro latitanza. Da questo squarcio filtra una luce viva che annuncia possibilità altre. Genova non finirà come vogliono loro.
http://costituentex.altervista.org/e-la-forza-si-e-fatta-pure-una-ragione-di-morte-e-galera/
Ho visto tutto il video, ma non mi ha soddisfatto, soprettutto date le premsse. Anch’io ho sempre detto:”Aveva l’estintore”, “La legittima difesa”, ecc. ecc. ma dopo questo filmato lo dico ancora. E’ interessante l’analisi delle ragioni della polizia, ma piu’ interessante la puntata di blu notte di Lucarelli. Per quanto riguarda la morte di Carlo io capisco questo: i carabinieri provocano il corteo, il croteo reagisce, i land rover si incasinano fra di loro, i dimstranti li assalgono, qualcuno lancia l’estintore che rimbala a terra, Carlo lo riprende e a quel punto da dentro la camioonetta qualcuno spara e centra Carlo allo zigomo, il land rover facendo retro schiaccia il corpo a terra e poi si allotana. Un carabiniere colpisce con una pietra il volto di Carlo gia’ a terra e presubilmente morto, forse per far credere sia stata una sassata, ma l’autopsia avrebbe rivelato comunque il colpo. In altre immagini poi si vede il corpo a terra ma non si notano segni sul volto. Le mie conclusioni. Tutta la gestione dell’ordine pubblico a Genova e’ stata delinquienziale, volta a colpire il movimento per screditarlo e scoragiarlo. Terribili i casi della Diaz e di Bolzaneto, questi si di una gravita’ inimmaginabile. La morte di Carlo Giuliani rientra pero’ nelle conseguenze degli scontri, la reputo veramente frutto del caso e della legittima difesa. Caso indotto dalle provocazioni, legittima difesa che non dovrebbe esistere durante delle manifestazioni, certo, ma caso e difesa. Mi pare che questo documento poco agiunga a quello che gia’ si sapeva. Puo’ essere utile per chi e’ completamente a digiuno di quanto accaduto a Genova, ma il tono troppo inquisitorio, accusatorio e certo in ogni affermazione secondo me non aiuta la causa della verita’. Ripeto molto meglio l’inchiesta di lucarelli che spiega molto bene quello che e’ successo e chiarisce colpe, motivazioni, conseguenzwe senza trinciare giudizi
Il documentario può avere tutti i limiti che vogliamo, ce ne sono anche su YT di più lunghi e più dettagliati (quasi tutti linkati nella discussione qui sopra), ma la chiave sta nel tuo “può essere utile per chi è completamente a digiuno di quanto accaduto”. Forse non di quanto accaduto a Genova tout court, ché essere *completamente* digiuni è impossibile, ma di quanto accaduto tra via Tolemaide e Piazza Alimonda sicuramente sì. La vulgata mediatica e la “verità” processuale (secondo cui, non va mai dimenticato, Placanica sparò in aria ma il suo colpo fu deviato da un sasso lanciato dai dimostranti, e solo per questa tragica fatalità colpì Carlo in piena faccia) dominano incontrastate presso il 90% e rotti dei nostri connazionali. Noi abbiamo ripescato questo documentario perché è un buon compendio. Dopo aver visto questo, si può anche approfondire. Se questo video aggiunge poco a quello che sai tu, io credo aggiunga molto a un sacco di gente. Altrimenti non si capirebbe l’impatto che ha avuto questo post in soli due giorni: linkato ovunque, 18.000 condivisioni su FB, centinaia di retweet, 50.000 visioni in più su YouTube rispetto alla sera del 19.
Sui difetti, sulle forzature, sul tono si può discutere e lo stiamo facendo. Noi stessi, ripeto, non crediamo che Piazza Alimonda sia stata una trappola orchestrata (ma sicuramente *l’effetto* è stato quello di una trappola). Ma come diceva un compagno via Skype ieri, un compagno che alla ricostruzione dei fatti di Genova ha dedicato anni di lavoro, “quest’ansia di perfezione mi spaventa”. Apprezzo la voglia di essere precisi, ma se non ci mettiamo nell’ottica di chi non sa quasi niente e vede quel video per la prima volta, rischiamo, anziché di essere precisi, di fare i “precisini”.
Quanto al tono, credo, si spieghi facilmente col fatto che questo video è espressione *diretta* della famiglia Giuliani. Nella primissima versione, al posto delle didascalie c’era Giuliano Giuliani che commentava. Se mi avessero ammazzato il figlio come un cane, infierendo anche sul suo corpo ormai esanime, chissà se avrei un tono così controllato…
La puntata di “Blu notte” dà un sacco di informazioni e ha girato abbastanza, però va dato il giusto spazio alle controinchieste dal basso, proseguite nel corso degli anni anche nella fase più dura della “risacca”. Senza quelle controinchieste, non ci sarebbe stata nemmeno la puntata di “Blu notte”.
ma davvero tu credi che un numero signficvativo di italiani creda alla favola del sasso? oppure al malore attivo che ha fatto cascare Pinelli? se sì, non hai presenti gli italiani.
I più non si ricordano una mazza
Molti pensano che l’ha ammazzato un carabiniere che si stava difendendo e ha fatto bene
Molti che l’ha ammazzato un carabinierie ma ha esagerato
Parecchi pensano che l’ha ammazzato un carabinieri, e che i carabinieri sono le solite carogne
Del sasso quasi nessuno si ricorda e quasi tutti pensano che non é vero, ma che é la versione di comodo per salvare capra e cavoli: la chiamano soluzione all’italiana, mica per niente
Ma di gente ceh DAVVERO conosce la storia e, conoscendola, crede alla versione dei giudici, forse ce ne sarà qualche centinaio fra gli iscritti al PD. nemmeno nell’arma dei carbinieri, voglio dire
Secondo me sopravvaluti, non solo tu, l’effetto dell’informazione mainstream: é un brusio che rincoglionisce e confonde, ma che lascia tracce del tutto superficiali
Un’inondazione le porterebbe via, come il condizionamento dei cani di Pavlov
A noi sta procurare l’inondazione: la massa d’acqua pericolante l’ha già fornita il capitalismo
Non penso che la maggior parte degli italiani conosca o creda alla fola del sasso o a quella della pistola estratta perché stava per volare un estintore. Penso invece che queste fole – che le conoscano o meno – vadano loro bene, perché approfondire costa fatica mentre la disinformazione è confortevole, o nel caso di alcuni – non certo pochi – perché Carlo era uno che insieme a mille altri stava rompendo i coglioni, e come mai non sono rimasti a casa loro, e perché non vanno a lavorare invece di fare i ribelli di ‘sto cazzo mentre portano le Nike, ché i carabinieri magari stanno sulle balle anche a me perché mi fanno la multa ma meglio loro che in fondo sono dei poveracci piuttosto che i figli di papà che tirano i sassi etc. etc. etc. etc.
Di questi discorsi sono pieni i bar, i treni, i tram, gli autobus, gli uffici e i social netwok. O magari sono io particolarmente sfigato che becco sempre il bar sbagliato, il treno sbagliato, l’autobus sbagliato, entro nell’ufficio sbagliato e incrocio sempre masse di stronzi sui SN. Per non dire dei discorsi sui migranti, che aprirebbero tutt’altro capitolo. Tu sicuramente hai un sacco di fortuna in più :-/
Che la disinformazione “mainstream” non sia onnipotente sono d’accordo, e sulla possibilità di sovvertirla scommetto da anni, ma che non sia da sottovalutare mi sembra lampante, stante la capacità di “sbattere il mostro nei titoli di testa” e distruggere esistenze che questi apparati continuano ad avere. Anzi, oggi la disinformazione ha conquistato nuovi terreni, basti vedere il ruolo mefitico giocato dalle versioni on line di certi giornali, ad esempio nel calunniare sistematicamente la lotta dei No Tav ostacolandone la connessione con altre lotte solo apparentemente diverse.
Paolo, mi è venuta subitaneamente in mente una cosa.
La costante di ogni tuo intervento, gratta gratta, mi sembra sia questa: “Tsk, mi stupisce che sprechiate il fiato nel parlare di queste cose, non è tutto risaputo? Il potere funziona così da che mondo è mondo, queste son perdite di tempo, solo la liberazione totale dallo stato può etc. etc.” E secondo te, mi pare, questa liberazione è dietro angolo, il suo ritardo dipende solo dal fattore soggettivo, dall’irresolutezza, dall’insufficiente radicalità. Radicalità che, traducendo, significa condivisione del tuo disincanto, dell’averle-viste-tutte-cosa-volete-che-sia.
Una volta appurato che lo scontro è assoluto, il resto viene da sé. A Genova potevamo vincere (cosa?), se solo fossimo stati disposti ad avere più morti, e così via.
[Come tu possa conciliare quest’attitudine con la militanza nel M5S per me resta un enigma, ma per carità di patria non approfondisco.]
Il problema è che, collocandoti sempre sul piano più generale che esista, con quell’atteggiamento un po’ così che in inglese definirebbero “smart ass” (“Quando aprirete gli occhi e capirete quello che da tempo ho capito io, allora sì!”), sarai magari radicale nella fraseologia, ma a me (e forse non solo a me) comunichi più un senso di paralisi, generi impotenza, tutto il discorso mi suona come un “Non TENETEMI ché li ammazzo, non TENETEMI”.
Quando niente che non rispecchi l’enunciazione più assoluta (perché solo di enunciazione si tratta, di discorsi “belli e acuminati”) ha il minimo valore, questo – come dicevi tu di chi vuole fare il riot sempre e comunque – “è il contrario della politica”.
Quando leggo l’espressione “legittima difesa” nel contesto di piazza Alimonda a me viene sempre in mente la sequenza di immagini con il relativo commento sul Corriere della Sera del 21 luglio: le quattro fotografie ti mostravano con estrema chiarezza la pistola impugnata e rivolta verso i manifestanben prima che Carlo raccogliesse l’estintore e la didascalia si soffermava sulla mano ferma del tiratore e sul suo “sangue freddo”.
Forse basterebbe a volte cambiare la prospettiva e sentirsi non all’interno del defender ma davanti alla bocca di quella pistola per non legittimare la morte di Carlo.
t
p.s. Anch’io come molti devo la vita ai compagni e compagne che hanno resisitito all’assalto.
[…] Davanti a un giudice silenzioso e invisibile di mille anni fa, quattro versioni completamente diverse vengono rese dello stesso fatto di sangue. […]
@kyra l’elfo
La “causa della verità” è una causa persa se non assumi un punto di vista.
Vedere è diverso da guardare. Genova è stata vista tanto ma guardata poco.
Si può anche scomporre una foresta e analizzare i singoli alberi, ma la “verità” della foresta non è data dalla somma degli alberi, è un’altra cosa.
La “verità” del G8 a Genova è difficile da guardare, perché a un certo punto, se la guardi davvero negli occhi, arrivi al cuore della faccenda, che secondo me è questo:
come sia stato possibile che migliaia di funzionari dello stato abbiano tarato simultaneamente il loro mood sulla ferocia assoluta, sulla nemicità totale, con l’implicazione dell’annientamento dell’avversario.
Non sono gli ordini, è come li esegui.
I manifestanti, anche nei momenti più accesi, non sono mai stati feroci. Il famoso blindato dato alle fiamme era vuoto e prima di essere bloccato era pieno di carabinieri. Alcuni manifestanti, tra cui un prete, hanno invitato i CC ad andarsene. Solo a blindato vuoto sono stati gettati dei rifiuti dentro e gli è stato dato fuoco.
Abbastanza gentlemen questi devasta-saccheggiatori, se raffrontati ai medici di Bolzaneto.
Dunque perché tanta ferocia e così tanti feroci?
Siamo nell’europa civilizzata in fondo, no? Almeno dicono.
In tutto il G8 a Genova sono stati registrati solo due (2) casi in cui sia trapelata “umanità” da parte delle varie polizie:
Caso 1: un funzionario di PS che ha fatto togliere il colpo in canna al reparto che dipendeva da lui.
Caso 2: digos che lascia esfiltrare da Bolzaneto un paio di giovani fermati, prima che entrassero nel tritacarne.
Nessun altro evento da segnalare, il resto è ferocia. Perchè?
Non lo so, ma so dove cercare una possibile risposta.
Proprio nell’europa civilizzata, all’inizio dei favolosi anni ’60, nella “Ratonnade a Paris”.
http://fr.wikipedia.org/wiki/Massacre_des_Algériens_à_Paris
Parlo naturalmente delle dinamiche, non dei morti che in quel caso si stimano in circa 200.
Come sia potuta nascere la Ratonnade (e come si sia potuta dimenticare) imho ci può dire molto su Genova, sui rischi che abbiamo corso e sulla natura degli apparati degli stati.
perchè i poliziotti sono al servizio dello Stato e gli stati nascono ed esistono per opprimere e cancellare tutto ciò che esiste di umano negli esseri umani.
Finché non ti ribelli, questo aspetto non emerge così tanto (anche se, pensa ad Aldrovandi che cantava per strada; pensa a Uva) ma se le circostanze lo permettono, viene fuori la sostanza che é questa. E CHE DEVE ESSERE QUESTA: come potrebbe una persona non feroce difendere con le armi un sistema sociale feroce e iniquo come questo? o qualcuno crede davvero che i poliziotti del reich o dell’Argentina o di Franco o della NKVD, fossero, chissà perché, diversi dai nostri? e perché? perchè noi italiani siamo brava gente? uno, non é vero; due, quando indossi la divisa dismetti ogni altra caratteristica in fav ore dell’adesione allo status quo, da affermare fino alla morte. Altrui, beninteso
…questo sempre sulla falsariga dello straparlare. tra esercito e forze dell’ordine quanti saranno? un milione? visto che tu li conosci tutti ed hai appurato che un milione di individui – dal vissuto unico ed irripetibile come il mio ed il tuo – sono esseri feroci perché non inizi a sterminarli ad uno ad uno invece di star qui a parlare di divisa, NKVD, e cose del genere? e se questo sistema sociale non ti piace perché non inizi a fare guerriglia sugli Appennini, invece di rimanere a sfogare la tua rabbia in solitudine di fronte ad un pc? non ti sembra riduttivo per uno che ha capito tante cose sullo status quo rimanere nell’impotenza del momento?
be’, alla mia età, farei ridere sugli Appennini e d’altronde tirando le somme mi pare di avere, in questa mia vita, dato quel minimo per cavarne la libertà di parlare senza che chi mi si metta a tacere facilmente.
Che i poliziotti siano così tutti, te lo dice un dato facile facile: quante sono state le dimissioni dopo genova, o dopo Aldrovandi, Cucchi, Uva, Lonzi, l’Afghanistan, i Cie, etc
Magari qualcuna ce n’è stata e non ne siamo informati: ecco, quelli, non erano feroci, o dopo esserlo stati gli ha fatto schfo. Ma chi OGGI tiene la divisa o fa la fila per indossarla, ha fatto una scelta. Il mio odio é, io credo, la maniera più adeguata per rispettarla
La posizione di pkrainer mi sembra sufficientemente sviscerata, sarei per non spingerlo a “stroppiare”, per rispetto nei suoi confronti e nei confronti di tutti quelli che stanno leggendo.
@wm1 ok, scusami. Ti volevo chiedere: non c’è un modo di contattarvi via mail senza dover scrivere altri commenti OT?
Nella homepage
http://www.wumingfoundation.com
c’è l’indirizzo e-mail con le istruzioni su come usarlo con parsimonia :-)
tanto per cominciare, in ambienti diciamo così, meno “filtrati” si possono leggere anche commenti di questo tipo:
– “Sei un vigliacco pezzo di merda.. “chi conosce carlo sa che la sua intenzione è quella di disarmare chi lo vuole sparare”.. pezzo di merda dovresti marcire in galera!! se voleva salvarsi la pelle sarebbe fuggito via!!”
– “Beh in effetti la camionetta dei carabinieri che sale sui marciapiedi per investire i manifestanti è chiaramente un montaggio fazioso.”
– “Io sono per la libertà, la pace e l’onestà intellettuale.Può anche essere che sia andata come dite ma questo video fa schifo.
E’ carente. E’ montato in modo evidentemente fazioso e non risulta credibile neanche da qualcuno che ci vuole credere come me.Non si possono mettere foto senza sapere dove sono scattate e quando e scrivere cose tipo i carabinieri si travestono da black block.Avrete ragione ma un documentario deve documentare se no concludiamo la faccenda con “i poliziotti non sono capaci”
eltexo12 2 ore fa”
sono commenti copiati tra quelli lasciati in calce al filmato “la trappola” sul sito Youtube.
secondo me sono molto interessanti. Kant avrebbe avuto molto da riflettere su questo materiale. Claudio Lolli invece ne uscirebbe vincitore con la sua idea di piccola borghesia.
La cosa che, in un certo senso, mi affascina è la caparbietà, l’infaticabilità di un gruppo di uomini (nel senso di essere umani) che insistono a voler “vedere”. Vogliono vedere e far vedere come si svolgono le cose del/nel mondo. E le vogliono fare vedere a persone (la stragrande maggioranza dell’umanità) che non ne vuole sapere, non si vuole immischiare. C’è da rilevare che, qualora, grazie all’azione di pochi dimenticati, si arrivasse ottenere un diritto, seppur modesto (a causa dell’inazione dei molti), i membri della moltitudine non esiterebbero e non si farebbero scrupolo di pretenderlo per se, SOPRATTUTTO per se.
Una decina di giorni fa ero al Campidoglio per la questione della vendita dell’Acea: eravamo quattro gatti! Non bevono, forse, gli altri milioni di romani? E anche lì, tra quelli che trascinavano fuori delle transenne uno dei pochi manifestanti che erano riusciti ad occupare le scalette che portano al consiglio, c’era un poliziotto che, a brutto muso, accusava uno di noi di far del male al malcapitato. Alla mia obiezione – “ma se sei tu che lo spingi” – è rimasto impassibile, pietrificato, come se non avesse sentito. Anche qui, forse, sarebbe il caso di esaminare, dal punto di vista psichiatrico, il fenomeno dell’arruolamento delle forze di polizia. Sì, va bene quello che scriveva Pasolini, ma come si spiega che i figli di gente comune, che non ha ricchezze da salvaguardare, che vive di pensione, una volta arruolati, prendano ciecamente e acriticamente le difese degli oppressori? di coloro che sono causa del disagio loro o della classe sociale di provenienza? Come può un uomo alzare un’arma, fosse anche solo un manganello (che fa malissimo!) contro un altro uomo al solo scopo di prendere uno stipendio?
Ciao pkrainer, vengo in pace e non voglio incrociare i ferri con te qui :) ma la risposta non mi soddisfa.
E’ come lo zucchero filato, buono, ma se hai fame non è la soluzione.
Perché il frame “ferocia” scatta?
Mi interessa per schivarlo la prossima volta, non è accademia.
Se vengo fermato preferirei che il poliziotto desse seguito alla mia richiesta di contattare l’avvocato, invece di menarmi.
Non ci piove che resta un servo dello stato, non sto parlando della sua natura, ma dei miei denti.
Gli standard sono importanti e sono anche loro un riflesso dei rapporti di forza.
Qualche mese dopo il G8 un gendarme svizzero intervenne in un forum compiacendosi della morte di Carlo Giuliani.
Venne aperta un’indagine interna al suo corpo, venne identificato il gendarme che era intervenuto con nikname, venne sospeso dal servizio per 6 mesi e affiancato da una assistente sociale e uno psicologo.
Non mi farebbe schifo eh. Servo dello stato per servo dello stato, meglio quello che si adegua a degli standard vantaggiosi per me.
a me pare solo una questione di rapporti di forza: in Svizzera lo Stato è più stabile e può puntare a governare mediante il consenso. E ha meno paura dei propri poliziotti. In Italia é estremamente instabile, ritiene di non avere modo di estorcere consenso e quindi ricorre alla brutalità: Il risultato é che i vertici si sentono in fin dei conti ricattati dalla massa in uniforme
E’ un processo che ritengo non evitabile e che in America latina data quasi un secolo: presto le polizie italiane avranno il loro partito come AlbaDorata in grecia, e le loro aziende, il loro circuito commerciale, le loro banche. Diverranno a ogni effetto un particolare racket all’interno del sistema mafioso generale
Capisco quindi le esigenze che manifesti, ma temo che ti trovi nel paese sbagliato, forse l’Islanda…
Mah, a me sembra che in Svezia lo stato sia stabile, eppure il poliziotto che ha sparato a Göteborg, a quanto mi risulta, non ha avuto conseguenze serie per il suo gesto. La polizia svedese ricevette rose rosse dai militanti socialdemocratici come ringraziamento del lavoro svolto, tanto è radicata l’idea che lo Stato e i suoi apparati non sbaglino mai. Credo quindi che la risposta sia altrove e non nella forza dello Stato o nella legittimità di cui godono le forze dell’ordine.
A me invece sembra che tu decontestualizzi sempre tutto, senza mai tenere conto dei rapporti di forza reali o delle specifiche particolari e diverse (per esempio sulel differenze fra Svizzera e Italia nella divisione internazionale del lavoro – o delle funzioni economiche, se preferisci) “universalizzando” intuizioni vaghe di modellid i analisi più complessi.
Come l’identificazione “stato=potere” che elimina bruscamente da qualsiasi equazione sia l’esistenza del capitalismo (che controlla e usa gli stati), sia le richieste (e in certi casi anche le conquiste) democratiche fatte inizialmente proprio per poter aprire spazi di antagoniso e resistenza al capitale anche dentro le istituzioni strappandole a un controllo totale da parte della classe sfruttatrice, sia l’esistenza stessa dello sfruttamento e della lotta di classe: domani abbattiamo lo stato, ok.. risultato: avremo ancora il capitalismo e i suoi eserciti privati che avranno meno limiti di quanti ne abbiano già adesso… ottimo…
(E dico questo non per “difendere” lo “stato” – cioè la configurazione attuale dei rapporti di forza e del controllo sulle istituzioni che ne deriva – ma per sottolineare un buco enorme nella specie di analisi che continui a replicare ad libitum ;))
Intervento riferito a Pkrainer, ovviamente
(“Uhm… il tuo commento è troppo breve. C’è un’alta probabilità che sia totalmente privo di senso. Sforzati un poco di più, grazie.” ….ecco: mi sono sforzato di allungare la precisazione con una citazione inutile, contenti? ;))
ciao, numero uno, capisco che possa sembrare così, ma non é così. A parte che non “milito” nel M5S ma vi apporto il mio contributo (è un ambito che esclude il concetto di militanza), le due cose, l’atteggiamento che ti pare comunicare impotenza e questa collaborazione si spiegano una con l’altra. Perché a me ciò che preme é un ambito dove si possa dire tutto e discutere di tutto, e il Movimento lo è, vi vige una libertà diparola a volta anche inquietante (perché il filtro alle cazzate, che non sono troppe, ma un po’ ce n’é, non esiste proprio): E per me é essenziale dire subito, con grande chiarezza, a quali conclusioni si sia pervenuti e a quali quindi si propone agli altri di arrivare
Il processo per giungere in qualsiasi luogo é sempre obiettivamente graduale, un passo dopo l’altro, e se ci si vuole arrivare insieme occorre che ci si aspetti anche a vicenda. Ma il traguardo e le ragioni per cui si ritiene che questo sia il traguardo, occorre che sia sempre illuminato a giorno, per distante che possa risultare (e per me che ho sessant’anni temo sia davvero troppo distante).
Nello specifico, io credo si tratti di un mondo senza leggi, senza carceri, senza tribunali, senza poliziotti, perché queste cose possono essere solo come sono sempre state, dal tempo del processo di Socrate: Come arrivarci? probabilmente con un percorso misto, che comprenderà un tot di suicidi, un tot di omicidi, molte diserzioni, e soprattutto la desertificazione dei bandi: Questo processo richiede tantissima discussione (e per questo rompo i coglioni pure qui) e anche dei momenti di scontro alto. Questo si poteva vincere a genova: dare una scossa tale alla zona rossa da costringere il vertice a fermarsi, spostarsi, a sciogliersi. Accelerando quel che poi é accaduto, e che non é solo simbolico: riunirsi in mezzo ai deserti o in mezzo al mare o simili. Dimostrando che il mondo gli é nemico, o che perlomeno nel mondo i grandi non hanno amici, ma solo centurioni infidi e prezzolati. E’ un concetto che ha tardato ma sta emergendo in tutto il mondo anche ora, d’altronde. E io continuo a discutere e a proporre la prospettiva dell’autogoverno: E tantissimi con me.
Il Movimento 5 stelle ha tanti limiti, e i sondaggi non sono il vangelo, ma che un movimento che si propone la democrazia diretta (che ha anch’essa tanti limiti) coinvolga sei o sette milioni di persone, be’, a me non pare una cazzata. E, notare bene, in quell’ambito nessuno dice che i carabinieri poveretti si sono solo difesi, che cos’altro potevano fare che ammazzarlo, quel matto con l’estintore?
Per carità, io lascio perdere subito, non voglio ripetere pari pari la discussione già fatta in un altro thread, con te che dici che il M5S è libertario e punta all’autogoverno, e io che ti dico perché secondo me stai prendendo un gigantesco abbaglio e resterai parecchio deluso e il M5S farà un favore alla causa della libertà solo se si rivolterà contro Grillo/Casaleggio. L’abbiamo già argomentata ad nauseam. Morta qui.
Io c’ero. In via Tolemaide, molto vicino all’incrocio con via Caffa. Grazie per ricordare e per la diffusione. Non riesco a commentare. La ferita non si è mai chiusa dentro di me e di molti altri, non si è mai chiusa nel paese. Il 20/07/2001 si è creata una distanza insanabile fra chi era lì per manifestare e le istituzioni di questo paese.
Certo è interessante notare come i Carabinieri, a differenza della Polizia, siano usciti totalmente illesi dalla vicenda, come sempre. I primi sono esercito, le cui storie e archivi sono perennemente avvolte nell’ombra, i secondi civili.
a chi interessa il tema della gestione dell’ordine pubblico in italia, consiglio il testo: “Polizia e protesta. L’ordine pubbilco dalla Liberazione ai no-global”, Donatella della Porta, Herbert Reiter, ed. il Mulino
grazie per la dritta, cazzo! l’ho beccato in biblioteca addirittura.
Questa discussione dimostra ampiamente la tossicità della verità ufficiale su genova 2001 e come sia facile “sporcare” i fatti con il qualunquismo che diventa senso comune.
Quello che manca e ciò di cui c’è bisogno è “fare la storia di Genova 2001”.
I processi sono quasi finiti (manca la Cassazione per Bolzaneto che rappresenta la cattiva coscienza della magistratura: senza il provvedimento dei P. M. di Genova che vietò, preventivamente, i contatti tra arrestati ed avvocati, almeno quell’orrore non si sarebbe mai verificato; si dovrà rifare una parte del processo per 5 condannati per devastazione e saccheggio).
E’ vero che la storia non si fa nei tribunali ma nei processi si accumulano elementi con i quali si fa la storia.
I materiali acquisiti nei vari processi e quelli acquisiti durante l’indagine conoscitiva parlamentare sono tantissimi, attendono di essere indagati con le lenti dello storico e di essere “spazzolati contropelo” come direbbe Walter Benjamin.
(1) I miei due cent: ho notato una citazione ricorrente che affiora, seppur parcamente, anche nei commenti a questo thread. E’ la famosa citazione di Pasolini, che ritorna a galla ogni volta che si imbastisce una lettura strumentale di quei fatti, o delle violenze poliziesche. Credo che coglierne l’ipocrisia (o, al limite, l’ingenuità) sia importante se si vuole disinnescare la retorica che porta ai commenti come quelli su YouTube e nei loro equivalenti alto-borghesi della stampa di regime.
Quei versi andrebbero letti in modo radicalmente opposto a come vengono interpretati solitamente. Non sono applicabili a questa situazione, per cui già il fatto di citarli è strumentale. Questa è violenza *fascista*, chiamiamo le cose col loro nome. Se proprio si sente il bisogno di citare Pasolini, le parole adatte non sono quelle de “Il PCI ai giovani”, bensì le parole (o magari le inquadrature) dedicate ai repubblichini. Poi, se proprio si insiste col citare a forza quella “brutta” poesia, il fatto che allora i poliziotti fossero proletari in divisa, e che *quel* movimento studentesco fosse (forse) incapace di rendersene conto, è la radice della loro fascistizzazione. La mancata democratizzazione della burocrazia italiana (da cui l’odio-amore per gli Statali) e della sua polizia sono, a mio avviso, tare di lungo corso, che stiamo pagando ancor oggi.
Tra l’altro la retorica neonazista sulle “zecche” non ce l’hanno solo le forze dell’ordine. Ce l’hanno anche tanti adolescenti apolitici (che sono di destra a volte anche senza saperlo) che non hanno avuto la fortuna di incontrare determinati modelli culturali. E’ una terminologia spaventosamente diffusa tra chi ha bassa istruzione, tra chi non legge altro che il quotidiano rosa che si trova in ogni bar. E’ il brodo di coltura della “foia” (che comunque fu anche meticolosamente preparata negli “addestramenti” precedenti il G8) e dell’incapacità di “vedere” ciò che si “guarda”. I commenti su You Tube (che ho letto in larga parte) sono lì a dimostrarlo. Le persone che hanno perso il loro tempo a replicare lì sopra fanno, a mio avviso, un’opera meritoria di contro-informazione e di educazione popolare.
Per finire, in sostanza credo che abbiano soprattutto ragione i compagni di Vesuviana quando ricordano che il poliziotto che prende 1200 euro al mese ha di fronte precari che raramente ne prendono più di 800. Spesso gente che viene dalle stesse famiglie proletarie, e che si illudeva di aver fatto il salto dalla povertà per essersi presa, magari primi di un’intera famiglia, l’agognato “pezzo di carta”. Una retorica che sostiene il contrario, sulla base di un pregiudizio di classe o di pretestuose generalizzazioni, è rigorosamente *falsa* e come tale va denunciata e smascherata. Parlare di “fighetti” anziché di “fascismo” (o di “borghesia”, che per PPP erano praticamente sinonimi) è esattamente come parlare di “casta” anziché di “classi”.
(2) Si fa presto a criticare il reducismo e persino il “vittimismo” di chi sopravvisse al G8 (cosa che ho visto fare da parte di alcuni della generazione successiva, specie dopo il 14/12/10), ma bisogna anche considerare che molti hanno avuto vere e proprie sindromi di stress post-traumatico. Non parlo di gente che è rimasta un po’ impressionata: parlo di gente che ha avuto incubi per mesi, che ha avuto reazioni di terrore al sentire il rumore degli elicotteri o di blindati, gente “paranoica” che per mesi vedeva infiltrati ovunque, etc. Senza questa considerazione, “storicizzare Genova” non sarà mai altro che un progetto velleitario.
Ovviamente io parlo di traumatizzati veri, non di letture metaforico-letterarie del trauma come quelle che vanno di moda adesso.
Del resto anche senza trovarmi in mezzo a episodi particolarmente (per puro culo), su una delle strade parallele al lungomare un blindato tentò di investirci (noi = un gruppo di forse 15 compagn*, con magliette bianche, un compressore a elio e tre scatole di palloncini colorati) tagliandoci la strada forse a 80 all’ora. Il ricordo del compagno del nostro gruppo logistico che ci spinse sul marciapiede e il ricordo dello spostamento d’aria non mi abbandonano, né mi abbandona il ricordo del modo in cui continuammo a scappare come automi, senza renderci conto per alcune ore del fatto che quel blindato aveva letteralmente cercato di farci la pelle. Penso che se fossimo stati caricati in quel modo per ore, non avremmo reagito in altro modo che con l’istinto di sopravvivere.
Credo, come diversi commentatori hanno già rilevato, che la “trappola” sia stata questa.
Detto questo, una debolezza di tutto il movimento (“buoni” e “cattivi”) fu il non aver inaugurato una vera riflessione su come stare in piazza. Ci siamo persi in uno scadenzismo forsennato (nel 2002 si faceva una manifestazione nazionale al mese, del resto il celebrato “BSE” dice qualcosa sullo scadenzismo di quei mesi): la distinzione “violenza sì” / “violenza no” ci ha colpito nei mesi successivi come una seconda scarica di manganellate. Non è stato l’unico scoglio su cui ci siamo arenati ma è stato uno dei peggiori. Ma la pratica di lotta che usavamo era, ormai, come un’arma spuntata: dimostrazioni di forza puramente numeriche, che non hanno prodotto altro che lo svuotamento di significato delle “piazze straripanti”, e puntuali servizi di telegiornale sul fatto che non ci fossero stati incidenti”. Genova ha tragicamente dimostrato che le pratiche di lotta precedenti non erano più adeguate, e abbiamo faticato molto, tutti quanti, a imparare la lezione.
Mi scuso per la prolissità.
In questo stesso momento, alla Clarea ci si batte…ci suggerisce qualcosa questo?
Mi sono accorto che sto rispondendo sempre alle stesse questioni. Fenomeno già riscontrato più volte su Giap: quando si superano i 200 commenti, diventa impossibile o comunque molto faticoso leggersi l’intera discussione, e se si sente di aver qualcosa da chiedere o da dire, lo si fa e basta. Solo che, con dibattiti “svisceranti” come quelli che ci sono su Giap, è sempre più alta la probabilità di ripetere cose già dette e domande già fatte, a cui seguiranno risposte già date. E l’energia che animava la discussione pian piano si dissipa, e ci avviamo verso una sorta di equilibrio termodinamico, lo stato in cui, per quanti commenti si aggiungano, un thread non si muove più dal punto in cui è arrivato.
Io, personalmente, mi fermo qui. O almeno ci provo.
Sì, è un fenomeno molto interessante, che non so se abbia mai goduto di uno studio specifico. Per le discussioni accade quel che è evidentissimo nei sondaggi di opinione. Con un numero piuttosto basso di contati si perviene a una percentuale di sì’ e di no, che poi, per quanto il numero si moltiplichi, non muta più , se non di qualche decimale.
Evidentemente nelle discussioni il fenomeno é meno immediatamente leggibile, dal momento che non si contrappongono opzioni semplici, ma complesse e potenzialmente infinite, e che il tutto non si esprime in cifre. Tuttavia accade
Questo dimostra fra l’altro una cosa importantissima: che il metodo del consenso propugnato dagli anarchici e riproposto su scala mondiale dagli zapatisti del Chiapas, e che presuppone di discutere fino ad esaurimento prima di ricavare una decisione condivisa, non porterebbe in sostanza a discussioni infinite ma condurrebbe in tempi ragionevoli a una definizione chiara delle passioni in gioco, e quindi alla possibilità di individuare una decisione in cui ciascuno possa riconoscersi. Che d’altro canto é quello che chi abbia fatto esperimento di questo metodo, aveva regolarmente affermato. Che il principio di maggioranza non serve all’efficienza, ma viene preferito perché é l’unico che consente, debitamente manipolato, le prevaricazioni che fanno comodo ai poten ti di turno
Vabbe’… Facciamo che è un poscritto alla mia considerazione e risoluzione a lasciar cadere il thread:
“Questo dimostra” mi sembra un modo di metterla giù piuttosto ad mentulam. Ti agganci a una constatazione empirica su un fenomeno che accade nelle discussioni on line, dicendo tra l’altro che non sai se sia stato studiato, e all’improvviso, bam!, “questo dimostra”, e ci siamo spostati su scala planetaria “lapidando” in allegria.
Io dico: dipende. Anche gli irochesi facevano così e noi WM facciamo così (ma siamo in quattro, non è poi così difficile). Quando funziona, è una figata.
Però io ne ho viste tante, troppe, di discussioni “condotte fino all’esaurimento” per ricavare una decisione solo *apparentemente* condivisa, che in realtà era condivisa solo dal gruppo che – maggiormente organizzato per tenere l’assemblea fino alle ore piccolissime – aveva preso tutti gli altri per sfinimento.
In quei casi, beh, era meglio votare. Quando ci si accorge che si stanno ripetendo – e a bella posta! – da tre ore le stesse cose e si stanno facendo giochini, allora si può anche fare l’alzata di mano, per interrompere il loop e ripartire da un punto fermo.
Per discutere fino al consenso occorrono regole condivise e rispettate da tutti, ci vuole un’autodisciplina dell’assemblea e un’educazione al discutere che spessissimo latita.
Latita perché nei movimenti ci sono “professionisti del consenso apparente”, gente che ha le sue tattiche (es. intervenire in più persone ripetendo a tamburo una proposta ignorando le controproposte già fatte, interrompere per poi chiedere scusa ma intanto hai interrotto, alzare la voce) e la vescica di ferro, e agisce finché gli altri non si piegano o se ne vanno o finisce in caciara, e se proponi di votare si atteggia improvvisamente ad antiautoritaria e passa dal bullismo sottotraccia a un linguaggio “floreale”: il consenso, l’unanimità, fratelli, siamo tutti una cosa vecio etc.
Ci sono casi in cui votare impedisce questo genere di prevaricazioni travestite.
vero, e molto ben narrato: ma credo che la soluzione consista nel discutere ancora, finchè le vesciche non si apparano. E d’altra parte, avere riconosciuto e estromesso preventivamente gli specialisti, quelli dei partiti e dei sindacati, quelli che portano decisioni prese altrove (anche in questa discussione ne sono apparsi un paio). Come si faceva durante il Maggio e anche nel sessantotto italiano, prima che sorgessero e si diffondessero i nuovi partitini. Occorre insomma una profonda lealtà verso l’assemblea, che però siu può costruire solo in assemblea.
Ma votare MAI: per il semplice motivo che la decisione presa a maggioranza, anche se a parole coinvolge tutti, in realtà la minoranza sconfitta la saboterà fin dal primo istante col risultato che la magtgioranza cercherà di imporla con la forza, con la polizia, col servizio d’ordine o quel che é.
Gli elementi disastrosi di genova, sia durante sia dopo, nascono proprio dall’aver deciso a maggioranza, che si faceva così e non si faceva colà, minando la solidarietà con largo anticipo
In poche parole, anche se é verissimo quel che descrivi, continuo a pensare che l’efficienza del tagliare corto sia nemica oltre che della libertà, pure dell’efficacia. Pensa solo alla rivoluzione spagnola
Noi WM, quando c’è uno stallo, cerchiamo una “mediazione al rialzo”. Non parlo di votare per chiudere i giochi, ma per spostarsi dal punto in cui ci si è insabbiati, ri-coinvolgendo in seguito la minoranza. Quando non si riesce a parlare perché c’è l’effetto larsen che sovrasta la voce e perfora i timpani, bisogna chiudere il circuito: allontanare il microfono dall’altoparlante, spegnere la radio mentre stai telefonando alla radio medesima etc.
“Maggioranza” e “minoranza” dovrebbero essere parole designanti fenomeni transitori, bisognerebbere operare per impedire che maggioranza e minoranza diventino schieramenti fissi. Quindi, penso che si dovrebbe votare – quando non se ne può fare a meno – solo ed esclusivamente su proposte operative per il breve periodo, non certo sui massimi principi che cementano identità e appartenenze.
Comunque non mi riferivo a specialisti di partitini e sindacati. Sono soggetti più trasparenti, si dichiarano, portano le loro posizioni, non mi fanno problema e non credo che impedire di menzionare sigle e gruppi risolva chissà che cosa.
Mi riferivo a una fauna molto numerosa che ammanta di retorica orizzontale e financo spontaneista pratiche che in realtà sono espressione di un vertice e di dinamiche di consorteria, se non addirittura di clan.
Vi consiglio una breve lettura del teorema dell’impossibilità di Arrow proprio sui meccanismi delle votazioni in un sistema a democrazia rappresentative maggioritaria.
Inoltre apre ad approfondimenti importanti sull’equilibrio paretiano dei sistemi elettorali ed economici con gli studi di Scarf e Sen. (inesistenza della mano invisibile di Adam Smith e mancanza di quelibrio in un sistema ad economia liberista)
http://it.wikipedia.org/wiki/Teorema_dell%27impossibilit%C3%A0_di_Arrow
A me è successo, in un contesto non enorme e rodato da anni di discussioni quotidiane, di essere accusato di perseguire la “dittatura della maggioranza”, per il solo fatto di aver cercato davvero una soluzione condivisa e che che convincesse, per una volta, veramente tutti. Dunque, è vero: spesso chi si oppone alla “dittatura della maggioranza” insegue, sottotraccia, la “dittatura della minoranza”.
In rete, poi, la cosa si complica ancora di più.
Ci vorrebbe maggiore sperimentazione: purtroppo le occasioni per decidere sono sempre più rare. A molti non tocca neppure una volta in tutta una vita.
credo che l’obiettivo immediato oggi sia precisamente questo: far rinascere l’azione politica, e la riflessione che la precede e la segue
I commenti seguiti alla morte di Carlo seguono lo stesso copione, un pò come fare i giudici: se Carlo era un “violento”, se il carabiniere era giustificabile, se la “violenza” sia giust(a)ificabile o meno, e via cianciando. Il dilemma violenza-non violenza è da tradurre in monopolio statale della violenza o no. Vale a dire, o lo stato siamo noi, quindi l’unica violenza ammessa è quella delle sue forze, o no, e in quel caso la violenza di stato è DI PARTE. In questo secondo caso, la violenza antagonista non è solo giustificabile, E’ GIUSTA. E Carlo ha avuto il coraggio di combattere l’aggressione dello stato alla città di Genova, alla sua città. Come altri, sui quali lo stato si accanisce, mentre premia i suoi aguzzini. Chi ciancia di non violenza rifletta, se è in buona fede. Altrimenti ambisce a un posto accanto agli assassini di Carlo, ( Scajola, Fini) santificato dalla “democrazia”del Gauleiter Monti e di Marchionne.
Starei comunque attento a non generalizzare: la non-violenza non è solo quella roba imbelle e svuotata di senso che viene tirata in ballo dagli opinion-maker di regime o da alcuni politici (si pensi a Pannella, che ne straparla un giorno sì e l’altro pure e sovente la usa come foglia di fico per scelte che abbracciano la violenza sociale liberista o addirittura per scelte guerrafondaie pro-imperialistiche). La non-violenza ha ed è una storia che vale la pena conoscere, un insieme di tattiche definitesi attraverso lotte anche molto dure. Esistono non-violenti sinceri e preparati, perciò molto *radicali*, perché bisogna essere radicali, fermi, coraggiosi e oltremodo coerenti per prendere le botte senza reagire, anzi – nell’ipotesi ottimale – per trasformare la violenza che subisci nel tuo modo di esprimere una forza contro chi quella violenza la sta esercitando, attraverso un comportamento che è solo apparentemente passivo. Scusate il sessismo della metafora, ma ci vogliono i maroni per essere *davvero* non-violenti. Quindi, non tutti quelli che promuovono questo tipo di tattiche (e di etica che ci sta dietro) sono gente che “ciancia”, né tantomeno ambiscono a un posto tra gli assassini. Danilo Dolci, Aldo Capitini, Martin Luther King e altri, gli assassini li hanno sempre combattuti.
a me pare che il vero limite dell’azione non violenta non consista nel suo essere imbelle, nè tanto meno di essere efficace
Ma di presupporre una massa cospicua di attori, e molto ben organizzati per giunta. Di essere un’azione di massa e di prevedere dei registi.
E quindi di risultare inaccettabile per chi non ama essere diretto (regista si traduce con director in inglese) e per chi non desidera o anche semplicemente non può fare parte di una massa
E per giunta é impraticabile quando la massa non é disponibile….
Beninteso, non ci s ono solo azioni non violente e azioni violente. L’azione diretta non presuppone di essere violenta, anche se può accedere che si scontri con la violenza di chi la vuole impedire
A me però sembra che i movimenti autenticamente non-violenti insistano molto sull’autoeducazione e autoformazione, sull’ascolto di sé, sulla comprensione sempre maggiore di quello che il corpo può o non può fare. A ciascuno è chiesto di interrogarsi per capire fino a che punto è disposto ad arrivare, quanto dolore può sopportare. Quindi sì, azioni con tante persone, ma non si punta a formare una massa omologata ed eterodiretta, bensì un insieme di singoli autoconsapevoli. Certo, tra il dire e il fare…
Poi c’è anche una non-violenza del singolo quand’è da solo, con tecniche e tattiche ad hoc, tipo lo sciopero della fame etc.
Io, ribadisco, non sono un non-violento. Durante la Pantera del ’90 scrissi su un muro della facoltà occupata: “BASTA CON LA NON-VIOLENZA GRATUITA”, ed era una polemica contro chi diceva che anche in caso di attacco fascista agli spazi autogestiti (giravano voci di quel genere e l’anno dopo si concretizzarono pure) non ci si doveva difendere. E tra l’altro pure Gandhi era per l’autodifesa in caso di emergenza e lo scrisse diverse volte…
Però, appunto, una cosa è la vulgata imbelle e ignorante sulla non-violenza, altra cosa è la non-violenza.
Volevo raccontarvi una cosa. Ieri sera, in Clarea.
Era almeno un’ora che corde e arpioni provavano a divellere le reti dei new jersey sotto un costante lancio di lacrimogeni e getti dell’idrante. A un certo punto le grosse sbarre di ferro, tirate da decine e decine di persone, hanno ceduto e rete e filo spinato sono venuti giù. Un istante dopo qualcuno, seguito da molti altri, ha lanciato il grido “Carlo è vivo e lotta insieme a noi”; uno slogan che in altre circostanze mi era sembrato retorico e vuoto ieri sera, in quel preciso momento, era pieno di significato, era vero. Davvero Carlo stava lottando con noi.
A me é venuto da piangere!!!
Nel frattempo, avviene un ribaltamento, che è poi un rispecchiamento. L’articolo che ho linkato da Repubblica.it è un evidente lettura della situazione al contrario. Si identifica come un rischio per la democrazia ciò che ne risulta una delle ultime garanzie, ovvero la lotta notav. Si identifica la tav e i suoi lavori come una decisione democratica a fronte di una violenza nel non far eseguire i lavori, quando sappiamo che di democratico, in quella valle, non c’è altro che un campeggio (su cui sono stati gettati fumogeni a caso, fra il resto). Si chiede di risolvere un problema in nome della democrazia in modo non democratico (pestaggi, torture, arresti indiscriminati). Insomma, un pieno rispecchiamento: delle forze politiche impotenti e ormai lontane dal sentire democratico chiedono, anzi esortano il braccio violento della legge a spezzare le reni a un movimento che rischia di svegliare le coscienze di questo paese. Forse è il momento di non fare in modo che nel 2023 si sia qui di nuovo a scrivere, con meno capelli e le ossa sempre più rotte.
Mh. “La trappola” non è un video che consiglierei a chi è a digiuno di info o a chi si è accontentat@ delle “verità tossiche”; OP (segnalato sopra da altri http://www.youtube.com/watch?v=lQHai729HsQ&feature=BFa&list=PL6ECE8E8723EFEEAD ), si. Questione di chiarezza espositiva soprattutto. Linearità narrativa.
Lo ritengo maggiormente “disvelante”.
Altro aspetto è “l’orrore” avvenuto in Pzza Alimonda, che riguarda anche le false narrazioni, ma ci racconta anche qualcosa in più sulle fdo. La “foia”, come altr@ hanno scritto prima. E anche io credo che non si possa non prendere in considerazione questo aspetto in una lettura Su Genova (e non solo). Non credo però sia la prima cosa da comunicare o su cui puntare praticando “disintossicazione narrativa”. Imprescindibile, ma magari dopo aver chiarito il quadro rispetto a Genova.
Poi mi ricordo sempre che non c’é peggior sordo etc…quindi presumo, che salvo anche numerose eccezioni, bisogna trovare una leva per motivare la ricerca e/o l’ascolto di altre narrazioni, anche attraverso l’uso di linguaggi “asciutti”.
Per il resto a un’altra volta, ciao.
ho letto il lungo e interessante scambio, a volte son tornati anche a me i brividi lungo la schiena. io c’ero il 21 (la mia compagna anche il 20, ma col gruppo della cgil per caso).
sono abbastanza basito ovviamente, perché già dopo pochi giorni ero assolutamente convinto della trappola di Piazza Alimonda, dell’innocenza di Placanica e del nome del mandante di quell’omicidio. Ho scaricato e visionato tutti i filmati su Genova, naturalmente anche “la trappola”, ho centinaia di foto e moltissimi documenti (molti di Franti che ringrazio pubblicamente).
Le convinzioni di quanto scritto si sono elaborate mediante la contro inchiesta (originariamente di radio Sherwood) e l’analisi di pillola rossa. Ora tutto è ancora raccolto nel sito piazzacarlogiuliani.org, ecco i link
le foto (se cercate le immagini in google magicamente si trovano anche quelle ad alta definizione)
http://www.piazzacarlogiuliani.org/carlo/iter/piazzalimonda_eng/index.htm
e l’analisi di pillola rossa su quanto accaduto
http://www.piazzacarlogiuliani.org/pillolarossa/modules.php?name=News&file=print&sid=110
http://www.piazzacarlogiuliani.org/pillolarossa/modules.php?name=News&file=print&sid=109
Placanica stava a destra nel defender e riceve i detriti del finestrino destro frantumato. Si alza quando il defender ripassa sul corpo di Carlo (tenendosi l’orecchio sinistro) e viene portato in ospedale ove appunto si vede meglio la ferita (il tutto è abbastanza chiaro nelle foto del primo link).
Nel 2006 finalmente manderà il suo messaggio a chi di dovere, ammettendo di non avere ucciso Carlo, ma continuando a mentire sulla dinamica.
L’analisi di pillola rossa è invece la dimostrazione del perché viene organizzato l’omicidio. In pratica è la vendetta del ferimento con un lancio di pietra dell’appuntato Pulisi.
Se invece di focalizzare l’attenzione sul corpo ulteriormente martoriato, ci si chiedesse come faccia un proiettile sparato di fronte a un ragazzo che ti guarda in faccia, ad entrare fra zigomo e tempia lateralmente (guarda caso da sinistra, ovvero dove son schierate le fdo presenti), forse Giuliano avrebbe evitato di far cremare suo figlio dopo l’autopsia alla quale nemmeno son presenti i legali della famiglia.
Chiedersi poi che ci faccia il più alto comandante in capo dei cc proprio in piazza Alimonda e perché abbia ordinato uno stupido e inutile assalto, fa capire meglio la trappola.
Quoto poi il fatto che Genova fu un’enorme trappola, preceduta però da Napoli quale doppia prova (sul campo prima e in caserma Raniero poi) e i vari errori di parte no global, che da Napoli avevano imparato nulla…
Condivisione totale con le parole di WuMing4 che mi sembrano la miglior sintesi di ciò che è iniziato nel 2001 e che segna per sempre l’impostazione con cui le fdo affrontano qualsiasi tipo di protesta:
“Ci vuole un determinato atteggiamento mentale per fare quello che è stato fatto. Massacrare gente a terra, infierire su un moribondo, torturare la gente in caserma… Viene da chiedersi chi sono i poliziotti e i carabinieri contemporanei, presenti già allora a Genova. Non più quelli di un tempo, certo. Testa, estrazione, mentalità, armamentario d’ordinanza… tutto era già cambiato.
Il documentario finisce con la testimonianza di un carabiniere (cioè un militare) che equipara la gestione dell’ordine pubblico alla guerra. La sensazione è che costui avrebbe potuto trovarsi davanti a uno stadio, in piazza davanti a un corteo, a Mogadiscio al Check Point Pasta, in Kossovo, o in qualunque altro posto, senza operare distinzioni di sorta. Cambia solo lo strumento dell’offesa, dice. L’obiettivo, come in ogni guerra, è l’annichilimento del nemico.”
OT, o meglio, metacommento:
“I miei 2 centesimi”, “my 2 cents”… Sempre più commentatori usano questa frase fatta proveniente dall’American English, qui e in giro per la rete.
Devo dire che la trovo brutta, se non fuorviante, e comunque anche in italiano è già diventata un cliché.
Se è intesa come “diminutio auctoris”, beh, è del tutto pleonastica: tutti diamo il nostro parere, che conta in quanto parere e non c’è bisogno di rimarcarlo (almeno, io credo, non su Giap).
Soprattutto, non c’è bisogno di rimarcarlo con una metafora legata al denaro, alla valuta, che “monetizza” l’espressione di un’idea e dice: – Quella che ho appena espresso vale pochi spiccioli.
Appunto, come spiega anche la voce di Wikipedia, è un modo di svalutare quel che si è appena detto o si sta per dire:
“By deprecating the opinion to follow – suggesting its value is only two cents, a very small amount – the user of the phrase hopes to lessen the impact of a possibly contentious statement, showing politeness and humility.”
Ma se ogni volta che faccio un’affermazione la depotenzio subito dopo, è il linguaggio stesso a svalutarsi, a perdere forza e capacità di comunicare senso. E’ una piccola cosa, ma tante piccole cose fanno perdere precisione ai messaggi che vorremmo scambiarci.
Una cosa che trovo insopportabile, ed è ormai onnipresente nell’italiano parlato, è “in qualche modo”. Faccio un’affermazione, e immediatamente aggiungo “in qualche modo”, che non solo non aggiunge niente, ma rende indeterminato, vago, sfocato ciò che ho appena detto. Come se avessi paura della precisione, e sfiducia nella mia capacità di dire le cose bene o di sopportare le conseguenze dell’averle dette bene.
cari Wuminghi, 3 cose:
1) Questo thread a tratti mi ha ricordato il forum sul quale scrivevate prima del G8 per raccontare le forme di disobbedienza che si sarebbero attuate a Genova. Siccome sono debole di cuore, ed ora quel sito non è più accessibile, me lo sono andato a trovare tra le pieghe di Archive.org (http://web.archive.org/web/20030303203230/http://www.qwerg.com/tutebianche/it/luglio/index.html). Ed ha ragione Valentina: occorre moltiplicare gli sforzi per andare a stanare i pregiudizi su Genova lì dove vengono esplicitati. Chissà che questo thread non sia l’inizio di un lavoro collettivo ed organizzato per questo. Per esempio, io da molto sogno una specie di FAQ costruita in forma wiki dove linkare i singoli pezzi di verità, i singoli fatti da sbattere in faccia ogni volta che c’è l’occasione.
Per inciso: molti documenti del G8 di Genova non si trovano più a partire dal famoso genova-g8.org. Prima o poi si dovrà fare una riflessione sull’insostenibile leggerezza dei bit di movimento.
2) Molto interessanti le riflessioni dei ventenni che a Genova non c’erano. Ho notato che molti avevano già visto questa documentazione, altri l’hanno trovata qui per la prima volta. A tutt’oggi l’unico elenco di libri e di video sul G8 si trova sul sito del comitato Piazza Carlo Giuliani e secondo me perché sono l’unico soggetto che non doveva rispondere alle logiche di chiusura da collettivi anni ’80 che hanno preso molte realtà organizzate che erano a Genova dopo quelle giornate. Ad ogni modo tutta quella produzione è lo specchio più fedele della tante facce del movimento moltitudinario di allora.
3) Molto interessanti le riflessioni di cui sopra soprattutto perché, poi, quando non sono entrate nel merito hanno raccontato la propria Genova di rimbalzo. Le cose che si vivevano allora, l’aria che si respirava standone fuori. Questo è un tema rimosso: ma se il movimento è quantitativamente cresciuto dopo, è stato anche grazie alle tante persone che hanno visto quelle immagini e sentito i tanti racconti sparsi come le briciole soffiate via di Ottilie in Q dopo la disfatta sul campo. Racconti e immagini con un chiaro messaggio: non si può restare a casa a guardare.
Eh, peccato che archive.org abbia “catturato” il sito solo dopo il G8, quindi è la versione già senza forum. La parte più interessante di tutebianche.org – anzi, direi l’unica parte che oggi sarebbe interessante rileggere – era proprio il forum. Oggi, leggendo, si capirebbe che prima di Genova quell’area aveva i bordi molto più sfumati, era molto più aperta, io al No-Ocse vidi mettersi la tuta bianca e prendere lo scudo anche persone molto lontane dai (taglio con l’accetta per capirci) “filo-padovani”. Dopo il G8 ci fu la “stretta organizzativa” (che oggi guardo con molto distacco, è una dinamica ricorrente in tutti i cicli di lotta), tutto si fece meno fluido e molte persone si allontanarono, tra cui noialtri. Poi entrarono in circolazione dosi di veleno che avrebbero steso mille brontosauri, basta vedere i thread di Indymedia a metà degli anni Zero.
Oggi, nella memoria, la prassi della tuta bianca è rimasta associata a una precisa area politica, in modo molto più stretto di quanto davvero fosse. I bordi non erano così netti e c’era molto più dialogo (ho già citato e linkato il documento WM + Tute bianche in difesa del BB internazionale).
Ah, poi c’è un
4) Non so se WordPress lo prevede, ma secondo me un modo per evitare la duplicazione degli argomenti e delle risposte potrebbe essere mettere un campo con l’oggetto dei commenti. Ovviamente è tutto delegato al buon senso ma almeno se vogliono partecipare ad una discussione sul tema me la vado a cercare senza leggere tutti i thread
Non ci avevamo mai pensato. Grazie del suggerimento, magari c’è un apposito plugin.
Premetto che trovo necessaria la costante attività, bonariamente ribatezzata tra amici giapsters, di cane da guardia di Wu Ming 1. Sempre allerta affinché il discorso in questo luogo non scivoli in banalismi e facile retorica. Ripeto: necessaria, spesso dura ma incisiva e precisa. Anche per questo Giap mantiene un coefficente di mediazione al rialzo significativo.
Mi permetto però di dire che alcune volte la trovo escludente. Cerco di spiegarmi meglio:
l’espressione 2 cents anche a me non emoziona e trovo interessante il discorso su diminutio auctoris e monetizzazione. Le mie perplessità si riferiscono però al secondo pezzo del commento su svalutazione e depotenziazione del linguaggio. Non che non sia d’accordo, sfumare nell’incertezza e nella vaghezza un’argomentazione non fa altro che depotenziarla, induce l’interlocutore a svalutare la tua affermazione, e in un certo senso a fidarsi meno delle tue parole. Stesso discorso per quei brutti avverbi, che però non è vero che non aggiungono niente ma bensì quell’incertezza, quell’impreparazione e quella timidezza: quel non riuscire a indagare la materia come si vorrebbe. Si tratta dunque di escludere una parte consistente: tutta quella gente che per ignoranza, insicurezza o timidezza non ha fiducia nelle sue capacità argomentative e d’indagine della realtà e riesce ad articolare una riflessione solo appogiandosi a quei vuoti avverbi. Ma non sono tutti stronzi quelli che li usano. La sfiducia nelle proprie capacità di dire le cose bene è dilagante, aver paura delle conseguenze delle proprie espressioni pure. è una colpa? no. un limite? forse. un disagio? sicuramente. Affermare che o si dicon le cose bene e precise oppure è meglio stare zitti significa escludere dalla discussione i non addetti ai lavori, i non informati sui fatti, quelli che vorrebbero farlo ma. La condizione di partenza di tutti coloro che guardano Genova chiusi nel loop informativo dominante credo sia proprio questa. Poi ci sono anche gli stronzi certo. Ma come dialogare con questi malinformati e imprecisi che prima di discutere di altre versioni, prima di calarsi nella riflessione si riempiranno la bocca di quegli avverbi?
Per carità, se il “metacommento” suonava come un invito all’autocensura, allo “star zitti” o che altro, è senz’altro meglio ignorarlo. Per la verità non mi sembrava di aver comunicato questo, o almeno, io l’intendevo come un invito a superare la sfiducia (della quale spesso nemmeno ci accorgiamo), a gettarsela alle spalle, insieme a queste formulette e “diminutiones auctoris” che almeno qui tra noi trovo inutili. Voleva essere un discorso egualitario, ma se è percepito come il contrario, cioè come un diktat escludente, vuol dire che non l’ho messa giù bene… in qualche modo :-) Lungi da me dire che chi usa questo o quell’intercalare è “stronzo”, stiamo scherzando? E, a rigore, “my 2 cents” non è nemmeno sempre questione di sfiducia, a volte è un mero automatismo, è usato come formula di chiusura del discorso. Ad esempio, qui sopra l’ha usata zeropregi, che non è certo uno poco convinto di quel che dice! Solo che, a mio avviso, anche il discorso meglio argomentato viene reso più opaco se in fondo si scrive che vale due centesimi.
La mia era una presa di posione a favore di quei timidi e incerti che non riescono attraverso il linguaggio a imporre un discorso con-vincente e spesso proprio per questo rimangono fuori, o comunque marginali nelle decisioni di gruppo e nel veicolare il pensiero. Ed era anche un invito a riflettere su Genova e sulla difficoltà di comunicazione tra chi si è nutrito del loop informativo dominante, e ancora se ne nutre, e chi ha cercato, e ancora cerca, le informazioni altrove.
Per il resto, d’accordo con te sui due cents, ma aggiungerei appunto la componente insicurezza in relazione all’utilizzo, oltre a diminutio auctoris e monetizzazione. Insomma la buona fede dovuta a insicurezza.
Non ci crederai, ma pochi secondi prima di leggere il tuo commento ho mandato una mail a un amico proprio su genova e proprio chiudendola, davvero per la prima volta, con l’espressione “my 2 cent”. Mentre la scrivevo mi sono sentito come se dovessi giustificare il mio scrivere veloce, per pararmi il culo e lanciare un messaggio chiaro: “se ho scritto cagate, perdonami ma sono al lavoro lo sai che ho poco tempo, in fondo non è del tutto colpa mia, sono di corsa”. Ecco un esempio di uso tossico dei 2 cents :) Neanche il tempo di lanciarli che già me li rimetto in tasca.
@cosmic60
In realtà secondo me più che di “trappola” bisognerebbe parlare di “tràpoea” nel senso veneto del termine. Ovvero di cosa mal fatta, scombinata, di pessima qualità.
Le prime controinchieste nascono in indymedia, in ambiente aperto. Vengono pubblicate anche sul sito di radio sherwood per garantire il massimo di diffusione, ma è nel newswire di indymedia che prende corpo Pillola Rossa.
Inizialmente, parlo della primavera-estate 2002, l’ipotesi centrale che seguivamo era quella del quarto uomo, ovvero che non fosse stato Placanica a sparare, ma un mai identificato quarto passeggero del defender. I materiali fotografici all’epoca erano scarsi e di pessima qualità tecnica e alcune informazioni parlavano di strani impicci avvenuti nelle ore immediatamente successive.
Uno di questi impicci riguardava la sparizione del proiettile che, pure presente nella TAC, non venne mai repertato.
Di più, oggi sappiamo che quando dal reparto radiologia tentano di avvisare il medico legale che sta svolgendo l’autopsia dell’esistenza di un frammento ritenuto nel capo in prossimità della nuca, i CC si interpongono e impediscono la comunicazione diretta. Il radiologo non potrà comunicare direttamente (facciamo noi, gli dissero i CC) e il frammento sparirà di scena.
Questa ed altre stranezze, che oggi hanno spiegazioni più semplici e quindi tendenzialmente più vere, spingevano in quella direzione sbagliata.
E’ stato Placanica a sparare. Il fatto che nel 2006 cambi idea è determinato dal fatto che lui (o meglio, il suo avvocato) leggendo le controinchieste abbia valutato interessante :) una ipotesi che lo scagionava. Placanica non è in tutta evidenza mai stato molto presente a se stesso e cambierà idea ad ogni intervista.
Personalmente dopo pochi mesi ho abbandonato completamente l’ipotesi del quarto uomo, macchinosa e dis-economica.
E’ Placanica a sparare e il proiettile sparisce probabilmente perché porta i segni di un vezzo balistico idiota, quello di incidere una croce sulla punta del proiettile supponendo così di aumentarne il potere di arresto.
Una pericolosa cazzata (soprattutto per chi spara) che non verrebbe mai in mente ad un ufficiale.
Esistono anche altre ipotesi, ma meno semplici.
Negli anni mi sono chiesto spesso perché l’ipotesi del quarto uomo abbia “affascinato” tanti, me compreso all’inizio.
Credo sia perché cerchiamo a volte un “risarcimento” dall’interpretazione della realtà.
Un “complotto” dimostra in qualche modo anche il valore di chi lo subisce.
Se facciamo a capirci, potremmo dire che un ufficiale -un capo- che uccide è più “risarcitorio” di una bietola neppure in grado di allacciarsi le scarpe da solo.
Fuorviante e sbagliato, ma umano.
Cazzo, ho detto ” in qualche modo”! :P
E con questa considerazione sul tuo lessico hai scritto il commento n. 300 :-)
Anzitutto, vero e ovvio, tutti i frammenti iniziali venivano postati su Indy, ma radio Sherwood ha il gran merito di averli uniti nella prima contro inchiesta fatta analizzando le foto (epperò mi scuso per non averlo esplicitato).
Vero anche che forse la rabbia mi ha portato a cercare la “mia” realtà creando film ove non c’era nessuna storia da elaborare.
ma questa foto resta comunque una prova non approfondita in ambito giudiziario:
http://www.piazzacarlogiuliani.org/carlo/iter/piazzalimonda_eng/materiali/04jeepseneva/06dettaglio.jpg
dietro al defender (che sta ripassando sul corpo di Carlo) ci sono 2 cc, uno resta con la pistola puntata verso l’esterno, uno si rialza dalla parte destra e si tiene l’orecchio sinistro.
All’ospedale verrà portato Placanica con evidente ferita all’orecchio sinistro.
Ma mettiamola pure da parte.
Restano, oltre a quelli da te elencati in fase di autopsia, un particolare stupido e uno serio che non avranno mai risposta.
Il particolare stupido è come viene impugnata la pistola. Solo dei professionisti mirano e sparano tenendo la pistola in orizzontale, chiunque mira e spara, la tiene verticale, come insegnato a qualsiasi corso militare. Quella non è una postura naturale.
ok, è un mio film (creatosi immediatamente essendo stato un esperto di tiro con la pistola a militare).
Il particolare serio è che se mi spari di fronte e mi prendi fra tempia e zigomo, mi disossi lo zigomo, invece il proiettile entra dritto, come se Carlo avesse smesso di guardare davanti a se’ e di fosse messo a guardare alla sua destra… per me è impossibile.
E’ impossibile che lui, con l’estintore in fase di lancio (se quella era la sua intenzione), abbia smesso di guardare cc e pistola di fronte a lui. Dunque il colpo arriva dalla sua sinistra e negarlo è assurdo imho.
Che poi si sminuisca la presenza del tuscania, è ancora più assurdo. Professionisti (burp!) che lo stato manda in qualsiasi missione di guerra quali elementi esperti, sono presenti sul luogo. Il boss in persona è sul secondo defender, è il boss (nessun fascio di an o lega da nessuna caserma cc) che ordina il finto assalto sul lato del corteo dei disobbedienti. E sempre il boss è immediatamente presente dopo l’omicidio, e nulla fa per impedire il pestaggio di Paoni, la distruzione del suo reportage e la messa in scena della pietra.
http://www.piazzacarlogiuliani.org/pillolarossa/images/analisiFoto/Neg_37.jpg
Ricordo , solo per chi non lo sa, che in tutta Genova non c’era un cc sul campo con grado maggiore al suo, quindi CHIUNQUE fosse presente in quella piazza, prende ordini (sul campo) solo da lui…
Spero che, almeno sul mandante, siamo d’accordo…
Visto che tu stesso evidenzi la sparizione del proiettile, io credo non vi sia nessun (mio) film sulla dinamica. E’ solo stata depistata ;-)
Per punti.
1) La foto mostra una jeep con 2 CC dietro + 1 davanti, i nomi li sappiamo. Mettiamola da parte, ma il quarto non si vede, né in quella foto e neppure in molto altro materiale video-fotografico precedente i fatti.
L’analisi dei punti di comunanza tra quel profilo (di quella foto) e quello di Placanica è, dal punto di vista logico/tecnico, il pezzo più disperato che ho scritto.
Non mi scuserò mai abbastanza. In questo caso particolare l’archiviazione che incombeva ad horas non la considero una attenuante valida: quel pezzo è una cagata suggestiva. Punto.
2) Il particolare stupido. La pistola impugnata orizzontale è considerata “professionale” solo da chi non l’ha mai usata. Danni da cinema americano. Basta chiedere a chi frequenta un poligono o fa tiro dinamico: con la pistola orizzontale la precisione va a farsi fottere perché perdi completamente i due piani, e al tiro successivo devi ricollimare il bersaglio ex-novo. Mentre con l’arma verticale mantieni fisso un piano, quello verticale appunto e al tiro successivo devi far ricollimare solo quello orizzontale. Io credo che quella posizione sia stata determinata dal fatto che Placanica era in basso, steso sul pianale del mezzo, e quindi non poteva usare la postura verticale, che si presta male alla rotazione del polso per ottenere un tiro inclinato in basso. Considera che doveva superare la ruota di scorta che in parte oscurava il lunotto posteriore.
3) la questione tempia/zigomo/colpo da sx. Qui ti confesso che non ho capito. Che sappia io il colpo attinge Carlo di fronte, sotto lo zigomo e fuoriesce non intero in prossimità della nuca.
Nulla lascia supporre che arrivi da una direzione diversa, traslata a sx. Concordo che non è plausibile che Carlo abbia guardato altrove o girato la testa.
Ma qui abbiamo tutti gli aspetti tecnici che convergono e sono coerenti col colpo sparato dall’interno della jeep, esattamente dalla pistola che vediamo.
Quello che balisticamente non è coerente è che il foro di uscita sia molto più piccolo del foro di entrata, e sia triangolare e non circolare.
La cosa ha stupito tutti, non solo noi, ma anche i periti nominati dal PM Franz. Le figure barbine (estintore, poi calcinaccio) di quei periti sono passate alla storia, ma nascono perché devono spiegare come possa essere che un 9mm FMJ si spezzi toccando cartilagini e un ossicino (la rocca petrosa).
Sai cosa fanno allora questi pozzi di scienza?
Si procurano una testa di bue e scaricano un intero caricatore sull’osso frontale. Scoprono che solo un paio di proiettili hanno avuto fessurazioni sulla camicia metallica, ma NESSUNO si è spezzato. Siccome è gente creativa, si grattano la testa e da qui partono col film dell’estintore che devia il proiettile, poi rimpiazzato dal calcinaccio volante.
Infine concordo sulle responsabilità dei somali e segnatamente del colonnello Truglio, che è cosa diversa però dal dire che ha dato ordini diretti di fare una tal cosa precisa. A chi li avrebbe dati? A Placanica? :)
ha ha ha … mi ero dimenticato che eri tu quello del “pezzo” sui punti di comunanza tra quel profilo (di quella foto) e quello di Placanica. Beh, ammetto che la suggestione, nel mio caso, ha funzionato ;)
Seriamente invece, resto convinto su trappola e depistaggio architettato dai somali. I risultati di quell’autopsia possono essere stati impostati come conveniva a loro (lo so, ci sono le foto del foro di entrata e quello di uscita, con la discrepanza… appunto…).
Ma poi scusa, se non volevano il morto, perché mettere in piedi l’attacco al corteo in 30? perché la finta del defender bloccato? perché non c’è un intervento pronto a difesa, visto che a 50/100 metri ci sono anche quelli della celere, oltre ai cc? e se quindi non era una trappola, perché la celere non ha attaccato il corteo insieme ai cc?
Comunque non se ne esce, poiché la cremazione di Carlo leva ogni possibile ulteriore indagine.
Quindi ti ringrazio per lo scambio di opinioni, l’unica aggiunta (ma senza prove o riscontri e quindi non mia) è che amici genovesi suggeriscono anche la strana storia del capitano dei somali (ora maggiore) che sparisce qualche minuto a cavallo dell’omicidio, per fare pipì… ma anche lui ricompare prontamente vicino al cadavere di Carlo… e no, a Placanica l’unico ordine dato è stato: “mettiti lì tranquillo” su questo non ho dubbi. ;)
Compagni, guardiamoci in faccia. Se pure la non violenza presuppone coraggio e “maroni”, per buscarne quante se ne tiene (e più), il punto non è questo. Si lotta per un obiettivo. Andare a buscarne ( o peggio) per non passare da “violento” non necessariamente avvicina l’obiettivo. Tant’è che assassini e torturatori sono promossi, e le vittime in carcere, o latitanti. Se si ha fiducia nella “democrazia” di cui parlavo, si può scegliere questa strada. Ma ci costa la nostra risorsa unica, e più importante: i nostri compagni/e. Non ero a Genova (c’era mio figlio) ma dai filmati si evince che una organizzazione migliore avrebbe risparmiato ai compagni un monte di guai, procurandone all’avversario. Le ultime vicende hanno dimostrato che il capitale può tranquillamente fare a meno della “democrazia”, sospesa in tutta Europa. Tra di noi, purtroppo, chiacchiere non sempre in buona fede tengono banco, invece di organizzarsi e lottare come in Grecia o in Spagna. Riflettiamoci, e muoviamoci, perchè il ritardo è grave, e l’avversario, al contrario di noi, la lotta di classe la fa, e bene.
a me pare che violenza e non-violenza c’entrino poco e anzi direi nulla: ma che il punto consista in quel che si vuole ottenere stando in piazza. Gli strumenti discendono, DEVONO DISCENDERE, da questo.
Il vero casino di genova, ma anche del 15 ottobre (ma non della val di Susa e, dicono, neppure, della grecia) deriva dal fatto che non semplicemente gli strumenti, ma gli obiettivi erano proprio diversi, e per molti aspetti in contraddizione fra loro
D’altronde lo si legge bene anche qui: alcuni vedono queste vicende come tappe di una rivoluzione, magari a lunga scadenza, ma che dà il ritmo all’intera analisi e a tutti i progetti; per altri la rivoluzione sta fuori dal panorama e il fine del manifestare é volto ad affermare idee degne e meritevoli (sovente non troppo diverse da quelle del gruppo precedente) ma all’interno di una cornice politica che é quella attuale, in particolare sotto l’aspetto della legalità
E non é una questione di etichette: troviamo anarchici, operaisti, centri sociali, etc in ambedue i gruppi. E parecchi danno l’impressione che, a seconda dello stato d’animo che prevale in loro, ondeggino fra queste due opzioni
La mia precisazione sulla non-violenza non era riferita a Genova, era un invito a non generalizzare, perché la tua frase finale tirava in ballo la non-violenza in modo vago e secondo me anche poco pertinente. Su questo sono abbastanza d’accordo con pkrainer: con il problema sorto a Genova la differenza tra comportamento violento e comportamento non-violento c’entra poco o niente. Tirare in ballo la non-violenza è fuorviante e anche nocivo, perché rievoca (e quindi riafferma) la dicotomia “violenza / non-violenza”, cioè il discorso ricattatorio del potere. E’ un discorso di diverse tattiche finalizzate a un obiettivo: dove e quando serve la forza si usa la forza, dove e quando c’è da sabotare si sabota (es. tirare giù i New Jersey del non-cantiere), dove e quando la cosa più utile e affermativa è un sit-in si fa un sit-in, se si è d’accordo sul farsi trascinare via senza reagire ci si fa trascinare via senza reagire, se i vol coparne, tireghe de tuto! It’s as simple as that.
non é poi così semplice: perché il cuore della questione diventa: chi decide? e se, che é l’unica cosa accettabile da chi ama la libertà, siamo tutti a decidere, in quale modo, con quali strumenti si decide? é per quello che rompo i coglioni a tutti con la val di Susa, perché lì le cose funzionano perché i processi decisionali sono quelli opportuni.
In questo senso affermo che in questi undici anni si sono fatti dei passi avanti, anche se poi ci sono vicende come quelle del 15 ottobre che ti fanno cadere tutto ciò che può cadere, dalla mascella in giù
Il principio in sé è semplice, purtroppo è la dinamica a essere complicata. Non sei l’unico che “rompe i coglioni” con la Val di Susa, se può consolarti. Pure noi è un pezzo che fazemo la punta ai stronzi, per dirla alla triestina.
Era proprio necessario costringermi a leggere e soprattutto a rivedere questi documenti? Capisco la finalità “filtrante” …ma è stato nauseante.
La mia opinione non è cambiata di una virgola dal giorno degli eventi ad oggi: si è sfruttata la presenza in massa di manifestanti per controllare e mettere a punto in un “laboratorio” l’efficienza di tattiche militari applicate alla repressione di un’insurrezione.
Dato che non si poteva contare sulla collaborazione delle vittime oltre un certo grado si è disposta la presenza di “guastatori” che organizzassero azioni violente (contro cose) a uso dei media per giustificare ciò che si era preparato a tavolino.
Si è quindi provveduto ad aggredire cortei di manifestanti frontalmente per testare la capacità di contenerne l’avanzamento (perciò doveva essere fatto su un tratto in cui il corteo era autorizzato; era l’unico modo per essere certi della sua presenza e determinazione di avanzare ed al contempo di poter sfruttare la disposizione tattica delle truppe su un’area predeterminata).
Non bastava. Ciò che interessava era verificare la possibilità di dominare un’insurrezione determinata, non dei manifestanti riuniti per un fine settimana. Si è quindi si è provveduto, anche se non serviva, ad attaccare i manifestanti ai fianchi in modo da dividerne e diminuirne la forza attirandoli in trappole ove ci si era ben attestati e si erano ripulite le aree destinate alla ritirata strategica che serviva a smorzarne la forza d’urto (strategie vecchie di millenni, ma sempre valide).
Si è quindi testato l’assalto in forze ad un edificio presidiato da manifestanti e controllato il tempo necessario ad averne ragione…da qui l’uso smodato ed inutile della forza applicata.
Si è proseguito organizzando una caccia all’uomo che prevedeva il prelevamento delle vittime negli ospedali, unici luoghi di cura possibili in un paese non dotato di infermerie clandestine come fu negli anni della resistenza.
Si è testata la deportazione di “oppositori politici” in un lager ove dovevano essere prostrati e dominati in modo da poterne fare quel che si voleva, nonchè il grado di complicità ottenibile prima, durante e dopo dai propri miliziani, dagli operatori sanitari, da chi aveva visto.
Si è quindi provveduto a verificare il grado di impunità giudiziaria ottenibile, il che rappresenta la chiusura di un ciclo e mette a disposizione, proprio al momento giusto, il pacchetto completo.
La parola chiave per decifrare l’intera vicenda è “inutilità”.
Era inutile attaccare i manifestanti, era inutile l’assalto della Diaz, era inutile la deriva nazista di Bolzaneto…la morte di qualcuno era invece messa in conto, se non desiderata.
Inutile. A meno che il tutto non si osservi alla luce di quelle che negli anni ’90 venivano ritenute notizie un pò strambe…ovvero le dichiarazioni riguardo il fatto che il risparmio era un male e bisognava fare in modo che ognuno spendesse esattamente quello che guadagnava.
La brutalità c’entra, il fascismo del singolo c’entra…ma NON sono quelli i motivi che hanno causato questo schifo.
Si sta percorrendo una strada che SI VUOLE percorrere, che realizzerà una “CINA” interna all’occidente per una “guerra” più ampia, già in gestazione.
Ritengo che, oltre a vigilare ed opporsi al fascismo dilagante e ormai conclamato, l’unico modo per rendere giustizia alla memoria di Carlo sia vanificare il loro esperimento e comprendere quali tattiche repressive sono state messe a punto in quell’occasione.
ZeroFanzine, scusa ma non ti sembra un po’ forzata (soprattutto perchè totalmente a-posteriori) la lettura che fai? Non intendo dire che non sia possibile quello che dici, abbiamo avuto Gladio…, ma in base a cosa affermi ciò che affermi? chiedo qualche riscontro
@wuming: ho fatto questo account al volo ma sono registrato anche come mostrofame
No. Non lo credo.
Innanzitutto non è a posteriori, semmai ad “anteriori”. Prima di Genova, aspettavo Genova (di certo non me l’auguravo!) come si aspetta dicembre quando hai assistito allo scorrere degli 11 mesi precedenti.
Tutti i…come li posso chiamare… “parametri predittivi” andavano in quella direzione.
Sono molti anni che si capisce su che binario siamo e dove ci conduce…l’unica cosa che è sempre incerta è solo l’effimera consistenza del punto di non ritorno…che ci ostiniamo a pensare sempre collocato più in là del grado di abominio già raggiunto…
Si capiva benissimo che una genova stava arrivando, così come si capì tempo dopo che la manifestazione di Firenze, nonostante le parole grosse di qualche estremista fanatico e delirante, era sicura.
Così come si capisce benissimo, oggi, cosa sono i maldestri FINTI attentati terroristici “di matrice politica” (e fatti assimilabili rivenduti in tal modo finchè non diventa palese che si tratta d’altro: Musy, Brindisi…) cui abbiamo assistito e che scopo si prefiggono.
Mi spiace, ma non capisco che prova potrei fornirti…credi forse che abbia sottomano dei documenti compromettenti? Non li ho. Non sono un ex ministro al quale nessuno ha mai chiesto di spiegare che ci faceva e che ordini aveva dato.
A questo proposito…quando io NON faccio una domanda è perchè non voglio una risposta.
Non avverti come un senso di disagio nello spiegare Genova come l’escalation naturale di elementi fascisti lasciati con la briglia sul collo? E’ convincente quella spiegazione? Ci sono elementi in controtendenza?
Possono esserci errori, interpretazioni errate, cantonate semplici in quel che dico? Sì.
Resta corretto affermare che a Genova abbiamo visto all’opera i metodi di repressione delle masse che temiamo di rivedere in un futuro assai prossimo (e bada, lo temiamo senza prove!) ed esortare a non farsi più massacrare in quel modo?
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Ho visto sia “La trappola” che Blu notte di Lucarelli.
Tattiche repressive messe a punto a Genova sono le medesime che accadono e sono accadute in altri scontri di piazza, direi che di diverso ci sono le tattiche per la creazione della repressione prima e della giustificazione dopo. La trappola, come scrive wm2, è tutta la manifestazione. Le analisi del filmato in cui all’inizio si viene fatta notare la cura certosina per la realizzazione delle barriere di “facciata” per la zona rossa a scapito di mancanze palesi come levare i cassonetti dalle strade sono un elemento già importante. si sa cosa succede ai cassonetti. Idem con “l’inafferrabilità” dei black bloc o il discorso infiltrati. Si è detto più volte: si voleva che le cose accadessero. Nessuno può pianificare una Piazza Alimonda o pianificarne un’altra in futuro. Ma si possono generare le condizioni per la situazione. Come? Con le opportune mancanze, disattenzioni e confusioni dell’ordine pubblico. Tutte evidenziate ne “La trappola”. Non starò a fare dualismo situazione/libero arbitrio, ma focalizzo alcune cose di cui si è parlato nei commenti ma a cui non è stato dato nome e non raggruppate tutte assieme.
Deumanizzazione: la creazione di un nemico passa dallo staccamento di chi è in contrasto con noi dai contenuti morali che esso può avere. Li si definisce animali (zecche), impuri (bastardi), ottusi ideologisti (comunisti), delinquenti (ladri, assassini) privi cioè di qualità o di intelligenza propria o morale quindi passibili di trattamenti non umani.
Deindividuazione: un elmetto e una maschera antigas anche quando non è necessaria (e qui ad esempio, quando i carabinieri fanno il giro dietro la chiesa di piazza Alimonda e pestano il ragazzo, il colonnello Cappello in sottofondo dice di non riconoscere i colleghi perchè coperti dalla maschera -in giro non c’è traccia di fumo, tranne quando a pestaggio iniziato ne viene lanciato uno isolato poco oltre ma che fa pochissimo fumo) che consente l’anonimato a chi l’indossa. Cosa genera? Altro distacco morale: non sono riconoscibile (e chi è in divisa è molto meno riconoscibile in quanto divise identiche e non magliette multicolor come per i manifestanti) e le mie azioni non si possono collegare a me (è valido anche per chi manifesta occorre distinguere però che in questo caso, come già scritto sopra, il volto coperto può servire al solo non esser riconosciuti oppure al compimento anonimo di atti vandalici o violenti).
Accettazione da parte del gruppo: sono poliziotto, vedo comportamenti scorretti, ma non agisco, perchè o vengo emarginato dai colleghi o peggio vengo fatto licenziare.
Uso di armi e comportamenti non autorizzati e banditi in ogni caso: tonfa, pistole puntate ad altezza uomo. Chi controlla chi?
Confusione negli ordini: l’audio delle comunicazioni radio è oggettivo. Chi ha ordinato di andare in via Tolemaide, perchè ci sono i carri armati…
Responsabili che non fanno il loro mestiere proprio quando è necessario: non sono presenti al momento dell’azione, non vedono, non sanno, specie sotto processo.
Tutto ha concorso a creare uno stato di tensione enorme nell’ordine pubblico che si è riversato sui manifestanti che fino ad allora se ne erano stati buoni. (eccetto i black bloc, che, evidente, non erano interessanti). Eppure c’erano veterani di situazioni ben più rischiose. Ma, attenzione, c’erano anche novellini totalmente impreparati. Ecco, quello che voglio dire è che anch’io sostengo che qualcuno più in alto di tenenti colonnelli e prefetti ha “disorganizzato” alcune cose in modo che la manifestazione diventasse una trappola. Che ci scappasse il morto. Che si prendessero persone, si facessero prigionieri.
Per far incazzare le zecche usi lo spray repellente. Azione chiama reazione. Perchè tutti, sapevano e sanno che con queste “disattenzioni” in una massa di decine di migliaia di persone molti scappano. Qualcuno reagisce. E’ biologico. Cosa che è stata tenuta in conto e organizzata per bene.
Poi per imboscare i danni, le strategie sono state molto organizzate. Ma non abbastanza.
E’ che poi a evidenze fatte si sfrutta il sistema legislativo per essere di nuovo “disorganizzati”.
Purtroppo, ennesima riprova, la legge è uguale per alcuni.
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2012/07/23/digos-centrano-notav-scontri-chiomonte/202224/
Scusate, i ricordi di Genova mi parlano al presente.
Si parla di “professionisti della violenza”, di “gente venuta da fuori”, “non sono notav”. Non vi ricorda i giorni prima di Genova? SI parla anche di “presenze spagnole, inglesi e francesi e qualche russo”. Si sono visti anche il defunto KGB, il mossad, Elvis Presley, Bob Marley, Michael Jackson, il vero Paul McCartney e Bruce Lee. Tiravano tutti i sassi, urlavano notav e facevano cover dei Pooh. :)
Un saluto a tutt*
Vi leggo con piacere da un po’, ma non ho mai commentato.
In tutta onestà non ho lo stomaco di vedere/leggere tutta la documentazione.
Ma ho letto tutti i commenti e mi pare pertinente una cosa che ho letto oggi sul Fatto:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07/23/tutti-caporali-nessun-uomo-il-senato-tace-sulla-controriforma-di-paola/302352/
A me questa cosa fa venire i brividi lungo la schiena: un ministro della difesa che è un militare, dio un governo non eletto che fa una riforma dell’apparato di difesa dello stato diminuendo il numero di civili amministrativi e aumentando la percentuale di militari.
In questo momento storico.
Non mi piace per niente
Comunque a me questi che dicono “era mascherato aveva l’estintore assaltava il defender se l’è cercata” mi ricordano quelli che “aveva la gonna corta sculettava ancheggiava se l’è cercata”. Poi nella vita di tutti i giorni assistiamo a scene di violenza inaudite e sproporzionate (il parcheggio, mi ha tagliato la strada, sto stronzo sto cornuto va a morì ammazzato, eh ma guarda dove metti i piedi cazzo) e li nessuno leva gli scudi. Li vorrei vedere questi benpensanti signori in quella situazione.
E poi “il carabiniere non doveva ma Giuliani (se non addirittura Giuliano)…”, solo che la catena di obiezioni si ferma sempre al primo anello. Molti questa inquadratura non la allargano neanche se gli si chiede di provarci, e quando dicono “il carabiniere non doveva ma…” non spingono mai il ragionamento a “Carlo non doveva ma…”. Quando si arriva a questo punto il benpensante dice “io non l’avrei fatto, e basta”. In pratica si giustifica il comportamento di Placanica ma non quello dei manifestanti. Di questo si nutre un apparato repressivo, della codardia di chi riesce a immaginarsi dentro un defender con una pistola in mano, e ne accetta le conseguenze, ma non riesce ad immedesimarsi nella condizione di un ragazzo sopraffatto e umiliato da una violenza immotivata.
Probabilmente, x comprendere cos’è successo a Genova, bisognereebbe x un attimo non parlare della tragedia di Genova. Per vedere meglio, infatti, credo si debba guardare ancora più indietro.
Uccisioni violente da parte delle forze repressive, manipolazioni sfacciate della realtà e grossolani depistaggi erano prassi di potere già dagli anni 60. Perfino utilizzate per coprire stragi e tentativi di colpo di stato. E,immancabilmente, i media hanno sempre avvallato, più o meno efficacemente, versioni dei fatti tutt’ altro che credibili,complete, coerenti ed imparziali. Anzi.Ma allora c’era un elemento determinante che ancor oggi,però, è fortemente ridimensionato, frammentato e poco incisivo. Ieri era presente una dinamica sociale talmente conflittuale e diffusa da generare una coscienza collettiva ben poco permeabile alla narrazione ufficiale. Questa consapevolezza si esprimeva in ambiti e con modalità e strumenti non solo tradizionalmente barricadieri, ma anche innovativi ( le radio libere ). In una sorta di autoalimentazione esponenziale, questi incontravano la ricettività sociale ed irrompevano così nel quotidiano individuale smontando l’inconsistenza delle versioni di stato, contraddicendo i capi acccusatori e adducendo nuove prove. Nonostante, allora, le piazze non fossero certo intasate di cineoperatori e cellulari e nè le notizie rincorressero la realtà, vi era,comunque, una massa di coscienza critica. Uno sforzo analitico che definiva la cornice ed il disegno complessivo entro i quali gli eventi sanguinosi si inserivano. Informazione alternativa e contestualizzazione,quindi.
Invece, dagli anni 80 in poi, il livello di coscienza sociale si è appiattito sul cosidetto “pensiero debole”.Tanto accomodante,quanto rassicurante nei suoi gretti schematismi. Magicamente risolutivo.Dove la semplificazione è prevalsa sulla complessità.Dove la risposta banale era preferibile alla fatica della comprendere.Un periodo storico nel quale il conformismo mentale era accettato ben più del pedante dubbio critico.
Con la scomparsa dell’ antagonismo sociale la società tutta, ceti popolari inclusi, ha ripiegato su modelli,pensieri e valori stantii,ma presentati come nuovi.Non c’era più nulla che potesse sorreggere,amplificare e dare cittadinanza ad una visione diversa dell’esistente.Perchè,tutto sommato, l’esistente aveva anche i suoi vantaggi ed il futuro presagiva un benessere diffuso. Quindi, non c’era più bisogno di un diverso esistere,pensare ed agire.Prevalse il mercato perche, con un minimo investimento finanziario, garantiva un’integrazione di reddito anche alla pensionata. Perchè il consumo a debito e l’ accesso al credito facevano sentire tutti più ricchi e proprietari.Perchè la partita iva permettteva a molti di diventare liberi ed imprenditori .Prevalse il metafisico ed uniformante senso di appartenenza territoriale. Sorsero avamposti trincerati a difesa dalle nuove,ma ugualmente barbare, invasioni d’oltremare.
Ha prevalso il “si,vabbè..” sul “ma,forse..”
E l’autorevole corrispondente RAI al G8 ha potuto pedissequamente avvalorarla questa diffusa convinzione sulla pretestuosità di ogni possibile contestazione visto che il summit era stato convocato proprio per risolvere i medesimi problemi posti dalla piazza. Così, con un abile colpo di bisturi mediatico, è stato sterilizzato ogni antagonismo. Presente e potenziale. Relegato in un angolo oscuro,ambiguo in quanto preconcetto e disturbante. Immotivato. E’ così lo stesso Presidente del Consiglio ha potuto essere credibilmente presentato come persona non solo sensibile ai disagi che l’ospitalità di tali eventi comporta, ma addirittura aperto al confronto con il dissenso. Apoteosi, riuscita, della trasfigurazione immaginifica del reale che culmina nell’evidenziare l’ospitata di Prodi. Sottolineatura del carattere imparziale, tecnico delle decisioni che verranno prese.
Ma tutta questa smaccata telesvendita di buone volontà e lodevoli propositi non ha potuto essere scalfitta nemmeno dall’evidenza dei fatti.Proprio perchè i fatti non sono stati percepiti come evidenti.Le fortificazioni difensive di Genova,allora,diventano necessarie perchè, date le premesse, chiunque avesse dissentito sarebbe stato indiscutibilmente prevenuto,facinoroso e violento.Anarchico ed anche insurrezionalista, black o blok che sia, la classificazione è funzionale solo allo sfruttamento dei limiti, delle contraddizioni ed ingenuità organizzative del movimento alfine di negare cittadinanza a qualsiasi argomentazione dissonante. Stigmatizzare, colpevolizzare,isolare per poter garantire il quieto vivere colletttivo. Nascondere la realtà perchè,tanto, a nessuno interessa conoscerla.
Ugualmente, la referenzialità delle forze dell’ordine è rimasta integra.Saldamente ancorata ai 20 anni precedenti quando,senza conflittualità sociale da contenere, il loro zelo ha potuto farsi apprezzare nella tanto invoocata salvaguardia della ns civiltà minacciata da fanatismo, degrado e criminalità d’oltre confine.
Inoltre, diversamente, dagli anni 70, a Genova la piazza non era condivisa con un influente partito riformista che,non fosse altro per dovere verso il nome ancora sbandierato, ai tempi qualcosa di diverso dall’ affabulazione imperante doveva pur raccontarlo. A luglio del 2001 il suo processo di integrazione ed omologazione era già consolidato. I distinguo, ormai, non producevano più consenso.La condanna moralistica ad una violenza causata, invece si.
In questo clima asociale , di incoscienza civile e di democrazia esautorata, il passamontagna …CONTINUA
SEGUITO….intriso di sangue colpevole , il corpo di Carlo isolato e l’ evento decontestualizzato non potevano che diventare la raffigurazione strumentale dell’assurdità in sè e per sè del non volersi adeguare, del non saper cogliere i nuovi orizzonti di progresso.Del non rispettare le moderne modalità della delega democratica.Vittima senziente e colpevole,dunque. Emblema tragico di una radicalità ormai fuori tempo massimo. Ingiustificata. Una morte ricercata,insomma.
E’ tremendo ammetterlo, ma Carlo è morto 2 volte. Fisicamente e nell’ indifferenza fatalista dell’ immaginario collettivo.
Inevitabilmente.
Però, il coraggio dei genitori, l’indignazione di chi c’era, la tenacia di chi non ha voluto consegnarlo all’oblio infamante hanno permesso che la mistificazione inevitabilmente predominante non diventasse necessariamente l’ unica verità possibile.
Hanno impeedito che venisse ucciso per la 3a volta.
il rinvio a giudizio di Placanica per violenza su minore come rientra nei fatti di Genova? Se pensate che sono un ingenuo, siete in difetto.
Il link è in corrispondenza della domanda “non ci pensa nessuno?”
Si dà il caso che proprio quelli che hanno continuato a documentarsi, indagare, interrogarsi su Genova abbiano continuato a seguire le vicissitudini di Placanica, le sue dichiarazioni, le interviste, i dietrofront, i guai disciplinari, gli evidenti problemi di tenuta psichica, insomma, la rovina a cui è andato incontro anche perché pedina insignificante, vaso di coccio circondato da vasi di… piombo. E così, costoro sanno che adesso Placanica è accusato di violenza sessuale su minore. Colpevole o innocente che sia, è la ciliegina sulla torta.
Invece è altamente probabile che quanti si riempiono la bocca col suo nome, e magari lo chiamano pure “eroe” perché ha sparato in faccia a una “zecca”, di lui non abbiano seguito un solo passo, non sappiano niente.
Un giorno qualcuno scriverà la storia incredibile degli anni di Placanica dopo il G8. La sua vicenda è davvero emblematica.
[…] il permalink a ogni commento a qualunque livello di “nidificazione”. Fate la prova cliccando qui. Grazie a Christo aka @xho. Log in to […]
Guardando la trappola ancora una volta non riesco a non pensare che il frame più pericoloso, quello che poi prepara la formazione di tutte le altre narrazioni tossiche su genova (carlo, i fatti di piazza, la diaz, la politica), è quello per cui ci son tanti cittadini di buona volontà che chiamano la polizia scandalizzati dall’operato del black block, dalle banche infrante, da marassi incendiato. ed è lo stesso frame della valsusa, del dividere i buoni dai cattivi, quelli che fanno le marce pacifiche e di contro “i” black block, e del farlo dal proprio pulpito, dal proprio ineffabile modo di giudicare. un meccanismo che mi par molto diffuso, lo stesso per cui i rom son ladri e vivono in una maniera non comprensibile alle società dei consumi, lo stesso che portava compagni (?) a dire dopo il 15 ottobre ci avete rovinato il corteo indignato coi sassi, siete cattivi mandiamo le foto alla digos e a repubblica.it
Questo meccanismo è angosciante perché si attiva con persone che sono dentro il movimento, o comunque potenzialmente affini, a volte addirittura sono in piazza al tuo fianco. Ed è di nuovo lo stesso frame del “sì, ma aveva un estintore, il passamontagna..”Di nuovo mi trovo a pensare che se quel giorno tutti avessero resistito come carlo, o se davanti a marassi anziché 300 persone ce ne fossero state 30.000, probabilmente la rottura dello schema imposto dalla logica di Stato di vedere la protesta si sarebbe realizzata in modo chiaro. Perché, in fondo, il problema è anche un po’ quanto si è disposti a spingersi in avanti (in piazza come in ogni situazione in cui si faccia politica vera, col culo in strada), quanto si rifiuta questo modello, quanto si pensa di poter ottenere da dei compromessi e quanto si pensa di poter ottenere rifiutando la logica del sistema, anche nella gestione della piazza da parte del movimento. Guarda caso poi tutto questo serve a dividere, a mettere un gruppo contro l’altro, a distribuire la colpa..
in una parola: vigliaccheria. è quella che frega i “movimenti”, troppo spesso. stare dalla parte dei forti sarà sempre più semplice, soprattutto con una popolazione che invecchia e non ha entusiasmo. occorre figliare, non per la patria, ma per cambiare le cose.
[cite] come si impongono le verità ufficiali [/cite] ?
Trovo una risposta nelle parole di De André:
“E se nei vostri quartieri
tutto è rimasto come ieri,
senza le barricate
senza feriti, senza granate,
se avete preso per buone
le “verità” della televisione
anche se allora vi siete assolti
siete lo stesso coinvolti.”
le verità ufficiali sono sempre le più “facili”, anche se poco verosimili
voler guardare oltre le verità ufficiali è faticoso, problematico e pericoloso: significa che potremmo arrivare a mettere in discussione anche noi stessi e tutta la nostra vita, significa iniziare un percorso che ci potrebbe cambiare, che ci potrebbe coinvolgere direttamente magari tanto da portarci a sentire la necessità di agire
più semplice girare la faccia, più semplice evitare le problematicità, più semplice non cercare di andare oltre le verità ufficiali anche se sappiamo bene che verità non sono, più semplice assolverci…
se si accetta di delegare il potere ad altri, anche sulla nostra vita e sui nostri corpi, si sta delegando al potere anche la verità
questi meccanismi il potere li conosce bene, e sa che basta fabbricare e propinare in modo opportuno una qualsiasi “verità” – che non sia “scomoda” ai più, che dia facili risposte, che eviti di coinvolgere, che permetta l’autoassoluzione, che faccia sentire lontana la realtà dei fatti, che riguardi “altri” e non noi direttamente, che non ci crei problemi, che non metta in discussione la delega – perché poi questa “verità” si imponga da sola
il più delle volte non sono le verità ufficiali che si impongono o che ci sono imposte: piuttosto siamo noi stessi a lasciare che si affermino…
due mesi fa avevo letto e visto quasi tutto (post, commenti, link), ma ero overwhelmed, non ce l’avevo fatta a partecipare. questo è un commento tardivo, indeciso, difficile da scrivere, schivo, just for the record.
io a genova non c’ero, ero appena partita dall’italia per non tornare, e il punto di non-ritorno si era materializzato proprio a genova, e proprio poco prima di ‘genova’. per questo ho vissuto ‘genova’ da molto lontano, in uno stato di allucinazione e delirio che mescolava e appiccicava insieme luoghi e tempi disparati: roma, genova, parigi, londra, birkenau, praga, berlino, 2001, 90, 41, 89, 93, 95, 71, e via di seguito nel tornado inutile dei luoghi, dei corpi, delle lingue e delle date. la mia casa era sradicata e volante per sempre, ma tutto aveva perfettamente senso: genova-‘genova’ l’avevo vista venire da lontano, ma vederla venire non era servito a niente e io non ero servita a niente, non ero riuscita a fabbricarmi in tempo il popolo che mi mancava.
da allora ho smesso di fare politica, ho preso a migrare invece di lottare, e il tempo, lo spazio i nomi e i corpi si sono inevitabilmente disintegrati.
grazie per questo post e per gli altri due e per tutti i commenti, in cui anche i miei piccolissimi pezzi trovano posto, e in parte tornano a casa.
Scrivo dalla Svezia. Non riesco a vedere il video. Mi esce una scritta in svedese che dice che “è un video privato”.
Stranissimo, in questi mesi lo hanno visto (e commentato) persone che vivono in tutta Europa… In ogni caso, purtroppo non possiamo farci nulla, a caricarlo su YT non siamo stati noi, lo abbiamo solo incorporato nel post. Forse la cosa migliore è che mandi un messaggio via YT a chi gestisce quel canale.
Scusate,
volevo vedere il video, ma mi dice che è privato… :(
Mi sono registrato a Giap, ma anche da lì nulla.
Come posso fare?
Iscriversi a Giap non c’entra, perché il video non è su Giap, è su YouTube, e non lo gestiamo noi. Evidentemente dev’essere successo qualcosa, chi lo aveva caricato lo ha rimosso. Possiamo solo invitare a cercarne un’altra copia sempre su YT.
Il video era stato rimosso dall’indirizzo YouTube dove lo avevamo pescato. Ne abbiamo trovato un’altra copia, sempre su YT, e abbiamo linkato e incorporato quella.
Meanwhile, in the Middle East….
anche in Egitto spuntano i famigerati “black bloc”, la nuova minaccia alla sicurezza nazionale!
http://www.dailynewsegypt.com/2013/01/28/blockheads/
I nuovi barbuti al potere, dopo neanche un anno, sono già a raschiare il fondo del barile…