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Articolo apparso sul n.4 della rivista bolognese Frame, dicembre 2003:

BOLOGNA: PERCORSO LIBERTA'

di Wu Ming 2

Due volte libertà. Su Frame di Settembre, Enrico Brizzi ha ricordato a tutti la differenza che passa tra lo stemma di Bologna, gli scudicrociati democristiani e le insegne tricolori di compagini politiche ancor più nefaste. Due volte libertà, mica una sola. Eppure, sembra che i bolognesi se la siano dimenticata, quella reiterazione, sostituendo alla libertà libertà un concetto più semplice, banale. 'Facciamo un po' come cazzo ci pare', mentre la città diventa sempre più opprimente.
Ecco perché ho deciso di dare man forte a Enrico, passando dall'araldica alle strade, dalle parole alle pietre, con un rituale psicogeografico, una via crucis laica, che evochi energie nascoste, unendo in un'unica traiettoria i luoghi scelti dal libero spirito per mettere il suo sigillo sulla pelle della città.

Clicca su ciascuna immagine per vedere il percorso.

1) Salite via di Porta Castello, in cima a via Galliera. Una collina insolita. Vecchie macerie, secondo alcuni. Accostate l'orecchio ai sampietrini e ascoltate le voci del 1114: il conte imperiale che contesta ai bolognesi il diritto di eleggere i consoli. I bolognesi che lo cacciano e radono al suolo la Rocca d'Imperio. Bologna che per prima in Europa, l'anno seguente ottiene da Arrigo V lo statuto di comune autonomo.

2) Spostatevi in Via d'Azeglio, al civico 57 e ricostruite con la mente la cappella della Madonna della Pace, eretta nell'aprile 1322, demolita a metà Ottocento.
La storia racconta di uno studente spagnolo, Jacopo da Valenza, innamorato di Giovanna Zagnoni, figlia di un ricco notaio. Una sera, Jacopo decide di rapire la fanciulla. I suoi lo catturano e lo consegnano al podestà. La sentenza è esemplare: decapitazione. Studenti e professori capiscono: il messaggio è per loro, il giro di vite rischia di schiacciarli. Si trasferiscono in massa a Imola e subito altre città cercano di accaparrarseli con mille offerte. Dante Alighieri scrive la seconda egloga latina per infamare i governanti bolognesi. Il popolo si accorge che senza studenti la città è un mortorio, gli affari vanno a rotoli. Assalta palazzo Pepoli e scaccia Romeo, giudicato responsabile. Romeo va ad Avignone a piangere dal papa. Il papa ci mette una buona parola. Il podestà concede agli studenti di scegliersi il giudice per le loro cause. Gli studenti tornano e fanno erigere la cappella in via d'Azeglio, mentre i figli di Dante portano in città la prima copia completa della Commedia. Recitate il primo verso dell'Inferno e allontanatevi.

3) Un'altra collinetta: la Montagnola. Le macerie questa volta sono del Castello di Galliera, sede del legato pontificio. Demolito dalla folla per ben cinque volte. Non sempre il papa riesce a metterci una pezza.
Trovate un effluvio di merda e seguitelo. 1334: il legato Bertrand du Pouget, nipote del papa, ha imposto l'arruolamento forzato mandando centinaia di bolognesi a morire in una guerra tutta sua. Il popolo insorge. Bertrando si chiude nella fortezza. Scatta la copromachia. "Ora fo puosto lo assedio allo bello e nobbele Castiello de lo Legato. L'assedio stette dii quinnici. L'acqua li fo toita, perche' lo corzo li fo rotto. Dentro era fodero de pane, vino, e carne salata, e moite cose. Li Bolognesi travoccavano lo sterco dentro de lo Castiello, e vallestravano". Una fortezza assediata a secchiate di letame. Rasa al suolo tre anni dopo, poi nel 1411, 1416 e 1443. Nel 1507, la distruzione finale, col popolo aizzato dai Bentivoglio, che pochi mesi prima s'erano visti radere al suolo il più bel palazzo signorile che ci fosse in Italia.

4) Piazza Verdi, angolo via del Guasto. La terza collinetta. Quella dei giardini del Guasto, chiamati così dal Guasto dei Bentivoglio, cioè la distruzione di cui sopra. Macerie lasciate allo scoperto per oltre duecento anni, pian piano ricoperte di terra, erba, cespugli. L'episodio è controverso. Il sacrosanto odio popolare per i signori e la loro sfarzosa reggia fu sfruttato ad hoc dalla fazione nemica. Non a caso il luogo fatica da sempre a sprigionare energie del tutto positive. Provate a riscattarlo immaginando di marciare compatti su Borgo Masini.
Quindi puntate via della Grada, per collegare il Guasto col vero episodio eroico che lo precede.

5) 4 novembre 1506. I Francesi, alleati del papa, sono alle porte di Bologna. Giulio II è incazzato con Giovanni Bentivoglio, lo vuole fuori dalla città. Giovanni si accorda coi francesi: se ne andrà, purché gli lascino raggiungere Milano e non tocchino Bologna. Quelli promettono, lui scappa, ma l'assedio non cessa. Bologna è allo sbando, nessuno organizza le difese. Il popolo sale sulle mura, ma i francesi cannoneggiano Porta San Felice e sono sul punto di entrare. Un anonimo genio suggerisce allora di chiudere la grata che faceva entrare in città le acque del Reno. Il canale straripa e allaga il campo dei francesi che devono sgombrare. Provate a chiudere la grata ancora una volta: è sempre lì, sul viale, all'imbocco della strada che da lei prende il nome. Anche per Bologna si chiude un'epoca.
Dopo l'ingresso di Giulio II, la città resterà sotto il papa fino all'arrivo di altri francesi, quelli di Napoleone, nel 1796. Pochi mesi prima, sulla Montagnola, pendeva dalla forca Gian Battista de' Rolandis.

6) De' Rolandis, insieme all'amico Luigi Zamboni, nel 1794 'organizza' una rivolta per fare di Bologna una repubblica. Roba da ridere: un manifesto, una decina di congiurati e le coccarde cucite dalle mamme. Bianche, rosse e verdi: i colori di Bologna e quello della speranza. Un tricolore non ancora sputtanato.
I due ribelli si fanno beccare e finiscono in carcere. Li condannano a morte. Unico delitto: aver distribuito un volantino. Zamboni si impicca in carcere il 18 agosto 1795. Buonaparte invade il Piemonte. De' Rolandis finisce al capestro proprio sopra le rovine del fu Castello di Galliera, il 23 aprile 1796.
Ma siccome "a noi piace pensarlo ancora dietro al motore", come dice Guccini, andate in via Strazzacappe 2, angolo via Galliera, dove una lapide ricorda la casa che accolse le riunioni dei congiurati. Fischiettate la Marsigliese e procedete.

7) Cinquantadue anni dopo, 8 agosto 1848, sempre alla Montagnola, il popolo bolognese respinge gli austriaci. Dal 4 del mese l'esercito del gen. Perglas è fuori le mura. Il papa ha già deciso di consegnare la città per evitare disgrazie. In base agli accordi, gli austriaci devono aspettare fuori, ma alcuni entrano lo stesso. Uno di loro, al caffè Marabini, chiede un sorbetto tricolore e rimedia una pugnalata. L'esercito invade la città e si stabilisce alla Montagnola. La mattina dell'8, uomini e donne, vecchi e ragazzini gli vanno addosso e li cacciano fuori. Come ricorda la lapide, erano "pochi i militi carabinieri, pochissimi delle finanze." Meditate se non sia per questo che tutto andò così bene e salite sul 20.


8) Passa un anno, e l'8 Agosto si fa tragedia. Sotto il portico di San Luca, di fronte a Piazza della Pace, una lapide ricorda la fucilazione di Ugo Bassi, padre barnabita, grande oratore, amico di Garibaldi, fuggito con lui dopo la disfatta della Repubblica Romana, catturato a Comacchio - mentre Anita moriva a poca distanza - pensando di non aver nulla da temere, armato solo delle proprie idee. Lo imprigionarono a Villa Spada, per fucilarlo insieme a Giovanni Livraghi, milanese, l'8 agosto 1849. Fate echeggiare un petardo e ripartite.

9) Un altro fucile è pronto a sparare. Quello di Augusto Masetti, muratore, coscritto alla Caserma Cialdini di via Castelfidardo, dove fino a ieri si facevano i 'tre giorni'. Augusto non vuole finire in Libia. Per protesta, spara al tenente colonnello Stroppa, che istiga il reggimento all'odio contro i libici. Stroppa rimane ferito. Masetti finisce in manicomio, per evitare un pubblico processo. Benito Mussolini, sulle pagine di "Lotta di Classe", plaude al gesto del giovane. Voi urlate 'Viva l'Anarchia', come Masetti quel giorno, e dirigete sicuri su Piazza Maggiore.


10-11) Tre anni dopo, durante un comizio in Ancona per la liberazione di Masetti e l'abolizione delle compagnie di disciplina, i carabinieri uccidono tre manifestanti. E' il 7 giugno 1914, inizia la famosa "Settimana rossa", con scioperi e sollevazioni, soprattutto in Romagna. Mussolini, Nenni e Malatesta sono gli agitatori più acclamati. Sulla facciata di Palazzo d'Accursio sventola la bandiera rossa. Passano sei anni e Mussolini è già dalla parte opposta. 21 novembre 1920: i socialisti festeggiano la vittoria nelle amministrative. Il nuovo sindaco si affaccia al balcone. Un gruppo di fascisti spara. Da dentro rispondono con le bombe a mano. Ci saranno nove morti ma per anni non si farà che ricordare il solo Giulio Giordani, consigliere dell'opposizione, rimasto 'assassinato' da una pallottola vagante. Nel primo cortile del palazzo, una lapide ricorda l'episodio. Usciti da palazzo d'Accursio, lanciate un'occhiata a sinistra, sul palazzo del Podestà, che il popolo bolognese occupò nel 1376, proclamando il libero governo della città, in risposta alla chiamata di Firenze, che invita alla ribellione le città sottomesse al papa e a tutte quelle che aderiscono invia un gonfalone rosso con scritto LIBERTAS a caratteri d'oro. L'insegna finirà nello stemma comunale e il Vicario pontificio, rientrato grazie a un nuovo patto, vorrebbe toglierla. Cambierà soltanto lo sfondo, da rosso a blu, ma resterà il motto, due volte, sull'emblema della città.
E uscendo da Piazza Maggiore attraverso Piazza del Nettuno, al numero 3, guardate la lapide a ricordo di Anteo Zamboni, ucciso dagli squadristi di Mussolini, venuto a Bologna per inaugurare lo stadio. Mentre tornava verso la stazione, qualcuno sparò e il quindicenne Zamboni, ritenuto responsabile, venne massacrato a calci e bastonate.
Era il 30 ottobre 1926.

12) Soltanto il mese prima, in via Zanardi 498, i fascisti uccidevano nello stesso modo Amedeo Fantoni. Di fronte al civico 316, stessa via, il 26 giugno dell'anno precedente, sempre sotto i bastoni moriva invece Oliviero Zanardi. Entrambi avevano partecipato, nel '22, a un'imboscata, vicino al Trebbo, dov'era rimasto ucciso un fascista. I compagni del morto aspettarono che i due uscissero dal carcere per consumare la vendetta tanti contro uno. Raccogliete un fiore nei giardini lì dietro, lasciatelo sotto le lapidi e ripartite.



13) Tornando verso il viale, andrete a sbattere su Porta Lame, che il 7 novembre 1944 vide i partigiani impegnati nell'unica battaglia cittadina che la guerra di resistenza abbia conosciuto in Europa. Una lapide e due statue ricordano quell'incredibile giornata. Due statue che il 21 giugno del 2001 hanno parlato, per invitare tutti alla resistenza di Genova contro i potenti della Terra. Due statue fatte forgiare con il bronzo fuso da una statua equestre di Benito Mussolini. Se avete carta e penna, fatele parlare di nuovo.

14) Da allora, per fortuna, Bologna ha conosciuto soltanto un'altra battaglia cittadina. Quella del marzo '77. Dirigendo su via Mascarella, passate di fronte alla stazione. Fa parte del percorso o è meglio ricordarla da sola?. Trovo sbagliato trasformare in martiri di un ideale, le vittime inconsapevoli della violenza più infame. Però passateci lo stesso, di fronte alla stazione, per ricordare la ferita, ancora aperta e senza giustizia, che vollero infliggere a una città, tante, troppe volte, libera e ribelle. Passateci lo stesso, mentre andate in via Mascarella, quasi all'angolo con via Irnerio, dove una lapide e una quantità impressionante di buchi sul muro ricordano la vita spezzata di Francesco Lorusso. E anche qui, niente giustizia.
Ora armatevi di pennarello, sparpagliatevi per la città, e andate a scrivere il numero 15 dove preferite: in casa, al lavoro, davanti all'ennesimo cantiere. Contaminate altri luoghi con l'energia del Percorso. Perché la libertà non è solo qualcosa che si trova. E' come un bagaglio, che ciascuno si porta appresso.

Come direbbe quel tale, la quindicesima tappa siete voi.

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