«Tutti noi desideriamo di morire così, tutti noi vorremmo essere come oggi tu sei nel cuore della Patria. Tu sei veramente l’eletto.»
Con queste frasi — cioè, se le parole hanno un senso, augurandosi di essere ammazzati — i neofascisti di Forza Nuova Siena chiudevano un comunicato del 22 aprile scorso, in cui annunciavano l’inaugurazione della nuova sede Rino Daus.
– Inaugurazione del sederino? Non capisco.
– C’è uno stacco: sede – Rino – Daus. È un nome. Il nome della loro nuova sede di Siena.
g- [N.B., 6 gennaio 2019. In data odierna, l’esponente marchigiano di Casapound Roberto Ruffini ci chiede di rimuovere questo articolo di due anni fa. Ecco il testo della sua mail: «Chiedo la rimozione di questo articolo perché c’è la mia foto, il mio nome, senza autorizzazione e sono stato assolto in primo grado per non aver commesso il fatto.» Ruffini sostiene di essere stato assolto dall’imputazione di lesioni gravi, anche se non ci dà riferimenti che permettano di verificare la sua affermazione. Ad esempio, non ci dice quando è stata emessa la sentenza, se prima o dopo la pubblicazione di questo post. In rete non ne abbiamo trovato traccia. Ad ogni modo, non abbiamo problemi a dare conto dell’assoluzione. Ma la richiesta di rimuovere l’articolo non ha nessun fondamento. L’articolo parla dell’arresto di Ruffini, e più precisamente, di come fu data la notizia. La notizia è veritiera e d’interesse pubblico. Il linguaggio utilizzato non eccede i limiti della continenza verbale: infatti Ruffini non se ne duole. Noi quindi abbiamo tutto il diritto di fare il suo nome e di pubblicare una sua fotografia di pubblico dominio. L’articolo resta dov’è. WM]
di Selene Pascarella *
«Non per essere superficiale, ma a me viene subito in mente la… Fica»
«Feccia! Chiamandoli diversamente si regala loro un’intelligenza politica che non hanno»
«F come Fermana?»
Quando su Twitter abbiamo lanciato l’hashtag #laparolaconlaF per accendere i riflettori – come si dice in gergo – sulla copertura mediatica delle aggressioni fasciste a partire dal caso di Alatri, non sempre le reazioni sono state entusiaste.
Il percorso che ci ha portati a vedere un filo nero tra l’omicidio di Emanuele Morganti e le recrudescenze neofasciste che hanno investito il Lazio e il resto d’Italia emergerà nelle prossime pagine e forse susciterà un dibattito acceso, già in parte deflagrato a colpi di tweet.
L’obiettivo dell’intervento è anche tirare le fila di una discussione partita in ordine sparso sui social network, e approfondirne gli spunti. Prosegui la lettura ›
L’articolo che proponiamo è tratto dall’ultimo numero di Nuova Rivista Letteraria, semestrale di letteratura sociale fondato da Stefano Tassinari e pubblicato dalle Edizioni Alegre. Il n.4 della nuova serie è interamente dedicato al linguaggio, alle ideologie che lo informano, alle sue potenzialità inesplorate, ai suoi usi (anche) politici. Tra gli autori, oltre ai redattori “storici” e ad Alberto Prunetti, ci sono Giuliano Santoro, Girolamo De Michele, Selene Pascarella, Claudio Dionesalvi, Wolf Bukowski… Clicca sulla copertina per leggere l’indice e, se ti va, abbonarti. Due numeri all’anno costano 15 euro (20 se richiedi la spedizione via corriere).
di Alberto Prunetti *
0. Ieri: la lingua del duce
Le retorica teatrale di Mussolini ̶ perentoria, decisionale, volontaristica, carica di iperboli e di allitterazioni ̶ non doveva convincere ma sedurre: era magia fonetica priva di semantica. Il suo lessico era povero di elementi tecnici ma carico di velleità nominaliste che attingevano ora dal registro spiritualista («idea», «fede», «martirio», «comunione», «credere»), ora da quello militarista («combattere», «battaglia»), come dal volontarismo dell’azione («audacia», «dinamico», «formidabile», «osare»…). Quanto alla sua ironia, era una sarabanda fonetica che irrideva la vittime e strizzava l’occhio al carnefice: suffissi e postfissi, meta e –iolo, «ultrascemo» e «panciafichista», «partitante» e «schedaiolo». Le maiuscole abbondano, come le equazioni farneticanti: «Fascismo uguale Combattimento, uguale Vittoria», con l’enfasi militarista e guerrafondaia. Dopo l’autarchia linguistica, sono guardati con sospetto i forestierismi: «tassellato» per «parquet», «arlecchino» per «cocktail», «scialle da viaggio» per «plaid». Un repertorio indigesto che include la deformazione del nome del nemico; la posa pseudo-dotta satura di latinismi dannunziani, che alimentano l’immagine littoria e imperiale del regime; la confusione ideologica, con la capacità di arruffare dalla semantica di ogni campo ideologico, con l’occupazione strategica e lo svuotamento del campo semantico della sinistra, con la parola «rivoluzione» che viene adottata per privarla di senso. Ecco la «rivoluzione fascista», ovvero una reazione borghese antirivoluzionaria. Ecco la pretesa di andare oltre le vecchie ideologie, «l’essere né di destra né di sinistra», che è il metodo più furbo per far transitare a destra concetti della sinistra, privando quest’ultima di forze e di consenso. Con uno sforzo risibile la lingua si sforza di maschilizzarsi. È una lingua alla ricerca della virilità, proposito che la trasforma pateticamente in lingua morta, piena di forme logore e fatiscenti. Con la decadenza del progetto fascista e la fase cruenta dell’infame Repubblica sociale, l’effetto perlocutivo è spinto all’estremo nel tentativo di «rimettere in riga» e disciplinare in maniera paternalista gli italiani, trasformandoli in soldatini, trattandoli come bambini impertinenti, comunicando al tempo stesso l’immagine di un potere politico che non vuole rappresentarsi allo sbando: un potere risolutivo, imperativo, decisionale, esecutivo. In realtà un potere fantoccio dei nazisti. Prosegui la lettura ›
Questo post del Prunetti inaugura una miniserie in tre puntate a cura del gruppo di lavoro Nicoletta Bourbaki: Viaggio nelle nuove foibe.
Negli ultimi tempi, in giro per l’Italia, vari soggetti si sono sbracciati – Ehi! Giornalistaaaa! Qui! Proprio qui! – per attirare l’attenzione su un insieme di foibe di cui nessuno aveva mai sentito parlare prima… a parte mio cuggino, che conosceva uno che aveva una sorella che aveva origliato una discussione in cui si diceva che dei partigiani avevano sparato a degli italiani… – “Italiani” come? Italiani e basta? O fascisti? – Perché, non sono italiani i fascisti????
Alcune di queste foibe hanno una curiosa caratteristica: sono mobili, tendono a viaggiare. Un giorno ne avvistano una a Panzana di San Frottolo, il giorno dopo è già a Bufalizza, 40 km. più a nord, e in diversi la inseguono, come Wile E. Coyotequando Beep Beep gli ruba la buca, e se la contendono, con un approccio che definiremmo “da Pro Loco”: – Una foiba anche nel nostro comune!
E i numeri, santo dio, i numeri… – A Fandoniara c’è una foiba con dentro 800 morti! – Urca! Hai delle prove? – Non c’è bisogno, lo sanno tutti che da queste parti i partigiani… – Scusa, ma di quale foiba parli? – La buca tra Fandoniara e Villa Bubbola! – Quella? Ma che stai dicendo, è una grotta dove sarà sceso un migliaio di speleologi… – Negazionista! Vergognati! Giornalistaaaaa! Qui c’è uno che nega le foibe!
Chi sono questi nuovi avvistatori di foibe? Sedetevi, ché la risposta vi sbalordirà. Vi siete seduti? Prosegui la lettura ›
[È appena uscito il n. 2 (nuova serie) di Nuova Rivista Letteraria, semestrale fondato da Stefano Tassinari. Se il numero precedente era interamente dedicato alle Grandi Opere Inutili e Imposte, questo ha come tema i nazionalismi, i neofascismi e la cultura di destra oggi. Ne avevamo già anticipato l’indice, oggi riportiamo l’editoriale di WM1.
Il prossimo numero, previsto per la primavera 2016, sarà interamente dedicato a comunità utopiche, visioni rivoluzionarie, fallimenti e successi di esperienze comunitarie, processi reali di costruzione di società dal basso, dalla Val di Susa al Chiapas al Rojava, passando per Sons of Anarchy, le utopie del nemico (il modello di società di Daesh e il mito del Califfato), le fabbriche recuperate e quant’altro. Sempre cercando la letteratura nel conflitto sociale e il conflitto sociale nella letteratura.] Prosegui la lettura ›
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