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San Lorenzo

Sul funerale di Salvatore Ricciardi. Salutare un amico e un compagno, tornare a occupare lo spazio pubblico

L’ultimo saluto a Salvo, al canto di Su, comunisti della capitale! «Questa città ribelle e mai domata / dalle rovine e dai bombardamenti…»

di Wu Ming
[English translation hereTraducción en castellano aquíTradução em português aquiDeutsche Übersetzung hier.]

Tra le misure prese durante quest’emergenza, il divieto di assistere ai funerali è una delle più disumanizzanti.

In nome di quale idea di «vita» si sono prese queste misure? Nella retorica dominante in queste settimane, la vita è ridotta quasi interamente alla sopravvivenza del corpo, a scapito di ogni altra sua dimensione. In questo c’è un fortissimo connotato tanatofobico (dal greco Thanatos, morte), di paura morbosa del morire.

La tanatofobia permea la nostra società da decenni. Già nel 1975 lo storico Philippe Ariès, nel suo caposaldo Storia della morte in occidente, constavava che la morte, nelle società capitalistiche, era stata «addomesticata», burocratizzata, in parte deritualizzata e separata il più possibile dal novero dei vivi, per «evitare […] alla società il turbamento e l’emozione troppo forte» del morire, e mantenere l’idea che la vita «è sempre felice o deve averne sempre l’aria».

Nell’arrivare a ciò, proseguiva, era stato strategico «lo spostamento del luogo in cui si muore. Non si muore più in casa, in mezzo ai familiari, si muore all’ospedale, da soli […] perché è divenuto sconveniente morire a casa». La società, sosteneva, deve «accorgersi il meno possibile che la morte è passata». Ecco perché molti rituali legati al morire erano ormai ritenuti imbarazzanti e in fase di dismissione. Prosegui la lettura ›

Per Valerio Marchi

di Wu Ming 5

Ed ho aspettato che la notte arrivasse
e che la luna illuminasse un muro
ed ho scritto grande come il mio cuore
una scritta che spiccasse sul sole.
Klaxon, Libero


Siamo nati al centro del Novecento. Abbiamo sempre cercato di spingerci fuori, più lontano, più in alto di quel punto: ora dobbiamo esercitare il massimo dell’impegno, affilare una disciplina efficace, per non ritrovarci uomini del secolo scorso. Occorre imparare di nuovo, riprendere in mano i libri, riportare il culo in strada. Quest’epoca costringe all’efficacia, perché il tempo manca: se non comprendessimo bene questo punto, tradiremmo il lascito umano, spirituale e intellettuale di Valerio Marchi. Prosegui la lettura ›