54 - commenti dei lettori - prima metà di marzo 2002



L'ho finito stasera. Notevole. Non posso neanche dire ancora "bello" o "molto bello" perché mi ha creato un sovraccarico mentale, non riesco ancora a connettere. Sono partito per la tangente di alcuni spunti rimasti però insoddisfatti; dunque penso che tra qualche tempo farò qualche ricerchina storica e poi lo rileggerò, così magari inquadro meglio certe cose. Ci sono parecchie cose che prima o poi ti chiederò. La più fessacchiotta che mi viene in mente è: il bar Aurora esiste? è esistito? Chi se ne frega, dici? Per quelle complicate sarà per un'altra volta. La diagnosi di Clapas è la più bella satira che abbia mai letto contro la psicanalisi.

F.G. [6 marzo 2002]

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Cari Wu Ming
Ho appena chiuso il retro copertina della vostra ultima fatica, sapendo della vostra passione per il feedback, e considerando che il mio commento su Havana Glam ha suscitato attenzioni, butto giù due righe su 54.
Il romanzo mi è piaciuto, come al solito, moltissimo. E' scattante, divertente, con un intreccio ben congegnato, momenti toccanti senza essere stucchevoli, i capitoli divertenti sfasciano, su tutti i brani con Vladimiro ed Estragone, mentre leggevo della partita a chemin ero a letto con la mia tipa che dormiva e non riuscivo a non schiamazzare. Denso di sorprese e capovolgimenti, vale quanto Havana Glam ma alla quinta potenza. Ho adorato l'idea che il McGuffin del romanzo si chiamasse McGuffin, solo non so quanti abbiano letto l'intervista di Truffaut a Hitchcock . A questo proposito vorrei chiedere anche se la frase: "LB is both the story teller and the Mac Guffin of a board game played on the stage of the world", che compariva sul secondo capoverso di un certo manifesto di qualche tempo fa, sia stata farina del vostro sacco... [...] Con i vostri romanzi non si può mai sapere quale storia prenderà il sopravvento e credo che questo sia il bello, in questo ci vedo dei contatti con molta letteratura americana che mi interessa e che credo solo voi state recependo, non credo che sia una strada molto battuta in Italia questo vagare tra storia e mito, in lungo e in largo per storia e geografia, personaggi stranoti e figure d'invenzione, senza talento ci si disperde e si rende un romanzo una poltiglia. Tuttavia io sono per quanto riguarda le letture un esterofilo convinto, voi siete gli unici italiani, quindi non so con precisione come sia il panorama. In ogni caso io sono uno che quando scrive in rete, si firma col nome di un personaggio-ombra...
Altra mia impressione è a proposito del successo del romanzo, non vorrei menar gramo, ma non riuscirà ad eguagliare Q, non lo vedremo tradotto in coreano, non perchè il romanzo sia peggiore, ma perchè l'argomento non permette di avvicinare più di tanto chi compra i libri per darsi un tono. Tanto per capirci: io, quando lo vidi la prima volta, nella mia profonda ignoranza ebbi l'impressione che Q fosse un libro noioso, scritto da qualche professore di liceo che aveva fatto l'ennesima imitazione di Scott usando un nome à-la-page e lo ignorai, poi mi fu consigliato dai due di numerobinario.org, quando li conobbi e lo bruciai esaltato in quattro giorni. Tuttavia mentre Q a leggerlo col culo può sembrare semplicemente un romanzo storico, in grado di attirare qualche sciapotto orfano di ramses e cleopatre, che-se-fa-schifo-siccome-è-grosso-fa-comunque-figura-sulla-mensola, 54 anche se è un bel tomo, non riesce a dissimulare il suo essere Pop e non fa sembrare intellettuali, poi-se-lo-metto-sulla-mensola-sembro-comunista. In ogni caso peccato per i coreani e per il traduttore, che non si potrà cimentare nella resa del bolognese.
Un'ultima cosa (mi rendo conto di essere affezionato ma fastidioso comunque come una zanzara!), a parte la timida perifrasi sul risvolto di copertina, non vi sento più parlare di mitopoiesi, forse il termine ha avuto alterne fortune, essendo coinvolto con il luglio genovese? In ogni caso, io che a dispetto della mancanza di talento di prosopopea ne ho da vendere, se prima ne ero entusiasta, adesso accantonerei anch'io il termine, perché se non si fanno i conti con l'entropia, si rischia di vedere la creazione dei propri miti, trasformarsi in una creazione di gag, nonsense e barzellette. E' un po' che sono convinto che tutta l'arte interessante sia in realtà meta-arte, arte che parla di se stessa, del proprio processo di realizzazione, del rapporto con il resto (arte che sfida il labirinto). Questo a causa dell'eccesso di informazione e del bombardamento mediatico non si riesce a essere originali, né è realmente importante esserlo, perché basta saper assecondare e controllare gli sviluppi di una certa serie di accostamenti arditi, accostamenti di immaginari conclusi che sviscerano nuova linfa quando avvicinati, come quello che lega Cary Grant al bar Aurora. Non ricordo dove, ma in 54, un personaggio sogna una sua storia passata come un film in bianco e nero. Anche a me capitava, quando ancora ricordavo i sogni, un fatto che ho usato a riprova delle mie idee sul comportamento dei media. Siamo talmente " inquinati " che abbiamo sognato muto, slapstick, melò, ed ora probabilmente nei nostri sogni non accadono più fatti impossibili, ci sono semplicemente gli effetti speciali. Che cazzo c'entra? Per me che siamo alle fasi finali di un periodo in cui potevamo considerare l'arte, o gli aspetti più fertili di essa, come capaci di coinvolgere un interesse globale, attualmente invece si sta lìquefacendo, forse proprio perché confusa nell'eccesso di segnali tendenti al rumore bianco, nell'ingrossamento incontrollabile di quel magazzino di simboli caro a Jung (la semiosfera esploderà come una bolla?). E allora, se dovessi aver ragione, in barba ai coreani, ben vengano le bestemmie in bolognese. Con un pizzico di invidia e immutata stima.

Nick De Profundiis [2 marzo 2002]

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Questo arriva da it.arti.cinema (e mi è arrivato seguendo un giro +contortissimo* ;) Q. [2 marzo 2002]

Primo problema: nel romanzo Cary Grant viene coinvolto in una assurda missione segreta in Yugoslavia per incontrare Tito. Così, per vari capitoli, viene chiamato George Kaplan.
Secondo problema: fra i protagonisti c'è anche un televisore americano di cui ascoltiamo i semplici ed ottimisti pensierini mentre gli capitano le peggio cose. La marca? McGuffin.
Due riferimenti hitchcockiani, certo - e ad un certo punto Sir Alfred appare sulla Costa Azzurra mentre gira Caccia al Ladro [...]
A parte questo, il terzo romanzo di Luther Blisset/Wu Ming dopo Q e Asce di Guerra, funziona alla grande. Dato il NG c'è da notare il taglio cinematografico di molte scene, cinema nel senso migliore del termine. Se la struttura complessiva è troppo vasta per essere ridotta in un film - decine di personaggi e location (principalmente Bologna e Napoli, ma anche Mosca e Palm Spring, la costa dalmata e Cannes, Trieste e Genova...), singoli capitoli sono notevoli omaggi a numerosi generi cinematografici, dalla commedia all'italiana al poliziottesco, dalla screwball comedy ad Hitchcock. Ovviamente, Cary Grant è uno dei protagonisti ed è esplicitamente indicato come modello di stile e di vita - ottima base per lo sfrenato dandysmo dei 5 scrittori emiliani: 'Nella società senza classi tutti sarebbero potuti essere Cary Grant'.
Non epico e organizzato come Q, non cupo e viscerale come Asce di Guerra, 54 dispiega largamente una dote che non brillava nei romanzi precedenti, la leggerezza. C'è tutto quello che manca nei romanzi italiani medi.
Non ci piove: oggi come oggi i Wu Ming sono il centro della letteratura italiana. Ci sono forse scrittori migliori (me ne vengano in mente un paio), ma nessuno così fondamentale.

Moritz Benedikt

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Cari Wuminghi,
terminata la lettura di 54, mi sembra giusto contribuire rilasciando un commento a caldo. Il Wu Ming coi baffi a manubrio si è autorecensito, giudicando quest'ultima fatica la migliore prova del gruppo Luther Ming. Io non saprei. La lettura è terminata da pochi minuti e mi sembra troppo presto per dare un giudizio così definitivo. Vale comunque una considerazione su tutte: il libro l'ho letto in un paio di settimane e l'ho letto con innegabile piacere. Siete bravi, la penna (o chi per lei) la usate bene e l'intreccio di trame è avvincente. Direi che può bastare. Q è stata una rivelazione, Asce di guerra mi aveva un po' stuccato, 54 mi ha fatto di nuovo apprezzare i Wu Blissett per la capacità di inventarsi storie e raccontarle con sagacia. Ai posteri l'ardua sentenza. Anyway, me la sono spassata, che è la cosa più importante. Con ossequi,

M.P. [15 marzo 2002]

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Finito di leggere "54". In treno tornando da Napoli. Beh ragazzi siete bravi in modo addirittura imbarazzante! Mi avete fatto ridere e piangere. Insomma un romanzo è un romanzo. E questo è davvero un bel romanzo.

Sbancor [15 marzo 2002]

 

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