Coronavirus e teorie del complotto. Un vademecum e una lezione su #QAnon

di Wu Ming

Da quando, nel febbraio 2020, in Italia e poi nel resto d’Europa e dell’Occidente è cominciata l’emergenza coronavirus, sempre più persone, sottoposte a un vero e proprio bombardamento mediatico, hanno concluso che i mezzi d’informazione mainstream erano inaffidabili. La narrazione predominante di quanto stava accadendo è stata giudicata incongrua, strumentale, capziosa, organica a poteri costituiti ed élites economiche non solo reticenti ma responsabili dello stato in cui la pandemia aveva trovato i nostri sistemi socioeconomici.

Per i movimenti anticapitalisti, quest’insoddisfazione diffusa – e fondata – nei confronti dell’establishment politico-mediatico è stata in gran parte un’occasione persa. Per vari motivi che non sono oggetto di quest’articolo, non sono stati loro, non siamo stati noi a intercettarla.

Più spesso, l’ha intercettata il cospirazionismo: il virus è stato prodotto in laboratorio e diffuso intenzionalmente dalla Cina, o dalla Russia, o da Soros, o da Bill Gates. Quest’ultimo manovra a piacimento l’OMS per «controllare il mondo coi vaccini». Anzi, no, il virus si è diffuso per colpa del 5G. Anzi, no, la pandemia è una creazione di una lobby satanista che in America controlla il «deep state». Ecc. ecc.

I complotti esistono, ma il capitalismo non è un Complotto

Lo abbiamo scritto tante volte: il cospirazionismo o complottismo è un grosso problema per chi vuole criticare il capitalismo a ragion veduta e in modo efficace. Lo «stile paranoico» del complottismo è un potente dispositivo retorico che incanala la rabbia sociale e le energie per un potenziale cambiamento verso narrazioni diversive e intrinsecamente reazionarie, incentrate su capri espiatori.

Un conto è dire che l’emergenza coronavirus è stata gestita con gli strumenti che nel frattempo il capitalismo aveva perfezionato: l’emergenza arriva dopo quarant’anni di policy e governance neoliberale, ne prolunga molti fili, ne aggrava le conseguenze, fa pagare tutto a chi già pagava, e i media – per come funzionano, per gli interessi che rappresentano, per gli assetti proprietari che ne plasmano l’orientamento – impongono narrazioni che fanno sembrare tutto ciò “naturale”. «Le idee dominanti non sono altro che l’espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee» (Marx ed Engels, L’ideologia tedesca).

Ben altro paio di maniche è immaginare che quest’emergenza sia stata programmata in anticipo, che sia la messa in pratica di un Piano. Alcuni potenti si sarebbero messi intorno a un tavolo con grande anticipo e avrebbero detto: «Inventiamo una pandemia» o quantomeno «ecco come usare questa pandemia: facciamo X, Y e Z». Da qui discenderebbe un Piano coerentissimo, che ha previsto tutto, inesorabile e perfettamente messo in pratica dai poteri costituiti.

A sostegno di tale visione, si dice che «questa pandemia era già stata prevista». È lo stratagemma n.1 elencato da Arthur Schopenhauer nel suo L’arte di ottenere ragione: «portare un’affermazione […] al di fuori dei suoi limiti naturali, interpretarla nella maniera più generale possibile, prenderla nel senso più ampio possibile ed esagerarla».

È vero, gli addetti ai lavori sapevano che prima o poi ci sarebbe stata una nuova pandemia, «Animal Infections and The Next Human Pandemic» è addirittura il sottotitolo originale del libro Spillover di David Quammen, uscito nel 2012. Tuttavia, nessuno poteva conoscere in anticipo la morfologia del virus, l’eziologia del Covid-19, le rotte esatte del contagio e il calendario della sua diffusione.

Narrazioni come questa descrivono il capitalismo in modo caricaturale, come un sistema che dipende in gran parte dalla volontà dei membri di una casta, ma il capitalismo non è questo, è un modo di produzione che ha le sue logiche di fondo, i suoi automatismi e meccanismi oggettivi. Non si è affermato per una congiura di chicchessia, ma dopo una plurisecolare evoluzione storica, e funziona senza che la classe dominante debba o possa prevedere e orchestrare tutto.

Che esistano strategie capitalistiche è ovvio, e che alcuni complotti anche vasti siano esistiti ed esistano è assodato. Gli esempi che saltano alla mente sono la strategia della tensione, il complotto di Nixon che portò al Watergate, le trame della P2, e addirittura – torsione di cui si sono occupati in modi diversi Umberto Eco e Carlo Ginzburg – un complotto per far credere che esistesse un Grande Complotto: la fabbricazione dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion da parte dell’Okhrana, la polizia segreta zarista.
In fondo l’esistenza di questi servizi di intelligence non è altro che un’istituzionalizzazione del complottare.

A ben vedere, un complotto è qualcosa di molto semplice: se ne ha uno ogni volta che più persone si mettono d’accordo per perseguire il proprio interesse a scapito di altre, all’insaputa di queste ultime.

Dunque, non si tratta di negare tout court l’esistenza dei complotti, sarebbe assurdo. Si tratta di capire come disinnescare il cospirazionismo, forma mentis che non solo vede la logica del complotto all’opera in ogni ambito, ma mette un Grande Complotto al centro del funzionamento del sistema, esagerando il ruolo della volontà nella storia – per giunta, una Volontà che tutto prevede e tutto ottiene – e immaginando cabale o supercaste pressoché onnipotenti.

Sulla distinzione tra i complotti reali – localizzati, imperfetti, contraddittori, “a scadenza” – e il Complotto immaginato dal complottismo – perfetto, coerentissimo, profetico, tentacolarissimo, illimitato, eterno – rimandiamo a quanto scritto da Wu Ming 1 nell’inchiesta in due puntate apparsa su Internazionale nell’autunno 2018. Nella seconda parte di quello scritto, si riflette anche su come contrastare il complottismo in un modo che non si riduca al debunking.

Due fallacie logiche a cui ricorre il complottista

L’abate Augustin Barruel (1741-1820). Le sue teorie sulla Rivoluzione Francese come esito di una cospirazione massonica ebbero grande diffusione e fortuna, contribuendo a plasmare la leggenda del «complotto giudaico-massonico» e influenzando tutto il pensiero reazionario a venire.

Il più delle volte, chi critica l’approccio cospirazionista si sente rispondere in due modi.

Il primo è: «Stai col potere, che si è inventato l’accusa di “complottismo” e la usa contro chiunque lo critichi!»

A corollario di quest’affermazione, spesso si sente dire che l’espressione «conspiracy theory» l’avrebbe inventata la CIA negli anni Sessanta. Si tratta di una leggenda urbana. In  quest’articolo si dimostra che il primo utilizzo riscontrato – e già inteso con accezione negativa – dell’espressione «conspiracy theory» risale addirittura al 1870.

Il cospirazionismo non è un’invenzione dei suoi presunti avversari, ma una mentalità e un insieme di retoriche e fallacie che esiste da secoli, da ben prima che esistesse la CIA. Per fare un solo esempio, nel 1569 i servizi segreti della Serenissima – e prima ancora l’opinione popolare – attribuirono a un complotto dell’ebreo Giuseppe Nasi l’incendio dell’Arsenale di Venezia, storia che raccontiamo nel nostro Altai.

Quasi tutte le teorie del complotto moderne risalgono a un periodo che va da fine XVIII secolo a inizio XIX. Il complotto degli Illuminati di Baviera, della massoneria, degli ebrei… Sono tutte teorie nate per reazione all’Illuminismo e, soprattutto, alla Rivoluzione francese, per descrivere quest’ultima come una mera congiura. I tòpoi del complottismo risalgono a quella fase storica, da allora abbiamo avuto quasi solo ricombinazioni.

Il fatto che qualcuno definisca «cospirazionismo», «complottismo» o «teoria del complotto» qualunque analisi scomoda o anche solo sgradita non dimostra in alcun modo che l’accusa sia sempre falsa, né che non esistano la realtà e mentalità che quei termini indicano. Dimostra solo che che di quei termini si tende ad abusare, e semmai conferma che il complottismo fornisce facili appigli a chi voglia sminuire o denigrare il pensiero critico.

In particolare, il complottismo intorbidisce le acque per chiunque voglia denunciare complotti reali. Come scrive Enrico Voccia su Umanità Nova:

«denunciare complotti a ogni piè sospinto porta all’effetto opposto […] scredita – agli occhi della maggioranza – il tentativo di difendersi dai complotti reali. Immaginate quanto sarebbe stata presa sul serio la campagna di controinformazione [sulla strage di piazza Fontana] se questa fosse stata affogata nel rumore di chi affermava che le nascenti BR erano formate da extraterrestri in combutta col Mossad, di altri che sostenevano che Zapata era sopravvissuto al tentativo di omicidio e che era diventato un agente della CIA e via di questo passo.»

L’altra risposta tipica è: «Non puoi dimostrare che non c’è un Piano!»

In qualunque ambito discorsivo dove valga l’argomentazione logica – diritto, storiografia, scienze sociali, scienze “dure” – l’onere della prova spetta a chi fa un’asserzione. Il fatto che il complottista sfidi a dimostrare che non c’è un piano – Argumentum ad ignorantiam – dimostra che il complottismo non rientra in quegli ambiti. È chi pensa che ci sia un Piano che dovrebbe dimostrarlo portando prove. E per «prove» non intendiamo semplici sospetti, collegamenti azzardati ecc. Non bastano.

Per noi, fino a prova contraria, basta e avanza la logica di fondo del sistema capitalistico, il cui devastante funzionamento è sotto gli occhi di chiunque non si rifiuti di vederlo.

Capitalismo e pandemia

Chuǎng. Il carattere è la stilizzazione di un destriero che varca di forza un cancello. Ha vari significati: «liberarsi», «sfondare», «attaccare», «andare alla carica», ma anche «temprarsi» (passando attraverso dure esperienze).

Vi sono dinamiche dell’economia capitalistica le cui responsabilità sono da tempo attestate per quanto riguarda le grandi epidemie degli ultimi decenni. Già a febbraio, nel Diario virale, abbiamo scritto:

«L’aviaria, la Sars, la suina e prima ancora la BSE erano uscite dai gironi infernali dell’industria zootecnica planetaria. In parole povere: dagli allevamenti intensivi, per via di come gli animali erano trattati e, soprattutto, nutriti. Ebola, Zika e West Nile erano venuti a contatto con gli umani per colpa della deforestazione massiva e della distruzione di ecosistemi.»

La deforestazione segue il land grabbing e precede ulteriori estensioni dell’agrobusiness che servono a sostenere l’industria zootecnica mondiale. Un terzo della produzione mondiale di cereali è destinato all’alimentazione dei bovini. Questo processo ha creato le condizioni per tutti gli ultimi spillover, o «salti di specie». Un riferimento importante è il libro del biologo Rob Wallace Big Farms Make Big Flu. Che non a caso è citato anche dal collettivo cinese Chuang nel suo densissimo saggio-inchiesta Social Contagion: lotta di classe microbiologica in Cina.

Dopo il «salto di specie», altre dinamiche dell’economia capitalistica, relative alla globalizzazione e all’estensione delle metropoli e megalopoli, creano le condizioni per la diffusione rapida del contagio.

Coronavirus e QAnon

In un momento in cui ci sono effettive pressioni sugli scienziati e la ricerca scientifica è più condizionata del solito – dall’urgenza, dalle pressioni mediatiche, da lotte di consorteria – è facile per il complottista appellarsi alla libertà della scienza e passare per paladino di quest’ultima. Quando ciò accade, dobbiamo essere in grado di capirlo. E se non possiamo sempre farlo grazie alla verità scientifica, il cui accertamento è ancora in corso d’opera, possiamo farlo grazie alla forma narrativa di quel che dice.

Di fronte a un discorso sul virus creato in un laboratorio e diffuso ad arte, più che il ricorso a un’autorità scientifica in grado di escludere l’ipotesi in base alla morfologia stessa del Sars-Cov-2, è il modo di raccontare quella storia a farci riconoscere il complottismo e le sue fallacie logiche. Anche di fronte a discorsi più “sfumati”, è l’impianto narratologico a metterci sul chi vive.

A narratologia e retoriche del complottismo era dedicato l’intero corso – nominalmente di Giornalismo culturale – tenuto da Wu Ming 1 all’Università Roma 2 (Tor Vergata) nell’anno accademico 2018-2019.

In particolare, WM1 ha dedicato una lezione di due ore alla mega-teoria del complotto nota come «QAnon». Nell’ultimo anno e mezzo ce ne siamo occupati diverse volte: qui su Giap, su Internazionale e in varie conferenze in Italia e all’estero. Lo abbiamo fatto anche perché in un certo senso siamo implicati, questa vicenda ci coinvolge direttamente.

Tra gli effetti indesiderati della pandemia e della relativa emergenza c’è stato l’aumento – anche in Italia – del numero di persone che prestano fede alle bufale targate QAnon e le diffondono. Secondo i seguaci di QAnon, la diffusione del Sars-Cov-2 sarebbe un complotto della Cina e dei Democratici per distruggere l’economia americana e impedire la rielezione di Donald Trump. Detta così è semplice, ma da lì partono innumerevoli diramazioni e sottoteorie. Un meccanismo consueto, ma che può frastornare chi non conosca QAnon.

Riteniamo dunque utile mettere a disposizione quella lezione di un anno fa. Dove c’è anche molta letteratura, basti dire che vi hanno un posto d’onore due romanzi. Uno è Il pendolo di Foucault.

A suo tempo, la lezione era stata caricata in due parti sul canale YouTube della Wu Ming Foundation, oggi abbandonato dopo che abbiamo fatto degoogling. Erano video privati, visibili solo da studentesse e studenti del corso. Li abbiamo sbloccati e ve li riproponiamo.

Naturalmente, com’è prassi su Giap, lo facciamo passando attraverso Invidio.us, interfaccia che permette di vedere i video di YouTube senza pubblicità, senza tracciamento né data mining, senza riproduzioni automatiche, playlist eterodirette, consigli tossici dell’algoritmo, restrizioni per paese e quant’altro.

Aggiornamento del 28/05/2020: stante il prolungarsi di magagne tecniche che impedivano di visualizzare la lezione passando per invidio.us, l’abbiamo caricata – sempre in due parti – anche su Vimeo. Buona visione.

Il caso QAnon – Prima parte from Wu Ming Foundation on Vimeo.


Aggiornamento del 24/05/2021: è ora disponibile anche la lezione successiva del corso, «Le teorie del complotto “partecipative” da Paul-Is-Dead a QAnon».

Subito prima della lezione era stato proiettato il documentario di Mitch Fillion Who Is This Now? A Paul Is Dead Film (Southern Souls, 2016), da qui i riferimenti iniziali.

Errata corrige: nel 1966 i Beatles non suonarono a S. Siro come detto nella lezione, ma al Velodromo Vigorelli di Milano; è vero che durante il concerto dei Rolling Stones ad Altamont gli Hell’s Angels usarono stecche da biliardo come spranghe, ma Meredith Hunter fu ucciso a coltellate.

Buona visione.

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122 commenti su “Coronavirus e teorie del complotto. Un vademecum e una lezione su #QAnon

  1. Scelta interessante quella di pubblicare un vademecum sul complottismo dopo essere di recenti cascati nella trappola di un complottista come MMC. Verrebbe da chiedervi da che pulpito viene la predica?!
    Dite di essere in grado di leggere nelle narrazioni dei complottisti, di capirne le tattiche che utilizzano per insediarsi all’interno delle giuste critiche al sistema, ma poi vi siete fatti fregare dal più banale degli stratagemmi: partire da critiche sensate e condivise per inserire teorie del complotto subdole tra le righe e propinare contemporaneamente contenuti ondivaghi sui complotti presenti nel proprio sito (Scienza e Democrazia di MMC).

    • Ti sfugge il senso del post. Questo è un vademecum per riconoscere le narrazioni dei complottisti, la loro forma, il modo in cui raccontano. Nell’articolo che abbiamo pubblicato, non c’era alcuna narrazione di quel tipo. Cosa c’era di sbagliato l’abbiamo ripetuto e riassunto diverse volte. Avremmo dovuto controllare l’identità di MMC e le sue frequentazioni, certo. Ma questo è un altro paio di maniche.

    • Be’, hai appena sintetizzato quello che abbiamo scritto nel post di scuse. Nessuno è infallibile, men che meno noi. Per questo è importante ribadire alcune cose. L’intento del post attuale è precisamente questo.

    • L’articolo qui sopra contiene un’esortazione a tutte e tutti, noi compresi, a tenere la guardia alta. A maggior ragione perché ci era stato portato dentro Giap un cavallo di Troia. Per fortuna, quando sono usciti gli Achei, hanno trovato i Vietcong. Sembra un romanzo di Philip J. Farmer. Dal tuo commento, però, sembra che Giap sia stato dato alle fiamme e tu, inascoltato Cassandro, sia l’unico superstite aggirantesi tra le ceneri. Forse anche per questo, in un altro thread, ti comporti come se fossi l’admin di questo blog.

    • Vorrei aggiungere qualche considerazione e qualche complicazione. Il capitalismo e i suoi esito sono il frutto della volontà dei suoi membri così come si è accumulata storicamente. Il punto è che spesso sono volontà contrapposte o irrazionali o frutto di rappresentazione errate o fantasiose che spesso è lo stesso capitalismo e i suoi attori a costruire . In ogni caso non risponde né ad un mero detterminismo né ad un preciso finalismo né è frutto di un rigoroso razionalismo. Perciò il racconto complottista non gli si addice. Come purtroppo altri racconti ideologici che si pretendono scientifici. La realtà non è razionale. Riguardo al complottismo però ci sono delle considerazioni. Primo che nel suo insieme non pare avere un fine se non la sua mera diffusione, tanto che la sua diffusione ormai universale pare stia spiazzando loro stessi. Un altro punto riguarda la sua natura che non è semplicemente l’ipotesi di un complotto ma un idea del mondo. Cioè io guardo i rapporti sociali e noto un crescere della depressione, dell’isolamento, della spersonalizzazione. Un comunista dice è l’alienazione, un anarchico è l’autoritarismo, un cattolico è la mancanza di fede, un complottista sono le scie chimiche. Ora son tutte narrazioni diverse ed essendo un epoca in cui la narrazione è più importante della realtà e spesso indistinguibile come fare a stabilire quale sia vera e quale falsa? In effetti se anche il genere letterario conta c’è una dignità maggiore in un romanzo realista che in uno fantascientifico? Il punto è che di una realtà così complessa e interconnessa ( se pur fintamente) è indispensabile farne una narrazione(?) Ma siamo sicuri che una basata sul rigore della trama e sulla logica inappuntabile delle connessioni e su dotte e profonde fonti non sia altrettanto nociva?

      • Secondo me stai confondendo narrazione e analisi e stai dando troppa importanza alla prima.
        Forse questa tendenza è tipica dei tempi in cui viviamo, come dici anche tu, ma io penso che la differenza tra una narrazione nociva e una utile stia soprattutto nelle basi analitiche sulle quali poggia.
        Ovviamente una narrazione comporta sempre delle semplificazioni, ma se si basa su un’analisi solida e profonda è possibilie fare delle semplificazioni che non siano nocive.
        Con questo non voglio dire che sia possibile comprendere tutta la realtà con una teoria o un metodo (e non è nemmeno necessario forse), però mi sembra evidente che alcune analisi sono molto più azzeccate e fondate di altre ed è giusto utilizzarle e diffonderle, altrimenti si cade nel relativismo sterile e nell’inazione, oltre che in un pensiero astratto.
        Se non siamo in grado di vedere la differnza di valore tra una teoria che pur con tutti i suoi limiti ci aiuta a fare un po’ di luce sulla realtà e una che invece è infondata, distorta e fuorviante secondo me c’è qualcosa che non va.
        O forse il problema è che non vogliamo vedere la differenza per non assumerci l’onere di scegliere?

        • Io si confondo spesso narrazione e teoria. E quello che dicevo che non è così facile distinguerle e che non è così netta la loro separazione. Alla fine tutto è una rappresentazione dopo che sorpassa un certo livello di lontananza dalla realtà. Quindi se ciò che caratterizza questa società è l’abbondanza di narrazione sempre più complesse, sempre più numerose, demrpe più fitte, sempre più lontane dalla realtà e frutto di elaborate costruzioni può esser il complottismo frutto esasperato di queste modalità? Uno si accorge che tutto è narrazione, ne apprende le modalità costruttive dalle trame dei film o delle serie tv, perché non crearne una esagerata o anche illogica, perché non rispondere a chi la critica: e ma anche la tua è una narrazione solo di genere diverso? Come fai a dire che le scie chimiche non esistono e magari credi a dio, o non ci credi, credi alla rivoluzione di classe o che l’uomo possa autogovernarsi senza autorità o galere, o che la scienza e il progresso ci porteranno benessere. quando lontano da fatti reali e dimostrazioni scientifiche o storiche sono questi pensieri? Quindi certi atteggiamenti sono il frutto di questa società, hanno modalità comuni al modo di costruire dello realtà che abbiamo intorno o di raccontarla. Sono una prese di coscienza che qualcosa non va e hanno la fortuna che hanno perché nel relativismo che ci circonda tutto diventa possibile. E in ogni caso ognuno si rende conto che qualcosa non va e cerca di darne una motivazione, chi logica chi forse un po’ meno. O forse nasconde una logica diversa. Perché combatte la realtà normalmente accettata ponendogli difronte qualcosa di assurdo come uno specchio in cui riflettersi. Come i dadaisti combattevano il linguaggio del potere con parole senza senso. Magari l’irrazionalità è una risposta e un arma contro una costruzione sociale che appare logica monolitica e ineluttabile più di elaborate costruzioni razionali che diventano sempre più complesse e ormai occupano tutte le energie rimaste nella loro avvalorazione e per tappare le falle che la storia gli ha procurato. Magari avvelenando l’acquedotto qualcuno comincerà a tornare a rifornirsi al pozzo.

  2. Disamina molto interessante. Dico la mia su un paio di punti.
    – I *complottisti* sono quelli che reagiscono prima e meglio a ogni emergenza/notizia/evento. Be’ qui deve esserci, o meglio c’è sicuramente, una centrale. Dei luoghi non tanto dissimili da delle agenzie di comunicazione, con tanti omini seduti davanti a dei computer che scrivono di continuo. Lo so, sembra complottismo, il mio (buttiamola sul ridere). Però le destre sfasciste e fasciste, quelle forcaiole ma moderate, razziste ma cattoliche, sono sul pezzo molto più di noi. Questo è il punto più importante, secondo me. Per quanto riguarda l’internet credo ci siano dall’inizio e in maniera molto organizzata. Per il resto – Rete esclusa – le infiltrazioni in ogni dove e in ogni luogo sono ormai sui manuali di storia contemporanea.
    E quindi non sono d’accordo con quanto scrive Anarcobiotici qui sopra, del quale apprezzo il discordo, ma quando scrive “Riguardo al complottismo […] nel suo insieme non pare avere un fine se non la sua mera diffusione, tanto che la sua diffusione ormai universale pare stia spiazzando loro stessi”, ecco, no, io penso che ci sia un disegno, una distrazione di massa voluta, e quindi sono più in accordo con l’articolo qui di Wu Ming.
    – secondo punto, i media. “Per come funzionano, per gli interessi che rappresentano, per gli assetti proprietari che ne plasmano l’orientamento” scrivete, e mi viene da aggiungere che sono alla canna del gas. E che se lo meritano e che questa è un’altra occasione che temo andrà persa, a vantaggio esclusivamente dei social e – di nuovo – delle destre. Questi giornali vendono un decimo delle copie di vent’anni fa e mandano al macero fino al 90% delle copie che spediscono in edicola, edicole che chiudono massivamente (e guarda un po’, sono state considerate “essenziali” durante il lockdown). Per non parlare della parte digitale, dei siti indecenti di questi giornali, e di quello che hanno pubblicato e continuano a pubblicare, per quella brama di un centesimo a click col quale pagare qualche ultraprecario “giornalista”, impreparato e goffo. Fino alla Rai e alla tv in generale, con Mediaset che ha praticamente metà dei canali del digitale (!) e non mi pare di aver letto o sentito grosse proteste in questi anni – non mi riferisco a voi, Wu Ming, ma proprio alla totalità del mondo conosciuto.

  3. Nessun complotto reale, solo teorie del complotto che fanno tanti adepti, in questi tempi di pandemia. Ma, altrettanto inquietante, un torrente narrativo dominante che prova a scrivere la storia a valle degli eventi.
    In attesa di sapere perché e per come, Youtube ha rimosso tre video dal canale Perspective on the pandemic, inclusa la famosa intervista di metà marzo a John Ioannidis. Contemporaneamente, risulta rimossa anche l’intervista del canale inglese Unherd a Karol Sikora, altro scienziato contrario al lockdown. Tempi duri per chi non si allinea.

  4. “L’altra risposta tipica è: «Non puoi dimostrare che non c’è un Piano!»”

    Karl Popper userebbe la risposta stessa per classificare automaticamente il discorso complottista come metafisica, quindi a-scientifica in quanto non falsificabile. In quel framework, non sono completamente d’accordo con voi quando scrivete

    “È chi pensa che ci sia un Piano che dovrebbe dimostrarlo portando prove”.

    Ci sta che qualcuno inventi una teoria senza portare prove, ma nella teoria, se si vuole usarla per descrivere la realta’, devono essere gia’ inclusi i grimaldelli per scardinarla con delle prove eventuali. Una teoria che invece stia li’, sospesa per aria, come una bolla di sapone che si autoriflette, parla solo a se’ stessa, non agli altri, ne’ del mondo. A proposito mi chiedevo se e’ almeno una parte delle ragioni dell’appropriazione dei complottismi da parte dei reazionari. Il fatto, cioe’, che i complottismi siano anti-materialisti, come le religioni ed i miti su cui si basano di tutte le culture di destra (grazie Jesi).

  5. “La narrazione predominante di quanto stava accadendo è stata giudicata incongrua” e ciò vi ha causato “un’insoddisfazione” che non siete riusciti a razionalizzare. Per questo avete tentato di dimostrare, articolo dopo articolo, quello che in questo momento storico non è dimostrabile – cioè che tutti i provvedimenti propagandati da quella narrazione fossero ipso facto “incongrui” – fino a incorrere nello scivolone che Giovenale si è subito preso il gusto di rinfacciarvi. Non bisogna ora fare lo stesso errore e pensare che quell’insoddisfazione possa essere la scintilla che fa divampare la rivolta anticapitalista. Le colonne di carri militari-funebri, la criminalizzazione dei runners, il silenzio sugli operai costretti ad andare in fabbrica e un generale terrorismo mediatico sono stati espedienti tristi e irritanti, ma non possiamo escludere che abbiano comunque contribuito a salvare vite umane. Meglio cercare altrove le ragioni della critica al capitalismo, in un momento in cui la pandemia ha fatto esplodere fragorosamente molte delle sue contraddizioni: è questa l’occasione che non deve davvero essere persa.

    • “Le colonne di carri militari-funebri, la criminalizzazione dei runners, il silenzio sugli operai costretti ad andare in fabbrica e un generale terrorismo mediatico sono stati espedienti tristi e irritanti, ma non possiamo escludere che abbiano comunque contribuito a salvare vite umane.”
      Se interpreto bene attribuisci al “generale terrorismo mediatico” una azione salvifica, per avere indotto la popolazione a non uscire di casa. Di questo si è già discusso tanto qui su Giap, e anche io tempo fa avevo osservato che il metodo stupidamente “tecnologico” per fermare con certezza una epidemia è l’isolamento totale per un tempo prolungato (che porterebbe comunque all’estinzione della popolazione…) e qualunque vera soluzione richiede il bilanciamento di esigenze sociali e politiche in un contesto probabilistico.
      Invece sarei veramente curioso di sapere in base a quale ragionamento affermi che “il silenzio sugli operai costretti ad andare in fabbrica” ha “contribuito a salvare vite umane.”

    • A me non pare proprio che qui si sia tentato di dimostrare che “tutti (!) i provvedimenti propagandati da quella narrazione fossero ipso facto (!) incongrui”. Mi pare che abbiamo cercato di dimostrare che alcuni provvedimenti presi dal Governo italiano sono stati incongrui per le ragioni x, y e z e nei modi a, b, c, d.
      Noi di certo “escludiamo” che la “criminalizzazione dei runners” abbia contribuito a salvare vite umane. Non il distanziamento fisico, proprio la criminalizzazione. Che fosse cioè una condizione necessaria, inevitabile per salvare la vita a qualcuno. Che senza quella, ci sarebbero stati più morti. Idem per “il silenzio sugli operai costretti ad andare in fabbrica”. Anche quello è servito a salvare vite? Il silenzio? Cioè: dire con più chiarezza quel che accadeva a milioni di lavoratori” avrebbe fatto morire più gente? Siccome non credo tu possa sostenere nulla del genere, perché mi piace immaginarti come una persona intelligente, ne deduco che non ho capito nulla di quel che hai scritto. Fermo restando che hai scritto proprio questo. Per il bene della discussione, ti inviterei a riformulare il concetto.

      • Allora riformulo, rispondendo così anche a pm2001. Lasciamo da parte la risposta strutturale di Ministero e Regioni (secondo me è un altro tema) e concentriamoci sulle misure emergenziali, che sono quelle più opinabili: quali fabbriche/negozi/scuole/teatri lasciare aperti e quali no, quanta libertà di movimento concedere a adulti/bambini/vecchi/runner/cani, le scelte su autocertificazioni/sanzioni/controlli, l’obbligo di DPI vari… Ognuno di questi provvedimenti era criticabile e, analizzato singolarmente, poteva risultare irrazionale, inutile o persino dannoso. Nel loro complesso però questi provvedimenti avevano tutti lo scopo di rendere efficace, o accettabile, o sostenibile, il lockdown (la misura di contrasto dell’epidemia che non hanno preso solo gli Stati che non ne hanno avuto bisogno). Per raggiungere lo scopo era però necessaria anche un’operazione di “propaganda”: non puoi pensare di costringere nessuno a stare chiuso in casa, ad andare al lavoro rischiando di ammalarsi, a non andarci rischiando di non ritrovarlo, se non pensa che tutto ciò fa parte di un piano complessivo e “necessario”. L’alternativa era dire che, sì, passeggiare non è certo più pericoloso che fare la spesa, che i cartolai non sono più a rischio dei panettieri, che i libri non sono meno essenziali dei compressori, che chi vive al mare può fare il bagno e gli altri solo la doccia, che forse hanno ragioni gli svedesi o i coreani… e così rinunciare a qualunque strategia condivisa di riduzione del contagio. Il fatto che la propaganda sia stata a volte infelice, fastidiosa o strumentalizzata da chi ne aveva interesse, non dimostra che l’idea propagandata era sbagliata. Agganciare a questa tesi anche la lotta anticapitalista è secondo me una scelta inutile e rischiosa.

        • Insomma, le menzogne raccontate al popolo per il suo bene. Perchè il popolo è stupido, non gli si può mica parlare come se fosse intelligente. Gli italiani non capiscono un cazzo e ci vuole una propaganda adeguata alla loro condizione.

          Pensiero reazionario, come abbiamo scritto al paragrafo 5 di questo post.

          Sono d’accordo con te: è ovvio che a roba del genere non si possa agganciare alcuna lotta anticapitalista.

          • Ma come convinceremo mai un intero popolo a rinunciare all’idea stessa di proprietà privata se noi per primi – in nome di ideali libertari – non accettiamo per qualche settimana delle misure “psicologiche” come rinunciare alla sana corsetta quotidiana o indossare l’inutile mascherina, mentre la parte meno fortunata dei nostri concittadini muoiono nei loro letti, fanno turni infiniti negli ospedali, lavorano vestiti come palombari, sono costretti a lunghe quarantene lontani dalla loro famiglia?
            Pensiero reazionario? O forse un’idea più elevata di Società, in cui la Libertà individuale non viene usata in contrapposizione al Bene Comune? Non so darmi una risposta, ma è proprio per questi dubbi che vi leggo (e ogni tanto vi scrivo). Grazie dell’attenzione.

            • Ancora con ‘sta storia del «rinunciare alla corsetta»?! Non si poteva sentire già due mesi e e mezzo fa, questa strumentale caricatura della questione, una pura supercazzola usata – per fare solo pochi esempi – dai vari Fontana, Gallera e compagnia bella che additavano capri espiatori mentre loro gestivano la faccenda come sappiamo. È una trappola in cui sono caduti in tantissimi, e che grazie al bombardamento mediatico è servita da diversivo mentre il Covid-19 mieteva vittime in strutture sanitarie, RSA e case di riposo, e la metà dei lavoratori dipendenti continuava ad andare a lavorare su mezzi pubblici affollati e a passare ore in ambienti insalubri. Figurati se parlare di «corsetta» è minimamente sopportabile oggi, dopo tre mesi di discussioni. E ancora la libertà «individuale»? Ancora lì, come all’inizio di marzo? Ancora alle prime caricature capziose di quel che scrivevamo? Diciamo che non dài proprio l’impressione di averci letti granché, altrimenti non riproporresti queste dicotomie fallaci che qui tante persone hanno smontato innumerevoli volte, non ricorreresti a quest’armamentario arrugginito.

            • “Libertà individuale”, “Bene Comune”, “Società” (tutto con le maiuscole, Furio Jesi aveva visto lunghissimo…) sono concetti che vanno precipitati di volta in volta nella contingenza storica. A sto giro purtroppo, al di là delle evocazioni, non si è vista in atto alcuna “idea più elevata di Società”. Abbiamo visto una marea di gente morire malissimo, in gran parte per negligenza umana nella gestione di contagiati e malati, e un potere esecutivo legibus solutus che, mentre accomodava i propri diktat ai voleri di Confidustria, cancellava ogni diritto civile in nome dell’incapacità degli “italiani” di fare…quello che stanno facendo adesso, cioè vivere stando accorti e proteggendosi.
              Contrapporre la libertà individuale al bene comune è pensiero reazionario perché la conclusione che ne consegue è che per ottenere il bene comune è necessario cancellare le libertà individuali. La scommessa originaria della sinistra, sia nelle sue declinazioni socialdemocratiche sia in quelle rivoluzionarie, è sempre stata quella che libertà individuali e bene collettivo siano compatibili, anzi, che si tengano reciprocamente, ed è precisamente quello che abbiamo cercato di dire su questo blog, parlando di “libertà collettive”.
              Mentre per mesi l’argomento fine di mondo è stato quello che “la gente muore, tutto il resto può aspettare”, noi abbiamo scelto di richiamare l’attenzione sulle ripercussioni psichiche della segregazione domestica nei soggetti più deboli, sulla paranoia montante e diffusa mediaticamente, sulla salute dei minori e su quella dei lavoratori che venivano mandati al lavoro senza controlli sanitari, sui diritti negati, sugli abusi delle FdO, sulla potenziale sedimentazione di alcuni aspetti dell’esperimento sociale in atto, ecc.. Abbiamo cioè evocato una visione più ampia e complessa di “bene comune”, concetto di per sé spinoso, che può nascondere ben noti equivoci.
              Fare questo non significa pensare che le persone debbano essere lasciate morire in nome dell’egoismo liberale.
              Questa idiozia a cui alcuni hanno voluto ridurre il dibattito (e le posizioni espresse su Giap) a nostro avviso dà la misura di quanto il dolore e la paura abbiano potuto shockare la psiche e atrofizzare la capacità di elaborazione politica.

              • Nel tardo inverno del nostro scontento è passata in modo travolgente l’idea che il «bene comune» – anzi, Bene Comune, con le maiuscole da Stato etico in bell’evidenza – potesse e dovesse essere ridotto a un nocciolo che coincideva col mero non ammalarsi, e tutto il resto poteva essere calpestato. En passant, vorrei ricordare che «Frei sein ist Knecht sein» [è libero chi è vassallo] non è mai stato un concetto né rivoluzionario né di sinistra né progressista.

                È così che funzionano sempre le emergenze, ma qui c’è stato un sovrappiù, un rapidissimo venire al pettine di nodi culturali che stavano in fondo a capelli lunghissimi: la tanatofobia, la penitenza, il sacrificio… Ci sarà da rifletterci sopra con uno sguardo retrospettivo lontano dai miasmi e dagli scazzi. Da rifletterci sopra anche insieme a chi non è stato d’accordo con noi (purché non ci abbia calunniati, su quelli riga sopra).

                Come ricorda Gina Kolata in questo pezzo tradotto dall’inglese da Internazionale, la fine sociale di una pandemia arriva spesso prima della fine sanitaria. Arriva quando la gente non ne può più di avere paura. Tra le due “fini” c’è un momento di inevitabile contraddizione, dentro la quale è necessario muoversi.

                Oggi io giro per Bologna e vedo in tutte e tutti una grandissima voglia di vivere, di stare in giro il più possibile. Stare a zonzo, prendere aria, chiacchierare persino con gli estranei è la vistosa prassi di chiunque: si esce dal lavoro e non si torna subito a casa ma si passeggia a lungo perché «meglio fare scorta, nel caso quelli decidano di rinchiuderci di nuovo»; ci sono famiglie che «noi praticamente stiamo vivendo nei parchi»; anche chi è ridotto in malora preferisce essere in malora all’aperto, con gente intorno, piuttosto che starsene in casa.

                Forse è la fine sociale dell’epidemia. Ma il virus è ancora in giro, per questo la gente porta le mascherine dov’è utile portarle, in fila mantiene le distanze, rispetta le regole sensate. La differenza è che lo fa senza affogare più nella paura.

                Come lo fa adesso, avrebbe potuto farlo anche prima. E infatti viene detto. Tuco questa frase l’ha sentita in triestino, ma si ode in tutta Italia: «o i ne cioleva pel cul prima, o i ne ciol pel cul ‘desso, o tutte e due». Un livello di socialità attenta si sarebbe potuto mantenere anche prima, senza panico né odio fomentato contro chi “trasgrediva”, senza paranoie né capri espiatori. Ci sarebbero stati meno veleni in circolazione, ci sarebbe stato meno malessere psichico, soprattutto ci sarebbe stato più dibattito razionale.

                E invece si è dato per scontato che le italiane e gli italiani sono una masnada di imbecilli, una massa inerte da frastornare, da mobilitare con metafore belliche e intruppare dietro un nazionalismo d’accatto. Se all’inizio può essere stato puro panico, anche da parte della classe dirigente, gradualmente è prevalso l’interesse a impedire che si pensasse con la propria testa, a impedire che si facesse già ad aprile quel che tutti stanno facendo a maggio.

                L’errore di tradurre «social distancing» [stare a distanza nelle occasioni di socialità] in traduttese anziché in italiano, cioè con «distanziamento sociale», è tornato buono: ha in effetti prodotto distanza sociale, patita da tutti i soggetti più deboli. Il legame sociale dovrebbe essere bene comune, ma l’interesse e la tanatofobia hanno fatto coincidere quest’ultimo con la mera sopravvivenza biologica del corpo individuale. In un ubriacante rovesciamento dei termini del discorso, questo individualismo – ché di altro non si tratta – è stato descritto come altruista, mentre chi parlava di legame sociale era definito, quando andava bene, un egoista.

                Questo mentre il contagio, per colpa della stessa classe dirigente (politica e mediatica) che terrorizzava e incitava a blindarsi in casa, seguiva tutt’altre dinamiche, e in alcune zone e alcuni luoghi specifici il virus faceva strage per tutt’altri motivi, che nulla c’entravano coi droni volteggianti sui parchi, con gli elicotteri che – al modico prezzo di 6000 euro di soldi pubblici per ogni ora di volo – allontanavano il passeggiatore dalla spiaggia deserta ecc.

                E mentre anche in ambienti insospettabili si concludeva che «è libero chi è vassallo».

                • Ora, non vorrei semplificare troppo temi molto complessi e variegati, ma temo che durante la gestione della pandemia sia emerso drammaticamente quale sia il vero senso di “Bene Comune” che vuole in fin dei conti tutelare lo Stato: una sanità pubblica economicamente autosufficiente e che non gravi sul bilancio (investimenti sulla sanità in regime ordinario non crea di certo Pil); tutela della filiera e del ciclo produttivo delle grandi aziende (e quindi impossibilità a fermare “la catena di montaggio”); sostegno ossessivo al consumo (soprattutto telematico e della grande distribuzione) per ricevere tributi e mantenere la macchina burocratica dello Stato.
                  Da questo punto di vista è desolante il dibattito del post-pandemia che si divide tra chi ragiona su un futuro distopico e alienante (quello del “non sarà mai come prima”) o chi invece vuole ripartire come se nulla fosse successo, “perché perdiamo competitività e non possiamo perdere altro tempo: direi che il comportamento schizofrenico del governo dipenda da chi, di volta in volta, sulla singola decisione ha voce in capitolo: se i tecnici del CTS e del regime sanitario, o i neoliberisti filo-Confindustria.
                  Nel mezzo, questioni come scuola, università, cultura, disabilità, inclusione, e tutti i temi che aprirebbero il dibattito su modelli alternativi al sistema economico-sociale attuale del tutto insostenibile, vengono del tutto tralasciati, abbozzando soluzioni posticce e di comodo. Insomma, il refrain del “dopo la pandemia saremo persone migliori” è, come era prevedibile, una balla colossale.

    • Io mi limito a far notare che costringerci per la millecinquencentodiciottesima volta a riassumere punto per punto cosa abbiamo scritto «articolo dopo articolo», in questi tre mesi – che, mi spiace, non è quello che dici tu – non è un grande contributo all’avanzamento della discussione.

      È semplicemente falso che abbiamo cercato di dimostrare che tutti i provvedimenti fossero incongrui. Tant’è che abbiamo fatto un lavoro comparativo sui provvedimenti presi in vari paesi e riscontrato che in Italia c’era qualcosa di più e di peculiare, un surplus di politica del capro espiatorio, di criminalizzazione, di narrazioni diversive molto utili a distogliere l’attenzione dalle reali responsabilità della classe dirigente.

      I “pacchetti” di misure, restrizioni e divieti (contenuti in dpcm, ordinanze regionali e migliaia di ordinanze municipali) e i modi di propagandarli e imporli avevano molto di irrazionale, che certamente non avrebbe avuto “giustificazione” senza un nocciolo di senso e verità: il distanziamento fisico, le misure di profilassi, la limitazione degli spostamenti erano in linea di principio giusti e lo abbiamo detto, ne abbiamo cricato tempi, modalità e retoriche.

      Quest’«insoddisfazione» non era certo solo nostra, tant’è che molte persone sono venute qui a esprimerla, ed è successo anche altrove. Purtroppo, altrove quest’insoddisfazione ha preso la direzione dei complottismi, ed è ciò di cui si parla nell’articolo che hai commentato.

      «Non bisogna ora fare lo stesso errore e pensare che quell’insoddisfazione possa essere la scintilla che fa divampare la rivolta anticapitalista»
      Curiosa notazione, sotto un post dove diciamo che quell’insoddisfazione non è stata intercettata dai movimenti anticapitalisti.

      Quel che sosteniamo è diverso, ed è la stessa cosa che sostiene più o meno chiunque studi le teorie del complotto (nel pezzo lungo su Internazionale citiamo diverse ricerche): che le teorie del complotto sono versioni fuorviate di una critica al sistema, di un malcontento nei confronti della società com’è strutturata, delle disuguaglianze. Se ci si limita a “smontarle” senza capirne le cause e senza cercare di offrire a questo malcontento analisi e narrazioni più sensate, non si farà nulla di efficace per sottrarre gente alla loro “cattura”.

      Per questo è del tutto fuori fuoco esortarci a «cercare altrove le ragioni della critica al capitalismo». Se vogliamo che le contraddizioni esacerbate dalla pandemia vengano aggredite nel modo giusto, dobbiamo anche far sì che milioni e milioni di persone non seguano diversivi e non si facciano additare capri espiatori.

      I motivi per cui siamo incorsi nello «scivolone» non sono quelli che dici tu ma il fatto che da un certo punto in avanti abbiamo pubblicato contributi “esterni”, cercando di offrire alla discussione più angolature, più approcci, più “tagli” disciplinari. Secondo me abbiamo pubblicato materiale molto buono. A un certo punto, per omessa sorveglianza, abbiamo pubblicato un articolo fallato, ne abbiamo discusso con la comunità, abbiamo verificato che era fallato, lo abbiamo “ritirato”, abbiamo chiesto scusa.

      Il “gusto” di rinfacciarci una cosa per cui abbiamo fatto autocritica non porterà lontano chi se lo prende.

      • Aggiungo che proprio grazie ai contributi esterni abbiamo illuminato aspetti particolarmente incongrui della gestione dell’emergenza, e momenti dell’impatto dell’emergenza sulla società (sulle sue fasce più deboli). Abbiamo ospitato contributi sulla sofferenza dei bambini, su come si viveva l’emergenza nella scuola ridotta alla DAD (una delle situazioni che stiamo seguendo con più attenzione e coinvolgimento diretto), in una realtà di lavoro sociale con gli adolescenti, nella comunità trans e nei campi Rom, abbiamo ospitato un’analisi della disinformazione italiana sulla Svezia, una sul rapporto tra scienza e media, una su come le grandi piattaforme digitali (con focus su Google) hanno approfittato della pandemia per estendere ancor più la loro influenza e ottenere più profitti ecc. A fronte di tutto ciò, il “riassuntino” «avete tentato di dimostrare, articolo dopo articolo, quello che in questo momento storico non è dimostrabile» suona caricaturale a chiunque abbia seguito Giap da febbraio in avanti.

        • Mi verrebbe da dire che il Giap, di questi tempi, mi ha aiutato in maniera molto concreta a tenere la barra a dritta. È dimostrabilissimo che, bombardato di allarmismo, ero stato pronto a tradire principi tante volte sbandierati. Tanto hanno valso soprattutto le parole di voi Wu Ming, ma capisco anche il senso della “manovra corale” di contributi (e commenti) che hanno avuto spazio nel blog. In una nota pubblicata giorni fa da uno di voi era resa, peraltro, una testimonianza di quel che accade dal lato luttuoso dell’emergenza (l’”altro scoglio”). Mi chiedevo allora se non sia venuto il tempo di volgere lo sguardo anche a questo. Ci sono minoranze che hanno pagato cara l’epidemia e le inefficienze con cui è stata affrontata. Faccio un esempio. Mi sono segnato, via via, i nomi dei musicisti jazz che, in queste settimane, hanno perso la vita. McCoy Tyner, Richie Cole, Tony Allen, Bootsie Barnes, Michael Cogswell, Henry Grimes, Giuseppi Logan, Lee Konitz, Joe Torres, Onjae Allan Gumbs, Andy Gonzalez, Jymie Merritt, Richard Teitelbaum, Eddy Davis, Bucky Pizzarelli, Ellis Marsalis, Wallace Roney, Mike Longo, Ray Mantilla. Mi spiacerebbe leggere un commento scettico sulla causa di tutte queste morti, ma ci può stare. Sta di fatto che erano tutti, chi più, chi meno, anziani con poche risorse e privi di assicurazione medica. La storia di Giuseppi Logan, da sola, dice tante cose: https://www.wbgo.org/post/giuseppi-logan-free-jazz-multireedist-who-returned-once-oblivion-has-died-84#stream/0

          • Me ne ero segnati molti anch’io. McCoy Tyner non sto nemmeno a dire quanto lo ammirassi, ça va sans dire. Henry Grimes lo vidi suonare dal vivo qualche anno fa, era la tournée del ritorno (della riapparizione, diciamo pure). Giuseppi Logan era nell’antologia ESP che ho curato per la Goodfellas nel 2007, quando non era ancora riapparso. Entrambi hanno fatto in tempo a tornare per andarsene poco dopo.

            • Dovresti discuterne col mio amico fraterno P., di musica jazz. Io ci ho litigato, un mese fa, dopo che gli avevo mandato uno dei vostri post sul ‘terrore a mezzo stampa”: “fagli vedere i camion carichi di bare, a quei cazzoni”, aveva replicato. Il giorno dopo abbiamo parlato. Ho capito che lui era terrorizzato per davvero. Ma ho poi temuto che, se glielo avessi fatto notare, ci saremmo rimessi a litigare. Un giorno gli ho scritto: “P., hai visto? è morto Giuseppi Logan”. Giuseppi Logan, pensavo che lo conoscesse solo lui. Poi ci eravamo messi a fare l’elenco di tutti i musicisti jazz che erano scomparsi, “questo cazzo di virus”. P. segue il suo cammino, ogni tanto mi manda ancora dei messaggi pieni d’ansia, ma il momento in cui ci siamo ritrovati è stato in quei dieci minuti in cui, senza bisogno di fare commenti, ci scrivevamo i nomi di quegli artisti perduti, via whatsapp (ehm). Da quel punto in poi abbiamo ricominciato a parlare, con franchezza. Ricordo un’antica recensione di Alberto Campo, forse Evol dei Sonic Youth, diceva “persino gli avamposti del jazz creativo aggiungono suoni al silenzio, i Sonic Youth invece sottraggono suoni dal rumore” (vado a memoria). Io credo che abbiate sino a qui sottratto suoni dal rumore. Magari una voce dall’”altro scoglio”, lo scoglio silenzioso della perdita porterebbe un contributo a questa narrazione, o magari anche un tempo per ritrovarsi. (Lo so, lo avete fatto, ma pareva a me più la rivendicazione di un diritto, il diritto di dire addio)

  6. Ci sono molti punti che non condivido in questa analisi delle teorie del complotto.
    Non mi convince questo modo di generalizzare.
    Tanto per capirci: Naomi Klein è complottista? Eppure dice che da sempre che i disastri naturali o politici sono stati colti come grandi occasioni di guadagno.
    Se di fronte all’ennesimo disastro uno si chiede: “sta a vedere che qualcuno ha stappato una bottiglia per festeggiare” allora è un complottista? Mi sa che ho i primi sintomi di questa malattia. Certo non posso fare i nomi e conoscere la marca di spumante stappato, ma il botto l’ho immaginato. Ecco l’ho immaginato.
    Se l’analisi storica di Klein è convincente, chi sono gli sciacalli che si avventano sui cadaveri oggi? O sono cambiati i tempi, non ci sono più gli sciacalli di una volta e oggi esistono solo filantropi, al massimo furbetti?
    Ioannidis è un complottista? Qualche volta è stato citato in qualche post di questo blog, eppure in uno dei suoi articoli più discussi, che recita “Why Most Published Research Findings Are False” non delinea complotti, ma solo un panorama culturale scientifico compromesso.
    Vandana Shiva è complottista? Criticava la volontà di dominio Monsanto prima che fosse acquisita da Bayer.
    Mi sa che con gli ultimi due nomi mi sono, al primo commento che faccio, meritato il titolo di complottaro, pazienza.
    Peter Gøtzsche è un complottista? Lo è diventato dopo essere stato espulso dal Cochrane che ha contribuito a fondare, o lo era da venti anni con tutte le teorie scomode che ha formulato?
    Il punto che mi sfugge nella generalizzazione che viene fatta è che mi pare che si giudichi tutti i comportamenti sospettosi e guardinghi come possibilmente affetti da complottismo.
    Non mi pare il caso di mescolarli a chi con pazienza e mestiere analizza i fatti, prima di esprimere la sua opinione.
    Mi aveva colpito un passaggio del “Come nasce una teoria del compl..”
    “Servono pratiche di debunking che riconoscano i bisogni intercettati dal complottismo e affrontino il nucleo di verità senza il quale nessuna teoria del complotto potrebbe funzionare”.
    Spero di aver inteso bene nel condividere la necessità di scovare delle verità dove ci sono, sottrarle alle narrazioni complottiste per impedire che la loro forza di comprensione della realtà non venga compromessa.

    • Il punto che ti sfugge non è la generalizzazione che viene fatta, ma la dinamica che viene descritta. Usi la metafora degli sciacalli che si avventano su una carcassa. Qui nessuno sta dicendo che non esistono gli sciacalli. Anzi. Ma stiamo dicendo appunto che lo sciacallo-capitalismo coglie l’occasione, sfrutta una situazione che non ha costruito in ogni suo passaggio, predeterminandola fin dall’inizio. Il complottista dice che lo sciacallo si è messo d’accordo con le nuvole, in modo da non far piovere per giorni, così che la gazzella si è spostata dal suo rifugio per cercare acqua e cibo. Poi si è messo d’accordo con la leonessa, gli ha detto: passerà di qui la gazzella, mi raccomando, fatti trovare pronta. Poi quando la leonessa ha ucciso la gazzella si è messo d’accordo con una mandria di bufali incazzati, che l’hanno disturbata mentre mangiava, così lei ha dovuto mollare la sua preda e lasciare più carne allo sciacallo. Chi dice che lo sciacallo è un bravo opportunista, non sostiene una teoria del complotto. E nemmeno chi dice che la leonessa è una predatrice, che il bufalo si sposta in mandrie, che la gazzella si sposta per cercare cibo e che per i motivi X e Y, in determinate stagioni, sulla savana non piove per giorni.
      Quanto al mescolamento di cui parli, la confusione tra complottismo e “teoria scomoda”, abbiamo scritto questo: “Il fatto che qualcuno definisca «cospirazionismo», «complottismo» o «teoria del complotto» qualunque analisi scomoda o anche solo sgradita non dimostra in alcun modo che l’accusa sia sempre falsa, né che non esistano la realtà e mentalità che quei termini indicano. Dimostra solo che che di quei termini si tende ad abusare, e semmai conferma che il complottismo fornisce facili appigli a chi voglia sminuire o denigrare il pensiero critico.”

      • Per capirci ancora meglio, propongo un esperimento mentale, fuori dalle metafore della savana. Consideriamo l’ipotesi che il virus Sars-Cov2 sia un prodotto di laboratorio. Oggi abbiamo prove credo stringenti che non è così, ma prendiamo comunque quell’ipotesi. La prima mossa del complottista è trasformare l’ipotesi (“Il virus potrebbe essere un prodotto di laboratorio”) in un’affermazione, pretendendo poi che qualcuno gli dimostri il contrario. Quindi: da un enunciato ipotetico si passa a un’affermazione e poi si inverte l’onere della prova, perché se dico che A causa B dovrei essere io a sostenere la tesi, non gli altri a dimostrare la sua negazione. Supponiamo poi che esca uno studio dove si dice che alcuni aspetti del virus possono far pensare che sia un prodotto di laboratorio. Uno studio del genere non sarebbe complottista: può essere scomodo per gli interessi di qualcuno, può essere più o meno fondato, ma non è costruito come una narrazione complottista. E’ di nuovo un’ipotesi, con alcune prove a sostegno. Il complottista prende quello studio e dice a) E’ stato dimostrato che il virus è un prodotto di laboratorio; b) Poiché nell’articolo si citano un paio di studi su laboratori cinesi, allora il laboratorio da cui è uscito il virus è di sicuro cinese, anche se l’articolo non lo dice esplicitamente perchè altrimenti l’autore rischierebbe la morte per mano dei servizi segreti di Pechino; c) Che è chiarissimo il motivo per cui la Cina ha prodotto il virus e l’ha fatto uscire dai suoi laboratori, perché così facendo immaginava di produrre gli effetti X, Y, Z – che guarda caso si sono proprio verificati – e che hanno avvantaggiato proprio la Cina (argomento fallace “post hoc, ergo propter hoc” ovvero “siccome il signor X ha tratto vantaggio da Y, allora il signor X è parte di un Piano per ottenere Y”). E via così. Ecco, quando parliamo di “forma narrativa” del racconto complottista parliamo di questi artifici retorici, di queste modalità del discorso, ed è un catalogo di queste che ci può tornare molto utile. Dopodiché, questo non ci rende immuni, né ci permette di sgamare il singolo complottista quando fa discorsi a lui congeniali ma che non hanno la forma della narrazione complottista.

        • 1) Scusami, ma quali sono queste evidenze scientifiche?
          2) Assunto che entrambi ci poniamo in una posizione critica verso la produzione di sapere della società capitalista. Perché fidarsi così ciecamente in questo caso? dico ciecamente per due motivi: mancanza di conoscenze per interpretare e criticare nello specifico la presa di posizione della comunità scientifica e, soprattutto, mancanza di strumenti per poter svolgere in autonomia la più semplice verifica empirica.
          3) Perché c’è tutta questa fiducia negli ‘scienziati’? loro sono per caso diversi dagli economisti? non ricevono fondi? non si formano nelle università come gli altri studiosi?
          4)

        • 4) Perché vedi nel ‘complottista’ l’intenzione di fuorviare il discorso? Perché dai per scontato che i processi logici tuoi appartengano anche a lui, ma lui volontariamente li modifica per validare la sua tesi di complotto? intendo dire: perché vedi solo intenzione e non, ipoteticamente, errore? superficialità? euristiche? Perché il complottista diventa colpevole intenzionale? Perché non potrebbe star semplicemente semplificando o addirittura sbagliando?
          5) io sono d’accordo che i complotti siano spesso proposti sotto forma di pacchetti con tutte le risposte. Io è di questo che diffido. Diffido sempre quando qualcuno ha tutte le risposte. Non diffido di chi si pone domande però. E fra i famelici complottisti rientrano anche persone che si pongono più domande di quante sicurezze credono di avere. Beh io non ho certo vergogna a ritenermi uno di questi. Il giochetto del ribaltare la supposizione in una certezza e pretendere che venga dimostrato il contrario non è una cosa che appartiene solo ai complottisti. Dimostrare per assurdo (sempre che si possa parlare di dimostrazione) è più o meno questo: si propone un’ipotesi, si prova a smontarla e se ne dimostra la veridicità proprio mostrando l’assurdità del ragionamento proposto per smentirla. Ci sono anche teoremi matematici dimostrati per assurdo e largamente utilizzati.
          Io non dico: il virus viene da un laboratorio. Dico che per ritenerlo impossibile pretendo un solido fondamento empirico. Dico che il virus può probabilmente essere fuoriuscito da un laboratorio (volontariamente o involontariamente è irrilevante in questo caso) almeno tanto quanto provenire da un pipistrello. A questo punto incontro uno scoglio: vengo accusato di vedere complotti (come se vedessi le m. adonne) e mi viene detto no, non può essere. Ecco: qui, in questo ‘no non può essere’, inserisco il tuo ragionamento e ti dico che questa è una affermazione e come tale va sostenuta da chi la afferma.
          Le teorie del complotto non forniscono solo risposte, ma istillano anche dubbi. I debunker trasformano questi dubbi in certezze (cioè li negano in forma assoluta). Sono queste certezze, che tanto quanto quelle dei complottisti, vanno dimostrate.

          • Al volo, perché altrimenti dall’equivoco terminologico/concettuale parte – sta già partendo – una deriva verbosa e inutile:

            – per “complottista” qui non si intende chiunque creda in (o sospenga il giudizio su) una teoria del complotto nella quale è incappato e/o che sta soppesando, ma l’attivo forgiatore e propagandista di teorie del complotto, uno che lo fa a tempo pieno e sovente per professione, ad esempio Alex Jones. Che Alex Jones e i suoi omologhi/colleghi siano in malafede per noi è assodato.

            Per il resto, col poco tempo a disposizione (ma ne sto scrivendo in altra sede in modo più approfondito):

            – Nel dubbio, rasoio di Occam: non moltiplicare gli enti quando non serve farlo. Se la grande maggioranza di biologi molecolari e virologi, di diverse convinzioni e posizioni su come si sta gestendo questa pandemia, dicono – e illustrano – che questo virus non presenta le sequenze molecolari e caratteristiche tipiche di un virus creato ad hoc in laboratorio, uno dei fondamenti del pensare logico dichiara che ha più senso accantonare tale ipotesi, anziché pensare abbiano tutti torto o stiano facendo un cover-up ecc.;

            – d’altro canto, abbiamo un sapere consolidato e comprovato a fornire un gran numero di pezze d’appoggio, dal momento che lo spillover non è un’invenzione retorica degli ultimi mesi: la storia delle epidemie virali è una storia di “salti di specie”, iniziata all’alba della domesticazione e dell’allevamento di animali; questo non significa certo accettare acriticamente ogni ipotesi sullo spillover: semplicemente, si ritiene più plausibile lo scenario generale, perché di tutti gli ultimi virus, col tempo, si è ricostruito il percorso.

            – a mio parere c’è anche più critica del capitalismo nella denuncia delle condizioni che hanno permesso gli ultimi “salti di specie” che nella denuncia di ipotetici esperimenti di laboratorio sfuggiti (o non sfuggiti) di mano, perché quelle condizioni sono sotto gli occhi di tutti e sono generalizzate, hanno la scala del sistema stesso, sono esse stesse un “esperimento” vastissimo e biocida, al confronto del quale ogni esperimento di laboratorio, anche il più pericoloso, risulta poca cosa;

            – di contro, in questi mesi, nessun discorso che abbia come premessa l’ipotesi del virus creato in laboratorio è andato in direzione di una critica alla logica del capitalismo: ha solo additato, al solito, “cattivoni” geopolitici e capri espiatori, restando alla superficie e facendo schiuma, e nelle peggiori (ma non certo rare) derive è confluito nel complottismo più “classico” (oldies but certainly not goldies), riproponendone tutto l’armamentario.

            – noi non siamo per il debunking in sé e per sé, se segui i link che abbiamo proposto puoi riscontrarlo.

    • «Spero di aver inteso bene nel condividere la necessità di scovare delle verità dove ci sono, sottrarle alle narrazioni complottiste per impedire che la loro forza di comprensione della realtà non venga compromessa.»

      Sì, Petrus, hai inteso bene, è il punto di tutte le nostre riflessioni sulle teorie del complotto ed è l’incipit dell’articolo qui sopra, oltre a esserne il nocciolo di senso. E a quanto pare pensavi già di avere inteso bene, prima che ti rispondessimo.

      Allora, se pensavi di avere inteso bene, perché tutta la sfilza di domande retoriche?

      Abbiamo ripetuto fino alla nausea cosa intendiamo (non solo noi) per «emergenza» e governo/ristrutturazione capitalistica tramite l’emergenza; di shock economy abbiamo scritto praticamente in ogni articolo e discussione; l’espressione «cogliere la palla al balzo» l’abbiamo utilizzata finché non è diventata irritante…
      Come si può pensare che staremmo dando del/la complottista a chi ha fatto inchiesta sulla shock economy e proposto la definizione, a chi dice che la classe dirigente gestisce l’emergenza per stabilire precedenti a proprio vantaggio, a chi dice che il capitale coglie la palla al balzo e usa l’emergenza coronavirus per avviare ristrutturazioni, quando è quello che abbiamo scritto noi dall’inizio?

      Qui c’è un paragrafo intitolato «Il capitalismo ha colto la palla al balzo». Quel post era inteso come estrema, sintetica, ultima ricapitolazione di cose che abbiamo scritto in tutte le salse. Una ricapitolazione perchè si potesse andare oltre.

      Scusa, ma costringere sempre a ripetere le premesse del discorso, inchiodare la discussione all’ABC non aiuta. Se non presupponessi la buona fede, sembrerebbe davvero trolling, perché l’esito è quello. Lo so che non è trolling, però è sfiancante, te l’assicuro.

      • Mi scuso per aver riportato all’ABC sfiancante.
        Puntualizzo allora diversamente.
        Non mi convince la narrazione che analizza la narrazione del complotto come stereotipo e non trovo calzante gazzella-leone-mandria-sciacallo, almeno ai casi concreti che mi interessano davvero. Non mi piacciono le etichette e categorie astratte, che poi spesso, anche negli ambienti più sani, agiscono per quello che sono: pregiudizi.
        I casi concreti su cui un dabunking serio dovrebbe scagliarsi sono la maggior parte delle decisioni governative che hanno effetto sulle vite e i corpi di di tutti, e in questo blog non mancano esempi.
        Tanto per calarci nella realtà, c’è un paradigma che in medicina è ormai dominante, oggi più che mai.
        Le cure che la scienza medica mette a punto possono essere solo cure del gregge.
        Mi viene in mente per due motivi. il primo è che spesso chi cerca di contraddirlo viene etichettato come complottista. Il secondo è che la parola gregge è usata in questo blog con mille molle e distinguo e credo che possa essere interessante una discussione su questo. Come più che interessanti, direi fondanti, ritengo siano altre discussioni in campo medico, sia perché riguardano tutti, sia perché spesso non sono del tutto pacifiche.
        In questi casi l’analisi della narrazione complottista non la vedo applicabile sempre e in astratto, senza che non si facciano come vittime concetti, fatti, o argomenti magari utili: come succede ed è successo anche qui, tra certe pieghe del discorso. Se sarà utile potremo contestualizzare in modo più puntuale ciò che ora dico solo in modo vago.

        • Petrus, io ammetto di trovare astratto – nel senso di molto generale e vago – il tuo discorso. Stai dicendo, se ho ben capito, che c’è un tema generale che ti interessa (immagino siano i vaccini), che non vuoi che chi ne parla in un certo modo sia definito complottista, e dunque dici che non si dovrebbe tout court parlare di complottismo. Solo che quest’ultimo passaggio è illogico: il complottismo esiste, non ce l’inventiamo noi, ha una storia molto lunga alle spalle, ne vediamo esempi continuamente e sul tema c’è un patrimonio di sapere accumulato.

          Andando a ritroso: non è un tema a definire il complottismo, ma il modo di affrontarlo, la narrazione che se ne ricava. E qui rimando agli apologhi proposti da WM2.

          Premetto che io sono pro-vaccini e a mia figlia li ho fatti fare tutti, e trovo addirittura grottesco, se non delirante, che per alcuni i vaccini siano diventati “il tema dei temi”, tanto da giustificare le candidature di liste civiche monotematiche. Ma a prescindere da come la si pensi nello specifico, esiste, va riconosciuto, una critica dell’obbligo vaccinale che porta argomentazioni non peregrine e non sfocia nel complottismo.

          A rigor di logica, sarebbe interesse soprattutto di chi esprime questa critica “sgombrare il campo” dalle idiozie. Ma avviene di rado, e in questa fase è avvenuto ancor meno. Se uno dice che Bill Gates ha fatto scoppiare la pandemia per poter inserire nei nostri corpi, tramite il vaccino, microchip finalizzati a controllare la popolazione, e se intorno a lui chi parla sempre di vaccini non prende le distanze, sarà ben difficile scansare la «colpa per associazione».

          Ribadisco: il campo di applicazione della critica al complottismo non riguarda mai, preventivamente, una tematica. Riguarda il modo di parlarne. Il complottismo è un dispositivo retorico, non a caso Hofstadter diceva che è principalmente uno stile.

          • Eppure Wu Ming I, proprio in un vostro commento (pietà…non ho il tempo di rileggerne oltre 500 per trovare “quale”) menzionavate proprio il tema vaccini come tema che viene fatto subito rimbalzare via da questo blog. Vorrei farti notare che “sgombrare il campo dalle idiozie” per chi è contrario all’obbligo vaccinale è un compito talmente improbo che pretenderlo diventa una colpevolizzazione della vittima. Le voci contrarie, quando si tratta di professionisti (medici per lo più) devono farsi carico di un’eventuale estromissione dall’ordine (mica poco), e si trovano anche nella scomodissima posizione di avere compagni di viaggio quasi sempre impresentabili al di fuori del campo medico (spesso anche dentro). Si arriva a numeri veramente piccoli, non esistono per varie ragioni le condizioni per creare un “movimento” e diventa necessario esporsi come voci minoritarie all’interno di un gruppo (spesso impresentabile) e a sua volta minoritario. Perfino su questo blog, che rifulge in molti ambiti per visione analitica non inquinata da forme mentis precostituite, si cade nel tranello “dal momento che esiste un complottismo no vax, qui sul tema vaccini facciamo muro”. Mi domando se non hai avuto dubbi nemmeno nel caso del vaccino anti papiloma virus, o se in quel caso ne hai avuti.

            • Certo, l’ho scritto e lo ribadisco. Perchè un conto è dire che il complottismo non è preventivamente definito da una data tematica, un altro è la policy di questo specifico blog. Stante l’intrinseca tossicità del frame in cui la discussione sui vaccini si è da tempo inserita, conseguenza del mancato “sgombrare il campo”, noi qui preferiamo non ospitarla, perché sarebbe impossibile da gestire. Non la sapremmo gestire nei modi, né avremmo le competenze specifiche richieste per verificare i contenuti.

              La vicenda della settimana scorsa ci ha “vaccinati” in tal senso: non possiamo tradire l’indole e la storia di questo blog.

              Noi siamo narratori, abbiamo una formazione storiografica e filosofica – nonché decenni di esperienza di attivismo nei movimenti social e nel mondo delle culture alternative. Oltre a comporre narrazioni, scrivendo romanzi e non solo, ci dedichiamo a smontare e rimontare narrazioni, per mostrarne il funzionamento. Da molti anni ci occupiamo di quelle che chiamiamo «narrazioni tossiche», storie attraverso le quali si esercitano il potere e la governance, e si controlla la società. Il nostro blog è un blog letterario, sì, ma è anche un laboratorio per lo smontaggio collettivo di narrazioni tossiche. *Questo* è il “taglio” di Giap. Non è un blog di dibattito medico-scientifico.

              • E’ molto importante quello che dici. Di fatto dici che occorre avere una competenza tecnica “superiore alla vostra” per occuparvi di una pratica che riguarda la vita reale di milioni di persone (bambini che già ora non hanno accesso alla scuola materna “come gli altri”, per dirne una). Vi siete addentrati nella questione virale (che parimenti, lasciamelo dire, richiede una competenza tecnica non da poco, per discriminare fra narrazione tossica e non) e giustamente l’avete fatto. Avete poi messo un piede in una pozzanghera? Si (e una persona del campo la pozzanghera la vedeva subito, voi no, ma ci sta, perchè appunto siete di altro settore), ma l’avete anche tirato fuori, immagino quanto sudore vi sia costato, ma non avete detto “eh no la storia del Cov è troppo tecnica e complessa per noi, la teniamo FUORI dal blog”. Immagino che questo sia stato perchè fra i moltissimi piani coinvolti ce n’erano anche non medici (ma…militaristici, per usare una parola sola). Tu dichiari di essere un convinto vaccinatore, ma qui si sta parlando se “debbano” esserlo anche gli altri. Non vorrai mica fare come quelli che erano convinti di stare in casa per il virus, senza nemmeno andare farsi un giretto, e QUINDI volevano obbligare anche gli altri (magari, denunciandoli: ma nel caso del vaccino ci penserebbe lo Stato). No?

                • 1) La competenza superiore alla nostra non serve per farsi genericamente un’idea sui vaccini (chiunque se l’è fatta) ma per gestire una discussione che molto prevedibilmente avrebbe migliaia di commenti, dunque ci bombarderebbe di migliaia di notifiche, e noi dovremmo leggere tutto e avere chiaro ogni punto sollevato, questo nell’impazzare di ogni sorta di personaggi e teorie e link a siti da verificare, con la necessità di fare mozioni d’ordine a ripetizione, bloccare troll e pazzoidi, mentre da fuori ci sparano con l’artiglieria perché su Giap si sparano cazzate e abbiamo cagato fuori dal water ecc. No, grazie, preferiamo vivere, e non abbiamo giornate di 240 ore.

                  2) Noi non ci siamo «addentrati nella questione virale», se per virale intendi virologica. Abbiamo criticato le narrazioni tossiche dell’emergenza.

                  3) Io tengo soprattutto a una cosa di quelle che ti ho scritto: non penso che i vaccini siano il tema dei temi. Chi ha messo i vaccini al centro di ogni proprio discorso e attivismo mi sembra abbia seguito un sentiero che lo ha portato a impantanarsi, e a leggere tutta la realtà facendola passare per quel prisma. Dalla critica all’obbligo vaccinale, che ci poteva anche stare, si è passati al vaccinocentrismo, con tutte le derive intossicanti che si diceva. Perché è ovvio che poi dal vaccinocentrismo si arrivi al complottismo. Ormai basta non occuparsi di vaccini per risultare sospetti.

                  4) Lo vedi che non appena si nominano i vaccini, anche solo per inciso, arriva quello che *ti inchioda* sui vaccini? È un copione già scritto.

                  5) Rassegnatevi, un post sui vaccini non lo facciamo, e scoraggeremo ogni tentativo di deviare una discussione in modo da trasformarla in una discussione sui vaccini. Ci sono tanti, tantissimi altri posti dove se ne sta parlando.

                  • Comprendo la questione “overdose di commenti”. Non vi voglio “inchiodare” sui vaccini, il mio personale sentimento a riguardo è stato tutt’al più di sorpresa. Perchè “alla fine” si arriva ad un “non ne vogliamo parlare” (attenzione però: una cosa è “fare un post” che nessuno o non io almeno, vi ha chiesto; un’altra è uno schierarsi “contro i no vax” nei commenti). No vax è un’etichetta stolta (se la saranno dati da soli? o l’hanno accettata perchè ingenui?) perchè consente di mettere nello stesso canestro chi è complottista sul vaccino di bill gates (ehm…ma in effetti..ops) che inietta il microchip, e chi è contro l’obbligo, che è tutt’altro paio di maniche.
                    Alla fine della fiera COMUNQUE, per quanto non sia questo il vostro intento, e per quanto legga nella tua risposta degli argomenti validi e dei distinguo importanti, cadete COMUNQUE nel pentolone preparato dal “sistema” complottista: che riesce perfettamente a creare una tale “etichetta” (ridicolizzante, respingente, confondente, esplosiva, ingestibile) che…..nessuno, NEMMENO chi potrebbe fare un discorso critico importante, “vuole entrare nel merito”. E vince chi ha creato il “sistema no-vax complottista”, al quale di fatto aggiungete un mattoncino escludendo il tema. (quel “rassegnateVI”mmhhh…io non mi sento una no vax (anche se sono ferocemente contraria all’obbligo vaccinale) e invece tu così mi butti nel pentolone…
                    Nè volevo “spostare la discussione sui vaccini” (chiedervi un post) ma sul VETO a parlarne qui. Non medicina molecolare, ma criteri di discussione.
                    Capisco possa venire un’allergia al vaccinocentrismo, ma considera che in fondo l’idea di iniettarti qualcosa se tu non sei d’accordo, non è robetta da poco. L’allergia viene anche me quando considero (ed è molto spesso così) che tutta questa cagnara GIUSTISSIMA si fa solo perchè “riguarda il mio corpo” quando poi il movimento no vax in genere se ne strafotte di tutta la violenza che in altri modi (non sanitari) viene fatta agli altri. Ma questo è un suo limite, che può far diventare molto meno simpatiche le persone, ma non toglie un grammo alla gravità della violenza in questione.

                  • «Non vogliamo parlarne» perché, per nostri limiti soggettivi e per le condizioni oggettive, va oltre le nostre possibilità di parlarne e permettere di parlarne in modo sensato. Come abbiamo detto altre volte, noi già stavamo camminando su una fune bilanciandoci con una pertica. Nei giorni scorsi la fune è diventata sottilissima. All’atto pratico, non c’è differenza tra «fare un post» e lasciare che la discussione sotto un altro post “sbandi” verso la questione Vax/No Vax: in entrambi i casi ci ritroveremmo un thread impazzito e incontrollabile. Davvero, non ce la facciamo.

          • Vaccini, certo, il tema dei temi, ma non solo e neanche per primo, e neanche in particolare.
            La cura come cura del gregge in generale non si applica solo ai vaccini.
            Peter Gøtzsche per esempio venti anni fa ha criticato gli screening di massa; su questo non sono state costruite teorie del complotto che conosca, ma non mi sembra che sia stato preso sul serio l’argomento. Molti medici la confondono tutt’ora con la prevenzione primaria.
            L’approccio generale resta la cura del gregge. Questo è il paradigma che trovo sia interessante discutere, perché può essere fuorviante in medicina, soprattutto nella prassi. Certo i vaccini ne sono l’espressione più chiara, ma non è il campo principale: è il campo su cui maggiori sono state le mistificazioni, questo sì, e mi fa piacere che si riconosca la fondatezza di alcune analisi e argomenti una volta prescissi da narrazioni scorrette.
            I vaccini diventano il principale argomento nel momento in cui si dà corso ad un obbligo di legge, e si fanno infuriare le minoranze, che generano narrazioni che son loro proprie.
            Ribadisco, però, non sono per me il fulcro del discorso.
            Non sono avvezzo ai blog, e poco alle discussioni; ho provato molte volte in ambienti diversi, a definire e circoscrivere il paradigma del gregge, ma la discussione è finita inevitabilmente sui vaccini con tutti gli inquinanti narrativi che si può immaginare.
            Non ti sei accorto delle molle e pinze con cui nei commenti ai precedenti post viene usata la parola gregge? Non è per fare le pulci, ma per sottolineare che è un argomento a cui siete sensibili, anche perché forse vi sta un po’ stretto.
            Sostengo che il paradigma in questione genera narrazioni che possono essere dannose per il pensiero medico, soprattutto quando, a torto o a ragione si intersecano con altre narrazioni ben più allergeniche.

            • Petrus hai detto una cosa talmente importante (per la vita e i corpi di tutti, uso le tue parole) che sento l’urgenza di tradurla in un linguaggio più quotidiano, casomai a qualcuno fosse sfuggita. “CONFONDERE LO SCREENING DI MASSA CON LA PREVENZIONE PRIMARIA” può essere tradotto anche così: se ci sono impianti industriali inquinanti, si investono soldi per fare diagnosi precoci e magari cure alle persone che in conseguenza si ammalano, AL POSTO DI impedire le emissioni inquinanti (o, almeno, in subordine, fare indagini sulle matrici ambientali). Senza volare di fantasia, vedi caso PFAS (ma vale praticamente per ogni contaminante). Se mi indichi cosa leggere di Peter Gøtzsche sugli screening di massa, grazie.

              • Colgo per specificare che non intendevo provocare reazioni chissà quali, tanto meno sui vaccini.
                Ma in campo medico tutti subiamo una qualche narrazione, in particolare quando ci propongono cure, la cui responsabilità è tutta nostra (e meno male). Le narrazioni sono frutto di decenni di ricerca e orientamento della ricerca su paradigmi precisi e circoscrivibili.
                Nella mia esperienza, per fortuna sporadica e episodica, nei colloqui con medici per qualche tipo di intervento, ho potuto rilevare solo narrazioni affette da fallacie gravi. Non sono un medico, ma non bisogna esserlo per comprendere; anzi si ha il dovere di comprendere, perché la firma la dobbiamo mettere per qualsiasi trattamento.
                Capite che i vaccini centrano poco, ma come è immediato che si infilino nel discorso; da qui tutte le cautele e vaghezze dei commenti precedenti.
                Per il fatto che sono narrazioni, neanche tanto complicate come i complottismi, mi sono sentito libero di commentare qui su Giap, senza voler inchiodare ad una discussione e senza aspettarmi nulla, se non quello che ho ogni tanto visto: un luogo dove le questioni si prendono sul serio con le proprie capacità e anche priorità.
                Per quanto riguarda Gøtzsche ora non ti so indirizzare all’articolo che lessi all’inizio dei 2000, ma essendo uscito dal Cochrane ha un suo blog il cui nome è un programma di battaglia: Deadly Medicines and Organized Crime. Lì tutti i suoi riferimenti, soprattutto i volumi, più che gli articoli.

  7. Premetto che in questa mia risposta tornerò al mio cavallo di battaglia, ovvero *la stupidità dei governanti*.
    Ricostruiamo la vicenda, per quanto possibile, e con tutti i limiti della sintesi necessaria in un commento: si diffonde un virus che comporta – in alcuni casi – la necessità di essere ricoverati nei reparti TI, per essere attaccati a un respiratore. In Italia abbiamo pochi respiratori, al Sud in particolare numeri ridicoli. Il primo paziente infetto viene scoperto *per caso* a Codogno, quando una anestesista non segue il protocollo ISS (che prevedeva tampone e test solo per chi era stato in contatto con persone provenienti dalla Cina). Ci fu uno strano “battibecco” fra Governo e Regione Lombardia, fra le cosiddette massime cariche istituzionali. Il PdCM lancia accuse poco chiare verso la Sanità lombarda e il Presidente della Regione difende l’anestesista. Accadeva il 25 febbraio. Nel frattempo la ricerca di un paziente 0 non dà frutti, a dimostrazione del fatto che il virus sta già circolando da tempo.
    A questo punto, scopiazzando dalla Cina, si crea la prima zona rossa, proprio a Codogno. In pochissimo tempo ci si rende conto che i buoi sono scappati da tempo e si inizia a creare una pletora di decreti d’urgenza, chiudendo prima la Lombardia e parte di Veneto ed Emilia, poi tutta l’Italia. [segue]

    • [seconda parte] Qui casca l’asino e si può notare come tutta la gestione della “crisi” sia stata in mano alle persone sbagliate, tutto sembra dettato dal caso: si lasciano aperti i bar, si chiudono i bar, i panifici restano aperti ma non possono vendere i pasticcini, altrimenti le pasticcerie si incazzano, i bar a domicilio sì, ma alcuni sindaci non vogliono, ci sono conflitti fra Enti locali e Stato, si raccomanda di non uscire se non per motivi urgenti, ma la raccomandazione non è chiara, si compilano delle FAQ che sono pubblicate sul sito della PCM che hanno il compito di contrastare la vaghezza delle disposizioni di legge. Non sono chiare nemmeno le FAQ. Decreti importanti come il Decreto Rilancio vengono annunciati ad aprile, addirittura con tanto di nome “decreto aprile”, per poi essere promulgati quasi a fine maggio. Con conseguenze imbarazzanti, come l’utilizzo dei giorni in più di 104 nel mese di maggio che diventa inapplicabile. Il primo aprile il sito dell’Inps non regge l’urto delle richieste delle partite iva e crolla, mostrando dati sensibili a casaccio.
      La chiusura totale viene spoilerata dall’ufficio stampa della Lega, e il 7 marzo migliaia di persone si spostano dalla Lombardia verso il Sud. Questa è stata la principale causa di contagio nel Meridione. Vigendo l’obbligo di autoisolamento la cosa ha avuto effetti blandi, ma non si può non riconoscere una certa “stupidità” da parte di chi prendeva la decisioni.
      Non ne hanno azzeccata una, e incredibilmente è andata bene. Per contrastare un virus che si propaga per contatto e vicinanza sarebbe stato sufficiente forse un protocollo più blando: distanziamento sociale, utilizzo di guanti e mascherine obbligatorio, chiusura di alcune attività produttive e commerciali. Ma non sono stati in grado nemmeno di produrre le mascherine, quindi ricordo un’ordinanza della Regione Lombardia che prevedeva obbligatorio l’uso della sciarpa.

  8. Segnaliamo:

    Pandemia e complotti. Il ruolo mistificatorio del complottismo

    di Maria Matteo, su Umanità Nova.

    • Trovo bello l’articolo segnalato e anche calzante nella discussione, soprattutto nel finale, dove si può aprire una analisi più profonda rispetto a quanto ho scritto sopra.
      Tutto è condivisibile; in aggiunta aprirei due finestre nel discorso.

      Matteo scrive “L’esperto “alternativo”, il venditore di saperi negletti, non demolisce il piedistallo su cui sono stati collocati gli esperti, ma lo rinforza.”
      Il contributo al rinforzo di quel piedistallo è spesso maggiore da parte di chi cercando fallacie retoriche e logiche dimentica il contenuto di verità di esperti non necessariamente alternativi, ma solo titolati ad esprimersi. (qui servirebbero esempi)

      Prosegue “La “libertà di cura”, invocata anche in ambiente libertario, non ha senso se si riduce a mera sostituzione di un paradigma con un altro.”
      Mi sembra chiaro e pacifico che un paradigma possa sostituire l’altro, specialmente se incommensurabile con il primo. Il punto è la fondatezza dei paradigmi, e non si tratta di una mera sostituzione , se c’è un processo dialettico, documentato e onesto.

      Le due frasi conclusive danno la giusta prospettiva in modo esemplare.

  9. Grazie per questo articolo, molto interessante. Mi sono anche ascoltato/visto le due ore di lezione di WM1, e alcune delle considerazioni che farò sono collegate ai suoi contenuti, quindi mi scuso se i riferimenti non potranno essere trovati nel testo dell’articolo e per approfondire le questioni dovrete guardarvi i video.
    Una delle cose che più mi ha colpito in questi ultimi mesi riguardo alle teorie complottiste sull’epidemia (attitudine complottista che ha colpito anche persone che conosco) era il fatto che Trump figurasse sempre come un paladino della verità, come l’unico non compromesso con i “poteri forti” dietro al complotto. Questo si collega perfettamente alla configurazione complottista di Qanon descritta da WM1, ma la spiegazione della dissonanza cognitiva (mi sembra sia definita così) non mi convince. WM1 sostiene che l’inclusione Trump dal lato degli “amici” da parte dei complottisti possa essere compresa come il tentativo di ricucire la palese inettitudine di Trump e la sua incapacità di fare quanto promesso per un certo suo elettorato, con la sua vittoria politica. I complottisti direbbero a se stessi (inconsciamente): “Ma come, Trump doveva salvarmi il culo, l’ho votato apposta, e invece non fa nulla e sembra proprio che non potrebbe o vorrebbe fare nulla di quanto promesso”. Per non ammettere di aver preso un granchio gigantesco, i complottisti della specie Qanon “mistifcherebbero” quindi la realtà, rendendo Trump un genio che sta combattendo una partita a scacchi complicatissima contro i VERI poteri forti.
    Visto che anche molti italiani al momento vedono Trump in questo modo, oltre alla possibilità che accettino il “pacchetto complottista” completo, mi chiedo se in realtà questa contraddizione non potrebbe spiegarsi in altro modo.
    [continua]

    • Ovvero proprio per le modalità discorsive (so che usato in relazione a Trump questo aggettivo suona strano…) che Trump utilizza, che sono assolutamente affini a quelle del discorso complottista, con indicazioni sibilline, connessioni logiche spesso carenti, non sequitur, svelamenti di verità nascoste, attribuzione di responsabilità ad “altri” non sempre identificati, ma comunque lasciati intendere (tra l’altro, una delle caratteristiche tipiche del complottismo mi pare essere quella di attribuire responsabilità e effetti causali mai a processi, ma sempre a persone, singole o in gruppo, e i Poteri Forti sono in realtà pensati come “Persone Forti”).
      In questa interpretazione, i complottisti di Qanon avrebbero votato Trump e lo porrebbero come loro alleato non perché non potrebbero altrimenti spiegarsi la sua “idiozia”, ma proprio perché la sua “idiozia” (etimologia di idiota: “cittadino privato, che non ricopre cariche pubbliche”) lo pone come un potente contro il Potere, un privato infiltrato nel pubblico, un cavallo di troia insomma.
      Del resto, anche in Italia la modalità discorsiva di alcune forze politiche produce lo stesso effetto: i 5S, che si sono presentati ufficialmente sulla scena politica come “cittadini privati che entrano nel campo politico pubblico”, sono stati e sono il riferimento di alcune configurazioni complottiste. L’idiozia del complottismo non sarebbe dunque semplicemente ignoranza (e per questo, come in modo davvero efficace e interessante mostrato dai WM, non può essere combattuto con le sole armi della razionalità), ma proprio una particolare comprensione del potere, che ritiene che potere e Potere possano essere due cose differenti, addirittura opposte. Forse il fondo di verità di ogni teoria complottista è proprio questo: la possibilità di giocare l’ossimoro di un potere “idiota”, non pubblico, collettivo perché incarnato in ciascun singolo che vi aderisce (un’intelligenza di massa, piuttosto che collettiva), contro il Potere trascendente, ipostatizzato, che è quello che agisce senza lasciarmi comprendere come e perché lo faccia (e che quindi, per essere compreso, deve essere simmetricamente distribuito a un gruppo di persone come noi, ma a noi nemiche).

      • Grazie, Tommaso, trovo molto azzeccata questa lettura sul «potere idiota», sulla distinzione tra «potere» e «Potere» che starebbe alla base della mentalità complottista. In diverse narrazioni complottiste c’è un “doppio potere”. C’è un potere occulto (nel caso di QAnon sarebbe la mega-lobby satanista e pedofila che controlla il “deep state”, nella propaganda nazista erano gli ebrei che dominavano il mondo ecc.) e ce n’è uno costituito ma al tempo stesso outsider che combatte quello occulto (nel caso di QAnon è la Casa Bianca, nella propaganda nazista era il governo “rivoluzionario” della NSDAP ecc.)

        Penso però che questa lettura non sia affatto incompatibile con l’esistenza di una “dissonanza cognitiva” in una parte della base elettorale di Trump (quella più popolare, per tagliare con l’accetta). Esiste la necessità di conciliare elementi inconciliabili: un miliardario figlio di papà cresciuto nella bambagia dorata si atteggia a paladino della working class contro le élites. Secondo me l’idea che esista un altro potere che Trump starebbe sfidando da outsider è un esito dello sforzo di risolvere la dissonanza. E forse è così anche in tutte le teorie del complotto dove c’è questo “doppio potere”, e in generale va così ogni volta che si manifesta un sostegno di ceti proletari e popolari a un politico che li “rappresenta” rumorosamente ma che chiaramente è parte dell’élite e fa gli interessi dei ricchi.

        Distinguerei poi tra complottisti e complottisti: c’è un nucleo piuttosto denso di “militanti”, mestatori a tempo pieno, nel quale spiccano veri e propri opinion-leader; Trump, ammiccando alla narrazione QAnon, si pone obliquamente come capo degli opinion-leader. C’è poi un corpo più vasto, di persone che si lasciano convincere dall’impeto della narrazione, dall’affascinante reticolo di correlazioni spacciate per causalità. È a questo insieme più vasto che mi riferisco parlando della “dissonanza cognitiva”.

        Il tutto è complicato dal fatto che molta gente trolla, perché QAnon è anche un gigantesco gioco di ruolo, per citare Jenkins è anche molto participatory fan culture. Ed è il segreto del suo successo, secondo me.

        Nella lezione successiva, di cui al momento non c’è il video, ho cercato di tracciare una genealogia delle odierne teorie del complotto “partecipative” risalendo a quello che secondo me è il primo esempio: la teoria «Paul Is Dead», secondo cui Paul McCartney sarebbe morto nel 1966 e i Beatles lo avrebbero rimpiazzato con un sosia. La ricostruzione di come nacque e si diffuse questa teoria (apparentemente innocua ma sottilmente tossica) fatta dal giornalista Andru J. Reeve (cfr. Turn Me On, Dead Man: The Beatles and the “Paul-Is-Dead” Hoax, AuthorHouse, 2004) fa suonare un sacco di campanellini, perché le somiglianze strutturali con QAnon sono numerose.

        Ad ogni modo, su tutto questo sto cercando di scrivere un libro.

        • Interessante sarebbe anche analizzare come il Potere (quello istituzionalizzato) utilizzi teorie del complotto per leggere l’opposizione o l’insurrezione popolare (struttura che da quanto dite sembra essere alla base stessa del complottismo moderno, che nascerebbe da letture complottistiche della Rivoluzione Francese).
          In un bellissimo libro, “Elementary Aspects of Peasant Insurgency in Colonial India”, Ranajit Guha, storico indiano e fondatore dei Subaltern Studies, analizza il tentativo fatto dal potere coloniale inglese di comprendere il cosiddetto “Mutiny” del 1857 (o, in modo più appropriato”, la ribellione o insurrezione del 1857) nei termini di un complotto ordito da alcuni gruppi di colonizzati, che avrebbero mobilitato le masse indiane contro lo Stato Coloniale. Una particolare pratica, quella di raccogliere alcuni chapati (le focaccine non lievitate di farina di grano alla base dell’alimentazione del nord dell’India) in un villaggio e portarli poi ad altri villaggi, è stata vista come la prova che ci fosse un disegno e una rete di agitatori sotto all’insurrezione. Tale postura si basa su un postulato piuttosto evidente, ovvero l’incapacità di attribuire una qualsiasi capacità politica di azione alle masse, la volontà di negare l’esistenza stessa di una coscienza politica dei subalterni. Un aspetto interessante è che nella mia ricerca sul campo in Rajasthan ho trovato questa pratica ancora esistente, e legata per lo più all’allontanamento, tramite chapati (oggetti che fungono da capro espiatorio ) di un rischio “contagioso” (una malattia, un atto moralmente riprovevole o un evento moralmente pericoloso che possono causare effetti nefasti sulla gente del villaggio) che deve poi essere passato oltre da chi lo riceve verso altri villaggi.
          La complessità di tali pratiche, legate probabilmente ai tempi dell’Insurrezione alla percezione anche politica da parte dei colonizzati di una situazione moralmente nefasta (il colonialismo), viene ridotta ad un complotto di pochi contro il Raj, annullandone ogni valore realmente politico e di critica dell’esistente.

          • Questo punto è importantissimo, «l’incapacità di attribuire una qualsiasi capacità politica di azione alle masse, la volontà di negare l’esistenza stessa di una coscienza politica dei subalterni» la si può riconoscere in molte teorie del complotto contemporanee, marcatamente in quelle sull’immigrazione.

            La teoria del complotto sulla «Grande Sostituzione» vede nei migranti pure pedine di un Piano globalista, incapaci di prendere decisioni autonome, di scegliere, di organizzarsi per sopravvivere e per il loro futuro.

            Nella versione “di sinistra” (!) di questa narrazione, si ricorre a passi decontestualizzati e falsati di Marx (lo ha spiegato bene Mauro Vanetti proprio qui su Giap) e si usa in modo capzioso il concetto di «esercito industriale di riserva» per dipingere i lavoratori migranti come privi di coscienza e soggettività, ontologicamente crumiri, disposti a farsi sfruttare per salari che gli italiani non accetterebbero, e quindi nemici dell’unità di classe.

            Insomma, al tempo stesso si inventa un lavoratore autoctono idealtipico, tutto fremiti di sdegno nei confronti dello sfruttamento ed esistenzialmente incapace di accettare salari da fame (come no!), e si rimuove il fatto che molti tra i conflitti sul lavoro più significativi degli anni Dieci hanno visto i lavoratori migranti nel ruolo di vere e proprie avanguardie.

            Chi propugna questi stereotipi dovrebbe farsi un giro, ad esempio, all’Interporto di Bologna o nel polo logistico di Piacenza durante un’agitazione.

          • Vediamo se riesco a stare dentro le battute.
            1. TommasoS non ho capito bene in che modo lo scambio di chapati costruisce un oggetto caprio espiatorio e l’immagine di una rete di agitatori. Mi sembra molto interessante perché fornisci un esempio di cultura materiale della cospirazione che ribadisce il suo valore depoliticizzante.
            2. All’inizio della prima lezione, Wu Ming1 usa Hofstadter per definire stile paranoico “un modo di leggere la cultura, i segni e l’immaginario e un modo di comunicarli” (min. 7.40-8.05). Ho alcuni problemi con l’uso eccessivo della “discourse analysis” perché offre mappe parziali e non definisce un campo da osservare che vada oltre la produzione dello stile del discorso stesso. Cioè non metto a fuoco bene un pubblico che legge e interpreta la cospirazione. Il caso del chapati invece entra dentro “il fondo di verità” dei sistemi cospirativi e mostra cosa voglia dire partecipare all’“esperienza di gioco” della creazione cospirativa. Nel chapati “il gioco” evidentemente riguarda un insieme di strategie di sopravvivenza che possono essere interpretate dentro una teoria cospirativa. In miei studi precedenti però la diffusione di notizie false o non verificabili era una parte importante delle relazioni di potere locali. Quando sfociavano in episodi di violenza o nell’esilio dei protagonisti, di solito era perché partecipavano a reti di potere non più egemoni. C’erano anche simulazioni partecipate di morti che avevano la funzione di nascondere il bersaglio che poi però trovava una morte “sociale” per evitare ulteriori problemi. La magia del popolo non sarà oggi incastrata dentro accelerazioni continue e necessità di paranoia?
            3. Nel post si dice che il disagio prodotto dalle politiche anti-covid, certi fallimenti dei servizi pubblici e l’impreparazione giornalistica a fornire informazione al livello richiesto dalla situazione, siano stati catturati dal cospirazionismo più che dai movimenti. Su Giap il “caso Diego” di Mauro Vannetti, le analisi del M5S di Giuliano Santoro e quelle del PD bolognese di Wolf Bukowski mostrano che lo “stile paranoico” è ampiamente diffuso. Non sarebbe interessante osservarlo qui più nello specifico per capire meglio la diffusione del cospirazionismo nella società?

            • RoccoSan, provo a rispondere.
              Guha nel suo libro riporta di questa pratica, che consisteva nel fatto che alcuni “notabili” di un villaggio si recassero ad un altro portando un pacchetto con dei chapati. A loro volta, i ricettori del “dono” dovevano raccogliere dei chapati e portarli ad altri due o più villaggi. I funzionari coloniali hanno letto questa pratica come cospiratoria, soprattutto preoccupati dalla progressione geometrica della distribuzione, che avrebbe permesso di raggiungere in breve tempo migliaia di villaggi e, dal loro punto di vista, attivarli nell’Insurrezione. Secondo loro, dietro il giro dei chapati c’era una rete di cospiratori che occupavano posizioni di potere nei villaggi e il codice inscritto nei chapati era quello di un’attivazione collettiva contro il potere costituito.
              A livello etnografico, io ho trovato una pratica chiamata “kutra bhat”, ovvero “il pane dei cani”. A seguito di situazioni di rischio generalizzato (causati da eventi di cattivo auspicio, morti, epidemie, etc) un villaggio o una “casta” raccolgono un chapati da ogni famiglia, chapati che viene investito dell’impurità da allontanare, e tutti i chapati vengono portati ad un villaggio vicino, dove vengono dati da mangiare ai cani randagi. Il villaggio dove i chapati sono arrivati deve a sua volta raccogliere dei chapati da portare ad un altro villaggio. Tali reti di distribuzione possono andare avanti per anni e raggiungono distanze enormi (anche se qui manca la progressione geometrica).
              Nel mio intervento qui sopra volevo quindi indicare come, probabilmente, la pratica trovata dai funzionari coloniali britannici avesse localmente un senso simile a quelllo trovato da me: gestire una situazione di pericolo “morale” (in quel caso il dominio coloniale in un momento di Insurrezione e contro-insurrezione) secondo modalità localmente riconosciute. Tali modalità, che mostrano un riconoscimento politico collettivo del contesto più ampio (sebbene gestito con pratiche rituali che pochi considerebbero pienamente politiche), viene interpretato dall’autorità coloniale come il complotto di pochi notabili indiani, che si organizzano segretamente per attivare contro il Raj le masse locali che controllano.
              L’ultima parte del tuo punto 2) non mi è chiarissima, ma mi interesserebbe capire meglio il tipo di situazioni di cui stai parlando.

              • E’ davvero interessante quello che scrivi. Il dono del chapati diventa parte di una cura collettiva che passa attraverso i cani e non verso altri poteri spirituali (penso ai monaci di un tempio per esempio) anche se probabilmente il kutra bhat coesiste con varie forme di scambio-cura. Mi verrebbe da farti altre domande sul villaggio o sulla “casta” che mette in moto o partecipa alla rete di doni per capire se vi sia una distinzione sociale o settario-religiosa in questa pratica. Mi pare comunque tu abbia sottolineato un tema cruciale dell’incontro coloniale attraverso lo “stile paranoico” per cui gli ”addetti all’ordine” reinterpretano doni o relazioni di scambio dentro categorie belliche e costruiscono cospirazioni per controllare preventivamente manifestazioni sociali che non comprendono.
                I casi cui facevo riferimento invece riguardano sistemi di giustizia e di disciplina “autonomi” gestiti da autorità locali di alcuni quartieri o villaggi colombiani. Quindi riguardano tutta una serie di modalità inquisitorie e di raccolta delle prove su di un evento che si muovono attraverso le testimonianze di persone senza passare per un dibattimento assembleare (come avviene ad esempio tra alcune popolazioni indigene) ma muove nel passa parola fino poi a produrre l’effetto-punizione: da un avvertimento, all’esilio o il linciaggio. Il riferimento alle reti di potere egemoni riguarda sia la capacità di far produrre effetti al passa parola, sia alla durata della punizione, sia la sua direzione cioè la punizione di un “innocente” o la non punizione di un “colpevole”. Poteva capitare che persone “in esilio” tornassero dopo alcuni aggiustamenti dentro reti di potere più alte dentro cui il quartiere si trovava inserito. Oppure che persone che si volevano colpire per ragioni altre venivano linciate sulla via per fatti che non avevano commesso. In alcune fasi storiche gruppi paramilitari neo-nazi hanno catturato queste pratiche dentro “pulizie sociali” con cui colpivano soprattutto oppositori politici più che i ruba-galline. Il pensiero paranoico comunque ordinava la quotidianità, allontanando i più dalle faccende politiche o rendendo il politico un fatto prevalentemente bellico, legato a nozioni di nemicità.

        • Appunto,
          intervengo in (parziale) off-topic per dire che mi sono ascoltata i video e che li ho apprezzati tantissimo. Se l’intero corso fosse disponibile online, ne sarei felice (sempre che ciò sia possibile, fattibile, etc etc)..

          Visto che c’è il limite delle battute (scusate), aggiungo un’osservazione forse poco importante nel contesto, ma che andrebbe comunque fatta: c’è un sacco di gente che con il complottismo ci guadagna, simbolicamente (si crea una microfama) ma soprattutto materialmente, tramite le visite al proprio blog/sito, la vendita di alcuni reportages e libri, etc.. (quando non è pure peggio, come nel caso dei complottisti “medici” che vendono le loro consulenze e cure causando letteralmente dei morti).
          Qui c’è un’altra (lieve) dissonanza cognitiva: tutti questi followers non si rendono conto che il loro leader (ne abbiamo tutti uno in mente) si è creato una piccola fortuna sulla loro credulità?

          • Di un paio di lezioni c’è solo la presentazione visuale, altre erano modello “cineforum” e risulterebbero “monche” senza il film proiettato subito prima. Anche quella su «Paul Is Dead» era così, prima ho mostrato un documentario di Mitch Fillion del 2016, Who Is This Now? (A Paul Is Dead Film), poi ho fatto la lezione. All’epoca non ho potuto caricare il video – Prezi + voce – su YouTube perché il Prezi conteneva materiale protetto da copyright. Provo a caricarlo su Peertube.

            • Voilà, ecco la lezione su Paul McCartney e il suo sosia, caricata su Vimeo:

              Le teorie del complotto “partecipative” da Paul-Is-Dead a #QAnon – di Wu Ming 1

              • Riguardo la piattaforma video: sei riuscito a caricarlo su un’istanza di Peertube? Se no, hai provato peertube.social? È un’istanza dal basso e non commerciale. Se vuoi orientarti con un colpo d’occhio, leggi il penultimo punto del code of conduct.

                Se Peertube sembra una soluzione poco stabile, potresti fare un pensiero su Internet Archive.

                A questo punto che fate degoogling, con uno sforzo in più si evita anche Vimeo.

                • Con le istanze Peertube per ora sospendiamo l’esperimento perché abbiamo accumulato solo frustrazione. Tentativo generoso, e speriamo abbia un futuro, ma tra l’instabilità e la misteriosa “transcodifica” che tiene bloccato anche per giorni un video già caricato, di fatto non abbiamo mai avuto un video disponibile quando ci serviva. Vimeo è stato un ripiego, i prossimi li mettiamo (anche) su archive.org.

        • Condivido totalmente la vostra analisi. Quello che mi riesce difficile comprendere è il livello di “dissonanza cognitiva” dell’elettorato più razzista e antisemita di Trump, che arriva a coinciliare il fatto che l’amministrazione Trump sia una delle più filo-israeliane mai esistite (grazie anche al genero Kushner). Mi è difficile capire come Trump riesca a farsi eleggere paladino dei complottisti antigiudaici e allo stesso tempo portare avanti politiche esplicitamente anti-palestinesi e filo-israeliane, visto che gran parte dei complottisti alt-right ritengono Israele il “male” per antonomasia e parte integrante del Deep state.

          • Vasti e importanti settori della destra americana – di matrice evangelica ma non solo – sono da tempo “realpolitikamente” filo-israeliani pur mantenendo cospicui elementi di antisemitismo e clichés antisemiti nel loro repertorio. Un sacco di agitatori di destra sono filo-Israele per quanto riguarda la geopolitica (solitamente in chiave anti-islamica) e al tempo stesso spargono memi dove la testa di Soros è montata sui tentacoli della piovra giudaica che controlla il mondo. Soros controllerebbe il mondo anche attraverso le migrazioni di massa di musulmani in Europa, finalizzate alla Grande Sostituzione. Narrazione che è propagandata da personaggi e movimenti che al tempo stesso sono pro-Israele. La cosa è riscontrabile anche in Italia. Le due cose stanno insieme, e in qualche acrobatico modo questo stare insieme viene giustificato. Del resto, come si diceva, in questo campo non vale il principio di non-contraddizione.

            • Grazie per la risposta, molto chiara. Effettivamente non avevo pensato a queste componenti più radicali e conservatrici dei cristiani americani, ma anche dei Mormoni, per cui Israele (inclusa la ricostituzione del terzo Tempio a Gerusalemme) ha un significato fortemente teologico e di conseguenza politico. Anche in Europa, alcuni governatori del Visegrad, Orban in testa, fra i principali fautori della teoria della Sostituzione, sono stati fra i primi a sostenere un’annessione totale di Gerusalemme a Israele, con tanto di dislocamento delle ambasciate.

              • Ma senza uscire dai confini nazionali, perfino i fascisti storici italiani fanno convivere filo sionismo ed antisemitismo, a seconda della convenienza. Se il discorso è rivolto alla base, avrà un carattere antisemita, se è un ” ragionamento geopolitico” può assumere un carattere disinvoltamente filo sionista. Volevo aggiungere una constatazione molto banale: le teorie cospirazioniste hanno per loro necessità di sopravvivenza bisogno di identificare un nemico fisico: con nome e cognome o identificabile in un gruppo riconoscibile. Troppo difficile o faticoso sarebbe attribuire colpe o responsabilità ad una entità astratta come ” il capitalismo”. Motivo per cui il cospirazionista non è “né di destra né di sinistra”. Non ha bisogno di prendere una posizione ed una identità politica. Motivo per cui il cospirazionismo è un surrogato dell’ antipolitica, in grado di intralciare un processo di crescita politica e di aggregazione militante. Il cospirazionista non vuole riconoscersi in un flusso di coscienza politico, si accontenta di spargere il veleno del sospetto e della calunnia come falso antidoto ai reali problemi.

                • Bisogna però sempre distinguere fra tre diversi “personaggi”:
                  – la narrazione/mentalità cospirazionista, che in fondo ha gli stessi “interessi” di un virus (sopravvivere, riprodursi, infettare);
                  – il soggetto che la sparge come veleno per proprio tornaconto economico, politico o di visibilità (l’Alex Jones o il blondé o il «discepolo indipendente di Hegel» della situazione);
                  – chi nella narrazione ci casca per credulità, disperazione, rabbia, pigrizia mentale o un mix di tutto questo.

                  Aggiungo che potrei fare svariati esempi di cospirazionisti che si credono e dicono «di sinistra», addirittura anticapitalisti, e al contempo spacciano senza sosta le bufale su Soros, sulla Grande Sostituzione e quant’altro. Si tratta di milieux dei cui frequentatori è difficile dire se rientrino nella seconda o nella terza casistica. Io penso che alcuni “influencers” rientrino nella seconda, perché è ben difficile non riscontrare malafede, e chi li segue rientri nella terza.

                  • Purtroppo il cospiravirus attacca anche a sinistra, indistintamente. Mi viene in mente un recente articolo di un noto giornalista de Il Manifesto che parla di un fantomatico “piano Rockfeller per il controllo della società”. Un chiaro esempio di come avvelenare una discussione su un problema reale, quello della deriva autoritaria degli stati durante la crisi covid, dando la colpa a una singola famiglia, tradizionalmente protagonista delle teorie complottiste. Anche a sinistra dovremmo cercare sia di fare prevenzione ed evitare di prendere il cospiravirus, sia di “distanziare” chi risulta sintomatico e in grado potenzialmente di infettarci.

              • Rispondo qui a Samatari, perché sotto al commento delle 16.29 non riesco. Come diceva Wu Ming 1, la forma mentis complottista ( “cospiravirus” è una espressione bellissima, con tutta la metafora che ne ha ricavato Samatari) è agita da tre “attori”: la narrazione stessa, il narratore in mala fede con interessi specifici ed una pletora di narratori ” creduloni” , con un basso livello di anticorpi. In tutto questo si inserisce una narrazione della narrazione del cospiravirus, ad esempio nelle serie TV. Ci sono moltissime serie che alimentano questa forma mentis, proponendo il complotto come chiave di lettura dei principali conflitti di interessi, mi vengono in mente ” Mr Robot” o ” Dietland”, per esempio, in cui tutto l’ intreccio risente di un clima di paranoia diffusa e in cui l’ unico modo per svelare il complotto è un hackeraggio o il sabotaggio di piattaforme virtuali potenti che si dovrebbe ripercuotere sulla intera società… Smetto di guardarli alla seconda puntata perché alimentano un clima di sospetto reciproco soffocante e totalmente ” improduttivo”.

  10. Io penso che il complottismo abbia in molti una radice personale. I complottisti che sono nella cerchia delle mie conoscenze sono spesso persone arrabbiate contro il mondo, non solo contro i loro avversari politici. Questa attitudine mentale parte da motivi privati e a volte personali (come perdita del lavoro, demansionamento, delusioni nella propria vita privata) e si sfoga nell’ostilita’ verso qualcuno. I protocolli di Sion, citati da Wu Ming, fornirono ottimo materiale, per chi voleva crederci, per sfogare la propria rabbia e friustrazione verso gli ebrei. Da quello che ho letto, negli stati del sud degli USA, erano i “poveri bianchi” a fornire adepti al Ku Klux Klan, dato che pur essendo dei poveri in un paese che apprezza solo la ricchezza e il successo, potevano sentirsi almeno meglio di qualcuno, cioè dei neri. Avercela con Soros (che non mi piace affatto sia chiaro) da’ un facile bersaglio, qualcuno da odiare ben al di la’ del suo ruolo effettivo.
    Io penso che partendo da questo, il complottismo sia poi alimentato dalle menzogne di cui sono impastate le verita’ ufficiali. Ricordiamo la seconda guerra del golfo, il segretario di stato USA Colin Powell che mostra la famosa provetta all’ONU, le armi di distruzione di massa eccetera. Tutto falso ma dato per vero a suo tempo. Come per il caso di Ustica, come per le stragi di stato,e per tante altre cose,la verita’ era molto lontana dalla versione ufficiale. Oggi è difficile difendere l’informazione “ufficiale”, e in questa falla aperta nella società, ovvero la mancanza di una informazione non dico obbiettiva (che non è mai esistita) ma almeno dignitosa, per il complottismo si aprono vere autostrade. Inoltre ogni contro- informazione seria è così flebile da non raggiungere la maggioranza dei cittadini nemmeno alla lontana.
    Il complottismo poi non fa davvero paura alla classe che domina l’economia e la finanza globale. Anzi va anche bene: lasciarlo diffondere per poi sputtanarlo quando serve aiuta a togliere credibilta’ ad ogni voce di opposizione.

    • Non sono sicuro che il complottismo aiuti cosí tanto la classe dominante. Nel senso che immagino il complottismo alla stregua degli eventi climatici disastrosi: tornadi, cicloni, maremoti.

      Di per sé sono sciagure per tutti (in senso medio). E tutti credo ne farebbero abbastanza a meno.

      Quello che immagino é che poi il Capitale, perché estremamente spregiudicato e dotato di mezzi poderosi, riesca talvolta a trarne beneficio (o almeno alcuni suoi settori), o addirittura a volte tenti di produrre e cavalcare direttamente l´onda.

      Ma il complottismo é sostanzialmente rumore di fondo inevitabile che disturba tutto e tutti.

      • Trovo che questo sia solo parzialmente vero.
        Possiamo considerare che sia vero il fatto che il complottismo non sia direttamente vantaggioso per la classe dominante, ma lo è invece in modo indiretto. Come accennato anche nel post, la presenza di teorie complottiste permette in alcuni casi di depotenziare anche le critiche più argomentate, etichettandole come complottiste. E questo proprio perché il complottismo agisce da rumore di fondo, da cui a volte risultano indistinguibili le critiche sensate.
        Poniamo per esempio che ci siano dei dati obiettivi che dimostrino che la terra è piatta (prendo un esempio estremo, su cui spero che non possano nascere discussioni), puoi immaginare quanto sia difficile farli emergere senza essere inglobato nel complottismo terrapiattista e scartato a priori?

        • Faccio un esempio pratico di come il complottismo riesca a sabotare un vero lavoro critico e di inchiesta.

          Nell’inchiesta su Internazionale che linkiamo nell’articolo qui sopra parlavamo dell’inchiesta Veleno di Pablo Trincia. Non sto a riassumerla qui, rimando al testo linkato. Ecco, io sono convinto che oggi sia più difficile proseguire un lavoro di inchiesta su quei temi in modo efficace, perché in mezzo c’è stata l’ondata di complottismi su BIBBIANO!!11!!, «PARLATE DI BIBBIANO!!11!!».

          Lo shitstorm è cominciato poco prima della campagna elettorale per le ultime Regionali e ha subito portato l’opinione pubblica emiliana a dividersi in due campi:
          – i complottisti, fomentati da Lega e Fdi, secondo cui il PD toglieva i bambini alle sane famiglie italiane per darli alla lobby LGBTQ (e questa non è nemmeno la versione più estrema della teoria);
          – chi diceva che era tutta una bufala e non era successo niente.
          Da un giorno all’altro, non c’è stato più spazio per chi pensava che il complottismo su Bibbiano fosse merda e al tempo stesso qualcosa potesse essere successo, com’era successo nella Bassa Modenese. La “curvatura” dello spazio impressa dal complottismo ha cambiato tutto il contesto. Lo stesso Pablo Trincia si è ritrovato sballottato e strumentalizzato da neofascisti.

          • Il fatto che il rumore di fondo del complottismo, come dici tu, polarizzi “ogni” questione fra lo schieramento dei complottisti che credono a tutto, rettiliani compresi e «chi diceva che era tutta una bufala e non era successo niente» togliendo spazio a una analisi seria e una critica ai fatti reali, riflette secondo me una polarizzazione esistente nel corpo sociale, che è TRASVERSALE agli schieramenti politici.

            Una polarizzazione che in sostanza mette da una parte quelli “che lo status quo gli va bene così” e dall’altra quelli che invece lo status quo gli fa proprio schifo, con tutte le varianti nel mezzo.

            Non necessariamente questa polarizzazione corrisponde anche a degli schieramenti politici e ciò è stato evidente nella pandemia in atto, dove come è stato detto più volte ampie fette di sinistra hanno aderito alla narrazione dominante sullo stare a casa: evidentemente perché lo status quo, per un motivo o per un altro, gli andava bene.

            • Se ti “va bene lo status quo” sei meno portato a chiederti “cosa c’è che non va”, perché in effetti per te “non c’è niente che non va” e chi si fa domande o è un complottista o è un insoddisfatto cronico, un precisino rompiballe che ti dà persino fastidio ascoltare.
              E’ chiaro che quelli che “gli va bene così” sono più portati a credere sempre e comunque che è sempre tutta una bufala.

              Invece quelli che non vedono nessuna via di uscita da una situazione (economica, familiare, personale e individuale) frustrante o fallimentare, hanno davanti agli occhi ogni giorno “che qualcosa non va” e sono più portati ad accettare qualunque narrazione che in qualche modo:
              1) li deresponsabilizzi e li discolpi dall’aver fallito in quella che viene dipinta come una società darwiniana “dove sopravvive il più adatto” (a maggior ragione se i propri punti di riferimento ideologici e politici hanno sempre avallato e creduto in questa lettura);
              2) gli permetta di guardare al futuro sperando che qualcosa cambi, se non in meglio per loro, almeno in peggio per tutti gli altri.

  11. Secondo me una cosa che aiuta a capire la virulenza del complottismo negli ultimi 10 anni è la tecnica di gestione del potere che alcuni chiamano ipernormalizzazione. È un concetto nato negli anni ‘80 per descrivere una condizione psico-sociale diffusa nei paesi del blocco sovietico: si sapeva che il sistema non funzionava e stava anzi implodendo, ma l’immagine che prevaleva (e in un certo senso doveva prevalere) era che tutto stesse andando come previsto – immagine creata e sistematicamente alimentata dalla propaganda.

    Il complottismo del XXI secolo prende questa contraddizione e la porta ad un nuovo livello. Sappiamo che il modello economico spacciato negli anni ‘90 come “vincente” è in crisi e sappiamo che le istituzioni ereditate dal secolo precedente sono inadeguate ad affrontare questa crisi perché non solo non correggono le storture più clamorose, ma addirittura le amplificano; soprattutto, lo sa molto bene chi detiene il potere politico e si trova a dover galleggiare in un contesto economico, sociale e geopolitico incredibilmente confuso e instabile.

    E non è neppure un caso che una delle “centrali” che diffondono fake news e alimentano il cospirazionismo sia la Russia di Putin. Anni fa mi capitò di studiare l’attentato a Wojtyla: andando a fondo di quella vicenda viene da gridare al capolavoro. Non certo perché sia un “complotto”, ma perché quei metodi – basati su cooptazioni incrociate, depistaggi, contropropaganda ecc – denotano un’abilità strategica che non è andata persa dopo la caduta del Patto di Varsavia (a differenza di altre cose meno brutte, purtroppo) e che, anzi, hanno svolto un loro ruolo nel consentire a Putin di ripristinare un peso a livello globale per una ex grande potenza altrimenti condannata.

    È una ipernormalizzazione di tipo diverso perché la percezione che “tutto va come previsto” non è veicolata tramite la celebrazione della capacità di controllo e guida di un potere benevolo, ma tramite la demonizzazione un superpotere occulto e malevolo, da cui i nuovi “eroi del popolo” (Trump, Bolsonaro, i Brexiters, Salvini… lo stesso Putin) sono gli unici a poterci difendere.

  12. Ritengo questo articolo utilissimo perché credo fermamente che il cmabiamento debba partire da noi stessi e non mi sento esente, almeno, non sempre, dalla tentazione di cedere alla deriva del pensiero complottista. Pensare che ci fosse un piano e dimenticare, come avete fatto giustamente notareo almeno così interpreto, che gli interessi in gioco sono molti e possono contridere fra di loro. E’ una forma di deresponsabilizzazione questo pensare al sistema perfetto e a “una Volontà che tutto prevede e tutto ottiene” e il pensarla coesa, senza scarti in cui si possa imperniare un comportamento differente. Perché io, noi tutti, siamo parte del problema con il nostro consenso. Urlare al complotto e chiudersi di buon grado a panificare inoltre, dal punto di vista strettamente pratico, è inutile, mentre la disobbedienza civile di cui qui si sono lette importanti testimonianze, ha saputo ‘restringere’ l’orizzonte del proprio agire all’osservazione della legge concreta che regola la nostra quotidianità. E credo che da lì si debba ripartire, “per andare oltre”. La criminalizzazione dei runner e il silenzio sugli operai hanno fatto emergere come una lussazione una logica costantemente imperante e riflettere su come ce la siamo raccontata senza aspettare la prossima crisi sarà fondamentale per arginare almeno un po’l’erosione dei diritti, che di questo si tratta.

  13. Una domanda:
    È possibile che il nome QAnon sia riferito alle Fonti di Q?

    Mi era capitato di parlare delle Fonti di Q con WM2, ma non a proposito di QAnon.

    Vengono chiamate fonti di Q quelle parti dei vangeli comuni a Matteo e Luca, considerate risalenti ad una fonte comune che non è il vangelo di Marco. Queste vengono considerate, secondo un determinato filone di studi, una sorta di raccolta dei detti di Gesù. Quindi con Q viene chiamato ciò che di più vicino ci sia alla parola di Cristo, alla Verità.

    Di QAnon non so nient’altro se non quello che avete raccontato, e dunque mi sembrerebbe abbastanza strano. Ma del resto anche l’ipotesi che riconduce al vostro romanzo è abbastanza strana.

    Vi dice qualcosa l’accostamento QAnon con le Fonti di Q?

    • Ciao Totò, no, devo dire che a me non dice nulla. Non ho mai trovato riferimenti alle fonti di Q nelle speculazioni sul perché il “Q” di QAnon si chiami così.

  14. Ragazzi, pietà. State rivendendo degli interventi passati agganciandoli, tramite un breve ad post, ad un trend-topic che avete ultimamente affrontato in modo superficiale. Nella scala del marketing non è la strategia del maratoneta. Mi spiace il tono paternalisto con cui vi scrivo, ma vedervi così è una tristezza. Anzitutto dovreste avere maggiore rispetto dei vostri affezionati lettori ovvero smerciare le cose vecchie come tali (che magari son buone) e lasciar stare le nuove per un po’. Se proprio volete parlare di Covid almeno aspettare di aver messo il naso fuori, ed esservi confrontati con persone più serie del giro cui vi state affidando per farvi un’idea (se mai ce n’è uno, ma con un tema del genere ognuiono di noi ne ha bisogno per non perseverare troppo). C’è Naomi Klein con SHoshanna Zuboff il 28 su intercept: gente che lavora su queste temi a ben altro livello, consigliatissimo. Le cantontate che state prendendo non fanno bene a nessuno, ma non la risolvete a mio parere con questa bulimia di interventi pret-a-porter. State rendendo inoltre questo blog – sotto l’effetto della situazione attuale- una sorta di sotto-social partendo da interventi spesso approssimativi. In questo momento facebook è spesso meglio di quello che si legge qui attualmente, mi spiace dirlo. Nessuno vi sta dicendo queste cose e vi consiglia una pausa? Perdonate di nuovo il tono. Con affetto e stima.

    • Va bene, analizziamolo un poco, questo «pret-à-porter» di cui parli.

      Noi ci occupiamo attivamente di teorie del complotto da metà anni Novanta, da quando incappammo in un caso di presunto SRA che investì e inquietò la nostra città, Bologna.

      Più o meno dallo stesso periodo ci occupiamo di emergenza come metodo di governo, nel post precedente abbiamo linkato un nostro saggio-inchiesta uscito nel 1999, praticamente in contemporanea con Q.

      Qui sopra si ricapitola una macro-questione a nostro parere cruciale, e resa più urgente che mai da questi mesi di pandemia: il complottismo. Che può anche non interessare, ma è una questione su cui abbiamo scritto scritto libri, fatto controinchieste, contribuito a tirar fuori gente di galera, scritto reportage, tenuto corsi universitari.

      Il fulcro dell’intervento qui sopra è una mia lezione su QAnon tenuta nell’aprile 2019 e inedita fino a pochi giorni fa, perché il video era “unlisted” e conosciuto solo da chi aveva frequentato il corso.

      Per alcuni approfondimenti su come parlare di complottismo si rimanda a un’inchiesta in due puntate uscita su Internazionale nel 2018.

      So much per il «pret-à-porter» e la tua cognizione delle nostre ragioni di parlarne e di quel che vai commentando.

      Quanto al resto del tuo commento, chiunque qui può constatare che è pura immondizia da troll. Di quella che, «spiace dirlo» (in realtà no, perché dovrebbe spiacermi?), qui su Giap non ha proprio diritto di cittadinanza. Visto che Facebook è meglio, tornaci, grazie. Saluta tutti.

  15. Qualche anno fa, in un parchetto di un quartiere povero di Milano nord, conobbi una signora anziana senza dimora. Mi raccontò che a casa non poteva tornare perché era a rischio di attentati mascherati da fughe di gas. Da parte di chi? Delle stesse persone che, al cimitero maggiore di Milano, hanno sostituito le salme dei genitori con sosia. Ebbi l’imprudenza di chiedere cosa la portasse a pensare alla sostituzione; mi rispose che gli impiegati del cimitero non erano riusciti a mostrarle che i cadaveri erano gli originali.

    In quel periodo, uno dei cavalli di battaglia dell’attuale presidente USA prima entrare in politica era l’asserzione che Obama non fosse cittadino americano dalla nascita e dunque la sua presidenza fosse illegittima. Quando Obama, stanco delle insinuazioni, produsse un certificato di nascita in PDF, alcuni informatici si presero la briga di aprire il file e provarono a dimostrare (in maniera devo dire convincente, se uno non conosce come funziona la scansione dei PDF) che il documento risultava dubbio proprio nella riga che riportava la parola Hawaii.

    Altri esperti risposero che le apparenti modifiche del PDF erano invece casuali e normale risultato del normale funzionamento del prodotto Acrobat. Nel frattempo, però, mezza America complottista aveva diffuso la voce di avere le prove che Obama fosse un usurpatore.

    Gli strateghi che avevano visto lungo dovettero ricordare che è controproducente cercare un dialogo con chi fabbrica complotti: riuscirà sempre a trovare il cavillo che supporta le sue comode fantasie; ogni tuo atto diventa materiale per screditare te.

    Vorrei sottolineare l’importanza del complottiamo anche in paesi atipicamente o parzialmente capitalisti, come quello cinese. Di questi giorni è la notizia che sui “social” cinesi si fa largo una teoria (incontrastata nonostante il noto dirigismo di Pechino) che sostiene che il virus sia stato portato a Wuhan nei giochi militari del 2019. Precisamente da un’atleta americana chiamata Maatje Benassi la quale ha avuto la vita distrutta dalle minacce conseguenti alla teoria inventata dallo YouTuber George Webb (il quale vive di questo). La povera atleta il virus non l’ha ancora avuto.

  16. mi sembra chiaro che il complottismo può essere vissuto come una paranoia, nel peggiore dei casi, o come un modello in cui inscrivere la realtà percepita, dove ogni tassello si incastra bene con gli altri. Questo da un punto di vista soggettivo.
    Poi oggettivamente può essere uno strumento,e quindi un modo di comunicare, ed è qui che rientra la modalità narrativa riconoscibile in ogni complotto (da WM studiata), usato per distorcere la realtà e portare acqua da una parte precisa, spesso reazionaria. Una precisazione doverosa (che è stata già fatta su giap, ma ripeto) è che il complottismo è una cosa ed i complotti sono un altra.
    che il capitalismo non è un complotto, è un dato di fatto, ma che il capitalismo è una moltitudine di complotti concorrenti è allo stesso tempo un dato di fatto. nel senso che ci sono degli interessi di gruppi che mirano ad annientare i concorrenti. Il mito della crescita infinita del pil e della produzione che ne sta alla base si traduce ne* singol* in un atteggiamento di scalata gerarchica senza se e senza ma, che è presente ai vertici come alla base della società capitalistica.
    Questo arrivismo “di serie” si è così insinuato nell’animo umano da riscontrarlo pure in comunità anticapitaliste o sedicenti tali, tantevvero qualche volta penso se non sia un carattere naturale dell’umanità (non è così).

  17. in merito all’articolo del collettivo Chuang (che considero illuminante rispetto alla storia delle pandemie), e ad argomentazioni anticapitalistiche fatte sul blog, penso che si può decodificare il capitalismo senza ogni volta scomodare Marx , Sia ben chiaro che non voglio sminuire il suo pensiero, che tanto c’ha ancora da insegnare. In base al discorso sul ruolo degli esperti fatto su, citarlo in continuazione per avvalorare una opinione è la stessa cosa che dire “l’ha detto l’esperto tizio o caio”. Quello che è cambiato dai tempi di Marx e degli albori del capitalismo moderno è che allora le genti erano refrattarie alla persuasione del capitalismo, vuoi per l’analfabetismo, vuoi perchè la persuasione delle ideologie contrapposte c’aveva più peso. Mentrre adesso il capitalismo sforna esperti e operai specializzati ben programmati e formati a ricreare il capitalismo stesso, Della serie “Abbiamo fatto il capitalismo, ora facciamo i capitalisti”. Non so se è felice questa trasposizione. il business della formazione-post universitaria,ecc Un approccio utile in senso anticapitalista potrebbe essre quello di evitare la trasmissione dei valori capitalistici. in sostanza per me è più una questione umanistica che strettamente politica.

  18. Questo è IMO evidente, la questione è largamente politica: bisognerebbe depurare dalle incrostazioni catto-comuniste la costituzione ma aprire alcune menti da taluni pregiudizi, civilmente arretrati, che ci riflettono la governance d’ impresa privata limitata alla logica speculativa dei “prenditori” , aprirle quindi, pensavo, all’ evoluzione “societale”, tutto ciò che è evocaticamente riconducibile a Corporate Social Responsability. Anche certo giuslavorismo offre degli spunti per comprendere e cercare delle linee d’ azione “utilmente anti”( per usare un mezzo ossimoro) Capitale.

  19. Addendo al post: ora è disponibile anche il video della lezione sulla teoria del complotto «Paul Is Dead», secondo la quale Paul McCartney sarebbe morto nel 1966 e i Beatles l’avrebbero sostituito con un sosia. Quello che poi ha avuto una carriera solista cinquantennale ed è ancora il nostro beneamato.

    «Paul Is Dead» è stata la prima teoria del complotto “partecipativa”, e la prima a introdurre nella cultura pop pratiche e ossessioni che – applicate in seguito alla ricerca di «messaggi satanici» – hanno generato le teorie del complotto sul SRA [Satanic Ritual Abuse], nel XXI secolo confluite prima nella teoria «Pizzagate» e poi in QAnon.

    Il video della lezione è incorporato nel post qui sopra e, all’URL di Vimeo, si può pure scaricare. Buona visione.

  20. Devo dire che non ho capito tanto bene il post di Paololiu, e mi è paiciuto poco l’invito a “depurare dalle incrostazioni catto-comuniste la costituzione “. Se per “incrostazioni cattoliche” si intende l’articolo 7 che riconosce i patti lateranensi magari ci fosse la “depurazione”, ma temo che non sara’ mai. Se invece per”incrostazioni comuniste” si intende il riconoscimento nella costituzione del diritto di sciopero, della responsabilita’ sociale delle imprese e molto altro, beh io sarò antiquato e poco “liquido” e “moderno”, ma non vorrei cambiare nemmeno una virgola.
    Non ho capito bene nemmeno cosa dici riguardo alla “governance d’impresa”. A parte che quando leggo roba in inglese riguardo i rapporti all’interno del mondo produttivo divento subito sospettoso, ma oltre trent’anni di lavoro nell’industria mi hanno insegnato che i principi di quello che ha scritto Marx in materia sono vivi e vegeti.
    Alla fine, in maniera piu’ o meno educata, in maniera piu’ o meno rispettosa delle leggi, quello che vuole la proprietà è sempre estrarre piu’ ricchezza per se’ dall’azienda (e quindi meno per il lavoratori). Poi c’è la gestione delle “risorse umane” (non delle persone, notare bene), le motivazioni per il personale e tante altre belle cose, ma alla fine se non gli servi piu’ una calda stretta di mano e vai pure a sederti su una panchina ai giardini pubblici. Io nel mio lavoro sarei una “risorsa pregiata” ma so bene che le liste dei disoccupati sono piene di gente che era come me e non mi faccio illusioni su quello che avverrà il giorno che dovessi risultare poco utile o troppo costoso.

    • Talpa60 , credo di essermi espresso in maniera opaca, mi riferisco a incrostazioni più tossiche, della Costituzione materiale ma se ti dico che mi ha ispirato il”cattocomunisti”un libro di storia di GBGuerri probabilmente rimani ancora più interdetto…
      Una sintesi, leap , andrà fatta tra la critica “distruttiva” e l’azione politica: mi và benissimo Lenin e l’ imperialismo , non saranno la Gates foundation e la classe di Davos a illuminare ed a salvarci; certamente di contraddizioni la storia del paese abbonda d’ altronde e come vediamo han prodotto anche lo Statuto dei lavoratori, figlio di autunno caldo e di un giurista come Giugni, che lo redasse su incarico del Ministro Brodolini, sotto un governo Rumor; che, passando per un attentato, arrivò anche a ideare il protocollo Scotti del 1983 sulla scala mobile.
      Ma il silenzio sulla manifestazione dei braccianti vi sembra degno di una società avanzata?

      • Diciamo, Paolo, che a volte i tuoi commenti non è che brillino proprio per chiarezza… Questo sotto-thread, aggiungo, mi sembra alquanto OT. Vogliamo tornare al tema dei complottismi?

  21. Vi copio e incollo un post appena visto su facebook. Ovviamente si tratta di un profilo fake, che ho segnalato. Avrei messo uno screenshot, ma nei commenti wp non si può, quindi eccolo qui:
    “Fate girare a raffica

    ospedale San Carlo di Potenza
    E questo È NIENTE

    STANNO COSTRUENDO OVUNQUE E IN TUTTA ITALIA NUOVI OSPEDALI poiché col 5G + le vaccinazioni contro influenza / meningococco o contro qualsiasi invenzione VACCINALE PER STERMINARCI e, il tutto ABBINATO CON LE POLVERI DI METALLI PESANTI DELLE SCIE CHIMICHE, hanno predisposto nuove morti. La nostra morte pianificata.
    Le immigrazioni dall’Africa continuano. Gli africani non li vaccineranno : gli interessano vivi per l’opera di meticciamento declamata dal papa : si chiama in realtà piano Kalergi, affinché possano creare una RAZZA MISTA AFRO/EUROPEA (ecco perché li fanno arrivare muscolosi e giovani)…una razza meglio (secondo loro) da microchippare e da tenere sotto controllo perché senza radici ne’ tradizione (una volta miscelati).
    Non solo…nei vaccini delle ASL ci sono per i maschietti sostanze per l’autismo, per le femminucce sostanze per instupidimento, affinché si possano sterilizzare la maggiorparte dei bambini e poter ‘miscelare i maschi africani con le femmine europee”
    Capite come è ben articolato il tutto?
    Programma ESTIVO per l’autunno e PER COMBATTERE QUESTO crimine contro l’umanità :
    1) Aiutate famiglie e anziani a capire che NON C’E ‘NIENTE di obbligatorio NEPPURE I VACCINI e CHE TRONCHINO OGNI FORMA DI VACCINAZIONE;

    • [continua ->]2) Aiutate a far capire di non ascoltare la tv CHE MANOPOLA CREANDO PANICO MIRATO AD AMMALARE I POLMONI;
      3) DIVIETO ASSOLUTO DI RICOVERARSI poiché VI METTERANNO NEI REPARTI COVID
      4) secondo certe confessioni, se si telefona ad un medico dicendo che si ha febbre o tosse, questo ti registra come covid …
      5) divieto assoluto di ingurgitare qualsiasi tipo di farmaco …la big pharma fabbrica farmaci per ammalarvi sempre piu
      6) per ognuno che PER CASO ABBIA UN PARTE RICOVERATO fate foto e video dell’ospedale
      7) divieto di usare mascherine poiché VIOLA I DIRITTI DELL’ESSERE UMANO E DELLA SUA SALUTE. ..LA mascherina ammala i polmoni E NON SOLO
      8) ricordate che hanno fatto sparire il video di Montanari e Gatti , ricercatori PREMIATI A LIVELLO INTERNAZIONALE PER AVER dimostrato che NON SI MUORE PER CORONACIRCUS.
      Si muore per INTUBAZIONE (INTUBAZIONE IMPOSTA DELL’OMS con a capo il serial killer delle vaccinazioni Bill Gates condannato per crimini contro l’umanità dall’INDIA e DALL’AFRICA per aver storpiato e ucciso milioni di bambini.
      9) siate forti e non abbiate paura
      10) per eventuali ricoveri forzati fatevi un foglio dove dichiarate di NON VOLER DONARE ORGANI poiché a causa della ministro Grillo del m5s SIETE TUTTI donatori.
      Gli organi li TIRANO /ESTIRPANO MENTRE IL PAZIENTE È ANCORA IN VITA E lo mettono a tacere con una iniezione Paralizzante.
      Scrivete di RIFIUTARE INTUBAZIONE.
      capite bene che le CREMAZIONI CRIMINALI PASSATE ERANO SERVITE a nascondere i pazienti uccisi. Nell’ospedale di Roma invece hanno trovato cadaveri TAGLIATI A PEZZI.
      Buon lavoro di informazione PER TUTTI.
      FATE GIRARE.
      CIÒ CHE HO SCRITTO è stato documentato da numerosi video di denunce che puntualmente fb ha oscurato. Ma c’è chi tiene i video conservati prima che li sottraggano dalla visione globale
      Ripeto SIATE FORTI e non nutritevi di cibo spazzatura.
      Non state reclusi in casa. Loro sanno che chiusi in casa si muore prima poiché manca il contatto diretto tra sole e terra. Stare nei balconi NON SERVE PER LA SALUTE A NOI NECESSARIA.
      CI SERVE per VIVERE il contatto con la terraferma

      • Ma questo è davvero un esempio di quel complottismo di cui parla l’articolo o abbiamo a che fare con un altro fenomeno?Prendendo come spunto la catena citata da Nonsochenickusare, un minestrone di teorie complottare, da quelle sul Covid a quelle sul 5g passando per Big Pharma, volevo porre una domanda suscitatami dall’articolo, cioè: è possibile fare una divisione interna al complottismo, tra le teorie più strutturate e il più vago sentimento complottaro astratto e popolare? Ho notato che quando abbiamo a che fare con questo secondo tipo, le teorie si presentano spesso a grappoli, come nell’esempio qui riportato, perché la viralità del “condivido perché potrebbe essere vero” è il minimo comun denominatore che annichilisce la scienza e legittima quel criterio (pseudo)logico del “non ci sono prove che dimostrino che NON sia vero” di cui parlate nell’articolo. Dunque queste teorie sotto forma di catene ricondivise possono essere valutate con gli stessi strumenti d’analisi citati nell’articolo, calibrati su teorie del complotto più strutturate, ad esempio la celeberrima Paul is Dead? Come possiamo trattare fenomeni di questo tipo, apparentemente risibili per la loro mancanza di profondità, ma a mio parere molto pericolosi per la vastità e la tenacia con cui rifiutano la logica?

        • Comma, do qualche altra coordinata: nel gruppo in cui la “teoria” era stata condivisa il 100 percento dei commentatori ha dato del pazzo allo scrivente. Una tale mole di complottismi, li scredita singolarmente. Sul suo profilo, invece, quasi tutti erano d’accordo (commento tipico: “non avrei saputo dirlo meglio”). Gli altri post sul profilo erano tutti di questo tenore. Ho chiaramente avuto il dubbio che si trattasse di una operazione per assurdo anti-complottismo, ma purtroppo no, era tutto vero. Per questo – secondo me – esistono delle “centrali” del complottismo, che hanno il compito di intorbidire le acque. Chi ci crede, bene, chi non ci crede, meglio perché comunque inquino l’aria e il dibattito. Mi risulta difficile che qualcuno possa credere a tutte queste cose e tutte insieme…

          • Beh, il principio di QAnon è proprio «tutte queste cose e tutte insieme». Oggi più che mai ogni teoria del complotto è collegata alle altre, è meta-, trasversale e avvolgente. Le teorie non si elidono a vicenda ma si giustappongono, e i collegamenti vengono da sé.

            Non stiamo parlando di narrazioni coerenti e per cui valga la logica: stiamo parlando di narrazioni il cui oggetto è la coerenza, ovvero la coerenza di un Potere che tutto prevede e controlla, e di un Piano che comprende tutti i piani. Ma le narrazioni in sé non devono affatto essere coerenti né logiche né provabili né “falsificabili” in senso popperiano, perché qui siamo nel Mito che, come diceva Freud dell’inconscio, è al di là del principio di non contraddizione.

            Per questo il debunking da solo non basta, non è mai bastato. Dimostrare che una teoria del complotto è un accrocchio di bufale e calunnie non ha mai fatto cambiare idea a chi ci crede.

            Non credo esista «una» centrale: esistono certamente mestatori organizzati, forze che hanno interesse ad alimentare complottismi, ma non otterrebbero alcun risultato se non ci fosse già una propensione al complottismo, un dispositivo che opera da solo nella nostra cultura. Noi WM interpretiamo questo dispositivo in termini di “omeostasi”, di riequilibrio del sistema. Lasciato a se stesso, abbandonato dalla politica (nell’accezione migliore del termine) e in assenza di una “rottura” che metta in crisi le compatibilità del sistema, è “naturale” che il malcontento covi impotente, perda lucidità e “sbagli mira”. Lo aveva già capito August Bebel quando disse che «l’antisemitismo è il socialismo degli imbecilli», ovvero una narrazione che anziché attaccare il capitalismo attaccava gli ebrei che presuntamente ne erano i burattinai.

            • Sì, è interessante come queste teorie siano collegate e vadano a creare un oggetto narrativo, un mondo a sé. E, per restare al paragone con la narrazione, dànno per scontato la sospensione dell’incredibilità. Ci sono dei punti fermi: 5G, piano Kalergi, vaccini ecc., e per credere a una di queste è necessario credere che siano tutte vere. Una spiega l’altra, come scrivevate nell’articolo, senza mai un collegamento/fonte esterno. Un mondo a sé, con quasi infinite stanze, che pian piano il complottista può esplorare, e in ogni stanza si trova la *spiegazione* alla stanza precedente.
              Io non voglio dire che ci sia UNA centrale, ma credo che tutto ciò sia “organizzato”, si va ben al di là delle classiche *leggende metropolitane*, che probabilmente nascono davvero dal basso. Nel complottismo mi pare di vedere una dinamica diversa, con questa narrazione che viene riversata casualmente, in attesa che attecchisca.

              • [Ho un po’ di difficoltà coi commenti WP e col limite di battute, sposto qui il commento che è finito sotto] Chiedo perdono, ho scritto “la sospensione dell’incredibilità”, ma ovviamente mi riferivo alla “sospensione dell’INCREDULITA’”.
                Per raggiungere il numero minimo di battuta, aggiungo: come si fa a indagare sull’origine delle teorie complottistiche? Come mai ci sono dei profili fake su facebook che fanno solo questo? Avete già trovato una risposta o degli indizi?
                Ogni tanto si legge di qualche inchiesta o pseudotale, nella quale verrebbero fuori queste centrali, in qualche Paese dell’Est. Io immagino delle semplici agenzie di comunicazione, con 4/5 persone che spammano per 8 ore al giorno. Qualcuno che fa smart Working e lo fa da casa, con 30 profili facebook, e dei bot che lavorano con tutti i social.

      • Ignoranza e Oppressione hanno riposto in Paranoia la loro fiducia nel confronto con Volontà di fronte a Giustizia. Il risultato è un grottesco ordine di non sottostare all’ordine, un ordine fragile che annuncia in definitiva l’ assoggetamento.

        Ma dove il complottismo trova terreno fertile non è detto che manchino le risorse perché possa germogliare dell’altro.
        Internet è uno strumento di dominio. La medicalizzazione della società è un fenomeno da tenere d’occhio.
        L’inquinamento da polveri sottili contribuisce all’insorgere della malattia, che sia sars covid o polmonite. L’uso bellico di strumenti di modificazione del clima è limitato da accordi tra nazioni da quasi cinquanta anni. I molti immigrati non sono trattati come cittadini.
        Nella sanità esistono anche sadismo e tortura e per adesso chi viene ospedalizzato difficilmente può ricevere visite.
        Indagare su possibili errori sistematici nella diagnosi e cura dei pazienti all’interno degli ospedali sarebbe doveroso sempre – a maggior ragione nel caso di una pandemia globale, in cui magari vengono usati ingenuamente gli stessi protocolli in contesti completamente diversi.
        La paura, l’isolamento e la reclusione fanno malati non asintomatici.

  22. Come ho segnalato nel post del 25 aprile, mi sono imbattuto nelle “briciole” di QAnnon osservando una chat telegram in cui “il popolo” discuteva un’eventuale discesa in piazza per protestare contro la mancanza di libertà e gli effetti economici a cui questa stava portando. In un apparente vuoto politico le teorie cospirazioniste hanno spopolato e in parte placato gli animi sostenendo che non era il momento di manifestare perché delle forze favorevoli al “popolo” stavano agendo nell’ombra.Ho seguito i linck che costituivano le “briciole” e davano spunti per “debunkare” la realtà scientifica e fatti della storia recente. Per mostrare il grado di assurdità che poteva raggiungere in qualsiasi momento la chat vi posso dire che per un’intera giornata c’è stato chi sosteneva che il papà era stato arrestato e che quello che si vedeva in televisione era un ologramma. La mia reazione (apparte le risate) è stata di rabbia e paura. La domanda che mi tormentava, pur conoscendone la risposta era : è possibile che non si riesca a intercettare questa rabbia sociale per innescare delle lotte ? La rabbia era data dal fatto che conoscevo la risposta, perché l’avevo/ho sotto gli occhi: no, non si riesce. La paura era data dal fatto che la retorica cospirazionista Qannon mi è parsa da subito funzionale alle tesi di estrema destra che alcuni partecipanti alla chat sostenevano, ipotesi confermatami dalla visione delle lezioni di wu ming 1. Per spiegarmi la facilità di come alcune tesi evidentemente infondate possano prendere piede son partitito da una citazione NOIOSA “nel mondo falsamente rovesciato, il vero è un momento del falso” per cui, nella latitanza di una scienza zittita dagli esperti spettacolari, qualsiasi rimando a un prodotto “culturale” diventa una citazione su cui basare la verità. Da questo punto di vista il lavoro di analisi e decostruzione della narrazione emergenziale fatto da e su questo blog assume un’importanza che nessuno “scivolone” può sporcare. Tanto più che le modalità con cui è rimasto in piedi il corpo del discorso mettono in evidenza che l’intelligenza è colletiva, il risultato di scambi sociali (mi verrebbe da dire assembleare).

    • L’altra grande latitante che ha lasciato il campo libero alle teorie cospirazioniste, e non solo, è la politica, o meglio la riflessione e l’azione politica come espressione di un ragionamento colletivo. Si è già notato più volte come l’atteggiamento dei politici che hanno gestito la crisi fosse paternalistico prima che poliziesco: voi non potete capire, dovete fare quello che vi diciamo altrimenti vi mettete in pericolo. Su questo assunto è stata costruita tutta la retorica dell’emergenza che ha zittito gli scenziati che dibbatono alla ricerca di una teoria che spieghi la situazione o perlomeno funzionale alla risoluzione del problema ( Didier Rauolt mi sembra uno di questi) e ha a dato voce ai Burioni di turno che avvaloravano la loro unica risposta alla situazione, quella poliziesca. Hanno rinchiuso in casa i malati fino al momento in cui rischiavano di morire senza preoccuparsi ne di individuarli ne se fosse possibile curarli prima che la malattia si aggravasse, hanno tralasciato ogni analisi che non arrivasse da qualcuno che confermava quanto avevano già deciso.

  23. Chiedo perdono, ho scritto “la sospensione dell’incredibilità”, ma ovviamente mi riferivo alla “sospensione dell’INCREDULITA'”.
    Per raggiungere il numero minimo di battuta, aggiungo: come si fa a indagare sull’origine delle teorie complottistiche? Come mai ci sono dei profili fake su facebook che fanno solo questo? Avete già trovato una risposta o degli indizi?
    Ogni tanto si legge di qualche inchiesta o pseudotale, nella quale verrebbero fuori queste centrali, in qualche Paese dell’Est. Io immagino delle semplici agenzie di comunicazione, con 4/5 persone che spammano per 8 ore al giorno. Qualcuno che fa smart Working e lo fa da casa, con 30 profili facebook, e dei bot che lavorano con tutti i social.

  24. Che poi: se anche fosse un complotto? Se anche si scoprisse chi quando cosa dove e come, che cosa ci cambierebbe? Una denuncia con nomi e cognomi e prove schiaccianti, che effetto potrebbe avere? Ribellione? Indignazione ? Un processo norimberghiano? Misuriamo su questo l’argomento: quanto serve a modificare la realtà?
    Già con Agamben: Stato d’emergenza vs Pandemia. Minimizzare l’una per enfatizzare l’altro, non spiega, non serve: far seguito piangendo illacrimate sepolture, per rivolgersi a chi?
    La Chiesa ha le braccia grandi, la Letteratura, i suoi fedeli. Wu Ming non celebra, ai giapster non è mai bastata. Mi sta bene quando ci chiediamo chi è morto, chi muore. Lo scoglio silenzioso della perdita mi sembra ancora un posto umano, soprattutto quando serbi un sasso un nome.
    Possiamo osservare che la malattia si sviluppa dove si concentra il sistema produttivo: Wuahn, Milano, New York. Colpisce chi ne è più lontano: anziani, sottoproletari, popoli nativi. Muoiono i poveri: non servono. Muoiono i vecchi: si libera ricchezza imprigionata nei depositi bancari, depressa negli immobili. Si libera anche qualche posto di lavoro gerarchicamente redditizio. Il consenso ai nazisti trovò ragioni forti nella redistribuzione dei beni confiscati agli ebrei, sottratti ai “parassiti”. Il consenso alla destra nasce dal fatto che opponendosi alla quarantena, si allea con la Morte: chi ne trae profitto paga chi fa il lavoro sporco. O chi ne subisce il fascino: morire di Covid o morire di fame? Riaprire tutto è una polpetta avvelenata: col lavoro nero, il sollievo della rimozione e la gratitudine degli schiavi alla catena. Il complotto è meno interessante dei suoi dispositivi. Io me li racconto un po’ così.

  25. Approfitto, continuo, perché poi si passa ad altro:
    E chi non muore, come vive?
    Comunque i bambini sono ben interni al processo produttivo e difesi dove occorre: protesizzati dagli smart-device o manodopera dequalificata e schiavile, subiscono lo sfruttamento massiccio del lavoro minorile, come si deve nella fase di ri-strutturazione del Capitale.
    Gli operai? In fabbrica protocolli di sanificazione e distanziamento: concentrarsi sullo svolgimento delle mansioni. Se si muore è in silenzio: in una dimensione altra, impenetrabile all’informazione, uno spazio sacro dove regnerebbe una mistificata sicurezza dal contagio. Labor, salus.
    Il distanziamento sociale è la forma nuova della produzione delle relazioni sociali. Battersi sindacalmente per i dispositivi di protezione è di nuovo tradire la lotta, lavorare per il padrone, con una perdente strategia difensiva.
    Come nella Fase 1 “poteva circolare” solo “chi poteva dimostrare le necessità di spostamento per ragioni di lavoro”, nella Fase 2, “i migranti” possono essere cittadini se -e solo se- sono subordinati ad un datore di lavoro: sono i padroni che esercitano direttamente, la sovranità dello Stato, scegliendosi quali sudditi, quando e quanti. Un salto di fase della cosiddetta nostra democrazia.
    Per i ceti piccolo borghesi, considero l’istruzione, cioè il mio ambiente di lavoro: la possibilità di bocciare gli alunni che non hanno partecipato convenientemente alla D.A D., a discrezione, funziona come se sospeso il diritto allo studio della nostra scuola, lo si rimettesse tutto nelle mani dei suoi funzionari, in un nuovo Stato di polizia. ACAB. Gli slittamenti progressivi del piacere di valutare, l’ossessione del voto, rivelano il carattere sadomasochista che si vuole per il rapporto docente-alunno: chatting e voyerismo , porno in streaming. Quanto più si è predicato della relazione educativa come patto formativo, pacta sunt servanda, tanto più Il processo di acculturazione, complessivamente, si avvale di una strategia imperialista e colonialista contro ingenui giovani indigeni: usa la benevolenza per praticare il contenimento nelle riserve, a scuola come a casa, tradisce ogni promessa, per selezionare, reprimere, disperdere.
    E fai ciao con la mano

  26. L’ordinanza è già pronta per la firma digitale sul “tavolo” del capo del dipartimento della protezione civile, dietro proposta da ANCI e condivisa dai rappresentanti dei dicasteri interessati. Sono arrivati, a spese di lavoratori e contribuenti (il tetto massimo supera i 6 milioni di euro), gli “assistenti civici”, ovverosia un piccolo esercito di “volontari” deputati a segnalare le inosservanze agli obblighi imposti dalla normativa emergenziale il cui termine massimo, stando alle leggi vigenti, è posticipabile al 31 gennaio 2022. Ritengo che la notizia non necessiti di alcun particolare commento se non che sono certo che la milizia della salute pubblica preferirà di gran lunga la delazione a tutte le altre attività che saranno alla medesima demandate. I mesi passati hanno rivelato il peggio di questa (ex) “bella Italia”, dove è in corso di realizzazione uno straordinario esperimento psicosociale ad opera di noti filantropi internazionali (forse un po’ psicopatici) e dei loro proni accoliti, inclusa l’istituzione specializzata a tre lettere ormai adusa a raccontarci ogni giorno quanto sia mostruoso il virus, quando invece si tratta di un semplice acceleratore di processi, anche e soprattutto economici. Ma non preoccupatevi: ci sono gli “assistenti civici”.

  27. Vi segnalo che non riesco a visualizzare nessuno dei due video sul caso QAnon tramite invidio.us, né in anteprima su questa pagina, né aprendo i rispettivi link. Se effettuo una ricerca per titolo dalla home page di Invidio.us, zero. Nix. Nada.
    Mi compare – in tutti i casi – una pagina oscurata, con la scritta “Could not extract video info. Instance is likely blocked.” (Se volete, mando uno screenshot.)

    Potrebbe essere un problema lato mio, ma ho tentato con diverse impostazioni del browser, e persino con un browser diverso, appena scaricato -_-

    Per contro, se vado su YouTube allo stesso indirizzo, i video li vedo :)

    Qualcun altro con lo stesso problema?

  28. Soros e bill gates sono dei super capitalisti e sono perfetti per intercettare l odio per un sistema basato sull iniquità da parte di chi non può attaccare direttamente il capitalismo essendone la perfetta incarnazione. Attaccarli per la loro attività filantropica è il paradosso che consente questa intercettazione. Speculatori per miliardi di dollari e filantropi per milioni. Ribaltando le cose e mantenendo il paradosso si può dire che “sarebbero farabutti anche se non facessero della filantropia”. Ricorda la narrazione sugli ebrei “odiosi perché banchieri”, eppure nessun banchiere è mai stato preso di mira se non ebreo. Riducendo tutto ai minimi termini potrebbe definirsi il semplice sfruttamento di una risorsa

    • Non capisco cosa vuoi dire in questo commento.
      Tutti facciamo parte del capitalismo, molti di noi ne farebbero a meno, ma non si può affermare che per criticare il capitalismo bisogna esserne al di fuori. Semplicemente perché non è possibile esserne al di fuori. Siamo costretti ad adeguarci a questo sistema e a cercare di smontarlo dal suo interno.
      Bill Gates, ma anche tutti gli altri miliardari che si fanno definire o vengono definiti filantropi, fanno parte di quella specie di filantropo che sembra repellente sul piano umano non malgrado la sua carità, ma per via di essa: a un certo livello si capisce che lui vede coloro che ricevono la sua carità non come persone, ma piuttosto come strumenti attraverso i quali può sviluppare la sua virtù.

      Unglücklich das Land, das Helden nötig hat.

      • Per anni soros ha fatto della speculazione finanziaria creando crisi monetarie importanti nel frattempo bill gates conquistava uno dei piu grandi monopoli di mercato, poi le attività filantropiche. Non intendo dire che per criticarli bisogna essere fuori dal capitalismo, ma una narrazione proveniente dalla destra alternativa americana favorevole a trump farebbe fatica ad attaccarli frontalmente come capitalisti spregiudicati per i loro core business, ma piuttosto dovrebbe fare leva sui presunti fini occulti delle loro attivita filantropiche ( e non intendo il ritorno d’immagine) non rinunciando cosi ad intercettare il naturale odio per i riccastri.

  29. Salve,
    Grazie per queste (e altre) vostre analisi dello stile narrativo del complotto.
    Vorrei porre alcune domande, mi scuso se magari chiedo qualcosa che è già stato chiesto, ma non sono riuscito a leggere tutti i commenti.
    1) a parte gli altri criteri, uno degli argomenti che voi portate su come distinguere un complotto è che a un certo punto viene smantellato, per esempio da stampa o indagini . Ora, ciò impone un certo tempo. Prendiamo la teoria della demolizione controllata delle torri gemelle: in questo caso si tratta di un complotto in un’epoca specifica, non atemporale, con uno scopo limitato, che ha richiesto anno per essere smontato. Nel frattempo le teorie del complotto fioriscono. Solo dopo anni abbiamo saputo che molte guerre americane nascevano da falsi avvenimenti, come fare a distinguere rispetto ai complotti al momento del fatto?
    2) mi piacerebbe molto sapere quali pensate siano le differenze tra lo stile narrativo paranoico e la paranoia in termini psichiatrici. Avete dei consigli di lettura a riguardo ?
    3) sarebbe stupendo poter seguire l’intero corso di narratologia di wu ming 1, progettate di pubblicarlo un giorno?
    4) sarebbe utile avere una bibliografia sui testi di base dei vostri articoli. Spesso citate libri o inserite immagini, ma avreste una lista più sistematica?
    Grazie ancora e buon lavoro

    • Il fattore tempo non è quello determinante per capire l’implausibilità di una teoria del complotto, serve solo “a contrasto”, per far capire retrospettivamente cosa non è un complotto vero, e quindi cogliere la differenza tra un complotto vero e uno falso.

      L’implausibilità di una teoria del complotto si può cogliere già prima. Restando all’esempio del complotto immaginato dai Truthers sul 9/11, un simile complotto:

      1) avrebbe richiesto un numero inimmaginabile di complici a tutti i livelli delle istituzioni USA, per come funziona la macchina burocratica statale stiamo parlando di una vastissima moltitudine di persone – e, secondo logica, più persone ne sono al corrente più il complotto è imperfetto e soggetto al fallimento, soltanto nella forma mentis cospirazionista, che rovescia ogni logica, il complotto è tanto più perfetto quante più persone ne fanno parte;

      2) la rete dei complici dovrebbe estendersi alla politica internazionale, non solo i servizi di intelligence e le classi dirigenti dei paesi alleati degli USA, ma anche quelle dei paesi “avversari” nel consiglio di sicurezza dell’ONU – questi ultimi protestarono per l’incidente del Tonchino e più tardi per la bufala sulle WMD in mano a Saddam e in molte altre occasioni, eppure non hanno messo in dubbio che le Torri siano cadute in seguito all’attentato coi due aerei;

      3) le ripetute denunce del complotto non hanno mai “fatto breccia”, il presunto cover-up dura ancora e durerà per sempre, perché il complotto non è dimostrabile e quindi si continuerà a denunciarlo come si continuano a denunciare tutti i presunti complotti del repertorio cospirazionista; in questo senso, il complotto del 9/11 è atemporale come quello dei Templari o quello plutogiudaicomassonico (del quale, in realtà, è una ramificazione, vedi il punto 6) ecc.;

      5) di conseguenza, più passa il tempo, più aumenta il numero dei presunti complici, che si gonfia a dismisura, perché nel frattempo migliaia di funzionari di allora sono andati in pensione, e il cover-up va garantito da una generazione all’altra, ergo ormai il complotto dovrebbe avere milioni di complici, anche perché il loro numero include potenzialmente chiunque non creda alla teoria del complotto;

      6) fin da subito, la teoria si è presentata come sub-narrazione del complotto ebraico, con la storia completamente falsa dei dirigenti e impiegati ebrei del WTC avvisati il giorno prima e quindi assenti al momento dei crolli (in realtà ci sono svariati ebrei tra i morti di quel giorno);

      Per quanto riguarda la paranoia, per «stile paranoico» non si intende un quadro clinico ma una particolare retorica nella quale potenzialmente tutti possiamo cadere, quando vogliamo “far tornare tutto”, enfatizziamo collegamenti in realtà labili ecc.

      Il corso intero purtroppo non è disponibile, queste che ho reso a disposizione erano le uniche lezioni “frontali”.

      Per quanto riguarda la bibliografia, ci sto lavorando, anche perché sto scrivendo un libro su questi temi, ad ogni modo sicuramente consiglio Il pendolo di Foucault; poi un libro molto bello pubblicato da Einaudi qualche anno fa: Errico Buonanno, Sarà vero. La menzogna al potere: falsi, sospetti e bufale che hanno fatto la storia; utile perché divulgativo anche se troppo improntato al debunking razionalistico l’ultimo libro di Massimo Polidoro Il mondo sottosopra.

      • Grazie per la risposta, molto chiara. Spero di poter leggere il nuovo libro al più presto.
        Aggiungo una riflessione nella speranza che possa aiutare a riflettere chi legge.
        Ho chiesto della differenza tra stile (narrativo) e paranoia perché lavoro come psichiatra e ho imparato che la plausibilità di una teoria complottista non è un buon modo per distinguere una paranoia. Si può dire per esempio che l’intera famiglia o il/la congiunta voglia ucciderci, cosa plausibile, ma essere paranoici.
        Ascoltando le vostre lezioni ho potuto capire quanto lo stile paranoico di narrazione che voi descrivete sia esattamente lo stile di ragionamento di un paziente etichettato come paranoico da un punto di vista psichiatrico.
        Ogni teoria della mente ha creato i propri modi per distinguere (male di solito) la paranoia.So bene che la diagnosi psichiatrica è una costruzione storico sociale.. D’altronde anche le teorie del complotto sono costruzioni storico sociali. Sarebbe interessante capire il rapporto tra queste due costruzioni.
        Ci rifletterò.
        Grazie e buon lavoro

  30. Da qualche tempo si sta consolidando un altro punto di vista su QAnon, cioè che, più che una semplice teoria di complotto, si tratterebbe di una vera e propria religione. La tesi è stata esposta, ad esempio, in questo lungo articolo sull’Atlantic:

    The Prophecies of Q – American conspiracy theories are entering a dangerous new phase.

    Ed è notizia di qualche giorno fa che un complottista ha caricato la sua famiglia (moglie e cinque figli) in macchina e ha iniziato a… fuggire? Non mi è ancora chiaro cosa sia successo, ma a un certo punto la moglie ha aperto la portiera e s’è buttata, qualcuno l’ha visto, ha segnalato l’auto e la polizia s’è data all’inseguimento. Durante l’inseguimento, l’uomo ha tenuto una diretta video su Facebook, dove oltre ai suoi deliri (“anche la polizia è con loro, non abbiamo scampo”, “Hillary Clinton ha sventrato un bambino di 10 anni”) e alle sue figlie che lo pregano di fermarsi, lo si sente invocare il nome di QAnon e chiedere un miracolo a Trump (attenzione! link diretto a Twitter)

    Su Twitter qualcuno ha indagato, e ha scoperto che l’uomo, Alpalus Slyman, era sempre stato un classico complottista americano, e quindi 11 settembre, HAARP, Soros, fluoridazione dell’acqua, vaccini ecc. ma non “a tempo pieno”. A forza di seguire una dieta informativa a base di Tucker Carlson, InfoWars, Daily Caller, RT, Sputnik ecc. scopre QAnon, e viene radicalizzato pressoché istantaneamente. Nel giro di sei giorni, complice il fatto di essere fresco di disoccupazione e avere un sacco di tempo libero, fa un’abbuffata di teorie spaventose, tra cui lo pseudo-documentario “Fall Of The Cabal”. Al culmine della paranoia, si convince che la selezione di canzoni di una radio locale sia una serie di messaggi in codice che lo avverte di scappare di casa, e inizia la fuga in auto che porterà al suo arresto. Quando la radio “smette di aiutarlo”, rivolge le sue preghiere direttamente a QAnon e Trump

    (detto così, sembra quasi che ci dovrebbe essere un complotto su QAnon, perché si parla letteralmente di un programma TV che fa impazzire i suoi spettatori e gli fa uccidere la famiglia)

  31. Spero sinceramente non sia troppo tardi per lasciare una mia breve e banale riflessione.
    Ho solo due riflessioni generali da fare e una piccola considerazione sul caso particolare del coronavirus (da voi collegato al complotto).
    1) Definizione di complotto sul dizionario Treccani:
    complòtto s. m. [dal fr. complot, di etimo incerto]. – Cospirazione, congiura, intrigo ai danni delle autorità costituite o (meno com., e solo in senso estens. e fig.) di persone private.
    Mi sembra una definizione generale, forse fin troppo. Ma penso si possano trarre tre caratteristiche fondamentali del complotto in generale (deducibili anche dalla vostra di definizione):
    – conflitto (alcuni contro altri) o gioco di potere;
    – organizzato (fondamentale il concetto di volontarietà);
    – segreto (o comunque tenuto nascosto).
    Ovvio che i complotti esistano (come riconoscete anche voi) e che siano molti di più di quelli che possiamo sapere (già che fossero noti, perderebbero buona parte della loro valenza come complotti). Non è speculazione, è ciò che li contraddistingue.
    Ma la difficoltà a parlarne e costruire un ragionamento che possa tutelarci da errori, secondo me, risiede proprio nel loro non apparire sul telegiornale nazionale o sull’aggiornatissimo manuale di storia. Si crea quindi una grossa voragine che a sua volta lascia spazio (grazie anche ai mezzi attuali di informazione) all’immaginazione e alle più svariate congetture. Complici in questo spazio enorme lasciato vuoto siamo anche noi compagni che guardiamo all’argomento come ad un qualcosa che o non ci appartiene, poichè troppo lontano da un’analisi di classe, o rimane troppo ignoto per poter essere analizzato.
    Sulla prima prospettiva sono d’accordo che spesso l’analisi di classe fornisca strumenti ben più validi per affrontare determinati temi e che, soprattutto, sia più fruttuoso per la classe stessa affrontare tali temi in questa prospettiva che non in una logica da complottisti. Rimane il fatto che utilità pragmatica e/o miglior efficacia del ragionamento non neghino l’esistenza di complotti.

  32. Arrivando al punto, la vostra prospettiva di fondo che vuole criticare la narrazione del cospirazionismo mi sembra un po’ fuorviante: sia perché io per valutare la validità di un ragionamento parto dai contenuti, sia perché la classe a cui apparteniamo spesso e volentieri non ha gli strumenti (quella cassetta importante) per affrontare l’argomento (recepirlo e riproporlo) in modo esaustivo e privo di fallaci presunzioni “ideologiche”.
    Chiarisco: io concordo sul fatto che circolino in rete (e non solo) svariate teorie senza capo ne coda. Quello su cui proprio non concordo è affrontarle da un punto di vista della narrazione e non dei contenuti. Qui sorge il problema: proprio perché si parla di complotto, smentire il ragionamento sul piano dei contenuti spesso non è possibile.
    Affrontare il complotto sul piano dei contenuti spesso comporta dei rischi, principalmente errori o speculazioni, ma non farlo lascia libero campo alle interpretazioni di chi invece si spende, o ancora peggio, a teorie che non sono nemmeno coerenti al loro interno.
    Insomma, si tratta di un treno perso, anzi, di un’intera rete ferroviaria esclusa a priori.

  33. 2)Sono pienamente d’accordo che l’ “onere” della prova spetti a chi asserisce qualcosa. Ma questa prova, fuori dalla ricerca scientifica empirica (agli antipodi con il complotto), cosa può essere? testimonianze? biografie? video? affermazioni di personaggi x autorevoli? cosa? Qui penso di collegarmi al punto precedente, dicendo che non è per niente facile fornire questa prova. Eppure riconosciamo che i complotti ci siano, valgano e probabilmente siano diffusi. Pertanto un primo passo FONDAMENTALE è scendere dal piedistallo e rendersi conto che la fiducia nella ragione, nella logica, nella prova ha tanti effetti positivi quanti negativi. Sinceramente aborro la tendenza benpensante ad additare lo “scemo” che crede al complotto. Primo perché ci vedo una supponenza notevole che risiede proprio nel ritenere il proprio processo analitico superiore, secondo perché il complotto esiste e la prospettiva da debunker è tanto capace di cogliere i complotti palesemente immaginati quanto è incapace di approfondire i complotti possibili.

  34. 3) Per quanto riguarda il Covid-19, permettetemi di dire che l’onere della prova spetta anche a voi o a coloro la cui teoria riproponete.
    Il fatto che non si possa negare che disboscamenti, industria agroalimentare e più in generale lo sfrenato sfruttamento dell’ambiente ad opera del capitalismo (se non dell’uomo moderno in generale) porti ad ipotetici contatti con forme di vita (o quasi vita) nascoste nelle giungle o mutate nei maiali, non è sufficiente. Non è questa la prova che ad un complottista verrebbe richiesta per far valere la propria tesi.
    Quindi si, ad oggi, il salto di specie (lungi dall’essere impossibile o mai successo), in relazione al covid19, sapete cos’è? complotto.
    Senza scendere nell’imbarazzante teoria del pipistrello, del piccolo mammifero e dei (ben) DUE salti di specie che avrebbe dovuto fare il virus all’interno di un mercato, vi chiedo… dov’è la prova? perché questa teoria è più valida di una qualsiasi altra speculazione?
    Io riconosco che voi non scendiate in questi dettagli nel post, ma è palese come proviate a infangarne altri: “Più spesso, l’ha intercettata il cospirazionismo: il virus è stato prodotto in laboratorio e diffuso intenzionalmente dalla Cina, o dalla Russia, o da Soros, o da Bill Gates.”
    Prima di tutto chiariamoci: il fatto che sia prodotto in laboratorio è necessariamente connesso all’essere diffuso intenzionalmente? o è semplicemente una vostra scelta narrativa?
    Poi cosa significa prodotto? modificato o costruito da zero? Nei laboratori esistono solo virus modificati e/o creati?
    Io capisco che per parlare di determinati argomenti sia necessaria una certa preparazione. Ma se accettiamo acriticamente che di virus possano parlare solo i virologi che hanno gli strumenti di un laboratorio all’avanguardia corriamo il rischio di non poter implementare queste riflessioni con un sapere multidisciplinare (sempre più necessario), senza contare il rischio di accodarsi a monopoli scientifici che non sono certo nelle nostre mani.

  35. Concludo: sicuramente la prospettiva ambientale è una questione cavalcabile e profondamente conflittuale con la società capitalista. Ovviamente questo non basta a renderla vera nella particolare fattispecie.
    Vorrei solo introdurre la “Gain of Function”, che nella sua esistenza è tutt’altro che complotto. Certo parlare di un virus scappato da un laboratorio (a Wuhan) include delle affermazioni non dimostrabili, ma ipoteticamente plausibili. Non ho le conoscenze per approfondire l’argomento, lascio pertanto qui sotto due link ad interviste svolte da P. Barnard a esperti del campo. Quello che però posso dire con certezza è che il salto di specie del covid-19 non è meno complotto della fuoriuscita del virus da un laboratorio.
    https://invidio.us/watch?v=3WQp2Aqr1ps
    https://invidio.us/watch?v=4SB1e2JGerc

    • Il limite massimo di battute per i commenti su Giap ha il preciso scopo di evitare “lenzuolate”, esortare a precisione e concisione, invitare a non “allargarsi” e monopolizzare i thread. Se tu lo interpreti come invito a bombardare un thread di commenti concatenati e impazzare col tuo nick nella discussione, lo privi del suo senso. Dal momento in cui ti sei iscritto hai lasciato 7 commenti che contengono una gragnuola di domande. In pieno luglio, due mesi dopo la pubblicazione del post. Fermati e concedi agli interlocutori il tempo di leggere, pensare, rispondere, com’è costume qui su Giap. Grazie.

      • Avrei voluto farne molte di più di domande visto che avete tutte le risposte. Ma fidati, mi sono già fermato proprio per non esagerare e ‘lasciare il tempo di rispondere’. Io non bombardo nessuno, tanto meno ho gli strumenti per monopolizzare qualcosa. E scusami ma essendo il mio primo commento non sapevo delle regole sui limiti minimi e massimi di questo blog. E ti dirò che non condivido per niente questa vostra policy perché i vostri post non sono certo da 4 minuti di lettura. E nelle poche (rispetto a voi) assemblee che ho fatto nella mia breve vita non ho mai fatto interventi introduttivi di 15 20 minuti per poi lasciare 4 minuti alle opinioni degli altri. Comunque il commento lo avevo già scritto tutto: o lo condividevo tutto o cari saluti. Se ci sono problemi, il blog è palesemente di vostra proprietà, prendetemi e bloccatemi. Se no evitiamo paternali per favore.

  36. Questa teoria è più valida di qualsiasi altra speculazione perchè da decenni sappiamo che è proprio così che funzionano le zoonosi, ovvero le malattie trasmesse da altri animali all’uomo.
    Ebola funziona così. L’aviaria e la febbre suina funzionano così.
    La SARS, in particolare, il cui virus è il “fratello maggiore” di quello del COVID19, funziona così, con 2 salti di specie.
    La peste non so, credo che effettui un solo salto di specie tramite un vettore (da ratto ad uomo tramite la zecca).
    Quindi diciamo pure che sì, la ricerca scientifica indica che il COVID 19 è una zoonosi, le teorie imbarazzanti sono tutte le altre…

  37. Mi sembra che le domande di Erroneo trovino in quello che dice piron una risposta precisa. Ma chi vuole dare aria ai denti (come diceva il buon vecchio Tex) si disinteressa delle risposte, fa finta che non esistano, e continua imperterrito per la sua strada. Per costui non esiste onere della prova, non esiste nemmeno prova, esiste la sua teoria, confutare la quale è complotto, anzi è la dimostrazione dell’esistenza del complotto.
    “Zoonosi? Stai zitto che non sei uno scienziato”.
    “Guarda che lo sono, studio queste cose da trent’anni”.
    “E allora è da trent’anni che fai parte del complotto”.
    Ragionando con questo schema si può contestare quasi tutto, dall’11 settembre al sorteggio di champions, dalle trame plutocratiche alla tombolata natalizia.
    Contro questo modo di argomentare non c’è molto da fare, se non lasciarlo cuocere nel suo brodo. Il problema è che suona affascinante (più o meno a tutti piace leggere thriller e gialli), e quindi può facilmente diventare mainstream, e fare affermare che siccome un vaccino era sballato (papilloma), allora tutti i vaccini sono o possono essere sballati.
    Un’ultima cosa: generalmente chi non ha sufficienti conoscenze non dovrebbe sviluppare teorie, perché inevitabilmente va a finire nel complotto, dato che conoscenze ne hanno in pochi, ma fantasia ne abbiamo in tanti. Da qui l’opportunità dell’analisi della narrazione. Anche senza avere gli strumenti tecnici e scientifici per giudicare la bontà della teoria, ci si può fare un’idea della sua attendibilità vedendo com’è costruita, com’è scritta, com’è esposta.