Valerio Minnella e Wu Ming per Ambrogio, che ci ha lasciati. Un compagno che sapeva vivere

Ieri, tardo pomeriggio, arriva il bollettino di Bifo e leggiamo la notizia: è morto Ambrogio. Giancarlo Vitali, ma per tutte e tutti Ambrogio, da sempre.

Tra le tante cose, uno dei fondatori di Radio Alice. Nel 2002-2003 i suoi racconti furono preziosi per scrivere Lavorare con lentezza. Più volte presentò il film insieme a noi. Sparpagliato tra vari personaggi c’era un po’ – anche più di un po’ – di lui.

In quel periodo, insieme a un’eterogenea tribù, portava avanti l’esperimento delle tv di strada, Telestreet.

Qualche anno dopo, con il comitato Articolo 33 fu in prima linea nella lotta perché l’amministrazione bolognese smettesse di elargire soldi di tutte e tutti alle scuole private paritarie. Lotta che sfociò in un referendum consultivo cittadino che venne vinto, ma il cui risultato fu ignorato dal Comune. In quella battaglia ci impegnammo anche noi, ritrovando Ambrogio e passando con lui momenti importanti.

Era una persona gentile, intrisa di savoir vivre. Con lui se ne va un protagonista di una Bologna che fu sperimentale e gioiosa, radicale e scanzonata, spontanea e organizzata, visionaria e pratica, praticissima, sempre incline ai voli pindarici eppure mai priva di quello che qui si chiama al ṡbózz, lo sbuzzo, ovvero il bernoccolo, l’inventiva, la voglia di cimentarsi, sovente improvvisando, nel creare qualcosa.

Di seguito pubblichiamo un ricordo di Ambrogio che Valerio Minnella ha scritto per Giap.

Sono cinquant’anni da che ho conosciuto Ambrogio, anzi cinquantuno. Da quando abbiamo cominciato a progettare assieme agli altri compagni Radio Alice.

Che fatica che facevo a lavorare con lui, a discutere con lui, abbiamo sempre avuto ritmi diversi, approcci diversi alle cose. Eppure era spesso un passo avanti a tutti, con intuizioni spesso straordinarie, nel senso letterale della parola, fuori dall’ordinario.

Ambrogio. Manco Ambrogio si chiamava. Era l’unico dei fondatori di Alice che non fu arrestato nel’77.

Eggià, la polizia cercava in ogni dove un certo Ambrogio Vitali, ma lui si chiamava Giancarlo. Neanche noi lo sapevamo, l’abbiamo imparato quando abbiamo letto i mandati di cattura che citavano questo Giancarlo Vitali, lì abbiamo avuto il sospetto.

Fotografo e cineamatore, fu anche uno dei primi ad abbandonare Alice al suo nuovo popolo officiante, un mesetto dopo l’inaugurazione, per dedicarsi al nascente video-attivismo..

Con Andrea comprò il primissimo videoregistratore Akai (a bobine ancora) portatile arrivato in Italia. (Portatile un corno, era un cassone da 15 kg.)

Doveva sperimentare il nuovo linguaggio televisivo.

Sua fu nei primi anni duemila l’idea di fondare OrfeoTV e il progetto Telestreet delle “televisioni di strada”, con cui decidemmo di diventare sassolini nelle scarpe di Berlusconi e dei suoi “compagni di festini”.

A chi poteva venire in mente di creare delle tv che parlassero a pochi, pochissimi, invece che a molti?

«Compaiano antenne libere sui nostri tetti ! Ognuno di noi che abbia voglia, bisogno, desiderio di esprimersi, da oggi può farlo, da oggi è bene che lo faccia.» scrisse nel “manifesto” del progetto col suo linguaggio poetico.

Mi mancheranno le sue telefonate in cui mi “intomellava” delle mezze ore a spiegarmi cose che già sapevo, inframmezzate però da squarci di nitidezza acuta che mi facevano scoprire cose mai intraviste.

Un abbraccio, Ambrogio.

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