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Giuditta Dembech

Oltre il brand reazionario della «Torino magica». Ripensare il mistero, reinventare la città (1 di 2)

[In questi giorni, per diverse ragioni, Torino e il suo storico quotidiano La Stampa sono sotto i riflettori.
La testata è stata ritenuta la più “sacrificabile” di un gruppo editoriale in svendita, e per questo difesa da varie anime della città e della cultura anche nazionale, che ne han fatto l’encomio. Nel mentre, nei suoi uffici si consumava lo scandalo di un’accesa contestazione, per come in vari articoli aveva coperto – verbo qui polisemico – il genocidio del popolo palestinese. Tale episodio è stato poi descritto come l’innesco della reazione che ha portato allo sgombero del centro sociale Askatasuna. Sgombero che in realtà è l’esito di ben più lunghi processi di criminalizzazione e repressione, come sa chi ha seguito le cronache cittadine, e valsusine, almeno dal 2011 a oggi.
Curiosamente, il greco σκάνδαλον vuol dire proprio innesco: skandalon è infatti il bastoncino in cui una preda inciampa, facendo scattare una trappola. Deriva dal verbo σκανδαλίζω, «inciampare».
Qualcosa collega intimamente la pietra dello scandalo, che oggi è solo una metafora, e la pietra d’inciampo, che invece è concreta e incastonata nella via. In mancanza di pietre d’inciampo, a ricordare che è in corso un genocidio abbiamo solo pietre dello scandalo. Che si corra il rischio di incespicarvi noi stessi è un problema non tanto etico quanto strategico, legato agli attuali rapporti di forza.
Ma dicevamo: in questi giorni, per diverse ragioni, Torino e La Stampa sono sotto i riflettori. È dunque un buon momento per pubblicare, in due puntate, questa sontuosa e ipnotica inchiesta di Mariano Tomatis. Mariano è partito da una domanda: quando ha cominciato ad affermarsi la narrazione, che oggi è un vero e proprio brand pro loco, della «Torino magica», esoterica, paranormale e quant’altro, immagine che non poche sub-narrazioni tossiche alimenta?
Ebbene, la «Torino magica» nasce sulle pagine della Stampa, e nasce negli anni Settanta, decennio in cui – almeno per gli operai Fiat – quel giornale era ancora, sempre e solo, diretta voce del padrone e perciò «La Busiarda». Nomignolo che in queste settimane è rimasto fuori dalle ricostruzioni.
Più precisamente, la «Torino magica» nasce nel fatidico 1978, a cavallo del sequestro Moro, per mezzo di un’operazione giornalistico-ideologica articolata e precisa. Buona lettura. WM]

di Mariano Tomatis*

Il 1978 a Torino si apre in un clima di tensione estrema: le Brigate Rosse hanno appena assassinato il vicedirettore de La Stampa Carlo Casalegno e negli stabilimenti Fiat la situazione è esplosiva. Alla fine del 1977 Mirafiori è bloccata da uno sciopero clamoroso contro i sabati obbligatori, con migliaia di operai ai cancelli a presidiare gli ingressi. È l’apice di un confronto durissimo che, giorno dopo giorno, oppone manodopera e dirigenza e lascia la città immersa in un conflitto permanente.

In questo scenario si inserisce Stampa Sera – edizione pomeridiana de La Stampa, quotidiano all’epoca parte dell’impero editoriale della famiglia Agnelli – che sceglie di deviare lo sguardo dal fronte sociale e costruire per Torino un “altrove narrativo” popolato di presenze e suggestioni magiche, utile a disperdere le tensioni del presente. Quella scelta si concretizzerà in una serie di ventitré articoli – pubblicati dal 13 febbraio al 17 maggio 1978 – destinata a fissare nell’immaginario pubblico l’espressione «Torino città magica», un marchio ancora riconoscibilissimo a quasi mezzo secolo di distanza. Prosegui la lettura ›