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da Nuovi Argomenti, "trimestrale fondato nel 1953 da Alberto Carocci e Alberto Moravia", n.30, quinta serie, aprile-giugno 2005, Atlantide: luoghi e personaggi sommersi, pag.345:


Non sarei qui senza Franco Battiato
ovvero:
Chiedi chi era Tommaso Tramonti


di Wu Ming 1


Una domenica dell'81. Ho undici anni. Pomeriggio sfibrato, in tivù un tizio magro. Un tizio magro col naso adunco. Si chiama Battiato, mai visto prima. La trasmissione è Discoring, in onda all'interno di Domenica in. Il pezzo s'intitola Bandiera bianca, Battiato canta: "Per fortuna il mio razzismo non mi fa guardare / quei programmi demenziali con tribune elettorali".
Canta il ritornello in un megafono: "Sul ponte sventola bandiera bianca". Riconosco la citazione, il morbo infuria, il pan ci manca. Stava in un libro di scuola di mio padre, di quelli accatastati nel garage. E' brutto, Battiato, ed è quasi uno shock. Mai vista una pop star davvero brutta, che se ne frega d'esser brutta, nessun compromesso, nessun tentativo di limitare il danno.

La Voce del Padrone. Citazione pure questa, ma mi sfugge. E' la mia prima musicassetta, la prima che compro io, intendo, ché in realtà la casa è piena di blues, funk e Pierangelo Bertoli.
Nell'estate in cui termino la prima media, La Voce del Padrone supera il milione di copie. Prima volta, per un disco italiano. "Polverizza" ogni record. Usano quel verbo, sui giornali. E' uno scossone cognitivo, per me e per molti: Battiato presidia la vetta dell'hit parade e fa piovere dall'alto testi misteriosi, cantati in modo strano, nessuno li capisce, tutti li ricantano. Tutti.
Dopo Bandiera bianca, il secondo singolo è Centro di gravità permanente. Nel video, Battiato esegue una danza robotica. Il terzo è Sentimiento nuevo. Tipi che conosco, d'ignoranza sesquipedale (gente che fatica a esprimersi in italiano) cantano: "lo shivaismo tantrico di stile dionisiaco", anche sullo scuolabus che ci porta in piscina, a Portomaggiore. Lo capiscono, lo capiamo, che si parla di chiavate? Sì e no. "Tutti i muscoli del corpo pronti per l'accoppiamento" è chiarissimo. Ma il resto del testo? C'è un verso che non riesco a decifrare, anche sforzandomi, accostando l'orecchio al mangianastri: "La passione nella cornea / l'eros che si fa parola". Mi sembra dica: "l'erostèssifa parola". Cerco l'aggettivo "Erostèssifo" sul dizionario. Non lo trovo.
Due anni fa cantavamo tutti: "Gloria / manchi tu nell'aria / manchi ad una mano / che lavora piano", senza capire che Tozzi descriveva una pugnetta.
Anni fa è accaduta la stessa cosa con una canzone di Celentano, Una carezza in un pugno, nonostante il titolo più che esplicito. "A mezzanotte sai / che io ti penserò / ovunque tu sarai sei mia [...] e dal pugno chiuso una carezza / nascerà". Il molleggiato si faceva una sega sotto gli occhi dei censori Rai e di milioni di italiani.
copertina La voce del padrone
Divoro tutto ciò che riguarda Battiato, leggo interviste sui periodici che compra mio padre: L'Espresso, Panorama, Intrepido, Il Monello, Lanciostory, Boy Music e Rinascita (niente Battiato, su quest'ultima). Ha già fatto otto o nove album. Parla sette lingue. Leggo che La voce del padrone è il culmine di una piccola rivoluzione cominciata due anni fa con L'era del cinghiale bianco. E gli album di prima? Erano "ostici", scrive qualcuno. Gli ultimi invece sono "più commerciali", va bene, ma che vuol dire "una vecchia bretone con un cappello e un ombrello di carta di riso e canna di bambù"?
Su una rivista, non ricordo quale, gli consigliano la plastica al naso. C'è un fotoritocco del "dopo la cura". Lo preferisco con la canappia.
Parlo di lui con quasi tutti. Ho in mente dilemmi. Ne discuto con mio fratello, che può aiutarmi fino a un certo punto. Ha sette anni.

Battiato è il primo concerto rock della mia vita. Non il primo show dal vivo di un personaggio famoso: due o tre anni prima ho visto i Gatti di Vicolo Miracoli alla Festa de l'Unità di Denore. Facevano ridere, ma meno che in televisione. L'anno dopo il Pci di Denore ha chiamato una grossa orchestra di liscio e il padre del mio amico Benny ha commentato: - Stavolta a ghè d'la zént seria, mina di can e di gat! Certo, ho visto suonare le orchestre, sempre alle feste del Partito. Le feste de l'Unità sono parte della mia bildung: dieci giorni ogni estate a quella di Dogato, il mio paesello.

Mio padre gestisce lo stand della "pesca". E' un gioco a premi con in palio ninnoli, piccoli elettrodomestici, gadget elettronici che diventeranno modernariato. Battiato arriva a Ferrara che è all'apice della scalata, anzi, forse ha iniziato a perdere momentum, mi sovviene che sono incazzato, io e Marco Massari siamo incazzati, Bella 'mbriana di Pino Daniele ha scalzato Battiato dal primo posto. Sì, la settimana è quella. Pino Daniele non ci piace per niente.
Festa de l'Unità provinciale. La location è il parco del "Montagnone". In realtà è una collinetta di quattordici metri. Sono qui coi miei ma non c'è mio fratello, non ricordo come mai. Con noi ci sono i Massari, amici di famiglia: Mauro, Marinella e il figlio Marco, che ha la mia età. Trentamila persone, mai viste tante schiene, e teste, e paia di gambe. A mia madre il concerto non interessa, vuole sedersi a "veder passare la gente". Le piace guardare la gente che passa, le è sempre piaciuto, figurarsi stasera. A Dogato, poco più di mille abitanti, se ti metti alla finestra vedi passare sempre le stesse facce. Qui c'è il mondo.
Noialtri vogliamo proseguire verso il palco, ma è tutto intasato. Non sono abituato, cerco di andare avanti e dico: - Con permesso... permesso... permesso...
- Permesso un cazzo! - mi risponde un tale, di schiena.
Battiato è lontano e piccolissimo. Ricordo una sola canzone, sentita lì per la prima volta: Up Patriots to Arms. Mi resta impressa perché Mauro canta l'ultima frase del refrain: "La musica contemporanea / mi butta giù".
Quella sera sento nominare per la prima volta Armando Cossutta. Per la verità, mi pare di capire "Cossuta", con una sola t. Mauro e mio padre commentano quello che si avvia a diventare "lo Strappo" di Berlinguer con l'URSS.
Un pomeriggio dell'anno dopo. Rai 3 dà un concerto di Battiato. La stessa tournée che lo ha portato a Ferrara, ma è la data finale all'Arena di Verona. E' esausto, afono, occhi sgranati, sforzo terribile per arrivare in fondo. Fa cantare i ritornelli alla folla. Quasi non apre bocca in Cuccuruccuccù.
- Mo mama, guàrdal lì cum c'l'è stuf, puvraz! - commenta mia madre - Al fa 'nfin cumpasiòn!. Sembra una bestia al macello, continuare a guardarlo è addirittura faticoso. Il successo lo gira sullo spremiagrumi, intorno s'ammonticchia la polpa, noi tutti beviamo il succo, lui si martoria e prosciuga.
Quel concerto lo rivedrò una quindicina di anni dopo, a notte fonda, mi sembra su RAI 1. Scatenerà ricordi a cluster-bomb.

copertina L'arca di NoèNell'82 esce L'arca Di Noè. Di nuovo sette canzoni. I giornali parlano di un tale Tommaso Tramonti che ha spedito a Battiato due testi. Due testi per posta. A Battiato sono piaciuti, ne ha tratto due canzoni dell'album, L'esodo e Clamori. Non mi paiono granché, come lyrics. "Ciuffi di isotopi in mano / passeggio tra le particelle dei miei atomi" e altra roba del genere, tipo: "Incrostati di particelle / piene di minuscoli computer / mangiando farfalle giapponesi..." Però questo Tramonti diventa la pietra di paragone: se ci è riuscito lui, posso riuscirci pure io. Il suo esempio mi fa venir voglia di scrivere. Da quel momento, quando mi chiederanno: - Ti sa vot far finì la scòla? - risponderò sempre: - Al scritor.
Di nuovo sette canzoni. Sulla prima facciata del vinile ce ne sono tre. Brutte. Sulla seconda ce ne sono quattro. Meravigliose. Scalo a grado, La torre, New Frontiers e Voglio vederti danzare. Brani che canterò per tutta la vita, in particolare l'ultimo.
In quel periodo la Rai dà in prima serata un documentario - mi pare in due puntate - con Battiato nel deserto. E' il Sahara? E' il Gobi? Ci sono tutte le canzoni de L'arca di Noè. L'anno dopo esce Orizzonti Perduti, dove c'è la canzone più bella, Un'altra vita, ma la radio ci martella e pesta con La stagione dell'amore. "Se penso a come ho speso male / il mio tempo / che non tornerà, non ritornerà più". Ne cantiamo il testo, ma che possiamo saperne? Io ho tredici anni, mio fratello nove.

Passo dalle medie al Ginnasio. Scrivo poesie che fanno cagare. Ca-ga-re. La strada è tutta in salita.

Nella mia vita, e in quella di questo Paese, c'è un pre- e un post-La Voce del Padrone. Quell'album e i due successivi, quell'evocare l'Oriente a ogni pie' sospinto, hanno slargato la via del nostro fantasticare.
Battiato, all'epoca, era un reduce del prog rock e degli sperimentalismi anni Settanta. Il frutto di quelle esperienze maturava all'inizio dell'orrenda decade successiva, e dava ispirazione a noi che, allo stesso giro di boa, entravamo in pubertà e adolescenza. Nel mezzo di quei versi astrusi e di quei mantra infilava le parole giuste, accendeva la miccia delle libere associazioni. E' stato il nostro Salgari. Tutto questo tenendo i piedi ben piantati nel pop: "Lady Madonna / I can't try / with a little help from my friends / oh, goodbye, Ruby Tuesday / come on baby, let's / twist again".
Nell'incubo a bassa intensità degli anni Ottanta, qualcosa da immaginare, versi da canticchiare.


Appendice. Quel che ho capito dei testi di Battiato.
copertina L'era del cinghiale bianco
Rotolano, trascinano, s'insinuano. I testi di Battiato del periodo 1979-82 hanno un andamento dattilico nascosto: lunga-breve-breve, lunga-breve-breve. Nello scrivere i versi, Battiato li stipa di parole sdrucciole; nel cantarli, altera la pronuncia delle piane allungando la terzultima sillaba e ricorrendo spesso a sineresi e sinalefi. Inoltre, non c'è la rima né i versi hanno un numero fisso di sillabe. Una concezione del ritmo più affine a quella latina e greca. Metrica quantitativa.
Centro di gravità permanente si apre la strada a raffiche di trisillabi con ictus di prima:

"Eranoi / giòrnidi / màggiotra / nòisischer / zàvaarac / cògliereor / tìche...".

"Làmusi / càfinto / ròcklaniu / uèivita / liànailfri / gèzpunkin / glèse...".

Non sono un esperto, ma ha tutta l'aria di un eptametro dattilico catalettico: dattilo / dattilo / dattilo / dattilo / dattilo / dattilo / dattilo privo dell'ultima sillaba.
Nello stesso album c'è Gli uccelli, pieno di vocaboli sdruccioli: "volano", "nuvole", "regole", "aprono", "scendono", "atterrano", "cambiano", "imprevedibili", "velocissime", "impercettibili", "codici", "migrano", "nascondono".
Bandiera bianca ha invece un feeling "bisdrucciolo", avanza per sequenze di quadrisillabi con ictus di prima:

"àbetoven / èsinatra / prèferisco / lìnsalata / àvivaldi / lùvapassa / chèmidapiu / càlorie";

"òsentito / dèglisparin / ùnaviadel / centro".

Versificazione più "barbara" che mai, dal momento che in latino non esistono bisdrucciole.
La prima canzone - e title-track - de L'era del cinghiale bianco (l'album della svolta pop) non solo parte con un verso sdrucciolo, ma Battiato allunga la prima sillaba e s'inventa un dattilo iniziale: "pièniglial-berghi a Tunisi". Per tutta la strofa e per quella successiva, Battiato attacca sempre con un dattilo: "pèrleva", "àvolteun", "nòncifa", "pròfumi", "stùdenti"
Il testo di Sentimiento nuevo ha versi sdruccioli in posizioni strategiche: "i desideri mitici di prostitute libiche", "lo shivaismo tantrico di stile dionisiaco", e il refrain si conclude con la parola "incantesimo".
Versi sdruccioli in Up Patriots to arms: "L'impero della musica"; "Alla riscossa, stupidi!"; "mandiamoli in pensione i direttori artistici"; "e non è colpa mia se esistono carnefici", "e non è colpa mia se esistono spettacoli", "se le pedane sono piene di scemi che si muovono", "noi siamo delle lucciole che stanno nelle tenebre".
La "vibrazione dattilica" dei testi di Battiato è un tratto talmente distintivo da prestarsi alla parodia: nella sua canzone Franco a Catania, David Riondino menziona "ricotte mastodontiche", "carabinieri bulgari" e "cipolle metafisiche". A mio parere, è questo il segreto delle lyrics di Battiato, il motivo per cui così tante persone cantavano versi di cui non capivano un cazzo. L'andamento rotolante trascinava l'ascoltatore, la tesi di ogni dattilo penetrava la mente, e l'arsi la seguiva.


Bologna, febbraio 2005

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