Con le code degli occhi, ovvero: il corridoio di «Profondo Rosso»

David Hemmings in Profondo rosso
[Rifrazioni è un quadrimestrale di cinema-e-oltre diretto da Jonny Costantino. Il n.7, uscito da pochi giorni, contiene un dossier intitolato “Folgorazioni”, nel quale diversi scrittori, critici, storici del cinema, registi e attori (si va da Wu Ming 1 a Enrico Ghezzi, e c’è persino un inatteso Rocco Siffredi) dedicano un pezzo a una scena di film che li ha colpiti, ispirati, meravigliati, o che riveste importanza nella loro vita e/o professione. Wu Ming 1 ne ha approfittato  per ribadire una dichiarazione di poetica che riguarda l’intero collettivo. Qui di seguito, il suo contributo. E’ stato scritto il 28 aprile 2011, ciò spiega il riferimento a una “installazione” di quei giorni, realizzata a Roma da Mimmo Rubino. Attenzione: il testo contiene uno spoiler. Se non avete mai visto Profondo rosso di Dario Argento (1975), vi rovina la sorpresa.
Per leggere l’intro del dossier e alcuni estratti, cliccare qui.]
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Pensiamo all’espressione “coda dell’occhio”. Una coda sta sul retro di un corpo. Per la precisione, sopra le terga. E’ il prolungamento della colonna vertebrale, oltre il coccige. La coda dell’occhio, metafora per l’estremo margine del campo visivo, è dunque associata al “retro” di un corpo, è l’ultima parte dell’occhio a cogliere, a percepire qualcosa di uno spazio che si sta lasciando. Ciò che appare nella coda dell’occhio è ormai lontano dal focus del nostro sguardo, è in-distinto, non si staglia su nulla, è già tornato parte dello sfondo, di ciò che lasciamo in fondo.  Prosegui la lettura ›

Settembre. A ruota libera su #15M, #notav, #Zizek, Ivry-sur-Seine e altro

A giugno/luglio si dice sempre: «Ci penseremo a settembre», «Torno a settembre», «La questione è rinviata a settembre», «Riprenderemo il discorso a settembre», ma settembre è sempre un mese interlocutorio, di ripartenza più lenta del previsto, di nuovo “rodaggio” dei veicoli. E’ così anche per Giap. L’appassionato dibattito in calce al post precedente è già un ottimo inizio di stagione, ma dopo il “rompete le righe” d’agosto (espressione che non equivale necessariamente a “vacanze”) il collettivo Wu Ming non funziona ancora a pieno regime, anche perché alcuni di noi sono alle prese con chiusure e consegne di lavori che si protraggono da tempo. Ci vorrà ancora un po’ prima di ristabilire ordine e disciplina nei nostri ranghi, in vista del “socialismo da caserma” necessario per scrivere il nuovo romanzo. Una data-chiave sarà certamente il 19 settembre, giorno di riapertura delle scuole in Emilia-Romagna. Un anno di nuove avventure per i nostri bambini, e giornate leggermente più programmabili per noi. Prosegui la lettura ›

Sul libro «Bastardi senza storia» di Valerio Gentili. Un intervento di WM5

Bastardi senza storia

[La riflessione che segue prende le mosse dalla lettura di Bastardi senza storia, terzo libro di Valerio Gentili, già autore dei saggi La legione romana degli Arditi del Popolo (2009) e Roma combattente (2010). In BSS, Gentili recupera e “mette al lavoro” una grossa mole di materiali per troppo tempo ricoperti dalla polvere degli archivi e, con un taglio giustamente divulgativo (è un libro esplicitamente rivolto a chi tiene il culo in strada), racconta molte storie dimenticate. Protagoniste della ricostruzione sono quelle milizie di proletari (e sottoproletari) comunisti o socialisti – formazioni “cugine” dei nostrani Arditi del Popolo – che negli anni Venti e Trenta, in Germania, Austria, Francia e Belgio, cercarono di opporsi all’ascesa dei fascismi. Gentili passa in rassegna veri e propri eserciti della classe operaia, come lo Schutzbund (Lega di difesa repubblicana) della socialdemocrazia austriaca o la Reichsbanner Schwartz-Gold-Rot (Vessillo dell’Impero nero-rosso-oro) della socialdemocrazia tedesca, e formazioni forse meno numerose ma che ebbero un ruolo importante in seguito rimosso, come la RFKB (Lega dei combattenti rossi di prima linea) del partito comunista tedesco. Gentili racconta di come un simile arsenale di resistenza e contrattacco fu svuotato e mandato in malora, errore strategico dopo errore strategico, fino al compiersi della tragedia. Prosegui la lettura ›

Cent’anni di Vo Nguyen #Giap


Non vi è accordo unanime sulla sua data di nascita, ma la maggioranza opta da tempo per il 25 agosto 1911. Ragion per cui, è nella giornata di oggi che compie 100 anni il generale Vo Nguyen Giap, lo stratega e organizzatore che combatté il fascismo giapponese in Indocina (1942-45), portò l’esercito del Viemihn ad annichilire il colonialismo francese (Dien Bien Phu, 1954), diresse per lunghi anni la guerra contro l’imperialismo USA fino all’umiliante disfatta di quest’ultimo (Saigon, 1975) ed ebbe un ruolo-chiave nella deposizione del regime di Pol Pot in Cambogia (invasione militare del 1978).
Il blog che state leggendo – come la newsletter da cui deriva – è stato battezzato “Giap” in omaggio alla vittoria di Dien Bien Phu e all’uso allegorico che ne faceva il Luther Blissett Project. Prosegui la lettura ›

Post multiplo di #ferragosto: #manovra #twitterisnotFB #NoTav #StephenKing #AaAM

HIGHWAY TO HELL

Nelle ore della manovra-massacro, alcune news e segnalazioni accumulatesi nei giorni scorsi.
Sulla manovra, per ora ci limitiamo a riproporre gli scarni pensieri espressi tra ieri e oggi su Twitter.
Il 2012 potrebbe essere il primo anno senza 25 Aprile e Primo Maggio. I Maya ci erano andati vicino. La crisi è il pretesto perfetto. Non stanno sistemando i conti: stanno regolando i conti coi nemici storici: gli operai, l’antifascismo… Licenziamenti facili, fine del contratto nazionale, privatizzazioni selvagge, basta col 25 Aprile… La crisi non c’entra un cazzo. E’ sempre la spinta storica del neoliberismo, e al contempo è recrudescenza e salto di qualità. È una fase diversa rispetto ad anni Novanta e  anni Zero. I salti di livello dobbiamo saperli riconoscere e descrivere, il “capirai che novità” alla lunga ottunde.
Sia chiaro: il 25 Aprile si celebra anche l’anno prossimo, che Lorsignori lo vogliano o no. E pure il Primo Maggio. Si lotterà contro i concreti smantellamenti di diritti e conquiste sociali, ça va sans dire, ma al contempo non sottovalutiamo l’offensiva sul piano simbolico, perché apre la via all’ancora-peggio. Prosegui la lettura ›

Summer of ’81 – di Wu Ming 5 | #londonriots


Qualche riflessione per comprendere l’origine di quanto viviamo ora.
Le rivolte inglesi dell’estate del 1981 – Brixton, Toxteth, Handsworth, Leeds – colpirono l’immaginario di molti, qui da noi, specie tra coloro che seguivano il punk. A quei tempi, in quei circoli, la parola “rivolta” era assai più praticata della parola “rivoluzione”. Almeno per quanto riguardava le strade del Regno Unito, le parole si mutavano in fatti.
Il 10 aprile 1981, a Lambeth, un sobborgo di Londra prossimo a Brixton, la polizia fermò un giovane nero, Michael Bailey, mentre fuggiva inseguito da altri “ragazzi di colore”, come si diceva allora. Era stato accoltellato e sanguinava. Si formò una folla che incominciò a lamentare il ritardo nei soccorsi. Michael Bailey venne portato fino a un auto in Railton Road, mentre scoppiavano i primi disordini.
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Inchieste al volo: #twitterisnotFB

Dalle discussioni in rete sul post precedente (“Giap, Twitter e il Terrore”) è nata una richiesta d’intervista da parte di Repubblica (il quotidiano, non il sito). Dalla richiesta del giornale è nato un esperimento di consultazione pre-intervista via Twitter. La consultazione è subito diventata un’inchiesta di massa, con migliaia di messaggi [la pagina dei risultati si apre automaticamente in opzione “Top”, per vedere tutti i tweet scegliere “Tutto” nel menu a tendina]. Inchiesta empirica e umorale, certo, ma proprio per questo significativa e utile a chi studia i social network. Qualcuno userebbe, forse, la parola “con-ricerca”.
L’instancabile “storicizzatore” @jumpinshark ha cercato di ricostruire la discussione tuttora in corso, grazie allo strumento dello Storify.
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