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Inchieste

I «due marò»: quello che i media (e i politici) italiani non vi hanno detto

Un paese incapace di rappresentarsi se non come vittima

Un paese incapace di rappresentarsi se non come vittima.

[Una delle più farsesche “narrazioni tossiche” degli ultimi tempi è senz’altro quella dei “due Marò” accusati di duplice omicidio in India. Fin dall’inizio della trista vicenda, le destre politiche e mediatiche di questo Paese si sono adoperate a seminare frottole e irrigare il campo con la solita miscela di vittimismo nazionale, provincialismo arrogante e luoghi comuni razzisti.
Il giornalista Matteo Miavaldi è uno dei pochissimi che nei mesi scorsi hanno fatto informazione vera sulla storiaccia. Miavaldi vive in Bengala ed è caporedattore per l’India del sito China Files, specializzato in notizie dal continente asiatico. A ben vedere, non ha fatto nulla di sovrumano: ha seguito gli sviluppi del caso leggendo in parallelo i resoconti giornalistici italiani e indiani, verificando e approfondendo ogni volta che notava forti discrepanze, cioè sempre. C’è da chiedersi perché quasi nessun altro l’abbia fatto: in fondo, con Internet, non c’è nemmeno bisogno di vivere in India!
Verso Natale, la narrazione tossica ha oltrepassato la soglia dello stomachevole, col presidente della repubblica intento a onorare due persone che comunque sono imputate di aver ammazzato due poveracci (vabbe’, di colore…), ma erano e sono celebrate come… eroi nazionali. “Eroi” per aver fatto cosa, esattamente?
Insomma, abbiamo chiesto a Miavaldi di scrivere per Giap una sintesi ragionata e aggiornata dei suoi interventi. L’articolo che segue – corredato da numerosi link che permettono di risalire alle fonti utilizzate – è il più completo scritto sinora sull’argomento.
Ricordiamo che in calce a ogni post di Giap ci sono due link molto utili: uno apre l’impaginazione ottimizzata per la stampa, l’altro converte il post in formato ePub. Buona lettura, su carta o su qualunque dispositivo.
N.B. Cercate di commentare senza fornire appigli per querele. Se dovete parlar male di un politico, un giornalista, un militare, un presidente di qualcosa, fatelo con intelligenza, grazie.
P.S. Grazie a Christian Raimo per la sporcatura romanaccia, cfr. didascalia su casa pau.]
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Affile, Grazianilandia. L’eredità razzista e il mausoleo delle sfighe

Graziani semi-ignudo, 1937

Graziani con le chiappe al vento, 1937. Clicca per ingrandire.

di Wu Ming 1

E’ accaduto il mese scorso. Ad Affile, piccolo comune a est di Roma, la giunta di «centrodestra» – chissà quando ci libereremo di quest’eufemismo! – ha inaugurato un sacrario dedicato a Rodolfo Graziani (1882 – 1955).
Graziani – che è sepolto nel locale cimitero – fu governatore della Cirenaica durante la «riconquista» fascista della Libia (1930-31), comandante del fronte sud durante l’invasione dell’Etiopia (1935-36), viceré d’Etiopia nel biennio 1936-37 e comandante delle forze armate della Repubblica di Salò durante la guerra civile del 1943-45.
L’edificio – di una bruttezza e mediocrità da rimanere soffocati – è costato 130.000 euro sborsati dai contribuenti, fondi che la Regione Lazio aveva stanziato per altro uso. Il Comune li aveva chiesti per la riqualifica del parco di Radimonte e per un generico sacrario “al Soldato”, progetto senz’altro discutibile ma non equivalente alla commemorazione di Graziani, che pare non fosse menzionato in nessun documento.
Il podestà Il sindaco Ercole Viri si è difeso dicendo che «ad Affile quando si dice “il Soldato” si intende solo Graziani». Ah, beh, non fa una piega. Prosegui la lettura ›

Tu che straparli di Carlo Giuliani, conosci l’orrore di Piazza Alimonda?

Piazza Alimonda, Genova, h. 17:30 circa del 20 luglio 2001. I tutori dell’ordine hanno appena massacrato di botte il fotografo Eligio Paoni, colpevole di aver fotografato da vicino – e troppo presto – il corpo di Carlo Giuliani, e hanno metodicamente distrutto la sua Leica. Nel cerchio rosso, un agente lo trascina sul corpo e gli preme la faccia su quella insanguinata di Carlo (ancora vivo). Non è difficile immaginare cosa gli stia dicendo. Cosa non si doveva sapere delle condizioni del ragazzo in quel momento? Forse la risposta riguarda un sasso, un sasso bianco come il latte che si muove da un punto all’altro del selciato, scompare e ricompare, e a un certo punto è imbrattato di sangue.

Partiamo da una verità di base: tutto quello che la maggioranza degli italiani sa della morte di Carlo Giuliani è falso. Prosegui la lettura ›

Mugello Sottosopra. WM2 intervista Simona Baldanzi

Cantieri dell'Alta Velocità

«Uno può vivere tutta una vita senza sentir parlare dei minatori, una maggioranza preferirebbe addirittura non sentirne parlare. La stessa cosa avviene con tutte le specie di lavori manuali, ci tengono in vita e noi ci dimentichiamo che esistono.»

Sono passati quasi ottant’anni da quando George Orwell scrisse queste parole nel suo reportage sulla classe operaia dell’Inghilterra settentrionale, La strada di Wigan PierProsegui la lettura ›